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(Notte Oscura) NOTTE OSCURA DICHIARAZIONE DELLE STROFE CHE DESCRIVONO IL MODO USATO DALL ' ANIMA NEL CAMMINO SPIRITUALE , PER GIUNGERE ALLA PERFET - TA UNIONE DI AMORE CON DIO , PER QUANTO SI PUÒ NELLA PRESENTE VITA - SI NOTANO ANCHE LE PRO- PRIETÀ CHE HA IN COLUI CHE È PERVENUTO A TALE PERFEZIONE , COME SI CONTIENE SULLE MEDESIME STROFE ARGOMENTO In questo libro si pongono primieramente per disteso tutte le strofe da dichiararsi; dopo si spiegherà ciascuna in particolare, ripetendo ogni strofa prima del relativo commento, il che si farà anche rispetto ai singoli versi. Nelle prime due strofe si dichiarano gli effetti delle due purgazioni spirituali: della parte sensitiva e di quella spirituale . Nelle altre sei strofe si spiegano vari ed ammirabili effetti della illuminazione dello spirito e dell'unione di amore con Dio. In una notte oscura d'amorose ansie infiammata o felice ventura! uscii, né fui notata stando già la mia casa addormentata; allo scuro e sicura per la scala segreta, travestita, o felice ventura! allo scuro e celata, stando già la mia casa addormentata. Nella felice notte in segreto, nessuno mi vedeva né alcunché io miravo, senz'altra luce e guida fuori di quella che nel cuore ardeva. E questa mi guidava più certa della luce meridiana là dove mi aspettava chi ben io conoscevo in luogo ove nessuno si mostrava. O notte che guidasti! O notte amabile più dell'aurora! O notte che hai unito l'Amato con l'amata, l'amata nell'Amato trasformata!

NOTTE OSCURA - passinelcarmelo.it · e tutti i miei sensi sospendeva. Dimentica, acquietata, il volto reclinai sull'Amato, tutto cessò e rimasi, ... Dice che questa uscita da sé

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(Notte Oscura)

NOTTE OSCURA

DICHIARAZIONE DELLE STROFE CHE DESCRIVONO

IL MODO USATO DALL 'ANIMA NEL CAMMINO

SPIRITUALE, PER GIUNGERE ALLA PERFET-TA UNIONE DI AMORE CON DIO , PER

QUANTO SI PUÒ NELLA PRESENTE

VITA - SI NOTANO ANCHE LE PRO-PRIETÀ CHE HA IN SÉ COLUI

CHE È PERVENUTO A TALE

PERFEZIONE, COME SI

CONTIENE SULLE

MEDESIME

STROFE

ARGOMENTO

In questo libro si pongono primieramente per disteso tutte le strofe da dichiararsi; dopo si spiegherà ciascuna in particolare, ripetendo ogni strofa prima del relativo commento, il che si farà anche rispetto ai singoli versi. Nelle prime due strofe si dichiarano gli effetti delle due purgazioni spirituali: della parte sensitiva e di quella spirituale . Nelle altre sei strofe si spiegano vari ed ammirabili effetti della illuminazione dello spirito e dell'unione di amore con Dio.

In una notte oscurad'amorose ansie infiammatao felice ventura!uscii, né fui notatastando già la mia casa addormentata;

allo scuro e sicuraper la scala segreta, travestita,o felice ventura!allo scuro e celata,stando già la mia casa addormentata.

Nella felice nottein segreto, nessuno mi vedevané alcunché io miravo,senz'altra luce e guidafuori di quella che nel cuore ardeva.

E questa mi guidavapiù certa della luce meridianalà dove mi aspettavachi ben io conoscevoin luogo ove nessuno si mostrava.

O notte che guidasti!O notte amabile più dell'aurora!O notte che hai unitol'Amato con l'amata,l'amata nell'Amato trasformata!

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Sul mio petto fiorito,che per lui solo intatto si serbava,lì rimase dormienteed io l'accarezzavoe il ventaglio di cedri l'arieggiava.

E l'aura dei bastionimentre quei suoi capelli discioglievocon la mano serenanel collo mi ferivae tutti i miei sensi sospendeva.

Dimentica, acquietata,il volto reclinai sull'Amato,tutto cessò e rimasi,lasciando ogni mia cura,circondata da gigli, obliata.

COMINCIA LA DICHIARAZIONE DELLE STROFE CHE TRATTANO DEL MODO ADOPERATO DALL 'ANIMA NEL CAMMINO DELL 'UNIONE DI AMORE CON DIO

Prima di entrare nella spiegazione di queste strofe, è da premettersi che l'anima le canta trovandosi già nello stato di perfezione, che consiste nell’amorosa unione divina. L’anima è passata ormai per i duri travagli e le aspre lotte, mediante l’esercizio spirituale dello stretto cammino di vita eterna (del quale il nostro Salvatore parla nel Vangelo), che ordinariamente l’anima deve battere prima che arrivi alla sublime e dolce unione con Dio. Essendo la strada tanto angusta che, a detta del Signore stesso (M t 7 ,14 ), molto pochi vi s’incamminano, l’anima si reputa fortunatissima di averla percorsa, di essere arrivata per mezzo di essa alla perfezione dell’amore. Ciò ella canta nella prima strofa, ove con grande proprietà di termini chiama notte oscura la via stretta della vita, come in appresso si dirà nei versi della detta strofa. L’anima, dunque, piena di gioia, felice di aver calcato l’angusto sentiero donde le provenne un sì gran bene, dice così:

LIBRO PRIMO

NOTTE OSCURA DEL SENSO

PRIMA STROFA

In una notte oscurad'amorose ansie infiammatao felice ventura!uscii, né fui notatastando già la mia casa addormentata;

DICHIARAZIONE

1 - In questa prima strofa l'anima racconta in qual modo uscì, secondo l'affetto, da sé e da tutte le cose, morendo per mezzo di una vera mortificazione a loro ed a se stessa, a fine di vivere una dolce vita di amore in

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Dio. Dice che questa uscita da sé e da ogni cosa avvenne In una notte oscura, per la quale qui intende la contemplazione purgativa (come in seguito diremo), che passivamente produce nell'anima l'abnegazione di sé e di ogni cosa.

2 - Soggiunge che, se poté uscire, ciò fu per la forza e il calore che a tal fine l'amore del suo Sposo le aveva infusi nell'oscura contemplazione. Nel che mette maggiormente in risalto la sorte avventurata che ebbe di andare a Dio per questa notte oscura con sì prospero successo, che nessuno dei tre spirituali nemici, cioè il mondo, il demonio e la carne (che purtroppo sono quelli che sempre contrastano il cammino) valse ad impedirla: in quanto che la notte della contemplazione purificatrice assopì e, ammortizzò nella casa della sua sensibilità tutte le passioni e gli appetiti secondo i loro movimenti contrari. Il primo verso, dunque, dice:

In una notte oscura.

1N CAPITOLO 1

COMINCIA A TRATTARE DELLE IMPERFEZIONI DEI PRINCIPIANTI

1 - Le anime cominciano ad entrare in questa notte oscura quando Dio le va cavando dallo stato di principianti, cioè di quelli che nella via spirituale si esercitano con la meditazione, per collocarle in quello dei proficienti, che è già dei contemplativi, affinché passando per quest'ultimo giungano allo stato dei perfetti, che è quello della sublime unione dell'anima con Dio. Pertanto, per meglio dichiarare ed intendere quale notte sia questa per cui l 'anima passa, e per qual motivo Dio ve la ponga, converrà dapprima accennare ad alcune proprietà dei principianti (il che, quantunque sarà con la maggior brevità possibile, non mancherà di giovare anche agli stessi principianti), acciocché comprendendo la debolezza dello stato in cui si trovano, prendano animo e nutrano vivo desiderio che il Signore li introduca in quella notte, dove l'anima si rafforza e conferma nelle virtù, e si dispone agl'inestimabili diletti dell'amor di Dio. C'intratterremo quindi un poco intorno ai principianti, ma non più di quanto basti, e subito poi passeremo a trattare della notte oscura.

2 - Bisogna dunque sapere che, dopo che l'anima si è convertita a Dio e ha deciso seriamente di servirlo, in via ordinaria il Signore la va nutrendo nello spirito e l 'accarezza, come fa una madre amorosa col suo tenero bambino. La madre, infatti, riscalda il suo pargoletto al calore del suo seno, lo nutre del suo latte e di cibi dolci e delicati, lo porta e stringe tra le braccia e lo copre di baci e di carezze. A misura, però, che il bambino cresce, lo divezza dal latte con amaro aloe, e calandolo dalle braccia, gl'insegna a camminare da sé; affinché, perdendo le maniere proprie d'un bambino, si abitui a cose maggiori e sostanziali. La grazia di Dio, qual madre amorosa, non appena ha rigenerato l'anima col nuovo fervore di servire a Dio, agisce in simile guisa verso di lei: poiché le fa gustare, in tutte le cose di Dio, un dolce e saporito latte spirituale senza alcuna fatica, e una grande soddisfazione negli esercizi di pietà, essendo che Dio stesso le porge il suo petto amoroso come a tenero bambino.

3 - L'anima, pertanto, trova il suo diletto in passare molto tempo, perfino le notti intere, in orazione; i suoi gusti sono le penitenze; i suoi contenti i digiuni; la sua consolazione è l'uso dei Sacramenti e il parlare di cose divine. Ma, quantunque i principianti pratichino queste cose con molta diligenza e costanza, e ne trattino con grande sincerità con le persone spirituali, di solito però (spiritualmente parlando) si comportano con molta fiacchezza e imperfezione. Essendo mossi ai devoti esercizi dalla consolazione e dal

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piacere che vi trovano, e non essendo ancora abilitati e temprati con l’esercizio di dure lotte nelle virtù, incorrono in molti falli e imperfezioni nelle loro opere spirituali, perché alla fin fine ciascuno opera a seconda dell'abito di perfezione che ha. Non avendo costoro avuto campo di acquistare i detti abiti forti, di necessità agiscono fiaccamente, come bambini. Ed affinché si veda più chiaramente quanto deboli siano i principianti nelle virtù e in tutto ciò che operano con gusto e facilità, andremo enumerando alcune delle molte imperfezioni che commettono rispetto a- ciascuno dei sette vizi capitali: dal che sarà evidente quanto sia da bambini il loro operare. Parimenti si vedrà quanti beni tragga con sé la notte oscura (di cui subito dopo tratteremo), giacché libera e purifica l'anima da tutte quelle imperfezioni.

1N CAPITOLO 2

ALCUNE SPIRITUALI IMPERFEZIONI CHE I PRINCIPIANTI HANNO CIRCA L 'ABITO DELLA SUPERBIA

1 - Accade sovente che i principianti, sentendosi tanto fervorosi e diligenti nelle cose spirituali e negli esercizi devoti, da questa prosperità (sebbene invero le cose sante di per sé umiliano) e dalla propria imperfezione nasce in essi un certo ramo di occulta superbia, a cagione della quale provano qualche soddisfazione delle loro opere e di se stessi. Di qui ha origine in loro un certo desiderio piuttosto vano, e talvolta vanissimo, di parlare di cose spirituali all’altrui presenza, ed anche d'insegnarle anziché apprenderle. Quando non vedono gli altri con quella maniera di devozione che essi vorrebbero, li condannano in cuor loro e a volte anche con le loro parole, rassomigliandosi in ciò al Fariseo che, mentre lodava Dio a modo suo, si vantava di ciò che faceva e disprezzava il Pubblicano (L c 18 ,1 - 12).

2 - D'altra parte poi il demonio spesso accresce loro il fervore e il desiderio di moltiplicare le pie pratiche, affinché si accresca del pari la loro superbia e presunzione. Il maligno sa molto bene che, in tal caso, tutte le opere che fanno e le virtù che esercitano, non solamente non valgono niente, ma anzi si mutano in vizi. Alcuni sogliono giungere a tal segno, che soltanto essi vorrebbero sembrare buoni; e quindi, offrendosi il destro, con le parole e con i fatti condannano gli altri e ne mormorano: osservano la pagliuzza nell'occhio del loro fratello, senza badare alla trave che essi hanno, e filtrano la bevanda per evitare il moscerino altrui, mentre ingoiano il proprio cammello (M t 7 ,3 ; 23 ,24 ).

3 Alle volte anche, tanto desiderano che le loro cose siano stimate e lodate, che quando i loro maestri spirituali, come sono i confessori e i superiori, non approvano il loro spirito e la loro condotta, giudicano che quelli non sanno intendere il loro spirito e non sono veri spirituali, perché non approvato e non ammettono ciò. Onde subito procurano di trattare con un’altra persona, che si adatti al loro genio. Ordinariamente, infatti, desiderano di manifestare il proprio spirito a quelli da cui conoscono che le loro cose saranno apprezzate; mentre rifuggono come dalla morte da quei che le distruggono per metterli sulla strada sicura, e non di rado anche si adirano contro di essi. Presumendo molto di se stessi, sogliono proporre molto, ma fare ben poco. Talora bramano che gli altri si avvedano del loro spirito di devozione, e a tal fine ricorrono a dimostrazioni esteriori di movimenti, sospiri ed altre cerimonie. Alcune volte vanno perfino in estasi, più in pubblico che in privato, non senza che il demonio vi metta la parte sua; e allora grandemente si compiacciono di essere sorpresi in quello stato, e spesso lo bramano.

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4 - Molti vogliono essere favoriti e prediletti dai loro confessori, dal che nascono in loro mille invidie e inquietudini. Hanno, grande difficoltà di esprimere schiettamente i loro peccati, perché temono di essere meno stimati dal confessore, e quindi li vanno colorando abilmente, a fine di non apparire tanto cattivi, il che è un andare piuttosto a scusarsi che ad accusarsi. Talvolta cercano un altro confessore per manifestargli il male, perché l'altro non pensi che abbiano qualcosa di cattivo ma tutto di buono; a lui quindi tutto il bene, e con tali artificiose parole, che appaia maggiore di quel che è o almeno sperando che così sembri, mentre sarebbe più umiltà deprezzarlo e desiderare che né il confessore né altri lo stimasse.

5 - Inoltre alcuni di costoro fanno poco caso dei loro mancamenti altre volte, viceversa, si rattristano troppo perché vi ricadono, pensando che già dovrebbero essere santi, e si adirano contro se stessi: il che è un'altra imperfezione di più. Spesso si rivolgono ansiosi a Dio, affinché li liberi dalle loro mancanze e imperfezioni, ma più per starsene in bella pace senza molestia di esse, che per amore di Dio; non riflettendo che, se i1 Signore adempisse quel desiderio, diventerebbero più superbi e presuntuosi. Sono avari di lodi verso gli altri, ma gradiscono tanto di essere lodati, e a volte lo pretendono: nel che si rendono simili alle vergini stolte, le quali avendo le lampade spente, chiedevano l'olio alle altre (M t 25 ,28 ).

6 - Da queste imperfezioni alcuni passano a commetterne molte altre e assai peggiori. Però alcuni ne hanno di più, altri meno, e alcuni ne provano i soli primi moti o poco più; ma a stento si troverà un principiante che al tempo dei suoi fervori non cada in alcuna delle suddette imperfezioni. Al contrario, coloro che in questo tempo camminano alla perfezione, procedono in modo ben diverso e con assai differente tempra di spirito: perché, si fondano in molta umiltà e, mai paghi di se stessi, hanno le proprie cose in nessun conto; stimano gli altri per molto migliori e ne hanno una santa invidia, desiderando di servire a Dio al pari di loro. Quanto più fervore hanno e quanto più si compiacciono di operare in santa umiltà, tanto più conoscono il molto che Dio merita e il poco che fanno per Lui; quindi, quanto più fanno, tanto meno restano soddisfatti. Spinti dalla carità verso Dio, vorrebbero operare sì grandi cose per Lui, che tutto ciò che fanno sembra loro un niente; e sono talmente occupati e assorti in questa amorosa sollecitudine, che non badano a ciò che altri fanno o no, e se mai l'avvertono, non cessano di credere che gli altri siano assai migliori di loro. Quindi avendo basso concetto di sé, desiderano anche di essere poco stimati dagli altri. Ma v'è di più: non solo godono che le loro parole o azioni siano contraddette e disprezzate, ma quando sentono lodarle, in nessuna maniera lo possono credere, e sembra loro cosa molto strana che loro si attribuiscano quei beni.

7 - Costoro con molta tranquillità e umiltà hanno gran desiderio di essere ammaestrati in qualsivoglia cosa che possa tornare a loro profitto: tutto al contrario di quelli di cui abbiamo parlato più sopra, i quali vorrebbero farla da maestri in tutto, tanto che quando potrebbe sembrare che taluno insegni loro qualche cosa, subito gli tolgono la parola dalla bocca, come se già la sapessero. Gli umili invece sono ben lontani dal volere essere maestri di chicchessia; sono assai pronti ad incamminarsi e proseguire per una strada diversa da quella che battono, quando venisse loro comandato, perché mai pensano di indovinarla. Si rallegrano che altri siano lodati, e soltanto si dolgono di non servire a Dio come quelli. Non sono amanti di dire le proprie cose perché le hanno in sì poca stima che si vergognano di manifestarle persino ai maestri spirituali, loro sembrando che non valga la pena neppure di menzionarle. Hanno maggior voglia di palesare candidamente i loro peccati e difetti che non le virtù; e quindi sono più propensi ad aprire il cuore con chi meno stima le cose e lo spirito loro: il che è proprio di uno spirito vero, semplice e puro, e molto gradito a Dio. Lo spirito di sapienza divina,

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dimorando in queste anime umili, subito le muove e dispone a custodire i propri tesori nel segreto del loro cuore e a cacciarne fuori i mali: la quale grazia Dio concede agli umili, insieme alle altre belle virtù, negandola ai superbi.

8 - Gli umili daranno il sangue del proprio cuore per chi serve Dio e gli porgeranno aiuto, per quanto è possibile, acciocché lo serva. Nelle imperfezioni in cui si vedono cadere, sopportano se stessi con umiltà e dolcezza di spirito, e con amoroso timor di Dio, sempre sperando in Lui. Avverto però che le anime che sin dal principio camminano con tale perfezione sono del minor numero e molto poche: tanto che ci accontenteremmo che non cadano nei difetti opposti. E per questo Dio introduce nella notte oscura quelli che vuole purificare da tutte queste imperfezioni, per spingerli innanzi.

1N CAPITOLO 3

IMPERFEZIONI IN CUI ALCUNI PRINCIPIANTI SOGLIONO CADERE INTORNO AL SECONDO VIZIO CAPITALE , CHE È L'AVARIZIA IN SENSO SPIRITUALE

1 - Molti principianti hanno anche alle volte molta avarizia spirituale. Difficilmente si contentano dello spirito ricevuto da Dio, e mesti e sconsolati si lamentano di non trovare nelle cose, spirituali quella consolazione che desiderano. Molti non si saziano mai di udire consigli e precetti spirituali, né di possedere e leggere molti libri su tale argomento, e perdono più tempo in questo che nel praticare, come dovrebbero, la mortificazione e la perfetta povertà di spirito. Oltre a ciò si caricano d'immagini e di corone molto eleganti. Ora ne usano alcune, ora altre, e cambiano e ricambiano continuamente; quando le vogliono in un modo, quando in un altro, affezionandosi più ad una croce che ad un'altra, solo perché più curiosa. Talvolta vedrai costoro ornati di Agnus Dei, e di reliquie, come i bambini si adornano dei loro ninnoli. In tutto questo io riprendo l’attaccamento del cuore e l 'affetto di proprietà che portano al modo, alla moltitudine e alla vaghezza di quelle cose, perché ciò si oppone grandemente alla povertà di spirito, la quale mira alla sostanza della devozione, giovandosi soltanto di ciò che a questa basta, e avendo in fastidio tanta copia ed eleganza di oggetti. La vera devozione deve scaturire dal cuore e attendere solo alla verità e alla sostanza di ciò che le cose spirituali rappresentano; tutto il resto non è altro che imperfetto attacco di proprietà, il quale appetito si deve necessariamente sradicare, a fine di avviarsi a qualche grado di perfezione.

2 - Ho conosciuto una persona che per più di dieci anni fece uso di una rozza croce fatta con un ramo benedetto, fermata nel mezzo da uno spillo ritorto; non aveva mai lasciato di portarla con sé, fino a che io gliela tolsi: e si noti bene che non era una persona di poco senno e intelligenza. Ne vidi pure un'altra che, recitando il rosario, usava una corona fatta con ossi di spine di pesce. Certo è che la devozione di queste due persone non era di minor pregio agli occhi di Dio, perché è evidente che esse non la riponevano nella forma e nel valore degli oggetti. Coloro, dunque, che sin dal principio s'incamminano bene alla perfezione non si attaccano agli oggetti visibili, né si caricano di essi, né si curano di sapere più di quello che bisogna sapere per bene operare, ma solo attendono a riuscire graditi a Dio, riponendo in ciò tutte le loro brame. Quindi con grande liberalità danno le cose che possiedono, sì temporali che spirituali, lieti di restarne privi per amore di Dio e del prossimo: poiché, ripeto, fissano lo sguardo solamente nella sostanza della perfezione interiore, cioè nel dare gusto a Dio in ogni cosa, non mai a se stessi.

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3 - Ma, dalle suaccennate imperfezioni, come dalle altre, l 'anima non si potrà purificare completamente, fino a che Dio non la introduca nella purificazione passiva della notte oscura, come subito diremo. Conviene però che l'anima, per quanto può, procuri dal canto suo di purgarsi e perfezionarsi, a fine di meritare di essere sottoposta da Dio a quella cura divina, che la guarirà da tutto ciò che ella non arrivava a sanare. Infatti, per quanto l'anima si adoperi, con la sua industria non può purificarsi attivamente in modo da essere disposta, neppure in minima parte, alla divina unione di perfetto amore, se Dio non ne assume l'impresa, purgandola in quel fuoco, oscuro per lei, nel modo che in appresso vedremo.

1N CAPITOLO 4

ALTRE IMPERFEZIONI CHE I PRINCIPIANTI SOGLIONO AVERE CIRCA IL TERZO VIZIO, CHE È LA LUSSURIA

1 - Non pochi principianti hanno molte imperfezioni, più di quelle che per ciascun vizio vado enumerando: le lascio per amore di brevità accennandone solo alcune delle più notevoli, che sono origine e causa delle altre. Intorno al vizio della lussuria (lasciando da parte ciò che è il cadere degli spirituali in questo peccato, poiché il mio intento è di trattare soltanto delle imperfezioni da cui l’anima si deve purgare per mezzo della notte oscura), i principianti hanno molte imperfezioni che si potrebbero chiamare lussuria spirituale, non perché veramente tale, ma perché procede da cose spirituali. Difatti spesso accade, ma senza loro colpa, che mentre attendono a devoti esercizi, si destano nella sensualità movimenti impuri: il che avviene alle volte perfino quando il loro spirito è raccolto in santa orazione, o si accostano ai sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia. Questi movimenti, involontari ripeto, provengono da una delle cause seguenti.

2 - Primieramente , spesso quei moti derivano dal piacere che la natura prova nelle cose spirituali. Stante che lo spirito e il senso godono con quel ricreamento, ciascuna parte dell'uomo si muove a dilettarsi a modo suo, secondo le sue proprietà; e come allora lo spirito, che è la parte superiore, si muove a gustare di Dio, così pure la sensibilità, che è la parte inferiore, si muove al godimento sensibile, perché essa non sa avere né prendere altro: e quindi si prende il diletto più a sé congiunto, che è quello sensuale o turpe. Onde può accadere che l'anima sua, secondo lo spirito, in grande orazione con Dio, e d'altra parte, secondo il senso, provi ribellioni e movimenti sensuali, ma passivamente e non senza suo grande dispiacere. Ciò avviene non di rado nella santa comunione, nel quale atto di amore, mentre l'anima riceve allegrezza e piacere dal Signore stesso che a tal fine a lei si dona, anche la sensualità prende il suo diletto alla sua maniera. Ed invero, poiché alla fin fine queste due parti, lo spirito e il senso, sono un medesimo supposto, d'ordinario ambedue partecipano ciascuna a suo modo di ciò che l'una riceve: perché, come dice il Filosofo, qualunque cosa si riceve alla maniera del recipiente. Pertanto, sul principio, e anche quando l'anima è avanzata nella perfezione, essendo la sensibilità ancora imperfetta, spesso riceve lo spirito di Dio secondo la propria imperfezione. Però, allorché la parte sensitiva è già riformata dalla purgazione della notte oscura, non va più soggetta a quelle debolezze: perché ormai non è più essa quella che riceve, ma piuttosto è già ricevuta nell'abbondanza dello spirito: e quindi allora essa ha tutto a guisa di spirito.

3 - La seconda causa da cui alle volte procedono le ribellioni del senso è il demonio, il quale per turbare l'anima che sta in orazione o la vuol fare, procura di eccitare quei movimenti turpi, con i quali, per poco che l'anima se ne impressioni, le può apportare gran danno. Poiché, per timore di essi, ella si

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rilascia nell’orazione (ciò che il demonio vuole),. per mettersi a lottare contro di esse; anzi alcune anime la lasciano del tutto, sembrando loro di essere assalite dai pravi moti più in quel santo esercizio che fuori di esso: il che è verissimo, perché il demonio appunto li eccita più in quello che in altri tempi, acciocché le anime abbandonino l'orazione. E, non solo questo, ma arriva a rappresentare loro molto al vivo cose assai laide e sconce, e a volte con grande riferimento a cose spirituali e a persone che giovano al loro profitto, e ciò a fine di scoraggiarle e spaventarle; di modo che coloro che fanno caso di ciò, non ardiscono perfino di guardare o considerare cosa alcuna, perché subito s’imbattono in turpi immaginazioni. Ciò particolarmente avviene a quei che sono di carattere malinconico, e con tanta forza e veemenza che muovono a compassione per la vita triste che menano; poiché la pena che li tormenta giunge in alcuni a tal segno che, quando sono presi dal malumore, sembra loro di essere assaliti dal demonio, senza potersene liberare; se poi alcuni vi riescono, è con grande sforzo e fatica. Coloro che sono turbati da immaginazioni e moti sensuali per effetto di malinconia, per lo più non se ne liberano finché non guariscano da questa qualità d'umore, salvo che nell'anima, non entri la notte oscura, che la purifica man mano da ogni cosa.

4 - La terza causa donde i turpi movimenti sorgono a muovere guerra, suol essere il timore che alcuni hanno già contratto di tali moti e immaginazioni impure. Il timore, infatti, che si desta all'improvvisa memoria di queste cose, suscitata da ciò che essi pensano o vedono o trattano, fa sì che patiscano quei moti senza loro colpa.

5 - Inoltre, vi sono alcuni d'indole sì tenera e sdolcinata, che non appena trovano qualche gusto di spirito o di orazione, sentono del pari risvegliarsi lo spirito di lussuria., il quale accarezza e inebria la sensualità in modo tale, che si trovano quasi immersi nel piacere di quel vizio, passivamente però, senza che la loro volontà abbia parte in qualsivoglia cattivo effetto che a volte ne segue. La causa di ciò è che, avendo costoro un carattere sensibilissimo, basta qualunque impressione a sconvolgere il loro sangue e gli umori: tant’è vedo, che sperimentano gli identici moti anche negli accessi d'ira o di tristezza, o di qualunque altra passione.

6 - Vi sono poi altri che, sia nel praticare, sia nel parlare di cose di spirito, sentono in sé suscitarsi una certa gaiezza e brio al pensiero delle persone che vedono presenti e con le quali trattano con una specie di gusto vano: anche questo effetto nasce da lussuria spirituale nel senso che qui intendiamo, e ordinariamente è accompagnato da compiacenza nella volontà.

7 - Ve ne sono anche altri che per motivi spirituali portano affetto a qualche persona, il che bene spesso nasce non da spirito, ma da lussuria: quando è così, si conosce facilmente dal fatto che con il ricordo di quell'affetto non cresce di più la memoria e l'amore di Dio, ma cresce invece il rimorso della coscienza. Poiché, quando l'affetto è puramente spirituale, al crescere di esso aumenta del pari l'amore di Dio, e quanto più l'anima si ricorda di esso, tanto più si rammenta di quello di Dio e nutre desideri di Lui, poiché ingrandendo l'uno si fa grande anche l'altro. Lo spirito di Dio ha questo di proprio che aumenta il bene col bene in quanto c’è tra l’uno e l’altro ragione di conformità e somiglianza. Allorché, invece, l 'amore nasce dal vizio sensuale, produce effetti contrari: quanto più esso cresce, tanto più diminuisce l'amore e insieme la memoria di Dio. Infatti, se cresce quell'amore imperfetto, l 'anima si avvedrà che a poco a poco si raffredda in quello di Dio, dimenticandosi di Lui col ricordo di quel vano amore, non senza provarne rimorsi di coscienza. Al contrario, se l 'anima cresce nell'amore divino, si va raffreddando nell'altro, e a poco a poco lo dimentica: perché, essendo amori contrari, non solo non si aiutano a vicenda, ma quello predominante spegne e confonde l'altro, come dicono i filosofi, rafforzando

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se stesso. Per la qual cosa il Nostro Salvatore disse nel Vangelo: Ciò che nasce dalla carne, è carne; e quel che nasce dallo spirito, è spirito (Gv 3 ,6 ); cioè l'amore che nasce da sensualità va a terminare in sensualità, e quello che nasce dallo spirito termina nello spirito di Dio, e lo fa aumentare: ecco la differenza che corre tra questi due amori, dalla quale si possono conoscere.

8 - Quando l'anima entra nella notte oscura, regola questi amori secondo ragione, perché fortifica e purifica l'uno, cioè quello che è secondo Dio, e abbandona e mortifica l'altro, quantunque al principio li perda di vista ambedue, come in appresso diremo.

1N CAPITOLO 5

IMPERFEZIONI IN CUI CADONO I PRINCIPIANTI INTORNO AL VIZIO DELL’IRA .

1 - Molti principianti, a cagione della concupiscenza che hanno nei diletti spirituali, li possiedono assai spesso con molte imperfezioni del vizio dell'ira. Poiché, quando cessa il sapore nelle cose di spirito, naturalmente si ritrovano vuoti e insipidi, e quindi sfogano l'interno dispiacere, trattando con mal garbo le cose che fanno, e adirandosi facilmente per un nonnulla, tanto che alle volte si rendono insopportabili. Ciò accade sovente dopo che hanno provato qualche raccoglimento assai gustoso e sensibile nell'orazione, finito il quale, per conseguenza naturale rimangono insipidi e svogliati: come avviene ad un bambino, quando è staccato dal seno materno, ove godeva a suo bell'agio. In questo effetto naturale, purché non si lascino trasportare dalla svogliatezza e dal disgusto, non c’è colpa, ma imperfezione che dovrà essere purgata dall'aridità e dall'angustia della notte oscura.

2 - Vi sono anche di quelli che cadono in un'altra sorta d'ira spirituale, cioè si adirano contro i vizi o difetti altrui con un certo zelo inquieto o indiscreto, censurando i loro prossimi; e alle volte hanno grande smania di riprenderli aspramente, e talora anche lo fanno, atteggiandosi a patroni e difensori della virtù: tutte le quali cose sono contro la mansuetudine spirituale.

3 - Ve ne sono altri che, vedendosi imperfetti, si adirano contro se stessi con molta impazienza e senza umiltà, tanto che vorrebbero essere santi in un giorno. Molti di costoro fanno grandi proponimenti, ma non essendo umili e confidando troppo in se stessi, quanto più propongono, tanto più cadono; e quindi tanto più si adirano, non avendo pazienza di aspettare che Dio conceda loro la grazia di mandare ad effetto i buoni propositi, quando a Lui piacerà. Anche tale impazienza ripugna alla mansuetudine spirituale, e non vi si può rimediare del tutto, se non per mezzo, della purgazione della notte oscura: quantunque devo dire che alcuni di pazienza ne hanno fin troppa, e se la prendono così comoda nel fare profitto, che in essi Dio non vorrebbe vederne tanta.

