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TÜV Italia Journal NUMERO SPECIALE www.tuv.it 20 anni insieme

NUMERO SPECIALE TÜV Italia Journal€¦ · 1995 1998 1990 1994 19 1992 1993 1989 1991 199 8 96 97 1999 EDITORE: TÜV Italia Srl Via G. Carducci, 125 pal. 23 20099 Sesto San Giovanni

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TÜV Italia Journal

NUMERO SPECIALE

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20 anni insieme

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EDITORE:TÜV Italia SrlVia G. Carducci, 125 pal. 2320099 Sesto San Giovanni (MI)

PROPRIETARIO:TÜV Italia SrlVia G. Carducci, 125 pal. 2320099 Sesto San Giovanni (MI)

DIRETTORE RESPONSABILE:Emilia PistoneTÜV Italia SrlVia G. Carducci, 125 pal. 2320099 Sesto San Giovanni (MI)

REDAZIONE :Via G. Carducci, 125 pal. 2320099 Sesto San Giovanni (MI)Supervisione generale:

PUBBLICATO TRIMESTRALMENTECopie, inclusi gli estratti,solo su concessione dell’editore.

TIPOGRAFIA :Gam Edit SrlVia Aldo Moro, 824035 Curno (BG)

IMPAGINAZIONE :Pan Advertising SrlVia Po, 10200198 Roma

info

Questo magazine è realizzato con carta certificata FSC mista ed èstampato con processo ECO OFFSET (a basso impatto ambientale)da Gam Edit Srl, Curno (BG), www.gamedit.it

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1I n d i c e

20 anni insieme

2 Premoli. Gli inizi: in Italia col rigore deitedeschi.

8 Spallinger. Tante opportunità per crescere.14 Fabrizi. Vent’anni a “lavorare per

l’obiettivo”.20 Majocchi. Imprese e mercati: qualità come

valore.26 Ferrari, Pignataro e Mazzei. I laboratori:

cuore tecnico di TÜV Italia.34 Schaff. Il futuro: Life Science, salute ed

energia.36 Fontana. Formazione risorsa strategica.42 Vivi. Tra continuità e sperimentazione.

Le imprese

5 Brembo. I freni che non si fermano mai.Intervista ad Alberto Bombassei.

11 CO-VER Energy Holding. Energie nuove percrescere.Intervista a Gianluca Veneroni.

16 Losma. Maestri in obiettivi.Intervista a Giancarlo Losma.

23 Oldrati. L’imprenditore flessibile.Intervista a Manuel Oldrati.

31 Arix. Cambiare per i consumatori.Intervista a Daniele Silvano Melegari.

39 AZ - Surgelati. Prodotto industriale, qualitàartigianale.Intervista a Girolamo Morano.

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a prima sede era costituita da due locali nelseminterrato di uno stabile in centro a Milano…”.

Molte storie hanno un inizio più affascinante, ma questanon è una favola: da qui inizia il racconto di un camminodi innovazione e di crescita che non è solo di TÜV Italiain quanto tale, ma ha accompagnato due decenni digrandi trasformazioni nel sistema industriale enell’impresa italiana in generale. Angelo Premoli ètestimone della prima, fondamentale parte di questopercorso, perché è stato il primo AmministratoreDelegato di TÜV Italia: “Ho avuto l’incarico – spiega –di portare in Italia questo ente, che come immagineall’estero era conosciuto, ma da noi invece lo era solotra pochi addetti ai lavori, da chi, in quel periodo, sioccupava di caldaie e serbatoi a pressione destinati almercato tedesco, e di camion Iveco che dovevano essereomologati per la Germania. Escluse queste due attività,che erano svolte direttamente da ispettori tedeschi, ilmio incarico era di far conoscere l’ente e tutte le suepotenzialità a un mercato che non sapeva neanche cosafosse il TÜV. Una delle prime cose che facemmo consuccesso fu l’avvio di una attività di omologazione dicerchi in lega leggera per le auto. I costruttori italianierano fortissimi in Europa, noi fummo i primi a installareuna macchina particolare, che era stata studiata aMonaco, la posizionammo nel seminterrato...”. L’avvio diTÜV Italia, insomma, fu un’impresa non da poco, lasciaintendere Premoli. Ingegnere elettrotecnico, con unasolida esperienza anche sul versante commerciale,aveva dalla sua anche la conoscenza della linguatedesca, affinata fin dagli anni Settanta in Siemens; nel1988 diventa quindi il primo ambasciatore in Italia delgruppo TÜV Bayern (diventerà TÜV SÜD solo neldicembre 2005).

“L’altro aspetto che abbiamo dovuto affrontare –racconta Premoli – era la mentalità di TÜV da ente dicertificazione “assoluto”, che sviluppava una attivitàimportante come quella del controllo, soprattutto per lasicurezza degli impianti. Era una mentalità del tipo“vengo io, faccio i controlli, quello che costa costa, del

mercato non se ne parla”. L’aspetto nuovo, difficile, èstato dover entrare in un mercato, iniziando a ragionarecome se fosse un’azienda commerciale, avere lecompetenze idonee e far tornare i conti”. Tuttavia eraproprio a questo mercato che la direzione mirava per losviluppo in Italia.

La clientela di base comunque era quella delsettore cosiddetto cogente, cioè obbligatorio: “Peresportare in Germania alcuni produttori “dovevano”passare da noi. Si partiva dall’omologazione deldisegno costruttivo del prodotto, che doveva esseresottoposto a Monaco, poi si doveva fare l’omologazionedei materiali utilizzati, la stampigliatura sui materiali,infine il collaudo finale dell’apparecchio. Tutto questoregolato da norme tedesche, che pian piano si sono,almeno in parte, identificate con quelle del restod’Europa”. Il primo passo nel mercato sono state leispezioni di terza parte: “Qualcuno che volevaacquistare un bene da qualcun altro, di solito all’estero,o fuori dall’Europa, non essendoci delle leggi, dellenorme, cercava un ente di nome, capace di andare averificare per suo conto che “quel prodotto andassebene”, rispettasse delle specifiche stabilite di volta involta. Siamo partiti dal mercato, allora più facilmenteaggredibile, quello dei materiali, per i recipienti inpressione, subito dopo si è sviluppato quello dellegiostre e dei parchi divertimento, poi le gru e imontacarichi, e soprattutto, vista la mia esperienzapersonale, quello che allora si chiamava il TÜV ProductService, per l’omologazione dei prodotti. Così iniziammol’attività rivolta al rilascio del marchio GS”.

Accanto però alla ridefinizione del profilo di TÜV,l’ingresso a pieno titolo del gruppo sul mercato italiano,all’inizio ha presentato tutti i problemi pratici di ogniimpresa in start-up, ma con il vantaggio di poter contaresulla “copertura” di una grande realtà internazionale: “Iprimi passi sono stati da veri pionieri. Abbiamo iniziatocon una, due, tre persone. Abbiamo dovuto trovare unasede che sostituisse il seminterrato di Milano, e creareuna struttura operativa che fosse in grado rapidamentedi fornire alla clientela esistente delle prestazioni in locoe non, come avveniva da sempre, con ispettori chearrivavano da Monaco a tempi e costi proibitivi. Ilmercato si stava trasformando, erano in arrivo lenormative europee, quindi bisognava far presto”. Inpochi mesi fu individuata la sede di Cinisello Balsamoche è rimasto il “campo base” di TÜV Italia fino

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Gli inizi: in Italia colrigore dei tedeschi

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all’inaugurazione dell’attuale palazzo direzionale a SestoS. Giovanni, ma il compito più gravoso della fase inizialefu il reclutamento delle persone: “Occorreva personalecompetente che avesse gli opportuni riconoscimentidallo stato tedesco. Bisognava trovare gente cheandasse bene per le nostre esigenze operative, che fosseinteressata alle condizioni economiche che in quellaprima fase eravamo in grado di proporre, che venissevalutata positivamente anche dalla casa madre aMonaco, e infine che conoscesse la lingua tedesca. Sipotevano trovare sul mercato ottimi ingegneri, ma se nonconoscevano la lingua tedesca, diventava tutto piùcomplicato, e solo in alcuni casi si riusciva a ovviare conl’inglese".

Dopo quei primi passi “pionieristici”, la crescita si èappoggiata a lungo su due pilastri: l’introduzione della

nel settore dell’automotive. “Quando anni dopoiniziammo con i sistemi qualità, con le ISO 9000,avevamo ancora – sottolinea l’ex numero uno di TÜVItalia – molte delle difficoltà dell’inizio: gli ispettoridovevano essere accreditati da Monaco, e tutti idocumenti, per qualunque attività, dovevano ancorapassare da Monaco per l’omologazione. Tant’è che,anche per ovviare ai problemi di tempi e di costi,creammo quel famoso consorzio IRB-TÜV (con ilprestigioso Istituto Ricerche Breda sui materiali, ndr) cheavrebbe dovuto facilitare le cose: l’IRB era considerato inItalia il non plus ultra, e mettere insieme tecnologia econoscenza tedesca con quella italiana era per noi unastrategia vincente, e in parte lo fu davvero, fuimportante fra l’altro per rendere più chiara l’idea cheTÜV era anche qualcosa di italiano.

Ma il mio vero pallino era il mercato dell’automotiveper la revisione delle vetture e mi impegnaispasmodicamente nella mia veste di amministratore.L’obiettivo centrale per noi era farci conoscere: se parloalla massaia di TÜV, questo era il ragionamento, non micapisce; ma se è quello che le omologa le auto, eccoche capisce. In Italia tutti hanno la macchina, perquesto io in quel settore ho sempre creduto tanto.Siamo stati tante volte a Roma ai ministeri per cercaredi rimuovere gli ostacoli della burocrazia, e quello che cihanno sempre fatto capire, era che se non facevamouna joint venture con una società italiana,l’accreditamento per le revisioni auto non lo avremmoavuto mai. Per noi era una cosa difficile da accettare,che i maestri tedeschi dovessero fare una joint ventureper lavorare nel nostro paese, ma facemmo il secondoconsorzio, quello con Magneti Marelli. E avviammoanche una collaborazione con l’Editoriale Domus, cioècon Quattroruote. Ho visto nascere la loro famosa pistaper i collaudi, quella di Vairano”.

Come ha reagito il mondo dell’impresa italianaall’affermarsi di un gruppo con base in Germania? Lafama di rigore e precisione che i tecnici tedeschi portanocon sé è stata secondo Premoli al tempo stesso unvantaggio e uno svantaggio: “Il fatto di essere un entetedesco era un vantaggio per la competenzariconosciuta, per contro c’era un po’ di diffidenza neiconfronti della rigidità del sistema tedesco, che del restocausava anche a noi qualche problema, anche in terminidi tempi e costi, come ho già cercato di spiegare. Maman mano che le imprese, il mercato, hanno imparato aconoscerci, hanno imparato anche ad apprezzarci: eraabbastanza facile quando si dimostrava che la nostra era

ANGELO PREMOLI

Dopo la laurea in ingegneria elettrotecnica conseguita presso il Politecnico di Milano, inizia la sua carriera professionale inSIEMENS Elettra, dove rimane quasi un decennio, operando nel settore delle apparecchiature a bassa tensione, conincarichi tecnico/commerciali. Successivamente entra in una società di rappresentanza di aziende tedesche in Italia,affiancando a responsabilità commerciali ai massimi livelli, anche compiti strategici, affrontando quindi problematicheamministrative, finanziarie, di marketing etc.. Passa successivamente presso la filiale italiana di una società tedesca, conresponsabilità tecnico/commerciali delle due principali linee di prodotti. Nel 1989 entra, in quello che allora si chiamavaTÜV Bayern, come Amministratore Delegato, con l’obiettivo di creare TÜV Italia, la filiale italiana del gruppo. Gestiscepertanto tutte le problematiche legate allo start up di un’organizzazione, dal reclutamento del personale a responsabilità

nel 1997 dopo otto anni di lavoro, durante i quali ha posto le basi per la crescita dell’ente nel successivo decennio.

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amministrative, gestionali e di sviluppo del business, oltre alla gestione dei rapporti con la casa madre. Lascia TÜV Italia

certificazione sistemi di gestione e la penetrazione dei

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una prestazione “alla tedesca” come livelloprofessionale, ma fatta da italiani, con il punto di vistae l’elasticità mentale degli italiani”.

