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Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLIV - N. 07-08 di settembre 2013 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia notiziario 07-08 2013 settembre ottobre 03 editoriale La Costituzione futuro dell’Italia Glauco Bertani 04 cultura L’orma di Ettore Borghi Antonio Zambonelli 19-22 Inserto “Non siamo indifferenti” Corso di formazione ANPI per i giovani 26 memoria I cippi partigiani in provincia Anna Salsi 8 settembre 1943-2013 70 anni

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Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLIV - N. 07-08 di settembre 2013 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

notiziario

07-082013settembreottobre03 l© editorialeLa Costituzione futuro dell’ItaliaGlauco Bertani

04 l© culturaL’orma di Ettore BorghiAntonio Zambonelli

19-22 l© Inserto“Non siamo indifferenti” Corso di formazione ANPI per i giovani

26 l© memoriaI cippi partigianiin provinciaAnna Salsi

8 settembre 1943-2013

70 anni

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%Periodico del Comitato Provinciale Associazione Na-zionale Partigiani d'Italia di Reggio EmiliaVia Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991C.F. 80010450353e-mail: [email protected]; [email protected] web: www.anpireggioemilia.itProprietario: Giacomo NotariDirettore: Antonio ZambonelliCaporedattore: Glauco BertaniComitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo LusuardiCollaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Angelo Bariani (fotografo), Massimo Becchi, dott. Giuliano Bedogni, dott. Carlo Menozzi, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Anna

Fava, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti, Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli

Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970

Questo numero è stato chiuso in tipografia il 1° settembre 2013 E. Lui Tipografia Reggiolo (RE)Impaginazione e grafica Glauco Bertani

Per sostenere il “Notiziario”:UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840CCP N. 3482109 intestato a:Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI

notiziario

sommario

07-082013settembreottobre

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Editoriale

03 La Costituzione è il futuro dell’Italia, di G. Bertani

Cultura in lutto04 L’orma di Ettore Borghi, A. Zambonelli

Politica06 Al Nord, Reggio compresa, la criminalità

organizzata esiste. Intervista a Giammaria Manghi, di A. Fava

07 Progetti autoritari sulla Costituzione, di L. Gemmi

Estero08 Turchia, tramonta il sogno di un paese islamico di

entrare nella UE?, di B. Bertolaso – La rivolta del Parco Gezi a Istanbul. Il racconto di

Ozge, studentessa turca, di g.b.

Cultura10 I burattini di Sarzi a Reggio, di F. Correggi11 Gianetto Patacini, un protagonista del modello

emiliano, di G. Guidotti – Scavare il tempo, di F. Ferrarini13 Porte aperte nel reggiano per i bambini di Milano

e Napoli, A. Zambonelli13 Giuseppe Dossetti, il professorino, di A. Montanari – Silvio D’Arzo esule nella sua terra, di A. Zambonelli37 Gianetto Patacini, uomo di governo e segretario del

PCI reggiano. Intevista a G. Bertani, di A. Montanari

19-22 inserto

“Non siamo indifferenti” Fascismo, Resistenza, Costituzione Corso di formazione ANPI Reggio Emilia, 12-13 ottobre 2013

Memoria

18 Niveo Grossi, di Giacomo Notari23 Giovanni Tedoldi, di G. Cugini24 Leda Cagossi “Primavera”. Intervista alla staffetta

di Pasquale Marconi, di E. Bertani25 Il partigiano Merzi, 95 anni ben spesi, di D. Fontanesi27 Una sede ANPI a Marsala, di G. Napolitano28 L’ANPI valorizza i cippi partigiani, di A. Salsi29 CAI “Cani sciolti” e Istoreco sul sentiero Zambonini

di C. Iotti36 Per cambiare il mondo bisognava esserci.

La Resistenza a Cavriago scritta da William Casotti, di P. Burani

30 Lutti31 Anniversari35 I sostenitori

Le rubriche15 Primavera silenziosa, di Massimo Becchi

16 Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti17 Segnali di Pace, di Saverio Morselli18 Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli

Il 25 ottobre 1983 moriva Guerrino Franzini, comandante partigiano, artista au-todidatta, dirigente dell’ANPI, storico della Resistenza, anima dell’Istituto storico dalla fondazione nel 1966 fino all’ultimo giorno di vita del nostro indimenticabile Frigio.Tra i tanti suoi scritti e pubblicazioni emerge, e rimane opera di fonda-mentale importanza, la Storia della Resistenza reggiana. Il volume édito dall’AN-PI nel 1966, e ristampato nel 1970, è ormai reperibile soltanto nelle biblioteche. Ma l’ANPI continua a ricevere richieste di acquisto da parte di studiosi e soggetti vari, anche non reggiani. Sarebbe molto bello, lungo i 70mi della Resistenza,poterlo ripubblicare

A 30 anni dalla morte di “Frigio”

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Ecco il punto, non entro nei dettagli, vo-glio solo sottolineare il principio. La Costituzione, uscita dall’incontro di culture diverse rappresentate da figu-re quali, solo per nominare le reggiane, Dossetti, Ruini e Nilde Iotti ha costruito un quadro di riferimento ideale solido confermato dagli italiani ancora 58 anni dopo, con il ricordato referendum. Questo è un dato incontrovertibile. La Costituzione, come l’Antifascismo al-lora, può occupare quello spazio pubblico della cittadinanza oggi desertificato?L’ANPI difende la Carta della repubblica in modo attivo non “nostalgico”, perché è consapevole che quei valori sono ben presenti in tanta parte della società italia-na. Ed è da lì, da una Carta ancora lungi dall’essere applicata, dalle fondamenta che si costruisce una casa comune, più li-bera e democratica. Gli uomini che redas-sero la Costituzione avevano conquistato l’autorevolezza sul campo. Ma questa classe dirigente nominata e screditata di quale autorevolezza dispone? Ha raggira-to l’articolo 138 esautorando le Camere dalle loro competenze. E per chi scrive ben vengano manifestazioni come quella dei M5S, saliti sui tetti di Montecitorio per protesta, che ha richiamato con forza il tema. Anche se subito dopo mi viene da chiedermi: i 5 Stelle cosa metterebbero nel loro pantheon?

editoriale di Glauco Bertani

nemente intesa. Una competizione fuor-viante e non necessariamente opposte.Sono passati sette anni dal referendum popolare (affluenza 53,6 percento) che re-spinse a stragrande maggioranza le mo-diche costituzionali proposte dal governo di centrodestra. Oggi, di nuovo, la Costituzione torna ad essere al centro del dibattito politico di una classe dirigente, parafrasando De Luna, che ha rescisso la nostra memoria, o per lo meno ci si è messa con molto impegno.

Non cosi alla fine degli anni ’50 quan-do i fatti di sangue che caratterizzarono il luglio di 53 anni fa misero al centro di questo spazio l’Antifascismo, che rac-chiudeva in sé valori inseparabili quali la Resistenza e la Costituzione. Nei 12 anni che separano l’approvazione della Costi-tuzione e il luglio ’60, invece, la Carta della repubblica è sospesa e la Resistenza è un disvalore. Dice, infatti, De Luna: “Se voi andate a vedere le immagini dal 1948 al ’60 sono 25 aprile separati. Altro che unità! Prefetti e generali stavano da una parte, i partigiani dall’altra. C’era una rot-tura verticale”.I morti di Reggio Emilia rivelarono, ina-spettatamente, che i due termini aveva-no trovato finalmente cittadinanza nelle piazze. “Questo è il luglio ’60 – afferma in un passaggio del suo intervento De Luna – Quando si dice poi la retorica, la Repubblica, la Resistenza... ma nasce lì in quei giorni, non nasce il 25 aprile del ’45, nasce esattamente nelle giornate del luglio ’60”. Da allora, e per un lungo lasso di tempo, l’Antifascismo ha occupato una tavola di valori che ha infirmato l’agire politico e culturale dell’Italia degli anni ’60 e ’70, una tavola che oggi è desolantemente vuota. Con quali valori allora inciderla?Lo storico torinese ha sicuramente ragio-ne quando “rimprovera” gli esponenti di centro sinistra di inserire nel loro ideale edificio sacro tradizioni rappresentate da personaggi quali il cardinale Martini, Nelson Mandela, Papa Giovanni ecc. “E’ questa – si domanda – la religione civile degli italiani? Questo è un Pantheon ri-spettabilissimo, ma è il fulcro di una no-bilissima tradizione cattolica. Ma dentro allo spazio pubblico della cittadinanza ci vuole altro”. Appunto, qual è questo al-tro? Non certo la famiglia come ha detto Berlusconi, che sembra intesa più nel sen-so di espressione di meri particolarismi, che non il luogo in cui gli affetti trovano concretizzazione.Non credo, d’altra parte, sia utile contrap-porre una religione civile a quella comu-

La Costituzione è ilfuturo dell’Italia

Reggio Emilia, 7.07.2013. Alcuni momenti del 53° anniversa-rio dell’eccidio del 7 luglio 1960. Lauro Farioli, Marino Serri, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi e Afro Tondelli sono stati ricor-dati dalle autorità cittadine e dal prof. De Luna (foto Angelo Bariani)

Il ricordo dell’eccidio del 7 luglio 1960, è stato l’occasione per ascoltare un pregnante intervento del professor Giovanni De Luna incentrato sul tema cruciale di una “religione civi-le” la cui assenza oggi lascia lo spazio pubblico della cittadi-nanza in un mortificante deserto.

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culturaL’orma di Ettore BorghiSul prof. Ettore Borghi, la cui scomparsa avvenuta il 7 agosto u.s., ci ha dolorosamente colpito, pubblichiamo qui il testo inte-grale del comunicato emesso a suo tempo dall’ ANPI. Di seguito la testimonianza del nostro direttore che con Ettore ebbe una lunga e intensa consuetudine dagli anni della giovinezza.

Con il prof. Ettore Borghi scompare una bella e universalmente stimata figura di intellettuale e di docente della nostra terra reggiana. Aveva 76 anni. Uomo li-bero, erede di una tradizione culturale laica , che da Salvemini e Gobetti passa per Gramsci, come docente di Storia e Fi-losofia al Liceo Classico ha saputo eserci-tare un magistero che ha profondamente segnato lungo gli anni tanti allievi, ora af-fermati professionisti nei più vari campi. Forte e limpida l’orma che il prof. Borghi lascia nella storia politico culturale della nostra città: anche come vice Sindaco a fianco di Ugo Benassi, seppe contribui-

CORDOGLIO DELL’ANPI PER LA SCOMPARSA DEL PROF. ETTORE BORGHI RIGOROSO INTELLETTUALE DEMOCRATICO

Uno dei titoli apparsi sulla stampa l’8 agosto u.s. in occasione della sua scom-parsa, il prof. Ettore Borghi veniva defi-nito ultimo intellettuale del Pci. Una definizione non proprio esatta sic-come Borghi non fu mai iscritto al Pci, essendo invece rimasto sempre legato, con spirito libero ed intelligenza, ad una cultura radicale (ma quella “di Pannunzio e di Ernesto Rossi”, amava precisare). Tuttavia posso ben dire che la qualifica di “comunista” non lo avrebbe offeso in questo spirante ventennio lungo il quale un cavaliere (ormai sbalzato da cavallo?) così va qualificando, con intento demo-nizzante, quanto di meglio si esprime nella cultura e nella società italiana, a cominciare proprio dal filone “azionista” che da Gobetti e Rosselli giunge fino a Bobbio. Un cavaliere che peraltro si pro-clama protagonista di una “Rivoluzione

liberale”, con blasfemo sequestro del motto gobettiano.

D’altra parte il “radicale equilibrato” Ettore Borghi (corretta definizione degli amici di Istoreco), così come il suo amico fraterno Beppe Anceschi, sono tra quella minoran-za illuminata che ha sempre pensato che con la fine del Pci si sia , per così dire, but-tato il bambino con l’acqua sporca. Tema che merita una doverosa attenzione.

Il costante dialogare di Ettore sia col pen-siero marxiano (espresso in libri da tanti “più citati che letti”, precisava) sia con il Pci, emerge in modo limpido da quello che abbiamo definito il suo “Testamento morale” scritto nell’estate 2012 e pubbli-cato in RS. Finalmente un testo denso ed abbastanza ampio, contrariamente al co-stume del suo autore. Ettore è stato infatti più socratico che platonico. Lo dichiarò

re allo sviluppo delle istituzioni culturali dalle scuole d’infanzia alla promozione di studi sulla storia contemporanea.Cultore di una “religione civile”, che ave-va nell’antifascismo uno dei fondamenti, fornì con generosità il suo alto contributo ideale ad istituzioni come ISTORECO e ANPI. Per anni direttore di RS, la ri-vista di Istoreco, quando la malattia gli rese difficile mantenere tale incarico, si congedò con Apologia della “prima Re-pubblica”. Una lettera, pubblicata sul n.114, ottobre 2012. Un testo degno di figurare accanto ai classici del pensiero democratico moderno. Un testo che, con

taglio autobiografico, ripercorre la storia politico-culturale di Reggio, da fine anni Quaranta ai nostri giorni, nel più vasto contesto nazionale ed internazionale.Sono 17 dense pagine che, oggi, dobbia-mo rileggere come prezioso testamento di un Uomo che fino all’ultimo ha avuto a cuore la salvaguardia della Costituzio-ne repubblicana e della storia da cui è scaturita.L’ANPI piange il caro amico, il compa-gno, il collaboratore del “Notiziario”, ed esprime le condoglianze più sincere dei vecchi e dei nuovi partigiani alla moglie Stefania, ai figli Bianca e Carlo.

IL COMPAGNO DI SCUOLA E DI LETTURE CONDIVISEdi Antonio Zambonelli

Ettore Borghi in un’immagine di alcuni anni fa (foto Glauco Bertani)

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culturain qualche modo lui stesso proprio su queste pagine (dicembre 2OO7) quando affermava che il suo “rapporto con la sto-ria [ma anche con la filosofia, aggiungo io] è stato quasi esclusivamente da lettore e da insegnante”.

Ma che lettore! E che insegnante! Divo-ratore, fino all’ultimo, di libri, aveva una capacità straordinaria di memorizzazione e di comprensione profonda dei testi letti. Quanto alla qualità del suo insegnamen-to, se ne ha un toccante riscontro nella gratitudine che rasenta la venerazione, da parte di tanti suoi ex allievi, dei più vari orientamenti politici e religiosi. “Era un Maestro in grado di arrivare al cuore”, leggiamo nel ricordo stilato da suoi ex allievi del Liceo.

D’altra parte io stesso, benché coetaneo di Ettore, mi sono sentito fin dall’inizio del nostro sodalizio un po’ un suo allievo.Ho conosciuto Ettore quando entrambi iniziammo la prima magistrale. Erava-mo studenti “ritardatari”, io per traversie socio-economiche, Ettore per quei seri problemi di salute che lo travagliarono fin dall’infanzia. Delle sue infermità, come di tante altre cose personali, fece rari accenni garbatamente ironici ma solo per parlare d’altro. Così su queste pagine (2007, cit.) accenna all’essere stato ricoverato, quando aveva otto anni, “all’ospedale climatico del Lido di Vene-zia, sul finire del 1945”, ma lo fa solo per il suo precoce e singolare incontro con la questione del triangolo della morte attra-verso le parole di un medico che “mentre mi inietta l’inutile fiala di calcio endove-na mi chiede da dove io venga, ed avuta la risposta cambia espressione e digrigna qualcosa come ‘terra di delinquenti!’”.Entrambi comunque venivamo da impe-gnative letture spontanee. Ettore in modo più metodico. Io, militante nella Fgci, per la frequentazione della biblioteca della sezione Pci di Pieve Modolena e la con-suetudine con “Il Calendario del popolo”.Gramsci era già stato oggetto di una co-mune frequentazione da parte nostra. Grazie ad Ettore, ancora una volta nel ruolo che gli riconoscevo di maestro sui generis, ebbi via via l’occasione di altre letture attingendo alla sua bibliote-

ca, ricca anche dei volumi che riceveva dall’editore Guanda, suo zio per parte di madre, e per il quale era già correttore di bozze. Indimenticabili le belle edizio-ni di poeti russi (alcuni finiti nell’abisso dei gulag) che mi aprivano spazi diversi da quelli della retorica zdanoviana, an-che se continuavo ad apprezzare la pro-sa dell’Ostrowskij di Come fu temprato l’acciaio. Poi seguirono le letture della rivista “Esprit”, dell’Umanesimo inte-grale di Maritain, dell’olivettiana “Co-munità”, La montagna delle sette balze di Thomas Merton…. Spesso, dopo avere studiato per una parte del pomeriggio, lo raggiungevo nel suo appartamento del “Quartiere Giardino” (Via Balletti), dove lo trovavo quasi sem-pre al suo tavolo di lavoro con la radio accesa sui programmi di musica classica o di letteratura (per es. L’oboe sommerso, che riprendeva un famoso titolo di Qua-simodo) .Una consuetudine, quella mia con Etto-re, della quale gli sarò per sempre grato e che continuò per anni, anche se, quando io passai in seconda magistrale, egli saltò direttamente in terza. La sua determina-zione nello studio lo portò anche, subito dopo l’abilitazione magistrale, a superare l’esame di maturità al Liceo, ciò che gli permise di iscriversi, anziché a Magiste-ro, all’Università.Una determinazione che lo portò a man-tener fede, a differenza di quanto feci io, all’ impegno di studiare anche il tedesco per accostare i classici (da Hegel a Marx e oltre) in lingua originale.

Tra le sue rare ma preziose pagine pub-blicate, alcune sono comparse sul nostro “Notiziario”. Ne cito alcune: Intendere la Resistenza (1984), Quel luglio Sessanta tra Gronchi e Tambroni (2003), Sull’uso pubblico della ragione (2005), Guerra e dopoguerra tra spiegazione e compren-sione, che sottotitolammo Lettera-saggio del prof. Ettore Borghi (dic. 2007), In di-fesa della Costituzione (ott. 2012) che si conclude con queste parole “Ritornare alla lezione di Ruini, Dossetti, Calamandrei, Terracini potrebbe senza dubbio liberarci (un po’ d’orgoglio per la nostra storia mi-gliore, alla fine!) da certe penose forme di provincialismo acritico”.

In questi giorni ho ripescato suoi acu-ti interventi sui giornaletti studenteschi che pubblicammo negli anni Cinquanta, come Fgci o come Associazione [laica] studenti medi . Su “Corridoio” (dicembre 1955), un suo pezzo titolato La scuola nucleo sociale. “Non pretendiamo, certo, che si faccia come in Paesi più ricchi del nostro, - vi leggiamo fra l’altro - ove gli studenti prendono addirittura i pasti in comune ed hanno a loro disposizione sale di ricrea-zione e di riunione. Si può fare qualcosa anche senza spesa. Si tengano aperte le aule durante le ore in cui non c’è lezione, si lasci che una ventata di gioventù venga a purificarle dal puzzo che le ammorba!”

In conclusione di questa che non vuole essere una semplice commemorazione, propongo iniziative che salvino nella sua complessità la memoria di un uomo libe-ro che con garbo e understatement seppe trasmettere a generazioni di reggiani il contagio della libertà fondata sulla ragio-ne. Si tratta di recuperare gli scritti che qua e là, con discrezione e parsimonia, Ettore ha disseminato lungo oltre mezzo secolo.

Troppa gente forse oggi scrive libri anche avendo poco da dire. Ettore invece, che aveva molto da dire e molto ha detto con “un modo tutto suo di andare al cuore dei problemi, all’essenza delle cose” (anco-ra parole di suoi ex studenti) non ha mai scritto un libro. Faceva parte della sua estrema discrezione, del suo stile. Quel-lo stesso stile per cui, da vicesindaco di Reggio, lo si vedeva arrivare in Munici-pio, dall’abitazione allora in Via Martiri di Minozzo, non su auto blù magari con autista (altri lo facevano) ma con la sua bicicletta, pedivella destra adattata alla ridotta mobilità della gamba.

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Il testo di Apologia della prima Repubblica

Una lettera è scaricabile dalla pagina web di

Istoreco: www.istoreco.re.it

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Al Nord, Reggio compresa, la criminalità organizzata esiste

politica

“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, alla televisione, sui giornali. Però parlatene!” Esortava Paolo Borsellino. E, quando qualche anno fa, studiosi di criminalità, magistrati e giornalisti co-raggiosi lanciavano allarmi di infiltrazio-ni malavitose nel nord Italia, restavano inascoltati dai più (“ci accusavano di esa-gerare” afferma Antonio Nicaso).Incredulità (… nel nostro territorio … tra la nostra gente … mai e poi mai!) o forse ingenuità? Voglia di non vedere (se non se ne parla, il problema non esiste)? Paura? Omertà?

Reggio Emilia, la sua provincia, ma anche Parma, Modena, il Nord in generale non sono teatro di sparatorie da Far West o di regolamenti di conti dal barbiere, ma di se-gnali, chiari ed espliciti, che la criminalità organizzata lancia. E titoli come “nella notte auto in fiamme” “incendiati alcuni camion” “fiamme in un cantiere edile” ormai quasi quotidiani nelle testate giornalistiche locali ne sono la prova. La storia insegna che la regola del “non vedo, non sento, non parlo” è pericolosissima. Negare o minimizzare il nostro coinvolgimento è dannoso e oltre modo rischioso. Il silenzio è colpevole. La politica, le amministrazioni, le autorità, la società civile, noi tutti abbiamo il dovere di denunciare. Oggi più che mai. Questa crisi economica e finanziaria che non accenna a cedere il passo, gli appalti della ricostruzione post-terremoto, l’illusione di soldi facili sono un invito a nozze per la criminalità organizzata. E noi, questo invito, non accettiamolo! Con i nostri occhi e con la nostra attenzione. Con la nostra voglia di legalità. Con il nostro coraggio. Che di coraggio, questa terra e la sua gente, ne ha da vendere!