1N CAPITOLO 6

IMPERFEZIONI CIRCA LA GOLA SPIRITUALE

1 - Intorno al quarto vizio, che è la gola spirituale, vi è assai da dire, perché tra i principianti difficilmente se ne troverà uno che, per quanto cammini bene, non cada in qualcuna delle molte imperfezioni che in essi si osservano circa questo vizio, e che sono cagionate dal gusto che al principio sperimentano negli esercizi spirituali. Difatti molti di costoro, adescati dal sapore che trovano in tali esercizi, si procurano più il gusto dello spirito che la sua purezza e discrezione, le quali due cose Dio intende e gradisce in tutto

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il cammino spirituale. Per il che, oltre l'imperfezione che hanno nel pretendere tali gusti, la loro ingordigia li fa trasmodare e uscire dai limiti del giusto mezzo, in cui le virtù consistono e si acquistano. Ed invero, attratti dal piacere che vi provano, alcuni si ammazzano a far penitenze; altri si estenuano, con digiuni, facendo più di quello che la loro debolezza non comporti, senza l'altrui comando o consiglio, anzi procurano di sfuggire la persona a cui in ciò dovrebbero obbedire: né mancano di quelli che ardiscono di fare il contrario di quel che è stato loro prescritto.

2 - Costoro sono imperfettissimi, gente senza criterio, che pospongono la soggezione e l'obbedienza (che è, la penitenza della ragione e del proprio giudizio, ed è perciò presso Dio il sacrificio più accetto e gradito di ogni altro) alla penitenza corporale, che senza l'obbedienza non è altro che penitenza da bestie, alla quale come bestie sono spinti dall'appetito e dal gusto che vi trovano. Quindi, poiché tutti gli estremi sono viziosi, e con quel modo di agire essi fanno la propria volontà, ne segue che vanno piuttosto crescendo in vizi che in virtù, perché operando a capriccio, per lo meno contraggono gola spirituale e superbia. Il demonio poi attizza tanto la loro gola per mezzo dei gusti e degli appetiti che vi aggiunge dal canto suo che, quando non possono fare di più, variano o aumentano le penitenze comandate, perché su questo punto qualunque obbedienza è dura ed aspra per loro: anzi alcuni giungono a tanto male, che quando devono fare qualche esercizio di mortificazione per obbedienza proprio per questo ne perdono la voglia, perché il loro desiderio è di fare soltanto quelle cose a cui si sentono mossi: ma, quando è così, sarebbe forse meglio che non le facessero.

3 - Molti di costoro li vedrai insistere presso i maestri di spirito con grande ostinazione e cocciutaggine, affinché concedano loro ciò che vogliono, e alla fine l’ottengono quasi per forza; se no, mettono il broncio come bambini e camminano di mala voglia, perché, loro sembra di non più servire a Dio, quando non li lasciano fare a loro talento. Essendo attaccati ai loro gusti e alla loro volontà, che tengono per loro Dio, non appena alcuno li vieta loro per uniformarli alla divina volontà, si rattristano, intiepidiscono e vengono meno. Essi pensano che il contentare se stessi ed essere soddisfatti sia un servire il Signore e compiacerlo.

4 - Altri ancora ve ne sono che per la gola spirituale conoscono sì poco la loro bassezza e miseria, ed hanno messo tanto da parte l 'amoroso timore e rispetto dovuto alla grandezza di Dio, che non dubitano di importunare ostinatamente i loro confessori, acciocché permettano loro di confessarsi e comunicarsi molto spesso. Ed il peggio è che spesso osano appressarsi alla sacra mensa senza il permesso e il consiglio del ministro dispensatore dei divini misteri, ma soltanto di proprio arbitrio, procurando di nascondere a lui la verità. A motivo della stessa gola fanno le confessioni comunque sia, pur di comunicarsi, avendo più brama di cibarsi che di farlo perfettamente e con animo puro: mentre sarebbe cosa più salutare e santa avere l’inclinazione contraria, e pregare i confessori che non comandino di accostarsi alla comunione con troppa frequenza; quantunque però, tra l 'uno e l'altro partito, è meglio l'umile rassegnazione. Ma il troppo ardire torna loro a grave discapito; e possono aspettarsi il divino castigo in pena della loro audacia.

5 - Costoro, allorché si comunicano, si applicano interamente a procurarsi qualche sentimento di piacere, più che in adorare dentro di sé e lodare umilmente il Signore, tanto che quando non hanno ricavato alcuna consolazione sensibile, pensano di non aver fatto nulla, il che è giudicare molto bassamente di Dio: non intendono che il minore dei vantaggi apportati dal Santissimo Sacramento è quello che tocca al senso, mentre il maggiore è quello invisibile della grazia comunicato all'anima. Se spesso Dio toglie loro ogni godimento e sapore sensibile, lo fa perché vuole che essi posino in Lui lo

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sguardo della fede. Essi invece vorrebbero sentire e gustare Dio, sì in questo che negli altri esercizi spirituali, come se Egli fosse comprensibile e accessibile: il che, essendo indizio di mancanza di purezza nella fede, è grandissima imperfezione, assai contraria al carattere di Dio.

6 - Lo stesso modo di agire è usato da essi nell'orazione, intorno alla quale pensano che tutto il suo meglio consista nel sapervi trovare devozione sensibile, e si affannano a cavarla, come si dice, a forza di braccia, affaticando e stancando le potenze e la testa. Se poi non riescono a spremere quel sugo di devozione, rimangono tutti sconsolati, credendo di non aver concluso niente; e per la loro vana pretesa perdono il vero spirito di pietà, che è riposto nel perseverare nella orazione con pazienza ed umiltà, diffidando di sé, per fare soltanto cosa grata a Dio. Quindi è che, se una volta non gustano sapore in questo o in altro esercizio, provano assai svogliatezza e ripugnanza a ritornarvi, e alle volte lo abbandonano: simili proprio ai bambini che si muovono ad operare non per via di ragione, ma solo in vista del piacere. Per costoro tutto si riduce a cercare gusti e consolazioni di spirito, e perciò non si saziano mai di leggere libri e ora scelgono una meditazione, ora un'altra, andando a caccia di godimenti nelle cose di Dio. A questi tali Dio molto giustamente e amorosamente si nega e nasconde perché se ciò non fosse, per la gola spirituale i loro mali si moltiplicherebbero senza fine. Per la qual cosa ad essi è molto necessario entrare nella notte oscura, a fine di purgarsi da tutte le loro piccinerie.

7 - Di più, quei che sono così inclinati ai gusti spirituali hanno anche un'altra imperfezione assai grande, ed è che vanno molto a rilento nel battere l'aspro sentiero della croce: perché l’anima amante di delizie torce naturalmente il viso ad ogni disgusto di propria abnegazione.

8 - Di qui nascono in essi molte altre imperfezioni, che il Signore cura a tempo con tentazioni, aridità ed altri travagli che fanno parte della notte oscura. Di queste imperfezioni non intendo trattare qui, per non dilungarmi troppo. Solo faccio osservare che la sobrietà e la temperanza spirituale importano una tempra ben diversa di mortificazione, di timore e soggezione in tutte le cose, e che la perfezione e il valore delle opere non consiste nella loro molteplicità, e, nel piacere che vi si trova, ma nel sapere in esse abnegare sé medesimi. È ciò che essi devono studiarsi di fare, per quanto è possibile dal canto loro, fino a che Dio voglia purificarli di fatto, introducendoli nella notte oscura, per giungere alla quale mi vado affrettando nella rassegna di queste imperfezioni.

1N CAPITOLO 7

IMPERFEZIONI CIRCA L 'INVIDIA E L 'ACCIDIA SPIRITUALE

1 - Anche intorno agli altri due vizi che sono l'invidia e l'accidia spirituale, i principianti non vanno immuni dal cadere in molte imperfezioni. Circa l'invidia, molti di costoro sogliono avere moti di dispiacere dell'altrui bene spirituale, e sperimentano qualche pena sensibile nel vedersi sorpassati dagli altri nel cammino dello spirito; non vorrebbero sentirli lodare, perché si rattristano delle virtù altrui, e alle volte non potendo soffrire quelle lodi, dicono il contrario per distruggerle per quanto possono. Naturalmente poi, sentono assai che con essi non si faccia altrettanto, perché vorrebbero essere preferiti in ogni cosa. Tutto ciò si oppone grandemente alla carità, la quale, come dice San Paolo, si rallegra della bontà e del bene (1C or 13, 6) . Che se la carità ha qualche invidia, è un'invidia santa, perché le dispiace di non possedere le virtù dell'altro, ma gode che questi le abbia; anzi, chi ha carità,

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si compiace che tutti lo superino nel servire a Dio, giacché in questo egli è tanto manchevole.

2 - Inoltre circa l'accidia spirituale, sogliono aver tedio nelle cose che sono più di spirito, e le fuggono come quelle che maggiormente si oppongono al gusto sensibile: assaporando tante le cose spirituali, quando non vi trovano più gusto le hanno a nausea. Infatti, se una volta non trovano nell'orazione il piacere sensibile che bramavano (poiché alla fine conviene che Dio lo sottragga loro per provarli), non vorrebbero tornare a fare orazione, e talvolta la lasciano, o ci vanno di mala voglia. Quindi a cagione di questa accidia, pospongono il cammino di perfezione (che consiste nell'abnegazione di se stessi per amor di Dio) al gusto della loro volontà, che in tal guisa vanno soddisfacendo più che quella di Dio.

3 - Molti vorrebbero che Dio assecondasse le loro voglie, ed hanno paura di volere ciò che Dio vuole, e ripugnanza a conformare la propria alla divina volontà. Perciò spesso accade che non credono essere volontà di Dio ciò che non si adatta al loro genio; al contrario, quando sono contenti e soddisfatti, pensano che Dio lo sia altrettanto, misurando Dio con se stessi, non già viceversa: il che è assai contrario a ciò che Cristo stesso insegnò nel Vangelo, dicendo che chi perderà la sua volontà per Lui, la guadagnerà; e colui che la volesse guadagnare, la perderebbe (M t 16 ,25 ).

4 - Costoro s'infastidiscono pure quando loro si comanda ciò che per essi è insipido. Correndo dietro alle delizie e al sapore dello spirito, sono troppo bambini rispetto alla fortezza che la perfezione richiede per sostenere duri travagli: simili in ciò a coloro che, essendo allevati tra mille agiatezze, rifuggono da qualunque cosa aspra e faticosa. Trovano pesante il giogo della croce, nella quale tuttavia sono riposti i diletti dello spirito; e nelle cose più spirituali soffrono tedio maggiore: poiché, pretendendo di andare nelle cose spirituali a loro talento e secondo il gusto della propria volontà, provano grande tristezza e avversione ad entrare per lo stretto cammino della vita, di cui parla il Signore (M t 7 ,14 ).

5 - Basti avere riferito queste imperfezioni tra le molte in cui vivono i principiatiti. Da quanto abbiamo detto, si vedrà come sia loro necessario che Dio li ponga nello stato di proficienti introducendoli nella notte oscura. Quivi il Signore, divezzandoli dal latte dei loro gusti e sapori con pure aridità e tenebre interiori, toglie loro tutte queste imperfezioni e piccinerie, e con mezzi molto diversi fa loro acquistare le virtù. Poiché, per quanto il principiante si eserciti nel correggere e mortificare in sé tutte le suddette azioni e passioni, non può mai riuscirvi del tutto e neppure in gran parte, finché ciò non avvenga in lui passivamente, per opera di Dio, mediante la purgazione della notte oscura. Ed affinché intorno a questa io possa dire qualcosa che riesca di profitto, piaccia al Signore d'infondermi la sua luce divina tanto necessaria in una notte sì oscura e in un argomento sì difficile a trattarsi. Il primo verso, dunque, dice:

In una notte oscura.

1N CAPITOLO 8

SI DICHIARA IL PRIMO VERSO DELLA PRIMA STROFA E SI COMINCIA A SPIEGARE LA NOTTE OSCURA

1 - La notte oscura, come noi chiamiamo la contemplazione, cagiona due sorta di tenebre o purgazioni, secondo le due parti dell'uomo, sensitiva e spirituale. Quindi la prima notte o purgazione con la quale l'anima si monda e

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spoglia, sarà secondo il senso, adattandolo allo spirito; l’altra è. notte o purgazione spirituale, con la quale l'anima si purifica secondo lo spirito, disponendolo all'unione di amore con Dio. La notte sensitiva è comune a molti, ossia ai principianti, e di essa parleremo in primo luogo. La notte spirituale è riservata a ben pochi, a quelli cioè che sono già molto esercitati e provetti nella perfezione: ne tratteremo in seguito.

2 - La prima notte è amara e terribile per il senso; la seconda però non le si può paragonare, perché e semplicemente orrenda e spaventevole per lo spirito. Ora, poiché secondo l'ordine logico e di tempo viene prima la notte sensitiva, ne diremo subito qualche cosa, ma brevemente, perché molto si è scritto intorno ad essa, essendo cosa più comune. Di poi passeremo a trattare più di proposito della notte spirituale, perché se ne fa molto poca menzione, sì nella pratica che negli scritti, ed anche se ne ha poca esperienza.

3 - Abbiamo già visto che i principianti usano nella via del Signore una maniera molto bassa e troppo confacente al loro gusto e amor proprio. Ecco che Dio nella sua bontà vuol portarli innanzi, elevarli ad un più alto grado di amore divino, liberarli dal basso esercizio del senso e del discorso dove finora hanno cercato il Signore in modo imperfetto e limitato, collocandoli nell'esercizio dello spirito, nel quale, più liberi da imperfezioni, possano più abbondantemente comunicare con Lui. Già si sono esercitati per qualche tempo nelle virtù; mossi dal piacere che vi trovavano, hanno perseverato nell'orazione e nella meditazione, si sono distaccati dalle cose del mondo ed hanno acquistato in Dio un po' di forze spirituali mediante le quali, come tengono abbastanza a freno gli appetiti verso le creature, così sapranno soffrire ormai un po' di pena e di aridità per amor di Dio, senza volgere il passo indietro sul più bello. Orbene, quando essi con più gusto e sapore godono negli esercizi spirituali, quando più chiaro risplende, a quanto loro sembra, il sole dei divini favori, allora appunto Dio ottenebra tutta questa luce e chiude loro la porta e la sorgente delle dolci acque spirituali, che gustavano in Dio tutte le volte e per tutto il tempo che volevano: ché, invero, essendo ancor teneri e deboli, non c’era porta chiusa per loro, secondo il detto di S. Giovanni nell'Apocalisse (A p 3 , 8 ). Il Signore, quindi, li lascia al buio, tanto che non sanno per dove andare con il senso dell'immaginazione e col discorso. Non sanno più dare un passo nel meditare come prima solevano, essendo già abnegato il senso interno in questa notte. Li lascia in tanta aridità che, non solo non ritraggono succo e piacere dalle cose spirituali e dai devoti esercizi in cui prima provavano gran diletto, ma invece vi trovano disgusto e amarezza. E la ragione è che Dio, come già ho detto, volendoli un po’ grandicelli, affinché vieppiù si rafforzino ed escano dalle fasce, li stacca dal suo dolce petto e, calandoli dalle braccia, li stimola a camminare con i loro piedi: per il che essi restano molto sorpresi della novità della cosa, vedendo che tutto va a rovescio rispetto di prima.

4 - Ordinariamente, questo fatto alle persone raccolte e ritirate accade più presto che agli altri, dopo i primi principi, in quanto che, essendo più liberi dalle occasioni di volgere indietro, riformano più in breve gli appetiti delle cose del secolo: ciò che si richiede per introdursi in questa fortunata notte del senso. Anzi, per solito, i più vi entrano non molto tempo dopo aver incominciato, e se ne possono accorrere dalle aridità a cui soggiacciono.

5 - Intorno a questa purgazione sensitiva, essendo tanto comune, potremmo qui citare gran numero di testimonianze della Sacra Scrittura, dove ad ogni tratto, specialmente nei Salmi e nei Profeti, se ne trovano molte che fanno a proposito. Ma in questo non voglio indugiarmi, perché a chi non avrà agio di consultare i testi scritturali potrà bastare l'ordinaria esperienza.

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1N CAPITOLO 9

SEGNI DA CUI SI POTRÀ CONOSCERE CHE L 'UOMO SPIRITUALE VA PER IL CAMMINO DELLA NOTTE O PURGAZIONE SENSITIVA

1 - Stante che le aridità potrebbero procedere, molte volte, non dalla notte o purgazione dell'appetito, ma da peccati ed imperfezioni, o da tiepidezza, o da qualche cattivo umore e disposizione corporale, porrò qui alcuni segni da cui si possa conoscere se l'aridità dipende dalla detta purgazione, ovvero da qualcuna delle cause accennate. A mio parere, vi sono tre segni principali.

2 - Il primo è che l'uomo, come non sente piacere e consolazione nelle cose di Dio, così neppure lo sente in alcuna delle cose create. Siccome Dio mette l 'anima in questa notte oscura a fine di inaridirle e purgarle l 'appetito sensitivo, non le lascia trovare sapore in nessuna cosa. Da ciò si conosce che l'aridità e il disgusto molto probabilmente non provengono da peccati o da imperfezioni commesse di nuovo: perché, se così fosse, si sentirebbe nel naturale qualche inclinazione o voglia di assaporare qualche altra cosa diversa da quelle di Dio. Difatti, ogni volta che, l 'appetito si abbandona a qualche imperfezione, subito rimane inclinato ad essa poco o molto, a misura dell'affetto che vi applicò. Tuttavia, poiché, il non gustare né delle cose del cielo né di quelle della terra potrebbe derivare da qualche indisposizione o da umore melanconico, il quale spesso non permette di trovar piacere in nessuna cosa, è necessario il secondo segno.

3 - Il secondo segno per credere che si tratti della detta purgazione, è che l'uomo ordinariamente volge il pensiero a Dio con sollecitudine e cura penosa temendo di non servirlo ma di tornare indietro, giacché si vede insipido nelle cose divine. È manifesto che tal dispiacere ed aridità non procede da tiepidezza, perché è proprio di questa non prendersela tanto e non darsi pensiero delle cose di Dio. Tra l'aridità e la tiepidezza vi corre gran differenza: poiché ciò che è tiepidezza importa non poca pigrizia di volontà e fiacchezza d'animo, senza diligente cura di servire a Dio; invece, ciò che è semplicemente aridità purgativa trae con sé un'ordinaria sollecitudine, con penoso dubbio di non servire al Signore. L'aridità, benché alcune volte sia fomentata dalla malinconia o da altro umore (come realmente può accadere), non per questo lascia di produrre il suo effetto purgativo nell'appetito, perché questo resta privo di ogni gusto e s’indirizza a Dio con sollecito pensiero. Al contrario, quando si tratta di umor nero solamente, tutto si risolve in disgusti e strazi della natura, senza quei buoni desideri che accompagnano l’aridità purgativa: con la quale, sebbene la parte sensitiva sia molto abbattuta, debole e fiacca nell’operare a motivo della poca soddisfazione che vi trova, lo spirito tuttavia è pronto e forte.

4 - La causa di questa aridità è che Dio trasferisce i beni e le forze del senso allo spirito; e poiché il senso, con la sua forza naturale, non è capace di cose di un ordine superiore, resta digiuno, arido e vuoto. La parte sensitiva non ha abilità per ciò che è puro spirito, e quindi, allorché la carne gusta lo spirito, diventa insipida e s'indebolisce nell'operare; mentre lo spirito, ricevendo il proprio cibo, si rafforza e diviene più vigilante e sollecito di prima nell'attenzione di non mancare a Dio. Però da principio, per la novità della cosa, lo spirito non sente subito il diletto spirituale, ma aridità e disgusto, perché avendo avuto sinora il palato assuefatto ai sapori sensibili, su di questi posa tuttavia lo sguardo. Di più, poiché il palato spirituale non è purgato e disposto per un gusto sì sottile, ma ha bisogno di disporsi a mano a mano per mezzo della notte oscura, non può ancora sentire il sapore dei bene spirituale, ma sperimenta aridità e disgusto, per mancanza del piacere che prima godeva con tanta facilità.

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5 - Coloro che Dio comincia a condurre per queste solitudini del deserto, sono simili ai figli di Israele i quali, benché ricevessero dal Signore la manna celeste che in sé conteneva ogni sapore, secondo il desiderio di ciascuno, nondimeno sentivano più la privazione delle carni e delle cipolle d'Egitto alle quali erano avvezzi, che non la delicata dolcezza dell'angelico alimento, tanto da lamentarsi e rimpiangere quei cibi volgari, mentre avevano dinanzi il pane celeste ( Nm 11 ,5 ). A tanto estremo giunge la bassezza del nostro appetito, da farci desiderare le nostre miserie e avere in fastidio il bene incommutabile del cielo!

6 - Ma, ripeto, quando le aridità provengono dalla via purgativa dell'appetito sensibile, quantunque al principio lo spirito non trovi gusto per le cause anzidette, attinge però forza e coraggio per operare nella sostanza che riceve dal cibo interiore, il quale è principio di contemplazione oscura ed arida per il senso, occulta e segreta per quegli stesso che l'ha. Questa contemplazione, ordinariamente, oltre all'aridità e al vuoto che crea nel senso, dà all'anima inclinazione e desiderio di starsene sola e quieta, senza potere né voler pensare, ad alcuna cosa particolare. Allora, se quelli a cui ciò accade sapessero mettersi in santa pace, liberandosi dalle brighe di qualsiasi opera interiore ed esteriore, senza sollecitudine di fare lì cosa alcuna, subito in quell'oblio e riposo gusterebbero dolcemente l'interno ristoro. Questo è tanto delicato che per solito, se si ha desiderio e cura di sentirlo, non si sente, perché, ripeto, esso opera nel maggior ozio ed oblio dell'anima, ed è come l'aria, che sfugge quando la si vuole stringere in pugno.

7 - A questo proposito possiamo intendere quelle parole che lo Sposo dei Cantici disse alla Sposa, cioè: Volgi da me i tuoi occhi, perché mi fanno divagare (C t 5 ,8 ). Dio, infatti, mette l 'anima in questo stato in modo tale, e la conduce per sì differente cammino, che se ella vuole operare con le sue potenze, disturba l'opera che Dio in essa va facendo, piuttosto che coadiuvarla, mentre prima accadeva tutto all'opposto. La causa è perché ormai in questo stato di contemplazione, cioè, quando l'anima dal discorso passa allo stato dei proficienti, Dio è quegli che opera in lei, e perciò ne lega le potenze interiori non lasciando ad essa alcun appoggio nell'intelletto, né succo nella volontà, né discorso nella memoria. In questo tempo, ciò che l'anima può mettervi da parte sua non serve che a turbare la pace interiore e l 'opera che in quell'aridità del senso Dio compie nello spirito: la quale opera, spirituale e delicata com’è, agisce in modo quieto e pacifico, e dà un'intima soddisfazione ben diversa da tutti i gusti di prima, troppo palpabili e sensibili. Questa è la pace che, come dice Davide, Dio parla nell’anima per renderla spirituale (S al 84 ,8 - 9 ). Ed ora passiamo al terzo segno.

8 - Il terzo segno da cui l'anima viene a conoscere che si trova nella purgazione del senso, è il non poter più meditare né discorrere valendosi del senso dell'immaginazione, come soleva, per quanto faccia da parte sua. Dio ormai comincia a comunicarsi a lei, non già per via del senso e per mezzo del discorso col quale l'anima prima componeva e divideva le idee, ma per mezzo del puro spirito, in cui non v'è discorso successivo: le si comunica, cioè, con atto di semplice contemplazione, alla quale i sensi esterni e interni della parte inferiore non possono giungere. Quindi è che 1'immaginazione e la fantasia non trovano appoggio in alcuna considerazione, né, più in avvenire potranno fermarvi il piede.

9 - Si avverta in questo terzo segno che tale impedimento e disgusto delle potenze non deriva da alcun cattivo umore: perché, quando è così, cessato che sia quell'umore che non dura mai in uno stesso modo di essere, l 'anima, usando un po' di diligenza, subito ritorna a potere ciò che prima poteva, e le sue facoltà trovano i loro appoggi. Ma non così avviene nella purgazione

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dell'appetito: perché quando l'anima ha cominciato ad entrarvi, sempre più va crescendo per lei l'impossibilità di discorrere per mezzo delle potenze. È vero che, sulle prime, in alcuni la purgazione sensitiva non è così continua da non permettere loro talvolta qualche discorso e gusto sensibile (e buon per essi, ché per la loro fiacchezza non conviene divezzarli tutt’a un tratto); nondimeno è pur vero che sempre più s'inoltrano nella suddetta purgazione, allontanandosi dall'esercizio sensitivo, posto che debbano andare avanti. Dico così perché in quelli che non battono la strada della contemplazione, le cose vanno in modo molto diverso. In essi la notte dell'aridità non suole essere continua nel senso, ma alcune volte l 'hanno, altre no; ed ora non possono discorrere, ora lo possono come prima: perché Dio li colloca in questa notte soltanto per esercitarli e umiliarli, e per riformare il loro appetito, affinché non si vadano allevando con golosità viziosa nelle cose spirituali, non già per condurli sulla via dello spirito, ossia alla contemplazione. E si noti bene che non tutti quegli che si esercitano di proposito nel cammino dello spirito sono portati da Dio sino alla contemplazione; anzi neppure la metà, e il perché è noto a Lui solo. Quindi è che a questi non è dato di poter distaccare completamente il senso dalle considerazioni e dai discorsi, ma solo di quando in quando e per qualche tempo, come abbiamo detto.

1N Capitolo 10

COME COSTORO DEVONO COMPORTARSI NELLA NOTTE OSCURA

1 - Nel tempo dunque delle aridità della notte sensitiva Dio opera il suddetto cambiamento, trasferendo l'anima dalla vita del senso a quella dello spirito, cioè dallo stato meditativo a quello contemplativo, dove ormai l 'anima con le sue potenze non può più operare e discorrere nelle cose di Dio. Quivi gli spirituali patiscono grandi pene, non tanto per le aridità che soffrono, quanto per il timore di andar perduti in questo cammino, pensando che per loro sia finito ogni bene spirituale e che Dio li abbia abbandonati, stante che non trovano appoggio né piacere in nessuna cosa buona. Allora si affaticano, procurando (secondo il costume che avevano) di sostentare e pascere le potenze con il gusto di qualche oggetto di discorso, credendo di stare in ozio se ciò non fanno, e se non sono ben sicuri di operare; ma a tali sforzi l'anima, che si compiaceva di starsene in quella pacifica quiete delle potenze, prova non poco dispiacere e ripugnanza. Mentre perciò si affannano nel discorso, non profittano nella contemplazione, perché volendo cercare il loro spirito, perdono lo spirito di calma e tranquillità che avevano. Rassomigliano proprio a chi lascia ciò che ha fatto per tornare a farlo, o a chi esce dalla città per rientrarvi, o a chi lascia la preda per andare a caccia; anzi, nel nostro caso, ogni loro fatica è affatto inutile, perché non otterranno più nulla, con que1 primiero modo di procedere.

2 - Se costoro in questo tempo non hanno chi li intenda, tornano indietro, lasciando l'intrapreso cammino o divenendo tiepidi in esso; se non altro, da se stessi pongono ostacolo al loro progresso, a cagione delle molte industrie che usano per seguire il primo cammino della meditazione e del discorso, stancando eccessivamente la natura, e attribuendo la vanità dei loro sforzi ai propri peccati o alla propria negligenza. Ma, ripeto, è inutile che essi ritornino sui loro passi, perché Dio ormai li mena per la strada della contemplazione che è differentissima da quella di prima, perché l'uno è di meditazione e discorso, mentre l'altra non cade sotto l'immaginazione o il discorso.

3 - Si consolino, dunque, perseverando nella pazienza e, senza angustiarsi confidino in Dio, che non abbandona mai quelli che lo cercano con cuore

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semplice e retto, né ometterà di somministrare loro il necessario per il viaggio, sino a condurli alla chiara e pura luce di amore, che loro darà per mezzo dell'altra notte oscura dello spirito, se meriteranno da Dio sì alto favore.

4 - Il metodo che devono usare in questa notte del senso, è di non camminare per via di discorso e di meditazione, perché non è più tempo d'insistervi; ma lascino l'anima in riposo, benché loro sembri di non far niente, di perdere tempo, e di non aver neppure la voglia di pensare a cosa alcuna, causa la propria tiepidezza. Già faranno molto, se avranno pazienza perseverando nell'orazione senza far niente. Quello che dovranno fare è solamente questo: lascino l'anima libera e tranquilla, sbarazzata da ogni notizia e pensiero, e non si preoccupino di ciò che penseranno o mediteranno. Si contentino solo di una quieta ed amorosa avvertenza in Dio, senza sollecitudine, sforzi e desideri di sentirlo e goderlo, perché tutte queste pretensioni inquietano e distraggono l'anima dalla pacifica quiete, dal soave riposo di contemplazione, che qui le si concede.

5 - Inoltre, quantunque nascessero loro moltissimi scrupoli di sciupare tempo, e che sarebbe meglio impiegarsi in altre cose giacché nell'orazione non possono fare né pensare niente, sappiano sopportarsi e rimanere calmi, perché ora è tempo di starsene a bell’agio e con grande larghezza di spirito. Che se dal canto loro volessero operare alcunché con le potenze interne, ciò sarebbe un impedire e distruggere i beni che Dio imprime nell'anima per mezzo di quella tranquilla pace; sarebbe come se una immagine dipinta si dimenasse mentre il pittore la va ritoccando: certo non gli lascerebbe far nulla e gli guasterebbe l'opera che stava facendo. Similmente, quando l'anima sta in pace e in ozio interiore, qualsiasi operazione o affetto o sollecita avvertenza ch'essa allora voglia avere, le sarà di distrazione e inquietudine, e le dovrà far sentire l'aridità e il vuoto dei sensi; e quanto più pretenderà di avere appoggio in qualche affetto o notizia, tanto più sentirà il vuoto, il quale non può essere più colmato per quella via.

6 - Bisogna, quindi, che l'anima non si dia alcun pensiero se perde le operazioni delle sue potenze, anzi dev'essere contenta di perderle presto. Se l'anima non disturba I' atto della contemplazione infusa da Dio, la riceve con più abbondanza pacifica, e fa sì che arda del fuoco di amore, che questa oscura e segreta contemplazione trae con sé e appicca all'anima; perché la contemplazione non è altro che una infusione segreta, pacifica e amorosa di Dio, la quale, se le si apre la strada, infiamma l'anima nello spirito d'amore, secondo che ella fa intendere nel verso seguente:

Con ansie, d'amor tutta infiammata.

1N CAPITOLO 11

SI DICHIARANO I TRE VERSI DELIA STROFA

1 - Questa fiamma d'amore, in via ordinaria, al principio non si sente, o perché non ha incominciato ad appigliarsi a cagione dell'impurezza della natura, o perché l'anima, non intendendola, non le fa luogo pacifico in sé, come si è detto. Però alle volte comincia subito a sentirsi qualche ansioso ardore verso Dio, e quanto più cresce, tanto più l'anima si sente accesa dall'amore divino, senza sapere né intendere come e donde le derivi un tale affetto; se non che alle volte vede crescere tanto in sé questa fiamma, che con vive ansie amorose desidera Dio, secondo ciò che Davide, posto in questa notte, dice di sé con le seguenti parole: Poiché s'infiammò il mio cuore (cioè in amore di contemplazione), anche i miei reni si mutarono (S al 72 ,21 - 22): vale a

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dire, i miei appetiti di affezioni sensitive si trasferirono dalla via sensitiva alla via spirituale, in cui essi tutti inaridiscono e cessano. Ed io, soggiunge Davide, mi sciolsi in nulla, rimasi annichilito, né seppi come: perché l'anima, senza sapere per dove cammini, si vede annichilita circa tutte le cose celesti e terrene che soleva gustare, e soltanto si vede innamorata, non intendendo come. E poiché alle volte la fiamma di amore cresce a dismisura nello spirito, gli ansiosi ardori verso Dio sono sì veementi da sembrare che s'inaridiscano le ossa, e che il calore e le forze naturali vengano meno per la vivezza della sete di amore. L'anima sente che questa sete è eccessivamente viva, come la sentiva Davide quando disse: L'anima mia fu assetata di Dio Vivo (S al 41 ,3 ); che è quanto dire: la sete che ebbe l'anima mia fu viva. La qual sete, essendo viva, possiamo dire che faccia morire di sete. È da notarsi, però, che la veemenza di questa sete non è continua, ma si prova di quando in quando, benché per solito un po' resti sempre.