Come tutte le avventure imprenditoriali, anchel’affermazione di un organismo tecnico come TÜV Italiasui mercati in trasformazione di questi ultimi vent’anni,ha un motore riconosciuto nella risorsa umana. Premolisnocciola con un filo di orgoglio nomi di dipendenti ecollaboratori che sono stati, ciascuno per la propriacompetenza, gli artefici del successo. “All’inizio, tolto ilpersonale di amministrazione, erano tutti ingegneri, poisono arrivati anche dei periti industriali. Il primo periodoè stato duro, basti pensare che abbiamo dovuto tenereper un anno, a spese dell’ente, i primi due ingegneri peril periodo di training a Monaco, per poter avere ilriconoscimento degli enti tedeschi. Le competenze diquesti ingegneri però si sono via via allargate, e con lacrescita di TÜV Italia sono servite anche capacità edesperienze manageriali di prim’ordine. Ma la chiave delsuccesso, non l’ho dimenticato, è stato un fortissimospirito di corpo: quando siamo partiti io non avevoneanche la segretaria, a tutti è stato richiesto unimpegno straordinario e a tutti va il mio grazie piùsincero. Partire da zero dà una spinta molto forte, ma io,che ho lasciato TÜV Italia quando eravamo ormaisessantacinque, posso dire che non è mai venuto menolo spirito degli inizi. Per me quella è stata la nostragrande forza”. Ultima domanda: una certificazione, unrisultato acquisito che è stato particolarmentesignificativo? “Mi permetto di essere orgoglioso dellacertificazione di sistema qualità di Sea-Malpensa. Fu unrisultato enorme”. n

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azienda è nata nel 1961 a pochi chilometri daBergamo come piccola officina meccanica fondata

da mio padre Emilio. La svolta è del 1964, quando iniziamoa produrre i primi dischi freno diretti all’after market: è ilvia a una storia aziendale che ci ha portato in trent’anni aottenere la leadership nel mercato dei dischi e degli altricomponenti frenanti, per auto, veicoli commerciali emoto”. Alberto Bombassei, presidente di Brembo spa,snocciola con orgoglio le tappe di questa storia: “OggiBrembo è presente a livello industriale in tre continenti(Europa, Asia e America) con oltre 5.800 dipendenti in 14paesi (Brasile, Messico, Stati Uniti, Spagna, Italia,Polonia, Slovacchia, Gran Bretagna, Svezia, Germania,Francia, India, Cina e Giappone). Nel 2008 il fatturato èstato di 1.060,8 milioni di euro”.

Presidente Bombassei, non si può parlare di Brembosenza raccontare il legame fortissimo del vostro marchiocon le competizioni motociclistiche e automobilistiche.Com’è iniziata la vostra avventura nel mondo delle corsee qual è stata la soddisfazione più grande, il traguardoche considera di maggiore prestigio?Era il 1975 quando il patron di Maranello, Enzo Ferrari, ci haaffidato il compito di equipaggiare la vettura più prestigiosadella Formula 1. Lì abbiamo capito che Brembo avrebbepotuto diventare protagonista del mondo delle competizioni.Da allora abbiamo vinto oltre 200 campionati mondiali intante competizioni sportive, su due e quattro ruote: dallaFormula 1 alla Moto Gp, dal Rally alla Superbike, dal GT alCross, fino alla Nascar americana. Tutto questo ci rendeorgogliosi, molto orgogliosi.

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I freni che non si fermano maiUn successo nato dalle corse motociclistiche e automobilistiche: l’ascesa internazionale di un marchio

italiano sinonimo di velocità. Parla Alberto Bombassei, presidente di Brembo S.p.A.

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L’innovazione tecnologica, la ricerca di soluzioni semprepiù competitive nel settore motoristico spesso passanoproprio attraverso la sperimentazione in gara. MaBrembo ne fa una caratteristica distintiva: ricerca esviluppo, sui materiali e sui prodotti, rappresentano unaquota importante dei vostri investimenti, e impegnanocentinaia di ingegneri e tecnici...Brembo investe oltre il 5% del fatturato in Ricerca &Sviluppo, con 500 tra ricercatori e tecnici, che operanoall’interno del Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso,cioè in un contesto multidisciplinare d’avanguardia, cheospita università e centri ricerca di diverse altre aziende. Ècosì che sviluppiamo oggi le soluzioni di domani, cheguardiamo al futuro.

Brembo è una realtà ancora in costante crescita, lodicono i numeri del fatturato. Nel 2007 avete rafforzato lavostra presenza tanto sul mercato americano quanto in

Estremo Oriente. Quali sono i mercati più promettenti peril settore e per Brembo in particolare?Entro il 2010 la Cina diventerà il primo mercato mondialedell’automotive. Un mercato importante in cui la produzione ela vendita di auto di alta gamma, non solo di vetture piccole emedie, sta crescendo a ritmi esponenziali. È per questo che ilgruppo Brembo ha formalizzato la crescita dal 27,75 al 70% diNyabs, Nanjing Yuejin Automotive Brake System, una societàche produce sistemi frenanti. Così come stiamo cercando diaumentare la nostra presenza in quello che oggi continua aessere il primo mercato mondiale, gli Usa, e poi in Brasile, inRussia e in India.

Il suo impegno in Confindustria la porta a guardarel’evoluzione dei mercati anche dal punto di vista delsistema Italia. Quali sono a suo giudizio i punti dieccellenza da valorizzare e i ritardi da colmare perrilanciare la competitività delle nostre imprese?Posso dire che in appena cinque anni oltre la metà delleimprese industriali italiane, spinte dalla competizione, hacambiato strategia innovando nella gamma dei prodotti,investendo nel marchio e nel marketing, nelle reti di

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distribuzione, nel servizio alla clientela, spingendosull’acceleratore dell’internazionalizzazione. Questa èsenz’altro un’eccellenza da valorizzare, che deve fare i conti,purtroppo, con un Paese che è ancora in forte ritardo sullaformazione e sulla ricerca. La società della conoscenza,come viene chiamata la nuova frontiera dello sviluppoeconomico e civile, è caratterizzata ovunquedall’innalzamento dei livelli di istruzione. E un buon sistemadi istruzione deve essere in sintonia con la domanda delmercato. L’Italia è ancora troppo poco scolarizzata rispettoai partner europei e industrializzati, e siamo ancora moltolontani dagli obiettivi di Lisbona per il 2010.

Nel settore dell’automotive il rispetto di standard elevatidi qualità nell’organizzazione e nei prodotti si èaffermato da tempo come una condizione necessariaper stare sul mercato. Voi oltre alle prove fatte inazienda, vi affidate a TÜV Italia per dei collaudicomparativi su alcuni componenti della vostraproduzione. Qual è per Brembo il valore aggiunto diquesta collaborazione?La qualità del prodotto, la massima qualità, è da sempre alcentro dell’impegno Brembo. Massima qualità per noisignifica prestazione e comfort di frenata, Per ottenere imigliori risultati lavoriamo in collaborazione con i clienti eanche con TÜV Italia, un Ente indipendente di certificazioneche per noi, e penso per tutto il settore automotive, è un

punto di riferimento tecnico. Per ottenere l’omologazione degliimpianti moto High Performance, TÜV Italia sottopone i nostriprodotti a test ai banchi statici, dinamici e a prove in pistadirettamente sul veicolo.

Per concludere: questo numero celebrativo del TÜVJournal è dedicato al ventennale della presenza delgruppo TÜV in Italia. Ma non vogliamo raccontare solo ilpunto di vista di TÜV Italia: questi vent’anni sono stati glianni dell’apertura dei mercati globali, delladelocalizzazione delle produzioni, della definitiva vittoriadella rivoluzione informatica. Guardando alla vostraesperienza di impresa, quali sono stati i cambiamenti, leinnovazioni fondamentali introdotte in questo periodo? Ese torna a come eravate vent’anni fa, c’è un obiettivo disviluppo, tecnologico, organizzativo o d’altro genere cheallora non avreste neppure potuto immaginare diraggiungere?Guardi, Brembo nel 1965 aveva 28 dipendenti, vent’anni fa 400e oggi ne ha quasi 6000. Poco più di 10 anni fa, nel 1996, ilfatturato annuo della nostra Business Unit Auto, la principale,era pari a quanto oggi realizziamo in un solo mese. Questosignifica che in ogni momento Brembo cerca di innovare intutti i campi aziendali, da quello organizzativo a quelloproduttivo, a quello gestionale, senza porsi alcun traguardodefinitivo, se non quello di farsi trovare sempre pronta per leesigenze dei propri clienti.n

ALBERTO BOMBASSEI

Vicentino, oltre ad essere Presidente di Brembo spa, dal 2001 al 2004 è stato Presidente diFedermeccanica e, dal maggio 2004 è Vicepresidente di Confindustria per le Relazioni Industriali eAffari Sociali. Il Presidente Ciampi lo ha nominato Cavaliere del Lavoro nel 2004.Ha incarichi in altre società e ricevuto, per i suoi meriti in campo industriale, premi e riconoscimenti daparte di diverse istituzioni e organizzazioni come il premio Leonardo “Qualità Italia” per aver portato il“made in Italy” nel mondo e, dall’Università degli Studi di Bergamo, la Laurea Honoris Causa inIngegneria meccanica.

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ent'anni e non sentirli: per l'anagrafe è un soffio, perchi rimane nella stessa azienda per due decenni può

essere un periodo interminabile. Ma Claus Spallinger, che èstato uno dei primi dipendenti di TÜV Italia, garantisce: “Hocambiato cinque o sei volte tipologie di attività, in questolasso di tempo, ogni volta una responsabilità diversa, unasfida nuova, e sempre all'interno di una realtà in crescita.Perciò, è come se non fossi rimasto sempre nella stessaazienda. Non ho avuto il tempo di annoiarmi o di perdere lemotivazioni...”.

Gli inizi sono stati facili e difficili al tempo stesso: realtàpiccola, quattro/cinque dipendenti, ma per chi volevaesportare in Germania, di fatto, far ispezionare i propriprodotti dal TÜV era un passaggio obbligato. “L'esigenza eraquella di supportare le aziende italiane che avevano questanecessità. In Germania esistevano ancora norme nazionaliper le quali molto spesso era richiesta una certificazioneTÜV. Noi – ricorda Spallinger – eravamo visti quasi come unaemanazione dell'autorità, perché in Germania il TÜV svolgeattività anche per conto dello Stato. Le norme tedesche,inoltre, erano considerate valide anche in altri paesi, peresempio in Arabia Saudita: se un prodotto era certificatosecondo le regole tedesche, era accettato più facilmenteanche in altri paesi. Quando in Italia questa attività haraggiunto un certo fatturato, la casa madre ha deciso diaprire la filiale italiana. Deve essere stata la prima o laseconda, certo una delle prime aperture all'estero”.

Oggi TÜV Italia è una realtà complessa, che offre unricco ventaglio di servizi ispettivi, di certificazione, dicollaudo di materiali e prodotti, e altro ancora. Nei primianni di attività “gestivamo il lavoro degli ispettori tedeschiche venivano in Italia a fare la parte tecnica dei controlli edelle certificazioni. TÜV Italia si occupava del lavorologistico-organizzativo. Ma si è capito subito che non erasolo un ufficio di supporto alle aziende italiane, cheavevano bisogno degli ispettori tedeschi: il futuro eradiverso, si trattava di integrare nella filiale italiana risorsetecniche qualificate, che potevano lavorare in Italiasecondo le regole tedesche, utilizzando la lingua italiana,per seguire in modo più efficace i clienti”. Nell'era

dell'Europa unita che ha armonizzato norme e procedure,sembra perfino difficile da comprendere, ma allora ilproblema, spiega l'ingegnere, “era qualificare il personaleed il percorso per diventare ispettore TÜV non erasemplice... In Germania, all’inizio degli anni ‘90, l’alloraTÜV Bayern contava su circa 3500 dipendenti, il businessera concentrato sulla certificazione di prodotto con ispettoriesperti in ogni settore: chi si occupava di lampadeelettriche, chi di prodotti meccanici, altri del nucleare.Ognuno aveva la sua area di competenza, ma in Italia nonpotevamo duplicare la struttura tedesca, dovevamo averepersonale locale in grado di lavorare in più settori.Trattandosi di un ente tedesco, naturalmente, “la casamadre era esigente, anche perché alcune attività venivanoeffettuate per conto dello Stato tedesco: per esempio nelsettore industriale le qualifiche del personale eranoconcesse dal ministero, attraverso un esame scritto e orale,e proprio dal ministero si riceveva l'abilitazione per questeattività. Un meccanismo per certi versi simile agli esami distato in Italia, e naturalmente tutto l’iter di qualifica era inlingua tedesca. Non era per niente facile, tutto il personale,allora, doveva conoscere la lingua – prosegue Spallinger –anche il nostro lavoro prevedeva stretti contatti con gliispettori tedeschi, loro possedevano il know how, noicercavamo di acquisirlo, e così si lavorava molto con lacasa madre a livello operativo. Da un certo punto di vistaquesto era molto positivo, soprattutto per il personale,perché permetteva un trasferimento di competenze edesperienza, per contro non era semplice da gestire”.

In questi vent'anni non è cambiato solo il TÜV, è ilmercato che è cambiato progressivamente: “Allora – spiegaSpallinger – a parte due o tre grandi aziende come l'Ilva diTaranto, l’ente era molto concentrato in attività con aziendelocate nel nord Italia. Ai tecnici tedeschi piaceva moltovenire nel nostro paese e magari fermarsi per il weekend. Enei primi tempi si era creato un certo rapporto tra loro e iclienti italiani. Ma pian piano TÜV Italia è riuscito acrescere, assumendo e qualificando personale proprio.All'inizio, naturalmente, si parlava sempre e solo dicertificazione di prodotto. Ce n'erano di due tipi: lecertificazioni cogenti, regolate dalla legge tedesca, per laquale era obbligatorio rivolgersi al TÜV, come per i serbatoia pressione, le caldaie, i semilavorati e i prodotti finali delleacciaierie: attività gestite da TÜV Industrie Service, di fattoallora il core business dell’ente, c’era poi un secondo tipo dicertificazioni, quelle volontarie, che erano gestite invece daTÜV Product Service che riguardavano soprattutto prodotti

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di largo consumo, per i quali veniva concesso il marchio GS,che aveva un ottimo nome sia sul mercato italiano che intutto il Nord Europa. Questo marchio cominciava ad essererichiesto da molti produttori italiani, perché evidenziava laconformità alla legge tedesca e perché conferiva un valoreaggiunto al prodotto: aver ottenuto l'approvazione da unente accreditato e serio. Il marchio GS è uno dei primimarchi attestanti sicurezza ed affidabilità del prodotto,anche con livelli più alti del minimo requisito di legge, oggiaffiancato da altri marchi di qualità come l’octagon mark diTÜV SÜD Product Service.”