Qual è la percezione del fenomeno del-la criminalità organizzata nel nostro territorio?I fatti di cronaca recente dimostrano si tratti di un fenomeno esistente, ma ten-denzialmente latente e silenzioso. Ciò lo rende meno facilmente individuabile e, quindi, ancor più pericoloso. Ritengo ampi segmenti della nostra comunità ne ignorino l’esistenza. Ne deriva, dunque, l’occorrenza di un’azione costante di in-formazione e sensibilizzazione.Quando, secondo lei, il fenomeno delle infiltrazioni mafiose, o meglio camorri-stiche, ha cominciato a contaminare in particolare le zone della Bassa? L’edili-zia può essere individuata come “con-duttrice” di criminalità camorristica?E’ difficile stabilirlo con precisione. Si potrebbe forse dire dagli anni ’90 del secolo scorso. Credo, comunque, che la

stagione dell’espansione edilizia ne abbia silenziosamente favorito la diffusione, così come il settore dei trasporti.In particolare, dopo che qualche ditta della zona è stata raggiunta da un’inter-dittiva antimafia, quali sono gli strumen-ti messi in atto o in vostro possesso per contrastare o impedire che venga in-taccato il sistema imprenditoriale della zona (ancora molto sano)?Sul piano generale è fondamentale ricer-care costantemente una collaborazione inter istituzionale con le forze preposte del territorio, dalla Prefettura all’Arma dei Carabinieri. Entrando più nello specifico, l’Unione dei Comuni Bassa Reggiana, di cui il Co-mune di Poviglio fa parte, è stata la prima ad accogliere l’invito della Prefettura di Reggio Emilia a sottoscrivere il Protocol-lo sugli appalti inerente i lavori pubblici. Si tratta di uno strumento di controllo assai significativo, che consente agli Enti locali di avvalersi della collaborazione della Prefettura stessa in tema di verifica preventiva dello status delle aziende as-segnatarie degli appalti. Senza dimenticare che l’aver costituito un Ufficio unico, a livello unionale, per la gestione dell’assegnazione dei lavori pubblici costituisce, a mio parere, già un vantaggio di partenza.Quale sarebbe il comportamento che terrebbe nel caso di richieste di apertu-re di sale da gioco, terreno fertile per la criminalità?Di particolare attenzione e prudenza, orientato a limitarne il più possibile, nel rispetto di quanto consentito dalla nor-ma, l’insediamento, non solo per pre-

Giammaria Manghi

di Anna Fava

Alcune domande al Sindaco di Poviglio Giammaria Manghi

venire possibili infiltrazioni di stampo criminoso, ma anche per cercare di ar-ginare il fenomeno in ampia diffusione della ludopatia.

Le scritte inneggianti al criminale Erich Priebke e le svastiche appar-se all’esterno della sede dell’ANPI nazionale a Roma, sono il solito vile atto di chi ancora non cede di fron-te all’unica e sacrosanta verità della storia: il nazismo e il fascismo furo-no esclusivamente regimi sanguinari che hanno portato l’orrore della guer-ra e dell’odio razziale in tutta Europa e oltre.L’ANPI proseguirà, senza farsi inti-midire da alcuno, nel suo quotidiano impegno di promozione dei valori di giustizia, pace, libertà e democrazia chehanno animato la Resistenza e ri-conquistato il Paese alla civiltà.

Roma - Scritte naziste sul muro dell’ANPI

Il comunicato dell’ANPI nazionale

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Elia Minari, Antonio Ingroia e Donato Vena (foto redazione “Cortocicuito”)

di Luca Gemmi

politicaProgetti autoritari sulla CostituzioneAntonio Ingroia a Reggio Emilia

“L’obbiettivo è quello di trasformare lo Stato di diritto democratico in autoritario. La riforma di tipo presiden-zialista è un modo di concentrare il potere nelle mani dell’esecutivo, che a sua volta è più facilmente control-labile dai poteri economici”.

E’un Ingroia inedito quello intervenuto la sera del 27 giugno nell’affollatissima sala della “Gabella”. L’ex pm, protago-nista di importanti processi a mafiosi e politici, pochi giorni fa ha deciso di la-sciare definitivamente la magistratura per dedicarsi interamente alla politica. Tema principale della serata è stata la Costitu-zione, ma la discussione ha toccato anche temi caldi come magistratura e trattativa Stato-mafia. Ad organizzare l’evento il periodico “Zon@civica”, il cui direttore Donato Vena ha introdotto la serata, in-sieme alla web-tv Cortocircuito.La prima invettiva è contro i poteri for-ti, politici ed economici: “Siamo dentro un processo di crisi della democrazia nel quale le opportunità del cittadino di inci-dere nei processi decisionali è ridotto al minimo, perché sono le élite economiche a decidere i destini delle nazioni”, ha at-taccato l’ex pm. “C’è un’insofferenza dei poteri finanziari, che realmente governa-no il mondo, verso la democrazia, che è per loro un impaccio”.Una pesante critica anche ai progetti di riforma costituzionale del governo: “L’obbiettivo è quello di trasformare lo Stato di diritto democratico in autoritario. La riforma di tipo presidenzialista – con-tinua – è un modo di concentrare il potere nelle mani dell’esecutivo, che a sua volta è più facilmente controllabile dai poteri economici”. Quindi la sfida, diretta al Pd, di indire delle “primarie delle idee” per chiedere ai propri elettori cosa ne pensino

del modello presidenzialista.Il secondo grande imputato alla sbarra dell’ex pm è proprio la magistratura, che “non è un corpo estraneo rispetto alla politica. La magistratura ha portato sulle spalle per decenni la responsabilità stori-ca dell’impunità della classe dirigente, è stata complice. E questo è andato avan-ti con un silenzio generalizzato”. Oggi i magistrati “per bene” sarebbero la mag-gioranza, “ma non significa che sia scom-parsa la magistratura che volta le spalle. Non è che tutti i politici sono cattivi e i magistrati buoni”.

L’ex pm, incalzato dalle domande di Elia Minari del giornalino studentesco indipendente “Cortocircuito” (www.cor-tocircuito.re.it) e del gruppo “Giovani a Reggio Emilia contro le mafie”, ha par-lato anche delle indagini sulla trattativa Stato-mafia. «La trattativa fra politica e mafia è iniziata attorno al 1860, con la nascita dello Stato italiano». Un rapporto che è continuato per tutta la storia recen-te: fascismo, sbarco in Sicilia degli Alle-ati, strage di Portella della Ginestra, fino al pool antimafia degli anni ’80 e i primi magistrati “incontrollabili”, che fanno saltare il meccanismo.La rottura arriva però con il Maxipro-cesso e la stagione delle stragi: «Da quel momento in poi la trattativa è soprattutto politica, la mafia vuole porre delle nuove condizioni per la convivenza con lo Sta-to. Lo Stato si sente in ginocchio e per salvare la vita ai politici manda i suoi uo-mini a trattare con la mafia».L’impossibilità di continuare le indagini ha determinato l’abbandono alla magistratura, e l’entrata di Ingroia in politica: “L’avven-tura elettorale di Rivoluzione Civile, non coronata da successo, ha costituito solo la prima parte di un percorso personale. Ora la sfida è: o riusciamo a cambiare la politica o la partita è perduta. E io preferisco gioca-re la partita rischiando di perderla. Lo farò fuori dalla magistratura”.

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Turchia

esteroTramonta il sogno di un Paese islamico di entrare nella UE?

Okkupy Taksin, la celebre piazza, occupata da una folla immensa, contro la decisione del governo di liberare dai suoi alberi Gezi Park, per fare posto ad una moschea e ad un centro commercia-le. Taksin è la piazza simbolo di Istanbul, nella quale viene espressa da tempo ogni forma di protesta della gente, ma anche centro di feste popolari, come quella del 1° maggio e, contemporaneamente, pun-to di forti contrasti, dove il dissenso si confronta da sempre con la repressione che la polizia esercita, quasi come una normale esercitazione militare.Partendo da un abbattimento di alberi è nata oggi una forte protesta contro il go-verno di Erdogan, dando origine ad una particolare “primavera turca”, che ha for-nito alla storia del Paese i primi martiri, (quattro morti e oltre 8.000 feriti), così come denuncia Amnesty Europa attra-verso le dure parole del direttore John Dalhuisen.Lo spontaneismo e la forte voglia di par-tecipazione sono montati all’ombra della progressiva involuzione autoritaria del governo dell’AKP (Partito per la giu-

Il racconto di Ozge, studentessa turcaLa rivolta del Parco Gezi a Istanbul

di Bruno Bertolaso

stizia e lo sviluppo), partito del premier Tayyp Erdogan, che è passato dal rappre-sentare la speranza di una vera riforma istituzionale in senso liberale della Tur-chia, ad una involuta forma di dittatura della maggioranza. L’AKP, in effetti, ha da tempo imboccato un percorso, che senza rispettare le istan-ze delle minoranze sociali, culturali e po-litiche del Paese, è scivolato in una deriva populista e personalista in contrasto con la transizione ed il cambiamento che la Turchia è chiamata oggi ad affrontare.Gli alberi di Taksin, pur rappresentando oggi l’elemento catalizzatore della prote-sta e del dissenso popolare, rappresenta-no il germoglio della presa di coscienza da parte dei manifestanti, coscienza di potere sfidare un governo, che in base ad un allargamento dei principi islamici, vuole impedire il cambiamento laico e democratico della società.Nel contesto di tale dinamica il risveglio della piazza turca, che da Istanbul si è estesa in tutto il Paese, porta, come nel passato, a rivendicare un ruolo centra-le nella vita del Paese, riprendendo una propria funzione sociale e politica, rico-prendo il ruolo di “guardiano civico” del-le istituzioni, che dovrebbe rappresentare un elemento centrale del sistema di pesi e contrappesi di una democrazia matura, così come era auspicata e voluta, quasi un secolo prima, dal “padre” della Turchia laica Ataturk.RecepT Tayyp eRdogan, così come è successo per l’Egitto di Mohammed Morsi, deludendo profondamente i suoi estimatori, diffusi in tutto il bacino del Mediterraneo, ha dimostrato che dove la vittoria elettorale dà il potere in mano agli islamisti, qualsiasi essi siano, si mette in atto una profonda incapacità a trovare so-luzioni ai problemi quotidiani delle popo-

lazione, disattendendo di conseguenza, le attese e le promesse elettorali, dando la chiave del potere in mano al partito isla-mico del capo del governoBere bottiglie di birra in pubblico e avviare una dimostrazione, denomina-ta “protesta del bacio”, sono stati due modi per dimostrare come la popola-zione non accetterà di buon grado le ri-gidità moraleggianti avviate dal partito islamico AKP. Profondamente colpito dalla presa di po-sizione dell’esercito egiziano, Erdogan si è affrettato a presentare al parlamento di Ankara una proposta di legge, che emen-da l’articolo n. 35 del Codice di servizio interno delle Forze armate, che sancisce per i militari “il dovere di preservare e proteggere la Repubblica di Turchia”. L’emendamento ha lo scopo di limitare il dovere dei militari a difesa del Re-pubblica, limitandolo alle sole “minac-ce esterne”.Sarà questa una nuova limitazione dei poteri effettivi dell’esercito, nella sua qualità di guardiano delle Stato laico, in una partita che Erdogan ha ingaggiato da sempre contro i militari, partita che ha visto centinaia di ufficiali e alcuni gene-rali finire in carcere con l’accusa di avere tramato un nuovo golpe, dopo i tre attuati nel passato, ai danni del governo islami-co-moderato.Erdogan e il suo governo sono ancora molto forti e sostenuti da un vasto con-senso. E’ necessario oggi evitare che le due ani-me, in cui è diviso il Paese, entrino in una tragica contrapposizione. La deriva, in cui verrebbe spinta la Turchia, chiudereb-be per sempre le porte dell’UE, facendo più forti i critici e gli oppositori, oggi in-certi o contrari all’accoglimento europeo del Paese islamico.

di Glauco Bertani

Abbiamo incontrato Ozge (studentessa a Roma di Scienze politiche, e originaria della provincia di Istanbul), ai primi di luglio all’Ostello della Ghiara a Reggio Emilia, nel corso di Politicamp, un’ini-ziativa organizzata dai sostenitori di

Giuseppe Civati. L’analisi della situazio-ne turca è affrontata a fianco da Bruno Bertolaso, noi ci limitiamo a ricordare che le proteste contro il governo di Re-cep Tayyip eRdOğan erano iniziate il 28 maggio con un sit-in di una cinquantina

di persone che manifestavano contro la costruzione di un centro commerciale al posto del parco Gezi a istanbul.

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renda conto del proprio errore.Possiamo considerarla, comunque, una prova generale di opposizione vera?Sì, anche se oggi una vera opposizione non c’è.

estero

Ozge (foto Glauco Bertani)

E sembra sempre che le rivolte o le pro-teste in Paesi come la Turchia, o come era successo in alcuni stati del Norda-frica, esplodano all’improvviso, ma in realtà…In realtà c’era un’insoddisfazione stri-sciante già da tanti anni solo che, purtrop-po, Erdoğan è riuscito a farsi rieleggere per la terza volta perché, diciamo, è riu-scito a convincere quella parte di popolo, che di regola non vota gli islamici mo-derati, quella parte di elettori che viveva ancora la frustrazione del colpo di Stato degli anni Ottanta. Erdoğan ha promesso di processare i golpisti [per il tentativo di colpo di Sta-to del 2010, ai primi di agosto, è stato condannato all’ergastolo il generale Ilker Basbug, N.d.I.] e quindi tanta gente l’ha votato. Ci sono state delle irregolarità nelle ele-zioni: c’è stato un avanzo di sei milioni di voti rispetto ai votanti effettivi. Già da tanti anni una buona parte della popolazione non era d’accordo con il modo di fare autoritario di Erdoğan. Il partito per la giustizia e lo sviluppo ha sì la maggioranza ma l’opposizione esiste per un motivo! l’opinione pubblica esiste per un motivo! Erdoğan non ha mai tenu-to conto di queste cose e ha sempre fat-

to come voleva. Anzi addirittura ha dei modi di fare molto minacciosi…In piazza chi c’era?In piazza non c’erano solo giovani come si è voluto far credere ma c’erano gli an-ziani, gente di mezza età, c’era il Chp [il Partito popolare repubblicano, N.d.I.] e l’Mhp [il Partito di azione nazionale, N.d.I.], i sindacati, c’erano persone che non avevano mai avuto a che fare con la politica…Quindi dai lavoratori, ai pensionati agli studenti…Sì, c’erano tutti, addirittura c’erano attori famosi. C’è stato un conduttore televisi-vo che ha sospeso il suo programma, ha preso i suoi ospiti ed è andato a manife-stare in piazza: è stato licenziato per que-sto. C’è stato un altro giornalista, uno dei tantissimi, che è stato licenziato perché dal suo account privato di Twitter twitta-va in favore della manifestazione.E le prospettive quali sono?In questo momento non c’è un’opposizione che possa rappresentare la nazione e non credo che il governo cadrà. Quando si arriverà alle elezioni, spero che quella parte del popolo che ancora ottu-samente e forse ancora in maniera un po’ bigotta continua a credere in Erdoğan si

Di nuovo come allora occorre saper scegliereSettant’anni or sono il governo Bado-glio, dopo alcuni giorni di tentennamenti, diede l’annuncio dell’armistizio ma nes-suna indicazione circa il comportamento da tenere per quanto riguardava le forze armate italiane. Per alcuni quella data segnò l’inizio della “morte della Patria”. Ma per tanti fu da subito l’inizio della scoperta e della costruzione di una nuova Patria, quella della Resistenza e poi della Costituzione repubblicana. Il Tricolore , sequestrato per 20 anni dal fascismo, cominciò ad essere restituito a tutti gli italiani. Fu insomma il momento della pur non facile scelta. Il “campo giusto” fu scelto dai 9.000 reggiani (uomini e donne) che diventarono partigiani, dalle centinaia di famiglie le cui case furono rifugio e sostegno per i partigiani, dagli oltre 8.000 reggiani sotto le armi che ri-fiutarono la collaborazione coi tedeschi e con la Rsi preferendo un’altra Resistenza nei campi di concentramento.

Così fu, in varia misura, anche in tutta l’Italia centro settentrionale occupata dalle armate naziste.Questo settembre 2013 che ci lasciamo alle spalle trova gli italiani di oggi forse più smarriti di quelli di 70 anni fa. Anche se per fortuna non direttamen-te coinvolti in una tragica situazione di guerra. Ma il coraggio della scelta che tanti italiani ebbero allora è ancora oggi ne-cessario per reagire al degrado sociale, politico e morale e all’intollerabile mer-canteggiamento che ci vede tutti appesi alle mutevoli e capriccise richieste di uno che, dopo essersi sempre difeso dai (e non nei) tribunali, rifiuta ora la con-danna definitiva. E lo fa servilmente assecondato da per-sone che ammettono di essere prive del “quid” e dunque un agglomerato di nul-lità senza la cosiddetta “agibilità politi-ca” del loro capo carismatico. (a.z.) (foto Francesca Assirelli)

8 settembre 1943-2013

70 anni

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cultura

Gigliola Sarzi e Maria Montanari alla prima pre-sentazione del libro Ma il mito sono io di Laura Artioli, sulla vita di Lucia, sorella sua e di Otello

Dal 6 aprile scorso Reggio Emilia ha una “Casa dei burattini”. E dal 6 aprile i burattini di Otello e della famiglia Sarzi hanno casa a Reggio Emilia.Grazie a un contributo della Provincia e alla caparbietà della Fondazione Sarzi quelli che erano un sogno e un’idea sono oggi una concreta realtà, a disposizione di chiunque abbia la curiosità di fare qualche scoperta e la voglia di meravigliarsi. Un legame di lunga data, quello tra la ter-ra reggiana e la famiglia dei Sarzi. Qui si è svolta gran parte dell’esperienza antifa-scista dei fratelli Otello e Lucia e ancora, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, si sviluppò un’importante sinergia tra Otello e i suoi collaboratori ed il Teatro Municipale, tanto che il burattinaio non sposterà più da qui la propria base fissa. Fino a pochi anni fa i burattini della fami-glia Sarzi erano custoditi nell’ex scuola elementare di Pieve Rossa di Bagnolo in Piano, dove Otello ha trascorso gli ultimi anni della propria vita. Dopodiché sono stati trasferiti in un magazzino di proprie-tà della Provincia di Reggio Emilia, dove giace ancora la maggior parte di questi, in attesa di essere restaurati. L’opportunità creata con la nuova sede, che già rende possibile l’esposizione di numerosi pez-zi anche a rotazione, non risolve però il problema del magazzino. Sono infatti an-cora circa un migliaio, molti dei quali già catalogati dall’IBC, i burattini che neces-sitano di conservazione e manutenzione, al di là di quelli già esposti nella nuova sede. Ma cosa può fare il visitatore una volta varcata la soglia di Via del Guazza-toio n.12/B?Per iniziare, in vetrina e nel foyer si vie-ne accolti da mostre temporanee di artisti contemporanei (oggi, ad esempio, ci rice-vono i ritratti fotografici di Otello scattati da Claudio Salsi); mostre organizzate per

di Francesca Correggi

arricchire lo spazio e creare una diversi-ficazione dei linguaggi che incuriosisca il pubblico ed avvicini anche chi non è direttamente appassionato di burattini.Una grande sala è poi allestita per ospi-tare il percorso espositivo vero e proprio, in cui ammirare diversi tipi di marionette e burattini, dai più classici ai più futuri-stici, da quelli in cartapesta a quelli in lattice, in legno, in metallo, in polistirolo. La diversità degli stili e dei materiali uti-lizzati, molti dei quali di recupero, sono espressione di grande creatività e spirito innovativo. Di questi ci rende l’idea il tavolo da lavoro posto nella stanza, sul quale si possono trovare alcuni modelli in diversi materiali: una testa in gomma-piuma che ricorda forse il pittore Antonio Ligabue, stampi in argilla, sagome rica-vate da vecchi flaconi di detersivo, tappi a corona per simulare palpebre e ciglia e un barattolo... pieno di occhi! Oltre ai bellissimi esemplari di burattini, quindi, trova spazio un richiamo alla ma-teria, per non farci dimenticare che tutto quello che si può ammirare qui è frutto del genio, ma anche di un sapiente lavoro manuale.E da questo, l’idea di dedicare gli altri spazi della Casa dei Burattini proprio all’interazione ed alla sperimentazione. La sede ospita, infatti, un teatrino da 50 posti, utilizzato con i ragazzi e le scuole in visita, ma non solo. Qui si svolgono anche rassegne di teatro di figura, forma artistica espressamente rivolta agli adulti. Interessante è poi il laboratorio, dove la visita si fa sensoriale e materica, si entra in contatto con i materiali e ci si può av-venturare nella costruzione di burattini.

Questa Casa non è quindi semplicemen-te un museo, ma un luogo in cui l’arte viene creata ed entra in contatto con le persone, la materia acquisisce forma e parola, avvia un dialogo e diventa vei-colo di contenuti e temi tra i più diversi. Sempre presente quel bagaglio di valo-ri che la famiglia Sarzi ha portato con sé di luogo in luogo e di generazione in generazione: quegli ideali di pace e soli-darietà certamente influenzati e plasmati dall’esperienza antifascista di Otello e Lucia in particolare. Colpisce, ad esem-pio, il libretto di schizzi e bozzetti legato allo spettacolo La scoperta dell’Ameri-ca”: nella scheda del costume dell’armi-gero spagnolo Otello aggiunge una nota singolare, quella di apporre sull’elmo del conquistatore una svastica nazista. Questo un particolare dei tanti di questo luogo che è tutto da scoprire, senza fretta e con la curiosità di apprezzare ogni par-ticolare, scovare ogni dettaglio di queste splendide opere d’arte, lasciarsi rapire dai colori e dagli sguardi ammaliatori e beffardi dei personaggi che si incontrano.La Casa dei Burattini riapre a settembre ed aspetta bambini, studenti e adulti cu-riosi, dai gruppi delle scuole per l’infan-zia in su, fino ai circoli per gli anziani. La visita guidata prende circa un’ora e c’è anche la possibilità di assistere a spet-tacoli, sviluppare percorsi didattici ad hoc e partecipare a laboratori. Dall’estate prossima, poi, chissà che i burattini non escano di casa per prendere il fresco, anche loro, nella vicina Piazza Fontanesi.

Isabelle Sarzi

I burattini di Sarzi a ReggioGrazie alla Provincia e alla Fondazione Sarzi in Via del Guazzatoio n.12/B sono visibili opere del Burattinaio partigiano reggiano

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anni e i mesi”, la passione per la storia, anche quella “piccola” delle persone di paese, la lievità dei ricordi, il filo dei pen-sieri scavando nel tempo. Ecco le poesie, gli “assoli” e le “sassate su specchi che crepano silenzi”. E tra le parole di so-stanza la Resistenza, innominata ma viva e presente, sino a giungere in “10 marzo 2009” ad una citazione dalle Lettere di condannati a morte.Grazie per questo dono, “Gana” e Yuri, grazie anche dall’ANPI.