2 - Ma, ritornando a quanto dicevo poc'anzi, ordinariamente questo amore al principio non si sente, ma solo aridità e vuoto; ed allora, invece di questo amore che di poi si andrà accendendo sempre più, ciò che l'anima sente in mezzo a quella aridità e vuoto delle potenze è un'ordinaria sollecitudine di Dio, con pena e timore di non servirlo: e certamente è un sacrificio non poco gradito al cospetto di Dio che lo spirito sia tribolato e sollecito, per amor suo. Questa sollecitudine è immessa nell'anima dall'oscura e segreta contemplazione, la quale in progresso di tempo, dopo aver purgato un poco il senso, ossia la parte sensitiva, dalle forze e dagli affetti naturali per mezzo dell'aridità che vi pone, va accendendo nello spirito l'amor divino. Ma frattanto, in questa oscura notte e arida purgazione dell'appetito, l'anima, come un malato sottoposto a cura, non fa che patire. In pari tempo però si monda da molte imperfezioni e si esercita in molte virtù, per rendersi capace del divino amore, come adesso diremo intorno al seguente verso:

Oh felice ventura!

3 - Dio introduce l'anima nella notte sensitiva a fine di purgare il senso della parte inferiore, e per assoggettarlo e unirlo allo spirito, oscurandolo e facendolo cessare dai discorsi: alla stessa guisa che in seguito, a fine di purificare lo spirito e unirlo a Dio, lo farà passare per la notte spirituale. L'anima quindi riporta (quantunque non le sembri) tali e tanti vantaggi, che reputa sorte avventurata l'essersi svincolata dai lacci e dalle strette del senso della parte inferiore per mezzo di questa notte fortunata, e non può fare a meno di esclamare col presente verso: Oh felice ventura! Intorno a che, conviene ora riferire le utilità che l'anima ricava in questa notte, a motivo delle quali stima felice sorte il passaggio per essa: utilità che sono tutte racchiuse nel seguente verso:

Uscii né fui notata

4 - Per questa uscita s'intende che l'anima si è sottratta dall'essere soggetta alla parte sensitiva, ossia dal cercare Dio per mezzo di operazioni sì deboli, limitate e pericolose come sono quelle della parte inferiore. Ad ogni passo, infatti, s'imbatteva in mille imperfezioni ed errori, come più sopra abbiamo notato rispetto a ciascuno dei sette vizi capitali. Da tutti questi ella si libera, perché la notte del senso estingue in lei tutti i gusti celesti e terreni, le oscura qualunque discorso, e le apporta altri innumerevoli beni con l'acquisto delle virtù, come ora diremo. E di certo, sarà cosa di grande consolazione e diletto, per chi batte tale strada, il vedere quanti beni nascono da ciò che a prima vista parrebbe tanto aspro e contrario all'anima e sì opposto al gusto spirituale. L'anima consegue questa abbondanza di beni appunto per mezzo della notte oscura, uscendo secondo l'affetto e l 'operazione da tutte le cose create, per camminare all'eterno. Il che è somma felicità e ventura:

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primieramente, per il gran bene che è lo spegnere l'appetito e l 'affetto circa tutte le cose; in secondo luogo, perché molto pochi sono coloro che resistono e perseverano nell'entrare per l'angusta porta e per lo stretto sentiero che, secondo il detto del Nostro Salvatore, conduce alla vita (Mt 7,14). L'angusta porta è precisamente la notte del senso, del quale l'anima si spoglia per entrarvi, appoggiandosi sulla fede che trascende ogni senso, per poi calcare lo stretto cammino dell'altra notte, quella dello spirito, in cui l 'anima s'indirizza a Dio con pura fede, che è mezzo di unione con Lui. Questo sentiero è tanto stretto, questa notte dello spirito è sì oscura e spaventosa, che le pene e i tormenti suoi superano di gran lunga quelli della notte del senso: quindi è che sono assai meno coloro che vi camminano. Tuttavia, se gli strazi che vi si soffrono sono molto più gravi, anche i vantaggi sono in proporzione molto maggiori, Ma, prima di passare a parlar di questi, diremo adesso qualche cosa circa i vantaggi della notte del senso, il più brevemente possibile.

1N CAPITOLO 12

VANTAGGI CHE LA NOTTE DEL SENSO ARRECA ALL 'ANIMA

1 - Questa notte o purgazione dell’appetito è tanto felice per l’anima, a motivo dei grandi beni e vantaggi che le apporta (quantunque a lei sembri piuttosto di andarne priva), che come Abramo fece gran festa quando il suo figliolo Isacco fu slattato (Gen 21,8), così il Cielo si rallegra che Dio sciolga ormai l 'anima dalle fasce, calandola dalle braccia per farla camminare coi suoi piedi; e che togliendole il latte e il dolce e delicato cibo dei bambini, le faccia mangiare il pane dalla dura crosta, il pane dei forti, il quale in queste aridità e tenebre del senso si comincia a porgere allo spirito arido e vuoto di succhi sensibili, ed è la suddetta contemplazione infusa.

2 - Il primo e principale vantaggio che l'anima ritrae da questa notte arida e oscura, è questo: il conoscimento di sé e della propria miseria. Poiché, oltre che tutte le grazie sparse da Dio sull’anima sono d'ordinario accompagnate da questo conoscimento, si aggiunge che le aridità delle potenze, la privazione dell'abbondanza di cui prima l'anima godeva, e la difficoltà che essa ora trova nelle cose buone, di per sé le fanno conoscere la propria bassezza e miseria, che nel tempo della sua prosperità non riusciva a vedere. Troviamo un'appropriata figura di ciò nell'Esodo, dove volendo Dio umiliare i figli d'Israele affinché si conoscessero, comandò loro di deporre l'abito e gli ornamenti festivi che per lo più indossavano nel deserto, dicendo: Orsù, da qui innanzi spogliatevi degli ornamenti festivi, e indossate vesti comuni e da lavoro, affinché sappiate il trattamento che vi meritate (E s 33 ,5 ) . Il che è come se dicesse: Poiché il vestito che portate, essendo da festa, vi porge occasione di non sentire bassamente di voi stessi secondo quel che siete, lasciatelo dunque, acciocché d'ora in poi, vedendovi coperti di vili panni, conosciate alfine chi siete voi, e che non meritate di più. L'anima, dunque, comprende la verità della propria miseria, che per l 'addietro non comprendeva. Infatti, al tempo che se la passava quasi in festa, trovando in Dio molto piacere, consolazione e appoggio, viveva un po' più soddisfatta e contenta, parendole di servire a Dio abbastanza, anzi che no. Che se non aveva espressamente tale convinzione. pure qualcosa di simile si nascondeva in quella soddisfazione che provava. Ma adesso, indossato l'abito di fatica, di aridità e di abbandono, mentre si è offuscata la sua primiera luce, molto più veramente la possiede nell'eccellente e necessaria virtù della propria cognizione, non avendo più alcuna stima e soddisfazione di se stessa; perché vede chiaramente che dal canto suo niente fa, e niente può. Ora, questa scontentezza di sé e lo sconforto che ha di non servire a Dio, sono da Lui tenuti in maggior pregio che tutte le opere che l'anima faceva e tutti i diletti che godeva, per quanto grandi fossero. Quelle opere, quei diletti di prima, le erano di occasione a mille imperfezioni ed

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errori; mentre ora che è rivestita del nuovo abito di aridità, oltre i suddetti vantaggi, ritrae quelli che stiamo per dire e molti altri ancora che per brevità tralasciamo, i quali tutti nascono dal conoscimento di sé, come da propria origine e fonte.

3 - E primieramente, avviene che l'anima impara a comportarsi verso Dio con miglio garbo e con più riverenza, quali nel tratto coli l 'Altissimo devono sempre usarsi: il che ella non faceva al tempo della prosperità e della sua consolazione, perché i gustosi favori che godeva, rendevano l'appetito un po' troppo ardito e meno riguardoso verso il Signore. Così accadde a Mosè, quando udì che Dio gli parlava: poiché facendosi trascinare dall'appetito, senza troppa considerazione osava di avvicinarsi al roveto ardente, e l'avrebbe fatto, se Dio non gli avesse comandato di fermarsi e togliersi i calzari (E s 3 ,5 ): il quale comando mette in rilievo il rispetto col quale l'uomo, spogliandosi dell'appetito, deve trattare con Dio. Allorché, quindi, Mosè obbedì su questo punto, rimase così ritenuto e circospetto, che non solo, come dice la Scrittura, non ardì di accostarsi. ma nemmeno osava, alzare lo sguardo (E s 3 ,6 ); e ciò perché, deposti i calzari degli appetiti e dei gusti, conobbe molto bene la sua miseria dinanzi a Dio, e che gli conveniva comportarsi in quel modo per udire le divine parole. Similmente, la disposizione che Dio volle in Giobbe prima di ammetterlo a parlare con Lui, non furono quei diletti e quella gloria che Giobbe, come egli stesso riferisce, soleva godere col suo Dio, ma fu il metterlo nudo in un letamaio, abbandonato e anche schernito dai suoi amici, pieno di angustie e di amarezze, sul suolo sparso di vermi all'intorno. Allora, in sì miserabile condizione, quel Dio che solleva il povero dal fango si degnò di discendere e di parlargli familiarmente, scoprendogli le sublimi altezze della sua Sapienza, ciò che mai aveva fatto con lui nel tempo della prosperità.

4 - E qui, giacché è venduto a proposito, bisogna notare un'altra eccellente utilità che si ritrae dall'aridità dell'appetito sensitivo, ed è che in questa notte oscura (affinché si verifichi ciò che dice il Profeta: Risplenderà la tua luce fra le tenebre [ I s 58 ,10 ]) Dio illumina l'anima dandole non solo cognizione della propria miseria e bassezza, ma anche della divina grandezza ed eccellenza. Poiché, da una parte, essendo spenti gli appetiti, i gusti e gli appoggi sensibili, l 'intelletto rimane libero e limpido per comprendere la verità, mentre prima era offuscato ed impedito da quelli, ancorché fossero di cose spirituali; dall'altra poi, la stessa penuria e aridità del senso illustra e ravviva l'intelletto, secondo il detto d'Isaia ( I s 28 ,1 9 ) . L’angustia fa intendere come Dio vada istruendo soprannaturalmente l'anima nuda e sgombra (condizione richiesta per il divino influsso) nella sua divina sapienza, mediante l'oscura e arida notte della contemplazione: il che non faceva per mezzo dei gusti e diletti di prima.

5 - Più chiaramente ancora il medesimo profeta Isaia ci fa intendere ciò, dicendo: A chi insegnerà Dio la sua scienza, e a chi farà udire le sue parole? A coloro che sono già divezzati dal latte e staccati dal petto ( I s , 2 8, 9 ). Queste parole significano che la disposizione per ricevere il divino influsso, non è il primo latte della soavità spirituale, né l'accostarsi al petto dei saporiti discorsi delle potenze sensitive, ma la privazione dell'uno e il distacco dall'altro. Pertanto, per udire il Signore, conviene che l'anima sua bene in piedi e senza il sostegno dell'affetto e del senso, come il Profeta Abacuc, parlando di sé, dice: Starò in piedi sul mio posto di guardia (cioè sarò distaccato dall'appetito); e fermerò il passo (ossia non discorrerò col senso), per contemplare ed intendere ciò che da parte di Dio mi si dirà (Ab 2 ,1 ) . Insomma, rimane fermo che dalla notte oscura nasce primieramente il conoscimento di sé, e da questo, come da fonte, scaturisce il conoscimento di Dio. Per la qual cosa S. Agostino diceva: Deh fate, o Signore, che io conosca me, e conoscerò pure Voi (S o l i l . l . 2 , c . 1 : M L 32 ,885) : poiché, come dicono i filosofi, un estremo si conosce bene per mezzo dell'altro.

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6 - Ed a fine di provare compiutamente l'efficacia che la notte sensitiva possiede con la sua aridità e il suo distacco per attirare di più la luce che qui l 'anima riceve da Dio, citeremo quel testo di Davide, in cui egli dichiara molto bene a proposito la grande virtù di questa notte, rispetto all'alto conoscimento di Dio. Dice adunque così: In una terra deserta, non irrigata, arida e fuori di strada comparii dinanzi a Te, per poter vedere la tua virtù e la tua gloria (S al 62 ,3 ) . Ed è cosa veramente ammirabile che qui Davide non dice che i molti diletti e gusti spirituali già goduti fossero disposizione e mezzo per conoscere la gloria di Dio, ma il distacco e l'aridità della parte sensitiva, il che è qui significato dalla terra secca e deserta. Come pure fa meraviglia che egli nemmeno dica che i divini concetti e discorsi, di cui si era molto servito, fossero la strada per sentire e vedere la virtù di Dio, bensì il non poter fissare il concetto in Dio, né procedere col discorso della considerazione immaginaria, il che è significato dalla terra fuori di strada. Di modo che questa notte oscura del senso, con le sue aridità e col suo vuoto, è il mezzo per conoscere Dio e se stesso, quantunque non con quella pienezza e abbondanza come nella notte dello spirito, poiché questo conoscimento è principio dell'altro.

7 - Nelle aridità e nel vuoto della notte dell'appetito, l 'anima acquista anche l'umiltà spirituale, che è la virtù contraria al primo vizio capitale che è la superbia spirituale: e quindi mediante questa umiltà, nata dal proprio conoscimento, si purga da tutte quelle imperfezioni in cui cadeva intorno a quel vizio, al tempo della sua prosperità. Vedendosi tanto arida e miserabile, neanche per primo moto le passa in pensiero di essere migliore degli altri e di superarli in qualche cosa, come prima credeva; anzi, al contrario, è convinta che gli altri camminino meglio di lei.

8 - Di qui nasce l'amore verso il prossimo, perché lo stima e non lo giudica, come prima soleva, quando cioè vedeva se stessa con gran fervore e gli altri no. Ora conosce solamente la sua miseria, e la tiene sempre davanti agli occhi, tanto da non aver agio di fissarli in alcuno: il che Davide, posto anch'esso in questa notte, mirabilmente dichiara dicendo: Ammutolii e mi umiliai, e tacqui circa i beni, e si rinnovò il mio dolore (Sal 38,3). Dice così perché gli sembrava che i beni dell'anima sua fossero ridotti al nulla, tanto che non solo non trovava modo di parlarne, ma per il dolore cagionatogli dalla cognizione della propria miseria, taceva anche dei beni altrui.

9 - Per mezzo della notte del senso l'anima si rende anche soggetta ed obbediente nel cammino spirituale; poiché, vedendosi sì misera e vile, non soltanto ascolta ciò che le viene insegnato, ma desidera altresì che qualsiasi persona l'indirizzi e le suggerisca ciò che deve fare. Si spoglia della presunzione affettiva che talvolta aveva nella prosperità; e finalmente il suo cammino viene sgombrato da tutte quelle imperfezioni che intorno alla superbia spirituale abbiamo notate a suo luogo.

1N CAPITOLO 13

ALTRI VANTAGGI CHE LA NOTTE DEL SENSO APPORTA ALL 'ANIMA

1 - Molte erano le imperfezioni che l'anima commetteva rispetto all'avarizia spirituale, bramando or queste or quelle cose devote, senza mai essere soddisfatta, a cagione dell'avidità dell'appetito e del diletto che vi prendeva; adesso invece in questa notte oscura e arida ella è ben riformata. Poiché, non trovando più nelle cose di spirito il piacere e il sapore di prima, ma piuttosto pena e disgusto, ne fa uso con tanta moderazione, che ora forse potrebbe mancare più per difetto che per eccesso. Però, a coloro che mette in questa

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notte, Dio ordinariamente concede umiltà e prontezza nell'operare, sebbene senza propria soddisfazione, affinché solo per amor suo adempiano ciò che viene loro comandato, e trascurino molte cose, non trovandovi gusto.

2 - Anche circa la lussuria spirituale si vede chiaro che, per mezzo dell'aridità e scipitezza sensibile che l'anima incontra nelle cose spirituali, si libera dalle impurità che altrove abbiamo notate; poiché, come ivi dicemmo, erano causate dal piacere che dallo spirito ridondava nel senso.

3 - In quanto poi alle imperfezioni da cui l 'anima si libera in questa notte oscura circa il quarto vizio, cioè la gola spirituale, il lettore potrà vederle dove ne abbiamo parlato, quantunque non siano state annoverate tutte, perché sono innumerevoli; quindi non starò qui a riferirle, perché vorrei ormai concludere con questa notte del senso per passare all'altra dello spirito, circa la quale dovremo esporre una dottrina molto importante. Perciò, per intendere gli immensi vantaggi che l'anima riporta circa il vizio della gola spirituale, basterà dire che si libera da tutte le enumerate imperfezioni e da molti altri e maggiori mali non menzionati da noi, in cui non pochi incorsero (e lo sappiamo per esperienza) per non aver riformato l'appetito nel suddetto vizio. Collocando l’anima in questa arida e oscura notte, Dio tiene a freno la concupiscenza e l'appetito, in modo che non possano cibarsi di alcun sapore sensibile di cose celesti e terrene. Quindi è che finalmente l'anima giunge al punto di essere così composta, riformata e mortificata nei suoi appetiti, da perdere la forza delle passioni e della concupiscenza. Divezzandosi da ogni gusto, diventa sterile, alla stessa guisa che s'inaridiscono i naturali decorsi del latte, cessata che sia l 'azione di prenderlo. Inariditi così gli appetiti e le concupiscenze per mezzo della sua sobrietà spirituale, l 'anima fa progressi meravigliosi, vive in pace e tranquillità di spirito, perché dove quelli non regnano, non c’è turbamento, ma perfetta calma e consolazione di Dio.

4 - Di qui ne segue un altro profitto, ed è che l'anima ordinariamente si ricorda di Dio, e teme di volgere indietro nel cammino spirituale: e questo è uno dei maggiori beni che la purgazione dell'appetito possa apportare, perché l'anima si purifica dalle imperfezioni che prima le aderivano, per mezzo degli appetiti e delle passioni, che di per sé offuscano l'anima e la rendono ottusa.

5 - Ma un altro bene inestimabile si trova nella notte del senso, ed è che l'anima si esercita allo stesso tempo in molte virtù, come ad esempio nella pazienza e longanimità, perché, messa a dura prova con le aridità, ella tuttavia persevera negli spirituali esercizi, sopportando la privazione di ogni gusto e conforto: come pure nella carità verso Dio, perché si muove ad operare, non già per il gustoso sapore che vi trova, ma soltanto per amore di Lui. Si esercita del pari nella virtù della fortezza, perché nelle difficoltà e nei disgusti che incontra nell'operare trae forze, per così dire, da fiacchezza, e diviene robusta. Insomma, per mezzo della aridità si addestra in tutte le virtù, sì teologali che cardinali e morali, con atti interni ed esterni.

6 - Ora, che l'anima ritragga tutte le quattro utilità accennate, ossia diletto di pace, costante e premuroso pensiero di Dio, limpidezza e purità di spirito, e l 'esercizio delle virtù, anche Davide, sapendolo per propria esperienza, lo attesta con queste parole: L'anima mia rifiutò le consolazioni; mi ricordai di Dio e n'ebbi conforto, mi esercitai, e il mio spirito venne meno (S al 76 ,3 ) . E subito soggiunge: Meditavo di notte dentro il mio cuore e mi esercitavo, ripurgando il mio spirito (S al 76 ,6 ); vale a dire tutti gli affetti.

7 - In quanto alle imperfezioni degli altri tre vizi spirituali cioè invidia, ira e accidia, nell'aridità dell'appetito l'anima si purifica anche da esse, facendo acquisto delle virtù contrarie. Poiché, ammansita e umiliata dalle aridità, dalle tentazioni e pene in cui Dio la esercita con l'occasione della notte

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oscura, diventa dolce o e mansueta con Dio, con se stessa; e con il prossimo. Di modo che non si sdegna più contro di sé per le proprie mancanze, né contro i prossimi per le loro; verso il Signore poi non si mostra dispiacente, né se n'esce in lamentele poco riverenti, quando non la contenta presto.

8 - Rispetto poi all' invidia, anche su questo punto conserva la carità verso gli altri; e se pur avesse qualche invidia, questa non è viziosa come soleva essere per l'addietro, quando le dava pena che altri fossero preferiti a lei e facessero maggior profitto. Adesso, vedendosi tanto umiliata e misera, si dà per vinta, e l 'invidia che ha verso gli altri (se pur ne ha), è santa, desidera d'imitarli: il che è indizio di non poca virtù.

9 - Così pure riguardo all'accidia, le noie che l'anima ora patisce nelle cose spirituali non sono viziose come prima; infatti, quelle procedevano dai gusti spirituali che a volte godeva, e che pretendeva di avere quando non li trovava. Ma i tedi presenti non derivano più dalla fiacchezza del gusto, perché Dio lo ha sottratto interamente nell'attuale purgazione dell'appetito.

10 - Oltre a questi vantaggi, l 'anima ne consegue infiniti altri per mezzo di quest'arida contemplazione. Poiché tra tante aridità e privazioni spesso, e quando meno ci pensa, Dio le comunica gran soavità di spirito e un amore molto puro, e a volte spirituali notizie molto delicate, ciascuna delle quali è assai più utile e preziosa di tutto ciò che ella godeva prima: quantunque al principio l'anima non la pensi così, perché l'influsso spirituale che ora viene comunicato è molto delicato e non è percepito dal senso.

11 - Finalmente, l 'anima purgandosi dagli affetti e dagli appetiti sensitivi, acquista libertà di spirito, e con essa i dodici frutti dello Spirito Santo. Si libera mirabilmente dalle mani dei tre suoi nemici, demonio, mondo e carne; poiché estinguendosi il gusto sensitivo in tutte le cose, nessuno di essi può avere armi e forze contro lo spirito.

I2 - Le aridità, dunque, fanno sì che l'anima cammini con purezza nel divino amore, perché ella non si muove più ad agire per il gusto e sapore dell'opera, ma soltanto per piacere a Dio. Non presume più, né è contenta di sé, come forse soleva al tempo della prosperità, ma va timorosa e mai soddisfatta di sé stessa: ed in ciò consiste il santo timore che conserva ed aumenta le virtù. L'aridità, dunque, spegne anche le concupiscenze e la vivacità naturale. Ora infatti, se non è Dio stesso che talvolta infonde all'anima qualche gusto, è un miracolo che ella con la propria industria trovi consolazione sensibile in qualche atto od esercizio spirituale.

13 - In quest'arida notte crescono in lei il sollecito pensiero di Dio e le brame di servirlo: poiché disseccandosi il seno della sensualità col quale alimentava gli appetiti a cui andava appresso, vi rimane soltanto il secco e puro ardore di servire a Dio: il che è cosa assai gradita al Signore, perché, dice il Salmista: Lo spirito tribolato è un sacrificio a Dio (S al 50 ,19 ) .

14 - Poiché, adunque, l 'anima ben conosce che, passando in quest'arida purgazione, ha ottenuto tanti e così preziosi vantaggi quanti ne abbiamo qui riferiti, non è meraviglia che nella strofa che andiamo dichiarando esclami: Oh felice ventura! Uscii né fui notata. Sono uscita dai lacci e dalla schiavitù degli appetiti sensitivi e delle passioni, furtivamente, cioè senza che i tre spirituali nemici me lo potessero impedire. Sono essi, i nemici, che legano l'anima con i lacci degli appetiti e dei piaceri, impedendole perciò di uscire da sé alla libertà dell'amore di Dio: se così non fosse, non potrebbero altrimenti combattere contro di lei.

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15 - Pertanto, l'anima vede ormai che le sue quattro passioni, cioè il gaudio, il dolore, la speranza e il timore, si sono calmate mediante la costante mortificazione; che gli appetiti naturali della sensualità sono assopiti per le continue aridità; che i sensi e le potenze interne hanno cessato dalle loro operazioni discorsive. Vedendo, dunque, tutta la gente di casa sua (com'essa chiama la parte inferiore) in perfetta tranquillità, chiude la strofa con questo verso:

Stando già la mia casa addormentata.

1N CAPITOLO 14

SI DICHIARA L 'ULTIMO VERSO DELLA PRIMA STROFA

1 - Mentre la casa della sensualità era già addormentata, ossia dopo aver mortificate le passioni, spenti i desideri e assopiti gli appetiti per mezzo della fortunata notte della purgazione sensitiva, l'anima uscì per intraprendere il cammino dello spirito, quello dei proficienti, il quale con altro nome è chiamato via illuminativa o di contemplazione infusa, dove Dio per sé solo va pascendo e ristorando l'anima, senza che questa vi cooperi attivamente, né con discorso, né con altre sue industrie. La notte o purgazione del senso è molto amara, specialmente in coloro (e sono ben pochi) che dopo dovranno entrare nell'altra più terribile, quella dello spirito, mediante la quale si giunge all'unione amorosa con Dio. Ordinariamente la notte del senso è accompagnata da grandi pene e da sensitive tentazioni che durano molto tempo, sebbene in alcuni più, in altri meno. L'angelo di Satana che è lo spirito di fornicazione, si avventa contro alcuni, sferzandoli nei sensi con abominevoli e forti stimoli, e tribolandoli nello spirito con turpi riflessioni e immagini molto vive nella fantasia: cose tutte che alle volte danno loro maggior pena della morte stessa.

2 - Non di rado sopraggiunge lo spirito di bestemmia, il quale in tutti i loro concetti e pensieri si attraversa con bestemmie orribili, talora suggerite con tanta forza nell'immaginazione, che essi si trovano quasi sul punto di pronunziarle, con grave loro tormento.

3 - Altre volte ad essi viene dato (a fine di esser provati, non già perché cadano) un altro abominevole spirito chiamato da Isaia spiritus vertiginis, il quale oscura loro il senso e li riempie di mille scrupoli e di dubbi tanto intricati a loro parere, che non possono mai essere soddisfatti di nessuna cosa, né appoggiare il loro giudizio a consiglio o riflessione alcuna. Questo è uno dei peggiori tormenti e orrori di questa notte, e si avvicina molto a ciò che avviene nella notte spirituale.

4 - In questa notte del senso, Dio per solito manda simili tempeste e travagli a coloro che di poi dovranno essere introdotti in quella dello spirito (a cui non tutti passano), affinché castigati e schiaffeggiati, si esercitino indurendo i sensi e le potenze, e si dispongano così all'unione della Sapienza, che loro verrà comunicata. Se l'anima non è. tentata, esercitata e provata con tentazioni e pene, il suo senso non può arrivare alla Sapienza. Onde l'Ecclesiastico disse: Chi non è stato tentato, che cosa sa? E chi non ha esperienza, di che può giudicare? (S i r 34 ,9 -1 0) . Della quale verità anche Geremia dà buona testimonianza, dicendo: Mi castigasti, o Signore, e fui ammaestrato (Ge r 31 ,1 8 ) . La maniera più propria di questo castigo per giungere alla Sapienza sono gli interni travagli di cui parliamo, perché sono quelli che più efficacemente purgano il senso a tutti i gusti e consolazioni a cui per naturale debolezza esso era affezionato, e nei quali l 'anima viene profondamente umiliata, perché sia disposta all'esaltazione che l'aspetta.

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5 - In quanto poi al tempo che l'anima deve trascorrere nel digiuno e nella penitenza del senso, non si può dire con certezza, perché la prova non dura in tutti ugualmente, né con le stesse tentazioni essendo ciò determinato dalla volontà di Dio. Ciascuno sarà umiliato, più o meno intensamente, per più o meno tempo, secondo il maggiore o minor numero d'imperfezioni che deve purgare; e anche secondo il grado di unione di amore a cui Dio vorrà innalzarlo. Dio purifica con più intensità e più presto coloro che hanno più abilità e forza per soffrire; al contrario, guida i più fiacchi con molta lentezza e con deboli tentazioni, porgendo loro frequenti ristori al senso, affinché non tornino indietro; sicché tardi arrivano alla purezza della perfezione in questa vita, e alcuni di essi mai. Costoro né si trovano bene nella notte oscura, né bene fuori di essa: poiché, quantunque non passino avanti, Dio li esercita di quando in quando e per breve tempo nelle aridità e nelle tentazioni, acciocché si conservino nell'umile conoscimento di sé stessi; di tratto in tratto poi li visita con la sua consolazione, affinché, scoraggiati, non si volgano a cercare quella del mondo. Ad altre anime più deboli Dio quasi si nasconde, per esercitarle nel suo amore; perché, se non si allontanasse da loro, non imparerebbero ad accostarsi a Lui.

6 - Ma le anime che hanno da passare a sì felice e sublime stato qual è quello dell'unione di amore, per quanto presto Dio le conduca, sogliono rimanere lungamente tra le aridità e le tentazioni della notte del senso, come si è visto per esperienza. Ma è tempo ormai che incominciamo a trattare della seconda notte, quella dello spirito.

Fine del primo libro della Notte Oscura

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LIBRO SECONDO

DELLA NOTTE OSCURA

NOTTE OSCURA DELLO SPIRITO

2N CAPITOLO 1

INCOMINCIA A TRATTARE DELLA NOTTE DELLO SPIRITO DICE IN CHE TEMPO ABBIA PRINCIPIO

1 - Allorché l'anima che Dio vuol condurre innanzi, esce dalle aridità e dai travagli della prima purgazione e notte del senso, non è subito posta da Sua Divina Maestà nella notte dello spirito; anzi suole passare molto tempo ed anche molti anni, in cui essendo uscita dallo stato dei principianti, si esercita in quello dei proficienti. In tale stato, a guisa di chi evase da un angusto carcere, procede nelle cose di Dio con maggior soddisfazione e larghezza di cuore, e con interno diletto più abbondante di quello che godeva da principio, prima di entrare nella notte del senso. Non ha più l'immaginazione e le potenze legate al discorso e ai pensieri spirituali, ma con grande facilità trova subito nel suo spirito molto serena e amorosa contemplazione e sapore spirituale, senza la fatica del discorso. Tuttavia conviene riflettere che la purgazione dell'anima non è completa, perché manca la parte principale, quella dello spirito, senza la quale (a motivo della comunicazione esistente tra le due parti che formano insieme un solo supposto), nemmeno la purgazione sensitiva, per quanto forte sia stata, può dirsi perfetta. 1 Quindi è che l'anima non è affatto immune da aridità, tenebre e oppressioni, alle volte molto più intense che in passato, quasi foriere della futura notte dello spirito; esse però non sono sì prolungate come sarà la notte che l'aspetta. Difatti dopo aver trascorso un certo periodo o alcuni giorni di tempesta, l 'anima subito ritorna alla sua abituale serenità. In tal maniera Dio purifica alcune anime che non dovranno ascendere ad un sublime grado di amore come altre, mettendole di quando in quando nella notte di contemplazione o purgazione spirituale, facendo spesso annottare e aggiornare, affinché si adempia quel che Davide dice, che Dio cioè manda il suo cristallo, ossia infonde la sua contemplazione, quasi a bocconi (S al 147 ,17 ) . Quantunque . questi bocconi di oscura contemplazione non sono mai così intensi, come lo è quell'orrenda notte dello spirito, in cui Dio di proposito mette l 'anima per elevarla alla divina unione.

2 - Ora, l 'interno sapore e godimento da noi accennato poc'anzi, che con facilità e abbondanza i proficienti trovano e gustano nel loro spirito, viene loro comunicato in molto maggior copia che per l 'addietro, e ridonda nel senso più che non soleva prima della purgazione sensitiva: poiché il senso, essendo ormai più puro, con maggiore facilità può provare, a suo modo, i gusti dello spirito. Ma, poiché la parte sensitiva dell'anima è debole e incapace delle forti impressioni dello spirito, ne segue che i proficienti, a causa della comunicazione di cui partecipa la parte sensitiva, patiscono in questa molte debolezze, detrimenti e languore di stomaco; e, per conseguenza, lo spirito ne resta affaticato, perché come dice il Savio: Il corpo corruttibile è

1 Anche la completa purificazione del senso avviene nell’imminenza del matrimonio spirituale: «Lo Sposo pertanto, volendo concludere la cosa, dice le due strofe seguenti, in cui finisce di purificare, rendere forte e disporre l'anima, sia secondo la parte sensitiva, sia secondo la spirituale, per questo stato» (Cantico strofe 20-21, n. 3).

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di aggravio all'anima (S ap 9 ,15 ) . Ond'è che le comunicazioni dei proficienti non possono essere molto forti, né molto intense, né molto spirituali, quali si richiedono per l 'unione divina, a cagione della fiacchezza e della corruzione della parte sensitiva che è fatta partecipe di quelle. Di qui hanno origine le estasi, gli svenimenti e i slogamenti di ossa, che sempre accadono quando le comunicazioni non sono puramente spirituali, fatte cioè allo spirito soltanto, come sono quelle dei perfetti, già purificati dalla notte seconda dello spirito: nei quali cessano i rapimenti e i tormenti del corpo, godendo essi la libertà dello spirito, senza che il senso si oscuri e venga meno.