Successivamente, la crescita dell’ente ha subitoun’accelerata, soprattutto quando si è aperto il mercato dellacertificazione dei sistemi di gestione. “Attorno al 1990 –conferma l'ingegner Spallinger – la casa madre ha iniziato leprime attività su quella che allora era la norma UNI EN 29001,oggi ISO 9001. Questo ha portato un grande cambiamento,anche nel rapporto con la casa madre: la divisione, che oggi sichiama TÜV SÜD Management Service, si è sviluppatacontemporaneamente in Italia e a Monaco. Era una cosanuova, non solo per noi, ma anche per la casa madre e così, suqueste attività, siamo cresciuti parallelamente, all’inizioutilizzando per lo svolgimento delle attività l’accreditamentotedesco della casa madre. In questo modo siamo diventatiinterlocutori paritari della sede di Monaco e, mettendoinsieme le forze, siamo riusciti a crescere in autonomia,avvalendoci di personale italiano ma concordando la strategiacon la casa madre. La struttura si è arricchita di tecniciqualificati, anche perché non era più richiesta un’abilitazioneministeriale, ma una formazione interna acquisita tramite icorsi di TÜV Akademie. A questo proposito sottolineerei unaltro aspetto: il mercato in Italia è cresciuto più in fretta che inGermania. In un paese che credeva da decenni nella

certificazione di prodotto, la norma sul sistema di gestionedelle organizzazioni, all'inizio, era vista solo come uncompletamento. Era difficile per il mercato tedesco credere inuna certificazione aziendale che non verifica il prodotto. InItalia invece le potenzialità della certificazione di sistema sonostate riconosciute più in fretta, ecco perché oggi in Italia cisono più di centomila aziende certificate ISO 9001”.

La crescita di TÜV Italia ha visto, progressivamente,l'apertura di nuove sedi, “La prima inaugurata nell'aprile 1993a Vicenza, si occupava del mercato del Triveneto, mentreMilano copriva l’aria Nordovest. A questi due uffici siappoggiavano però anche i clienti del resto d’Italia.Successivamente sono state aperte le filiali di Bologna, Romae poi via via tutte le altre sedi. Nel 1997 è arrivato il cambioalla guida della società, con l'ingresso di nuovoamministratore delegato, Roberto Majocchi, che ha portatoforti cambiamenti, con l’obiettivo di aumentare la presenza diTÜV Italia sul mercato nazionale. L’approccio vincente è stato:la società opera in Italia e deve seguire gli accreditamentiitaliani. Questa è stata una grande svolta, del resto, grazieall'introduzione delle direttive europee, il mercato era ormaipronto a non pensare più ad un ambito nazionale, ma adapplicare regole che valevano in tutta Europa come lamarcatura CE, partita nel '90 con la prima direttiva europeaapplicata per i giocattoli. TÜV Italia si è imposto mantenendoun rigore di matrice tedesca, affiancando però capacità direlazione e vicinanza con il mercato italiano”.

I cambiamenti interni a TÜV Italia sono statiaccompagnati da una trasformazione fortissima anche delmercato: “In quegli anni – è la ricostruzione di Spallinger –l'Italia aveva un’economia in crescita dovuta a due fattorifondamentali: la sua forte potenzialità produttiva, soprattuttoda parte di aziende medio-piccole capaci di agire

CLAUS SPALLINGER

Austriaco, dopo la laurea in ingegneria meccanica consegue anche quella in ingegneria navale. Inizia quindi la suacarriera professionale navigando su navi mercantili, attività che porta vanti per un decennio, scalando i gradi fino adiventare Direttore di Macchina. Nel 1987 abbandona la divisa e fonda un’azienda di controlli, perizie e consulenzenel campo marittimo ed industriale. Nel 1990 entra in TÜV Italia, prima lavorando per la divisione TÜV ProductService, l’ente di certificazione di prodotto, quindi dal 1992 per TÜV Management Service, l’ente di certificazioneper le attività di sistema.Nel 1993 si trasferisce a Vicenza dove apre l’ufficio TÜV Italia di riferimento per tutto il Triveneto, diventandoneresponsabile, carica che ricopre fino al 2007Nel 2008 è nominato Direttore della divisione Management Service. Oggi è Business Strategy Manager per tuttoTÜV Italia.

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velocemente per rispondere alle richieste dei clienti, e la lirasvalutata, che aumentava la convenienza per chi acquistavain Italia. In quella fase così prospera, le aziende avevanonecessità di un sistema organizzativo, anche perché in molticasi dovevano gestire il passaggio generazionale padre/figli.Molte aziende dovevano evolversi da organizzazioni concaratteristiche artigianali-familiari a strutture industriali. Lanorma ISO 9001 è stata, e continua ad essere, uno strumentofondamentale. Applicare un sistema qualità ha aiutato leaziende a organizzarsi meglio”.

In questa fase di passaggio la casa madre TÜVBayern, poi diventata TÜV SÜD, e TÜV Italia hanno fattola loro parte: “La scelta rigorosa di non fare maiconsulenza ha ripagato. Il nostro ruolo è stato semprequello di partner competente, che cerca di indirizzare leaziende nella giusta direzione, ma nel rispetto delladistinzione dei ruoli: organizzazione, consulente, ente dicertificazione. E le aziende che volevano seguire losviluppo del mercato internazionale hanno capito l'utilitàdell'innovazione e hanno fatto grandi sforzi per ilmiglioramento organizzativo. Certamente TÜV Italia èstato scelto dalle aziende che erano veramente motivatee non da quelle che volevano solo un certificato daappendere al muro”. Già, ma alla fine le aziende quelcertificato da appendere, o da esibire sulla carta intestatae magari sul sito Internet lo volevano. E non è andatasempre liscia... “Nei primi tempi, la percentuale diaziende che non raggiungevano la certificazione altermine del primo audit era elevata. Ma la norma prevedeun certo periodo di tempo per sistemare le cose che nonvanno, è un percorso che funziona proprio da stimolo,

soprattutto per quelle aziende che hanno delle difficoltàiniziali. Alla fine le imprese che raggiungevano lacertificazione, anche dopo un’iniziale battuta d’arresto,hanno sempre apprezzato il nostro lavoro, capendo ilmotivo della nostra severità”.

Come già accennato, l’introduzione delle direttiveeuropee ha anche cambiato le attività della DivisioneIndustrie Service: la 97/23/CE (PED) per apparecchi edimpianti a pressione, e prima ancora la 87/404/CE(recipienti semplici) e poi la 1999/36/CE (TPED) perbombole e cisterne stradali e ferroviarie. Col loro avventola divisione ha perso il monopolio delle attività per poteresportare in Germania queste categorie di prodotti, ma haallargato le sue potenzialità verso un mercato più ampio,quello europeo, fortemente competitivo. Inoltre sonocresciute le attività certificative secondo le direttiveascensori, ATEX e macchine e, negli ultimi anni, quelleinnovative legate al Carbon Management, RBI, SILManagement, ecc.

In vent'anni, insomma, TÜV Italia è cambiatomoltissimo, ma sono cambiati anche il mercato e leimprese. Ma la memoria storica, che Spallinger rappresentaall'interno della società, ci dice che sono cambiate moltoanche le persone e il tipo di professionalità messe incampo: “All'inizio quello che serviva era un tecnico puro, uningegnere. Gli ingegneri, naturalmente, restano la quasitotalità della nostra risorsa specialistica, ma il tecnico puroha lasciato spazio a una figura più completa concompetenze anche commerciali, capace di instaurarerapporti con le aziende ed il mercato, non solo perrispondere alla singola richiesta, ma per comprendereesigenze più ampie, che TÜV Italia può assecondare. È perquesto, io credo che ancora oggi continuiamo a crescere”.

Ma cosa lega a TÜV Italia una persona come l’ing.Spallinger, in azienda da tanti anni? C'è sempre un senso diappartenenza che tiene assieme le persone, le storie, leprofessionalità. “Domanda difficile. Io penso che avere ungruppo, che segue da molti anni una certa strada e chelungo quella strada ti consente di avere tante opportunitàper crescere, anche a livello personale, è un valoreimportante. Il lavoro non è mai noioso o ripetitivo e ognigiorno ci pone di fronte a nuove problematiche daaffrontare. È vero, TÜV Italia è una media azienda, ma ilcontatto ed il confronto con una grande realtàinternazionale come la casa madre è costante. Il mondocambia e il TÜV sta cambiando di conseguenza. La sfida èstare dietro a questi cambiamenti”. n

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Energie nuove per crescere

O-VER Srl nasce a Verbania nel 1983 come aziendaspecializzata in impiantistica industriale.

Sin dai primi anni, la crescita delle competenze el’acquisizione di strumenti e di know-how accompagnanoCO-VER verso la creazione di una visione strategica piùampia e la diversificazione della propria offerta di prodotti eservizi. Il risultato è la solidità di un grande Gruppo, tuttorain continua evoluzione ed espansione”. Gianluca Veneroni,amministratore delegato di CO-VER Energy Holding, ciracconta anche la filosofia di un gruppo multiforme con unforte aggancio alla cultura dell’innovazione: “Affidabilità,elasticità e uno sguardo costante verso il futuro sono lecaratteristiche chiave del modus operandi di CO-VER e, allostesso tempo, rappresentano gli strumenti di conquista dimercati sempre nuovi. Il motore di crescita principale è dasempre la centralità delle persone: l’entusiasmo,l’intraprendenza e il gusto per la collaborazione sono i

propulsori di un trend positivo che dura da più di vent’anni,e non intende arrestarsi. Oggi, le aziende che fanno parte diCO-VER sono più di 40, suddivise in quattro Holding cheoperano in settori differenziati: CO-VER E&C Holding(Engineering & Construction), CO-VER Energy Holding, CO-VER R&K Holding (Resources & Knowledge) e CO-VERRealty Holding. I dipendenti sono poco meno di mille e ilfatturato supera i 250 milioni di euro. CO-VER EnergyHolding è la realtà specializzata nella progettazione erealizzazione di impianti di produzione di energia da fontirinnovabili e oggi opera in questo mercato come playerintegrato, in grado di attivare tutte le funzioni necessariealla completa realizzazione di inziative negli ambiti: eolico,idroelettrico, fotovoltaico, solare e delle biomasse. LaHolding, le cui aziende sono da tempo certificate ISO 9001,ha recentemente ottenuto anche la certificazioneambientale ISO 14001.

“C

La scommessa delle fonti rinnovabili: eolico, idroelettrico, biomasse e solare. L’Ad di CO-VER Energy

Holding, Gianluca Veneroni, ci guida alla scoperta di una realtà italiana con il cuore in Europa.

Parco eolico di

Pietramontecorvino (FG).

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La vostra storia è quella di un gruppo che nasce attornoa un’attività di impiantistica industriale, ma in questiultimi anni si è andata evolvendo con un impegnocrescente allo sviluppo delle fonti energeticherinnovabili. Perché avete puntato su questo settorefinora relativamente “di nicchia” e quali sono i vostriprogetti in questo campo?In realtà, lavoriamo da sempre nel settore dellerinnovabili, ma fino a oggi non ha fatto notizia! Da oltrevent’anni, infatti, CO-VER Energia è l’azienda leader inEuropa nel settore dell’idroelettrico fino a 50 MW. Lariorganizzazione aziendale del 2007, che ha visto lanascita di CO-VER Energy Holding, ci ha permesso diconcentrare le nostre competenze nell’ambito delleenergie rinnovabili per proporci nel mercato con unastruttura dedicata specificatamente ad esse, coprendotutta la filiera, dallo sviluppo dei progetti sino alla lororealizzazione “chiavi in mano”. Questo, inoltre, ci haconsentito di affiancare alla nostra tradizionale attività dicostruttori di sistemi con propria tecnologia il ruolo diinvestitori nel settore delle rinnovabili, mercato in cuiabbiamo sempre creduto e che oggi riceve anche grandeattenzione da parte della politica economica, a livellonazionale ed europeo. L’investimento previsto nei prossimi 5 anni è di oltre1.500.000.000 di euro in asset, per una potenza installatapari a 1.000 MW in Italia, Gran Bretagna, Polonia ed in tutta

l’area dei Balcani. Il progetto parte con una prevalenza dipotenze nel settore eolico, che nel piano a 5 anni sisposteranno progressivamente nell’idroelettrico, biomasse efotovoltaico. Per questo, da gennaio 2008, CO-VER EnergyHolding condivide il proprio piano di sviluppo con unimportante partner finanziario inglese: OXARA Energy Group.