“Il PCI non è un paradiso in terra; è soltanto una verità politica e culturale che, nel nome dell’umano, cammina tra i guasti e gli inferni della storia umana”. Questa frase appare nella quarta di co-pertina di Gianetto Patacini. Un prota-gonista del ‘modello emiliano’ (Consul-ta librieprogetti, 2012), saggio a cura di Glauco Bertani dedicato, nel trentesimo anniversario della scomparsa, alla figura e all’opera di uno dei principali rappre-sentanti della vita pubblica reggiana del dopoguerra. Sono di Gianetto Patacini quelle parole, ed offrono l’opportunità di comprendere la dimensione umana e ide-ale di quel figlio della nostra terra, della cultura contadina, del riformismo pram-poliniano e della cooperazione; legato ai valori della Resistenza, all’apertura nel PCI di una via italiana al socialismo e alla realizzazione del ‘modello emiliano’.La ricerca storica, preceduta da alcune testimonianze di quanti hanno potuto conoscere e apprezzare Patacini, tra cui Luciano Guerzoni (ex segretario regio-nale del PCI e attuale vice presidente ANPI) e Pier Luigi Bersani (ex segreta-rio nazionale del PD), e da una sintetica biografia di Marco Marzi, è composta dai testi di Nadia Caiti, Glauco Bertani, Michele Bellelli, Anna Fava, ai quali fanno seguito dichiarazioni tratte dalla commemorazione in consiglio regiona-le dedicata al rappresentante reggiano e

un breve saggio conclusivo del senatore Alessandro Carri. La parte storiografica, approfondita e documentata, ripercorre cronologicamente la vita di Patacini dal-la nascita, a San Martino in Rio (1926), alla morte (1982), dalla militanza iniziale nell’antifascismo, nella Resistenza e nel PCI all’attività di amministratore pubbli-co (come sindaco del comune d’origine,

cultura

di Giovanni Guidotti

A trent ’anni dalla scomparsa un saggio storico ricorda la figura e l’opera del politico reggiano

Glauco Bertani (a cura di), Gianetto Patacini. Un protagonista del ‘modello emiliano’, Consulta editrice, Reggio Emilia, 2012, pp. 396, euro 15,00

Gianetto Patacini Un protagonista del modello emiliano

poi in Provincia e in Regione), affiancata a quella politica (segretario della federazio-ne provinciale del PCI e successivamente membro del comitato regionale del partito). Dal saggio, che offre anche un’utile cor-nice storica e politica di riferimento sia locale che nazionale, si evidenzia mag-giormente la qualità di Patacini come amministratore rispetto a quella di politi-co tout court. Uomo di origine contadina, essenzialmente portato al fare, egli mo-stra infatti di saper unire sostanza e meto-do, di riuscire a tradurre concretamente i concetti di ‘autonomia’ e ‘decentramen-to’ nelle pratiche di governo, impostando il proprio lavoro sui temi della program-mazione economica, della pianificazione urbanistica, del sistema dei trasporti, dei servizi alla persona (sanitari, sociali, edu-cativi e formativi), dell’allargamento del-la democrazia e della lotta ai monopoli. Modesto, autodidatta (aveva la licenza elementare), capace di ascoltare e aper-to al confronto, guidato da solidi principi morali e ideali, nelle ultime pagine del libro viene così ricordato, a pochi giorni dalla scomparsa, dall’onorevole Pierlui-gi Castagnetti, all’epoca consigliere re-gionale: “Patacini apparteneva a quella generazione per cui la politica non è un gioco… non è esibizione, ma una ragione di vita, un’esperienza – a suo modo – di fede, umanissima e perciò limitata, ma intensa, per cui vale la pena vivere”.

Un libro di parole e immagini di Andrea Ganapini e Yuri TorriScavare il tempo

Il 25 giugno scorso, a conclusione del-la bella serata di presentazione del libro di Laura Artioli su Lucia Sarzi, presso la Casa Cantoniera di Casina, l’assessore alla cultura Giovanna Caroli ci ha fatto dono del libro: Scavare il tempo.Viaggio tra i fantasmi in Appennino di Andrea Ganapini e Yuri Torri.L’ho guardato e letto con commozione e stupore. Due ragazzi gli autori, così si dice anche se hanno appena sfiorato i trenta, due belle lauree in ingegneria e

di Fiorella Ferrarini

in scienze politiche, la loro amicizia e lo sguardo condiviso sui “loro” paesaggi, essenziali, scavati, accompagnati da pa-role che diventano poesia e bellezza nella narrazione di storie, memorie, leggende.Ecco le foto in bianco e nero di Andrea, che “ruba” immagini camminando “su e giù per la provincia”, senza compiaci-menti, direi con rispetto dei luoghi, del-le acque, delle nuvole, degli alberi e dei loro segni scarnificati.Ecco le parole di Yuri, “su e giù per gli

Intervista a Glauco Bertani p. 37

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cultura

Il 5 giugno u.s. è stato presentato e di-scusso, al Circolo Mavarta di Sant’Ilario d’Enza, il volume Arrivederci a primave-ra. Porte aperte a S.Ilario per i bambi-ni. Storie di solidarietà e sopravvivenza. Presenti e protagonisti della serata, tra gli altri, l’assessore provinciale Ilenia Ma-lavasi e la direttrice dell’Istituto campa-no per la Storia della Resistenza, Giu-lia Buffardi, autrice del libro Quel treno lungo lungo, dedicato alla situazione dei bimbi napoletani nel dopoguerra.Il fascicolo santilariese, frutto dell’ope-ra appassionata e scrupolosa di Cristina Casoli e Carlo Perucchetti, è in modo preponderante dedicato alla ricostruzio-ne documentata, sia con fonti cartacee (preziose, tra le altre , le annate del “Gaz-zettino Santilariese”) che interviste, alla poco nota e per molti versi straordinaria vicenda dell’accoglienza presso famiglie di Sant’Ilario, nel post Liberazione, di bambini milanesi (1945-46) e napoletani (1947-48). Una vicenda che vide prota-goniste famiglie dell’Emilia-Romagna e della Toscana e riguardò varie migliaia di bambini e bambine, che nelle “regioni rosse” ebbero modo di trascorrere inverni e di venire rimessi in sesto da vari punti

Andrea Ganapini, Yuri Torri, Scavare il tem-po. Viaggio tra i fantasmi in Appennino, Ed. AbaoAqu, 2012

di vista. Anche in Emilia e in Toscana eravamo all’epoca molto poveri, ma nel milanese devastato dai bombardamenti e nella Napoli degli Sciuscià e de La pelle di Malaparte, la miseria, e gli esiti della guerra, erano ancora più devastanti.

Scorrono nomi davanti ai miei occhi,i nomi veri e i nomi di battaglia.Nella mia mente si affollano ricordiparole lontaneimmagini che non ho mai visto,ma che ho sentito innumerevoli volte.Immagini che posso solo immaginare.Facce sporche,visi segnati, rudie occhi bagnati.Occhi aperti su un futuro che non vedrannoocchi fierie infine privi di paura.Ho agito a fin di bene per un’idea.Per questo sono sereno e dovrete esserlo anche voi.

Yuri Torri

10 marzo 2009

di Antonio Zambonelli

I l caso di Sant ’I lario d’Enza

Porte aperte nel reggiano per i bambini di Milano e Napoli

La copertina

1945-1948

“La ricostruzione di un periodo storico o di avvenimenti storici ha un senso se da essa si possono trarre, oltre che cono-scenza, insegnamenti utili per il presente e per il futuro” .Tali parole, che compaiono nell’exergo di Lina Violi, trovano piena conferma nel volume stesso perché, dopo avere richia-mato ancor più antiche solidarietà, come l’ accoglienza dei figli dei protagonisti del grande sciopero agrario parmense (1908) o di quelli degli ex “nemici” austriaci (bambini viennesi accolti a Reggio nel 1919), ci proietta in un’attualità documen-tata anche con le foto non più soltanto in bianco e nero. Ci riferiamo all’accoglien-za, in atto da anni, dei bambini (alcuni nel frattempo diventati quasi adulti) dell’ex URSS la cui salute è stata messa a rischio dall’esplosione della Centrale atomica di Cernobil (aprile 1986).Come affermato da uno dei curatori del volume, Carlo Perucchetti, la ricerca pubblicata a Sant’Ilario dovrebbe essere la prima tessera di un più ampio mosaico che riguardi l’intera provincia reggiana. Potrebbe costituire una degna conclu-sione dei settantesimi della Resistenza, poiché l’accoglienza ai bambini vide tra i

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bino milanese, privo del padre, ospitato a Massenzatico per trascorrervi un inverno e vi rimase sette anni. E quando scrisse le sue memorie, attorno all’anno 2000, accennava con affettuosa nostalgia alla Rina, che negli anni di Massenzatico gli fece da madre.Sull’accoglienza nelle “regioni rosse” dei bambini di Milano e del Sud, esi-stono già diverse pubblicazioni di ca-rattere nazionale. Manca una ricerca approfondita per la provincia di Reggio, che pure fu una delle più sensibili nel mobilitarsi al riguardo.

culturasoggetti protagonisti, oltre al PCI e l’UDI anche l’ANPI, i CLN (e, più in generale, la “cultura della Resistenza”), riuscendo altresì a coinvolgere settori del mondo cattolico. E ciò nonostante l’infame cam-pagna che serpeggiò nel Sud circa i rischi che bambini e bambine avrebbero corso nelle “regioni rosse” (deportazione in URSS, taglio delle mani..: riascoltare per credere le varie testimonianze nel docu-film Pasta nera).Ricorda al riguardo Gianfranco Ghidot-ti: “Del Comitato per l’accoglienza Lelio Poletti [comunista, NdR] era il presidente e la segretaria era Liliana Bonoretti, cat-

tolica. C’era l’accordo su questa cosa di tutti i partiti”. (p. 27)Fu una eccezionale “operazione solida-rietà” nata sì “dall’alto”, ma che non solo ottenne la convinta e generosa disponibi-lità di tante famiglie, soprattutto conta-dine, ma produsse anche lo stabilirsi di rapporti di affettuosa colleganza tra fa-miglie milanesi e meridionali con quelle emiliane, rapporti in molti casi vivi an-cora oggi.Su queste pagine (n. 5/6, 2005) abbiamo pubblicato un brano del libro autobiogra-fico Il sapore del pane, di Daniele Grana-telli, che rievoca la sua vicenda di bam-

Per quanto qui ci riguarda il poderoso e ricchissimo volume di Galavotti ricostru-isce, con dovizia di particolari, la storia della “scelta” di Giuseppe Dossetti: la scelta, frutto di una sofferta riflessione interiore, di entrare attivamente nella Re-sistenza e, successivamente, di assumersi gli oneri derivanti dalla posizione media-trice e di guida raggiunta.Colui il quale più tardi si farà chiamare Benigno la definirà – parole sue – piut-tosto uno “scivolamento”; fonti inedite ci raccontano minuziosamente i vari pas-saggi che scandirono tale scivolamento; in realtà, come apprendiamo, scivola-mento non fu, ma appunto presa d’atto dell’urgenza di una radicale riforma della società, dello Stato, della Chiesa e dell’Uomo.È il 1940 l’anno in cui Dossetti farà più tardi risalire l’inizio della sua completa e ormai inequivocabile presa di distan-za dal regime fascista ed è il medesimo anno in cui prende il via una fase della sua vita marcata dall’impegno politico. Un “dissenso non operativo” preceden-te - parole sue – che si tramuterà rapi-damente nell’indispensabilità di passare

all’azione. Dalle aule dell’Università Cattolica, da una carriera accademica già allora decisamente lanciata, nel lasso di tre anni, vediamo Dossetti partecipare al “Gruppo di solidarietà” con Onder Boni e Luigi Emore Gilli da poco scarcerati dopo l’arresto per questioni politiche; vediamo Dossetti scrivere lettere, scrive-re a sacerdoti, comunisti, cattolici, gente comune, alla sua famiglia; vediamo Dos-setti combattere il nazi-fascismo con ogni mezzo, in perenne tensione morale per le azioni che lui stesso e gli amici partigiani si vedevano costretti a compiere.La lotta di Liberazione viene nel volume di Galavotti vista attraverso gli occhi di uno dei maggiori protagonisti, e ne emer-ge come tragedia immane per l’umanità. Il quadro viene poi arricchito e amplifica-to da altre voci, da chi in quegli anni gli fu vicino nella Resistenza e fuori, da chi gli fu amico, da chi gli fu nemico e da chi fu tutte e due le cose.Dalla partenza del fratello Ermanno per il fronte jugoslavo nel 1941 la guerra era entrata prepotentemente nella vita del giovane assistente universitario; ne usci-rà solamente anni dopo quando, però,

Giuseppe Dossetti Il Professorinodi Andrea Montanari

Un libro di Enrico Galavotti

contemporaneamente, inizierà il nuovo conflitto politico e sociale legato alla ri-costruzione e alla nascita della Democra-zia italiana.

Enrico Galavotti, Il Professorino. Giuseppe Dossetti fra crisi del fascismo e costruzione della democrazia (1940-1948), Il Mulino, Bo-logna 2013

Silvio D’Arzo esule nella sua terradi Antonio Zambonelli

Con un volumetto assai ben curato an-che graficamente, Carlo Pellacani offre la preziosa occasione di ripercorrere, traendone anche un bilancio, le analisi critiche prodotte per decenni sull’opera letteraria del reggiano Ezio Comparoni, morto a soli 32 anni il 30 gennaio 1952. Il

tutto intrecciato con assai puntuali appro-fondimenti sul vissuto del precocissimo Ezio, che già a 15 anni ebbe pubblicati suoi racconti (laurea in Lettere a 21), e che rimane per tanti , compreso il sotto-scritto, l’Autore di quel capolavoro della letteratura italiana del Novecento che è

Casa d’altri.Nonostante la troppo breve esistenza, aveva già raggiunto, poco più che adole-scente, una certa fama a livello nazionale sotto il più conosciuto dei suoi pseudòni-mi, Silvio d’Arzo. Rosalinda Comparoni, la madre, aveva 37 anni quando lo diede

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culturaalla luce ed abitava in Via del Portone. Originaria di Cerreto Alpi, era nubile. Non aver conosciuto il padre (paternità NN, come si annotava all’epoca sui do-cumenti) fu per Ezio causa “di turbative e insicurezze” (p.17) alle quali ben si at-taglia la definizione “D’Arzo esule nella sua terra” di cui al titolo.Quanto alla reale paternità, mettendo in-sieme diversi indizi (tre indizi fanno una prova?) emersi anche dagli scavi di Lu-ciano Serra, coetaneo ed amico di Ezio, Pellacani ci conduce fino a Giovanni Zibordi, di cui Rosalinda fu domestica, dunque fino al quasi certo padre naturale. E dal padre naturale per sempre rimasto ignoto ad Ezio, questi avrebbe ricevuto, tramite il prof. Zonta (“nato libero / mor-to libero”, come si legge sulla sua tomba a Canossa) aiuti finanziari che avrebbero contribuito a renderne possibili gli studi.A parte la riconferma della elevata qua-lità della scrittura di Comparoni, il libro ci offre diversi altri elementi di grande interesse circa il coinvolgimento di Ezio “nello scenario socio-politico” del suo tempo, strappandolo, aggiungo io, a quel-la immagine troppo romantico-decadente (banalmente esistenzialista?) che affa-scinava, sul finire degli anni Cinquanta, con notevole fraintendimento, studenti reggiani con qualche ambizione letteraria che ne imitavano perfino la leggendaria postura, sotto i portici di Piazza del Mon-te, bavero del trench sollevato, a contem-plare con occhi pensosi-attòniti gli altri che passavano.Pellacani ci restituisce un complesso tes-suto di relazioni del giovane Comparoni con vari personaggi reggiani: da Valdo Magnani, a Giuseppe Dossetti, a un Alta-na non ancora prete, Vittorio Cavicchio-ni, Renzo Bonazzi..., oltre che con gli

Carlo Pellacani, Silvio D’Arzo, esule nella sua terra, Consulta, Reggio Emilia 2013

amici di quella congrega dei dodici con-segnata ad una ben nota fotografia sullo sfondo del Teatro Municipale.Una scoperta, per molti, nel capitolo (p. 29) Il rifiuto del fascismo. Ma quello di Ezio, sia prima che dopo il 1945, fu un antifascismo che non gli impedì di co-gliere i caratteri negativi dell’altro tota-litarismo e che lo rese immune dalle il-lusioni e dai precetti di un “neorealismo” politicamente finalizzato.Giustamente ricordato anche l’mpegno di Comparoni docente in vari ordini di scuola sia prima che dopo il 1945. Voglio aggiungere al riguardo la testimonianza di un suo allievo, di soli tre anni più gio-vane, ai corsi serali per adulti, nel post liberazione. Il nostro Giuseppe Carretti, ex comandante partigiano, aveva potuto

studiare soltanto fino alla 4a elementa-re, passando subito dopo al mestiere di “servitore” contadino. Dalle lezioni di Comparoni trasse qualcosa di più della licenza di terza media. Talvolta ricordava con commozione di avere, grazie a quel giovane e austero professore, scoperto la bellezza della letteratura, della poesia, dell’arte. Una “rivelazione” che lo segne-rà per sempre, facendo dell’ex “braciànt ed la Sèda” un intellettuale di tipo nuo-vo: fino all’ultimo, l’oratoria, il modo di esercitare le funzioni pubbliche, i rappor-ti coi giovani, con la scuola, gli scritti di Carretti , il modo stesso in cui seppe va-lorizzare questo “Notiziario”, recarono il segno di quella rivelazione.Oltre che straordinario scrittore Compa-roni fu dunque anche un ottimo docente. Merito di Carlo Pellacani avercene re-stituito la figura, con un agile lavoro di ricerca a tutto tondo, in un volumetto che (come in altre pubblicazioni di Consulta) si giova del tocco aggraziante di Elisa Pellacani. Merito più complessivo va ai due Pella-cani, padre e figlia, per l’attività ormai pluriennale di ulteriore avvicinamento alla figura di D’Arzo-Comparoni, attra-verso iniziative editoriali, promozione di momenti di confronto, raccolta ancora aperta di testimonianze sulla personali-tà di uno scrittore e di un uomo per de-cenni (almeno fino a fine anni Settanta) confinato in un immeritato oblio a cui cominciò a porre rimedio, nel 1982, il Convegno di Reggio Emilia Lo scrittore e la sua ombra. Convegno che fece scrivere a Roberto Roversi (“l’Unità”, 31.10.1982) “Credo insomma sia venuto il momento di risar-cire D’Arzo di ciò che gli è dovuto”.

A Campagnola la pastasciutta dei Cervi

Valerio Saccani e Alessandro Fontanesi (foto di Anna Parigi)

fucilazione della strage di Montemaggio. E il comandante Max Manara, Massi-mo Rendina o il triste racconto di Didala Ghilarducci, partigiana viareggina, che ri-corda l’amore per il suo Chittò, anch’esso partigiano che non vide più tornare. Dopo i convenuti sono stati allietati dalla distribu-zione di fumanti penne al ragù, gentilmente offerte dai volontari della festa. Al termine del concerto, Valerio Saccani per l’ANPI di Campagnola ha spiegato le condizioni che dopo il 25 luglio ’43 portarono all’or-ganizzazione della Resistenza e alla nascita del CLN. Il saluto finale è stato portato da Alessandro Fontanesi per l’ANPI provin-ciale di Reggio che ha posto l’accento sulla necessità oggi di respingere e contrastare il disegno politico che vorrebbe cancellare e scardinare in ogni suo principio la Costitu-zione nata dalla Resistenza. (a.f.)

Si è svolta la sera di venerdì 26 luglio presso la festa del PD di Campagnola, la rievocazione della storica pastasciutta offerta dalla famiglia Cervi e organizzata per l’occasione dall’ANPI locale. Pasta-sciutta che in verità venne servita a mez-zogiorno del 27 luglio 1943 con l’appor-to di militanti dell’allora PCI clandestino che annunciarono il ritorno di Eros (ma verrà liberato soltanto a metà agosto). Oltre un centinaio di persone sono state prima intrattenute dal concerto-narrazione dei fratelli Rossi di Firenze, inframmezza-to dalle emozionanti letture di Chiara Brilli e Domenico Guarino, accompagnati dalla loro bimba Mimí, tratte dal libro Ribelli di cui sono autori e che contengono le te-stimonianze di vari partigiani, tra i quali il celebre Silvano Sarti partigiano Pillo di Firenze, o Vittorio Meoni scampato alla

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le rubrichedi Massimo BecchiPrimavera silenziosa/

E’ indiscutibilmente uno degli argo-menti che più tiene banco nelle cronache cittadine di quest’estate, sia perché in-dubbiamente non compreso dalla gente, sia perché ormai osteggiato anche da una parte delle forze politiche che una volta lo avevano sostenuto. L’idea del parcheg-gio interrato di piazza della Vittoria nasce oltre dieci anni fa, in un momento sociale ed economico ben diverso da quello at-tuale, ma soprattutto di forte espansione e crescita: figlio di questo periodo è stato il parcheggio di piazzale Marconi, che ha letteralmente sventrato la piazza davan-ti alla stazione e cambiato per sempre il tessuto sociale ed economico di questa zona. La sua costruzione è stata molto problematica sia tecnicamente (le infil-trazioni d’acqua costrinsero a lunghi pe-riodi di stop dei lavori e a costi aggiuntivi notevoli) che per il lungo cantiere che ha costretto gli esercizi commerciali della piazza a chiudere, svendendo il tutto per due soldi ai cinesi, che da allora hanno il controllo di questa zona. E non ha certo risolto dei problemi di parcheggio, visto che una volta terminato nel 2002, è stato affiancato da quello di piazzale Europa, a due passi, enorme e gratuito, che ha va-nificato questo sforzo. L’idea originaria è che chi veniva dalla parte sud della città

L’inutile parcheggio di piazza della Vittoria

per andare in stazione parcheggiasse in piazzale Marconi, mentre la parte nord si sarebbe scaricata su piazzale Europa. Non è proprio andata così, visto che quel-lo gratuito è sempre piano, mentre per vedere un’auto entrare o uscire in quello sotterraneo di piazzale Marconi occorre aspettare anche un’ora. E’ da questo fallimento, di cui non si parla mai, che bisognerebbe partire per ragionare di piazza della Vittoria: a chi giova un parcheggio interrato in centro? Forse a qualche residente, ma non certo alla collettività, che ha già a disposizione migliaia di posti alla ex Caserma Zucchi, distante poche centinaia di metri. Non a caso il progetto è silenziosamente pas-sato da tre a due piani interrati e tuttora nella piazza incriminata non c’è traccia di lavori. La giustificazione è stata la presenza di infrastrutture interrate (tubi ed altro) che sconsigliano di fare il terzo piano: piuttosto appare una retromarcia calcolata per ridurre gli oneri costruttivi visto che il terzo piano era destinato to-talmente alla sosta a rotazione e qualcuno deve aver capito la lezione di piazzale Marconi.I costi non vengono inoltre ricompensati dai ricavi: se si calcola che per i residenti un posto auto costa circa 50.000 € e i par-cheggi sono 247, si ricava un ammonta-re di 12,35 milioni di euro, praticamente identico al costo (è un procject financing) ipotizzato dell’opera di 12,5 milioni di

euro: si fa presto a capire come l’azien-da costruttrice non abbia molta spinta ad aprire il cantiere. Oltre alle considerazioni economiche occorre farne però anche alcune di tipo più trasportistico e politico: con un par-cheggio in centro, con posti auto fissi per i residente e posti a rotazione per tutti, non faccio altro che portare auto in cen-tro storico, il contrario della politica che il Comune ha portato avanti per anni, con la costruzione di parcheggi scambiatori serviti dai minibus, questi si funzionanti e sempre pieni. L’idea di fondo deve essere e restare quella di non portare il traffico in centro, ma le persone. Politicamente invece si sta portando avanti un’idea a dir poco datata, che finalmente qualcuno della maggioran-za mette in discussione: i tempi sono cambiati e anche la politica deve pren-derne atto. Come le piazze adiacenti anche piazza della Vittoria ha urgente bisogno di un rifacimento, ma le risorse devono, come per le altre piazze, essere trovate nel bi-lancio comunale, non collegate ad opere faraoniche ed inutili. Piazzale Marconi è lì a ricordaci l’inutili-tà di certe opere, allora perché non impa-rare dai nostri errori?