3 - E affinché s'intenda la necessità che i proficienti hanno di entrare nella notte dello spirito, noteremo qui alcune imperfezioni e pericoli in cui essi sogliono incorrere.

2N CAPITOLO 2

ALCUNE IMPERFEZIONI CHE 1 PROFICIENTI SOGLIONO COMMETTERE

1 - I proficienti hanno due sorta d'imperfezioni: alcune abituali, altre attuali. Le abituali sono le passioni e gli abiti imperfetti che ancora sono rimasti nello spirito a guisa di radici, dove la purgazione del senso non poté arrivare. La differenza che corre tra l 'attuale purgazione di essi e la precedente, è quella che passa tra estirpare una radice e tagliare un ramo, ovvero cavare una macchia penetrata e vecchia e pulirne un'altra fresca e superficiale. La purgazione del senso, rispetto a quella, dello spirito, è soltanto la porta e il principio della contemplazione, e serve più ad accomodare il senso allo spirito, che non ad unire quest'ultimo a Dio. Quindi restano ancora nello spirito le macchie dell'uomo vecchio, quantunque ad esso non sembri, né, riesca a vederle: se queste non si cavano col sapone e col forte ranno della purgazione della presente notte, lo spirito non potrà mai pervenire alla purezza dell'unione divina.

2 - Costoro hanno anche la cosiddetta hebetudo mentis o rozzezza naturale, che ogni uomo contrae per il peccato, e la divagazione dello spirito alle cose esteriori, la quale conviene che s'illustri, rischiari e raccolga con le pene e le angustie della notte spirituale. Tutti coloro che non sono usciti dallo stato di proficienti, hanno queste imperfezioni abituali, che sono incompatibili con lo stato perfetto di unione amorosa con Dio.

3 - Nelle imperfezioni attuali non cadono tutti allo stesso modo. Quelli che traggono questi beni spirituali all 'esterno, rendendoli molto familiari al senso, vanno soggetti più che altri agli inconvenienti e ai pericoli da noi enumerati in principio. Poiché, avendo essi a piene mani tante comunicazioni e apprensioni nel senso e nello spirito, bene spesso accade che ricevano visioni immaginarie e spirituali, e provino gustosi sentimenti da parte del demonio o della loro immaginazione. Anzi il demonio suole imprimere e suscitare quelle apprensioni e sentimenti con tanto gusto che, se essi non usano cautela con umiliarsi e difendersi fortemente in fede, assai facilmente sono rapiti fuori di sé e tratti in inganno. Sovente, infatti, il maligno li induce ad accogliere per vere molte vane visioni e false profezie, procurando di far loro credere che Dio e i Santi parlino con essi; molte volte poi credono alla propria fantasia. Di più il demonio suole riempirli di presunzione e di superbia, di modo che, spinti dalla vanità e dall 'arroganza si lasciano vedere in atti esterni che sembrano di santità, quali sono le estasi ed altre apparenze. Diventano altresì arditi con Dio, perdendo quel santo timore che è la chiave e la custodia di tutte le virtù. In certuni poi la falsità e gli inganni sogliono moltiplicarsi ed invecchiarsi a tal segno, che è molto dubbio il loro ritorno al puro cammino della virtù e del vero spirito: e in tale abisso di miserie vengono a cadere,

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perché. si diedero con eccessiva sicurezza alle apprensioni e ai sentimenti spirituali, mentre cominciavano a progredire nel cammino dello spirito.

4 - Avrei tanto da dire circa le imperfezioni di costoro, e vorrei dimostrare come esse sono più incurabili, perché da loro sono credute più spirituali delle prime; ma preferisco non aggiungere altro. Solamente, a provare la necessità della notte spirituale per chi deve passare avanti, dirò che nessuno, almeno di questi proficienti, per quanto bene si sia tenuto a freno, è immune da molte di quelle passioni naturali e abiti imperfetti, per i quali abbiamo già detto essere necessaria che preceda la purificazione per disporsi all'unione divina.

5 - Oltre a ciò si noti, come abbiamo già detto, che partecipando ancora la parte inferiore nelle comunicazioni spirituali, queste non possono essere così intense, pure e forti, come si richiedono per l 'unione con Dio. Quindi, per giungere a questa, bisogna che l'anima passi nella seconda notte dello spirito, dove spogliando perfettamente il senso e lo spirito di ogni apprensione e gusto, viene fatta camminare in oscura e pura fede; la quale è il mezzo proprio e adeguato con cui l 'anima si unisce a Dio, secondo il detto del Profeta Osea: Io ti sposerò, ossia ti unirò a me, per mezzo della fede (Os 2 , 20 ).

2N CAPITOLO 3

ANNOTAZIONI PER LE COSE SEGUENTI

1 - I proficienti, adunque, hanno ormai trascorso del tempo nutrendo la parte sensitiva di dolci comunicazioni, affinché adescata e addolcita dal gusto spirituale che riceveva dallo spirito, si conformasse ed unisse a questo, mangiando, per così dire, ciascuno a modo suo, uno stesso cibo e ad uno stesso piatto di un solo supposto e soggetto. Adesso, quindi, essendo il senso e lo spirito in certo modo uniti e conformi, si trovano disposti a soffrire l 'aspra e dura purgazione che li aspetta, nella quale queste due parti dell'anima dovranno completamente purificarsi: perché l'una non si purifica mai bene senza l'altra, e la purgazione del senso non è efficace, se non quando incomincia di proposito quella dello spirito. Perciò la notte del senso può e deve chiamarsi una certa riforma e un raffrenamento degli appetiti, piuttosto che purgazione. La ragione è che tutte le imperfezioni e i disordini della parte sensitiva attingono la loro forza nello spirito [hanno l a

lo ro fo r za e ra d ice ne l lo s p i r i to ] , dove hanno radice gli abiti buoni e cattivi; e perciò, finché questi ultimi non si purgano, nemmeno le ribellioni e i sinistri del senso si possono ben purgare.

2 - Nella notte seguente si purificano ambedue le parti insieme: e a questo fine era necessario che il senso passasse per la riforma della prima notte e giungesse alla calma che ne seguì, acciocché, unito con lo spirito, tutt'e due ora si purghino e patiscano con maggior fortezza. Ed invero, per sì gagliarda e amara purificazione occorre una disposizione tanto grande che, se la fiacchezza della parte inferiore non si fosse prima riformata, e non avesse preso vigore in Dio col dolce e dilettevole tratto che in seguito ebbe con Lui, la natura non avrebbe capacità e forza per sopportarla.

3 - Il tratto che i proficienti hanno con Dio è ancora molto basso, non avendo essi purificato e illuminato l'oro dello spirito. Ancora intendono, parlano e sanno di Dio come fanciulli, per dirla con le parole di San Paolo (1C or 13 ,11 ), perché non sono giunti alla perfezione, cioè all'unione di amore con Dio, per la quale come adulti opereranno grandi cose nel loro spirito, quando ormai le loro opere e potenze saranno più divine che umane. Il Signore volendo spogliarli di fatto dell'uomo vecchio e rivestirli del nuovo che, al dire dell'Apostolo (E f 4 ,23 -24) , è creato secondo Dio nella novità del senso, denuda

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loro le potenze, le affezioni e i sentimenti, sì spirituali che sensibili, esterni ed interni, lasciando l'intelletto al buio, la volontà all'asciutto, vuota la memoria e gli affetti dell'anima in somma afflizione, amarezza ed angustia, privando la medesima del sapore dei beni spirituali che prima gustava: la quale privazione è uno dei principi che si richiedono nello spirito, perché s'introduca in esso la forma spirituale dello spirito, che è l 'unione di amore. Tutto ciò il Signore opera nell’anima per mezzo di una pura ed oscura contemplazione, come ella lo spiega nella prima strofa. Questa, benché sia stata dichiarata a proposito della prima notte del senso, l'anima principalmente l'intende rispetto alla seconda [quella] dello spirito, la quale è la parte principale della sua purificazione. Pertanto riporteremo qui la strofa, dichiarandola un'altra volta.

2N CAPITOLO 4

SI RIPORTA LA PRIMA STROFA CON LA SUA DICHIARAZIONE

In una notte oscura,Con ansie, d'amor tutta infiammata,Oh felice ventura!Uscii né fui notata,Stando già la mia casa addormentato.

1 - Intendendo ora questa strofa a proposito della purgazione, contemplazione, nudità o povertà di spirito (che qui tutto ciò è quasi una stessa cosa), la possiamo dichiarare nella seguente maniera, immaginando che l'anima dica così: Nella povertà, nell'abbandono e nel distacco da tutte le mie apprensioni, mentre cioè era ottenebrato il mio intelletto, angustiata la volontà, afflitta la memoria, mi affidai all'oscurità della pura Fede, che è notte buia per queste mie potenze. E con la sola volontà, tocca dal dolore, dagli affanni e dalle ansie di amore di Dio, uscii da me stessa, ossia dal mio basso modo d'intendere, e dalla mia fiacca e scarsa maniera di amare e gustare Dio, senza che né la sensualità né il demonio me lo impedissero.

2 - Ciò fu per me una grande fortuna, una sorte felicissima; poiché, essendosi annichilite le mie potenze e calmate le passioni, gli appetiti e gli affetti miei, con cui bassamente sentivo e gustavo di Dio, uscii dalla mia meschina operazione e dal tratto umano ad un più vero commercio con Dio. In altre parole, il mio intelletto uscì da sé, cangiandosi da umano e naturale in divino; perché, unendosi a Dio per mezzo della purgazione, non intende più per proprio vigore e lume naturale, ma per la divina sapienza con la quale si unì. La mia volontà uscì da sé diventando divina, perché, unita col divino amore, non più ama bassamente con la sua virtù naturale, ma con la forza e la purezza dello spirito Santo: e perciò intorno a Dio non opera più umanamente. Del pari la memoria si è trasformata in eterne apprensioni di gloria. Finalmente tutte le forze e gli affetti dell'anima, per mezzo di questa notte e purgazione dell'uomo vecchio, si rinnovano con diletti di tempra divina.

Segue il verso:In una notte oscura.

2N CAPITOLO 5

SI COMINCIA A DICHIARARE COME QUESTA CONTEMPLAZIONE OSCURA , NON SOLO È NOTTE PER L 'ANIMA, MA ANCHE PENA E TORMENTO

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1 - Questa notte oscura è un influsso di Dio nell'anima che la purga dalle sue ignoranze e imperfezioni abituali, naturali e spirituali, e che i contemplativi chiamano contemplazione infusa o mistica teologia. In essa Dio segretamente ammaestra I' anima nella perfezione dell'amore, senza che ella faccia alcunché né intenda come sia questa contemplazione. La sapienza amorosa di Dio è quella che produce meravigliosi effetti nell'anima, poiché, purgandola e illuminandola, la dispone all'unione di amore con Dio; e quindi la stessa amorosa sapienza, che purga gli spiriti beati illuminandoli, è quella che purifica e illumina l'anima in questa notte.

2 - Ma qui nasce un dubbio. Perché mai l 'anima chiama notte oscura quella luce divina che la rischiara e purga dalle sue ignoranze? Rispondo che per due ragioni la divina Sapienza non solo è notte e tenebre per l 'anima, ma anche pena e tormento. La prima, per l 'altezza della Sapienza divina che eccede la capacità dell'anima, ed è perciò tenebre per essa: la seconda, per la bassezza e impurezza dell'anima stessa, onde la detta sapienza le diventa penosa, afflittiva, ed anche oscura.

3 - Per prova della prima, conviene riferirsi alla dottrina del Filosofo, il quale afferma che quanto più le cose divine sono chiare e manifesta in se stesse, tanto più sono naturalmente oscure e occulte per l 'anima: come la luce, quanto più è, viva, tanto più abbaglia la pupilla della civetta; o come il sole che, mirato in pieno meriggio, acceca la potenza visiva per l 'eccesso del suo splendore. Per la qual cosa, quando la divina luce di contemplazione investe l 'anima non ancora pienamente illuminata produce in lei tenebre spirituali, perché non solo la soverchia, ma anche le toglie ed oscura l'atto della sua intelligenza naturale. Quindi S. Dionigi e altri teologi mistici chiamano la contemplazione infusa raggio di tenebra per l'anima non illuminata e purgata, perché la forza naturale dell'intelletto viene vinta e privata del proprio lume dalla gran luce soprannaturale di quel raggio. Per il che anche Davide disse: Intorno a Dio v'è oscura nube (S al 96 ,2 ) non perché in sé sia così, ma rispetto al nostro debole intelletto, che in una luce tanto immensa resta offuscato, accecato, non potendo riceverla. E altrove lo stesso Davide dichiara meglio la cosa, dicendo: Per il grande splendore di sua presenza si frapposero le nubi (S al 17 ,13 ); cioè tra Dio e il nostro intelletto. Allorché, dunque, Dio invia all'anima non ancora trasformata un raggio della sua segreta sapienza, le sparge tenebre nell'intelletto.

4 - Che poi l 'oscura contemplazione sia anche penosa per l'anima in questi principi è evidente. Infatti, mentre questa divina contemplazione infusa ha molti pregi eccellenti al sommo, l'anima che la riceve invece, non essendo purgata, ha molte ed estreme miserie; quindi è che, non potendo due contrari trovarsi in un medesimo soggetto, l 'anima necessariamente deve patire, perché essa è il soggetto in cui quei due estremi opposti si cozzano tra loro, a motivo della purgazione che sta avvenendo in lei per mezzo della contemplazione. Il che proveremo per via d'induzione in questo modo.

5 - Primieramente, essendo la luce e la sapienza della contemplazione molto chiara e pura, l 'anima da essa investita, fosca ed immonda com'è, deve soffrire gran pena nel riceverla, come gli occhi malati o impuri per qualche cattivo umore patiscono grave molestia sotto l'impressione di una viva luce. Ma la pena che l'anima prova a causa della sua impurezza, quando è illuminata davvero della divina luce, è addirittura immensa; perché, mentre questo puro raggio tutta l 'investe a fine di nettarla dalle sue macchie, l 'anima si sente a tal punto miserabile e impura da sembrarle che Dio si sia messo contro di lei, e che essa sia divenuta contraria a Lui. Questo dubbio d'essere ributtata da Dio è causa d'indicibile affanno e dolore; anzi aggiungo che uno dei più gravi tormenti che il santo Giobbe soffriva, mentre era duramente provato dal Signore, era appunto quell'angoscioso pensiero che lo fece esclamare: Perché

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mi hai posto come contrario a te, e sono diventato grave a me stesso? (Gb 7 ,20 ) . L'anima, vedendo chiaramente (benché al buio) la sua impurezza per mezzo di quella limpida e pura luce divina conosce ad evidenza di non essere degna di Dio, né di creatura alcuna; e quel che più l'affligge è il pensare che non lo sarà mai, e che già è finito per lei ogni bene. Tutto ciò dipende dal fatto che la sua mente è immersa nella profonda cognizione e sentimento dei suoi mali e delle sue miserie: poiché la divina luce gliele mette tutte sott'occhio, affinché si persuada che di suo non potrà mai avere altro di meglio. Possiamo intendere in questo senso quel testo di Davide che dice: Per mezzo dell'iniquità hai corretto l'uomo, ed hai fatto sì che l'anima sua si consumasse a guisa di ragno (S al 38 ,12 ) .

6 - La seconda causa per cui l 'anima soffre è la sua debolezza naturale, morale e spirituale. Difatti, poiché la divina contemplazione l'investe con qualche forza a fine di domarla e rinvigorirla, l 'anima patisce tanto nella sua fiacchezza, che viene quasi a mancare, specialmente alcune volte quando è investita con un po' di violenza. Allora il senso e lo spirito, come oppressi da un peso sconosciuto e immenso, talmente agonizzano che preferirebbero la morte, come il sollievo e il partito migliore. Avendo sperimentato ciò, il santo Giobbe diceva: Non voglio che Egli mi tratti con molta forza, perché non mi opprima sotto il peso di sua grandezza (Gb 23 ,6 ) .

7 - Per l'oppressione di questo peso, l 'anima si sente tanto lontana dall'essere favorita da sembrarle, ed è così, che anche le cose stesse in cui trovava qualche appoggio siano sparite con tutto il resto e che nessuno si muova a pietà di lei. Al qual proposito Giobbe dice anche: Abbiate compassione di me, almeno voi, amici miei, perché la mano del Signore mi ha toccato (Gb 19, 21 ) . Veramente è cosa che fa molta meraviglia e pietà insieme che la debolezza e l 'impurezza dell'anima sia tanta che, pur essendo la mano del Signore per se stessa blanda e soave, l 'anima nondimeno la senta sì grave e contraria; e ciò, quando Dio non già, posa o calca la mano su di lei. ma la tocca soltanto, e con tocco di misericordia, per favorirla, e non per castigarla.

2N CAPITOLO 6

ALTRE PENE CHE L 'ANIMA PATISCE IN QUESTA NOTTE

1 - L'anima patisce anche in una terza maniera, cioè a causa dei due estremi, il divino e l'umano, che qui si uniscono: il divino è la contemplazione purgativa, l 'umano è il soggetto dell'anima stessa. Ora, poiché il divino investe l 'anima a fine di rinnovarla e renderla divina, mentre la spoglia delle affezioni abituati e delle proprietà dell'uomo vecchio col quale ella è molto unita e conformata, non solo l'assorbe in profonde tenebre, ma anche le sminuzzane disfà là sostanza spirituale, in guisa che l'anima si sente consumare e struggere alla vista delle sue miserie, provando una crudele morte di spirito. Le accade come se, inghiottita da una bestia, si sentisse digerire nel ventre tenebroso di essa, soffrendo terribili angustie come Giona nel ventre di quel mostro marino (Gn 2,1 ): eppure le conviene stare in questo sepolcro di oscura morte, per la spirituale risurrezione che l'aspetta.

2 - Davide descrive il modo di queste pene, quantunque in verità esse siano fuori di modo, dicendo: Mi circondarono i dolori della morte, i dolori dell'inferno mi attorniarono, e nel tempo della mia tribolazione alzai grida al Signore (S al 17 ,5 - 7 ). Ciò che per altro affligge di più l'anima in tale stato, è il sembrarle evidente che Dio l'abbia riprovata e, aborrendola, l 'abbia gettata nelle tenebre: e certamente, non v'è pena tanto grave per lei, quanto il pensiero di essere stata abbandonata da Dio. Anche Davide sperimentò una pena simile, e l 'espresse in questi termini: Alla maniera che gli uccisi

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dormono nei sepolcri, dimenticati da te ed esclusi dalla tua cura: così posero me in una fossa profonda, in luoghi tenebrosi e nell’ombra di morte; il tuo furore si aggravò sopra di me, e tutte le tue procelle scaricasti sul mio capo (S al 87 .5- 7) . E veramente, quando la contemplazione purgativa opprime, l 'anima prova molto al vivo l'ombra di morte e i gemiti di morte e i dolori. dell'inferno, che consistono in sentirsi senza Dio, punita, ripudiata e indegna di Lui, e nel credere che Egli sia sommamente sdegnato contro di lei. Tutto ciò l'anima sente in questo stato. Ma v’è di più: le sembra che così sarà per sempre.

3 - Sente poi il medesimo abbandono e disprezzo da tutte le creature, particolarmente da parte degli amici. Onde nel citato salmo Davide prosegue, dicendo: Allontanasti da me i miei amici e conoscenti; ed essi mi ebbero in abominio (Sal 87,9). Il Profeta Giona, come quegli che ben aveva sperimentato corporalmente e spiritualmente le surriferite pene, così le descrive: Mi gettasti nel profondo, nell'abisso del mare, e la corrente mi circondò; tutti i suoi gorghi, tutti i suoi flutti passarono sul mio capo, e dissi: Sono scacciato dalla presenza dei tuoi occhi; nondimeno vedrò un'altra volta il Tempio tuo santo (il che dice, perché Dio qui purifica l'anima affinché possa vederlo). Le acque da ogni parte mi penetrarono fino all'anima, l'abisso mi cinse, il pelago mi coprì la testa; discesi alle estreme radici dei monti, i chiavistelli della terra si chiusero su di me per sempre ( Gn 2 ,4 - 7 ). Per questi chiavistelli s'intendono, al nostro proposito, le imperfezioni dell'anima, che le impediscono di godere la saporosa contemplazione.

4 - La quarta maniera di pena è cagionata da un'altra eccellente proprietà dell'oscura contemplazione, cioè dalla sua maestà e grandezza, che fa nascere nell'anima il sentimento dell'altro estremo, del suo estremo d'intima povertà e miseria: il qual sentimento è una delle principali pene che ella soffre in questa purgazione. Sente in sé, un profondo vuoto e povertà circa le tre sorta di beni che sono ordinati a dilettare l'anima, cioè temporali, naturali e spirituali; perché si vede posta nei mali contrari, ossia nelle miserie d'imperfezioni e aridità, nei vuoti delle apprensioni delle potenze, e nell’abbandono dello spirito fra le tenebre. Stante che, infatti, Dio purga qui l 'anima secondo la sostanza sensitiva e spirituale, e secondo le potenze interne ed esterne, è necessario che la lasci arida, vuota e in tenebre: la parte sensitiva si purifica nelle aridità, le potenze nel vuoto delle loro apprensioni, lo spirito in fitte tenebre.

5 - Tutto ciò Dio opera per mezzo di questa oscura contemplazione. Qui l 'anima, non solo patisce la mancanza e la sospensione di quei naturali appoggi ed apprensioni (il che è un patire molto angoscioso, come se uno fosse impiccato o tenuto in aria in modo che non possa respirare), ma anche si purifica, come fa il fuoco con la ruggine e l 'ossido del metallo, dalle scorie di tutte le passioni e abiti imperfetti che ha contratto nella vita trascorsa. Essendo questi molto radicati nella sostanza dell'anima, ella suole patire, oltre la detta povertà e vuoto naturale e spirituale, un grande e tormentoso disfacimento interiore, acciocché si avveri qui il testo di Ezechiele che dice: Raduna e accatasta le ossa a cui darò fuoco; si consumeranno le carni e si cuocerà tutto l'insieme e le ossa si sfarineranno (Ez 24 ,10 ) . Nelle quali parole s'intende la pena che si soffre per il vuoto e la povertà della sostanza dell'anima sensitiva e spirituale. E intorno a ciò subito soggiunge: Mettila pure così vuota sopra i carboni accesi, affinché il suo rame si arroventi e si fonda, e in mezzo di essa si strugga il suo sudiciume, e si consumi la sua ruggine (Ez 11,). Da ciò si può inferire il grave tormento che l'anima patisce nella purgazione del fuoco di questa contemplazione; poiché il profeta dice che, per purificare e distruggere la ruggine delle affezioni che risiedono in mezzo all'anima, è necessario in certo modo che ella stessa si annichili e disfaccia, secondo che è connaturata con quelle passioni e imperfezioni.

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6 - In tale fucina l'anima si purifica come l'oro nel crogiolo, secondo il detto del Savio (S ap 3 ,6 ) , e sente liquefarsi grandemente nella propria sostanza consumandosi quasi in estrema povertà. Ciò può anche dedursi da quello che a tal proposito Davide dice di sé, gridando a Dio con queste parole: Salvami, o Signore, poiché le acque mi sono entrate fino all'anima; sono fitto in profondissimo fango che non ha consistenza; sono calato negli abissi del mare, e la tempesta mi ha sommerso; sono stanco di gridare, la mia voce è affievolita, gli occhi mi si sciolsero in pianto, ma spero nel mio Dio (S al 68 ,1 - 4 ). Con tali pene Dio umilia molto l'anima, ma per poi innalzarla altrettanto. Del resto la sua provvidenza dispone che, quando i penosi sentimenti si ravvivano con più veemenza nell'anima, presto anche si assopiscano, perché se così non fosse, ella in breve si scioglierebbe dal corpo; ma, ripeto, i tratti di tempo nei quali l 'anima sente tutta la sua intima viltà sono ad intervalli. Alcune volte però ella prova così al vivo il sentimento della sua bassezza, che le sembra di vedersi aperto dinanzi l 'inferno e la perdizione. E davvero può dirsi che coloro che sono provati in tal guisa, discendano all’Inferno da vivi, e che facciano in questa vita quel purgatorio che dovrebbero fare nell'altra. E perciò l'anima che passa per lo stato di contemplazione di cui parliamo, o non entrerà in purgatorio, o vi sarà trattenuta ben poco, perché giova più un'ora di pena di qua che molte di là.

2N CAPITOLO 7

PROSEGUENDO LA STESSA MATERIA SI PARLA DI ALTRE AFFLIZIONI E ANGUSTIE DELLA VOLONTÀ

1 - Nella notte dello spirito le afflizioni e le angustie della volontà sono immense, tanto che alcune volte trafiggono l’anima con l’improvvisa memoria dei mali in cui si vede, e con l’incertezza del rimedio. Aggiungasi a ciò il ricordo delle passate prosperità, poiché ordinariamente quelli che entrano in questa notte hanno già goduto molti diletti in Dio, e gli hanno reso parecchi servizi, e quindi provano maggior dolore al vedersi tanto lontani da quel bene, senza più speranza di ricuperarlo. Anche il santo Giobbe sperimentò alcunché di simile e lo espresse in questi termini: Io, quello stesso che una volta ero sì ricco e felice, all’improvviso fui ridotto in polvere. Egli mi afferrò per la nuca, m’infranse e mi pose a suo bersaglio. Mi ha cinto con le sue lance, ha impiagati i miei fianchi: non mi risparmiò, e sparse in terra le mie viscere. Mi ha lacerato con ferite sopra ferite; mi si avventò contro, qual forte gigante. Ho cucito un sacco sulla mia pelle, e ricoperto di cenere la mia carne; il mio volto è gonfio dal pianto e mi si offuscarono gli occhi

2 - Così numerose e acerbe sono le pene di questa notte, e tanti sono i testi della Scrittura che a tal proposito si potrebbero allegare, che ci mancherebbero il tempo e le forze per scriverli, e poi senza dubbio tutto ciò che si può dire è sempre poco; però dai testi già citati potremo farcene una qualche idea. Per concludere questo verso e per far meglio comprendere ciò che è questa notte dello spirito, riporterò quello che ne dice Geremia, con le seguenti parole piene di pianto: Io sono tal uomo che vedo la mia povertà sotto la verga dell'ira sua. Mi ha condotto e tratto dalle tenebre, e non alla luce. Non ha fatto altro che voltarmi e rivoltarmi tra le sue mani continuamente: ha fatto invecchiare la mia pelle e la mia carne: ha stritolato le mie ossa; ha alzato un muro intorno a me, e mi ha circondato di amarezze e di affanni. Mi collocò in luoghi tenebrosi, come quei che sono morti per sempre. Mi serrò con mura all'intorno, perché io non ne esca; aggravò i ceppi al mio piede. Ed oltre a ciò, quando io con alte grida lo pregherò, avrà già escluso la mia orazione. Chiuse le mie vie con grosse pietre squadrate, disperse le tracce dei miei sentieri. Egli è divenuto per me qual orso che sta in

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agguato, come leone nel suo nascondiglio. Ha disperso le tracce dei miei sentieri, e mi ha stritolato: mi ha abbandonato alla desolazione. Tese il suo arco e mi pose come segno ai suoi strali: nei miei reni ha confitto le frecce della sua faretra. Sono divenuto il ludibrio di tutto il mio popolo, la loro canzone per tutto il giorno. Mi ha riempito di amarezza e inebriato di assenzio. Ad uno ad uno mi ha spezzato i denti, mi ha cibato di cenere. La pace è, bandita dall'anima mia: non mi ricordo più che cosa sia il bene. Ed io dissi: Andò a vuoto il mio fine e ciò che mi aspettavo dal Signore. Ricordati della mia miseria, miseria senza limite, e dell'assenzio e del fiele. Queste cose avrò di continuo alla memoria, e l'anima mia si struggerà, dentro di me (T hr en .

3 ,1 - 20).

3 - Con tutti questi pianti che Geremia fa sopra i suoi dolori e travagli, dipinge molto al vivo ciò che l'anima patisce nella purgazione della notte spirituale. Ben merita tutta la nostra compassione l'anima confinata da Dio in questa tempestosa e orrenda notte. È vero, sì, che ella ha incontrato una sorte assai felice, a motivo degli inestimabili beni che da tal notte le dovranno provenire allorché, come dice Giobbe, Dio susciterà dalle tenebre, beni immensi, e convertirà in luce l'ombra di morte (Gb 12 ,22 ); di modo che, secondo il detto di Davide, la luce dell'anima sarà uguale alle precedenti sue tenebre (S al 138 ,12 ) . Ma, ciò nonostante, e per la pena atroce che soffre attualmente, e per la grande incertezza del rimedio, è degna di grande commiserazione e pietà. Ella crede, al pari di Geremia, che i suoi mali non dovranno aver fine, sembrandole, come dice anche Davide, che Dio l'abbia collocata nelle tenebre come i morti in eterno; ond'è che il suo spirito n'è angustiato e il cuore turbato dentro di lei (S al 142 ,4 ) . Inoltre, a cagione del solitario abbandono della presente notte, si aggiunge il non trovare consolazione e appoggio in alcuna dottrina, né in nessun maestro spirituale; poiché, quand'anche altri faccia tutto il possibile per dimostrarle i motivi che essa ha di confortarsi in vista dei beni racchiusi nelle sue pene, non riesce a persuadersi. Essendo affatto assorbita e immersa in quel sentimento di mali, nel quale vede in modo chiarissimo le proprie miserie, pensa che coloro che le suggeriscono parole d'incoraggiamento, lo facciano perché, non vedendo ciò ch'ella vede e sente, non possono arrivare ad intenderla, e quindi, invece di conforto, ne ricava piuttosto nuovo dolore, sembrandole che non sia quello il rimedio del suo male. Ed invero è proprio così, perché fintanto che il Signore non finisce di purgarla nella maniera da Lui voluta, non c'è alcun rimedio che valga a lenire il suo dolore. Tanto più se si rifletta che l'anima in queste condizioni può molto poco, a guisa di chi è rinchiuso in un oscuro sotterraneo con i piedi e le mani legate, senza potersi muovere né vedere, né ricevere alcun aiuto da chicchessia: e ciò, finché lo spirito non si ammorbidisca, si umili e purifichi, e si renda tanto sottile, semplice e delicato che possa divenire tutta una cosa con lo spirito di Dio, secondo il grado di amorosa unione, che la divina misericordia vorrà concedergli: ché, in conformità di questo grado, la purgazione è più o meno intensa, di maggiore o minore durata.

4 - Ma se la purgazione ha da essere efficace e vera, per forte che sia, dura alcuni anni. Però, frattanto, vi sono intervalli di sollievo, nei quali l 'oscura contemplazione, così disponendo il Signore, lascia di investire l'anima in modo purgativo, e l'investe in maniera illuminativa e amorosa. Allora l'anima, come libera dal carcere e sciolta dalle catene, si ricrea in santa libertà e larghezza di spirito, e gusta grande soavità di pace e di amorosa familiarità con Dio, con facile abbondanza di comunicazioni spirituali. Questo è per lei un indizio della salute che la purgazione va operando in lei, e un presagio dell'abbondanza che essa spera; tanto anzi, che alle volte le sembrerà che ormai tutti i suoi travagli siano finiti. Poiché le cose spirituali, quando più duramente lo sono, sogliono essere di tal fatta, che se si tratta di pene, l'anima crede di non doverne più uscire, e che non vi sarà più bene per lei, come si è visto dai testi scritturali che abbiamo riportati; quando poi ella si trova tra i

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beni spirituali, le sembra che ormai i suoi mali abbiano avuto termine e che i suoi beni non verranno mai meno; il che Davide confessa di aver creduto nel tempo della prosperità dicendo: Io dissi nella mia abbondanza: non mi muoverò giammai (S al 29 ,7 ) .

5 - Questo accade, perché l’attuale possesso di un contrario nello spirito, di per sé rimuove l’attuale possesso e il sentimento dell'altro contrario, ciò che non avviene allo stesso grado nella parte sensitiva, perché la sua apprensione è debole. Ora, non essendo lo spirito ancora ben purgato dalle affezioni che ha contratto dalla parte inferiore, benché in quanto spirito non si muti, tuttavia, in quanto è affetto da esse, potrà mutarsi col soggiacere a gravi pene, come avvenne a Davide, che dopo il tempo della sua abbondanza da cui gli pareva di non dover essere più rimosso, passò a soffrire molte afflizioni e dolori. Così pure, quando l'anima si vede fornita di beni spirituali in gran copia, non riuscendo a vedere la radice dell'imperfezione e dell’impurezza che le resta, pensa che i suoi travagli siano finiti.