Da qualche anno siete presenti anche sui mercatiinternazionali. Quali sono le aree geografiche edeconomiche sulle quali state puntando maggiormente?Senz’altro l’Europa è l’area geografica che da anni presenta lepiù rilevanti forme di incentivazione per promuovere laproduzione di energia da fonti rinnovabili. Nonostante gliobiettivi fissati dalla Direttiva Comunitaria cosiddetta “20-20-20” siano molto ambiziosi, rappresentano anche un fortestimolo alla crescita di questo settore. E, soprattutto, sembrache l’Europa abbia intrapreso con forza un camminoirreversibile verso la produzione di energia da fonti rinnovabilicome strumento di sviluppo economico sostenibile e disalvaguardia dell’ambiente.In particolare, in un’ottica di medio lungo periodo, assumonoper noi un interesse strategico tutti i paesi dell’Est Europa edell’area dei Balcani (Romania, Bulgaria, Macedonia) dove èrecente l’introduzione di meccanismi incentivanti simili a quelliadottati ormai da anni nell’Europa Occidentale.In tali Paesi siamo presenti con nostre sedi e personale al finedi sondare al meglio ogni opportunità.

Turbina Francis ad asse

orizzontale progettata e

realizzata da CO-VER Energia.

Lavori in corso nel parco

eolico di Regalbuto (EN).

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GIANLUCA VENERONI

Laureato in Ingegneria per la Difesa del Suolo e la Pianificazione del Territorio al Politecnico di Milano, inizia la sua carrieraprofessionale come progettista alla Forni e Impianti Industriali Spa, per poi diventare project manager e, infine, direttoreoperativo. Nel 1996 entra in CO-VER Energia Srl, azienda leader nel settore idroelettrico in Europa. Nei dieci annisuccessivi, come direttore generale, accompagna l’azienda attraverso una sostanziale e costante crescita. Dal 2007 èamministratore delegato di CO-VER Energy Holding Srl, player integrato del mercato energetico, che raggruppa le aziendeCO-VER Energia Srl, Energia in Natura Srl, CO-VER Energy Trading Srl, Solenia SA e gli asset di investimento della Holdingnel settore dell'energia rinnovabile.

Quali innovazioni e quali standard organizzativi aveteadottato in questi anni per affrontare e sostenere lacompetizione sul mercato interno e sui mercati globali?Uno dei punti di forza di CO-VER è senz’altro l’offerta diservizi di qualità “chiavi in mano”. Le nostre aziende sipongono come interlocutore unico per i propri clienti,accompagnandoli attraverso ogni fase di realizzazione diuna commessa, a partire dalle fasi iniziali, progettuali,fino all’avviamento degli impianti, seguito da puntualiservizi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Inoltre,le sinergie consolidate tra le aziende garantiscono ainostri clienti un ampio ventaglio di servizi, che copronoogni esigenza relativa a un settore industriale. A questo siunisce l’esperienza e l’intraprendenza dei nostri team dilavoro e la continua ricerca tecnologica, che ci permettonodi offrire sempre servizi esclusivi e all’avanguardia, anchedi nostro brevetto.

Nei vostri materiali di comunicazione, molto spazio èdedicato alla “centralità delle persone” nella gestione enella crescita delle imprese. Ci può illustrare meglio ilsignificato di questa strategia?CO-VER ha costruito la sua storia sull'integrazionemultidisciplinare delle diverse qualità e competenze,professionali e umane. Questa condizione di base generaal contempo criticità gestionali e disponibilità diricchezza umana. Su questi fattori abbiamo sviluppato ilnostro modo di mettere al centro le persone. Inoltre, lacrescita degli addetti è ormai fissata su un valoremedio/annuo del 15%, e attualmente siamo unacomunità di circa mille persone. Per significare il sensostrategico del nostro agire con la formazione, posso direche siamo soci fondatori - insieme a Barilla, Intesa SanPaolo e Assolombarda e altri - di una tra le piùimportanti Business School internazionali dedicata allaformazione e la cultura d'impresa di segno umanistico: laFondazione Istud (www.istud.it) nella quale abbiamo unnostro rappresentante che è anche vicepresidente delConsiglio di Indirizzo della scuola stessa.

Guardando alla vostra esperienza di impresa, qualisono stati i cambiamenti, le innovazioni fondamentaliintrodotte in questo periodo? La nostra esperienza di impresa è da sempre caratterizzatadalla ricerca e dall’innovazione, al fine di mantenere unaposizione di leadership tecnologica e gestionale in tutti isettori dei servizi all’industria e, in particolare, in quellodelle energie rinnovabili.In quest’ultimo settore si è mirato e si continua a mirare allosviluppo delle tecnologie di produzione di energia piùinnovative e performanti. n

Impianto di cogenerazione a pirolisi per la produzione di energia

elettrica e termica da biomassa.

www.co-ver-energy.it

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lora Fabrizi è la matricola numero 2 di TÜV Italia: losottolinea con un comprensibile pizzico di

soddisfazione, dopo due decenni a suo dire tutt'altro chenoiosi: “La cosa positiva e più interessante è stata poterlavorare in tutti i settori, come se avessi fatto sei o settelavori, ma restando sempre in azienda”.

Inizialmente “avrei dovuto fare una sostituzione di unmese, ero in Germania quando mi hanno selezionato,attraverso un'agenzia di ricerca personale. All'amministratoredelegato di allora, ing. Premoli, dissi: non ho mai fatto lasegretaria, mai parlato al telefono in tedesco, mai scritto unalettera in tedesco... ma se vuole proviamo! Così hocominciato, dopo tre settimane mi hanno chiesto se miinteressava un contratto, ho detto di sì, e sono ancora qui”.

TÜV Italia oggi è una struttura di medie dimensioni, concentinaia fra dipendenti e collaboratori, inserita in un grandegruppo internazionale, ramificato praticamente in tutto ilmondo. Non è facile oggi immaginare gli inizi pionieristici dicui Flora Fabrizi è stata testimone e protagonista: “All'inizio– racconta – è stato molto bello, interessante, stimolante,perché vedevo le attività svilupparsi dall'inizio alla fine. Nonc'era la specializzazione che c'è oggi, seguivo tutto l’iter di unlavoro, ogni giorno affrontavo un problema diverso. Con lacrescita dell'azienda, i ruoli si sono diversificati e adesso nonsempre è possibile seguire tutto lo svolgersi di un lavoro. Seio ho avuto l’opportunità di seguire un’attività dall'inizio allafine, dal preparare l'offerta allo scrivere il certificato,ingrandendosi, l'ente ha individuato professionalitàspecifiche per ogni fase”.

Per qualsiasi impresa, a maggior ragione per un'aziendadi servizi, le risorse umane sono una ricchezzafondamentale. Nella fase iniziale della storia cheraccontiamo in questo numero speciale della rivista, sonostate coltivate con una cura certosina: “All’inizio mi è statadata la possibilità di seguire i corsi della scuola interpreti ditedesco: se ti offrono queste opportunità sei estremamentemotivato. È chiaro che oggi sarebbe improbabile, con oltre170 dipendenti che hanno altrettante esigenze diverse,sarebbe una situazione incontrollabile”. Comunque, un iniziocosì merita un ricordo affettuoso, al di là delle fredde

considerazioni professionali: “Premoli – dice – è una personaottima, ha creato un gruppo unito, avevamo tutti piacere alavorare: il suo era uno stile abbastanza paternalistico, mac'era il desiderio di portare avanti il lavoro, non facile dariprodurre in una situazione più organizzata come quella dioggi. Dopo Premoli è arrivato Majocchi. Il cambiamento diamministratore delegato ha coinciso con un cambiamentoorganizzativo deciso, con Majocchi l'azienda è diventata piùcompetitiva, più aggressiva, più strutturata, più organizzata econ maggiori ambizioni economiche. E le specializzazioni diciascuno sono diventate molto più settoriali. Tra l'altro haavuto il grandissimo merito di credere e spingerel'informatizzazione aziendale, che ha permessoall’organizzazione un forte passo in avanti”.

Poter fare attività diverse all’interno di TÜV è stata unagrande opportunità che l'azienda ha concesso, ma bisognavavolerlo: “Fui io che andai da Premoli, dopo due o tre anni dalmio ingresso in azienda, chiedendogli di poter fare qualcosadi diverso per non cadere nella routine. Mi trovò un’altraattività, e da allora non ho avuto il tempo di annoiarmi.All’inizio ho lavorato con l'AD, poi nella divisione IndustrieService, ho lavorato per un breve periodo anche con i colleghitedeschi di Product Service, sono stata nel settoreAutomotive, sono arrivata in MS, Management Service, eallora abbiamo iniziato a sviluppare il software gestionale diTÜV Italia: si chiama CAOS, Corporate AdministrationOperating System, è il programma con cui gestiamo ancoraoggi l’anagrafica dei potenziali clienti, le offerte, lecommesse, da cui parte l’input per la fatturazione e attraversoil quale gestiamo i certificati. Insomma, copre gran parte delciclo dei processi interni. Nel tempo mi sono occupata anchedell'Intranet aziendale, dell'ufficio viaggi, di SAP...”.

Le esperienze personali di Flora Fabrizi si intrecciano conl'evoluzione vissuta da TÜV Italia: da “strettoia” obbligataper chi voleva esportare in Germania o su altri mercati cheseguivano le norme tedesche, a una struttura di servizio a360 gradi, in grado di supportare ogni tipo di impresa nellasua evoluzione organizzativa, tecnologica, commerciale.“Certo – racconta – all'inizio lavoravamo solo con aziendeobbligate a venire al TÜV per poter commercializzare inGermania i loro prodotti. Successivamente, con l’avventodelle Direttive europee è cambiato tutto ed anche l’ente hadovuto modificare l'approccio: molti dei nostri tecnici cheandavano a visitare le aziende erano tedeschi, non eranocustomer oriented perché abituati a controlli obbligatori, fattiin sostanza per conto dello Stato tedesco. Ma oltre alnecessario cambiamento di mentalità, per TÜV Italia è

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Vent’anni a “lavorareper l’obiettivo”

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cambiata anche la possibilità di fidelizzare il cliente, perchépotevamo offrire non più un solo servizio ma un ampio rangedi servizi. Ricordo che all’inizio ispettori distinti andavano inuna azienda per svolgere due attività diverse, magari lacertificazione di sistema e la verifica di stabilimento per lacertificazione di prodotto. Abbinando prodotto e sistema eottimizzando le risorse, siamo diventati più competitivi sulmercato a livello economico e questo ci ha permesso dicrescere. Inizialmente le aziende erano concentrateprincipalmente al centro-nord. Man mano, con l'apertura dinuovi uffici sul territorio, abbiamo costruito una presenza intutta Italia. Ma gli imprenditori come vedevano il TÜV, cherapporto avevano con tecnici e ispettori nei primi anni diquesta avventura? “Mi torna in mente un ingegnere chearrivava con i suoi disegni da Novara. Si metteva seduto afianco dell’ispettore e discuteva con lui di ogni singolodisegno, e se qualcosa non andava voleva sapere il perché.Naturalmente il mercato non è un'isola felice, e qualità ecompetenza a volte non sono “passepartout” efficaci pertutte le situazioni, come realisticamente spiega la nostrainterlocutrice: “Ricordo la telefonata di un potenziale clienteche diceva di aver ricevuto un’offerta di certificazione daparte di un nostro concorrente inferiore del 50% rispetto allenostre. Io gli risposi: ma lei cosa sta cercando, solo unbollino? Se le serve solo questo la scelta è fatta. Rivolgersi anoi ha senso se è interessato a sapere quali sonoeffettivamente le aree di miglioramento della sua aziendaattraverso un punto di vista esterno.”

Ad una persona che ha passato due decenni nella stessaorganizzazione, non si può fare a meno di chiedere qual è illegame che sente con l’azienda: senza scivolare nellaretorica, ogni imprenditore sa bene che la motivazione allavoro, il senso di appartenenza dei dipendenti, sono

ingredienti chiave di qualsiasi successo. “Sono entrata a far parte di una struttura riconosciuta dal

mercato come competente, con grande esperienza ecredibilità, che lasciava poco spazio all’improvvisazione, nelsenso deleterio del termine. Una struttura coerente. E hosempre cercato di lavorare con coerenza. Utilizzo un esempioper spiegarmi meglio: quando mi occupavo di pianificazione edovevo fissare una verifica presso un'azienda fortementespecializzata in un settore, poco importa se una piccola o unagrande impresa con un nome importante, mi accertavo che inostri tecnici fossero competenti in quel settore, il mioobiettivo era proporre un team di esperienza. Non mi bastavasoddisfare il requisito minimo, volevo qualcosa di più...questo è certamente un riflesso del senso di appartenenza aun gruppo serio. Ma personalmente, più che l'azienda comeorganizzazione, io riconosco l'azienda come gruppo dipersone. Quello che conta è l'affiatamento, il modo dilavorare che si crea con colleghi e non. È questo che fal'azienda: è lavorare per raggiungere un obiettivo, per unrisultato. Io non sono competitiva, non mi interessa arrivareprima. Mi interessa vedere che il tutto funzioni: di questosono soddisfatta. E poi condividere il lavoro e prendere acuore i problemi. Mi sento di appartenere a un gruppo dipersone più che a un'azienda: è questa la motivazione che mispinge a venire a lavorare al mattino, vedere il lavoro noncome una necessità, una imposizione, ma come un gioco, unpiacere, una parte dei miei interessi. Bisogna cercare direnderlo il migliore possibile, guai a tenerlo separato dalresto della vita, anche se ovviamente non può diventarel'unico interesse. Mio padre diceva che il Padreterno scacciòAdamo ed Eva dal Paradiso terrestre e disse: tu, uomo,lavorerai col sudore della fronte; ma io t'ho fregato perché hotrovato un lavoro e me lo faccio piacere...”. n

FLORA FABRIZI

Grazie ad Intercultura/AFS, frequenta il quarto anno di studi negli Stati Uniti al termine del quale ottiene ildiploma americano di scuola superiore.Consegue quindi il diploma di maturità classica e si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Milano chefrequenta alternandola alle prime esperienze lavorative. Si iscrive alla Scuola Superiore per Interpreti eTraduttori serale, presso la quale si diplomerà qualche anno dopo.Per approfondire la conoscenza del tedesco si trasferisce a Monaco di Baviera per quasi un anno e ritorna inItalia per entrare in TÜV Italia nel 1989, all'interno del quale è ancora oggi con il ruolo di Responsabile Qualitàe Organizzazione.