(foto di Anna Parigi)

Piazzale Marconi è lì a ricordaci l’inutilità di certe opere, allora perché non imparare dai nostri errori?

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1° FaTToOttobre 2011. Il governo Berlusconi è in crisi, l’Italia è completamente screditata sul piano internazionale e è sull’orlo del-la bancarotta. Anziché, scegliere la stra-da delle elezioni anticipate, come aveva fatto la Spagna, pochi mesi prima e dare al vincitore la forza della legittimazio-ne popolare, il presidente Napolitano, dopo aver consultato i partiti, decide di nominare Mario Monti senatore a vita e di affidargli l’incarico per la forma-zione di un governo tecnico che resti-tuisca all’Italia, credibilità, ponga mano al risanamento delle finanze pubbliche e rimetta in moto l’economia. Una scelta che sbarra la strada al centro-sinistra e che non consentirà di chiudere definiti-vamente la pagina politica di Berlusconi. Il PD, tuttavia, si assume la responsabi-lità di coprire politicamente tutti gli atti del governo tecnico, compresi quelli di-retti contro il suo elettorato. Berlusconi ne approfitta per fare populismo e sca-ricare gli effetti duri della crisi, sui pre-sunti “errori” del governo Monti. Tutto ciò porta ad una erosione del consenso al Partito Democratico, un logoramento del governo Monti, ad aprire un vasto spazio al nuovo movimento di protesta fondato da Beppe Grillo, ma, soprattutto, a un recupero di consensi per Berlusconi e per la destra.

2° FaTToUn anno dopo, quando Berlusconi ritie-ne che sia giunto il momento più favo-revole per sé e per il suo PdL, decide di togliere la fiducia al governo dei tecnici e di ricandidarsi alla guida del Popolo della Libertà. Questa volta le elezioni sono chieste da Berlusconi e si tengono in fretta e furia il 24 e 25 febbraio 2013. Le elezioni producono una rappresen-tanza parlamentare, almeno al Senato, incapace di formare una maggioranza di governo, sia di centro-sinistra che di centro-destra. Si produce una pericolosa situazione di stallo.

3° FaTToIl Partito Democratico e la sua alleanza di sinistra, ottengono la maggioranza as-soluta alla Camera, ma una maggioranza soltanto relativa al Senato. Per fare un

governo non basta. Dopo il fallito tenta-tivo di Bersani di ottenere l’appoggio del M5S di Beppe Grillo, che ha portato ben 108 deputati alla Camera e 54 senatori al Senato, c’è stato un lungo periodo d’in-certezza durante il quale si è fatto ricorso ad una prorogatio del governo Monti, il cui prestigio, nel frattempo, era stato qua-si completamente eroso dall’insuccesso elettorale della sua lista “Scelta Civica”. Intanto, il presidente Napolitano, decide di non sciogliere le camere, ma di nomi-nare due gruppi di lavoro, che vanno a comporre una Commissione di “10 sag-gi” (bi-partisan), incaricati di formulare punti programmatici per la formazione di un nuovo governo. Il primo gruppo si oc-cuperà di questioni politico-istituzionali, il secondo di questioni economico-socia-li. Lo stesso Bersani, pur apprezzando la decisione del Quirinale, la definisce “in-solita”. 4° FaTToMolti parlamentari eletti fanno circolare la tesi che con l’attuale legge elettorale, il cosiddetto “porcellum” non si può tor-nare a votare e che è indispensabile dar vita ad un governo che faccia la riforma elettorale per poi restituire la parola agli elettori. In aprile giunge a conclusione il mandato del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Lo stesso Parlamen-to che non è stato in grado di dare un go-verno al Paese, non riesce ad accordarsi per dare un nuovo Presidente della Re-pubblica all’Italia. A questo punto, PD, PDL, Scelta Civica e Lega Nord, rom-pono gli indugi e chiedono a Napolitano di ricandidarsi per un secondo mandato. Napolitano accetta, creando un preceden-te nella storia repubblicana e viene eletto a 88 anni con una larghissima maggio-ranza. 5° FaTToIl riconfermato Presidente della Repub-blica, incarica Enrico Letta, dirigente del PD, di formare il nuovo governo, che nasce con il sostegno di PD, PDL e Scel-ta Civica. La Lega Nord preferisce sta-re alla finestra. Nasce un governo, che i giornali definiscono di “larghe intese” o di “servizio e di scopo” come preferisce

di Claudio Ghiretti, www.governareggio.itCittadini-democrazia-potere/

Verso una democrazia sconosciuta?Proviamo a mettere in fila alcuni fatti

chiamarlo il presidente Letta. In sostanza i partiti a capo di schieramenti avversi, si mettono dalla stessa parte. Si tratta di una scelta politica mai presentata al vaglio degli elettori.

6° FaTToIl nuovo governo, inaspettatamente, non nasce per fare soltanto la riforma della legge elettorale, ma per durare almeno 18 mesi, per combattere la crisi economica, riformare le istituzioni e, quindi, la Costi-tuzione, introducendo, nel nostro sistema democratico, anche, eventualmente, una forma di presidenzialismo che preveda l’elezione diretta del Presidente della Re-pubblica. Letta, sulla falsariga di quanto aveva fatto Napolitano e per dare corpo all’idea di un governo di lunga durata, nomina anche un comitato di “35 saggi” che affiancherà il parlamento sul cammi-no delle riforme. Nasce un governo la cui identità politica non è mai stata legittima-ta dal voto democratico. 7° FaTToLa riforma elettorale che corregga le storture del “porcellum” e restituisca agli elettori il diritto di scegliere i parlamenta-ri, non è più la priorità, anzi si farà, forse, ma dopo le altre riforme. Quali riforme? Forse qualcuno ha già deciso di portare il paese verso un’altra forma di democra-zia. Una democrazia sconosciuta.

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Ma, evidentemente, la mozione non ba-stava. E ecco intervenire, con una scelta di tempo ovviamente non casuale, il Con-siglio supremo di Difesa, presieduto dal Presidente Napolitano e composto – oltre che dai vertici delle Forze armate – dal Presidente del Consiglio e dai ministri della Difesa, degli Esteri, dell’Interno, dell’Economia e Finanze e dello Svilup-po economico, ovvero gran parte del go-verno presente al dibattito parlamentare. Per dire, guarda un po’, che in materia di F35 ed armamenti in genere le decisioni operative spettano all’Esecutivo. Il Parla-mento si dedichi ad altro. Questa curiosa interpretazione della di-namica democratica trovava poi il suo successivo puntello nella audizione in Senato del ministro Mauro, il quale rive-lava che rinunciare agli F35 significhe-rebbe la morte dell’aeronautica militare italiana e vanificherebbe la spesa di 3,5 miliardi di euro già spesi per modificare la portaerei “Cavour” (che ne ospiterebbe una parte), nonché il miliardo già antici-pato per la progettazione del velivolo e i due investiti per l’impianto di produzione ed assemblaggio di Cameri (NO).Insomma, arrivati a questo punto, come si fa a rinunciare agli F35?La partecipazione italiana al progetto F35 nasce nel lontano 1996, primo go-verno Prodi, e prende poi consistenza nel 1998 (governo D’Alema) e si definisce nel 2002, quando Berlusconi firma l’ac-cordo con gli USA. Spetterà ancora al governo Prodi, nel 2007, prendere la de-cisione definitiva ed impegnare il nostro Paese all’esborso del primo miliardo. Nell’aprile del 2009 tutte le formazioni politiche votano l’atto di governo n.65 che conferma l’acquisto e infine il 28 marzo 2012 all’unanimità viene decisa la riduzione del numero di aerei da 131 a 90. Ma l’acquisto è comunque il risulta-to di una votazione bipartisan: a tutti va bene così. Ma che cosa è questo F35, che funzione avrebbe e quali costi comporta?Si tratta di un cacciabombardiere di 5a

generazione, supersonico, multiruolo, ma con spiccata capacità di attacco al suolo, destinato ad essere prodotto nella versio-ne a decollo convenzionale e verticale. Dispone di un cannone a cinque canne, missili aria-terra, aria-aria e tanto altro, con una capacità di carico di bombe di 8.100 kg. Ed è naturalmente attrezzato per trasportare ordigni nucleari.Aereo tecnologicamente avanzato, ha vi-sto lievitare il suo costo dalla stima ini-ziale dell’81 percento, per arrivare agli attuali 107 milioni di euro per esemplare, per una spesa complessiva per il nostro Paese pari a non meno di 14 miliardi en-tro il 2027. Si calcola inoltre che un’ora di volo arrivi a costare 25.000 dollari.Il progetto, il più costoso di tutti i tempi, nasce negli Stati Uniti, e vede la parteci-pazione a diversi livelli di altre sette na-zioni oltre l’Italia, anche se l’aumento dei costi e alcuni dubbi sulla effettiva qualità dell’aereo ne hanno portato alcune a ri-nunciare o a ridurre gli ordini.Da noi, L’F35 dovrebbe sostituire gran parte dei velivoli militari attualmente in servizio (Tornado, Amx ed Harrier).L’opposizione agli F35 è cresciuta sensi-bilmente nel nostro Paese nel corso degli ultimi anni: dal Movimento No F35 alla Campagna “Taglia le ali alle armi”, dalle prese di posizione di oltre 60 Enti locali (tra cui Reggio Emilia) e 650 associazio-ni alle raccolte di firme fino ai numerosi appelli circolati, l’immoralità di questa scelta e di questa spesa ha scosso ed im-pressionato l’opinione pubblica. In particolare, al di là della pur crescente e presente sensibilità pacifista ed antimi-litarista ai cittadini risulta insopportabile l’idea che in tempi di acuta crisi econo-mica e di pesanti e costanti tagli alla spe-sa sociale si ritenga di procedere con una spesa di questa entità (che, tra l’altro, si inserisce in un bilancio preventivo delle spese militari che prevede per il 2013 un aumento di circa un miliardo di euro). Anche dal punto di vista strettamente mi-litare, non convince neppure l’idea che

gli aerei esistenti siano pronti per la rot-tamazione: verrebbe da dire che così non lo devono aver pensato i Libici, quando i Tornado scaricavano quintali di bombe umanitarie. Ma tant’è. Il problema vero, tuttavia, esula dal costo dei sistemi d’ar-ma e riguarda il modello di difesa che si vuole per il nostro Paese. Perché se non si modifica quello, che sia un F35 o un altro aereo più a buon mercato non fa grande differenza. Il problema vero è: da cosa dobbiamo difenderci e come?L’ex ministro della Difesa Di Paola ebbe a dire che le minacce per l’Italia potevano consistere nel terrorismo internazionale, nella proliferazione di armi di distruzione di massa, nella minaccia alla libertà di ac-cesso alle risorse e al loro libero commer-cio e nelle minacce alla sicurezza ciber-netica. Va da sé che se la risposta a tutto ciò è unicamente militare, se la soluzione è – nel caso – portare la guerra fuori dai nostri confini nazionali in nome di queste minacce e in barba all’art.11 della nostra Costituzione, allora l’acquisto di F35 ha un senso. Perché è un modello “aggressivo”, per il quale non ha senso parlare di sistemi d’arma d’attacco o di difesa. Che non in-veste neppure nell’idea di difesa comune europea per allinearsi – semmai – alle esigenze NATO di tutelare gli interessi nel mondo dei Paesi che di essa fanno parte. Se si vuole invertire la rotta, oc-correrebbe insistere sul significato della cooperazione internazionale, del dialogo, della risoluzione nonviolenta e mediata delle situazioni di crisi e di conflitto e, nel contempo, rilanciare l’idea della creazio-ne di una forza di polizia internazionale che si affianchi ai corpi civili di pace in ambito sia ONU che UE. In Italia occorrerebbe, più di tutto, una classe politica mag-giormente sensibile e disposta a mettersi in gioco sul tema del modello di difesa.Ma questo è un altro,lungo discorso.

“Per amare la pace, bisogna armare la pace”. Con questa infelice e poco originale frase, il ministro della Difesa Mario Mauro ha pensato bene di sostenere la bontà dell’acquisto dei 90 cacciabombardieri F35, messo in dscussione da una mo-zione presentata in Senato da Movimento 5 Stelle e SEL, nonché da una più timida richiesta di sospensione avanzata dal Felice Casson e altri 13 esponenti del Partito democratico. Com’è andata a finire è cosa nota: respinte le due mozioni ed approvata con il voto di PD, PDL e Scelta civica un’altra che in modo ambiguo (?) rimanda ad “ una indagine conoscitiva del Parlamento su tutti i sistemi d’arma in corso di acquisizione” e, nel frattempo, “impegna il governo a non procedere a nessuna ulteriore acquisizione”. Ulteriore significa, senza ombra di dubbio, che i 90 F35 già commissionati sono salvi.

di Saverio Morselli www.segnalidipace.wordpress.comSegnali di pace/

Come si fa a rinunciare agli F35?

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si articoli sui giornali locali e addirittura sulla edizione nazionale del “Giornale” in cui si accusava l’ANPI di Correggio di aver “intimidito” il PD (maggioranza in consiglio a Correggio) e di aver fatto pressione affinché votassero contro l’or-dine del giorno di commemorazione ai due parroci. Le affermazioni del consigliere Nanetti riportate dalla stampa ci hanno indotto ad una replica. La lettera inviata dall’ANPI ai capigruppo del Consiglio comunale, aveva l’obiettivo di fornire un contributo al dibattito che si sarebbe svolto in merito alle commemorazioni da tributare a don Manfredi e don Pessina. Il consigliere Nanetti non è tenuto a sapere che l’ANPI rappresenta a Correggio quasi 400 iscrit-ti, promuove molte attività culturali, si dedica costantemente alla ricerca ed alla didattica. Tutte azioni che arricchiscono il nostro territorio e ci legittimano ad in-tervenire su temi inerenti ai nostri scopi statutari. Noi rappresentiamo una par-te della comunità, esattamente come il consigliere Nanetti. Spiace, dunque, che egli definisca la nostra lettera “invadente e vessatoria”, dimostrando così di avere

L’ordine del giorno chiedeva com-memorazioni alle figure di don Luigi Manfredi e don Umberto Pessina. Senza entrare nei dettagli storici va detto che i due fatti non sono equiparabili perché di-versi sono i contesti, le motivazioni e gli eventi che condussero ai rispettivi delitti. Pertanto anche la valutazione sull’op-portunità del riconoscimento pubblico dovrebbe essere ben distinta. L’ANPI di Correggio prima della seduta aveva inviato una lettera ai capigruppo delle forze politiche presenti in consiglio in cui evidenziava che sul territorio erano già presenti da tempo targhe, monumen-ti e intitolazioni dedicate ai due parroci. Nella stessa lettera ponevamo il dubbio se queste nuova richiesta di intitolazioni già esistenti da tempo, non fossero stru-mentali al solo fatto che don Manfredi fosse un sacerdote ucciso dai partigiani, oppure che troppe fossero le vie intitolate ai protagonisti della Resistenza e forse si cercasse un maggiore equilibrio. Ci chie-devamo poi se poteva aver influito la re-cente benemerenza cittadina a Germano Nicolini. L’ordine del giorno non è poi passato e subito dopo sono usciti diver-

di Fabrizio “Taver” Tavernelli, presidente ANPI Correggiole rubricheLadro di opinioni-Opinion leder/

“Vietato Commemorare?”Questa volta approfitto della mia rubrica per dare spazio ad una vicenda che ha visto protagonista la nostra sezione in merito ad un ordine del giorno presentato dall’esponente del PDL Nanetti in consiglio comunale a Correggio nel luglio scorso.

scarsa frequentazione delle regole demo-cratiche e dell’art. 21 della Costituzione. Oltre che, naturalmente, di aver malinte-so il suo ruolo di consigliere e di politico. Se il confronto disturba e “vessa” il con-sigliere, egli può benissimo dimettersi, ma non può certo sottrarsi. Per agevolare il consigliere Nanetti, lo diremo in parole semplici: non si celebrano le persone, si celebrano le idee. Noi siamo fieri di ce-lebrare le idee di don Pasquino Borghi, un sacerdote che ha scelto di dare anche la vita, affinché il suo paese avesse un futuro diverso da quello imposto dalla dittatura fascista. Un regime rivelatosi violento, razzista e fratricida. Tra don Pa-squino e un partigiano comunista non c’è nessuna differenza. Le loro azioni, il loro patrimonio ideale hanno fruttato liber-tà per tutti, malgrado gli irriconoscenti. Come il consigliere Nanetti.

Il Comitato Direttivo ANPI Correggio

memoria Niveo Grossi

Sono trascorse ormai quasi due mesi dalla scomparsa (avvenuta l’8 agosto u.s.) in età di 91 anni, di Niveo Grossi,

comandante di distaccamento nella 145a Brigata Garibaldi. Un garibaldino del quale si può proprio dire che non fu fortunato.Infatti all’alba della Liberazione, quando le formazioni partigiane erano impegna-te con attacchi continui alle truppe tede-sche in ritirata dalla vicina Linea Gotica, incalzati dall’offensiva dell’8a Armata americana, Niveo e altri tre garibaldini, percorrendo il sentiero che allora saliva al lago del Cerreto, finirono in zona mi-nata: due morirono, Niveo ne uscì vivo ma con una gamba tritata. I compagni lo raccolsero, legarono stret-tamente la coscia per bloccare l’emorra-gia e, su di una barella improvvisata, lo portarono lungo un sentiero, fino alla bor-gata di Cerreto Alpi. Qui lo adagiarono sopra un largo tavolo di noce nella cucina del partigiano Pietro Tronconi (tuttora vivente) e gli tennero

compagnia per tutta la notte. Nel frat-tempo una pattuglia partigiana sequestrò una Fiat 1100 usata da tedeschi in ritirata. Con quel mezzo Niveo venne condotto all’ospedale di Castelnovo Monti. Il prof. Pasquale Marconi con altri medici ampu-tarono l’arto maciullato, con un interven-to di fortuna, non essendovi nell’ospeda-le attrezzature adeguate. Operazione che fu poi criticata a Bologna dai sanitari che lo ebbero in cura e gli impiantarono la ne-cessaria protesi.Fu il partigiano Sergio Catellani, di Villa Sesso, a condurre a Bologna Niveo, as-sieme alla madre di quest’ultimo perché avesse cure più adeguate.A volte si parla di miracoli, ma quello di Niveo sembra esserne uno. Niveo aveva certo un fisico forte, ma si racconta che lo

di Giacomo Notari

continua a pagina 23

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A scuola di FUTURO

Il prossimo giugno 2014 l’ANPI compi-rà 70 anni. Nata come associazione uni-taria di tutti i protagonisti della Resisten-za, subì poi le scissioni conseguenti alla spaccatura della coalizione mondiale an-tinazifascista in due blocchi contrapposti. Ma l’ANPI, anche dopo il fatidico 1948, intraprese sempre iniziative politiche nel segno dell’unità antifascista.Grande è stato il contributo della nostra Associazione nel secolo scorso e nel nuovo, per mantenere aperta la via delle conquiste politiche e sociali sancite dalla Costituzione repubblicana.I quasi settant’anni trascorsi dal 1945, segnati da importanti conquiste, hanno visto anche la scomparsa di una molti-tudine di protagonisti, ma la loro eredità ideale rimane intatta.I due convegni nazionali dell’ANPI svol-tisi a Reggio Emilia nei primi anni del nuovo secolo, miravano a porre in mani e menti sicure questa grande eredità. Con la conseguente modifica dello Statuto dell’ANPI, il miracolo si sta compiendo. E’ per noi vecchi partigiani una grande gioia sapere che, in tempi e forme diver-si, questa eredità potrà ancora dare i suoi frutti.Di fronte ai drammatici problemi posti dalla globalizzazione, dagli spostamenti di popolazioni, conseguenza del crescere della povertà nel mondo di contro all’ar-

ricchimento di ristretti ceti privilegiati; di fronte alla desertificazione di intere aree del pianeta, che fare? Quali idee siamo in grado di proporre? Quali misure per la “salvezza del Creato”, per parafrasare un’espressione del nostro indimenticabi-le Sirio?Da queste domande nasce l’esigenza an-che di organizzare i corsi di formazione dell’ANPI: per arricchire le conoscenze dei nuovi militanti e dirigenti, per dare

anche il nostro contributo di idee e di azione di fronte alla complessità di un mondo in tumultuosa trasformazione. Per attrezzarci insieme, vecchi e giovani “re-sistenti”, ad agire con un convinto e con-sapevole impegno nel nome degli ideali di sempre, Libertà e Giustizia.

Il primo corso di formazione di ANPI Reggio Emilia su STORIA e MEMORIA rivolto a studenti docenti e appassionati

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L’occasione

L’occasione è, da definizione: oppor-tunità irripetibile, situazione favorevole, momento opportuno, avvenimento circo-stanza particolare. In queste definizioni, già è contenuto il senso e il significato che, l’ANPI di Reggio Emilia con l’uf-ficio formazione dell’ANPI nazionale, hanno dato nel costruire ed impostare il corso di formazione che si terrà il 12 e 13 ottobre prossimi. La formazione, per l’ANPI, è un progetto politico-culturale che interessa sia i propri iscritti, sia i cit-tadini in genere.L’occasione che l’ANPI mette a disposi-zione, a tutti, è quella di costruire percor-si in cui il diritto/dovere di conoscere, di capire e di scegliere, - ovvero, non a caso, il contrario di credere, obbedire, combat-tere - si pone come concetto guida per la costruzione di un sentimento di democra-zia che può diventare patrimonio di tutti. Occasione perché c’è chi sostiene che la “formazione” si fa soprattutto “sul cam-po”, sperimentando, mettendosi in gioco,

IIl 12 e 13 ottobre abbiamo un impegno

esercitando in concreto, le proprie capa-cità di iniziativa e di direzione. Verissi-mo, ma fino ad un certo punto, perché a fondamento di tutto occorre una prepa-razione, fatta di conoscenza e di cultura. Sempre di più, di fianco alle capacità or-ganizzative e direzionali, è necessario in-serire conoscenze culturali e un adeguato livello di consapevolezza politica. E’ un’occasione affrontare, in questa prima sessione, i temi dell’Antifasci-smo, del fascismo, della Resistenza e della Costituzione, con esperti/docenti locali e non solo e con modalità labora-toriali che contribuiscono all’opportuni-tà, per tutti, di poter “esistere” dentro a quell’argomento.Il corso di Reggio Emilia è un’occasione che richiede impegno. Dalle definizioni sopra riportate, non possiamo far finta di non leggere che, la positività del termi-ne, sta anche a quanto ci si impegna per realizzarlo. Capiamo, diciamoci anche coi corsi, quanto siamo “militanti” in una

di Paolo Papotti

associazione che ha una storia come la nostra e che comporta un impegno civile, politico e morale. Basta così. Ovviamente ci saranno mo-menti di svago: mangiare, ascoltare mu-sica, chiacchierare con persone nuove. Anche queste sono occasioni. Allora, scriviamo nella nostra agenda che il 12 e 13 ottobre, abbiamo un impegno.