6 - Però questo pensiero le passa in mente il meno delle volte, poiché fino a quando la purgazione spirituale non sia perfetta, assai di rado la soave comunicazione suol essere tanto abbondante da nasconderle quella radice d'impurezza rimasta, e da far sì che l'anima non senta nel suo interno che le manca o sta per succederle un non so che, il quale non le permette di gustare completamente di quel sollievo. Sente dentro di sé, direi quasi, un nemico che, sebbene sua quieto e addormentato, fa temere che tornerà a destarsi e farne qualcuna delle sue. Infatti così è, poiché quando l'anima è più sicura e meno se l'aspetta, il nemico di nuovo l'assale e l'ingoia, riducendola in condizioni peggiori, più dure e lacrimevoli del passato, le quali dureranno un altro spazio di tempo, forse più lungo del primo. E qui l 'anima viene a credere un’altra volta che tutti i beni siano scomparsi per sempre: ché l'esperienza del bene goduto dopo il primo travaglio, durante il quale era afflitta dal medesimo pensiero, non basta a rassicurarla, in questo secondo affanno, che tutto il bene non è finito per lei, ma tornerà come l'altra volta. Quella triste persuasione dell'anima nasce, ripeto, dall'attuale apprensione dello spirito, la quale annichila in esso ogni opposto sentimento di gaudio.

7 - Questa è la causa per cui le anime del purgatorio sono tormentate da gravi dubbi circa la loro liberazione e il termine delle loro pene. Sebbene abbiano abitualmente le tre virtù teologali, fede, speranza e carità, nondimeno l'attuale sentimento delle pene e della privazione di Dio, non permette loro di godere dell'attuale conforto di queste virtù. E quantunque conoscano di amare il Signore, questa cognizione non le consola, perché ad esse non sembra di esserne riamate, reputandosi indegne di amore. Che anzi, vedendosi prive di Lui e oppresse dalle loro miserie, credono di avere in sé tanto male da meritare di essere aborrite e scacciate per sempre da Dio con molta ragione [Ognuno è l i be ro d i d i s s en t i re da c iò ch e si d i c e in ques to b rano . Fo rs e i l S . Do t to re , p iù che un 'op in ione p ropr i a ,

r i f e r i sce que l l a d i poch i t eo log i , e s e ne s er ve pe r i s t i t u i re una compa raz ione ada t t a e u t i l e a l s uo i n t en to . C omunque

cer to è che eg l i qu i non t r a t t a d i p r opos i t o de l l e pene de l Pu rga to r io , m a de l l e pene de l l ' an ima ne l l a No t t e o s cu ra ] . Non altrimenti, l 'anima posta nella purgazione della notte oscura, ancorché sappia che vuol bene a Dio e che darebbe mille vite per Lui (ed infatti tali anime nei loro patimenti amano veramente il Signore di un amore efficace), tuttavia non trae conforto da questo pensiero, anzi pena maggiore. Poiché, mentre ella ama il Signore, tanto che non ha altra cosa più a cuore, d'altra parte si vede troppo miserabile per credere che Dio l’ami e, lungi dal trovare in sé qualche merito per essere amata, scopre piuttosto molti motivi di essere aborrita, non solo da Lui, ma da qualsivoglia creatura; e quindi si duole di scorgere in sé ragioni tali, che la rendono degna di essere ripudiata da Colui che essa pur tanto ama e desidera.

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2N CAPITOLO 8

ALTRE PENE CHE AFFLIGGONO L 'ANIMA NELLA NOTTE DELLO SPIRITO

1 - Un'altra cosa che molto contrista e tormenta l’anima è che l'oscura notte le tiene le potenze e gli affetti così impediti, che non può innalzare come prima l’affetto e la mente a Dio, né lo può pregare, sembrando a lei, come a Geremia, che Dio le abbia posto una nube davanti, perché non passi la sua orazione (T hren . 3 ,44 ) : il che equivale a ciò che lo stesso Profeta dice nel testo già allegato: Chiuse le mie vie con grosse pietre squadrate (T hren . 3 ,9 ) . Se poi alcune volte prega, ciò avviene con tanta aridità e insipidezza, che le pare che Dio non l'ascolti e non faccia caso di lei, come il Profeta aggiunge nel medesimo testo, dicendo: Quando io con alte grida lo pregherò, avrà già escluso la mia orazione (T hre n . 3 ,8 ) . In verità, non è questo il tempo di parlare con Dio, ma di mettere, a detta di Geremia, la bocca nella polvere (T hren . 3 ,29 ) , e vedere sei mai spuntasse qualche barlume di attuale speranza, soffrendo con pazienza la propria purgazione. Dio è quegli che ora agisce nell'anima: e perciò essa non può nulla. Non è capace di pregare o assistere con attenzione alle cose divine, e neppure di attendere a qualsiasi faccenda temporale ; anzi bene spesso va soggetta a tali divagazioni e sì profondi oblii nella memoria, che le trascorrono molti tratti di tempo senza sapere poi ciò che abbia fatto o pensato, né che cosa sia quello che sta facendo od è per fare, né può stare attenta, per quanto voglia, a cosa alcuna che faccia.

2 - La ragione è che in questo stato, non solo l'intelletto si purga dal suo lume e la volontà dai suoi affetti, ma anche la memoria dai suoi discorsi e notizie; e perciò conviene che pure la memoria sia annichilita intorno a dette cose, affinché si adempia ciò che Davide afferma essergli accaduto in questa purgazione: Io fui annichilito, e non seppi (S al 72 ,21 ) . Questo non sapere si riferisce alle alienazioni e dimenticanze della memoria, le quali sono causate dall'interno raccoglimento in cui la contemplazione assorbe l'anima. Ed invero, affinché l'anima sia temprata e disposta alla divina unione di amore, era necessario che primieramente ella fosse immersa con le sue potenze nell'oscura luce spirituale di contemplazione, e così fosse astratta da tutti gli affetti ed apprensioni delle creature: il che regolarmente dura a seconda dell'intensità di essa luce. Onde, quanto più semplicemente e puramente questa divina luce investe l 'anima, tanto più l'ottenebra, la vuota e l'annichila circa le sue apprensioni e i suoi affetti particolari, riguardanti sì le cose celesti che le terrene; ed all'opposto, quanto meno è pura e semplice nell'investirla, tanto meno la priva, e le si rende meno oscura. Pare incredibile che la luce soprannaturale e divina tanto più offuschi l 'anima quanto più possiede di splendore e purezza, e viceversa: ma ciò ben s'intenderà, se si rifletta a quello che più sopra abbiamo provato circa la sentenza del Filosofo, vale a dire che le cose soprannaturali riescono oscure al nostro intelletto, a misura che in sé sono chiare e manifeste.

3 - Ed affinché ciò s'intenda meglio, ci serviremo d'un paragone tra la luce divina e quella naturale. Osserviamo un raggio di sole che entra da una finestra. Quanto più esso è limpido e puro di atomi, tanto meno chiaramente si vede; e quanto più l'aria è ingombra di pulviscoli, tanto più il raggio sembra luminoso al nostro occhio. La causa, di ciò è perché la luce non si vede per se stessa, ma è, il mezzo col quale si vedono le altre cose, quando le investe; in questo caso, anch'essa si vede, ma solamente per il riverbero che in quelle produce. Di modo che, se, per ipotesi, un raggio solare, entrando da una finestra di una stanza, passasse dall'una all'altra parte senza incontrare alcun oggetto, neppure i pulviscoli dell'aria, il raggio non si vedrebbe affatto, né la stanza sarebbe più illuminata di prima; anzi, se si osserva bene, vi è più oscurità là dove c'è il raggio, perché questo attenua e oscura un po' l'altra

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luce, mentre esso non si vede, perché, come abbiamo detto, non vi sono oggetti visibili in cui possa rifrangersi.

4 - Alla stessa guisa il divino raggio della contemplazione opera nell'anima. Investendola con la sua luce divina, eccede la luce naturale di essa, e con ciò la offusca e priva di tutte le apprensioni e affetti naturali che prima apprendeva mediante il lume naturale; e così non solo la lascia oscura, ma anche vuota secondo le potenze e gli appetiti, sì spirituali che naturali. Quindi, rimanendo l'anima nuda e al buio, viene purificata ed illuminata dalla divina luce spirituale, senza che ella si accorga di averla, ma sembrandole piuttosto di vivere fra le tenebre, precisamente come abbiamo detto del raggio che, se è puro e non ha dove battere, non appare. Ma, quando la luce divina da cui l 'anima è investita trova in che riverberare, quando cioè all’anima si offre d'intendere qualche cosa anche minima di spirituale perfezione, o di proferire qualche giudizio intorno al vero o al falso, ella subito vede la cosa e la capisce molto più chiaramente di quel che avrebbe fatto prima di trovarsi tra le presenti oscurità. Così pure, conoscendo con facilità un'imperfezione che le si presenti, si accorge anche della luce spirituale che ha: come il raggio di cui abbiamo parlato, il quale non si vede quando sta oscuro nella stanza, ma se una mano o altro oggetto lo attraversa, tosto si vede la mano e ci si accorge che c'era quella luce solare.

5 - Inoltre, essendo la luce spirituale semplice, pura e generale, non particolarizzata a nessun determinato intelligibile naturale o divino (poiché ha reso le potenze dell'anima annichilite e vuote di tutte le apprensioni), ne segue che l'anima con grande universalità e agevolezza conosce e penetra qualunque cosa terrena o celeste che le si offra. Onde l’Apostolo disse: L'uomo spirituale penetra tutte le cose, anche i profondi arcani di Dio (1C or

2 , 10 ). A questa sapienza generale e semplice si riferisce ciò che lo Spirito Santo per bocca del Savio dice: Arriva dovunque per la sua purezza (S ap 7 ,24 ); perché non si particolarizza in nessun determinato intelligibile, né in alcun affetto particolare. E questa è la proprietà dello spirito purgato e annichilito circa tutte le affezioni e intelligenze singolari, che cioè non intendendo e non gustando niente in particolare, giacendo nel suo vuoto e nelle sue tenebre, ha grande disposizione per abbracciare tutto, acciocché in lui si verifichi il detto di S. Paolo: «Nihil habentes et omnia possidentes» (2 C or 6 , 10 ); la quale felicità ben si conviene ad una tale povertà di spirito.

2N CAPITOLO 9

SI DICE CHE LA NOTTE DELLA CONTEMPLAZIONE , BENCHÉ OSCURI LO SPIRITO, LO FA PER INFONDERGLI LUCE

1 - Resta ora da dire come la notte oscura, ancorché ottenebri lo spirito, non lo fa che per illuminarlo circa tutte le cose; se lo umilia e lo rende miserabile, non è che per esaltarlo; lo impoverisce e vuota di ogni possesso ed effetto naturale, ma solo perché possa divinamente estendersi a godere di tutto ciò che è celeste e terreno, con grandissima libertà in ogni cosa. Come gli elementi, a fine di comunicarsi in tutti i composti ed enti naturali, è necessario che non abbiano alcun particolare colore, odore o sapore, perché possano concorrere con tutti i sapori, odori e colori; così conviene che lo spirito sia semplice, puro e nudo di ogni sorta di affetti naturali, sì attuali che abituali, per poter comunicare con libertà e larghezza di spirito con la divina sapienza, in cui per la sua limpidezza gusta in modo eminente i sapori di tutte le cose. Ma, senza la purgazione, in nessuna maniera lo spirito potrà gustare tutta l'abbondanza dei sapori spirituali sino ad esserne soddisfatto; perché un solo affetto che abbia, o una cosa particolare a cui sia

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legato attualmente o abitualmente, basta perché non senta né riceva il delicato e intimo sapore dello spirito di amore, che in modo eminente contiene in sé tutti i sapori.

2 - Sappiamo infatti che i figli d'Israele solo per il memore affetto che portavano alle carni ed ad altri cibi mangiati in Egitto (Es 16 ,3 ) , diventavano incapaci di trovare soddisfazione nel delicato pane degli angeli, ossia nella manna che, come dice la Scrittura, conteneva la soavità di tutti i sapori, adattandosi al gusto di ciascuno che ne mangiava (S ap 16 ,21 ) . Orbene, in maniera simile, l 'anima che è legata a qualche attuale o abituale affetto, a idee e apprensioni particolari, non può giungere a godere i diletti dello spirito di libertà, secondo che la volontà desidera. La ragione di questo è che le apprensioni, gli affetti e i sentimenti dello spirito perfetto, essendo divini, sono di genere ben diverso ed eminentemente superiori a quelli naturali; e quindi per possedere attualmente e abitualmente gli uni, si devono espellere e annientare gli altri, perché due contrari non possono andare uniti in un medesimo soggetto. Pertanto, affinché l'anima passi al godimento delle divine grandezze, è necessario primieramente che la notte oscura di contemplazione l'annichili e distrugga circa le sue bassezze, mettendola al buio, nell'aridità e nel vuoto di ogni cosa; perché la luce che le si dovrà infondere è veramente un'altissima luce divina che sorpassa ogni altra naturale, e non può essere accolta naturalmente nell’intelletto.

3 - Ne segue, quindi, che l'intelletto, a fine di unirsi alla superna luce e diventare divino nello stato di perfezione, si deve anzitutto purificare e annichilire nel suo lume naturale, ponendosi attualmente al buio per mezzo dell'oscura contemplazione. Questa oscurità, queste tenebre, devono durare tanto nell'intelletto quanto è necessario perché sia distrutto l'abito ch'esso ha contratto da gran tempo nella sua maniera d'intendere, ed in luogo di questo vi rimanga l'illuminazione della luce divina. Stante poi che quella forza d'intendere usata fin qui dall'intelletto è naturale, di necessità le tenebre che esso ora patisce sono profonde, orribili e oltremodo penose, perché sentendosi nell 'intima sostanza dello spirito, sembrano tenebre sostanziali. Similmente, poiché l'affezione di amore che l'anima dovrà avere è divina, e perciò del tutto spirituale, sottile, delicata, anzi eccedente ogni affetto e appetito naturale della volontà, conviene che questa sia purgata e annichilita in tutti i suoi affetti e sentimenti, prima che passi a gustare in unione di amore quella divina affezione, quel diletto tanto sublime, di cui non è naturalmente capace. Deve poi rimanere nella sua aridità tanto tempo, quanto e necessario a seconda dell'abito di affetti naturali che si era formato circa le cose divine ed umane: affinché, disseccata e purgata nel fuoco dell'oscura contemplazione da ogni genere di demoni (come il cuore del pesce di Tobia nella brace), abbia una disposizione pura e semplice, e il palato sano e adatto a sentire i sublimi tocchi del divino amore, nel quale si vedrà divinamente trasformata, espulse ormai tutte le cose che contrarie sia attuali che abituali che prima aveva.

4 - Notiamo altresì che, per mezzo dell'unione divina a cui viene disposta dalla notte oscura, l 'anima dovrà essere dotata di una certa gloriosa magnificenza, perché la comunicazione con Dio racchiude in sé innumerevoli beni e diletti che eccedono tutta l 'abbondanza che l'anima, fiacca ed impura com'è, può possedere naturalmente, secondo il detto d'Isaia: Né occhio vide, né orecchio udì, né cadde in pensiero umano quello che Dio preparò a coloro che lo amano ( I s 64 ,4 ) . Ciò posto, bisogna che primieramente l'anima sia ridotta in povertà di spirito, privata di ogni sostegno, conforto e apprensione naturale di qualsiasi cosa celeste e terrena, affinché così spogliata dell'uomo vecchio possa vivere una vita nuova e beata che si ottiene per mezzo della notte oscura, ed è lo stato di unione con Dio.

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5 - Di più, l 'anima dovrà giungere ad avere un sentimento ed una cognizione divina molto sublime e saporosa, intorno a tutte le cose divine e umane che non cadono nel sentimento comune e nel naturale sapere di lei: le mirerà, infatti, con occhio tanto diverso da quello di prima, quanto differisce la luce e la grazia dello Spirito Santo dal senso, il divino dall'umano. Perciò è, necessario che lo spirito si raffini e si ritiri dal comune, e naturale modo di sentire, e per mezzo della contemplazione purgativa si ponga in grande angustia e strettezza, e che la memoria sia remota da ogni amichevole, e pacifica notizia, abbia un senso molto intimo di lontananza da tutte le cose, di modo che queste le paiano affatto estranee e differenti da prima. Difatti, la notte oscura va cavando lo spirito dalla ordinaria e comune maniera di sentire le cose, per trasferirlo a quella divina, che è lontana e diversa da ogni maniera umana. Qui all'anima sembra di andare fuori di sé, in pena. Alcune volte dubita se quello che prova sia un incanto o intontimento, e si meraviglia delle cose che vede e ascolta, parendole molto strane e insolite, quantunque siano le medesime che prima ordinariamente soleva trattare. Ciò dipende appunto dal fatto che l'anima si va facendo sempre più remota dalla notizia e dal senso comune delle cose, acciocché, annichilita in questo, resti informata nel senso divino, che è più proprio dell'altra vita che della presente.

6 - L'anima patisce tutte queste afflittive purgazioni spirituali, affinché per mezzo del divino influsso si rigeneri alla vita dello spirito, e con questi dolori venga a partorire lo spirito di salute, adempiendosi così la sentenza di Isaia il quale dice: Dalla tua faccia, o Signore, abbiamo concepito, e con dolore abbiamo partorito lo spirito di salute ( I s 26 ,17 - 18). Oltre di ciò, poiché per mezzo della notte contemplativa l'anima si dispone per arrivare alla pace interiore, che è di tal natura e tanto dilettevole che, come dice la Scrittura, sorpassa ogni senso (F i l 4 ,7 ), è necessario che l'anima lasci la sua primiera pace. Ed invero, poiché questa andava accompagnata da non poche imperfezioni, non era vera pace, quantunque all'anima sembrasse tale, essendo confacente al suo gusto: era pace due volte, in quanto l'anima si sentiva ricolma delle abbondanze spirituali di questa pace del senso e dello spirito. Da questa pace imperfetta, dunque, bisogna che l'anima sia strappata, e ne senta il distacco come lo sentiva Geremia, tra le cui lamentevoli espressioni sopra ricordate leggiamo anche questa: La pace è bandita dall'anima mia (Thren. 3,17. Questa è una penosa purgazione dove ella soffre intimamente aspre battaglie e dubbi tormentosi, perché il vivo sentimento delle miserie in cui giace, le fa temere di essere perduta, e che ogni suo bene sia finito per sempre.

7 - Quindi il suo spirito è penetrato da un dolore sì profondo che la fa prorompere in forti ruggiti e urli spirituali, che sfuggono alle volte dalla bocca, e la fa sciogliere in lagrime, quando ha la forza e il potere di farlo; ma raramente gode di questo sollievo. Davide, che purtroppo aveva sperimentato un simile effetto, lo descrive molto bene in un Salmo, dicendo: Fui molto afflitto ed umiliato; ruggivo per il gemito del mio cuore (S al 37 ,9 ) . Questo ruggito è l'espressione di un dolore immenso. Non di rado, infatti, per l 'improvvisa e viva memoria della sua miseria, l'anima si trova tanto oppressa e stretta da penoso affanno, che non saprei come farlo comprendere, se non con la similitudine che il santo Giobbe, posto nelle medesime condizioni, usa in questi termini: Alla guisa della piena delle acque, così è il mio ruggito (Gb

3 , 24 ). Come alcune volte i fiumi straripano in modo da invadere e allagare ogni luogo, così il ruggito dell'anima alcune volte cresce a tal segno che tutta la penetra e sommerge, riempiendo d'inenarrabili angustie e dolori spirituali tutti i suoi più profondi affetti, le più intime fibre.

8 - Questi sono gli effetti prodotti nell'anima dalla notte oscura, che ricopre le speranze della luce del giorno. A questo proposito anche il Profeta Giobbe dice: Durante la notte la mia bocca è perforata dai dolori, e coloro che mi divorano, non dormono (Gb 30 ,17 ) . Qui per bocca s'intende la volontà, la quale è

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trafitta dalle pene, ossia dai dubbi e dai timori, che non cessano mai di lacerare l'anima.

9 - Il conflitto che l'anima sostiene è profondo, perché molto profonda dovrà essere la pace che ella aspetta; anche il dolore spirituale è intimo, sottile e puro, perché l'amore che ella possederà, sarà molto intimo e puro. Quanto più l'opera dovrà riuscire squisita e perfetta, tanto più accurato e fine deve essere il lavoro; e tanto più solide hanno da essere le fondamenta, quanto più stabile l 'edificio. Perciò come dice Giobbe, l 'anima languisce e si strugge nelle sue viscere, senza alcuna speranza (Gb 30 ,16 ) . Di più, poiché l'anima è destinata a possedere nello stato di perfezione, a cui s'indirizza per mezzo della notte purgativa, innumerevoli beni, doni e virtù, sia nella sua sostanza come nelle sue potenze, è necessario che dapprima se ne veda generalmente spogliata, povera e vuota, e che le sembri di esserne sì lontana che non possa persuadersi di raggiungerli mai, ma che piuttosto ogni bene sia finito per lei: il che Geremia volle intendere nel riferito testo, ove dice: Non mi ricordo più cosa sia il bene (T hren . 3 ,17 ) .

10 - Ma vediamo ora perché mai da principio la luce della contemplazione, investendo l'anima, produca i penosi effetti che abbiamo descritto: eppure è una luce sì soave e amichevole che non si può desiderare di meglio, giacché è la stessa a cui l’anima dovrà unirsi, e che le farà trovare nello stato di perfezione tutti i beni che bramò.

11 - A questo dubbio si risponde facilmente col ripetere ciò che in parte abbiamo detto, ossia che l'infusione della divina luce, di per sé, non può recare pena all'anima, ma piuttosto molta dolcezza e diletto, come in appresso si dirà. Causa della pena sono soltanto la fiacchezza e le imperfezioni dell'anima. stessa, che costituiscono una disposizione contraria a ricevere i buoni effetti: e quindi l'anima, investita dal lume divino, non può non patire nella maniera sopra descritta.

2N CAPITOLO 10

SI SPIEGA A FONDO LA PURGAZIONE DELLA NOTTE DELLO SPIRITO MEDIANTE UNA SIMILITUDINE

1 - Per maggior chiarezza di ciò che si è detto e si dirà, giova qui notare che la purgativa e amorosa notizia o luce divina di cui parliamo, così opera nell'anima, purgandola e disponendola per unirla a sé perfettamente, come il fuoco in un legno per trasformarlo in sé. Quando il fuoco materiale si applica al legno, prima di ogni altra cosa comincia a disseccarlo, traendone fuori l 'umidità e facendo gemere l'umore che contiene. Di poi lo annerisce e gli fa tramandare anche cattivo odore: e mentre a poco a poco lo dissecca, ne trae alla luce e toglie tutti gli spiacevoli ed oscuri accidenti, contrari al fuoco. Finalmente comincia a riscaldarlo al di fuori, l'infiamma, lo trasforma in sé, rendendolo tanto bello come il fuoco stesso. Ridotto a questo termine, il legno ormai non ha più alcuna azione o passione sua propria, ma eccetto la gravità e la quantità che è più densa, del fuoco possiede tutte le proprietà ed azioni: è secco e dissecca; è caldo e riscalda; è chiaro e rischiara, ed è molto più leggero di prima, avendogli il fuoco comunicato tutte queste proprietà.

2 - Ora, lo stesso dobbiamo dire del fuoco amoroso della contemplazione: il quale, prima di unire e trasformare l'anima in sé, la purga da tutte le qualità contrarie. Le cava fuori le sue sozzure e la rende brutta e nera, tanto da sembrare peggiore, più abominevole di prima. La divina purgazione cava fuori tutti i cattivi e viziosi umori, che l'anima non riusciva a vedere, perché

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erano troppo radicati in lei. Non capiva di avere in sé tanti mali, ma adesso che il fuoco divino glieli pone sott'occhio traendoli fuori per distruggerli, li discerne assai chiaramente alla luce oscura della contemplazione; e, quantunque ella non sia peggiore di prima, né in sé, né dinanzi a Dio, tuttavia vedendo ciò che prima non arrivava a scoprire, le sembra che Dio, non che mirarla, abbia piuttosto motivo di aborrirla, e che già di fatto l'aborrisca. Da questa comparazione possiamo ora intendere molte cose, intorno a ciò che andiamo dicendo e che ci proponiamo di dire.

3 - Primo: Possiamo dedurre che la luce e la sapienza amorosa, da cui l'anima dovrà essere trasformata, è la stessa che al principio la purga e dispone: come lo stesso fuoco che trasforma in sé il legno incorporandosi in esso, è quello che prima lo disponeva a tale effetto.

4 - Secondo: Comprenderemo che le pene dell'anima non vengono da parte della divina Sapienza, poiché come dice il Savio: Insieme con la Sapienza mi vennero tutti i beni (Sap 7 ,11 ); ma da parte della fiacchezza e imperfezione dell'anima, la quale è incapace di accogliere senza purgazione la sua luce divina con la soavità e il diletto che l'accompagnano, e quindi soffre assai: come il legno non può essere trasformato appena gli si avvicina il fuoco, perché non è ancora disposto. Il che anche l 'Ecclesiastico conferma, descrivendo ciò che egli patì per giungere ad unirsi con la sapienza e goderla: L'anima mia agonizzò per lei; e le mie viscere si conturbarono per acquistarla; perciò possederò un gran bene (S i r 51 ,29 ).

5 - Terzo: Noteremo di passaggio il modo di penare delle anime del purgatorio. Il fuoco nulla potrebbe in esse (per quanto se ne applicasse loro), se non avessero imperfezioni in cui patire. Queste sono la materia a cui il fuoco si appiglia, consumata la quale, non rimane altro da ardere: come, per il caso nostro, distrutte le imperfezioni, l'anima cessa di penare e non le resta che il godere.

6 - Quarto: Possiamo inferire che, mentre l’anima si purifica per mezzo del fuoco d'amore, in esso s’infiamma sempre più: come il legno a mano a mano che si dispone ad accendersi, si riscalda sempre più. Però l'anima non sempre si accorge di questa infiammazione d'amore, ma le sole volte che la contemplazione l'investe meno intensamente. Allora l'anima ha la possibilità di contemplare, godendone, il lavoro che si va facendo, perché le viene mostrato. Sembra, infatti, che qualcuno levi la mano dall'opera e tragga fuori il ferro dalla fornace, affinché appaia in qualche modo il lavoro che è stato fatto intorno ad esso; e allora l'anima ha campo di osservare in sé il bene che non vedeva nel corso dell'opera: non altrimenti, quando la fiamma cessa di agire nel legno, si scorge bene quanto lo abbia acceso.

7 - Quinto: Capiremo sempre meglio quello che abbiamo già detto, cioè quanto sia vero che, dopo il temporaneo alleggerimento di pena, l'anima ritorna a patire più intensamente e sottilmente di prima, poiché, dopo quella mostra che le si fa quando sono già purificate le sue imperfezioni più esterne, il fuoco di amore torna a investirla per purificarla più addentro. Ed allora le pene dell'anima sono tanto più intime, sottili e spirituali, quanto più il fuoco le va consumando le più minute e spirituali imperfezioni, radicate nelle sue più riposte fibre. Alla stessa maniera accade nel legno: quanto più il fuoco vi penetra, tanto con maggior forza e furore ne dispone le parti più interne per possederle.

8 - Sesto: Appare chiaramente che la causa per cui all'anima sembra di aver perduto ogni bene ed essere piena di mali, è che nessun'altra cosa la tocca ma tutto le è amarezza: come il legno che, mentre arde, non è avvicinato né dall'aria né da altro refrigerio, ma solo da fiamme divoratrici. Ma, dopo che

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saranno state fatte altre mostre [= manifestazioni?] come le prime, l’anima godrà più intimamente, perché più profonda fu la purificazione.

9 - Settimo: Infine noteremo che, quantunque negli intervalli di tregua l'anima goda moltissimo, tanto da sembrarle che i suoi dolori siano scomparsi per sempre, nondimeno, quando questi invece dovranno presto ritornare, ella non cessa di sentire, se ci bada (e alle volte l'avverte anche senza badarci), una radice che rimane e non le permette di avere un perfetto godimento: sente, insomma, la minaccia di un nuovo attacco, e quando è così, è chiaro indizio che tornerà presto. Infine, ciò che resta da purgare ed illuminare più addentro non può essere coperto e nascosto all'anima dalla parte già purificata: come nel legno ben si vede la differenza che passa tra la parte esterna già accesa e quella interna che non lo è ancora. Quando poi questa purificazione torna ad investire più internamente, non v'è da meravigliarsi se l'anima crede un'altra volta di aver perduto ogni bene e non pensa più di riaverlo, perché ella soffre pene più intime, e quindi tutto il bene esteriore sfugge al suo sguardo.

11 - Pur tenendo dinanzi agli occhi della mente la suesposta similitudine, e tutto ciò che abbiamo detto circa la natura e le terribili proprietà dell'oscura notte dello spirito, sarà bene uscire da un argomento sì triste. È tempo ormai che l'anima veda il frutto di tante sue lagrime e le meravigliose doti di cui andrà adorna; le quali si cominciano a cantare sin da questo secondo verso:

Con ansie, d'amor tutta infiammata.

2N CAPITOLO 11

SI COMINCIA A SPIEGARE IL SECONDO VERSO DELLA PRIMA STROFA - SI DICE CHE L 'ANIMA, COGLIENDO IL FRUTTO DELLE PRECEDENTI RIGOROSE ANGUSTIE, SI TROVA

CON VEEMENTE PASSIONE DI AMOR DIVINO

1 - Nel secondo verso l'anima ci fa conoscere il fuoco di amore che, alla maniera del fuoco materiale nel legno, gli si va appigliando in questa notte di penosa contemplazione. Questa infiammazione, quantunque abbia qualche rassomiglianza con quella che accadeva nella parte sensitiva dell'anima, è nondimeno tanto differente, quanto lo è l 'anima dal corpo, la parte spirituale dalla sensitiva. È un'infiammazione di amore nello spirito, nella quale in mezzo a tante oscure pene l'anima si sente acutamente ferita d'un forte amor divino, unito ad un non so quale senso e traccia di Dio, senza però intendere alcuna cosa particolare, perché, come dicemmo, l'intelletto si trova all'oscuro.

2 - Lo spirito si sente qui appassionato da un grande amore, perché l'infiammazione spirituale produce passione d'amore. Infatti questo, essendo infuso, è più passivo che attivo , e quindi ingenera nell'anima una forte passione di amore. Tale amore partecipa già alquanto dell'unione con Dio, e perciò gode un po' delle proprietà di essa, che sono piuttosto azioni di Dio assoggettate passivamente nell'anima, che non fatte da lei. L'anima altro non fa che prestare il suo consenso: mentre tutto il calore, la forza, la tempra e la passione di amore o infiammazione, come qui l 'anima la chiama, vengono soltanto dall'amore di Dio che si va unendo con essa. Questo amore tanto più trova luogo e disposizione nell'anima per ferirla e unirsi con lei, quanto più essa ha tutti gli appetiti mortificati e incapaci di poter gustare le cose sì della terra che del cielo.

3 - Il che avviene nell'oscura purgazione in un modo affatto singolare, poiché Dio tiene le potenze dell'anima sì raccolte e divezzate dagli antichi gusti, che non potrebbero trovar sapore in qualsiasi cosa volessero. Dio le separa da

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tutto e le raccoglie tutte per sé, affinché l'anima abbia maggiore energia e abilità a ricevere la forte unione di amore divino, che con questo mezzo purgativo Egli già incomincia a comunicarle; nella quale unione l’anima dovrà amarlo con tutte le sue forze e con tutti i suoi appetiti spirituali e sensitivi: ciò che non potrebbe avvenire, se essi si diffondessero nel compiacersi di altre cose. E perciò Davide, per poter ricevere la forza dell'amore dell'unione divina, diceva al Signore: Custodirò la mia fortezza per te (S a l 58 , 10 ): cioè tutta la capacità, gli appetiti e le forze delle mie potenze, non volendo impiegare le loro operazioni in altra cosa fuori di te.

4 - Possiamo, quindi, in qualche modo immaginare quanto grande e forte sarà l'infiammazione di amore in quello spirito in cui Dio mantiene raccolte in bell'armonia tutte le forze, le potenze e gli appetiti, sì spirituali che sensitivi, affinché tutti s'impieghino in amarlo, e quindi l'anima riesca ad osservare davvero il primo precetto; il quale, non rifiutando né escludendo dall'amore divino cosa alcuna dell'uomo, dice: Amerai il tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta l 'anima tua, e con tutte le tue forze (D t 6 ,5 ) .