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Giancarlo Losma, lei è presidente di Ucimu, la strutturaassociativa delle aziende produttrici di macchineutensili. Pochi sanno, forse, che si tratta di un settorenel quale l’Italia è fortemente competitiva sui mercatimondiali. Ce ne può riassumere i dati più significativi?Come premessa vorrei sottolineare che quello dellemacchine utensili è un settore strategico fondamentale:serve per fare tutte le altre macchine e per produrretecnologia, dall'automotive all'aerospace allacomponentistica. Quindi ogni economia si basa sullemacchine utensili per crescere. In questo scenario siinserisce l'industria italiana delle macchine utensili, un fioreall'occhiello dell'export italiano. È molto apprezzata in tuttoil mondo e d'altro canto le classifiche parlano chiaro, noiitaliani siamo i quarti produttori e i terzi esportatori almondo. Veniamo da un anno 2007 estremamente positivo: ilfatturato globale italiano è di 5820 milioni di euro, con unacrescita attorno al 17 per cento rispetto al 2006. Sono datimolto gratificanti. Abbiamo dati molto interessanti sulmercato italiano, che è cresciuto di oltre il 22% nel 2007,mentre l'export è cresciuto anch'esso, di circa il 12%. Edopo questo risultato straordinario anche comepreconsuntivo 2008 i dati sono sempre positivi, soprattuttose consideriamo la dimensione 2007: siamo cresciutiancora. Insomma, il mercato delle macchine utensili italianeè sano, il portafoglio ordini delle aziende è ancoraabbastanza buono, pur guardando con preoccupazione ilsensibile rallentamento degli ordini degli ultimi mesi.

Quali sono i paesi trainanti per le nostre esportazioni?Il mercato di riferimento tradizionale per noi è la Germania.Poi, ai primi posti, ci sono Cina, Stati Uniti, Spagna e Francia.

Chi produce macchine utensili affronta un mercato incontinua evoluzione, che richiede una grande flessibilità:fornite sistemi ma soprattutto dovete risolvere problemi.Cosa vuol dire in concreto?Tutti i costruttori di macchine utensili sono obbligatiall'innovazione tecnologica continua. Per quanto riguarda noiitaliani, sfruttiamo le nostre doti di fantasia e di capacitàinnovativa. Siamo “solutori di problemi” perché siamo piùbravi nel realizzare personalizzazioni e proporre soluzioniadeguate a ogni singolo problema del cliente. Questo è tipicodella produzione italiana del settore: altri paesi nostriconcorrenti sono più rigidi, propongono soluzioni di serie.

In che misura questa maggiore flessibilità ha a chevedere con la dimensione delle nostre aziende?In effetti la dimensione delle imprese italiane è inferiorerispetto ai nostri maggiori concorrenti, siamo attorno alle 70-80 persone in media per azienda. Anche per questo siamospinti a proporre soluzioni personalizzate. Ma quanto ai nostrisuccessi di mercato, io penso che ci sia anche una grandevocazione italiana per l'export.

Cosa ha significato per il vostro settore la sfidadell’internazionalizzazione?

Maestri in soluzioniNelle macchine utensili l’industria italiana è tra le più competitive al mondo. Giancarlo

Losma, presidente di Ucimu, associazione di produttori del settore, ci racconta perché.

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Chiaramente per aziende di dimensioni medio-piccole come lenostre, accanto ai vantaggi di flessibilità i problemi daaffrontare sono grandi, però abbiamo le nostre armi. Dellaprima ho già parlato, è l'innovazione, sia di prodotto che disistema. Un'altra arma, molto importante, che sfruttiamo, èl'aggregazione. Costituire reti o consorzi fra piccole aziende èuna cosa molto positiva che ci aiuta ad andare con maggiorecompetitività sui mercati internazionali. La mia esperienza diaggregazione è partita diciotto anni fa negli Stati Uniti con unconsorzio tuttora in vita che si chiama I-Tech, del quale iosono presidente. L'aggregazione l'abbiamo sfruttata perpoterci permettere strutture locali nei mercati di riferimento:sedi, personale, presenza a fiere. Sul piano commercialequesta strategia è stata molto importante, ma lo è stataanche per lo sviluppo tecnologico. Noi di Losma abbiamorealizzato sinergie con altre aziende per azioni di sviluppotecnologico, anche raccogliendo finanziamenti statali: e siamoriusciti ad avere buoni risultati. Un altro strumento molto importante è la nostra associazioneUCIMU, che è il rappresentante del made in Italy nel mondoper quanto riguarda le macchine utensili, con la sua presenzaa tutte le maggiori fiere internazionali, con la sua consulenzaspecifica e competente sul marketing estero, sulle normativee su tutto quello che può essere di supporto ai soci. Anche

tramite Ucimuweb, un portale in cui noi di Ucimu investiamomolto, e che offre l'opportunità agli associati di stare incontatto con l'associazione 24 ore su 24, 365 giorni l'anno.

Diamo uno sguardo in “casa” sua, nella sua azienda.Losma spa oggi è presente sui mercati globali: avetefiliali all’estero, in Europa e negli Stati Uniti. Quali sono lemaggiori difficoltà che avete dovuto superare?Devo tornare alla dimensione aziendale: è certamente il limitepiù grosso, il problema più ostico che abbiamo dovutorisolvere, sia per le risorse umane che per quelle finanziarie.Le aziende medio-piccole come la nostra non hanno grandedisponibilità di risorse umane. Aggregarsi nel consorzio StatiUniti ha significato contribuire, ognuno per la sua quota, peravere personale in loco, professionisti della vendita, personaled'ufficio, di magazzino: questo ci ha dato un aiutofondamentale. Poi siamo andati “in autonomia”. Ci siamosganciati dal gruppo consortile, abbiamo acquisito personalediretto, una struttura nostra, ci siamo dati un nostro budget.Alcune aziende hanno fatto come noi, altre si sono ritirate,altre sono ancora nel gruppo consortile, che è l'incubatrice diqueste azioni. Ma sono convinto che solo passandodall'aggregazione è possibile entrare in mercati importanti,dove è molto difficile esportare, dove c'è una tecnologiaaggiornata, e dove i clienti devono vederti per anni prima diavere fiducia in te. Questo richiede tempo e investimenti, cheper i primi anni sono senza ritorno. Però ora la nostra filialeamericana nel New Jersey, nei pressi dell'aeroporto diNewark, è sopra il break even, ha sei dipendenti, una strutturadi 700 metri quadri di uffici e magazzino, e soprattutto ha datol’avvio alla creazione di altre filiali: in Germania vicino aStoccarda, dove sta funzionando molto bene e le vendite

GIANCARLO LOSMA

Bergamasco, nel 1974 fonda la LOSMA spa, oggi leader nella produzione di sistemi di depurazione per macchine utensili,azienda con circa 70 dipendenti, sede a Curno (Bg) ed una produzione destinata per circa il 50% all'esportazione: èpresente direttamente sui mercati nordamericano, tedesco e del Regno Unito.Parallelamente all'attività imprenditoriale si dedica a quella associativa, prima come consigliere nel direttivo di UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE. Nel 2003 ne diviene Vicepresidente, dal giugno 2008 è Presidente dell’associazione dei produttoridel settore.Sempre molto attivo nel promuovere le aziende italiane sui mercati internazionali, dal 1995 è presidente di I-Tech, consorziofondato nel 1991 da imprese italiane costruttrici di macchine utensili e tecnologie ausiliarie, con l'obiettivo di presidiare ilmercato in Nordamerica.

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stanno superando quelle negli Usa, e in Gran Bretagna, dovela stiamo creando vicino a Birmingham.La politica commerciale delle filiali ci dà grossi vantaggi. Unoè avere interlocutori gestiti direttamente e non importatoriche possono cambiare idea e mettersi a vendere i prodottidella concorrenza. Un altro vantaggio è che tramite le filialiabbiamo un costante flusso di ordini costantemente increscita, e questo è estremamente importante nei momenti dicongiuntura economica negativa. In aggiunta, con le filialisono i nostri interessi a determinare la politica commerciale enon quelli degli importatori. È stata una decisionestrategicamente molto positiva quella presa nel lontano 1991.

La difesa della salute e dell’ambiente, anche nei luoghidi produzione, è un argomento di crescente attualità,per l’evoluzione delle normative in materia ma ancheperché c’è una sensibilità diffusa sempre maggiore suquesti temi. Per essere competitivi, quanto e in chemodo investite in innovazione?

Per noi l'innovazione, intesa in senso lato, è moltoimportante. Ho già parlato dell'innovazione sui mercaticon il discorso sulle filiali, c'è naturalmentel'innovazione a livello di sistema interno: lacertificazione di sistema ISO 9001 è stataun'innovazione per noi. Ma ci concentriamo molto anchesul prodotto: investiamo il 4-5% in innovazione.Vogliamo essere riconosciuti come un’azienda chepropone sempre le ultime soluzioni, quelle piùall'avanguardia, naturalmente con una qualità moltoalta. L'innovazione ci permette un'altra opportunità cheriguarda la gamma. Non a caso produciamo due linee:una di sistemi di filtrazione dell'aria e la seconda per ladepurazione dei liquidi refrigeranti per macchineutensili. Ci siamo concentrati molto sull'ampliamentodella gamma nelle due linee, vogliamo trasmetterequesto messaggio ai clienti: vieni da noi perché troviqualità, innovazione e soluzione a qualsiasi problema,proprio grazie all'ampiezza della gamma.

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Il vostro materiale di comunicazione mette in grandeevidenza il marchio TÜV Italia e il richiamo allacertificazione ottenuta. Quanto è importante per la suaazienda la cultura della qualità, della sicurezza e delmiglioramento organizzativo?Abbiamo cominciato ad affrontare il problema dellacertificazione anni fa, soprattutto affrontandolo dal puntodi vista commerciale. Volevamo dare ai nostri clientil'immagine di un'azienda che lavora in regime di qualità,certificata da un ente serio e conosciuto. Questo ci haaiutato soprattutto con le grandi aziende, in particolareall'estero; per essere ascoltati come potenziali fornitoribasta mostrare il certificato, e si bypassa il problema dellacredibilità aziendale. Ma anche con i clienti medio-piccolici dà credibilità: magari non ci chiedono il certificato, nonchiedono il dettaglio, magari non sono organizzati con lenorme ISO, ma certamente essere certificati è un punto diforza della nostra azienda. Aspetto commerciale a parte,noi abbiamo imparato molto a livello di organizzazione

aziendale. In un primo tempo le “non conformità” inazienda erano solo una seccatura nel migliore dei casi.Adesso le esigenze poste dalla certificazione sono unostrumento di crescita e di comunicazione. Abbiamoimparato a organizzarci meglio, lo dico in tutta umiltà, esono contento dell'investimento che ho fatto.

Losma sponsorizza iniziative nel campo dell’arte, dellacultura, della solidarietà. Che significato ha questovostro impegno?È una tradizione per la mia azienda. Io personalmente sonoconvinto che un'azienda è più forte se sa acquisire ricchezza,ma anche se sa gestirla con competenza e lungimiranzaanche nel sociale. Essere socialmente utili per noi è moltoimportante, per una convinzione personale ma anche perchéquesto ci porta ad essere maggiormente considerati dai

nostri dipendenti. E noi teniamo molto ad avere personalemotivato e fidelizzato. L'impegno come sponsor ci dà anchevisibilità sul territorio. Abbiamo portato avantisponsorizzazioni di eventi, mostre d'arte, ma anche iniziativenel Terzo Mondo come la costruzione di pozzi per l'acqua inAfrica o l'adozione a distanza di bambini in Sudamerica. Al dilà del bilancio di fine anno, nel dare e avere c'è un dare piùimportante.