Artefici del futuro conoscendo il passato

Di fronte a sviluppi politici locali e in-ternazionali, apparentemente sempre più frenetici e slegati da modelli politici tradi-zionali, che portano i cittadini e la socie-tà stessa a una forma di disorientamento collettivo, l’ANPI di Reggio Emilia pro-pone e coordina come dovere civico un corso di formazione atto allo sviluppo e alla discussione di temi di genesi storica, ma d’influenza contemporanea.Verranno affrontati in modo capillare i

di Eugenio D’Ecclesiis

temi sociali, economici e politici che han-no portato l’Italia al ventennio fascista. Il fascismo, nato subdolamente da una crisi sociale ed economica, come risultato di false promesse di progresso, portò il pa-ese all’espropriazione della propria vita politica e delegò, tramite consenso, alla creazione di un governo autoritario che da lì a poco inginocchiò la sua popola-zione.La nascita di una contro-risposta, la scel-

L A C O S T I T U z I O N E è U N P E z z O d I c A R T A S E L A S c I AT A c A d E R E”

Calamandrei lo ricordava ai giovani universitari nel 1955. Non possiamo essere artefici del nostro futuro senza conoscere le radici del nostro passato. Dobbiamo vivere il nostro presente con il progetto, l’impegno e il coraggio necessario a non perdere i valori che portò con sé la storia della Resistenza.Imparare a riconoscere e custodire la libertà, vivendola e migliorandola ogni giorno, passo per passo e mai soli.Come disse Giorgio Gaber “la libertà è partecipazione”, per poter par-tecipare bisogna conoscere. per questi motivi e per il mio impegno nell’Anpi parteciperò al corso di formazione...

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ta di resistere, i Partigiani, il grande ri-scatto. Come tutto questo si è svolto? Quali sono le analogie con la società con-temporanea? Quali i risultati nel lungo periodo? La discussione di queste e altre domande permetteranno la creazione di un filo conduttore storico che porterà in modo orientato alla nascita della Costitu-zione Italiana.Lo sviluppo di un progetto di società nata

da un popolo e dai suoi padri costituenti è ancora oggi così in pericolo se data per scontata e non vissuta.Il percorso porterà momenti di lavoro di gruppo e catalizzazione di idee, la mes-sa in discussione di diversi pensieri e la maturazione di nuovi concetti orientati alla padronanza degli oggetti di studio dell’intero corso. La scuola fascista, la memoria di pietra, le stragi nazifasciste, i

giochi di ruolo sulla Costituente: questi i temi dei work group.Sono state individuate figure specializ-zate e di grande professionalità che ac-compagneranno il corso nei momenti didattici.Non mancheranno occasioni per poter ascoltare le preziose testimonianze dei partigiani che ci accompagnano ancora nella storia d’oggi.

Oltre la lezione frontale: i Work Group di domenica 13 ottobreIl corso si divide in due parti: una di relazioni, una dedicata a gruppi di lavoro su temi specifici.I work group rappresentano una modalità di approfondimento particolarmente efficace dal punto di vista didattico e conoscitivo. Solitamente affiancati a lezioni cosiddette frontali - le quali forniscono gli strumenti su cui lavorare - per-mettono di entrare nel vivo della materia affrontata.Un tutor - coordinatore del tavolo - si relaziona con i partecipanti interagendo per elaborare materiale, per fornire strumenti di analisi con i quali affrontare la documentazione, per produrre progetti oppure moduli laboratoriali per gli insegnatiLa scuola fascista. Istituzioni, parole d’ordine e luoghi dell’immaginarioConoscere e riconoscere i codici di affermazione del pensiero unicoTutor Gianluca Gabrielli, Cesp – Centro studi per la scuola pubblicaLa propaganda dei regimi dittatoriali passa sempre attraverso l’educazione. Il fascismo – come il nazismo - dedicò una cura particolare al percorso formativo dei ragazzi/e sia in classe che nei dopo scuola. Il gruppo di lavoro analizzerà materiali scolastici dell’epoca, dai quaderni degli studenti ai libri di testo, ai temi e compiti asse-gnati fino all’attività sportiva e al suo inquadramento paramili-tare. Emergeranno strategie e operazioni culturali che, nel giro di un ventennio, cercheranno di modellare le menti dell’intera popolazione sul pensiero unico.cinema e fascismo: la creazione del consensoCome la propaganda ha raccontato il fascismo e il nazismo favoren-do il consenso.Tutor Salvatore Trapani, Istorecouola pubblicaIl fascismo, seguito dal nazismo, seppe sfruttare al meglio quel-la che oggi definiamo la comunicazione di massa. Radio e ci-nema divennero mezzi e luoghi privilegiati per la propaganda in un paese ancora scarsamente alfabetizzato. Mussolini stesso affermò: “Il cinema è l’arma più forte”. Oltre ai radio-giornali e ai cine-giornali furono gli stessi film e radio-romanzi a venire impregnati di cultura dei regimi, stru-menti per l’esaltazione dell’uomo virile, dell’arruolamento e del ruolo della donna, angelo del focolare. I risultati di tali campa-gne furono sorprendenti. Il gruppo di lavoro analizzerà i codici di comunicazione utiliz-zati dal cinema fascista e nazista attraverso la visione di alcuni spezzoni di film; permetterà di cogliere le differenze di linguag-gio fra i due regimi quanto le modalità del tutto similari di co-struzione del culto della personalità che hanno influenzato molti dittatori del Novecento. Strategie di comunicazione che in parte ritroviamo nei linguag-gi commerciali di oggi.

Memorie di pietra: cippi e lapidi della provincia di Reggio EmiliaPer la creazione di progetti e collaborazioni con comuni e scuoleA cura di Riccardo Braglia, Massimo Vaccari, Patrizia Incerti, Livio NicoliniI tutor del gruppo - volontari Anpi - hanno dato vita negli ultimi anni ad una banca dati - completa di immagine di ieri e di oggi, mappa, stato di conservazione - per censire, gestire e manutene-re i monumenti commemorativi della Resistenza della provincia di Reggio Emilia. Il passare del tempo, l’incuria, la deviazione di strade o la semplice dimenticanza avevano fatto perdere le tracce di molti cippi e lapidi, finalmente ritrovati.Molto è ancora da fare. Il gruppo di lavoro permetterà di capire come poter completare, arricchire, strutturare possibili progetti comunali, di associazioni, di scuole o classi.Stragi nazifasciste: quando la storia incontra i tribunaliIl senso, l’origine, i problemi dei processi per i crimini nazifascisti in ItaliaTutor Toni Rovatti, consulente storica della procura militare di La Spezia; Ernesto D’Andrea, uno dei legali parte civile per la Strage di CervaroloComprendere le ragioni storiche, oltre che morali, dei proces-si agli esecutori materiali di molte stragi avvenute in Italia per mano dei nazifascisti; comprendere le difficoltà della raccolta di testimonianze, di prove; cogliere le sottigliezze della giurispru-denza è l’obiettivo di questo gruppo. Particolarmente adatto, oltre che per conoscere il delicato tema dei processi per strage, per capire come singole sezioni Anpi possano decidere di costi-tuirsi parte civile. Verrà illustrata anche l’esperienza dell’Anpi reggiana per la strage di Cervarolo.Gioco di ruolo sulla costituenteTutor Mirco Zanoni, Istituto CerviII partecipanti al gruppo assumeranno il ruolo di membri dell’Assemblea Costituente e, guidati dal tutor/master, speri-menteranno, confrontandosi, il difficile compito di sintetizzare posizioni, sogni e realtà in una posizione comune. Consigliato soprattutto per studenti e docenti di ogni ordine e grado.

Relatori Reggio Emilia, il Comune di Villa Minozzo e la Provincia di Reggio Emilia.Alessandro Fontanesi, Ufficio presidenza Anpi di Reggio Emilia, co-curatore del libro di testimonianze partigiane Volti di libertà.Gianluca Gabrielli (Bologna). Tra gli ani-matori del Cesp-Centro studi per la scuola pubblica, Gabrielli si occupa di storia del razzismo fascista e del colonialismo italiano,

Ernesto D’Andrea, avvocato penalista, spes-so impegnato in processi penali per la tutela dell’ambiente, della salute e dei lavoratori. Ha rappresentato nel processo per la strage compiuta dai nazifascisti a Cervarolo diversi famigliari di vittime, l’ANPI nazionale e di

nonché di storia della scuola. Ha collaborato alle mostre La menzogna della Razza” (1994) e L’offesa della razza (2005). Ha curato il vo-lume L’Africa in giardino. Appunti sulla co-struzione dell’immaginario coloniale (1998) e la voce Razzismo del Dizionario del fasci-smo (Torino, 2003).

William Gambetta (Parma). Dottore di ricer-ca in Storia presso l’Università di Parma, fa

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II l programma

parte della redazione di “Zapruder”, rivista di storia della conflittualità sociale, e collabora con il Centro studi movimenti di Parma. Ha pubblicato saggi su riviste e volumi ed è tra i curatori di Memorie d’agosto. Letture del-le barricate antifasciste di Parma del 1922 (Punto rosso, 2007).Paolo Papotti (Parma). Educatore, si occu-pa per conto dell’Anpi nazionale dei progetti formativi e didattici.Toni Rovatti (Reggio Emilia). Storica. Ha collaborato al progetto di ricerca nazionale Murst Per un Atlante delle stragi naziste in Italia. Nel 2006 ha conseguito il titolo di dot-tore di ricerca presso l’Università degli studi di Firenze. Attualmente è borsista della Scuo-la superiore di storia contemporanea dell’IN-SMLI. Fra le sue pubblicazioni: Sant’Anna di Stazzema. Storia e memoria della strage dell’agosto 1944 (2004); Fra politiche di

ciali nel dopoguerra in Emilia Romagna. È responsabile scientifico del Polo archivistico del Comune di Reggio Emilia.Salvatore Trapani (Berlino/ReggioEmilia) Operatore culturale, critico d’arte e di cinema, collabora con Istoreco quale guida ai campi di concentramento europei, accompagnatore ai viaggi della memoria e in qualità di relatore nelle lezioni di approfondimento per docenti e studenti su temi quale arte e shoah, cinema e propaganda.Mirco Zanoni (Reggio Emilia). Coordinatore culturale dell’Istituto Cervi, ha sperimentato varie forme di didattica interattiva, a parti-re dal rapporto tra le generazioni e la storia della Resistenza. Appassionato di giochi e di simulazioni storiche, così come di nuove tec-nologie e di approcci “social”, li applica alla divulgazione della storia.

violenza e aspirazioni di giustizia. La popola-zione civile vittima delle stragi di Monchio e Tavolicci (1943-45) (2009).Claudio Silingardi (Modena). Storico, diret-tore dell’Istituto storico di Modena e diretto-re generale INSMLI, collaboratore dell’Anpi nazionale in veste di consulente per la com-missione sulle stragi nazifasciste. Silingardi è autore di numerosi saggi sul periodo fascista e resistenziale, ricordiamo: Alle spalle della linea gotica. Storie luoghi musei di guerra e resistenza in Emilia Romagna, Storia e me-moria della resistenza modenese 1940-1999 e Storia del sindacato a Modena 1880-1980. Massimo Storchi (Reggio Emilia). Storico, ha pubblicato numerose opere su guerra e Resistenza, tra cui Uscire dalla guerra (Fran-co Angeli, 1995), Combattere si può vincere bisogna (Marsilio, 1998), e diversi saggi su fascismo, cooperazione, lotte politiche e so-

Sabato 12 ottobre 20131a sessione 9.00-13.00 coordina Annalisa Magri

Saluto di Giacomo Notari, presidente ANPI Reggio Emilia

Il fascismo: nascita, potere, dittatura Claudio Silingardi, direttore generale INSMLI Il fascismo dalle origini alla guerra raccontato attraverso date nodali, in un percorso che sottolinea quanto la sua ascesa e le sue scelte, politi-che e sociali, rispondessero ad una strategia mai improvvisata.

Antifascismo: la scelta resistente William Gambetta, Centro studi movimenti di ParmaL’opposizione al fascismo nel Ventennio1919-1939 l’affermazione del fascismo in Italia: il Biennio Rosso, gli Ar-diti del Popolo, la marcia su Roma, il Tribunale Speciale, il confino, le leggi ‘fascistissime’.

Massimo Storchi, ISTORECOL’antifascismo diviene ResistenzaDal 1940 al 1945, dalla guerra esterna alla guerra in casa. Lo snodo dell’8 settembre ’43, la nascita dell’RSI, l’antifascismo che diviene Resi-stenza e l’organizzazione partigiana. L’esperienza socialista, comunista e cattolica nel reggiano.

2a sessione 15.00-17.00 coordina Eugenio D’Ecclesiis

La Costituzione: un progetto di societàPaolo Papotti, Formazione ANPI NazionaleLa Consulta nazionale, 2 giugno 1946, l’Assemblea costituente, schede dei Costituenti, la commissione per la Costituzione e i suoi principi. Un percorso che ci porta a tanti perché. Con curiosità, come modo per affrontare le novità; con coraggio come atteggiamento per conoscere. La Costituzione in tre fasi: conoscenza, difesa, divulgazione.

18.00-19.00

Aperitivo partigianoincontro con i testimoniintervistati da Alessandro Fontanesi

Domenica 13 ottobre 20131a sessione 10.00-13.00

Work group (massimo 15 persone per gruppo)

La scuola fascista. Istituzioni, parole d’ordine e luoghi dell’immaginariotutor Gianluca Gabrielli, CESP

Cinema e fascismo, la creazione del consensotutor Salvatore Trapani, Centro studi movimenti di ParmaMemoria di pietra. Cippi e lapidi della provincia di Reggio Emilia. Per la creazione di progetti e collaborazioni con comuni e scuolea cura di Riccardo Braglia, Massimo Vaccari, Patrizia Incerti, Livio Nicolini

Stragi nazifasciste: quando la storia incontra i tribunalitutor Toni Rovatti, consulente storica della procura militare di La Spezia, avv. Ernesto D’Andrea, cuno dei legali parti civili strage di Cervarolo

Gioco di ruolo sulla Costituente tutor Mirco Zanoni, Istituto Cervi

2a sessione 15.00-17.00 coordina Fiorella Ferrarini

Intervento di chiusura di un membro Segreteria ANPI nazionale

17.30-19.00Concerto – AperitivoLa Brigata Lambrusco

Ingresso LiberoIscrizione obbligatoria per i Work Group

(fino ad esaurimento posti)

scheda iscrizione su: www.anpireggioemilia.it

per informazioni: [email protected] : www.anpireggioemilia.it

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Gli risposi che ero ben lieto, ma che non sapevo quanti mi avessero votato. Niveo era davvero un uomo aperto e sincero. In ogni ruolo a cui fu chiamato seppe opera-re al meglio.

memoriada pag. 18

stesso prof. Marconi, ricevendo il ferito in ospedale, si chiese se fosse ancora vivo.Con Grossi ebbi consuetudine nel dopo-guerra. Lo incontravo spesso al Circolo Gramsci di Reggio. Fu anche assessore al Comune di Reggio. Operò nel settore della ristorazione e nel-

la cooperazione.Fece parte della segreteria dell’ANPI pro-vinciale. Un giorno, mentre scendevamo le scale nella sede dell’ANPI, si fermò e mi disse: Sai che nella consultazione per eleggere il nuovo Presidente dell’ANPI non ti ho votato? Ti voto adesso”.

Giovanni Tedoldi Franz

E’ scomparso all’età di 98 anni il parti-giano povigliese Giovanni Tedoldi, nome di battaglia Franz, che nell’ultimo perio-do della lotta di Liberazione assunse l’in-carico di vicecomandante della 143a Bri-gata Garibaldi “Franci”, operante sulla sponda parmense dell’Enza, nei comuni di Neviano Arduini, Palanzano, Monchio e Tizzano. Tedoldi si ritrovò a fare il par-tigiano nel parmense perché a metà mag-gio del 1944, per evitare di essere richia-mato alle armi nelle milizie fasciste della repubblica di Salò, si era rifugiato presso una famiglia di parenti della madre, resi-denti in una frazione di Neviano Arduini.In quel tempo nella zona operavano già diversi gruppi partigiani e con uno di quelli, attestato alle falde del monte Fuso, prese contatti e cominciò a collaborare. E quando il 31 luglio 1944, in quel Co-mune, venne costituita la 47a Brigata Garibaldi, composta per la metà da par-tigiani reggiani di San Polo, Montecchio, Ciano e Sant’Ilario, Tedoldi entrò a farne parte a tempo pieno.Inizialmente venne inserito nel battaglio-ne dei partigiani traversetolesi comanda-to da Max (Guido Bertolotti), con il quale stabilì un rapporto di intensa e amichevo-le collaborazione, anche perché Tedoldi aveva alle spalle una lunga esperienza militare e perciò era tenuto nella massi-ma considerazione. Max era un coman-dante molto attivo, si era autonomamente motorizzato ed era sempre in giro (così mi raccontò lo stesso Tedoldi, in un’inter-vista che gli ho fatto alcuni anni fa) e di

fatto Franz era il punto stabile di contatto fra il battaglione e la brigata e all’interno del battaglione fra i tre distaccamenti che ne facevano parte.Quando all’inizio di ottobre 1944 fu co-stituito, nell’ambito della brigata, il di-staccamento giudiziario, che operava in stretto contatto con il tribunale militare del Comando unico, Franz ne fu nomi-nato comandante. Quel distaccamento aveva il compito di custodire i prigionie-ri militari, civili e in qualche caso anche partigiani, in attesa del processo. Doveva poi eseguire le sentenze e infine predi-sporre modi, tempi e luoghi per lo scam-bio dei prigionieri. Un impegno delicato che richiedeva un grande equilibrio uma-no e un obiettivo senso della giustizia, perché tra i partigiani che avevano subito il carcere e le torture fasciste o che aveva-no perduto persone care, non mancavano tentazioni di giustizia sommaria, che an-davano evitate con autorevole fermezza.Il 20 novembre del 1944, quando nella zona dell’alta val d’Enza e val Parma, una divisione tedesca effettuò un grande rastrellamento, che sconvolse tutta l’or-ganizzazione resistenziale di quel territo-rio, causando più di cento morti fra i par-tigiani, e nel quale perì lo stesso comando della Brigata, Franz seguendo le indica-zioni di Max, riuscì a salvarsi ritornando rocambolescamente verso la bassa, per rientrare poi in zona all’inizio di dicem-

bre , quando fu ricostruita la brigata.A metà marzo del 1945, quando il mo-vimento partigiano parmense si ristrut-turò, in previsione dell’assalto finale ai nazifascisti, la 47a Brigata composta or-mai da più di 700 partigiani fu suddivi-sa in due Brigate: la 143a “Franci” e la 143a “Aldo”. In quella occasione Max fu nominato Comandante della “Franci” e Franz vicecomandante. Commissario fu nominato Gino (Ubaldo Bertoli), che dopo la Liberazione divenne giornalista e nel 1961 scrisse La Quarantasettesi-ma, considerato uno dei più importanti romanzi resistenziali italiani. Conclusa la lotta di Liberazione, Giovanni Tedoldi, come tanti altri partigiani, non ha pensato di fare “carriera politica”. Ha ripreso la sua attività di muratore a Poviglio e nei comuni limitrofi, diventando un noto e affermato imprenditore edile e si è gua-dagnata la vita lavorando onestamente, consapevole di essere testimone dei valo-ri importanti affermati dalla Resistenza, nella quale aveva attivamente militato. Quei valori sono stati un punto di rife-rimento costante per tutta la sua lunga e operosa esistenza. A rendere l’ultimo sa-luto al comandante Franz erano presen-ti molti cittadini, il Sindaco e la Giunta di Poviglio, le sezioni ANPI di Poviglio e Gattatico e autorevoli rappresentanti dell’ANPI provinciale di Reggio Emilia e di Parma.

di Gianni Cugini

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memoria

Incontro Leda Cagossi (staffetta parti-giana Primavera), nella quiete della sua abitazione in via 1° maggio, ad Ospizio, dove tutto trasmette armonia e bei ricor-di. Tra noi si stabilisce subito un buon fe-eling e Leda inizia a raccontare della sua vita di partigiana con una lucidità e sicu-rezza rara alla sua età. “Con l’avanzare dell’età, mi dice, guardavo la TV e quello che accade, guerre, violenza, ingiustizie e mi sono chiesta: come siamo potuti ar-rivare a questo punto? E ho pensato ai tempi andati, ai nostri ragazzi, anche io sono madre…”. E continua: “Sono reggiana di nascita, ma ho vissuto a Castelnuovo Monti. Ero amica di una figlia del dottor Marconi, che gestiva un piccolo ospedale, e fre-quentavo, sui 18 anni, la loro casa. Era l’inverno del 1944. Alla figlia, una mia amica, ho detto che per Natale sarei anda-ta a trovare mia sorella a Reggio. Il dottor Marconi mi ha sentito e mi ha chiesto un favore: portare una lettera al parroco di San Pellegrino, don Cocconcelli e così ho fatto. Dopo, il dottor Marconi mi ha chie-sto un altro favore. Sono andata a piedi da Castelnuovo Monti a Reggio dal par-roco, che mi ha consegnato uno zaino di medicinali. Al ritorno, sempre a piedi, ho dormito a Villa Berza, dove ho lasciato lo zaino alla moglie di Marconi, che era lì sfollata con i figli e poi sono tornata a casa. Dopo quell’esperienza sono entrata a piedi pari nella Resistenza. All’albergo Dante, che era gestito da mia sorella, era alloggiata una parte del Comando tede-sco, l’altra parte, la truppa, era alle scuole medie. Sempre nel ’44 io e una mia amica siamo partite a chiedere in giro della lana. C’era chi filava, c’era chi faceva le cal-ze e i maglioni e li portavamo a Febbio, dove c’erano i partigiani. Il dottor Mar-coni mi ha chiesto anche di raccogliere informazioni sui tedeschi attraverso mia sorella, ma lei sapeva che tra loro c’era chi conosceva l’italiano. Allora Marconi ha capito che ero in pericolo e mi ha fat-to salire al comando partigiano a Febbio, ospite di don Vasco Casotti. A Febbio dormivo con altre tre ragazze, Tecla che dopo la fine della guerra ha sposato Abele Fantini, Agata Pallai, molto amica mia e Lia. Lì a Febbio ho avuto il piacere di co-noscere Benigno (Giuseppe Dossetti) poi divenuto sacerdote (suo nipote Giusep-pe è pure lui sacerdote). Benigno aveva

fatto voto di castità e di povertà. Con lui discutevo moltissimo e lui voleva raffor-zare la mia fede. Noi ragazze cattoliche allora eravamo molto legate alle suorine di Sant’Andrea che gestivano l’asilo. Ri-cordo Benigno con tanto affetto. Erava-mo a Febbio, seduti su un sasso ai piedi del campanile. Era una sera bellissima e c’era la luna. Mi ha guardato e ha detto: “Questo dice tutto”…Ero dunque una partigiana e staffetta. Con Marconi sono andata a Baiso da monsignor Rabotti per uno scambio di prigionieri. I due partigiani sono stati liberati in cambio di un tedesco e sono saliti poi con gli altri in brigata. Sono passata anche a Farneta nel modenese per raggiungere Montefiorino, ma sono stata richiamata al Comando. Dopo un lungo giro, ho passato il Secchia sulle spalle di un partigiano (un mugnaio). I tedeschi ci sparavano addosso da pochi metri… Di là sono andata a Talada, e da lì ho attra-versato la provinciale per Ramiseto per portare documenti a un distaccamento. C’era ancora Italo Dall’Aglio... che poi hanno ucciso”. Leda racconta dell’attacco di Albinea, della battaglia di Ca’ Marastoni dove persero la vita, tra gli altri, William Man-fredi e il fratello di don Casotti, Meuc-cio, nome di battaglia Agostino. I morti furono poi portati in chiesa a Quara. Leda continua a raccontare: “Noi staffet-te delle formazioni cattoliche portavamo la gonna e prima delle missioni Marco-ni ci faceva fare la comunione, poi alla mattina partivamo. Eravamo sempre in ordine, ma a Villa Minozzo ho dovuto dormire per terra nella scuola, d’inver-no, con la neve. In genere però eravamo abbastanza attrezzati. Da Febbio, prima dello sfondamento, ci siamo spostati poi a Sant’Antonio, ma lì Benigno non c’era, è rimasto a Febbio”. Leda racconta un episodio drammatico; “A Quarqua (la frazione dove Leda abitava, c’era una