5 - Poiché, dunque, in questa infiammazione di amore tutte le forze e gli appetiti dell'anima sono raccolti, ed ella si trova tocca, appassionata, ferita in ciascuno di essi, quali saranno i loro movimenti, i loro trasporti, vedendosi accesi e piagati da sì forte amore, ma senza esserne soddisfatti, trovandosi anzi nell'oscurità e nel dubbio? Certamente, poiché l'amore non li sazia, urlano alla maniera dei cani che, come dice Davide, vanno attorno per la città straziati dalla fame (S al 58 ,7 ) . Il tocco dell'amoroso fuoco divino dissecca talmente lo spirito e ne accende tanto gli appetiti per estinguerne la sete di amore, che lo spirito si rivolge continuamente in se stesso e in mille modi anela a Dio, con quelle vive brame, che Davide espresse molto bene in un salmo, dicendo: L'anima mia ha sete di te: in quante maniere la mia carne spasima per te! (S al 62 ,2 ) . Ed un'altra versione dello stesso passo dice: L'anima mia ebbe sete di te, l 'anima mia muore per te.

6 - Questa è la causa per cui l 'anima nel verso dice: Con ansie, d'amor tutta infiammata. Poiché, e in tutti i pensieri che tra sé volge, e in tutte le faccende e casi che le si presentano, ama e desidera in molti modi, e desiderando soffre in mille guise, in ogni tempo e luogo, senza mai trovare riposo in cosa alcuna, sempre infiammata e ferita dall'amore. Tali ansie amorose sono bellamente descritte dal santo Giobbe con queste parole: Come il servo desidera la sera, e il mercenario aspetta la fine del suo lavoro così io il ristoro: ma io, invece, trascorsi mesi vuoti di ogni sollievo, e contai notti lunghe e dolorose. Se mi metto a dormire, dico: Quando mi leverò? E di poi bramerò di nuovo che torni la sera, e sarò pieno di affanni sino alle tenebre della notte (Gb 7 ,2 - 4 ). Per l 'anima che si trova in tali condizioni, tutto diventa angusto: non cape in sé, né in cielo né in terra, e, come dice Giobbe, si riempie di dolori fino alle tenebre, le quali, parlando spiritualmente e al nostro proposito, consistono nel soffrire senza conforto di speranza certa di qualche luce e bene spirituale. Quindi l 'anima nelle sue ansie penose doppiamente patisce: primo, da parte delle tenebre spirituali in cui si vede, che con i loro dubbi e timori l 'affliggono; secondo, da parte dell'amore di Dio che l'infiamma e ferisce con la sua freccia amorosa, attizzandola meravigliosamente. Queste due maniere di patire sono assai bene espresse dal Profeta Isaia che dice: L'anima mia desidera te durante la notte ( I s 26 ,9 ) , cioè nella miseria.

7 - E questa è la prima maniera di patire, da parte dell'oscura notte di contemplazione. Però soggiunge: Col mio spirito, nelle mie viscere, di buon mattino veglierò per te. E questa è la seconda maniera di penare, da parte dell'amore, per mezzo di vivissimi, desideri nelle viscere dello spirito, che sono le affezioni spirituali. Ma, in mezzo a queste pene oscure e amorose, l 'anima sente nel suo interno una certa compagnia che l'assiste, e una forza

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che la rinvigorisce tanto, che se il grave peso delle sue dense tenebre viene a mancarle, spesso ella si trova sola, vuota e indebolita. Ciò avviene perché la forza dell'anima era comunicata passivamente dal fuoco tenebroso dell'amore che la investiva; e quindi, cessando in essa l'azione di questo fuoco, insieme con le tenebre cessa anche il calore e la forza dell'amore.

2N CAPITOLO 12

SI DICE CHE QUESTA ORRIBILE NOTTE È UN VERO PURGATORIO, NEL QUALE LA DIVINA SAPIENZA ILLUMINA GLI UOMINI IN TERRA CON LA STESSA ILLUSTRAZIONE CON CUI

PURGA E ILLUMINA GLI ANGELI IN CIELO

1 - Da quanto abbiamo detto si potrà comprendere che questa oscura notte di fuoco amoroso, come al buio purga l'anima, così al buio l'accende. Inoltre possiamo conoscere che, come gli spiriti si purgano nell'altra vita con fuoco tenebroso e materiale, così nella presente si purificano con fuoco amoroso, oscuro e spirituale: v'è però una differenza, ed è che di là col fuoco, e di qua sono mondati e illuminati soltanto con l'amore. Quest'amore Davide domandò quando disse: «Cor mundum crea in me, Deus, etc ...» (S al 50 ,12 ); poiché la purezza del cuore non è meno che l'amore e la grazia di Dio. Perciò i mondi di cuore dal nostro Divin Salvatore sono chiamati beati, il che è lo stesso che dire innamorati, perché la beatitudine non si dà per meno che per amore.

2 - Che poi l 'anima si purghi mentre è illuminata dal fuoco di amorosa sapienza (e si noti che Dio mai comunica la sapienza mistica senza l'amore, perché l'amore stesso la infonde), ben lo dichiara Geremia dove dice: Dall'alto mandò fuoco nelle mie ossa e mi ammaestrò (T hren . 1 ,13 ) . E Davide dice che la sapienza di Dio è argento provato nel fuoco, ossia in quello purgativo dell'amore (S al 11 ,7 ): poiché l'oscura contemplazione infonde unitamente nell'anima amore e sapienza, in ciascuna secondo la propria capacità e il proprio bisogno, illuminando l'anima e purgandola dalle sue ignoranze, come il Savio dice essere accaduto in lui.

3 - Onde possiamo anche inferire che le anime sono illuminate quaggiù dalla medesima Sapienza Divina, che purga gli angeli dalle loro ignoranze (dando loro a conoscere ciò che prima non sapevano), derivando essa da Dio alle supreme gerarchie, da queste sino alle ultime, e da esse agli uomini. Perciò nella Scrittura con verità e proprietà si dice che tutte le ispirazioni angeliche provengono da Dio e dagli angeli insieme; perché ordinariamente Dio le comunica per loro mezzo ed essi le trasmettono gli uni agli altri, senza alcun indugio: come un raggio di sole che passi per molte invetriate disposte in fila. In tale ipotesi, benché il raggio passasse da sé per tutte, nondimeno ciascuna lo trasmetterebbe all'altra più modificato secondo la propria qualità, e più o meno intensamente, secondo che è più o meno vicina al sole.

4 - Donde ne segue che gli spiriti superiori e inferiori, più sono vicini a Dio, e più sono purgati e illuminati con una più generale purificazione; gli ultimi poi la riceveranno molto più tenue e remota. Ora, poiché l'uomo occupa l'ultimo posto o grado nella scala degli esseri spirituali riceverà, quando Dio vorrà derivarla sino a lui, l’amorosa contemplazione in un modo assai limitato e con pena. Mentre la luce di Dio, illuminando l'angelo, lo rischiara e soavizza in amore come puro spirito disposto a tale infusione, al contrario, illuminando l'uomo, l'oscura e gli dà pena, a cagione della di lui impurità e fiacchezza, come fa il sole con l'occhio infermo. Lo innamora con pena e afflizione fino a che questo medesimo fuoco amoroso lo spiritualizza e lo assottiglia, purificandolo fino al punto che possa ricevere con soavità l’unione dell'amoroso influsso a modo degli angeli, come in seguito si vedrà. Ma

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frattanto, prima di giungere a tal punto, l 'anima riceve l'amorosa notizia di contemplazione con quell'angustia ed ansia di amore che stiamo dicendo.

5 - Non sempre l'anima sente l'infiammazione e l'ansia amorosa. Al principio della purgazione spirituale, il fuoco divino volge tutta l'opera sua più a disseccare e disporre l'anima che a riscaldarla; ma, in progresso di tempo, quando già l'ha riscaldata abbastanza, l 'anima molto spesso sente l'amoroso ardore. D'altra parte, l 'intelletto per mezzo delle tenebre si va sempre più purgando, ed allora alcune volte accade che la mistica e amorosa teologia, mentre infiamma la volontà, ferisce anche l’intelletto, illuminandolo con qualche notizia e luce divina tanto saporosa e delicata, che la volontà, con l’aiuto di essa, meravigliosamente s’infervora. In questo fuoco divino la volontà, senza far niente di suo, arde di vive fiamme tanto da sembrare all'anima, per la viva intelligenza che le si comunica, un fuoco vivo, quello di cui parla Davide in un Salmo, dicendo: Si riscaldò il mio cuore dentro di me, e un certo fuoco divampò mentre io intendevo. (S al 38 ,4 )

6 - Questa intelligenza di amore, con l’unione delle due potenze, intelletto e volontà, che qui si uniscono, è per l 'anima una sorgente di grande ricchezza e diletto: è un certo tocco nella divinità, e principio già della perfezione dell'unione di amore che l'anima spera. Perciò ad un tocco di sì alto senso di amore di Dio non si giunge, se non dopo aver sofferti molti travagli e gran parte della purgazione. Ma per altri gradi più bassi di amore che ordinariamente accadono, non c'è bisogno di tanta purgazione.

7 - Da ciò che abbiamo detto, si deduce che nei beni spirituali passivamente infusi nell'anima da Dio, la volontà ben può amare senza che l'intelletto intenda: come pure l'intelletto può intendere senza che la volontà ami; perché la notte oscura di contemplazione consta di luce divina e amore, come il fuoco contiene luce e calore. Può darsi quindi benissimo che alcune volte la luce amorosa ferisca la volontà infiammandola col suo amore, ma lasci al buio l'intelletto, senza ferirlo con la sua luce; viceversa, altre volte potrà accadere che illumini l 'intelletto con luce d'intelligenza, lasciando arida la volontà: come si può ricevere il calore dal fuoco senza vederne la luce, oppure vedere la sua luce senza riceverne il calore. Del resto, tutto ciò è opera del Signore, che infonde come vuole.

2N CAPITOLO 13

ALTRI GUSTOSI EFFETTI CHE LA NOTTE OSCURA DI CONTEMPLAZIONE PRODUCE NELL 'ANIMA

1 - Da questo modo d'infiammazione possiamo intendere alcuni effetti, che l'oscura notte di contemplazione va ormai producendo nell'anima. In mezzo a queste oscurità, a volte, come abbiamo detto, l 'anima viene rischiarata, la luce risplende nelle tenebre (Gv 1 ,5 ) , la mistica intelligenza si comunica all'intelletto (restando arida la volontà, vale a dire senza unione attuale di amore), con una serenità e purezza estremamente delicata e dilettevole, che non si sa con qual nome esprimere, e che offre all'anima ora un modo di sentire di Dio, ora un altro.

2 - Non di rado la luce divina ferisce, oltre che l'intelletto, anche la volontà; e allora il fuoco dell'amore si apprende in una maniera elevata, tenera e forte. Abbiamo già detto, infatti, che talora le due potenze si uniscono, e tanto più perfettamente e delicatamente, quanto più l'intelletto si va purgando. Ma, prima di arrivare a questo punto, è cosa più ordinaria sentire il tocco dell'infiammazione nella volontà, che non quello dell'intelligenza nell'intelletto.

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3 - Ma qui può sorgere un dubbio: Se, dunque, queste due potenze si vanno purgando insieme, perché al principio si sente nella volontà l'amoroso ardore della contemplazione purgativa, più spesso che l'intelligenza di questa nell'intelletto ? A tale obbiezione rispondo che l'amore passivo non ferisce direttamente la volontà, perché questa è libera. L'infiammazione amorosa è più passione di amore che atto libero della volontà, perché va a ferire la sostanza dell'anima, e quindi muove gli affetti passivamente; e così questa si chiama meglio passione di amore che atto libero della volontà, perché questo in tanto si chiama atto della volontà in quanto è libero. Ma, poiché queste passioni e affetti si riducono alla volontà, quando l'anima è appassionata con qualche affezione, si dice che lo è la volontà; la quale, invero, in tal caso diventa schiava, perde la sua libertà, e viene trascinata dal forte impeto della passione. Pertanto possiamo dire che l'infiammazione di amore è nella volontà, ossia accende l'appetito di essa, e perciò, si chiama, ripeto, passione di amore piuttosto che atto libero della volontà. D'altra parte, soltanto la facoltà ricettiva dell'intelletto può ricevere l'intelligenza nudamente e passivamente, e ciò non può, se non e purgato. Quindi, prima che questo avvenga, l 'anima sente il tocco dell'intelligenza meno spesso che quello dell'amore; per sentire il quale non è necessario che la volontà sia molto purgata dalle passioni, perché anche queste l'aiutano a sentire amore appassionato.

4 - Questa infiammazione e sete di amore, essendo ormai dello spirito, è differentissima dall'altra che abbiamo descritto nella notte del senso. Poiché, quantunque anche adesso il senso vi prenda la sua parte, non lasciando di partecipare del lavoro dello spirito, tuttavia la radice e il vivo della sete di amore si sente nella parte superiore dell'anima, cioè nello spirito, la cui sete è sì ardente che stima un nulla tutte le pene del senso, benché siano di gran lunga maggiori che nella notte sensitiva, perché conosce nel suo interno la mancanza di un gran bene, un vuoto che nessuna cosa può colmare.

5 - Ma qui bisogna notare che, sebbene al principio della notte spirituale l 'anima non avverta l 'infiammazione di amore perché il fuoco divino non ha ancora operato, tuttavia, invece di ciò, Dio sin d'allora le infonde subito un sì grande amore estimativo di Lui, che il più grave tra i patimenti dell'anima in questa notte consiste nel dubbio tormentoso di aver perduto Dio e di esserne stata abbandonata. Possiamo dire, quindi, che fin dal principio l'anima è sempre tocca da ansie di amore, ora estimativo, ora anche, d'infiammazione. È pure manifesto che la maggior pena che l'anima soffre tra tanti patimenti è l 'accennato dubbio o timore; poiché se allora si potesse assicurare che tutto non è perduto e finito, ma che quello che prova è per il suo maggior bene (com'è veramente) e che Dio non è sdegnato contro di lei, non si curerebbe affatto di tutte quelle pene, anzi ne gioirebbe, sapendo che è Dio che si serve di esse. E invero, è tanto grande l'amore estimativo che gli porta, benché all'oscuro e senza sentirlo, che non solo sopporterebbe lieta i suoi patimenti, ma ben volentieri darebbe mille volte la vita per compiacerlo. Però, dopo che l'anima è stata accesa dalla fiamma amorosa, oltre all'estimazione che già aveva di Dio, suole acquistare tal forza, vivacità e ardore per Lui, comunicatole dal calore di amore, che con grande ardire, senza alcun riguardo e senza troppo considerare le sue azioni, nell'impeto e nell'ebbrezza dell'amore farebbe anche le cose più stravaganti e insolite, e in qualsiasi modo che le si presentassero, pur di andare incontro al suo Amato.

6 - Questa è la causa per cui Maria Maddalena, quantunque di nobile condizione, non fece caso della turba degli uomini, maggiorenti o no, che stavano nel convito, né si mise a considerare che non era cosa ben fatta andare là a sciogliersi in lagrime, tra i convitati; ma, senza differire di un'ora, né aspettare altra occasione, volle giungere davanti a Colui dal cui amore

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l 'anima sua era già ferita. Per la stessa audace ebbrezza di amore, benché ella sapesse che il suo Diletto era deposto nel sepolcro, chiuso da una grossa pietra e sorvegliato dai soldati (Gv 20 ,1 ) perché i discepoli non lo rapissero, non rifletté su nessuno di questi ostacoli, ma andò prima dello spuntar del giorno per ungerlo con preziosi aromi.

7 - E finalmente la stessa ebbrezza e ansia di amore la spinse a domandare a Colui che ella credeva il giardiniere del luogo, se lo aveva involato e dove lo aveva nascosto, affinché ella potesse prenderlo (Gv 20 ,15 ) non considerava che una tale domanda in una persona di mente sana era una vera sciocchezza, perché certamente, se l 'altro avesse rubato davvero il Corpo del Signore, non lo avrebbe detto, e molto meno glielo avrebbe lasciato prendere. Ma l'amore veemente ha questo di proprio che per esso tutto è possibile, e gli sembra che tutti camminino per la sua strada; crede che non vi sia al mondo altra cosa a cui si possa attendere o si debba volere, all 'infuori di quella che esso cerca e ama. Per questo la Sposa dei Cantici, quando uscì in traccia del suo Diletto per le piazze e i sobborghi, s'immaginava che pure gli altri girassero allo stesso scopo, e quindi disse loro che, se mai lo avessero incontrato, gli dicessero che ella penava per suo amore (C t 5 ,8 ). E poiché ci è occorso di far menzione di Maria Maddalena, aggiungo che il suo amore era sì ardente da sembrarle che, se il giardiniere le avesse detto dov’era il Corpo di Cristo, le sarebbe bastato l'animo di andare a prenderlo, ancorché glielo avessero impedito con la forza.

8 - Di tal tempra, dunque, sono le ansie amorose che prova l'anima già progredita nel cammino della purgazione spirituale. Infatti, si leva di nottetempo (ossia durante le tenebre purgative) secondo gli affetti della volontà; e, come una leonessa o l'orsa corre ansiosa in cerca dei suoi nati allorché le furono rapiti e non li trova, così l 'anima ferita di amore va in traccia del suo Dio, perché nelle tenebre in cui giace le pare di esserne priva, e muore dal desiderio di Lui. Questo è l'amore impaziente, in cui l'uomo non può durare a lungo senza ottenere o morire: amore simile a quello che Rachele dimostrò per i figli quando disse a Giacobbe: Dammi dei figli, perché altrimenti morrò (Gen 30 ,1 ) .

9 - Bisogna però riflettere perché mai l 'anima, pur sentendosi così miserabile e indegna di Dio nel suo stato di tenebre purgative, abbia nondimeno tanto coraggio e ardire di aspirare all'unione divina. La ragione è che l'amore stesso le dà forze per amare davvero, ed è proprio dell'amore che l'amante si voglia unire, uguagliare e rendere simile alla cosa amata, per perfezionarsi nel bene dell'amore. Ora, se da una parte l 'anima non è perfetta in amore, non essendo ancora giunta all'unione, dall'altra però, mediante le forze che l'amore stesso le ha già infuso nella volontà, sente fame e sete di ciò che le manca, cioè dell'unione a cui l 'amore tende. Quindi non fa meraviglia che l'anima, così appassionata, si faccia audace secondo la volontà infiammata, malgrado che, secondo l'intelletto non ancora illuminato, si reputi misera e indegna.

10 - Non voglio qui lasciar di dire la ragione per cui la luce divina, quantunque sia sempre luce per l'anima, non le si comunica subito appena l'investe (come avviene in seguito), anzi le causa le tenebre e i travagli che abbiamo descritti. Intorno a ciò già si disse qualche cosa; però in particolare risponderemo che le tenebre e tutti gli altri mali che l'anima sente quando la divina luce l'investe, non sono inerenti alla luce, ma all'anima stessa; anzi la luce l'illumina perché li discerna. La luce divina sin dal principio risplende; però con essa l'anima dapprima non può vedere se non quello che ha più vicino a sé, o per meglio dire, in sé, ossia le sue tenebre e miserie, le quali ormai conosce per grazia e misericordia di Dio, mentre prima non le vedeva, perché non era illuminata dalla luce soprannaturale: e questa è la

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causa per cui, al principio, nient'altro si sente che tenebre e mali. Ma, dopo che l'anima sarà purgata mediante la cognizione e il sentimento di questi mali, allora sì che avrà occhi per vedere i beni ineffabili della luce divina; ed espulse le imperfezioni e diradate tutte le tenebre, andrà conoscendo gl'immensi beni e vantaggi che riporta dalla fortunata notte della contemplazione.

11 - Da tutto ciò che abbiamo detto, si potrà comprendere quanto grande sia la grazia che Dio fa all'anima nel purificarla e curarla con sì forte ranno e amara purga, secondo la parte sensitiva e spirituale, da tutte le affezioni e abiti imperfetti che in sé aveva circa le cose temporali e naturali, sensitive e spirituali. Le oscura, dunque, e vuota le potenze interne; reprime e inaridisce in lei gli affetti sensitivi e spirituali, debilitando e assottigliando le sue forze naturali, il che l'anima non potrebbe mai conseguire da se stessa, come appresso diremo. Insomma, fa sì che l'anima naturalmente venga meno rispetto a tutto ciò che non è Dio; affinché, spogliata e scorticata della sua antica pelle, rinnovi come l’aquila la sua gioventù (S al 103 ,5 ) , rivestendosi dell'uomo nuovo che al dire dell'Apostolo, è creato secondo Dio (E f 4 ,24 ). Ciò non altro significa, se non che l’anima viene illuminata dalla luce soprannaturale in modo che l'intelletto umano, unito al divino, diventi divino. Parimenti Dio infiamma la volontà con divino amore, di maniera che essa ormai non sia meno che divina, ma ami divinamente, divenuta una sola cosa con la volontà e l'amore di Dio. Lo stesso dicasi della memoria, come pure degli affetti e degli appetiti, tutti divinamente trasformati secondo Dio. Onde una tale anima potrà chiamarsi celeste, più divina che umana. Dio, dunque, per mezzo della notte dello spirito, produce nell'anima tutti i meravigliosi effetti che abbiamo descritto, illuminandola e accendendola di ardenti brame di solo amor divino, non di alcun'altra cosa. Pertanto, lieta della sua fortunata sorte, l 'anima a buon diritto esclama: O felice ventura!

2N CAPITOLO 14

SI RIPORTANO E SI SPIEGANO I TRE ULTIMI VERSI DELLA PRIMA STROFA

1 - Nel primo dei seguenti versi l 'anima esprime l'impeto della sua gioia per la felice sorte che le è toccata e che ella descrive negli altri due:

Oh felice ventura!Uscii né fui notata,Stando già la mia casa addormentata.

Quindi l 'anima prende la metafora di colui che, per meglio sbrigare le sue faccende, esce di casa nel cuor della notte, mentre i suoi familiari sono immersi nel sonno, affinché nessuno glielo impedisca. Dovendo l'anima uscire a compiere un'impresa così eroica e rara, qual è unirsi col suo Amato divino, esce fuori, perché Egli non si trova se non fuori, solo, nella solitudine. E per questo la Sposa dei Cantici desiderava trovarlo solo, dicendo: Chi mi darà di trovarti fuori, fratello mio, e comunicare con te il mio amore? (C t 8 ,1 ) Era pur necessario all'anima innamorata, per conseguire il suo fine bramato, che facesse precisamente così, che uscisse cioè di nottetempo, addormentato che fossero tutti i familiari, ossia le sue basse operazioni, le passioni e gli appetiti, sopiti e spenti per mezzo della notte oscura. Essi sono la gente di casa sua, e finché sono desti, sempre le impediscono il suo vero bene, e mal sopportano ch'ella se n'esca libera dalle loro mani. Proprio essi sono i domestici che il nostro Salvatore nel Santo Vangelo chiama nemici dell'uomo (M t 10 ,36 ). Quindi conveniva che questi domestici fossero addormentati, perché non impedissero all'anima i beni soprannaturali dell'amorosa unione con Dio, la quale fintanto che quelli sono svegli ed

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operano, non si può ottenere. Tutte le loro operazioni e movimenti naturali, anziché aiutare, sono di ostacolo a ricevere i beni spirituali dell'unione di amore, perché rispetto a questi, qualunque abilità naturale è del tutto insufficiente: Dio solo è quegli che li infonde nell'anima passivamente e segretamente ed in silenzio. È necessario, quindi, che tutte le potenze li ricevano in modo passivo, senza cioè intromettervi la propria bassa opera e vile inclinazione.

2 - Fu, dunque, per l 'anima una felice ventura che Dio nella notte oscura le assopisse tutta la gente di casa sua, cioè tutte le potenze, le passioni, gli affetti e gli appetiti che vivono nella parte sensitiva e spirituale, affinché ella senza essere notata, ossia senza essere trattenuta da loro (poiché rimangono addormentati, cioè mortificati e al buio, affinché di niente si accorgano, ne sentano secondo il loro modo basso e naturale, e perciò non impediscano all'anima di uscire di sé e dalla casa della sua sensualità), potesse giungere all'unione spirituale del perfetto amor di Dio.

3 - O che sorte beata è per l 'anima il potersi liberare dalla casa della sua sensualità! Non lo può bene intendere, a mio avviso, se non l'anima che lo prova. Questa vedrà chiaramente a qual dura servitù era sottoposta e a quante miserie andava soggetta, quando era schiava dell'opera delle sue potenze e appetiti; conoscerà come la vita dello spirito è vera libertà e ricchezza che trae con sé beni inestimabili. Di alcuni di questi faremo cenno nelle strofe seguenti, in cui meglio s'intenderà con quanta ragione l'anima reputi felice ventura il passaggio dell'orrenda notte dello spirito.

2N CAPITOLO 15

SI PONE LA SECONDA STROFA E LA SUA DICHIARAZIONE

Nel buio, e ben sicuraPer la segreta scala trasformata,Oh felice ventura!Nel buio, e ben celata,Stando già la mia casa addormentata.

1 - In questa strofa l'anima canta ancora alcune proprietà della notte spirituale, ripetendo la buona sorte che le toccò per mezzo di esse. Le descrive, e rispondendo ad una tacita obiezione, avverte che non si pensi che, essendo passata nella notte tenebrosa per tante burrasche ed angustie, dubbi ed orrori, abbia corso maggior pericolo di perdersi: ché anzi nel buio di questa notte guadagnò se stessa, perché si liberò e sfuggì abilmente dalle mani dei suoi avversari, i quali sempre le impedivano il passo. Nell'oscurità della notte indossò un altro costume, e si travestì con tre livree, ciascuna di colore diverso (delle quali in appresso parleremo); di poi, passando per una scala molto segreta e ignota a tutti i familiari (la quale, come vedremo a suo luogo, è la viva fede), silenziosamente uscì per condurre a buon termine la sua impresa. Era così ben coperta e celata ad ogni sguardo, che non poteva camminare più sicura: tanto più che in quella profonda notte purgativa tutte le sue passioni e appetiti e affetti erano assopiti, mortificati e spenti, mentre se fossero stati vivi e svegli non le avrebbero consentito di uscire.

Segue dunque il verso che dice così:

Nel buio, e ben sicura.

2N CAPITOLO 16

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SI SPIEGA COME L 'ANIMA, PUR CAMMINANDO AL BUIO , VADA SICURA

1 - Già abbiamo detto che l'oscurità a cui l 'anima qui allude, riguarda gli appetiti e le potenze sensitive, interiori e spirituali, perché tutte in questa notte si oscurano del proprio lume naturale, affinché purgandosi rispetto a questo, possano essere illuminate dalla luce soprannaturale. Ora, infatti, gli appetiti sensitivi e spirituali sono sopiti e mortificati, senza poter gustare di cosa alcuna, né divina ne umana; le affezioni dell'anima sono oppresse, e non possono muoversi, ne trovare appoggio in nessuna cosa; l'immaginazione è legata e non può fare un discorso concludente; la memoria estinta; l'intelletto offuscato, e quindi anche la volontà arida e angustiata, e tutte le potenze vuote; ma, quel che è più, una densa e pesante nube grava sull'anima e la tiene in mille affanni, quasi fosse lontana da Dio. Eppure l'anima dice che andava sicura nel buio.

2 - La ragione di ciò, chiara del resto, è che ordinariamente l'anima non erra se non a causa dei suoi appetiti, gusti, discorsi, intelligenza e affetti, nelle quali cose per lo più eccede o manca o muta o sbaglia, e quindi si piega a ciò che non conviene. Ma, impedite che siano tutte queste operazioni e movimenti, è evidente che l'anima resta sicura di non errare, perché non solo si libera da se medesima, ma anche dagli altri nemici che sono il mondo e il demonio, i quali, trovando estinte le passioni e le operazioni dell'anima, non le possono muovere guerra da altra parte, né in alcun'altra maniera.

3 - Ne segue, quindi, che quanto più l'anima è all'oscuro e vuota delle sue operazioni naturali, tanto più va sicura. Ben a ragione il Profeta Osea disse che la perdizione dell'anima proviene da lei stessa (Os 13 , 9 ), cioè dalle sue operazioni e dagli appetiti interiori e sensitivi disordinati; e il bene, dice il Signore, [proviene] solamente da me. Pertanto impediti che siano in lei i suoi mali, resta che subito subentrino i beni dell'unione divina nelle sue potenze e appetiti, che perciò si renderanno celesti e divini. Ed invero, nel tempo di queste tenebre, se l 'anima vi fa attenzione, riuscirà molto bene a vedere quanto poco l'appetito e le potenze divaghino in cose inutili e dannose; e quanto ella stia sicura dalla vanagloria, dalla superbia, dalla presunzione, dal vano e falso gaudio, e da molte altre miserie. Onde giustamente si conclude che, andando al buio, l 'anima non solo non si perde, ma per così dire guadagna, poiché fa acquisto di molte virtù.

4 - Ma qui si presenta subito un dubbio. Se le cose di Dio per se stesse sono di giovamento e sicurezza all'anima, perché mai nella notte purgativa Dio le oscura gli appetiti e le potenze anche circa le cose buone, di modo che nemmeno in queste trova gusto, né può trattarle come non può le altre, anzi in certo modo meno ancora? Rispondo che è necessario che allora l'anima resti priva delle operazioni e dei gusti anche intorno alle cose spirituali, perché ha le potenze e gli appetiti impuri, bassi e molto naturali, ai quali benché si desse l'uso e il diletto delle cose soprannaturali e divine, non se ne servirebbero e godrebbero che in un modo molto basso e naturale, cioè molto a modo loro; poiché, come dice il Filosofo, qualsiasi cosa è ricevuta alla maniera di chi la riceve. Adunque, giacché le potenze naturali non hanno purezza, né forza, né capacità per ricevere e gustare le cose soprannaturali secondo il modo di queste, che è divino, ma solo secondo il modo loro proprio che è umano e basso, bisogna che da questo siano divezzate e purgate, affinché perdendo l'umana e bassa maniera di operare e ricevere, rimangano disposte e temprate per ricevere, sentire e gustare altissimamente secondo la divina maniera: il che non può accadere, se prima l'uomo vecchio non muore.

5 - Qualunque cosa spirituale, se non viene dall'alto e non è comunicata dal Padre dei lumi al di sopra del libero arbitrio e dell'appetito umano, per quanto le potenze dell'uomo si esercitino con Dio e credano di gustare di Lui, non

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può essere da loro gustata divinamente, ma solo umanamente come ogni altra cosa, perché i beni non vanno dall'uomo a Dio, ma da Dio vengono all'uomo. Intorno a ciò (se questo fosse il luogo opportuno) potremmo dichiarare come vi sono non poche persone, che nelle loro potenze provano molti gusti, affetti e operazioni intorno a Dio e alle cose spirituali, e forse penseranno che tutti questi effetti siano soprannaturali e spirituali, mentre non saranno che atti e appetiti naturali e umani; i quali, come rispetto alle altre cose, così si producono di ugual tempra anche rispetto alle buone anzidette, per una certa facilità naturale che coloro hanno nel muovere l'appetito e le potenze a qualsivoglia cosa.

6 - Se mai in seguito ci si presenterà l'occasione, ci intratterremo su questo punto, parlando di alcuni segni da cui si può conoscere se, nel tratto con Dio, i movimenti e le azioni interiori dell'anima sono soltanto naturali, o solamente soprannaturali, ovvero l'uno e l'altro insieme. Frattanto basti sapere questo: acciocché gli atti e moti interni possano essere altamente e divinamente diretti da Dio, prima devono addormentarsi e oscurarsi circa ogni loro capacità naturale, fino a che questa venga a mancare.

7 - Adunque, o anima spirituale, quando vedrai il tuo appetito offuscato, i tuoi affetti aridi, le tue potenze rese inabili a qualunque esercizio interiore, non ti prendere pena di ciò, anzi tienilo per buona sorte. Sappi che allora Dio ti va liberando da te medesima, togliendoti ogni maniera di attività naturale, con la quale, per quanto ti andassero bene le faccende, a causa dell'impurezza e lentezza delle tue potenze non opereresti in modo così giusto, perfetto e sicuro come adesso che Dio, prendendoti per mano, ti guida come se fossi un cieco, tra le tenebre e per dove tu non sai, né giammai sapresti passare, per quanto bene camminassi con i tuoi piedi e ad occhi aperti.