Guardando alla sua esperienza di impresa, qual è ilcambiamento maggiore che le sembra sia avvenuto inquesti ultimi vent'anni?Dal nostro punto di vista di azienda che produce sistemi perrendere ecocompatibili le aziende, è cambiata laconsapevolezza della necessità di salvare l'ambiente. Si èrapidamente diffusa, sia nell'ambito civile che in quelloproduttivo. Ne ho parlato al convegno Chicago GreenManufacturing e al Meeting di Comunione e Liberazione aRimini. Ho portato un esempio: circa venti anni fa, andavo

in giro a proporre i nostri depuratori nelle fabbriche. Unimprenditore mi rispose: “Non ho bisogno dei tuoidepuratori per le nebbie d'olio. Ho trenta operai cheinspirano nebbie ed esalano aria pulita...”. Agghiacciante,ma allora non sembrava così agghiacciante come oggi:allora c'era un mondo che andava educato, oggi èassolutamente scontato il concetto di ecocompatibilità, ilconcetto di bilanciamento fra utile aziendale e investimentiin ecosostenibilità. Ed ogni manager dà per scontato che èassolutamente produttivo fare questi investimenti perridurre i costi e aumentare la propria immagine pressoclienti e fornitori e per avere dipendenti che lavorano piùvolentieri in azienda. Ecco perché ora il business ha numerimolto importanti. La ricerca di compatibilità fra lasostenibilità ambientale e il profitto aziendale è ormai unobiettivo largamente raggiunto. n

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el corso del nostro viaggio nel tempo, attraverso ivent’anni di storia e di evoluzione di TÜV Italia,

l’intervista a Roberto Majocchi è una tappa fondamentale:amministratore delegato per circa un decennio, ne haaccompagnato la crescita durante la fase cruciale, a cavallofra gli anni ’90 e i primi anni del nuovo secolo. È in questafase che concetti come sicurezza e qualità, attraverso lacrescente diffusione delle procedure di controllo e verifica edelle certificazioni di sistema e di prodotto, hanno iniziato asvolgere un ruolo trainante per l’innovazione delle imprese,sfidate dalla globalizzazione dei mercati.

“Se parliamo in termini generali, io credo – raccontaMajocchi – che molte cose siano veramente cambiatedagli anni ’80 ad oggi. Prima dell’avvento del concetto disistemi di qualità, il controllo qualità era tipico di aziendemetalmeccaniche che operavano in settori di tecnologieparticolari come il nucleare, come l’offshore, o riguardavacerti processi particolarmente delicati nell’industriapetrolchimica. Da un certo momento in poi tutto ciò cheriguarda il fare della qualità in un’impresa ha interessatole imprese in generale, sia nel settore della produzione sianei servizi. L’avvento degli standard gestionali ha portatoa introdurre questo sistema a 360° gradi. Perciò se ioguardo al mondo delle imprese oggi sicuramente uncambiamento c’è stato”.

Oggi la certificazione di sistema è un valore affermato, mal’avvio di questa svolta nella storia delle imprese non è statosemplicissimo. “La gestazione della prima edizione 1987 dellaISO 9000 fu particolarmente osteggiata da alcuni paesi, se benricordo da Giappone, Stati Uniti e Germania. Il Giappone perchécon i suoi circoli qualità riteneva superfluo il concetto dicertificazione, gli Usa e la Germania, fortemente impegnati nelcontrollo di qualità del prodotto, ritenevano superfluo verificarei processi. Grossissimo errore, perché le due cose si integrano”.Questo lo scenario mondiale. “Quando arrivai al TÜV –continua l’ex amministratore delegato – trovai una gestione delservizio relativo alla qualità impostato alla tedesca, moltoformale: e questo non incoraggiava le imprese italiane arivolgersi al TÜV. Io venivo da una società che aveva grandiesperienze nel settore navale offshore, che non aveva un

mercato interno ampio come quello di Stati Uniti Germania eGiappone, pertanto cercava di operare sul mercato mondiale edi allargare per quanto possibile il proprio range di servizi. Tra leprime difficoltà, per me, c’è stato il far capire a chi di dovereche la certificazione di sistema, pur partendo dalla stesse basirispetto al controllo sui prodotti, andava in qualche manieragestita in modo personalizzato, per andare incontro allenecessità dei mercati dei vari paesi della comunità, in questocaso l’Italia. In questo fui fortemente aiutato dalla miaesperienza e dalla mia immagine, già consolidata sul mercato.Però credo che l’azienda TÜV sia riuscita a dare questa idea diprofessionalità e abbia sempre dimostrato di avere la capacitàdi attrezzarsi nel modo più corretto anche per servizi con nuovecaratteristiche”.

E le imprese italiane, come hanno vissuto questaevoluzione? “Indubbiamente all’inizio ci si trovava a colloquiarecon imprese che già dovevano soddisfare requisiti di controlloqualità sul prodotto: per cui, da un lato per loro il passaggioalla filosofia di sistema era abbastanza difficile e radicale, madall’altro il concetto di controllo esterno era qualcosa con cuidovevano misurarsi anche in precedenza. Diverso è stato ildiscorso per le imprese che non avevano questa cultura dicontrollo qualità e che indubbiamente si sono trovateinizialmente a disagio. Avere qualcuno che entra nell’azienda eche valuta se hai le procedure adeguate per il livello qualitativoche ti sei prefissato per il tuo prodotto, può sembrareun’invasione. Però molti hanno capito subito i vantaggi dellacertificazione. Poter dimostrare, attraverso un giudizioindipendente, che la propria azienda ha un sistema che prendein considerazione tutti gli aspetti della qualità, e che soddisfaqueste procedure, questi must che si è data, è diventato ancheuno strumento commerciale parecchio apprezzato”.

Un’evoluzione progressiva, che ha avuto dei protagonisti:“In questa ottica – spiega Majocchi – un ruolo importante lohanno svolto i grandi acquirenti, i grandi gruppi che hannoimmediatamente capito l’importanza di questo nuovoapproccio, perché sostanzialmente dava loro un grossovantaggio economico. Ribaltava sui loro fornitori laresponsabilità di dimostrare che i sistemi adottati e diconseguenza la qualità media dei prodotti, fossero conformi ailoro requisiti contrattuali. E tutto questo avveniva a spese deiloro fornitori, mentre con il concetto di ispezione diffuso inprecedenza il costo dell’ispezione quasi sempre gravavasull’acquirente. Sì, c’è voluta molta pazienza, c’è voluto deltempo, ma tutto sommato gli imprenditori italiani hanno capitodi avere un’opportunità. Anche alcuni aspetti lo confermano:all’inizio il responsabile qualità era una persona che svolgeva

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Imprese e mercati:qualità come valore

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un ruolo prevalentemente gestionale-amministrativo, magaririciclata da altre posizioni all’interno dell’azienda, poi con ilpassare del tempo le imprese sono sempre più andate allaricerca di persone che, con la loro esperienza, potesserogarantire loro un salto di qualità importante”.

TÜV Italia ha puntato da anni a sensibilizzare i consumatori,gli utenti finali, sulle tematiche della sicurezza e della qualità.Perché? “Un’evoluzione naturale. È pur vero che moltissimiimprenditori hanno capito l’importanza dell’opportunità cheveniva loro offerta, ma in linea con quello che è l’atteggiamentotipico italiano, molte aziende non si muovevano, e forse tuttoranon si muovono, a meno che non ci sia una leva importante chele faccia muovere. Le leve importanti sono essenzialmente due:la prima è quella dei grandi acquirenti cui accennavo prima, laseconda leva, che però non è ancora del tutto attivata, è quelladei consumatori. Qui il messaggio è più difficile da diffondere,ma se i consumatori si creano delle aspettative e le usano, a chiproduce, alla lunga, non rimane che adeguarsi. E questo è statoun motivo conduttore degli sforzi di TÜV Italia per diffondere ipropri servizi, che poi si sono allargati alla sicurezza,all’ambiente, eccetera. Era importante allargare laconsapevolezza, far aumentare il desiderio di prodotti di qualitàda parte dello sterminato mondo dei consumatori”.

Accanto al lavoro di comunicazione per diffondere lacultura della sicurezza e della qualità anche al di fuoridell’ambito strettamente imprenditoriale, nel decennio in cui èstato guidato da Majocchi TÜV Italia ha guardato molto alleimprese. Per offrire loro un adeguato supporto di fronte allesfide dei mercati globali, sono stati sviluppati servizi innovativi:“Non siamo semplicemente stati una filiale del gruppo in Italia.Siamo andati alla ricerca di soluzioni che andassero incontroalle necessità di un mercato in grande trasformazione comequello italiano, e ci siamo spinti fino a creare nuovi strumenti

gestionali, che al tempo non esistevano presso la casa madre.Abbiamo ottenuto grandi risultati rafforzando l’offerta di serviziin particolare nel campo industriale. Un salto di qualità moltoimportante, che ci ha consentito di completare la nostra offertadi servizi, è stata l’acquisizione dei laboratori di Scarmagno.Una scelta fatta dieci anni fa, che ha pagato: a Scarmagno sipossono sottoporre i prodotti a innumerevoli prove di sicurezzaed affidabilità, sia per quanto riguarda il rispetto dei diversistandard internazionali, sia per la certificazione volontaria diprodotto. Allargando lo sguardo, direi che proprio unacompetenza e una esperienza non limitate alla certificazione disistema, ma allargata al prodotto e ai sistemi gestionaliinnovativi, rappresentano il valore aggiunto che abbiamoperseguito, io credo con discreto successo, nel corso degli anni.È questa scelta della ricchezza nell’offerta di servizi e di ricercacostante dell’innovazione che ci ha consentito di disegnare ilprofilo di TÜV Italia come un vero e proprio partner a tuttocampo per le imprese, le amministrazioni pubbliche, leorganizzazioni complesse in genere”.

Allo stesso tempo, Majocchi sottolinea l’importanzadell’apertura di molte nuove sedi in tutta Italia, specialmentenel Centro-Sud, che nei primi anni di vita di TÜV Italia eraquasi del tutto scoperto: “Non basta allargare e completarel’offerta di servizi: le imprese richiedono una presenza, unacapacità di percepire le esigenze, di rispondere con tempi emodalità adeguati e non burocratici. Per questo è strategicala presenza diffusa dell’organizzazione sul territorio, che ècresciuta costantemente. Al punto che oggi TÜV Italia di fattoè presente in tutta Italia”.

Ma allargare i propri servizi ha significato anche cambiareil profilo delle competenze disponibili. Come un organismo chesi evolve moltiplicando le proprie cellule, TÜV Italia ha vistocrescere le proprie capacità anche attraverso una politica

ROBERTO MAJOCCHI

Milanese, terminati gli studi entra in un’azienda petrolchimica come ispettore. A 34 anni lascia l’Italia e si trasferisce inInghilterra dove inizia a lavorare per una società di engeneering leader nella consulenza nel settore energetico.Tre anni dopo torna in Italia ed entra in DNV, ente di certificazione ed ispezione, dove scala tutti i gradinidell’organizzazione diventandone presidente.Uomo di strategie e di scelte innovative, ha dato a TÜV Italia, dove entra come amministratore delegato nel 1997, caricache ricopre fino al maggio 2007, un forte impulso sia alla struttura che alle attività, favorendo la costruzione diun’immagine sul mercato dell’ente dinamica, moderna e competitiva, che ha fatto di TÜV Italia uno dei leader nelpanorama degli enti di certificazione attivi nel nostro paese. Molto attento agli aspetti economici del business, ma anchealle relazioni ed alla comunicazione interna, ha permesso lo sviluppo nel personale, anche attraverso l’adozione dei piùmoderni strumenti informatici, del senso di appartenenza, di motivazione ed efficenza.

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molto aperta di reclutamento di professionalità nuove: “Nonc’è mai stata improvvisazione – puntualizza l’ex numero unodi TÜV Italia – e quando il mercato dei servizi è cambiato, si èevoluto, sono sempre stati coinvolti nuovi collaboratori concaratteristiche idonee alla bisogna e di conseguenza si èriusciti a dare al mercato questa idea di professionalità eaffidabilità che ben si sposava con il marchio tedesco, ma cheera frutto per intero della nostra strategia e delle nostrescelte qui in Italia. Quindi c’è stato un processo abbastanzalogico, di coinvolgimento di risorse umane diverse da quelleche venivano utilizzate in passato. Ogni qualvolta venivainteressata un’impresa che operava in un settore nuovo, siadella produzione che dei servizi, bisognava trovare risorseidonee, che inizialmente venivano identificate in professionistiche avessero esperienza nel settore specifico. Del resto, erauno dei requisiti dell’organismo di accreditamento, cherichiedeva sempre che ci fosse all’interno del team un espertodi settore. Venivano selezionate persone provenienti da varisettori produttivi come il food, gli esperti ambientali, gliesperti nell’ambito della sicurezza. Il tutto fatto attraverso unprocesso che in una prima fase vedeva il coinvolgimentosporadico, ma che poi puntava al coinvolgimento continuo dipersone con competenze adeguate. TÜV Italia è cresciutocosì: è stata una sfida, ma solo all’inizio, quando si è dovutoaccettare che questo tipo di approccio fosse utilizzato. Inseguito è diventato sistema”.

Ma la gestione del personale è anche un sistema, unmodello organizzativo. E in un organismo tecnico come TÜVItalia, anche uno strumento fondamentale di competitività: “Hosempre detto che come business, lo sviluppo delle persone chelavorano nell’organizzazione può essere paragonato all’effettodella palla di neve che si ingrandisce ma tende a conservare lasua forma equilibrata, essendo palla, fino a formare, per gradi,il corpo del pupazzo di neve. Ciò non toglie che dal punto divista manageriale la gestione del personale è sempre una dellecose più difficili. Nella valutazione di un progetto non bisognamai dare per scontato che le risorse umane si comportino come

ci si aspetta. Nella mia esperienza di gestione in TÜV Italia, unodegli aspetti più difficili è stato quello di fare svilupparel’organizzazione tenendo conto, per quanto possibile, delleesigenze e delle aspettative di ognuno, cercando di utilizzare almeglio le caratteristiche di ognuno. Significa cercare di gestirele aspettative lecite e non di ognuno: ogni persona aspira asalire oltre il limite delle proprie capacità. Se teniamo conto delfatto che in Italia ci sono 60 milioni di presidenti del Consiglio e60 milioni di commissari tecnici della nazionale, è evidente chel’individualismo è uno dei problemi più grossi della nazione.Aver fatto sì che questo si condensasse in un team che potessechiamarsi tale credo sia uno dei più grossi traguardi raggiunti inquesti dieci anni della mia carriera”.