Leda Cagossi “Primavera”Intervista alla staffetta di Pasquale Marconidi Eletta Bertani

donna che aveva messo a disposizione la sua casa e dove il giorno di Pasqua, N.d.I.), è morto William Manfredi a Ca’ Marastoni. Poi lì sono arrivati da fuori i tedeschi, hanno piazzato la mitraglia sul promontorio, sparavano all’impazzata. Gli anziani sono scappati nel verde e nei fossi. Quando sono tornati alla sera una madre ha chiesto di suo figlio Mario. Le abbiamo detto che lo cercavamo noi. Ur-lavamo in giro “Mario, Mario…”, poi ab-biamo visto sulla schiena della montagna lui e altri morti. Abbiamo chiesto aiuto ad una casa vicina ma non ne hanno voluto sapere. Allora abbiamo preso una mucca e un carretto, li abbiamo raccolti e siamo partiti. Io tenevo la corda della mucca. Arrivati vicino a Castelnuovo Monti, nessuno voleva i ragazzi caduti in casa… Li abbiamo portati in un piccolo oratorio. Al funerale nessuno voleva andare, sia-mo andate noi in chiesa e poi al cimitero di Castelnuovo.Nella tragedia della guerra c’erano an-che momenti di “respiro”: Il 21 marzo del 1945, primo giorno di primavera, Miro Cocconi ed Eros [Didimo Ferrari, N.d.I.] mi hanno festeggiato con la torta, perché il mio nome di staffetta era ap-punto Primavera. Leda racconta ancora: “Al comando di Sant’Antonio c’erano anche oltre loro Aldo Magnani e il co-mandante Monti [Augusto Berti, Nd.I.]. Una volta Miro mi ha detto una cosa un po’ “spinta”e io ho reagito picchiandogli un righello in testa. Avevo in tasca delle uova e le uova si sono rotte e la signora della casa ha dovuto provvedere a puli-re … Nella Chiesa di Tapignola dove era parroco don Pasquino Borghi, avevamo allestito un camerone per i prigionieri, i tedeschi e i fascisti catturati. Avvicinan-dosi in Toscana lo sfondamento della linea gotica, Marconi mi ha mandato a casa per mettermi al sicuro. Molti giova-ni disertori da reparti fascisti cercavano rifugio, ma noi non potevamo ospitarli, perché mancavamo di tutto. Con l’aiu-to di Marconi e di don Orlandini [Car-lo] sono stati aiutati a passare il crinale centinaia di quei giovani e tanti ci hanno chiesto di scrivere alle famiglie che erano salvi. Leda ricorda anche che i partigiani erano all’inizio una settantina, poi negli ultimi mesi c’è stato un costante afflus-so. “Ho visto miei amici fare cose che non avrei mai pensato, con un coraggio! Ma c’erano anche quelli dell’ultima ora,

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stessi e se dobbiamo andare d’accordo! Oggi dobbiamo riflettere. I giovani sono stati formati dalle generazioni precedenti, cosa hanno dato loro? Perché tutto questo malcontento? Noi eravamo poveri e ave-vamo le toppe nel sedere, ma eravamo state educate in modo diverso, a gioire anche delle cose piccole. Non si poteva rimanere indifferenti a quello che abbia-mo visto, alla perdita dei figli! Oggi dob-biamo chiederci dove abbiamo sbagliato. Non si dovrebbe giudicare dalle tessere, ma dalla qualità delle persone. Dobbiamo lottare assieme e trovare i punti di incon-tro. La base è il rispetto.”L’incontro volge alla fine. Leda ritorna ad un ricordo della Resistenza che ha ancora vivo nella memoria. Ricorda i lanci dei paracadute nella notte stellata, i falò. Ha visto svolazzare una gonna. Era un medi-co scozzese e per la prima volta ha senti-to il suono della le cornamusa. “Per rag-giungerli sono caduta nella neve… loro mi hanno regalato le sigarette e le viole”. E conclude: “Allora eravamo giovani, irresponsabili perché siamo passati da buchi stretti e la voglia di cambiamento era fortissima. Non voglio sentire parlar male dei partigiani, tanti sono morti, ros-si, bianchi, gialli. Tutti meritano rispetto e così le famiglie che li hanno perduti.”Leda ha finito di raccontare. Aggiunge un ultimo desiderio. “Ora che mi sono raccontata, spero che qualcuno di loro si ricordi di me. Lo rivedrei volentieri”. Mi chiede di potere avere il libro sul dottor Marconi: Il medico scalzo e ricorda con tristezza che ha perduto quattro dei suoi nove figli. Mi mostra un album di foto da dove spunta una tessera, la prima tessera dell’ANPI a lei intestata. Una tessera che Leda-Primavera merita ancora oggi.

memoriagruppi che non volevano stare agli ordini dei comandanti”.Tanti sono i ricordi, gli episodi di vita e di umanità, espressione di sentimenti diver-si che la guerra non è riuscita a cancella-re: “L’otto settembre del ’43 tanta gente è passata di qua. I giovani soldati fuggiti dall’esercito senza più ordini dormivano nelle stalle. Un ragazzo si è malato. Gli davamo il latte e lui poi mi ha regalato per riconoscenza un profumo. Un par-tigiano che abbiamo ospitato in casa ha perso una calza ed è poi venuto a ripren-dersela! Le famiglie montanare avevano un cuore grande perché pensavano ai loro figli lontani… “Anche la mia famiglia non si è sottratta malgrado i pericoli. Pen-sate che avevamo in casa, al caseificio, i tedeschi e a volte venivano anche i par-tigiani in cerca di rifornimenti, avevano fame: mio padre li rifocillava, gli dava il formaggio e noi ragazze andavamo casa per casa nella frazione per raccogliere altro cibo. E ricorda ancora: “Miro era ricoverato all’ospedale ed io sono andata a trovarlo. Lui un po’ se ne approfittava perché, per non essere riconosciuti, do-vevamo fare gli innamorati… Marconi invece era severo … Nascevano anche relazioni affettive tra i partigiani. Agata Pallai, ad esempio era fidanzata con Italo Dall’Aglio delle Fiamme Verdi, che poi cadrà il 10.01.1945.A questo punto, chiedo a Leda come è stata la sua infanzia, la sua formazione. Mi risponde: “Mio padre era ateo e so-cialista, mia madre credente, ma lui non ci ha mai impedito di frequentare la chie-sa. Portavamo i tortellini alle suorine, che avevano l’asilo e ricamavano. Mio padre non era un estremista, era in buoni

rapporti con tutti, anche col podestà. Lui diceva sempre: libertà, libertà! E voleva farmi capire cosa significava la parola. Avevamo due caseifici, a Castelnuovo e a Quarqua. Le chiedo ancora come ha vissuto la Liberazione e il dopoguerra. “Il primo maggio abbiamo ballato a Reggio. Io sono scesa in città vestita normalmen-te. Ci invitano alla festa al teatro Munici-pale, nella Sala degli Specchi. Il colon-nello Monti ha aperto le danze con me! Era il primo momento di allegria dopo tante sofferenze, tante traversie…Dopo la Liberazione, anche nel movimento dei partigiani cattolici e in quello della sinistra sono stati gli uomini ad andare avanti… Così dopo la Liberazione non ho più voluto impegnarmi (e invece avrei continuato volentieri ) anche per la de-lusione di vedermi appiccicare addosso delle etichette. Essere rossi o bianchi, che cosa conta, se i nostri obiettivi sono gli

Primavera nella foto del cartellino ANPI n. 12185

Alfonso Merzi detto anche Nino, nasce a Reggiolo il 28 luglio 1918 da fami-glia contadina originaria del Carpigiano. Come tante altre famiglie del primo ’900, anche questa migrò spesso sul territorio per ricercare migliori e più stabili condi-zioni di vita e lavoro. Dapprima a Fab-brico, si spostò poi in località Staffola e quindi definitivamente a Reggiolo. E’ qui che Nino frequenta fino alla ter-za elementare per poi passare alla scuola di disegno. Siamo nell’ultima metà degli anni ’900 e proprio in questo periodo accade un primo importante evento che lo tocca particolarmente nell’animo. In-

sieme a lui, infatti, frequentano lo stesso corso altri tre studenti di cui, solo due re-stano nominativamente nella sua memo-ria: Zanoni e Gherardi. Residenti nella vicina frazione di Staffola (i cui abitan-ti erano quasi totalmente di ispirazione comunista), una notte questi tre amici issano la bandiera rossa sulle scuole di Reggiolo. Inevitabilmente identificati dai fascisti, vengono arrestati e incarcerati. Sono anni duri per le famiglie povere e Nino, come tanti altri coetanei, viene mandato a imparare un mestiere come garzone falegname da Ligabue, un arti-giano intagliatore-intarsiatore del posto, in via San Venerio per questo apprendi-mento la famiglia deve addirittura pagare l’artigiano.

Merzi insieme alla moglie Franca Lanzoni (foto Anna Parigi)

Il partigiano Merzi, 95 anni ben spesiE non intende “mollare in questi tempi difficili”di Denis Fontanesi

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delusione è tanta pochissime armi e tante divise regolamentari americane a fronte di un altissimo rischio preparatorio di recupero. Nella primavera, presso la for-nace di Gonzaga, è parte attiva nel tenta-tivo di cattura del comandante del campo di concentramento di Gonzaga (ubicato presso le scuole cittadine). Certamente i giorni prossimi alla Liberazione sono du-rissimi, difficili e pericolosi, dove a volte accadono cose molto sgradevoli. Infatti Luciano è testimone di un triste episodio accaduto in paese; spacciandosi per par-tigiani, rubando e requisendo viveri alla popolazione, tre giovani provenienti da Bondeno di Gonzaga vengono catturati dai partigiani e uno di essi è fucilato da-vanti al cimitero di Reggiolo. Il 25 aprile si trova a Fossoli dove, per ordine del Comando partigiano, tutta la Brigata era in attesa di attaccare il locale tristemente noto campo di concentramen-to per liberarne gli internati. L’azione non viene eseguita per la sopraggiunta Libe-razione. Con il ritorno alla vita civile, Nino riprende la sua attività di falegname, costituendo anche una società proprio a Reggiolo. Il 13 aprile 1946 sposa Fran-ca Lanzoni e nel 1951 si trasferiscono a Roma dove, poco tempo dopo, diventa imprenditore. Nel 1985 ritorna alla terra natale e fino al 2004 condivide la carica di Segretario ANPI locale con Gino Setti; ruolo che comunque riveste fino al 2010. Attualmente ne è Presidente onorario. Una vita intensa, quindi, spesa bene, con onore e onestà. A chi scrive, piace con-cludere questo racconto proprio con le parole del partigiano Luciano: “Della mia esperienza partigiana mi è rimasto tanto, la convinzione di una lotta giusta, i cui principi ispiratori sono da tramanda-re alle nuove generazioni, soprattutto in questi nostri giorni ... giorni difficili, in cui quei valori ritrovano più che mai il loro significato... io non mollo!”.

memoriaDopo circa un quinquennio viene assunto dalla falegnameria Picagli, costruttrice di mobili. Richiamato di leva alle armi, si trova a Roma allorché le Officine Reg-giane lo richiedono per il reparto “Banfi”, capannone specializzato nella costruzio-ne delle ali e delle fusoliere degli aerei ivi prodotti. E’ proprio il momento in cui avviene il tragico eccidio delle Reggia-ne (28 luglio 1943). Particolarmente se-gnato dall’evento e con il passare delle settimane, nell’animo di Nino si rafforza sempre più il desiderio di ribellione a un regime iniquo e assassino e così, con il grande sbandamento dell’8 settembre 1943, anch’egli entra nella Resistenza e diventa il partigiano Luciano, inquadrato nella 77a Brigata SAP. Venti mesi inten-si e durissimi durante i quali né lui né i suoi compagni ebbero alcun dubbio sulla bontà del loro operato. Anche perché il pieno e indispensabilissimo sostegno del-la popolazione non fece che rafforzare il desiderio di combattere per raggiungere nuovamente, e finalmente, la libertà. La prima azione partigiana che condusse, insieme ai compagni Giovanni Davolio e Carlo Contini, fu il disarmo del mili-te repubblichino di guardia alla stazio-ne Staffola di Reggiolo, sul confine con Gonzaga. Nella notte dell’1° marzo ’44, con il suo gruppo segano i pali telegrafici intorno a Reggiolo. Il 18 luglio, con i partigiani Pietro Ma-lagoli, Walter Magnani e James Tellini, partecipa alla sfortunata azione della Galvagnina, che prevedeva la cattura o l’uccisione di un maresciallo della Re-pubblica di Salò. Colpito alla testa, fu in questa missione che cadde Pietro Mala-goli Rino. Nell’agosto successivo, su direttiva del CLN e per impedire il conferimento del grano di trebbiatura agli ammassi (volu-to dal regime e destinato alla stazione di Gonzaga), il suo distaccamento preleva alcuni carri dal Consorzio agrario per poi, dopo l’immagazzinamento clande-stino in diverse case di latitanza della zona, inviarlo all’intendenza Partigiana delle SAP. Su segnalazione di un partigiano di Caso-ni, Selvino Lanzoni Selvino (fratello del-la sua futura moglie Franca), il 22 agosto con altri sappisti di Reggiolo asportano casse di bombe a mano e munizioni da un magazzino tedesco in località Palidano. Casse che poi si riveleranno piene di pan-zerfaust, micidiali armi anticarro naziste. Tutto questo materiale sarà nascosto in una casa di latitanza di Brugneto. A metà settembre Nino e i suoi compa-gni partecipano, come SAP di sostegno,

all’attacco contro la caserma GNR di Reggiolo, ubicata in via Trieste. Orga-nizzato dal gappista Toscanino, questo assalto non avrà successo perché appena svoltato l’angolo della via, proprio in quel momento un gruppo di militi fascisti esce dalla caserma e ingaggia un intenso con-flitto a fuoco con il ferimento di un par-tigiano e l’uccisione di due repubblichini. Il giorno dopo, 17 settembre, 200 brigati-sti neri comandati dal commissario fede-rale Guglielmo Ferri, raggiungono Reg-giolo portandovi il terrore. Circa trenta cittadini vengono fermati e quattro di essi fucilati a fianco della Rocca, dove ora si trova la lapide in loro memoria: ten. col. Sacchi Giuseppe, dott. Angeli Antonio, avv. Polacci Mario e l’ottantenne ing. Marani Erminio, preso come ostaggio al posto del figlio, liberato dai partigiani. Il 20 novembre partecipa alla liberazione di bestiame sequestrato dai tedeschi per poi, dopo la successiva macellazione, distribuirlo alla popolazione. Pochi gior-ni dopo, 28 dicembre, con il compagno Tommaso Tirelli Magin e un ufficiale dei paracadutisti di nome Uber Pulga, entra-to qualche tempo prima nella Resistenza, partecipa all’assalto della caserma GNR di Santa Vittoria. Il combattimento è cruento con feriti da entrambe le parti; la sensazione di Nino è comunque sempre stata quella che i fascisti fossero già al corrente dell’attacco [si veda M. Frigeri, L’attacco partigiano al presidio fascista- repubblicano di Santa Vittoria. 28 dicem-bre 1944. La storia di Uber Pulga, “RS-Ricerche Storiche”, n. 96/2003, NdR]. La reazione nazifascista non si fa attendere. Il giorno seguente, infatti, in seguito a delazione; viene catturato, torturato e massacrato a colpi di calcio di moschetto Dante Freddi Noli, il comandante del di-staccamento partigiano reggiolese e uno dei primi organizzatori della Resistenza nella zona. Il 19 dicembre, Luciano con alcuni suoi compagni e altre formazioni GAP e SAP di Rolo, Campagnola, Fab-brico, Rio Saliceto (ed anche patrioti mo-denesi e mantovani) partecipa all’assalto notturno dei presidi della GNR, della Bri-gata nera e dei tedeschi di Gonzaga. In quell’azione vede cadere il compa-gno Aleksander (partigiano russo ag-gregato al distaccamento di Reggiolo) e il Comandante dei partigiani fossolesi Scarponi. Il 12 gennaio 1945, partecipa all’asportazione di materiale bellico dal magazzino di Casoni e, il successivo 23 gennaio, in pieno giorno, organizza la sottrazione di un mitragliatore dalla ca-serma tedesca di Reggiolo. Insieme ad al-tri partigiani il primo aprile recupera tre contenitori aviolanciati dagli Alleati. La

Sul prossimo numero del “Notiziario”

la storia della moglie di MerziFranca Lanzoni

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memoriaUna sede ANPI a MarsalaLuglio 2013, ritorno a Marsala , che ho lasciato da più di vent’anni, ho lasciato questa città negli anni in cui la lotta ci-vile era accentrata con i movimenti am-bientalisti, mobilitatisi in quegli anni, per strappare quelle splendide aree che adesso da turisti possiamo ammirare, da speculazioni edilizie o vaneggianti e faraonici progetti voluti dalla politica d’allora. Marsala questa città resa famo-sa dall’epopea garibaldina, dove proprio l’undici maggio 1860, cominciò con lo sbarco di Garibaldi l’unificazione italia-na. Poi arrivò l’epopea del Marsala, l’in-dustria del vino che portò ricchezza alle genti di questa terra. Arriva il fascismo, vent’anni di silenzioso oblio, di umilia-zioni, di mafia e regime. Scoppia la guer-ra, migliaia di marsalesi vengono manda-ti come milioni di italiani, a combattere una guerra di cui non si comprendeva il senso, ed ecco che quasi cinicamente l’undici maggio del 1943 , la città viene bombardata pesantemente dagli alleati, oltre un migliaio di vittime , troppi per una piccola città, e a seguire fame, mi-seria e distruzione. Dopo la guerra, si torna ad emigrare , il partito comunista è fortissimo, e come tante città si inaugura la sezione dell’ANPI, con 84 partigiani, e guidata da Vero Felice Monti, classe 1919, che già a 16 anni era militante nel-le cellule comuniste combattenti, e nel 1943 è nelle file partigiane a Crevalco-re. La sezione dell’ANPI di Marsala vive fino al 1949, anno in cui il suo presidente Vero Felice Monti diventa sindaco comu-nista del comune di Salemi, quello dove esercita da sindaco Vittorio Sgarbi. Erano anni in cui questo sindaco comunista vie-ne odiato dai padroni e dalla mafia, per-ché arruolava nell’organico del comune, lavoratori e gente del popolo, senza titoli, ma armati di una ostinata voglia di fare e tanta onestà. La sezione dell’ANPI Mar-sala viene chiusa alla fine degli anni Qua-ranta; decenni di oblio, a Marsala in quin-dici anni in cui ho vissuto, nessuno ha mai parlato di partigiani e di Resistenza. Ma eccoci oggi, in un bellissimo mese di luglio, appena arrivato contatto un amico conosciuto su facebook, Giuseppe Nilo, eccolo, ha voglia di raccontare, è emozio-nato, mi abbraccia, e anch’io vengo colto da un’emozione antica, perché parleremo di partigiani, partigiani marsalesi. E’ lui Giusappe Nilo, architetto, ex dirigente politico in Liguria, per anni segretario dell’unione comunale dei DS al comune

di Giuseppe Napolitano

di Marsala, è lui che nel 2012 ha riaperto la sezione ANPI di Marsala. Andiamo a casa sua , la sezione è nel suo studio, tra centiania di libri, ed ecco comparire dal suo archivio una lista, sono partigiani, cominciamo a sfogliare le pagine, ma … sono più di cento, e mi assicura che tra-mite le altre ANPI d’Italia stanno per ar-rivare altre notizie su altri nomi. Guardo le foto di quei Giovani che Giuseppe ha miracolosamente raccolto, lui è con loro, si domanda chi fossero, come fecero ad entrare nella Resistenza, e come mai de-cenni di silenzio. Le parole sono poche per dire tutto quello che lui vorrebbe, c’è anche sua figlia, militante di Libera, e mi dice che hanno chiesto al comune un lo-cale sequestrato alla mafia per adibirlo a sezione ANPI. Giuseppe è radioso, e af-faticato di tutto quel raccontare, mi parla del monumento che lui stesso, architetto, ha progettato, è composto da due lastre con degli spazi in cui si possono inserire delle tessere metalliche, ogni qualvolta ci sarà da inserire il nominativo di un par-tigiano. È ora di salutarci, ma mi fa ve-dere una bandiera, la bandiera dell’ANPI di Marsala , creata a mano da sua figlia , da parte mia in quell’istante solo silenzio e ammirazione per quel miracolo. È arri-vato il momento di salutarci, le promes-se per cercare partigiani marsalesi, che hanno combattuto a Reggio Emilia sono il nostro solenne impegno, perché la sua lista deve crescere , fino a quando sarà

resa gloria a tutti quei partigiani di questa splendida città siciliana. Reggio, è passato quasi un mese da quell’emozionante incontro, sono perso in un elenco di migliaia di nomi di par-tigiani che hanno combattuto a Reggio Emilia, nomi noti, di eroi , qualcuno lo conosco personalmente, scorro le righe avidamente, fino a quando vedo Marsala , incredibile sono due, Marchesi Vito clas-se 1925, Marchesi Gaspare classe 1923, tutti e due residenti a Montefiorino, sem-brerebbero fratelli, forse ex militari, ar-ruolati rispettivamente nel febbraio 1944 e nell’agosto 1944, nel Corpo Volontari della Libertà, Brigata “Italo”, comando II battaglione. Chiamo subito Giuseppe, è il giorno del suo compleanno, il più bel re-galo che poteva avere, la sua lista cresce e crescerà , la storia della Resistenza e i suoi ideali continuano a commuovere, a insegnare , a darci riferimento nella no-stra esistenza di cittadini ma soprattutto speranza per un futuro, all’insegna di quegli ideali, scritti con il sangue versato dai nostri eroi, i partigiani.