8 - Inoltre, la causa per cui l 'anima, andando al buio, non solo cammina sicura, ma anche ritrae molto profitto, è perché ordinariamente essa riceve nuovi miglioramenti e vantaggi per quei mezzi che meno intende, per i quali anzi molto spesso giudica di trovarsi sulla strada della perdizione. Non avendo mai sperimentato quella novità che la sconcerta e la fa uscire dal suo primiero modo di procedere, non è meraviglia se crede di perdersi piuttosto che battere una via sicura, poiché vede che certamente si perde intorno a ciò che sapeva e gustava, e cammina per dove non sa né gusta. Immaginiamo un viandante che muove alla volta di un paese lontano. Egli è costretto a camminare per strade sconosciute, sempre dubbioso e incerto, non guidato dalla propria esperienza, ma solo attenendosi alle indicazioni altrui. È evidente che costui non potrebbe giungere in quella contrada, se non passando per vie ignote, lasciando quelle che conosceva. Così pure, chi vuol perfezionarsi in un'arte o scienza, necessariamente esce dall'ambito delle prime cognizioni per acquistarne delle nuove, e quindi anch'esso va incontro a ciò che ignora. Orbene, alla stessa guisa, l 'anima allora fa maggior profitto, quando cammina al buio e senza saper dove. Pertanto, essendo ora Dio il maestro e la guida del cieco, ossia dell'anima, questa ben può, giacché ormai lo comprende, con verità rallegrarsi e dire:

Nel buio, e ben sicura!

9 - Vi è poi un'altra ragione per cui l 'anima andò sicura tra queste tenebre, ed è perché vi ha molto sofferto. La via del patire è più sicura ed anche più profittevole di quella del godere e dell'operare: primo, perché nel patire, l 'anima riceve nuove forze da Dio, mentre nel fare e godere esercita le proprie debolezze e imperfezioni; secondo, perché nel patire si esercitano ed acquistano le virtù, e l 'anima si purifica e si rende più saggia e prudente.

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10 - Ma la causa principale per cui l 'anima va sicura al buio, è da parte della suddetta luce o sapienza oscura: poiché la notte della contemplazione l'astrae talmente e la mette così vicino a Dio, che la protegge e libera da tutto ciò che non è Lui. E invero, essendo posta sotto cura a fine di conseguire la propria salute, che è Dio stesso, Sua Divina Maestà la tiene a digiuno di tutte le cose, e gliene fa perdere l'appetito: precisamente come facciamo noi con una persona inferma molto cara, che teniamo ben custodita in casa, senza lasciarle prendere aria, né veder luce né udire alcun calpestio o rumore, somministrandole cibi molto delicati e con misura, più sostanziosi che saporiti.

11 - Si può dire che nell 'oscura contemplazione l'anima riceve le stesse benefiche cure, tutte rivolte alla sua custodia e sicurezza, per il fatto che ella si trova più vicina a Dio. Quanto più l'anima si accosta a Dio, tanto più si trova in profonde tenebre, a cagione della propria debolezza: come chi si avvicinasse di più al sole, più avrebbe gli occhi offesi dal grande splendore, e non vedrebbe che oscurità maggiore, per la fiacchezza della propria vista. È così immensa la luce spirituale di Dio e tanto eccede l'intelletto che, quando questo più le si avvicina, lo acceca ed oscura. Questa è la ragione per cui nel Salmo 17 Davide dice che Dio pose per suo nascondiglio le tenebre, e per suo padiglione intorno a sé l'acqua tenebrosa nelle nubi dell'aria (S al 17 ,12 ) . L'acqua tenebrosa nelle nubi dell'aria è l 'oscura contemplazione e la Sapienza Divina infusa nelle anime, che la sentono come cosa che sta presso di Lui, come tabernacolo dove dimora, allorché Egli maggiormente a sé le unisce. Quindi, ciò che in Dio è luce e chiarezza più sublime è, a detta di S. Paolo, tenebra più oscura per l 'uomo, come Davide lo dichiara subito nel medesimo Salmo, soggiungendo: Per lo splendore di sua presenza, passarono le nubi (S al 17, 13 ) : cioè sull'intelletto naturale, la cui luce, al dire di Isaia: Obtenebrata est in caligine eius» ( I s 5 ,30 ) .

12 - O misera condizione della nostra vita, in cui si vive con tanto pericolo e così difficilmente si conosce la verità! Poiché, ciò che è più chiaro e vero diventa per noi più oscuro e dubbio, e per questo lo fuggiamo, mentre è quello che più ci conviene; viceversa, ciò che più risplende e sazia il nostro occhio, lo abbracciamo e gli andiamo appresso, mentre è per noi la cosa peggiore che ad ogni passo ci fa inciampare. In quanto pericolo e timore vive l'uomo, poiché la stessa luce naturale dei suoi occhi, con la quale dovrebbe guidarsi, è la prima che l'abbaglia ed inganna nell'andare a Dio! E se pur vuole riuscire a scorgere per dove passa, è necessario che cammini ad occhi chiusi ed al buio, per essere sicuri dai nemici domestici, che sono i suoi sensi e le sue potenze!

I3 - L'anima, dunque, sta ben nascosta e protetta nell'acqua tenebrosa che circonda il Signore; e come questa serve di padiglione a Dio stesso, così servirà di dimora e perfetta protezione e sicurezza all'anima, quantunque ella resti in tenebre: in esse ben si nasconde e difende, tanto da se medesima, quanto da tutti gli altri danni che potrebbero provenirle dalle creature. A tal proposito cadono opportune le parole che Davide dice in un altro Salmo: Li nasconderai nel segreto del tuo volto dal turbamento degli uomini, e li proteggerai nel tuo tabernacolo dalla contraddizione delle lingue (S al 30 ,21) . In queste parole s'intende ogni sorta di protezione; poiché lo starsene nascosti nel volto di Dio dal turbamento degli uomini vuol dire essere fortificati, mediante l'oscura contemplazione, contro tutte le male occasioni che da parte degli uomini potrebbero sovrastare. E l'essere protetti nel suo tabernacolo dalla contraddizione delle lingue significa che l'anima è immersa in quell'acqua tenebrosa, che è il divino tabernacolo di cui Davide fa menzione. Quindi l 'anima, avendo tutti gli appetiti e gli affetti mortificati e le potenze oscurate, è libera da tutte le imperfezioni che contraddicono allo spirito e che

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potrebbero trarre origine sì dalla sua carne come dalle altre creature: e perciò ben si può dire che l'anima va nel buio e ben sicura.

14 - Non manca un'altra ragione non meno valida della precedente, per intendere sempre meglio come l'anima cammini con sicurezza al buio, ed è che la penosa e tenebrosa acqua di Dio le infonde gran forza, sin dal principio: poiché alla fine, benché sia tenebrosa, è acqua; e perciò non lascerà di ristorare e fortificare l'anima in ciò che più le conviene, quantunque ciò accada al buio e con pena. Difatti l'anima ben presto vede in sé una vera ed efficace determinazione a non fare ciò che intende essere offesa di Dio, né di omettere alcuna cosa che riguardi il di Lui servizio. Imbevuta di quell'amore oscuro, nutre un pensiero assai vigilante e sollecito di ciò che deve fare o lasciare per piacere al Signore, esaminando e scrutando mille volte se stessa per vedere se mai in qualche modo lo avesse offeso: e tutto ciò con molto maggior cura e attenzione di prima, come sopra abbiamo detto a proposito delle ansie di amore. Tutti gli appetiti, tutte le forze e le potenze dell'anima, essendo ora raccolte e aliene da ogni altra cosa, impiegano tutta la loro virtù soltanto in ossequio del loro Dio. In tal guisa l'anima esce da se stessa e da tutte le, cose create, avviandosi alla dolce e dilettevole unione di amor di Dio:

Nel buio, e ben sicuraPer la segreta scala, trasformata.

2N CAPTOLO 17

SI SPIEGA COME L 'OSCURA CONTEMPLAZIONE SIA SEGRETA

1 - Dobbiamo commentare le singole parti che compongono il presente verso. Le due parole: segreta e scala indicano due proprietà della notte oscura di contemplazione; l 'altra parola trasformata riguarda il modo osservato dall'anima in questa notte. Quanto alle due prime parole, è da sapersi che l'anima chiama l'oscura contemplazione, per la quale va all'unione d'amore, segreta scala, per queste due proprietà che in essa si trovano, cioè che è segreta e che è scala, e che dichiareremo distintamente.

2 - In primo luogo chiama segreta la contemplazione tenebrosa perché, come altrove abbiamo accennato, essa è la mistica teologia, detta anche dai teologi sapienza segreta che, dice S. Tommaso, viene comunicata e infusa nell'anima per via di amore. Ciò accade segretamente, all 'oscuro di ogni opera naturale dell'intelletto e delle altre potenze: e quindi, poiché le dette potenze non valgono a conseguirla, ma solo lo Spirito Santo la infonde nell'anima (a detta della Sposa dei Cantici) senza che ella sappia come ciò avvenga (C t 6 ,11 ), si chiama segreta. E invero, non solo l'anima non lo intende, ma nessun altro, neppure il demonio stesso, in quanto che il Maestro che insegna quella sapienza risiede nell'anima sostanzialmente, dove né il demonio, né il senso, né l'intelletto possono arrivare.

3 - Ma non solo si può chiamare segreta per questa ragione, ma anche per gli effetti che produce nell'anima. Oltre ad essere segreta allorché in modo occulto ed inesplicabile purifica l'anima con tenebre e patimenti, rimane segreta pure in seguito, al tempo della illuminazione, quando più chiaramente viene comunicata; anche allora, dico, l 'anima non la sa discernere, né con qual nome chiamare, anzi nemmeno desidera di parlarne con alcuno. Del resto poi, se pur volesse, non saprebbe trovare parole o similitudini adatte ad esprimere un'intelligenza tanto sublime e un sentimento spirituale così delicato. Dunque, per quanto l'anima bramasse di spiegarsi ed escogitasse vocaboli a tal fine, sempre quella sapienza resterebbe segreta ed ineffabile. Essendo la detta

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sapienza tanto generale, semplice e spirituale, che non penetrò nell'intelletto rivestita di alcuna specie o immagine sensibile, ne segue che il senso e l'immaginativa (non essendo entrata per essi quella cognizione) non ne sanno niente, e neanche possono figurarsela, benché l'anima veda chiaramente che intende e gusta quella saporosa e sublime sapienza. Avviene non altrimenti che se taluno vedesse per la prima volta una cosa del tutto nuova, di cui neppure avesse mai visto alcunché di simile: di certo, quantunque la intendesse e gustasse, non la saprebbe nominare, né dire ciò che sia, per quanto si adoperasse a farsi capire. Che se questo accade, pur trattandosi di cosa percepita dal sensi, quanto meno dunque si potrà manifestare ciò che non. si percepì per mezzo loro? Il linguaggio di Dio ha questo di proprio che, essendo molto intimo, spirituale ed eccedente ogni senso, subito fa cessare e ammutolire tutta l 'armonia e l'abilità dei sensi esterni ed interni.

4 - Intorno a ciò abbiamo nella Sacra Scrittura testi ed esempi insieme. L'impotenza di manifestare esteriormente un tale linguaggio si scorge nel Profeta Geremia il quale, dopo aver parlato con Dio, disse: A, a, a; e non seppe dire altro (Ge r 1 ,6 ) . L'incapacità interiore poi, cioè del senso interno dell'immaginazione, unitamente a quella esteriore, la vediamo in Mosè il quale, alla presenza di Dio apparso nel roveto ardente, non solo disse che dacché il Signore gli parlava non indovinava a proferire parola (E s 4 ,10 ) , ma, come si legge negli Atti degli Apostoli, neanche osò di considerare con l'immaginazione (A t 7 ,32 ) , persuaso che questa era troppo lontana e muta per formare e ricevere alcunché di quello che egli intendeva in Dio. Essendo la sapienza della contemplazione il linguaggio di Dio all'anima, e un parlare di puro spirito a spirito puro, i sensi (come tutto ciò che è da meno dello spirito) non lo percepiscono, e quindi non possono esprimerlo, né desiderarlo: il divino linguaggio è per essi affatto segreto.

5 - Da ciò possiamo dedurre quale sia la causa per cui alcune persone buone e timorose, incamminate nella via della contemplazione, mentre vorrebbero dar conto di ciò che provano a chi le dirige, non sanno né possono farlo. Hanno quindi grande ripugnanza a manifestarsi, maggiormente poi quando la contemplazione è un po' più semplice, tanto che l'anima stessa appena l'avverte. In tal caso, sanno dire solamente che l'anima loro è soddisfatta, quieta e contenta, che sentono Dio, e che, a loro giudizio, se la passano bene; ma non dicono ciò che l'anima possiede, se non in termini generali, simili alle dette espressioni. Diversamente avviene, però, quando le grazie godute dall'anima sono particolari (come visioni, sentimenti, ecc.), le quali, essendo di solito ricevute sotto qualche specie o figura, di cui il senso è partecipe, si possono riferire sotto quella specie o altra simile. Ma questo poterlo riferire non appartiene alla pura contemplazione, perché questa è semplicemente inesprimibile, e perciò si chiama segreta.

6 - Né solamente per questo la sapienza mistica si chiama ed è segreta, ma anche perché ha la proprietà di nascondere l'anima in sé. Poiché, oltre agli effetti ordinari, alcune volte assorbe e immerge talmente l'anima nel segreto abisso, che questa conosce chiaramente di trovarsi remotissima da ogni creatura; di modo che le sembra di essere collocata quasi in una vastissima solitudine, dove nessuna creatura umana può giungere; o come in un deserto sterminato, in cui tanto più gode dolcezza e amore, quanto più esso è spazioso e solitario; nel quale ella si vede tanto segregata quanto si sente elevata al disopra di ogni creatura temporale. Allora l'abisso di sapienza innalza e ingrandisce l'anima ponendola nella vena della scienza di amore, tanto da farle conoscere, non solo che ogni condizione di creature è troppo vile rispetto a questo supremo sapere e sentire divino, ma anche quanto bassi, insufficienti e, in certa maniera, impropri siano tutti i termini e vocaboli, con i quali in questa vita si ragiona delle cose divine; e che, per quanto altamente e sapientemente se ne parli, non è possibile per via naturale intenderle e

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sentirle come sono, ma solo mediante illuminazione della mistica teologia. Quindi è che, al lume di questa, l 'anima ben conoscendo quanto sia vero che le cose divine non si possono comprendere e nemmeno dichiarare con umano linguaggio, con tutta ragione la chiama segreta.

7 - La divina contemplazione ha questa proprietà di essere segreta e superiore ad ogni umana capacità, non solo perché è cosa soprannaturale, ma anche in quanto è via che conduce l'anima alle perfezioni dell'unione divina; verso le quali, stante che sono cose che non si sanno umanamente, l 'anima deve camminare umanamente non sapendo e divinamente ignorando. Per usare la frase dei mistici, le cose divine non s'intendono come esse sono mentre si cercano o si esercitano, ma quando si sono trovate ed esercitate. A questo proposito il Profeta Baruch, parlando della Sapienza Divina, così dice: Non v'è chi possa sapere le sue vie, né chi intenda i suoi sentieri (Bar. 3,31). Anche il Reale Profeta, alludendo al cammino dell 'anima, così dice al Signore: Le tue illustrazioni splendettero ed illuminarono la terra, la quale si scosse e tremò: nel mare è la tua via, e i tuoi sentieri tra molte acque, e perciò le tue orme non si vedranno (S al 76 ,19 - 20).

8 - Tutto questo, spiritualmente parlando, fa a proposito di ciò che stiamo dicendo. L'illustrazione di Dio che illumina la terra è quella che la divina contemplazione produce nelle potenze dell'anima; lo scuotersi e il tremare della terra significa la purgazione penosa dello spirito. Il dire poi che la via di Dio, per dove l'anima va a Lui, è nel mare e in molte acque, e che perciò le di lui orme non si vedranno, ci fa intendere che il cammino che mena a Dio è tanto segreto e occulto per il senso dell'anima, quanto lo sono per il senso del corpo le vestigia del cammino fatto per mare, delle quali non resta traccia. Ed infatti, le orme che Dio va stampando nelle anime che vuole attirare a se e far grandi nell'unione della sua Sapienza, hanno la proprietà di non essere conosciute. Per la qual cosa nel libro di Giobbe, quasi a rafforzare il nostro asserto, si leggono queste parole: Forsecché hai tu conosciuto le grandi vie delle nubi e appreso le scienze perfette? (Gb 37 ,16 ); intendendo con ciò le strade per dove Dio ingrandisce le anime (qui simboleggiate dalle nubi), perfezionandole nella sua sapienza. R sta, dunque, provato che la contemplazione che guida l’anima a Dio, è sapienza segreta.

2N CAPITOLO 18

SI DICHIARA COME LA SAPIENZA SEGRETA SIA ANCHE SCALA

1 - Passiamo ora a trattare della seconda proprietà della sapienza mistica, ossia vediamo come essa, oltre che segreta, è anche scala. Intorno a ciò, è da sapersi che tale possiamo chiamarla per molte ragioni. Primieramente perché, come con la scala si ascende e si dà la scalata alle fortezze per rapirne i tesori che vi si trovano, così pure per mezzo della segreta contemplazione, senza sapere come, l 'anima sale e s'innalza per conoscere e possedere i beni e i tesori del cielo. A ciò chiaramente allude il Profeta Davide, quando dice: Beato colui che gode del tuo favore ed aiuto, perché in questa valle di lagrime egli ha disposto in cuore suo le ascensioni al luogo che si è eletto; di modo che il Signore della legge lo benedirà, ed egli andrà di virtù in virtù, come di grado in grado, e vedrà in Sion il Dio degli dèi, che è il tesoro della fortezza di Sion, ossia la beatitudine (S al 83 ,6 - 8 ).

2 - Possiamo chiamarla scala anche perché, come nella scala gli stessi gradini servono per salire e scendere, così pure la segreta contemplazione innalza l'anima a Dio con le medesime comunicazioni con cui la umilia in se stessa. Infatti, le comunicazioni che veramente sono da Dio, hanno questo di particolare che umiliano e innalzano l'anima in pari tempo; poiché in

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questo cammino il discendere è salire, e viceversa, cioè chi si umilia è esaltato, e chi si esalta è umiliato (L c 14 ,11 ) . Oltre che poi la virtù dell'umiltà è grandezza, Dio suole far salire l'anima su detta scala affinché discenda, e farla discendere perché salga, acciò si adempia quel che il Savio dice: Prima che l'anima sia esaltata, è umiliata; e prima di essere umiliata, viene esaltata (P ro 18 , 12 ).

3 - E invero, parlando ora naturalmente (lasciato da parte ciò che è spirituale e non si sente), l 'anima, se ben consideri, riuscirà a comprendere quanti alti e bassi patisce in questo cammino, e come dopo aver goduta la prosperità, subito va incontro a qualche tempesta e travaglio, tanto da sembrarle che la precedente calma le sia stata concessa, acciocché fosse più forte e preparata all'affanno seguente. E similmente, dopo la miseria e la burrasca segue l'abbondanza e la tranquillità, di maniera che all'anima pare che non dovesse godere tal festa senza far prima quella vigilia. E così è per l 'appunto, secondo il modo ordinario dello stato di contemplazione, fino a che non si giunga allo stato di quiete: le cose non vanno sempre ad un modo, ma tutto consiste in salire e discendere.

4 - La causa di questo è che lo stato di perfezione, essendo riposto nel perfetto amore di Dio e nel disprezzo di se stesso , include necessariamente due cose: il conoscimento di Dio e quello di se medesimo. Quindi l 'anima, dovendo essere dapprima esercitata ora nell'uno e ora nell'altro, nel primo caso s'ingrandisce e nel secondo si umilia. Alla fine però, quando avrà acquistati gli abiti perfetti, cesserà l'alternativa dello scendere e salire, perché sarà giunta ormai ad unirsi con Dio, il quale sta alla sommità della scala che a Lui si appoggia. Questa scala di contemplazione che si parte da Dio è figurata da quella che Giacobbe vide in sogno, per la quale gli angeli discendevano da Dio all'uomo, e salivano dall'uomo a Dio, il quale era appoggiato all'estremità di essa (G en 2 8, 12 ). Tutto questo, come dice la sacra Scrittura, succedeva di notte e mentre Giacobbe dormiva, per farci intendere che il cammino che conduce a Dio è molto segreto e diverso dall'umano sapere. L'uomo, infatti, ordinariamente reputa peggiore per sé ciò che è di suo maggior profitto (com'è l'annichilare se stesso); e ciò che meno gli giova (ossia il procacciarsi consolazione e piacere, in che per solito perde piuttosto che guadagnare), lo stima migliore.

5 - Ma, parlando adesso un po' più sostanzialmente e propriamente della segreta contemplazione, diremo che la principale proprietà per cui si chiama scala è che la contemplazione è scienza di amore, amorosa notizia di Dio, la quale insieme illumina e innamora l'anima sino ad elevarla di grado in grado al suo Creatore; poiché solo l'amore è quello che unisce l'anima con Dio. Pertanto, perché più chiaramente s'intenda questa verità, andremo qui accennando i vari gradi della divina scala, dicendo con brevità i segni e gli effetti di ciascuno, affinché l'anima da ciò possa congetturare in quale di essi gradi si trovi. Li distingueremo perciò dai loro effetti, come fanno S. Bernardo e S. Tommaso, perché conoscerli in sé non è possibile per via naturale, essendo questa scala di amore così segreta che solo Dio è colui che la misura e la pesa.

2N CAPITOLO 19

COMINCIA A SPIEGARE I DIECI GRADI DELLA SCALA MISTICA DI AMORE DIVINO SECONDO S. BERNARDO E S. TOMMASO PARLA QUI DEI PRIMI CINQUE

1 - Diciamo anzitutto che i gradi della scala amorosa per dove l'anima sale a Dio, sono dieci. Il primo fa sì che l'anima ammali di amore, con suo profitto; e in questo grado parla la Sposa quando dice: Vi scongiuro, figlie di

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Gerusalemme, che se mai incontraste il mio Diletto, gli diciate che io languisco di amore Questa infermità però non tende alla morte, ma alla gloria di Dio, poiché in essa l'anima viene meno al peccato e a tutte le cose che non sono Dio, per amore di Lui, secondo il detto di Davide: L'anima mia venne meno cioè intorno a tutte le cose, aspettando da te la salute (S al 118 ,81) . Come l'infermo perde l'appetito e il gusto di tutti i cibi e cambia colore, così in questo grado di amore l'anima perde il piacere e il desiderio di tutte le cose, e a guisa degli amanti muta colore, cioè il costume della vita passata. L'anima non cade in questa infermità, se l'eccesso del calore non le viene dall'alto, secondo che Davide dice in questo versetto: « pluviam voluntariam segregabis, Deus, haereditati tuae et infirmata est; tu vero perfecisti eam» (Sa l

67 , 10 ). Questa malattia, questo mancare a. tutte le cose, che è il principio e il primo grado per salire a Dio, ben lo abbiamo spiegato più sopra, dove parlammo dell'annichilimento in cui l 'anima si vede, allorché comincia ad entrare nella purgazione contemplativa, quando in nessuna cosa può trovare appoggio o piacere, né conforto o riposo. Sicché da questo grado subito comincia a salire al secondo.

2 - Il secondo grado fa sì che l'anima cerchi Dio incessantemente . Onde, quando la Sposa disse che, cercatolo di notte nel suo letto (dov'ella languiva secondo il primo grado), non lo trovò, soggiunse: Mi leverò per andare in traccia del Diletto dell’anima mia (C t 3 ,2 ). Il che, ripeto, l 'anima fa senza posa, seguendo il consiglio di Davide: Cercate sempre la faccia, del Signore; e cercandolo in tutte le cose non vi fermate in nessuna, finché non l'abbiate trovato (S al 104 ,4 ) . Così fece la Sposa che, dopo aver domandato dello Sposo alle guardie, subito le lasciò e passò oltre; o come fece Maria Maddalena che non si fermò a guardare nemmeno gli angeli del sepolcro (Gv 20 ,14 ) . In questo grado l'anima è così sollecita che in tutte le cose cerca l'Amato: in tutto ciò che pensa, subito corre col pensiero all'Amato; in tutto ciò che dice, in tutti gli affari che le capitano, subito parla e tratta dell'Amato; sia che mangi, sia che dorma, o vegli o faccia qualunque altra cosa, tutta la sua sollecitudine è riposta nell’Amato, secondo che è già stato detto a proposito delle ansie di amore. E poiché in questo secondo grado l'amore sempre più cresce e, acquista maggiori forze, l 'anima comincia a salire al terzo, per mezzo di qualche nuova prova della notte purgativa, come in appresso vedremo, che produce nell'anima gli effetti seguenti.

3 - Il terzo grado della scala amorosa è quello che spinge l'anima ad operare e le infonde calore perché non manchi. Di questo grado il Reale Profeta così dice: Beato l'uomo che teme il Signore, poiché brama di operare molto per adempiere i divini comandamenti (S al 111 ,1 ). Che se il timore, che nasce dall'amore, gl'infonde tal ardente desiderio, che cosa non farà l'amore stesso? In questo grado, a cagione dell'amoroso incendio che in lei tanto divampa, l'anima giudica piccole le opere grandi intraprese per l'Amato, poche le molte, e breve il lungo tempo passato nel servirlo: a quella guisa che Giacobbe, dopo aver servito Labano per sette anni, gli parve poco e giudicò doverlo servire altri sette, per il grande affetto che portava a Rachele (Gen 29 , 20 ). Se, dunque, in Giacobbe tanto poteva l'amore verso una creatura, che cosa non farà, quello verso il Creatore, allorché nel terzo grado prende possesso dell'anima? Per il grande amore che porta a Dio, ella prova grandi affanni e pene per il poco che fa per Dio, e se le fosse lecito disfarsi mille volte per Lui, sarebbe soddisfatta. Per conseguenza si reputa inutile in tutto quello che fa, e le sembra di vivere invano. Di qui nasce in lei un altro effetto mirabile, ed è che con grande persuasione si giudica per più cattiva di tutti: primo, perché l'amore le insegna ciò che Dio merita; secondo, perché essendo molte le opere che fa in servizio di Lui e conoscendole difettose e imperfette, da tutte ritrae somma confusione e pena, e comprende che il suo basso modo di procedere è troppo indegno di un così alto Signore. In questo terzo grado, l 'anima è ben lungi dall'avere vanagloria o presunzione, e dal condannare gli

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altri. Tali sono, insieme a molti altri simili, i meravigliosi effetti di amorosa sollecitudine che il terzo grado produce nell'anima, la quale perciò in esso acquista vigore e forze per salire al quarto grado.

4 - Il quarto grado della scala di amore è quello in cui si produce nell'anima un ordinario soffrire per cagione dell'Amato, senza mai stancarsi. Poiché, come dice S. Agostino, l'amore rende facili e quasi un nulla anche le cose più grandi e gravose. 2 In questo grado parlava la Sposa allorché, desiderando di trovarsi già nell'ultimo, disse al suo Diletto: Mettimi qual sigillo sul tuo cuore, qual sigillo sul tuo braccio, poiché la dilezione (cioè l'atto e l 'opera dell'amore) è forte come la morte, e l'emulazione è dura come l'inferno (C t 8 ,6 ). In tal grado lo spirito ha tanta forza che tiene soggetta la carne, e ne fa così poco conto, quanto un albero ne farebbe di una delle sue foglie; e in nessun modo cerca conforto e piacere, né in Dio né in altra cosa. Non chiede ricompense al Signore, perché ben vede di aver già ricevuto molte grazie da Lui; piuttosto, ogni suo pensiero è volto a dargli piacere e a servirlo in qualche maniera, per il molto che Egli merita e per i favori da Lui ottenuti, anche a costo di qualunque disagio e patimento. Dice in cuor suo: O mio Dio e Signore! quanti sono coloro che in te non cercano che la propria consolazione, solo desiderando da te grazie e doni! Invece, quelli che vogliono dar piacere a te e offrirti qualcosa a prezzo di sacrifici, posposto il proprio interesse, quanto mai sono pochi! Dal canto tuo, mio Dio, non manca la volontà di spargere a piene mani i tuoi benefizi; ma noi purtroppo manchiamo di usare in tuo servizio quelli ricevuti, per impegnarti a farcene continuamente dei nuovi. Questo grado di amore è molto elevato. Infatti, poiché l'anima sempre segue il suo Dio con sì vero amore e con spirito di patire per Lui, Sua Divina Maestà assai spesso le concede il godere, visitandola dilettevolmente nello spirito; essendo che l'immenso amore di Cristo Verbo non può soffrire che la sua amante peni senza il di Lui conforto. Il che per bocca di Geremia Egli affermò dicendo: Mi sono ricordato di te, ebbi pietà della tua adolescenza, quando mi seguisti nel deserto (Ge r 2 ,2 ): e questo, parlando spiritualmente, significa che l'anima è priva dell'appoggio delle creature, non fermandosi né trovando riposo in alcuna di esse. Nel quarto grado, infine, l 'anima è accesa da tal desiderio di Dio che non tarda a salire al quinto.

5 - Il quinto grado fa sì che l'anima brami Dio impazientemente. Quivi ella prova un desiderio così veemente di raggiungere il suo Diletto e di unirsi con Lui, che ogni dilazione, per minima che sia, le diventa troppo lunga, grave e molesta. Sempre crede di trovare l'Amato; e quando si vede delusa nella speranza (il che avviene quasi ad ogni passo), si strugge nella sua brama, secondo il detto del Salmista che dice: L'anima mia si consuma per il desiderio della dimora del Signore (S al 83 ,3 ) . In questo grado, l'amante non può a meno o di conseguire ciò che brama, o di morire, come si vede in Rachele che per il gran desiderio di aver figli disse a Giacobbe suo sposo: Dammi dei figlioli, altrimenti morirò (Gen 30 , 1 ). Inoltre qui l'anima, affamata come i cani, va in giro per la città di Dio e s’impingua d'amore, poiché la sazietà è in proporzione della fame: perciò ella può salire al sesto grado, i cui effetti vedremo nel seguente capitolo.

2N CAPITOLO 20

SI DESCRIVONO GLI ALTRI CINQUE GRADI DI AMORE

1 - Nel sesto grado l'anima corre speditamente a Dio, ha frequenti contatti con Lui, e per mezzo della speranza vola agilmente senza stancarsi, perché l'amore l'ha fortificata e resa leggera al volo. Di questo grado Isaia dice: I

2 Serm. 70 (al. 9 de verbis Domini) n. 3. ML 38,444.

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santi che sperano in Dio acquisteranno nuove forze, metteranno ali quasi di aquila, voleranno senza stancarsi mai ( I s 40 ,31 ) , come facevano nel quinto grado. A questo grado si riferisce anche quel detto del Salmo: Come il cervo desidera la fonte delle acque, così l 'anima mia ha desiderio di te, mio Dio ( Sal 41 ,2 ); poiché il cervo quando è. assetato corre alle acque con grande velocità. La causa di tale agilità di amore che l'anima prova nel presente grado, è perché ormai si è molto dilatata in lei la carità, ed anche perché ella è quasi interamente purificata, secondo il detto di un Salmo: « Sine iniquitate cucurri» (Sa l 58 ,5 ) . E in un altro: Corsi la via dei tuoi comandamenti, quando dilatasti il mio cuore. Così da questo sesto grado l'anima passa subito al settimo.

2 - Il settimo grado rende l'anima straordinariamente ardita. Quivi l'amore è tale che non fa uso di giudizio o consiglio, non conosce indugi, non sa retrocedere, né raffrenarsi per vergogna : poiché l'immenso favore che Dio concede all'anima, la rende oltremodo audace. Da ciò ne segue quel che dice l'apostolo, cioè che la carità tutto crede, tutto spera e tutto può (1C or 13 ,7 )

Questo grado appare nelle parole di Mosè, quando disse a Dio che o perdonasse al suo popolo, o altrimenti cancellasse lui dal libro della vita, in cui lo aveva scritto (E s 32 ,32 ) . L'anima qui ottiene da Dio quello che più le sta a cuore, secondo le parole di Davide: Dilettati nel Signore, e ti darà quello che il tuo cuore domanda (Sal 36,4). in questo grado la Sposa dei Cantici si fece ardita dicendo: «Osculetur me osculo oris sui» (Ct 1,1). Però bisogna avvertire che non sarebbe lecito all'anima fare l'ardita, se non sentisse l'interno favore dello scettro della Maestà Divina inclinato verso di lei (Es t

8 , 4 ); affinché forse non le avvenga di decadere dagli alti gradi saliti fin qui, nei quali sempre si deve conservare in umiltà. Da questo settimo grado, in cui ha ricevuto il coraggio di tutto osare con veemenza di affetto nelle cose divine, l 'anima passa all'ottavo, nel quale fa preda dell'Amato e si unisce con Lui.