Fin qui il Majocchi manager, protagonistadell’accelerazione formidabile vissuta da TÜV Italia in undecennio, un pezzo fondamentale del nostro viaggio. Daquando ha lasciato l’ente però, Majocchi non ha smesso diviaggiare, ed è lui stesso che ce lo racconta con lo stupore ela passione di chi ha esplorato nuovi confini: “In questoperiodo ho fatto quello che volevo fare da molti anni, sonoandato in Laos, vorrei tornare in Birmania, e in prospettiva mipiacerebbe anche stare là per qualche anno. Vivendo in uncerto contesto, difficilmente ci si rende conto delle peculiaritàdell’ambiente in cui si vive, solo uscendone, in modo direiquasi violento, uno riesce a vedere oltre. Laggiù ho avuto laconferma di ciò che mi aspettavo: in queste civiltà che sonocosì lontane dalla nostra, sono rimasti dei valori che anche noiavevamo ma che abbiamo perduto nel tempo: la spontaneità,la disponibilità, la dolcezza, il modo di porsi dei bambini. Noiinvece viviamo in una società in cui lo spirito di competizionespinto all’estremo porta addirittura fare violenza agli altri e iveri valori della vita sono spesso dimenticati. Ogni tanto ce neparlano i giornali, ce ne parla qualche religioso, qualchefilosofo ma poi tutto cade nel dimenticatoio. Credo – conclude– che riprovare certe sensazioni sia la cosa più bella che ioabbia fatto nella seconda parte della mia vita...”. Lo salutiamocon un pizzico di invidia. n

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avoriamo in azienda e fuori 13-14 ore al giorno. Lanostra forza è la dedizione, l’impegno, 365 giorni

l’anno. La nostra impresa nasce per iniziativa di mio padre nel1964: in quel periodo lavorava per un’altra società che avevagià un’attività avviata, poi decise di percorrere una suastrada”. Siamo nel cuore della Lombardia operosa: a Villongo,a metà strada tra Bergamo e Brescia. L’eredità di unatradizione fondata sul culto familiare del lavoro si sente tutta,nelle parole di Manuel Oldrati, numero uno del gruppo, masarebbe un errore pensare a questa realtà industriale,all’avanguardia nel settore delle guarnizioni in gomma eplastica, come ad una realtà “tradizionale”. È strutturata sullaproprietà familiare, ma le sue scelte su ricerca, innovazione diprocesso e di prodotto, valorizzazione delle risorse umane, nonsono estranee alla sua affermazione sui mercati di tutto ilmondo. Oggi Oldrati, poco meno di mille dipendenti e unfatturato che sfiora i cento milioni l’anno, è presente suimercati dell’Asia, dell’Est europeo e dell’America Latina. E nonè solo il culto del lavoro il suo punto di forza; il capitaleconcentrato in famiglia offre dei vantaggi, come rivendica l’Ad:“Dal punto di vista imprenditoriale, la nostra ricetta è fondata

sulla dinamicità, sulla velocità di risposta alla domanda di unnuovo prodotto, alle difficoltà che possono sorgere in qualsiasifase di produzione e commercializzazione. Altrove si fannoriunioni periodiche: noi ci riuniamo in qualsiasi momento,anche il venerdì sera, il sabato o la domenica, più di quantosiano disposti a fare altri competitors internazionali, e questo èancora vincente. La nostra caparbietà ci ha portato a risultatiinteressanti”. Qui nel regno della concretezza, però, nessuno sinasconde gli aspetti negativi della dimensione d’impresa: “Ilpunto debole, rispetto a chi ha una gestione da multinazionale,è l’accesso al credito: a volte per noi è più difficile avereaccesso a somme importanti per far fronte agli impegni. Negliultimi mesi, ovviamente, non c’è azienda che abbia un “easymoney management”, ma i nostri competitors hanno sempreavuto maggiori possibilità. Le grosse aziende, inoltre, hannocontatti consolidati con le banche a livello internazionale: perloro è meno complesso affrontare la delocalizzazione”.

I prodotti Oldrati si sono imposti sui mercati piùcompetitivi, fino a superare le severissime selezioni per lafornitura di componenti per il programma spaziale europeo(“facciamo guarnizioni – precisa il titolare – per il propulsore

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Azieda familiare ma con un piede nello spazio: Oldrati S.p.A. fornisce guarnizioni per il propulsore

dell’Arian V. Il segreto, dice l’Ad Manuel Oldrati, è la “velocità nei tempi di risposta”.

L’imprenditore flessibile

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dell’Arian V”), e hanno ottenuto riconoscimenti da clienti digrande prestigio come Ducati moto. Non sorprende, quindi,l’enfasi con la quale Oldrati sottolinea il peso dellacomponente ricerca e sviluppo per il presente e per il futuro:“Se pensiamo ai fattori negativi, a fine 2009 ci spariamo tutti...ma con i sacrifici di oggi, se si riesce a superare questasituazione, si può pianificare il domani, pensare che è ilmomento giusto per investire nelle persone in vista dellaripresa. E mentre il settore per noi chiave dell’automotive è instagnazione, noi abbiamo assunto proprio in ambito R&S”. Ildiscorso sulle persone è un elemento chiave della filosofia diOldrati group: “Noi – racconta l’Ad – abbiamo persone chelavorano in azienda da oltre 40 anni, non abbiamo nessunpreconcetto sull’età. Diamo la possibilità a tutti, dall’ultimoarrivato al più esperto, di cambiare, di evolversi, di ricoprireruoli diversi”. Le delusioni a volte ci sono e il curriculum nondice tutto: “Ci sono capitate persone che si spacciavano perluminari, poi risultavano meno performanti rispetto a chi avevaun titolo di studio inferiore. In 20 anni di esperienza ho sempreapplicato un principio: mai collocare una persona solo in baseal suo titolo di studio. Una persona apparentemente positiva,collocata in un certo contesto era un disastro, in un lavorocompletamente diverso diventava un leader. Non è questionedi età, ma di performance, che misuriamo costantemente.Come management siamo molto presenti e le persone sonospronate di continuo a migliorarsi. Chi vuole imparare,crescere, dimostrare, in Oldrati trova nient’altro chedisponibilità. Tra noi fratelli c’è un feeling particolare che ciconsente di operare con determinazione e tecnica, nonpermettendo a terzi di adottare scusanti, come spesso si puòvedere in aziende gestite da manager esterni. Il nostro grandemaestro è l’attuale Presidente, il Sig. Vanni Oldrati, che ci haben addestrati sin da piccoli introducendoci nel mondo dellesfide, essendo noi tre fratelli corridori di moto-cross e piloti dirally. A lui riconosciamo il sacrificio fatto e l’onore per avercipermesso di fare quanto altri non hanno potuto. Da questisport duri ma costruttivi, abbiamo imparato il senso dellacompetizione, con amici e avversari e, rapportandoci con teame meccanici, il gioco di squadra e l’importanza ed il valoredalle cose più piccole, come una banale vite. Oggi questadeterminazione ha assunto connotati diversi, plasmati dalcarattere individuale, ma il senso di competizione vive in tuttinoi, attraverso la continua sfida comune nel voler trovaresoluzioni nuove ed innovative all’interno della nostra azienda.”

Ma l’affiatamento, spiega Manuel Oldrati, si costruiscenel tempo: “Un esempio sono i nostri plant manager, in ognisede ci sono persone che abbiamo affiancato. Chi lavora con

noi deve condividere le nostre caratteristiche, la nostrafilosofia. Spingiamo tanto anche sulla comunicazione, abbiamofatto corsi di gestione snella, “slim production”, stiamo facendoancora corsi di riorganizzazione: anche in questa fase delicatastiamo spingendo perché i dipendenti siano consapevoli dellasituazione. Se chiudiamo, per il nostro livello di vita cambiapoco, se siamo qua lo facciamo anche per loro: ci sarà stress,maggior impegno, ma rispetto alla concorrenza abbiamosempre pagato qualcosa in più e fatto in modo che le personein azienda fossero soddisfatte, appagate. Sui media la crisi èdescritta come una guerra: sembra un videogame. Ogni giornosentiamo dire che l’azienda X va male, l’azienda Y chiude... mafinchè non vivi i problemi non ti rendi conto che può accadere.Perciò, a maggior ragione ora, con quello che sta succedendo,serve essere realistici, si può e si deve migliorare”.

Nei suoi materiali di comunicazione, il gruppo Oldrati dàmolto rilievo alla qualità dei processi e dei prodotti, allecertificazioni di cui TÜV Italia si è occupata in più occasioni. Unbeneficio non solo d’immagine, ci tiene a precisarel’imprenditore bergamasco: “Da sempre il nostro gruppo si èmesso in evidenza per il valore che attribuisce alla qualità, chenon è solo il controllo finale di un processo. Si parte dall’inizioe si arriva al prodotto finito. Il problema per noi non è mai statoavere il bollino della qualità, ma l’intervento reale sul processo,il miglioramento. Se avessimo scelto un altro ente invece diTÜV Italia, forse i costi della certificazione sarebbero statiinferiori, ma non saremmo qua a raccontare i nostri successi.Noi alla qualità ci abbiamo sempre creduto. E anche in questoperiodo abbiamo chiuso diversi ordini, ad esempio conVolkswagen. Abbiamo lavorato per loro anche a Natale eall’inizio dell’anno, per dei nuovi motori per il 2009. E abbiamopreso anche forniture indirette per marchi come Mercedes oPeugeot, abbiamo nuovi stampi, nuovi prodotti da fare. Ilrisultato di tanto lavoro, di tanta ricerca della professionalità edella qualità è che, con aziende di certe dimensioni, è unpiacere vedere che escono soddisfatti. Anzi, stupiti”. Gomma eplastica: un settore, quello in cui opera Oldrati, che in questiultimi anni ha dovuto fare i conti con le crescenti restrizioni inmateria di normative ambientali. “Abbiamo sempre avutomolta attenzione all’impatto delle nostre attività sull’ambiente.Negli ultimi due anni abbiamo fatto investimenti importanti persostituire gli impianti di abbattimento dei fumi, l’ultimo è statoapplicato qualche settimana fa. Con i nostri sistemi, sviluppatiin anni di esperienza, con gli “scrubber” personalizzati sullabase delle nostre esigenze, abbiamo raggiunto un recupero diefficienza addirittura del 50%. Tutto questo vuol dire investire,e l’impiantistica non porta migliorie alla produzione, ma è

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necessario e lo facciamo. E lo sottolineiamo con scelted’immagine: nelle più recenti aree produttive che abbiamorealizzato, con l’uso del colore, del giallo limone o dell’azzurro,vogliamo dare un’idea di pulizia”.

Valore delle risorse umane, formazione, innovazione,qualità, investimenti: il profilo dell’azienda che ManuelOldrati descrive è quello di un’impresa che crede nel futuro.Anche oggi? “Certo – ammette – una situazione analogaall’attuale negli ultimi 40 anni non si era mai vista, non eramai capitato che tutti i paesi avessero problemi di recessioneo deflazione. Il mercato è stato troppo pompato negli ultimianni, tutti volevano fare grandi numeri, ma se analizziamoquelli prodotti, in questa crisi scendono del 20 o 30%, nondel 90%. Questo deve far riflettere tutti, dai gurudell’economia agli imprenditori. C’era chi aveva previsto chela situazione potesse arrivare a questo punto. Negli ultimianni abbiamo assistito allo sviluppo dell’industrializzazioneanche nei paesi emergenti, ma in che modo? Nei paesidell’est ci sarà stato anche il boom all’inzio, ma dopo un po’ci si è resi conto che anche da quelle parti non si possonocambiare le macchine ogni tre mesi. Nell’ultimo decennio, lavita media di un’auto è passata da 6-7 anni a 5, 4, 3 anni.Tutti in corsa per vendere, vendere, vendere: rottamazioni,auto semestrali, chilometri zero. Anche nel settore deglielettrodomestici, le aziende hanno incrementato le loro sediproduttive, impossibile immaginare di dare lavoro a tutti. Inquesto periodo si consolideranno i numeri e chi avrà la forzadi uscirne ne uscirà, con una consapevolezza diversa. Nelgiro di pochi mesi ci sarà una ripresa, e con gli aiutigovernativi toccherà anche all’automotive usciredall’impasse. Avremo una crescita più regolare, prevederel’1% in 6 mesi è realistico, dobbiamo dimenticare i periodi in

cui avevamo incrementi anche del 15%”.Nel numero dedicato al ventennale di TÜV Italia, non

possiamo trascurare uno sguardo al passato, ai cambiamenti diquesti ultimi vent’anni: “Penso che l’evoluzione più importantesiano stati i sistemi di comunicazione. L’evoluzionedell’automobile si poteva immaginare, nessuno potevaimmaginare che in tempo reale con una e-mail puoi essere inAsia, senza utilizzare l’aereo come un taxi. All’interno dellanostra azienda l’evoluzione per noi ha voluto dire esserediventati autonomi al 100% nel settore della gomma e dellaplastica. Abbiamo creato una filiera verticalizzata, facciamotutto internamente: ricerca, sviluppo, produzione di stampi,automazione. Le presse non le produciamo direttamente, manon abbiamo nessuna pressa standard. Le quattro o cinqueaziende leader nel settore le abbiamo messe alla prova, facendoprodurre macchine secondo le nostre direttive. In qualche casosiamo stati noi a risolvere i problemi, li abbiamo indirizzati condelle simulazioni su cosa doveva fare una macchina; potremmofare le presse senza problemi, e abbiamo tre ingegneri sulsoftware. Quanto agli stampi, abbiamo deciso di non produrlipiù per terzi, li vendiamo, ma senza la tecnologia che rimane anoi”. C’è solo una piccola nota da aggiungere, ed è un po’ ilcuore della filosofia Oldrati: “Ogni giorno iniziamo la giornatapensando di impararare qualcosa di nuovo. Tutti noi nondovremmo mai perdere di vista questo obiettivo, altrimenti ciadageremmo….e molte sere possiamo veramente dire cheanche oggi abbiamo imparato qualche cosa! Piccoli stimoli cheappagano ed incentivano grandi sforzi”. n

MANUEL OLDRATI

Respira l’aria dell’azienda fin da bambino quando, nei pomeriggi liberi dagli impegni scolastici, passaparte del suo tempo nei vari reparti: mescola, stampaggio, officina, logistica... Terminati gli studi diragioneria entra ufficialmente in azienda dove, mentre matura la sua esperienza professionale, hamodo di frequentare corsi di specializzazione in lingue straniere, comunicazione, gestione manageriale,oltre a conseguire nel 2008 un Master in Business Administration. È Amministratore Delegatodell’azienda dal 2004.