Napolitano insieme a Giuseppe Nilo nella sede ANPI di Marsala

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memoriaL’ANPI valorizza i cippi partigiani

di Anna Salsi

Il Comitato direttivo provinciale ANPI ha deliberato la formazione di un grup-po di lavoro per la realizzazione del pro-getto Adotta un cippo partigiano, con lo scopo di lanciare una campagna su tutto il territorio provinciale, volta a garantire la costante manutenzione dei monumen-ti, la realizzazione di iniziative culturali di attualizzazione degli eventi che sono oggetto dei cippi, la visita nelle scuole di docenti informati per il passaggio della memoria ai giovani e, novità assoluta, la realizzazione di una banca dati dei cippi in essere con foto storiche e foto attuali. Viene realizzato uno strumento completo

per la visitazione via web con l’intera-zione della storia e dei fatti di battaglia di coloro che ne sono stati protagonisti e martiri. Verrà predisposto inoltre un dispositivo affinché i visitatori dei cippi possano collegarsi col telefonino o col tablet al sito web per ottenere tutte le in-formazioni locali.Questo progetto presuppone che le Se-zioni Anpi sul territorio si rendano attive e protagoniste nel progetto, adattandolo alle loro esigenze, per stringere un pat-to con le Amministrazioni Pubbliche e costruire una stretta collaborazione per raggiungere lo scopo, in tempi difficili e

di magra, di raccogliere i fondi necessari oltre all’opera anche volontaria di profes-sionisti nei vari mestieri utili alla manu-tenzione: artisti, muratori, marmisti, de-coratori, giardinieri…Il progetto avrà una durata di almeno tre anni e si cercherà anche una collabora-zione intersettoriale con Istoreco e l’Isti-tuto Cervi. Il cittadino che percorre le nostre strade, trovando il cippo ordinato e pulito, potrà essere attratto e incuriosito dalla posizio-ne rispettosa e dalla storia di quei gloriosi giorni, che ci hanno trasmesso la libertà.

Sulla provincia di Reggio Emilia sono attualmente presenti 500 cippi partigiani, simbolo di memoria soggetti al deterioramento per gli agenti atmosferici e per atti di vandalismo. Per salvaguardarli l’ANPI vuole coinvolgere la cittadinanza e raccogliere la manodopera ed i fondi necessari alla restaurazione.

A quale bisogno risponde? Sulla provincia di Reggio Emilia sono attualmente presenti 500 cippi partigia-ni, simbolo di memoria soggetti al de-terioramento per gli agenti atmosferici e per atti di vandalismo. Per salvaguardarli l’ANPI vuole coinvolgere la cittadinanza e raccogliere la manodopera ed i fondi necessari alla restaurazione. In cosa consiste?Per ottenere il migliore risultato è stato previsto uno sviluppo del progetto su più livelli, che coinvolgono beni e risorse umane. Il Progetto richiede la partnership delle Amministrazioni pubbliche.

• Si è stimata una spesa media di € 200, per riportare ogni cippo allo stato origina-rio. Per questo proposito l’ANPI prevede l’organizzazione di iniziative di interesse pubblico (spettacoli, concerti, conferen-ze), oltre alla richiesta di un contributo libero per le famiglie dei partigiani.

• È stata prevista un’opera di sensibi-lizzazione verso la cittadinanza, al fine di ottenere una partecipazione attiva da chi possa impiegare parte del proprio tempo o delle proprie conoscenze professiona-li per gli interventi di restauro. Anche in questo caso si ritiene fondamentale l’ap-porto delle famiglie dei partigiani e delle vittime della seconda guerra mondiale.

• Per lo svolgimento dell’intero pro-getto sarà necessaria una struttura di ge-stione interna, che permetta di equilibra-re le risorse tra i gruppi comunali ANPI maggiormente forti e quelli necessitanti

di sostegno.

Chi sono i beneficiari?• La cittadinanza è sicuramente il primo

beneficiario dell’opera, avendo la possibi-lità di intervenire direttamente sulla pro-pria memoria.

•Si stima di raggiungere con questo messaggio almeno il 30% dei cittadini.

• Gli Enti pubblici sono inclusi tra i beneficiari, poiché il territorio acquiste-rà nuovamente un prezioso elemento della cultura resistenziale.

Come persegue la mission?ANPI Reggio Emilia, con le Sezioni ter-ritoriali, perseguono la salvaguardia dei valori nati dalla Resistenza partigiana: la lotta per la libertà, la democrazia e la giu-stizia. Per questo sono importanti la pre-servazione e l’applicazione della Costitu-zione, oltre ad una forte azione contro la rinascita del fascismo.Perché è importante?Il progetto prevede un intervento di in-teresse pubblico per tutta la cittadinanza reggiana, verso la quale è importante pre-servare la memoria di un grande momen-to storico della nascita della democrazia.Perché sostenerlo?I cippi partigiani appartengono all’identi-tà del territorio e della cittadinanza. Sono un baluardo ed un monito per chi non ha dovuto subire le sofferenze del conflitto bellico, fondamentali per dissuadere da possibili “tentazioni” future.

Possibili effetti del mancato intervento?Non intervenire tempestivamente nell’at-tuazione di questo progetto comporte-rebbe un incentivo al degrado territoriale che già negli ultimi decenni ha fortemen-te eroso e distrutto i simboli della nostra storia. Non intervenire significa abban-donare i giovani all’oblio del tempo, la-sciando svanire nel silenzio il glorioso messaggio lasciato da ragazzi e ragazze del secolo precedente, arrivati a sacrifica-re le proprie vite in nome degli ideali co-muni. Non intervenire significa smettere di salvaguardare quelle fonti di libertà e democrazia che ci hanno donato la mi-gliore Costituzione mondiale.Benefici morali, ideali, relazionali ed emotivi che è possibile otte-nere partecipando al progetto

• Narrazione ai bambini e ragazzi delle scuole di una storia mai entrata nei libri di testo.

• Onore ai martiri, caduti in guerra• Amicizia e corresponsabilità sul ter-

ritorio• Mantenimento di un’alta attenzione

in periodo di crisi• Crescita personale e di gruppo

(forte responsabilizzazione)Indicatori sul conseguimento dell’obbiettivoL’organo di gestione centralizzato, previ-sto per il Coordinamento del lavoro dei singoli gruppi comunali, avrà l’impegno

I motivi del progetto

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memoriadi monitorare i seguenti elementi:

• Mappatura dei Cippi da restaurare• Quantità di Gruppi di volontari

sul territorio• Incentivo all’aumento degli Amici

dell’ANPI• Effettivo restauro dei Cippi

Rete ANPI sul territorioIn ANPI diversi volontari con alte pro-fessionalità, costituiti in gruppo di lavo-ro, stanno da alcuni mesi lavorando per la creazione di un database (banca dati) dei monumenti e cippi partigiani. Nell’ottica di una sistematizzazione dell’esistente, all’interno di una architettura informa-tica per permettere la gestione di un ar-chivio aggiornato, è possibile ora, grazie ad Anna Ferrari, una consultazione carto-grafica interattiva delle commemorazioni principali già presenti sul sito web ANPI di Reggio Emilia.

Si è iniziato a strutturare un data base relazionale specifico, con la contestuale creazione di schede informatizzate per ogni monumento, con l’inserimento del-le seguenti informazioni: localizzazione del monumento – tipologia (stele, lapi-de, cippo…) – descrizione monumento (Fonte: Le Pietre Dolenti) – Comune e Sezione Anpi di competenza e relativi re-ferenti – Stato di conservazione del mo-numento – Fotografia storica (Fonte: Le Pietre Dolenti) – Fotografie dello stato attuale del Monumento. Nostri volontari autonomamente stanno percorrendo in lungo e in largo il territorio provinciale, fotografando i monumenti commemora-tivi; è ora possibile convergere questo patrimonio sul data base ANPI. Durante il sopralluogo è stato anche determinato l’esatto posizionamento geografico di ogni monumento, con l’acquisizione del-

le coordinate GPS, così da permettere al sistema creato, di collegarsi a mappe car-tografiche per modalità interattive.Ad ogni “marker cartografico” creato, corrispondente ad un cippo partigiano, sarà collegata direttamente all’interno del sito web Anpi, la sua scheda monografi-ca, con possibilità di accesso e collega-mento a questo patrimonio documentale storico e di valore morale inestimabile. Fabbisogno economico del progettoIl progetto prevede la raccolta di € 100.000 (€ 200 per ognuno dei 500 cippi dislocati sulla nostra provincia), da di-stribuirsi su 3 anni. A questo prospetto, si aggiungono € 15.000/20.000 per le spese di attuazione del progetto: pubblicazioni, conferenze, spettacoli e costi di gestione.

CAI “Cani sciolti” e ISTORECOsul sentiero ZamboniniIl sentiero n. 14 sul nostro Appennino dedicato a Enrico Zambonini l’anarchico

La sottosezione CAI “Cani Sciolti” Cavriago anche quest’anno ha inserito nell’annuale programma escursionistico un sentiero partigiano, scegliendo il per-corso intitolato a Enrico Zambonini Nonostante la giornata fredda e nuvolosa, domenica 19 maggio, ci siamo ritrovati in tanti nella piazza di Costabona dove inizia il nostro sentiero e dove ci aspetta-va l’amico Fabio Dolci di Istoreco che da sempre ci accompagna per l’intera gior-nata nei luoghi di tante azioni partigiane .Durante la salita verso la cima del monte Penna Fabio ci ha parlato a lungo della vita avventurosa di Zambonini e dei luo-ghi che attraversavamo dove i partigiani avevano allestito ospedali volanti e ca-panni di riparo.Sulla sommità del monte Penna ci siamo rifocillati e abbiamo ammirato il meravi-glioso spettacolo delle cime ancora ab-bondantemente innevate.Attraverso tratti di sentiero fangosi e sco-scesi come “veri partigiani”, in fila india-na e in riflessivo silenzio, siamo giunti a Deusi e poi a Secchio, il paese natale di Zambonini dove l’escursione è terminata davanti alla lapide che lo ricorda.Qui Fabio ha completato il racconto delle imprese di Zambonini avvalendosi anche

di Carla Iotti

di testi specifici di cui ci ha fornito la bi-bliografia per personali approfondimenti. Ha inoltre sottolineato i tanti atti di sa-crificio, di solidarietà e di eroismo delle genti di quei paesi. Nella piazza del municipio di Villa Mi-nozzo dove si trova la lapide di Enrico Zambonini posta dagli anarchici ci siamo scambiati i saluti finali e un arrivederci al prossimo anno.Un sentito ringraziamento a Istoreco e a Fabio che con passione e impegno tiene vivo il ricordo della lotta di liberazione.

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Lutti

In memoria del Partigiano Arrigo Rivi Acher, appartenente alla 145a BGT Garibaldi, deceduto il 22 giugno u.s., la moglie Giuseppina Munari, la figlia Patrizia, i nipoti, i pronipoti e il genero sottoscrivono pro Notiziario.

Il 24 giugno u.s. è deceduto Domenco Baisi Renzo, partigiano combattente nella 285a BGT SAP operante nel ra-misetano. A Ramiseto Baisi era nato nel 1924 in una famiglia antifascista. Sin-dacalista nella CGIL, è stato presidente dell’ANPI di Ramiseto. Annalisa Storchi lo ricorda con un’offerta al Notiziario.

09/12/1924-22/06/2013

DOMENCO BAISI (RENZO)ARRIGO RIVI (ACHER)

Il 2 luglio scorso è deceduta la Parti-giana della 77a SAP Ida Carretti Tosca, vedova Catellani. Ida, sorella del mai dimenticato Giuseppe Dario, è sta-ta una delle prime staffette partigiane operanti nella zona di Cadelbesco So-pra, in particolare a Villa Seta. Eletta

16/04/1924-02/07/2013IDA CARRETTI (TOSCA)

nel 1946 in Consiglio comunale a Cadelbosco Sopra, Ida è stata la prima donna a ricoprire tale carica nell’ammini-strazione cadelboschese.In sua memoria il figlio Massimo sottoscrive pro Notiziario.

E’ deceduto il 7 agosto scorso il Par-tigiano Alfonso Sassi, di Montecchio Emilia. Nato nel 1923, ha combattuto nelle fila dei partigiani jugoslavi.La moglie e il figlio in suo onore offro-no a sostegno del Notiziario.

ALFONSO SASSI

La storia delle scuole e dei nidi d’infanzia di Reggio EmiliaIn visione presso la sede provinciale dell’ANPI, in via Farini 1, sono presen-ti documenti dal 1995 al 2008 di Loretta Giaroni assessore alle Scuole e ai Servizi sociali dal 1967 al 1975 con riflessioni e proposte sulla questione della storia delle scuole e nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia. La storia e la pedagogia dei nostri “Asili più belli del mondo” non può essere separabile dal forte movimen-to prevalentemente di donne e dell’UDI, esploso nei quartieri e nelle Ville di cam-pagna di Reggio Emilia dalla fine degli anni ’60 ai ’70. Non può essere separabile o isolabile dalle autonome decisioni dell’Amministrazione comunale di Reggio Emilia che ha promos-so e istituito i servizi educativi comunali dell’infanzia e che ha reso possibile in con-creto realizzare la costruzione del percorso educativo ideato e guidato poi da Malaguzzi.

1995 Riunione in Municipio1996 Considerazioni del prof. Ettore Borghi1997 A. Parmiggiani agli ex Sindaci e Assessori1999 R.Bonazzi e L. Giaroni al Sindaco A. Spaggiari1999 L. Giaroni all’Assessore Sandra Piccinini2000 L. Giaroni al Sindaco Antonella Spaggiari2000 Discussione tra E. Bertani, L. Giaroni, I.Bartoli2005 “Non Manipolare la storia”2005 da “Storie della Storia2005 Sui compleanni nelle scuole dell’infanzia”2006 “Discussione” al Sindaco G. Del Rio dirigenti e pedagogiste2006 Intervista di E. Borghi a L. Giaroni2006 Lettera ad Antonio Canovi2007 Scuole dell’infanzia e memoria ferita. Un nodo conflittuale”2008 Recuperare nome e memoria di Ada Gobetti

Non è un piccolo e ininfluente dettaglio, riconoscere esplicitamente i soggetti so-ciali e politici del periodo fondativo ’60 e

’70 nel quale sono nate e cresciute quan-titativamente e qualitativamente le attuali scuole comunali e i nidi.

14/12/1924-24/06/2013

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6° ANNIVERSARIOIVANOE ZAMBONI

Nel 6° anniversario della scomparsa di Ivanoe Zamboni, avvenuta il 16 set-tembre 2007, il figlio Sergio e il nipote Davide sottoscrivono pro Notiziario.

IN MEMORIAGIANNINO (MARCO) e LINA CAVAZZONI (MIRCA)

In ricordo di Gianni-no Cavazzoni Marco, commissario di Bat-taglione appartenente alla 144a BGT “Anto-nio Gramsci”, scom-parso il 12 agosto di quattro anni fa ed in memoria di Lina

Anniversari6° ANNIVERSARIO

OTELLO NICOLINI (IVANO)

Nel 6° anniversario della scomparsa del Partigiano Otello Nicolini Ivano, i figli Ivano e Silvana sottoscrivono pro Notiziario.

PIERALDO CAMPANI

Il 4 luglio u.s. ricorreva il 2° anni-versario della scomparsa di Pieraldo Campani. Ci manchi tanto, la moglie Antonietta, i figli Stefano e Daniele, la sorella Giovanna e i parenti tutti. In sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.

2° ANNIVERSARIOFERRUCCIO COLLINI (BIRO)

Guardo una nostra foto. Sono già pas-sati due anni, com’è possibile? Guardo una nostra foto, ed è come tornare in-dietro nel tempo. Rivivo ogni momen-to passato con te: Quando giocavamo insieme a carte e tu mi lasciavi vincere, perché lo sapevi quanto mi arrabbiavo quando non vincevo. Quando mi porta-vi a prendere il gelato, oppure al parco

e insieme davamo da mangiare alle caprette. Quando mi raccontavi della tua vita, le tue avventure, e io quelle storie le amavo; ti vedevo come una specie di eroe e ascoltavo impietrita. Quando tu e la nonna raccontavate dei vostri viaggi, i luoghi che avevate visitato, le persone conosciute. Quando ti rubavo le patate perché erano l’unica verdura che potevo, anche se con grande sforzo, mangiare, e tu, invece che arrabbiarti, me le porgevi divertito. Guardo una nostra foto e un’ondata di malinconia mi assale a pensare che questi momenti rimarranno sempre solo ricordi. Poi però capisco: tu sei con me, ancora! Sei con me quando gioco a carte e vinco grazie ai tuoi “trucchetti”, quando rispondo educatamente perché tu mi hai insegnato a farlo, Quando racconto a mia volta le tue storie. Sei con me sem-pre, nei valori e negli insegnamenti che mi hai trasmesso. Grazie nonno “USSO”, un bacio enorme.

Tua nipote EleonoraIl 7 agosto scorso ricorreva il 2° annivesario della tua scomparsa. Per ricordarti e onorarti, la tua famiglia sotto-scrive pro Notiziario.

2° ANNIVERSARIO

Cavazzoni Mirca la sorella, anch’essa partigiana, apparte-nente alla 77a BGT SAP “F.lli Manfredi”.La moglie Wilma, i famigliari e la tanto amata nipotina Giulia sottoscrivono pro Notiziario. Perchè gli ideali di democrazia che ci avete trasmesso restino sempre vivi.

7° ANNIVERSARIOIVO ZANI (ALÌ)

Il 27 settembre ricorre il 7° anniver-sario della morte di Ivo Zani Alì, Par-tigiano combattente della 178a BGT d’assalto SAP, Divisione “Ottavio Ric-ci” (PR). La moglie Marcellina, anche lei Partigiana combattente della stessa brigata, il figlio, la nuora e le nipoti, in suo onore e memoria, sottoscrivono pro Notiziario.

7° ANNIVERSARIOREMO BONAZZI (ANDREA)

Il 22 settembre ricorre il 7° anniversa-rio della scomparsa di Remo Bonazzi Andrea, partigiano della 76a BGT SAP “Angelo Zanti” ed ex presidente della sezione ANPI di Bibbiano.La moglie Enore, le figlie Tita e Catia, i nipoti Davide, Elena ed Elia e il gene-ro Giovanni lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

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4° ANNIVERSARIOEMILIO GROSSI (OBRAI)

Il 28 agosto scorso ricorreva il 4° an-niversario della morte del Partigiano Emilio Grossi Obrai, appartenente alla 76a BGT SAP “Fratelli Manfredi”. Afra e Licinio Marastoni, lo ricordano sottoscrivendo pro Notiziario.

AnniversariVINCENZO BRANCHETTI (ARGO)

IN MEMORIASERGIO MOSCARDINI (SCABROSO)

La moglie Eles Fransceschini e i figli Mirco e Mara, e il nipote Marco, nel ri-cordare l’anniversario del compleanno di Sergio Moscardini Scabroso che il 26 agosto scorso avrebbe compiuto 94 anni, offrono pro Notiziario.

2° ANNIVERSARIO

Nel 2° anniversario della scomparsa del Partigiano Vincenzo Branchetti Argo, la moglie, la famiglia e i nipoti Valter, Franco e Paola sottoscrivono a sostegno del Notiziario. Per onorarne la memoria sottoscrivo-no pro Notiziario.

10° ANNIVERSARIOMARINO BERTANI (MASSA)

Per onorare la memoria del Partigiano Marino Bertani Massa, appartente alla 76a BGT SAP, nel 10° anniversario della scomparsa, avvenuta il 5 gugno 2003, la moglie Teresa Giovanardi e i figli Delfino e Marinella lo ricordano con immutato affetto sottoscrivendo pro Notiziario.

8° ANNIVERSARIOARTURO IOTTI (SPARTO)

Il 20 settembre ricorre l’8 anniversario della scomparsa del Partigiano Arturo Iotti Sparto. La moglie Amelia Alba-relli, il figlio Dante, la nuora e la co-gnata, con immutato affetto, sottoscri-vono pro Notiziario.

8° ANNIVERSARIOLUIGI CANTAGALLI (FUMO)

L’otto agosto ricorreva l’ottavo anni-versario della scomparsa del Partigia-no Luigi Cantagalli Fumo appartenente alla 26a BGT Garibaldi. Ne rinnovano commossi la memoria i familiari con un offerta al Notiziario.

7° ANNIVERSARIOFEDERICO FRANZONI (PRIMAVERA)

Il 21 settembre di 7 anni fa è mancato all’affetto dei suoi Cari il maestro Fe-derico Franzoni Primavera. Aveva 89 anni. Un uomo schivo, stimato, mode-sto, di poche parole, dedito con passio-ne al lavoro e alla famiglia. Sin dal settembre 1943, lo vediamo impegnato con i giovani di San Ruffi-no di Scandiano a organizzare la Re-

sistenza e ospitare in casa sua i militari sbandati dopo l’8 settembre. Primavera, poi, deve salire in montagna e lo ritroviamo nella 26a BRG. Garibaldi, come intendente di Divisione con il grado di tenente. La moglie Palma, il figlio Luciano con la moglie Carmen e il nipote Daniel lo ricordano con immutato affetto, insieme all’ANPI di Scandiano, e offrono pro Notiziario.

7° ANNIVERSARIOGIOVANNI MUNARINI

Il 21 settembre ricorre il 7° anniver-sario della scomparsa di Giovanni Munarini. La moglie Isella e la fi-glia Elsa lo ricordano sottoscriven-do pro Notiziario.

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AnniversariANNIVERSARI

WALTER ROZZI (NUVOLA)ENRICHETTA MUSSINI

Il 3 settembre scorso ricorreva il 3° anni-versario della scom-parsa del Partigiano Walter Rozzi Nuo-vola. Nel ricordarlo insieme alla moglie Enrichetta Mussini, di

cui ricorre il 2° anniversario della scomparsa, la figlia, il genero e i nipoti sottoscrivono pro Notiziario.

11° ANNIVERSARIOFRANCO SERRIFERNANDA BONACINI

Nell’undicesimo anniversario della scomparsa di Franco Serri e Fernanda Bonacini li ricorda, con immutato affetto, la figlia Ileana Serri, sottoscrivendo a sostegno del Notiziario.