3 - L'ottavo grado di amore fa che l'anima raggiunga e stringa il Diletto senza lasciarlo, secondo che la Sposa dice in questi termini: Ho trovato, colui che il mio cuore ama; l 'ho preso, e non lo lascerò (C t 3 ,4 ). In questo grado di unione l'anima soddisfa il suo desiderio, ma non di continuo: giunge a porvi il piede e subito lo ritrae, poiché se così non fosse, ma persistesse in questo grado, avrebbe nella presente vita alcunché della gloria eterna; e perciò vi si ferma per brevi spazi di tempo. Al Profeta Daniele, come quegli che era uomo di desideri, fu comandato da parte di Dio che si fermasse in questo grado, allorché l'angelo gli disse: Sta nel grado tuo, poiché sei uomo di desideri (Dn 10 ,11 ). Passiamo ora al nono grado che è quello dei perfetti.

4 - Il nono grado fa che l'anima arda di amore soavemente, ed è proprio dei perfetti: perché lo Spirito Santo è Colui che loro comunica il suo soave e dilettevole ardore in conseguenza della loro unione con Dio. Per la qual cosa S. Gregorio, parlando degli Apostoli, dice che quando lo Spirito Santo discese visibilmente sopra di essi, soavemente arsero di amore (Hom. 30 in E van . n . 1 . ML 76 ,

1220). È impossibile trovare parole per esprimere i beni e le ricchezze divine che l'anima gode in questo grado: per quanti volumi si scrivessero intorno a ciò, resterebbe sempre il più da dire. Per questa ragione, ed anche perché in seguito ne parleremo alquanto, qui non aggiungo altro. Passiamo quindi al decimo ed ultimo grado della segreta scala di amore, il quale grado è già proprio dell'altra vita.

5 - Il decimo ed ultimo grado della scala segreta di amore rende l'anima del tutto simile a Dio, a cagione della chiara visione di Lui, la quale ella subito possiede, quando, giunta in questa vita al nono grado, se ne parte dal corpo. Tali anime (e sono poche), essendo già purgatissime per l'amore, non entrano in purgatorio; e perciò S. Matteo dice: «Beati mundo corde,

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quoniam ipsi Deum videbunt» (M t 5 , 8 ). Questa visione, ripeto, è causa della totale somiglianza dell'anima con Dio, secondo la testimonianza di S. Giovanni, che dice: Sappiamo che saremo simili a Lui (1Gv 3,2). Non già che l'anima acquisterà le infinite perfezioni di Dio, il che è impossibile, ma perché tutto quanto essa è, diverrà simile a Dio; e quindi si chiamerà e sarà Dio per partecipazione.

6 - Questa, dunque, è la scala segreta di cui parla l 'anima: scala, però, che nei supremi gradi non è più tanto segreta per lei, perché l'amore molto le si discopre, per i grandi effetti che in essa produce. Ma nella chiara visione, che è l'ultimo grado della scala che poggia in Dio, non v'è più alcuna cosa nascosta per l'anima, a cagione della sua perfetta rassomiglianza con Lui. Onde il nostro Salvatore dice: In quel giorno non mi domanderete più niente (Gv 16, 23 ) . Però, sino a quel giorno, per quanto l'anima salga in alto, le resta sempre alcunché di nascosto, a proporzione di ciò che le manca alla totale similitudine con la divina essenza. In tal guisa, dunque, per mezzo della teologia mistica e dell'amore segreto, l'anima va uscendo da tutte le cose e da se stessa salendo a Dio: perché l'amore è simile al fuoco che sempre sale verso l'alto, tendendo al centro della sua sfera.

2N CAPITOLO 21

DICHIARA LA PAROLA: TRASFORMATA; E RIFERISCE I COLORI DEL TRAVESTIMENTO DELL 'ANIMA NELLA NOTTE DI CONTEMPLAZIONE

1 - Dopo aver dichiarate le cause per cui l 'anima chiamava la contemplazione scala segreta, ci resta ora da spiegare l'ultima parola del verso, e dire per qual motivo l'anima affermi di essere uscita trasformata, cioè travestita, per la scala segreta.

2 - Per meglio intendere tutto ciò, premettiamo che il travestirsi non è altro che coprirsi di un abito o costume, diverso dal proprio e ordinario, o per mostrare esternamente la volontà che alcuno ha di conquistarsi le grazie e il favore della persona amata, ovvero per nascondersi ai propri emuli, e così compiere meglio il fatto suo: ed allora prende quel vestito o divisa che più significhi l 'affetto del suo cuore, e col quale possa meglio occultarsi ai suoi avversari.

3 - L'anima dunque, tocca dall'amore di Cristo suo Sposo, desiderando entrargli in grazia e guadagnarne la volontà, se n'esce travestita con quel costume che più al vivo rappresenti gli affetti del suo spirito, e col quale vada più sicura dai suoi nemici che sono il demonio, il mondo e la carne. La divisa che indossa è di tre colori principali, cioè bianco, verde e rosso: che denotano le tre virtù teologali, ossia la fede, la speranza e la carità, con le quali non solamente si concilierà l'animo e le grazie del suo Amato, ma potrà essere sicura e difesa dagli attacchi dei suoi tre nemici. La fede è una tunica interna tanto candida, che abbaglia la vista di ogni intelletto. Per la qual cosa, andando l'anima vestita di fede, il demonio non la vede e non riesce a farle danno, perché la fede la protegge più che le altre virtù contro di lui, che è il più forte e astuto nemico.

4 - E perciò S. Pietro non indicò altra arma migliore della fede per difenderci dal demonio, quando disse: «Cui resistite fortes in fide» (1Pt 5 ,9 ) . Per conseguire poi la grazia e l 'unione dell'Amato, l 'anima non può mettersi (come principio di tutti gli altri abiti di virtù) una tunica più bella della bianca fede, perché senza di essa, come dice l'apostolo, è impossibile piacere a Dio (E b 11 , 6 ): al contrario, con essa, è impossibile non piacergli, poiché Egli stesso dice per bocca di un Profeta.«Sponsabo te mihi in fide» (Os 2 , 20 ). Come se

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dicesse: Se tu, anima, vuoi unirti e sposarti con me, devi venire vestita interiormente di fede.

5 - L'anima indossò il bianco vestito della fede, quando uscì nella notte oscura. Allora dovette camminare in tenebre ed angustie interiori, senza ricevere conforto da nessuno: non dal suo intelletto, che era privo di luce; non dall'alto, perché il cielo le pareva chiuso e Dio nascosto; non dagli uomini, perché i suoi maestri non la soddisfacevano. Ma tutto soffrì con costanza, passando per quei travagli senza stancarsi e mancare all'Amato; il quale nelle pene e nelle tribolazioni mette, a prova la fede della sua Sposa, di modo che ella possa dire poi con tutta verità quel versetto di Davide: Per le parole del tuo labbro, io ho perseverato per aspro cammino (S al 16 ,4 ) .

6 - Sulla bianca tunica della fede l'anima subito sovrappone la seconda veste, di colore verde, il quale significa la virtù della speranza, con cui l 'anima principalmente si difende e libera dal secondo nemico, cioè il mondo. Questo verde di viva speranza in Dio dà all'anima una tale vivezza, coraggio ed elevazione alle cose della vita eterna, che a confronto di ciò che lassù si aspetta, tutte le cose del mondo le sembrano, come sono in verità, appassite, aride, morte, e di nessun valore. Qui l 'anima si spoglia di tutte le gale e costumi del mondo, non ripone il suo cuore in alcuna cosa, niente sperando di ciò che si trova o vi può essere quaggiù, vivendo solamente vestita della speranza di vita eterna. Per il che, avendo il cuore così sollevato dal mondo, non solo questo non la può accalappiare, ma neppure seguire di vista.

7 - Quindi, con questa verde divisa, l 'anima cammina più sicura dal suo secondo nemico, che è il mondo. S. Paolo chiama la speranza elmo di salute (1Ts 5,8): e l 'elmo è un'armatura che protegge tutta la testa, e la copre in modo che non le rimane altra parte scoperta, se non la visiera per vedere. Lo stesso fa la speranza, che protegge tutti i sensi del capo dell'anima dalle cose del secolo, di modo che le saette di questo non giungano a ferirli in nessuna parte. Soltanto le lascia una visiera, affinché gli occhi possano mirare il cielo, e non altro, poiché è ufficio ordinario della speranza far sollevare all'anima lo Sguardo a Dio solo, come Davide afferma di aver fatto, dicendo : «Oculi mei semper ad Dominum» (Sal 24,15) , non sperando alcun bene da altra parte. Onde il medesimo in un altro salmo dice: Come gli occhi della serva si posano nelle mani della sua padrona, così i nostri si fermano nel nostro Signore Dio, fino a che abbia pietà di noi che speriamo in Lui (S al 122 ,2 ) .

8 - A causa di questa verde divisa (nella quale l'anima sempre sta mirando Dio, e non fissa lo sguardo in altra cosa, né si appaga se non di Lui solo), l 'Amato si compiace talmente dell'anima, che con tutta verità si può dire che essa tanto da 1ui ottiene, quanto ne spera. E perciò lo Sposo nei Cantici le dice che col solo mirare di un occhio le piagò il cuore (C t 4 ,9 ). Senza la verde divisa di sola speranza in Dio, non conveniva che l'anima uscisse con amorosi disegni, perché non avrebbe ottenuto nulla, in quanto che ciò che muove e vince ogni ostacolo è una ferma speranza.

9 - Travestita invece con tale divisa, l’anima va sicura per la segreta e oscura notte della contemplazione; perché è così vuota di ogni possesso e appoggio, che non alza gli occhi della mente in altra cosa che in Dio, ponendo la bocca nella polvere (T hr en. 3 , 29 ) , per vedere se mai vi sia qualche speranza, conforme all'espressione di Geremia già ricordata.

10 - Per avere un travestimento perfetto, sopra il bianco e il verde l'anima indossa una splendida toga purpurea, la quale denota la terza virtù, cioè la carità. Questa toga non solamente aggiunge grazia agli altri due colori, ma ad un tratto innalza l'anima e la rende presso Dio così bella e gradevole, che ardisce di dire: Benché io sia bruna, o figlie di Gerusalemme, sono bella, e

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perciò il Re mi ha amata e mi ha introdotto nel suo talamo (C t 1 ,3 ). La livrea della carità, ossia quella dell'amore, che nell'Amato suscita più amore, non solo nasconde e difende l'anima dal terzo nemico che è la carne (poiché dove è vero amore di Dio, non entra amore di se stesso, né delle proprie cose), ma anche avvalora le altre virtù, dando loro forza e vigore a protezione dell'anima, e grazia e bellezza, affinché con esse ella possa piacere all'Amato: ché, senza la carità, nessuna virtù è grata agli occhi di Dio. Essa è la porpora, di cui si parla nei Cantici, ove sta adagiato il Signore (C t 3 ,10 ). Di così vaga divisa purpurea l'anima si riveste, quando (come è stato dichiarato nella prima strofa) nella notte oscura esce da sé e da tutte le cose create: Con ansie, d'amor tutta infiammata, passando per la segreta scala della contemplazione alla perfetta unione d'amore di Dio, che è sua vera salute.

11 - Ecco, dunque, qual è il travestimento di cui l 'anima fa uso nella notte di fede, passando per la scala segreta. I tre colori di esso sono una disposizione adattissima perché l'anima si unisca a Dio, secondo le sue tre potenze, intelletto, memoria e volontà. La fede, infatti, offusca e vuota l'intelletto di ogni sua intelligenza naturale, e con ciò lo dispone per unirlo con la Sapienza divina. La speranza vuota e allontana la memoria da ogni possesso di creature; poiché, come dice S. Paolo, la speranza è di ciò che non si possiede (R m 8 ,24 ): e quindi distacca la memoria da quello che può possedere e la mette in ciò che spera, disponendola puramente all'unione con Dio. La carità, similmente, vuota gli affetti e gli appetiti della volontà di qualunque cosa che non sia Dio, e solamente li volge a Lui, e quindi tale virtù dispone detta potenza per via di amore e l 'unisce con Dio. Pertanto, poiché le tre virtù teologali hanno l'ufficio di separare l'anima da tutto ciò che è meno di Dio, hanno per conseguenza quello di unirlo a Lui.

12 - Se non si cammina davvero con la divisa di queste tre virtù, è impossibile pervenire alla perfezione di unione con Dio per amore. Affinché, dunque, l 'anima conseguisse il suo intento, cioè l'amorosa e dolce unione col suo Amato, era molto necessario che si travestisse come fece. L'essere riuscita a ciò, e il perseverarvi sino ad ottenere lo scopo tanto desiderato, fu per lei una felicità senza pari, che la fa esclamare: Oh, felice ventura!

2N CAPITOLO 22

SI SPIEGA IL TERZO VERSO DELLA SECONDA STROFA

1 - È chiaro che per l'anima fu felice ventura l'essere riuscita in un'impresa, quale fu questa, in cui si liberò dal demonio, dal mondo e dalla sua sensualità. Avendo acquistata la libertà dello spirito così preziosa e desiderata da tutti, salì dalle cose basse alle sublimi, da terrena divenne celeste, da umana divina, fissando la sua conversazione nei cieli (F i l 3 , 20 ): il che è proprio dello stato di perfezione, come anche in seguito si andrà dicendo, sebbene un po' più brevemente.

2 - Ormai le cose più importanti rispetto al mio scopo principale (che era quello d'istruire non poche anime che, pur trovandosi nella notte oscura, come si dice nel prologo [Prologo della Salita] non ne avevano cognizione) sono già mediocremente dichiarate. Mi sembra di aver fatto intendere, quantunque molto al disotto della realtà delle cose, quanti siano i beni che l'anima porta con sé nella notte oscura, e quanto fortunata sia la sorte di chi vi passa; affinché qualora le anime si spaventassero per l 'orrore di tante pene, si facciano coraggio con la certa speranza di riportarne altrettanti vantaggi e beni divini. Oltre a ciò, l'anima canta la sua sorte felice per il motivo espresso nel seguente verso:

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Nel buio, e ben celata.

2N CAPITOLO 23

SI DICHIARA IL QUARTO VERSO - SI DICE QUANTO SIA AMMIRABILE IL NASCONDIGLIO DOVE L 'ANIMA SI CELA NELLA NOTTE OSCURA , E COME IL DEMONIO, QUANTUNQUE ABBIA INGRESSO IN ALTRI NASCONDIGLI MOLTO PROFONDI , NON L 'ABBIA PERÒ IN

QUESTO

1 - Essere ben celata è lo stesso che andare coperta e di nascosto, e perciò qui l 'anima, ritornando al concetto già espresso nel primo verso della seconda strofa, vuol farci comprendere sempre meglio la perfetta sicurezza che gode per mezzo dell'oscura contemplazione nella via dell'unione amorosa con Dio.

2 - Il dire dunque: nel buio, e ben celata, è come se ella dicesse che, camminando all'oscuro nel modo sopra descritto, era coperta e nascosta al demonio e alle sue astuzie e insidie. La causa per cui l 'anima nell'oscurità di questa contemplazione va 1ibera e celata dalle insidie del demonio, è che la contemplazione s'infonde passivamente e segretamente nell'anima, all'oscuro dei sensi e delle potenze esterne ed interne della parte sensitiva. Quindi è che l'anima, non solo è immune e libera dall'impedimento che possono mettere queste potenze della parte sensitiva per la loro naturale debolezza, ma anche dal demonio, il quale, se non è per mezzo di esse, non può arrivare a conoscere quel che vi è o accade nell'anima: onde, quanto più la comunicazione è spirituale, interiore e remota dai sensi, tanto meno il demonio riesce ad intenderla.

3 - Perciò importa molto, per la sicurezza dell'anima, che il tratto interiore con Dio sia in modo tale, che i sensi stessi della parte inferiore rimangano al buio e digiuni dei divini favori: primo, affinché la comunicazione spirituale sia più abbondante, non essendo la libertà dello spirito impedita dalla fiacchezza della parte sensitiva; secondo, perché l'anima va più sicura, non arrivando il demonio così addentro. Possiamo intendere a questo proposito, prendendole in senso spirituale, quelle parole del nostro :Salvatore: Non sappia la tua sinistra quel che fa la destra (M t 6 ,3 ). Come se dicesse: Ciò che avviene nella parte destra, che è la parte superiore e spirituale dell'anima, non lo sappia la sinistra; cioè sia di tal natura che la parte inferiore o sensitiva non vi arrivi: sia soltanto un segreto tra lo spirito e Dio.

4- È ben vero che spesso, quando l'anima riceve comunicazioni spirituali e segrete, quantunque il demonio non sappia quali e come siano, a motivo della grande quiete che esse producono nella parte sensitiva, pure, appunto da questa calma profonda, giudica che vi sono, e che l'anima sta ricevendo qualche gran bene spirituale. E allora, vedendo che non può giungere all'intimo dell'anima per impedirle quel bene, fa di tutto per creare scompiglio e turbamento nella parte sensitiva dov'egli arriva, sia con dolori, sia con paure e spaventi, allo scopo d'inquietare così la parte superiore e spirituale dell'anima, e distoglierla dal bene che allora riceve e gode. Molte volte però, quando la comunicazione investe lo spirito puramente o con forza, il demonio con tutte le sue arti non riesce a disturbarlo; anzi allora l'anima ne ricava nuovo profitto, nuovo amore, e più sicura pace. Poiché sentendo la presenza turbatrice del nemico, - cosa ammirabile! senza saper come, e senza che ella faccia alcuno forzo da parte sua, si ritira nel suo intimo più profondo, come in sicuro rifugio, dove si vede ben nascosta e lontana dal nemico, e sente aumentare in sé quella tranquilla quiete che il demonio pretendeva di rapirle. Allora tutto quel timore le svanisce al di fuori, ed ella si rallegra nel vedere che tanto al sicuro gode di quella pace deliziosa dello Sposo nascosto, che né

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il mondo né il demonio le possono dare o togliere. Quivi l'anima, sente la verità di ciò che la Sposa a questo proposito dice nei Cantici (C t 3 ,7 -8 ): Osservate, sessanta uomini forti circondano il letto di Salomone per, timore delle insidie notturne. E l'anima gode questa forza e pace, benché molte volte si senta tormentare esteriormente la carne e le ossa.

5 - Quando la comunicazione spirituale non comunica molto allo spirito ma ne fa partecipe il senso, con più facilità il demonio riesce per mezzo di esso a turbare lo spirito e a metterlo in subbuglio con vani terrori. In tal caso, il tormento che causa nello spirito è assai grave, talora più di quanto si possa esprimere; perché passando la cosa nudamente tra spirito e spirito, è intollerabile l 'orrore che col suo turbamento lo spirito malvagio apporta al buono, ossia a quello dell'anima quando è raggiunta dal suo baccano. Il che anche la Sposa dei Cantici ci fa intendere, quando racconta che così le avvenne nel tempo che voleva discendere all'interno raccoglimento per godere dei suoi beni, dicendo: Discesi nell'orto delle noci per veder i pomi delle valli e se fosse fiorita la vigna; non seppi, e l 'anima mia si conturbò per lo strepito dei cocchi di Aminadab (C t 6 ,10 -11)che è il demonio.

6 - Non di rado il demonio riesce a vedere alcune grazie che Dio fa all'anima per mezzo dell'angelo buono, perché il Signore ordinariamente permette che queste siano conosciute dall’avversario e ciò massimamente perché costui faccia contro di esse i suoi sforzi, secondo la proporzione della giustizia, e così non possa affacciare i suoi diritti, dicendo che non gli hanno dato campo di conquistare l'anima, come disse rispetto a Giobbe ( Gb 1 ,9 - 11) . Ciò sarebbe vero, se Dio non permettesse che vi fosse una certa parità tra i due contendenti, cioè tra l'angelo buono e il cattivo, affinché la vittoria di qualsiasi parte sia più pregevole, e l 'anima vincitrice e fedele nella tentazione ne riporti maggior premio.

7 - Questa, infatti, è la causa per cui Dio, usando un dato genere di mezzi nel guidare un'anima, dà licenza al demonio di adoperarne di simili per tentarla. Quindi, se le concede visioni vere per mezzo dell'angelo buono (e di solito accadono per questo mezzo, ancorché appaia Cristo, perché egli in persona quasi mai si mostra), in pari tempo lascia che l'angelo delle tenebre gliene rappresenti delle false: di modo che, essendo verosimili, l'anima facilmente può restare ingannata, come a molte è successo. Di ciò abbiamo una figura nell'Esodo (E s 7 ,11 -12 ; 8 , 7 ) , dove si legge che tutti i prodigi veri operati da Mosè erano contraffatti anche dai maghi del Faraone: che se egli traeva fuori rane dal fiume, anche quelli facevano altrettanto; se mutava l'acqua in sangue, anche quelli la cambiavano.

8 - Di più, non solo il demonio sa imitare questo genere di visioni corporee, ma anche imita e s'intromette nelle comunicazioni spirituali mandate da Dio per mezzo di angeli, riuscendo a vederle; poiché, dice Giobbe: « Omne sublime videt» (Gb 41, 25 ) . Tuttavia, essendo quest’ultime senza forma e figura (perché è proprio dello spirito non averne), non le può contraffare così bene come le altre che si presentano sotto qualche specie sensibile. Quindi, per impugnare l'anima al modo stesso che è visitata, le rappresenta il suo spaventoso spirito, cercando di distruggere spirituale con spirituale. Quando ciò avviene nel tempo stesso che l'angelo buono sta per infondere all'anima la comunicazione spirituale, ella non può riparare nel nascondiglio della contemplazione tanto presto da non essere adocchiata dal demonio, e assalita con qualche turbamento e terrore spirituale, talora assai penoso. A volte però l'anima presto si libera, senza che gli spaventi del maligno le facciano alcuna impressione, raccogliendosi dentro di sé, favorita in ciò dall'efficace grazia spirituale che in quel mentre l'angelo buono le offre.

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9 - In alcuni casi, invece, il demonio prevale, e allora il turbamento e il terrore invade l'anima, la quale soffre un tormento maggiore di qualunque altro in questa vita; perché, siccome l'orrenda comunicazione passa da spirito a spirito, direttamente, escluso tutto ciò che è corporeo, essa è penosa sopra ogni dire. Il triste effetto dura alquanto, non molto, perché altrimenti l 'anima uscirebbe dal corpo per la veemente comunicazione diabolica: ma anche dopo ne resta la memoria, che basta ad affliggere grandemente.

10 - Tutto ciò che abbiamo detto avviene nell’anima passivamente, senza che ella vi cooperi o l'impedisca. Si deve però avvertire che, quando l'angelo buono permette al demonio di toccare l'anima con quel terrore, lo fa per purificarla e disporla con questa spirituale vigilia a qualche gran festa e grazia spirituale, che le vuol concedere Colui che mai mortifica se non per dar vita, né umilia se non per esaltare. Difatti, non molto dopo avviene che l'anima, a seconda della tenebrosa e orribile purgazione sofferta, gode di una mirabile e dolce contemplazione spirituale, a volte tanto sublime che non c'è linguaggio per esprimerla. Anzi possiamo dire che l'antecedente attacco del nemico le assottigliò lo spirito, affinché divenisse atto a ricevere il bene susseguente: poiché le visioni spirituali, più proprie dell'altra vita che di questa, sono tali che una dispone all'altra.

11 - Quello che si è detto finora, riguarda i casi in cui Dio visita l 'anima per mezzo dell'angelo buono, quando cioè ella non va così perfettamente al buio e nascosta che il nemico non la raggiunga in qualche modo. Ma quando Dio per se stesso la visita, allora sì che ella riceve grazie e favori spirituali totalmente all'oscuro e all’insaputa del nemico, avverandosi appieno il suddetto verso. E la causa è che Sua Divina Maestà dimora sostanzialmente nell'anima, dove né angelo né demonio possono giungere ad intendere ciò che succede, e quindi il nemico non può conoscere le intime e segrete comunicazioni che passano tra lei e Dio. Provenendo esse direttamente dal Signore, sono affatto divine e sovrane, perché sono tutti tocchi sostanziali di unione divina tra l 'anima e Dio; in uno solo dei quali, l 'anima riceve maggior bene che in tutto il resto, poiché in essi consiste il più alto grado di orazione che all'uomo sia concesso.

12 - Essi sono i tocchi che la Sposa chiede sin dal principio dei Cantici, dicendo : «Osculetur me osculo oris sui» ( Ct 1 ,1 ) ed essendo cosa che tanto strettamente passa con Dio, ed a cui l’anima ardentemente desidera di arrivare, ella stima e brama più uno di questi tocchi divini che tutti gli altri favori che Dio le concede. Per la qual cosa, dopo elle la Sposa aveva cantato le molte grazie ricevute dal suo Diletto, non trovandosi soddisfatta, gli domandò questi divini tocchi, dicendo: Chi mi darà, fratello mio, che io ti trovi sola di fuori mentre succhi il petto della madre mia, affinché con la bocca della mia anima ti baci, e così nessuno ardisca disprezzarmi? (C t 8 ,1 ). Con ciò fa intendere che il suo desiderio era che Dio le facesse la comunicazione per sé solo, di fuori e all'oscuro di tutte le creature, il che è significato da quelle parole: sola e di fuori; e, mentre succhi il petto, cioè mentre prosciughi il petto degli appetiti e delle affezioni della parte sensitiva. Questo avviene quando ormai l'anima gode quei beni divini con gustosa e intima pace e con grande libertà di spirito, senza che la parte sensitiva, o il demonio per mezzo di questa, valgano ad impedirlo. Il demonio allora non osa accostarsi all 'anima e, se volesse, non vi riuscirebbe, né potrebbe arrivare ad intendere i divini tocchi dell'amorosa sostanza di Dio nella sostanza dell'anima.

13 - Nessuno giunge a questo bene, se non per mezzo dell'intima purgazione e nudità e nascondimento spirituale da tutte le creature. Soltanto all'oscuro, ben celata e nascosta, l 'anima si conferma nell'unione con Dio per amore, e perciò canta nel quarto verso

Nel buio, e ben celata.

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I4 - Quando quelle grazie vengono fatte all'anima nascostamente, cioè solo nello spirito, in alcune di esse l'anima suole vedersi, senza saper come, molto separata e lontana, secondo la parte superiore, da quella inferiore e sensitiva; di modo che conosce in sé due parti ben distinte, tanto da sembrarle che l'una non abbia che vedere con l'altra, anzi siano assai disgiunte e distanti tra loro. Ed invero, in certo modo, è così: poiché secondo l'operazione che allora è tutta spirituale, non comunica affatto con la parte sensitiva. In tal maniera l'anima si va facendo tutta spirituale e, per conseguenza, in questo nascondiglio di contemplazione unitiva finisce di spogliarsi , in grado molto elevato, delle sue passioni e appetiti spirituali; e quindi, parlando della sua parte superiore, l 'anima soggiunge l'ultimo verso:

Stando già la mia casa addormentata.

2N CAPITOLO 24

SI FINISCE DI SPIEGARE LA SECONDA STROFA

1 - In altre parole l'anima vuol dire: Stando la mia porzione superiore, come anche l'inferiore, addormentata secondo i suoi appetiti e potenze, uscii alla divina nell'unione dell'amor di Dio.

2 - Come per mezzo della guerra della notte oscura l'anima è combattuta e purgata in due maniere, cioè secondo la parte sensitiva e la spirituale con i loro sensi, potenze e passioni, così anche in due maniere, ossia secondo le stesse due parti con tutte le loro potenze e appetiti , l'anima giunge a conseguire pace e tranquillità. Per questo ripete per due volte il detto verso, in questa strofa e nella precedente, a motivo delle due parti, spirituale e sensitiva: le quali, acciocché pervengano alla divina unione di amore, è necessario che prima siano riformate, ordinate e tranquille, intorno a tutto ciò che è sensitivo e spirituale, conforme allo stato d'innocenza in cui era Adamo. Perciò questo verso, che nella prima strofa s'intendeva della calma della parte inferiore e sensitiva, ora s'intende particolarmente di quella superiore e spirituale.

3 - L’anima alfine consegue la tranquillità e il riposo della sua casa spirituale, in modo abituale e perfetto (quanto però lo permette la condizione della vita presente), per mezzo dei tocchi sostanziali della divina unione or ora descritti, che andò ricevendo dal Signore in segreto e lungi dal turbamento del demonio, dei sensi e delle passioni. Onde ella a poco a poco si purificò e riposò, si rinvigorì, e si rese capace di ricevere stabilmente la detta unione, che è lo sposalizio divino tra l 'anima e il Figlio di Dio. Non appena le due case dell'anima finiscono di addormentarsi e fortificarsi insieme con i loro domestici, che sono le potenze e gli appetiti, in modo che tutti giacciano immersi in un sonno profondo rispetto a tutte le cose celesti e terrene, immediatamente la divina Sapienza si unisce all'anima con un nuovo nodo di possessione di amore, e si adempie ciò che si legge nel libro della Sapienza: «Cum quietum silentium contineret omnia, et nox in suo, cursu medium iter haberet, omnipotens sermo tuus de caelo a regalibus sedibus prosilivit» (Sap 18 ,14 - 15 ) . E la Sposa dei Cantici (C t 3 ,3 -4 ) dimostra la stessa cosa, quando dice che trovò colui che l'anima sua desiderava, dopo però avere oltrepassati coloro che di nottetempo l’avevano ferita e spogliata del suo manto.

4 - Non si può giungere a tale unione senza grande purezza, e questa non si ottiene senza grande spogliamento di ogni cosa creata, e senza una viva mortificazione. Ciò è significato dall'essere la Sposa spogliata del suo manto

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e dall'essere piagata di notte, mentre andava ansiosa in traccia dello Sposo; poiché non avrebbe potuto indossare il nuovo manto dello sposalizio, se prima non fosse stata spogliata del vecchio. Pertanto, chi rifiutasse d'uscire nella detta notte in cerca dell'Amato e di spogliarsi della propria volontà e di essere mortificato, ma lo cercasse nel proprio letto, in mezzo ai propri agi, come da principio la Sposa faceva, non arriverà a trovarlo; poiché la medesima Sposa afferma di non averlo trovato, se non quando uscì all'oscuro e con ansie d'amore.

2N CAPITOLO 25

STROFA TERZA

In quella avventurosaNotte, in segreto che nessun vedea,Né io mirava cosa,Né luce o guida aveaFuori di quella che nel cor mi ardea.

DICHIARAZIONE

1 - L'anima, continuando ancora la similitudine della notte temporale, prosegue a cantare magnificando le ottime proprietà della notte dello spirito, per mezzo delle quali poté ottenere in breve e sicuramente il suo desiderato fine. Di queste proprietà ne menziona qui tre .

2 - La prima è che in questa fortunata notte di contemplazione, Dio guida l'anima per una strada così solitaria, segreta e remota dal senso, che nessuna cosa appartenente a questo, né tocco alcuno di creatura riesce a disturbare l'anima tanto da impedirle il cammino dell'unione di amore,

3 - La seconda proprietà consiste nelle tenebre spirituali di questa notte, in cui tutte le potenze della parte superiore dell 'anima sono al buio. Quivi l 'anima, nulla mirando né potendo mirare, non si ferma in altra cosa fuori di Dio, per andare a Lui: perché è libera dagli ostacoli di forme e figure e dalle apprensioni naturali, che sogliono distogliere l'anima dall'unirsi all 'Eterno Dio.

4 - La terza è che, quantunque l'anima non vada appoggiata ad alcuna particolare luce interiore dell'intelletto, né in così alto cammino trovi sostegno e soddisfazione in alcuna guida esteriore, avendola le tenebre privata di tutto ciò; nondimeno il solo amore che ora arde nel suo petto verso l'Amato è quello che la spinge e guida, anzi la fa volare al suo Dio, senza saper come, per il cammino della solitudine.

Segue il verso:

In quella avventurosa notte.

[Nota: E qui termina i l Trattato del la Notte oscura nel la forma incompleta. . . Delle otto s trofe che il S. Dottore si era proposto di spiegare, due soltanto ne ha interpretate; e al principio della terza rimaniamo privi d 'inestimabili tesori di dottr ina].