ANNIVERSARIAMELIA RANZIERIFERNANDO ZOBOLETTI (LUPO)

Le sorelle Adriana, Franca e Nella, per ricordare i genito-ri Amelia Ranzieri, scomparsa il 26 set-tembre 2000, e Fer-nando Zoboletti, il Partigiano Lupo, de-

ceduto il 23 settembre 1952, sottoscrivono pro Notiziario.

7° ANNIVERSARIOWERTHER SPAGGIARI (LEMBO)

Il 27 ottobre ricorre il 7° anniversa-rio della scomparsa, a 83 anni, del Partigiano Werther Spaggiari Lembo, responsabile della Sezione ANPI di Gavassa. Werther aveva lavorato per lunghi anni presso il mulino di Maso-ne, poi Progeo, e aveva sempre dimo-strato attaccamento alla famiglia e ai suoi ideali ispirati ai valori della Resi-

stenza. L’Amministrazione comunale di Correggio, in oc-casione del 38° anniversario della battaglia di Fosdondo, gli aveva conferito il diploma e la medaglia quale protago-nista generoso ed eroico di una delle pagine più belle della storia della Resistenza a Correggio e provincia. “E’ tanto triste averti perduto, ma è tanto bello ricordarti”. La moglie Dilva, i figli Ivano e Marisa in sua memoria sottoscrivono pro Notiziario.12° ANNIVERSARIO

DINO MACCARI (ALDO)

Nel 12° anniversario della scom-parsa del Partigiano Dino Maccari Aldo, il figlio Claudio lo ricorda con immutato affetto e sottoscrive pro Notiziario.

8° ANNIVERSARIODANTE CALZOLARI (SPADA)

In memoria dello zio Partigiano Dante Calzolari Spada, della 26a

BGT Garibaldi, Luciano Calzolari offre pro Notiziario.

1° ANNIVERSARIOARMANDO ROSATI (NANI)

Il 5 settembre scorso ricorreva il 1° anniversario della scomparsa del Partigiani Armando Rosati Nani. La moglie, i figli, il genero, la nuora e i nipoti sottoscrivono a sostegno del Notiziario.

12° ANNIVERSARIODAVIDE VALERIANI (FORMICA)

Il 25 settembre ricorre il 12° anni-versario della scomparsa del Parti-giano Davide Valeriani Formica. La moglie e i figli lo ricordano con immutato affetto e offrono pro Notiziario

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Anniversari

5° ANNIVERSARIO

14° ANNIVERSARIODUILIO CARRETTI (AL NIGHER)

Il 18 luglio scorso ricorreva il 14° anniversario della scomparsa del Par-tigiano Duilio Carretti Al Nigher. La moglie Clite, i figli Meris e Mauro e i nipoti, nel ricordarlo con tanto affetto, offrono un contributo a sostegno del Notiziario.

FLORIO CAMPANI (SOLAROLO)

Il 15 agosto scorso ricorreva il 5° an-niversario della scomparsa di Florio Campani. La moglie e i figli Giancarlo e Franco, a suo ricordo, sottoscrivono pro Notiziario.

8° ANNIVERSARIO

Il 24 luglio ricorreva l’8° anniversario della scomparsa del Partigiano Pietro Govi Piretto di Rio Saliceto. La moglie Umberta, le figlie Adriana e Lorena lo ricordano con amore e sottoscrivono in sua memoria pro Notiziario. Al ricordo si unisce Katia Marzi.

6° ANNIVERSARIODINO MOSCARDINI (PIETRO)

Nel 6° anniversario della scomparsa del Partigiano Dino Moscardini Pietro, i familiari lo ricordano con nostalgia. Per onorarne la memoria sottoscrivono pro Notiziario.

54° ANNIVERSARIODIDIMO FERRARI (EROS)

Il 7 ottobre ricorre il 54° anniversa-rio della scomparsa di Didimo Ferrari Eros, commissario del Comando uni-co provinciale nella guerra di Libera-zione e primo presidente dell’ANPI nel dopoguerra.Lo ricordano, la figlia Anna (che non

ha mai smesso di lottare per una maggiore giustizia so-ciale, e che non tollera più certe insulse equivoche letture della storia), il genero Attilio Braglia, i nipoti Riccardo e Valerio, i pronipoti Davide e Alice. Mi hai sempre detto che il sapere è il patrimonio più importante di qualsiasi persona e si conquista gradualmente. Spero che anche i tuoi pronipoti nelle letture dei documenti, nelle favole e lettere che ci hai lasciato, capiscano e contribuiscano alla realizzazione dei tuoi ideali.

PIETRO GOVI (PIRETTO)

IN MEMORIAADRIANO OLIVA (MARTINI)

In memoria del padre Partigiano gen. Adriano Oliva Martini, il figlio Ales-sandro sottoscrive pro Notiziario.

13° ANNIVERSARIOBRUNO MARZI (MEM)

Il giorno 14 luglio ricorreva il 13° an-niversario della scomparsa di Bruno Marzi Mem, Partigiano combattente del distaccamento “G. Matteotti” della 144a Brigata Garibaldi. Amministrato-re e Sindaco del Comune di Rio Salice-to dal 1946 al 1975. Per onorare la memoria e il suo inse-gnamento, lo ricorda con tanto affet-

to e profonda nostalgia la figlia Katia che sottoscrive pro “Notiziario”.

1° ANNIVERSARIOIVANO BAGNI

Carissimo Ivano, ad un anno dalla tua scomparsa, abbiamo deciso di fare ancora una “riunione” insieme a te in questo “spazio ANPI”, poco conosciu-to e diffuso, ma che rappresenta una delle poche luci resistenti nel buio del-la politica odierna. Uno spazio molto affine al nostro impegno sociale e po-litico e al nostro modo di vivere e di lavorare. La “riunione” si conclude,

con voto unanime, con la seguente mozione: forti del tuo ricordo che ci sprona, vogliamo rinnovare il nostro comu-ne impegno contro tutte le forme di nuovo fascismo, per la difesa della Costituzione, per la giustizia e per la libertà come sempre abbiamo cercato di fare insieme a te. Un forte abbraccio.

Maela, Mino, Rino

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euro- LIVIA TRINELLI, GIUSEPPE GERVASI – sostegno ......... 20,00- CORRADO COLI – sostegno ........................................... 10,00- RICARDO CASANOVA – sostegno .................................. 10,00- BRUNO MENOZZI – sostegno ........................................... 45,00- ALFREDO CERIOLI – in memoria dei genitori e partigiani defunti . 50,00- ANNA SPAGGIARI – sostegno ......................................... 20,00- ENNIO PISTONI – sostegno ............................................ 20,00- GIUSEPPE NOBILI, Sillano (Lucca) – sostegno .............. 30,00- MARIO SULPIZIO – sostegno .......................................... 10,00- MARIO MONTI – sostegno ............................................... 30,00- MARCO PILLAI – sostegno .............................................. 20,00- VITTORIO SCALABRINI – sostegno ................................ 30,00- UMBERTA LOSI – in ricordo di Pietro Govi ...................... 50,00- ENRICA FONTANESI – sostegno .................................... 5,00- ENNIO FELICI – in memoria di Maria Barbantini ............. 20,00- SEZ. ANPI LIGONCHIO – sostegno ................................. 67,50- NEALDA, DELEDDA, ALDA DONELLI – ricordano la madre Maria Manzotti ..................................................................100,00- LICINIO e AFRA MARASTONI – in ricordo di Emilio Grossi ..100,00- UGO CASSANO – in ricordo di Rachele Vergnani ........... 50,00- ANNA BERGAMIN – sostegno ......................................... 50,00- MASSIMO CATELLANI – in memoria di Ida Carretti ........ 150,00- ANNALISA STORCHI – in ricordo di Renzo Baisi ............ 15,00- ALESSANDRO OLIVA – in ricordo del padre Adriano “Martini” . 50,00- GERMANO RIGHI – sostegno ......................................... 40,00- ELES FRANCESCHINI e FIGLI – in memoria di Sergio Moscardini ............................................................. 30,00- PATRIZIA RIVI e figlia, genero, nipoti e pronipoti – in ricordo di Arrigo Rivi ...................................................... 50,00- AMICI ANPI di Busana – sostegno ................................... 50,00- TITA e CATIA BONAZZI – in memoria del padre Remo “Andrea” ..................................................................100,00- MARCELLINA MARTINI e fam. – in memoria di Ivo Zani “Alì” .................................................................. 100,00- ENRICO LONGAGNANI – sostegno ................................ 50,00- ROBERTO RABITTI – in memoria di Spartaco Rabitti .......... 250,00- GALLERIA D’ARTE “IL VOLTONE” Longagnani/Rontani – sostegno ........................................................................... 50,00- MAURO CARRETTI – in ricordo di Duilio Carretti ............. 100,00

notiziario

i sostenitorieuro

- DAVIDE ZAMBONI – in memoria di Ivanoe Zamboni ....... 40,00- ALBERTO COLLINI – in ricordo di Ferruccio Collini ......... 50,00- CLAUDIA CAVAZZONI – in ricordo di Giannino e Lina ........ 100,00- SILVANA e IVANO NICOLINI – per ricordare il padre Otello .. 100,00- IDIMA GRISANTI – sostegno ........................................... 15,00- FAM. CAMPANI – in memoria di Florio Campani ............. 50,00- ERMELINDA GARAVALDI – sostegno ............................... 20,00- NUNZIO FERRARI – sostegno ........................................ 20,00- GIORGIO RINALDI – in memoria del fratello partigiano Afro 40,00- GIAMPAOLO SIMONINI – sostegno associativo .............. 30,00- GIORGIO RINALDI – sostegno e tessera ......................... 60,00- ANGELA CANTAGALLI – in memoria del marito Luigi ....... 500,00- AMELIA ALBARELLI – in ricordo di Arturo Iotti ................ 25,00- ILEANA SERRI – per ricordare Franco e Bonacini Fernanda ... 100,00- ISELLA VALENTINI – in memoria del marito Giovanni Munarini 50,00- KATIA MARZI – a ricordo di Bruno Marzi e Pietro Govi ... 60,00- FAM. ROZZI – per ricordare Walter e Enrichetta Mussini . 50,00- RINA VALENTINI e Fam. – in memoria di Piero Aleotti “Paolo” nell’anniversario morte .................... 100,00- GIACOMO NOTARI – sostegno ........................................ 100,00- LAILA GROSSI – sostegno .............................................. 60,00- FABRIZIO ANCESCHI – sostegno ................................... 50,00- ADRIANA, NELLA e FRANCA ZOBOLETTI – a ricordo dei genitori Fernando e Amelia Ranzieri .......................... 20,00- LUIGI BEGGI – sostegno ................................................. 20,00- LUCIANO CALZOLARI – in memoria dello zio Dante Calzolari .. 100,00- TERESA (VANNA) MOSCARDINI – in ricordo del fratello Dino 20,00- FRANCESCO MARCONI – sostegno .............................. 50,00- IDA COTTAFAVI – in memoria del Prof. Enzo Iori ............. 20,00- DILVA BURANI e Fam. – in ricordo del marito Verter Spaggiari 200,00- GIANNA CATELLI e Fam.– in memoria di Achille Masini . 100,00- CLAUDIO MACCARI – in ricordo del padre Dino ............. 50,00- FAM. ROSATI – in ricordo del Partigiano Armando Rosati “Nani” ...................................................... 50,00- FAM. FRANZONI – in ricordo del Partigiano Federico Franzoni “Primavera” .......................................... 50,00- FAM. VALERIANI - in ricordo di Davide Valeriani “Formica” . 100,00- IOTTI, MUSSINI, MONTANARI – per ricordare IVANO BAGNI .. 150,00- ANGELO BARIANI – sotegno ........................................... 50,00

12° ANNIVERSARIOMARIA BARBANTINI

Il 5 luglio scorso ricorreva il 12° anni-versario della scomparsa di Maria Bar-bantini di Ligonchio. La ricordano con immutato affetto il marito Ennio Felici, i figli Giuseppe e Maria Grazia, i ni-poti Roberto e Marco, la nuora Carla e il genero Tommaso. Nell’occasione sottoscrivono pro Notiziario.

Anniversari3° ANNIVERSARIO

ACHILLE MASINI

Il 1° ottobre ricorre il 3° anniversario della scomparsa di Achille Masini. Sei e sarai sempre nei nostri cuori. Con profondo rimpianto e affetto lo ricor-dano la moglie Gianna Catelli e i figli Stefano e Andrea e sottoscrivono pro Notiziario.

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Settant’anni fa, nel settembre del 1943, iniziava la lotta di Liberazione dal nazi-fascismo. Ricordare questo anniversario, fondativo della nostra democrazia e della nostra Repubblica, non è il solito eser-cizio retorico. Non vuole essere questo. Da un lato si vuole combattere il feno-meno, così diffuso nel nostro tempo, del-la dimenticanza. Viviamo in un eterno presente, privo di memoria ma anche di slancio per il futuro. A volte gli anniver-sari, come è avvenuto recentemente per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, servono per risvegliare la coscienza di un popolo, per rileggere le pagine più glo-riose e feconde della propria storia. Servono per non dimenticare. Dall’altro lato si vuole togliere l’alone di sacralità a vicende e persone, per ripristi-nare una storia più vera, fatta di uomini e di donne, con i loro eroismi e le loro debolezze. “Rimarranno le partigiane delle nostre valli a dirci a chi, attualmente, risale la nostra giovane democrazia”, ebbe a dire dieci anni fa Sergio Zavoli, in occasio-ne del 60° anniversario dell’8 settembre 1943 a Reggio Emilia. Ed oggi, anno 2013, rimangono le tante persone citate da William Casotti in questo libro, a dir-ci con le loro storie, le loro sofferenze, il loro coraggio, da dove è partito il riscatto del nostro paese dopo la dittatura fascista. Non solo i partigiani caduti, non solo i partigiani riconosciuti ufficialmente dopo la fine della guerra, ma anche coloro che pur rimanendo nello loro case e al loro lavoro, hanno supportato la Resistenza. Ed anche i tanti il cui nome qui non è ri-cordato, perché hanno svolto la loro Re-sistenza nell’anonimato, non chiedendo riconoscimenti, non essendo affiliati a nessuna formazione militare o politica. E non voglio dimenticare in questo anniver-sario anche coloro che hanno “resistito” nei campi di prigionia, non accettando di conti-nuare la guerra nelle file della Repubblica di Salò, a cui la Patria, alloro ritorno, riservò solo amarezze ed oblio. Il libro di Casotti ci evidenzia in modo documentato quanto la Resistenza nelle

Per cambiare il mondo bisognava esserciPubblichiamo qui di seguito l’introduzione dell’assessore alla Cultura del comune di Cavria-go Paolo Burani al volume di William Casotti Volontari della Libertà. Partigiane e partigiani di Cavriago nella lotta contro il nazifascismo (1943-1945).di Paolo Burani

70imi liberazione

William Casotti, Volontari della Libertà. Par-tigiane e partigiani di Cavriago nella lotta contro il nazifascismo (1943-1945), Edizioni Bertani, Cavriago 2013, 15 euro

nostre terre sia stata davvero una “lotta di popolo”. A differenza di molte parti d’Italia, qui in Emilia, ed in particolare nel reggiano, furono coinvolte persone di ogni età e ceto sociale. Certamente con diversi gradi di impegno e di rischi, ma una lotta che vide buona parte della nostra comunità parte-cipe. Gran parte del libro è caratterizzato dalle biografie di queste persone. Molte non sono più tra noi e così rivivono gra-zie a questo libro. Possono essere ricor-date e riconosciute. Trovano così posto nel libro d’oro della storia, per non essere dimenticate. Ci furono cittadini che in quelle temperie scelsero, si schierarono, non vollero far parte della “zona grigia”. E schierarsi allora voleva dire mettere in pericolo la propria vita e quella dei propri cari. Ogni 25 aprile bisognerebbe pro-nunciare tutti i nomi di queste persone, in una sorta di invocazione per riportarli in vita, per farli rivivere nella nostra me-moria e nella memoria collettiva. Nessun sacrificio è stato vano, da quello estremo della vita a quello di chi è sopravvissuto. “La scoperta più importante fatta in quei mesi di lotta durante la guerra è stata l’importanza della partecipazione: per cambiare il mondo bisognava esserci”. Con queste parole

Tina Anselmi, partigiana, prima donna ministro della storia repubblicana, figu-ra di spicco del partito della Democrazia cristiana, spiegò alla nipote la sua scelta. Parole che condensano bene l’ideale che animò molti giovani in quegli anni. I gio-vani che devono essere oggi l’oggetto delle nostre attenzioni e a cui doniamo idealmente questo libro. Per come si evolve la nostra società e per la velocità delle trasformazioni che sono avvenute, i settant’anni che ci sepa-rano dagli eventi del 1943, sembrano un tempo ancor più lungo. Non è possibile far rivivere pienamente e con trasporto i sentimenti che animarono la lotta di Li-berazione. Possiamo però alimentare gli ideali fon-dativi della nostra democrazia: anche oggi abbiamo bisogno della libertà, della giustizia, dell’uguaglianza. Anche oggi abbiamo bisogno di avere dei diritti come persone, di rispettare le regole della con-vivenza, di vivere in pace tra noi e con le altre nazioni. Il libro di Casotti segna l’inizio delle celebra-zioni del 70° anniversario della Liberazione, che si concluderanno il 25 aprile del 2015. Si apre un tempo di ricordo, in cui avremo la possibilità di fare memoria di storie e di persone che hanno lasciato un segno profon-do nella nostra vita personale e comunitaria. Si apre anche un tempo in cui potremo dare nuovo slancio agli ideali costitutivi della nostra democrazia. Spero che que-sto libro, le iniziative che si faranno, e l’impegno di ciascuno, ci aiutino ad apri-re una nuova e ancor più forte stagione democratica per il nostro paese. Ringrazio infine l’autore, William Casot-ti, per la sua instancabile opera di storico ed appassionato ricercatore della storia della comunità cavriaghese. Ringrazio anche la sezione dell’ANPI di Cavriago per il rinnovato impegno nel custodire e tramandare la memoria e gli ideali della Resistenza.

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1972-Bologna. Alla tribuna del congresso del PCI

Gianetto Patacini, uomo di governo e segretario del PCI reggianoVice presidente della Provincia negli anni Sessanta, segretario del PCI dal 1969 al 1972, asses-sore in Regione. Il 24 novembre prossimo ricorre il 31° anno dalla morte. Abbiamo rivolte alcune domande a Glauco Bertani curatore del volume Gianetto Patacini. Un protagonista del modello emiliano.

Intanto com’è nato il progetto del libro?La biografia di Gianetto Patacini ha co-minciato a prendere forma alcuni anni fa dall’iniziativa del partito dei DS reggia-no, e in particolare grazie all’interessa-mento del gruppo consiliare in Regione. Venne incaricata Nadia Caiti di racconta-re la vita di Gianetto dalla nascita al 1956, quando lasciò la carica di sindaco a San Martino in Rio. Quanto a me mi sono oc-cupato del suo percorso che da ammini-stratore in Provincia lo porterà alla guida del PCI reggiano, dal 1969 al 1973, e alla direzione del partito in Regione. Mentre Bellelli e la Fava lo hanno seguito nelle sue funzione di amministartore pubblico dal 1970 al 1982, prima in Comune, poi come presidente dell’ERVET e infine in qualità di assessore alla Formazione pro-fessionale e alla Scuola in Regione.

Avete consultato degli archivi?Sì, per fortuna Gianetto era una persona meticolosa e scrupolosa. Il nipote Ilio ha sistemato l’archivio personale, con tan-to di inventario, presso la biblioteca di San Martino in Rio – adesso è depositato presso il Polo archivistico del comune di Reggio – e noi abbiamo potuto avere li-

di Andrea Montanari

bero accesso alle sue carte e ai suoi diari privati. Purtroppo l’archivio del PCI reg-giano era ancora in fase di sistemazione e così abbiamo potuto solo consultare la raccolta delle sedute del Comitato fede-rale, e neppure tutte perché alcuni anni mancano.

E cosa avete trovato?Grazie a questi documenti siamo riusciti a ricostruire non solo la vita politica di Patacini ma anche il clima culturale e po-litico reggiano e nazionale di quegli anni. Di come sia venuto a costruirsi il cosid-detto modello emiliano. Nei miei saggi dedicati al Patacini dirigente comunista ho ricostruito il dibattito politicio interno e ho cercato di sottolineare le forti diffe-renza che correvano all’interno della di-rigenza del PCI, tra un centro rappresen-tato. per semplificare, da Patacini e una sinistra identificabile con il giovane An-tonio Bernardi, che durante al segeretria di Gianetto ricoprì il ruolo di vice sege-ratrio. È un confronto molto interessante che fa emergere gli umori del PCI reggia-no. Sarebbe importante che finalmente si riuscisse a scrivere una storia comples-siva della federazione reggiana. Stanno uscendo libri diversi ma sempre parziali, spesso infatti sono memorie o ricostru-zioni di alcuni protagonisti dell’epoca. Importanti ma parziali. Speriamo che si riesca nell’impresa.

che cosa non si trova in questa biogar-fia?Abbiamo optato di tralasciare in sostanza la sua vita strettamente privata, non rite-nendola determinante per presentare la figura di Patacini, «uomo delle pubbliche istituzioni»; ci siamo limitati a qualche accenno solo quando serviva al nostro scopo; come abbiamo deciso di ricorrere solo marginalmente alle testimonianze. Infatti, abbiamo utilizzato solo la memo-ria di Alessandro Carri pubblicata alla fine del volume.

Hai definito Patacini «uomo delle pubbli-che istituzioni», perché?Intanto, per essere sintetico, credo che il

meglio Gianetto lo abbia dato come pub-blico amministratore. Detto questo scor-rendo le sue carte, e spero che dal libro emerga chiaramente, accanto all’amore per il partito comunista e per la cultura – e sto usando le parole di Nadia Caiti – emerge l’altro fondamentale pilastro del-la sua esistenza, che ha scoperto quando il partito lo ha fatto diventare sindaco di San Martino in Rio: amministrare l’ente locale.Per lui ha significato tradurre concreta-mente nel governo del territorio i valori e i principi conosciuti e condivisi nel corso della Resistenza e appresi alla scuola del partito comunista, ovvero amministrare il Comune significa conoscere i bisogni dei cittadini e operare concretamente per soddisfarli, puntando a modificare la re-altà nel segno di una giustizia sociale più solida. Patacini non è mai venuto meno a questo impegno sia che si sia trovato a “governare” in Comune, in Provincia, in Regione, tanto da farlo ricordare dalla moglie come «un uomo delle istituzioni pubbliche». Insomma un amministratore nato.

Fare storia, parafransando Gramsci, si fa sempre storia del presente...Sì, sarebbe interessante discutere con gli amministratori di oggi il lavoro fatto da-gli amministartori di ieri. Confrontando realtà che sono mutate per cercare di ca-pire come gli amministratori di ieri die-dero risposte alla nuova realtà che aveva-no sotto gli occhi.

A n n i ’ 7 0 . Sull’Ortles

Recensione di Giovanni Guidotti p. 11

Interviste

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