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n organismo vivo, in costante trasformazione:visitando i laboratori di TÜV Italia a Scarmagno,

questa è la prima sensazione che ricava un osservatoreesterno. Tecnici al lavoro, sale prova ultratecnologiche,complessi macchinari in funzione, supporti in costruzione perprove specifiche su questo o quel prodotto. Al di là dellosguardo superficiale, si tratta davvero di un fiore all’occhiellodella realtà TÜV Italia: acquisita dieci anni fa, la strutturapiemontese, nei suoi 3.600 metri quadri di laboratori, offrealle imprese la disponibilità di circa 450 strumenti di prova,una esperienza tecnica equivalente a 500 anni/uomo, laconoscenza di circa 600 norme sulle quali basare ogni generedi test o certificazione di prodotto. Dalle pentole ai frullatori,dai serbatoi per le moto ai componenti per i satelliti spaziali:quasi tutti i prodotti elettrici e non, pezzi quasi unici oppure diuso comune per i consumatori, tutto può essere sottoposto aogni genere di misurazione e controllo.

Volete sapere cosa succede a una bottiglia di vino cheviene trasportata per giorni interi su un Tir? Controllare lasensibilità di una lavabiancheria alle ondeelettromagnetiche presenti nell’ambiente domestico?Verificare la reazione di un apparato elettronicoall’esplosione di microcariche su un satellite spazialeappena entrato in orbita terrestre? Scarmagno è il postoche fa per voi. Qui si fanno prove di carico e torsione, suglieffetti delle condizioni ambientali (caldo, freddo, umidità),prove sulle interferenze elettromagnetiche, test di shock daesplosione per apparecchiature aerospaziali, sulle vibrazionie la trasportabilità. La strumentazione disponibile va dallacamera semianecoica alle celle a polvere, agli strumentisensibilissimi per misurare il grado di emissionielettromagnetiche di un dato apparecchio. A Scarmagno sitocca con mano la concretezza della filosofia di TÜV Italia:non solo un ente esterno cui rivolgersi per ottenere unacertificazione, un marchio, ma un partner in grado diaccompagnare lo sviluppo dei prodotti e la crescita delleimprese in ogni settore. L’elenco delle possibilità tecnicheofferte dei laboratori di Scarmagno sarebbe infinito. Ma èpiù interessante raccontarne la storia, descriverne lemodalità operative, attraverso le parole di chi li dirige e li

fa funzionare ormai da molti anni, nell’intervista a più vociche abbiamo realizzato.

Un po’ di storia

I laboratori non nascono per iniziativa di TÜV, ma sono figli diuna storia industriale importante per l’Italia, come sottolineaEmanuele Ferrari, direttore dei laboratori: “La struttura diScarmagno – racconta – è nata da un laboratorio preesistente.All’origine c’era l’esigenza di Olivetti di verificare i propriprodotti e la propria produzione. A suo tempo, Olivetti avevadeciso di raggruppare i propri laboratori in una sola unità,facendone, anche sul piano legale, un’azienda separata,rendendola quindi anche appetibile sul mercato. TÜV Italia, dalcanto suo, verso la fine degli anni 90 cercava di completare ilsuo ventaglio di servizi alle imprese, con la possibilità dieseguire localmente verifiche di conformità, prove, collaudi,senza doversi rivolgere alla casa madre tedesca o a unlaboratorio esterno. Il laboratorio aveva già avviato la fase didespecializzazione, nel senso che in precedenza era unastruttura orientata all'Information Technology (IT), poiprogressivamente è andata incontro alle esigenze diverse delmercato italiano”.

Una porta per il mondo

Oggi, dopo dieci anni di attività con il marchio dell’ottagonoblu, i laboratori rispecchiano sempre più fedelmente lacomplessità del mondo delle imprese italiane e la varietà dellaloro produzione: di conseguenza sono in grado di rispondere aesigenze molto diversificate fra loro. “Al momento – spiegaancora l’ing. Ferrari – l’IT ricopre per noi lo stesso peso diqualsiasi altra tipologia di prodotto. La diversificazione si èconcretizzata nella possibilità di seguire quasi tutti i prodottidomestici alimentati a corrente elettrica, nei loro aspetti disicurezza, e quasi tutti i prodotti domestici meccanici. Con, inpiù, delle nicchie di specializzazione nel campo aeronautico oaerospaziale, e dei servizi trasversali come la trasportabilità,cui si rivolgono aziende che hanno l'esigenza di movimentaremerci sensibili alle sollecitazioni durante i trasferimenti. Perintenderci sulla varietà di aziende interessate a questo tipo diprove: si va dal medicale all'automotive, ma abbiamo fattoprove anche su bottiglie di vino o contenitori per l'oliolubrificante dei negozi Agip. In generale direi che, per laverifica della trasportabilità, il settore degli elettrodomestici èil nucleo più presente, specialmente quelli destinati al mercatoamericano. A imporre i controlli sono, sia le assicurazioni sul

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trasporto sia i grandi committenti, che acquistano da industrieitaliane, a patto che siano in grado garantire che il prodotto,quando arriva, mantenga le caratteristiche promesse”.“Da più anni negli Stati Uniti – interviene Daniele Mazzei,responsabile del laboratorio Vibrazioni, Stress ambientali eSicurezza Meccanica – hanno questa sensibilità verso iltrasporto dei prodotti, quindi richiedono sistematicamentetutte le verifiche della resistenza: dell’imballo al trasporto, allamovimentazione e all’immagazzinamento”.

Per molte aziende, quindi, i laboratori di Scarmagnorappresentano una sorta di passaggio obbligato, una porta peraccedere ai mercati internazionali offrendo le garanzierichieste dalle normative, dai loro clienti e dai consumatorifinali. Ma il meccanismo è anche rovesciato: chi è in grado didare certezze a chi commercializza un determinato prodotto?“Negli ultimi dieci anni – ricorda l’ing. Pignataro responsabiledel laboratorio sicurezza elettrica, – abbiamo avuto unacrescente relazione con la globalizzazione: perché sono lenostre prove a garantire le caratteristiche del prodotto a chiacquista da un determinato fornitore. La grande distribuzioneacquista sul mercato mondiale, un esempio tipico si ha nelsettore dell’ITC: ci sono pezzi che arrivano tutti dall’esteuropeo, ad esempio gli alimentatori, e chi li prende per poicommercializzarli li acquista già testati da terzi. Questopotrebbe essere uno scenario che si stabilizza. C’è tizio chevende chissà dove, caio che compra in un altro paese, ma ilrispetto delle specifiche d’acquisto viene stabilita da un enteterzo, come possiamo essere noi”. Per l’ing. Ferrari“l’internazionalità ha fatto grandi passi avanti in questi anni.Oggi i clienti della grande distribuzione non si limitano achiederci di testare il prodotto presso i nostri laboratori, moltospesso ci chiedono anche il servizio di ispezione là dove ilprodotto viene fabbricato. In questi casi ci appoggiamo a

colleghi del gruppo TÜV SÜD per la cosiddetta pre-shipmentinspection, insomma ci chiedono di dargli la luce verdepreventiva sul prodotto, prima che venga spedito”.

Grandi imprese, piccoli clienti

Le tipologie di aziende che si rivolgono ai laboratori diScarmagno sono diverse: “Ci sono grosse aziende – semplificaFerrari – che vengono qua perché hanno un loro processo diverifica della produzione, dovunque sia fatta, ma non hannopiù un laboratorio interno: hanno una sensibilità, già dallaprogettazione, rispetto alla necessità di rispettare determinatistandard, determinate specifiche di prodotto. In questi casiabbiamo a che fare con clienti tecnicamente preparati, conloro si può costruire assieme programmi di prova, in qualchecaso ci danno loro il capitolato di prova. Altri, più piccoli, sirivolgono a noi perché la certificazione è l’unico modo pervendere ai grandi distributori o per accedere a certi mercati.Quando la dimensione dell’impresa è inferiore, il nostrointerlocutore può capitare che sia, ad esempio, l’ufficioacquisti, qualcuno quindi che non sempre ha molto chiaroquello che è stato chiesto dall’acquirente del loro prodotto.Possono, per esempio, non sapere che serve ladocumentazione sul progetto, sui materiali utilizzati, lagaranzia che il processo produttivo sia gestito, e lì si fadifficile perché ci chiedono “perché me li chiedete?, a cosaserve, mai avuto un reclamo in vita mia...”.

E quando qualcosa va storto? “Diventa in alcuni casi nonfacile far capire al cliente che una certa prova ha avuto esitonegativo”. Una prova non passata significa “no”, non significa“forse”, dice Mazzei. “Non è facile – aggiunge Ferrari – farcapire che è nel nostro interesse che tutto vada bene, a volteci vedono come censori, ma occorre sottolineare che per noi

EMANUELE FERRARI

Milanese, dopo il diploma in telecomunicazioni consegue la laurea in Ingegneria Elettronica al

nell’ambito dei sistemi di controllo distribuiti per l’industria chimica, petrolchimica e generazione di

certificazione italiano, dove acquisisce una breve ma significativa esperienza professionale, maturando laqualifica di auditor ISO 9001 e quella di ispettore di prodotto, per i principali marchi di sicurezza europeied nord americani. Dal 1998 è in TÜV Italia dove inizialmente si occupa della parte tecnico/commercialedelle attività di prodotto e, dal 2001, è a Scarmagno, sede dei laboratori, di cui diviene direttore, caricache ricopre ancora oggi.

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energia, prima come progettista e poi come project manager, entra quindi in primario ente di

Politecnico di Milano. Dopo diversi anni passati nell'industria, presso una multinazionale che opera

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non è un divertimento dire che qualcosa di un certo prodottonon va bene, non ci fa certo piacere”. Ma i test sono una cosaseria: “Viviamo della nostra autorevolezza”, chiosa Pignataro.

Dalle moto ai satelliti

Ma come funzionano, in pratica, i laboratori? Qualcheesempio della gigantesca casistica operativa della struttura(oltre 1000 campioni testati all’anno) prova a fornircelo l’ing.Mazzei: “Sui serbatoi per le moto svolgiamo provemeccaniche e di simulazione di condizioni ambientali estreme,alte temperature, basse temperature, effetti dei raggi solarisui materiali. Abbiamo lampade speciali, simili a lampadeabbronzanti, con uno spettro paragonabile a quello del sole,sottoponiamo i serbatoi a settimane di irraggiamento pervedere poi la loro resistenza meccanica. Facciamo ancheprove brutali, ci sono norme ben precise su come eseguirle.Colpiamo il serbatoio con pesi da 50 kg per vedere se in casodi incidente rischia di rompersi, innescando una perdita dicarburante pericolosa. Case come Aprilia o Piaggio hannol’obbligo di compiere queste prove, lo stesso dicasi per i lorofornitori, aziende specialistiche come Acerbis. Per guardare atutt’altro settore, l’aerospaziale, le aziende italiane cheprogettano e realizzano componenti spaziali sono poche,hanno necessità di eseguire tutta una serie di test perverificare la robustezza dei loro prodotti, perché una voltamessi in orbita non possono essere più riparati né verificati. Inparticolare noi simuliamo una condizione molto particolare,quella della esplosione di microcariche sul satellite durantealcune fasi di messa in orbita. Pannelli solari ed antenne, adesempio, che durante il lancio sono raccolti all’interno perevitare danni, quando vengono messi in orbita devono essereestesi all’esterno. Per farlo si fanno esplodere dellemicrocariche per tranciare i cavi di ritenzione e liberarli. Ma

questo tipo di esplosioni provocano sollecitazioni meccanicheche possono dare molto fastidio ai componenti elettronici. Loscopo della nostra macchina è causare la stessa sollecitazionemeccanica, non con una carica esplosiva ma con un corpometallico che urta con forza contro una piastra speciale, eprovoca lo stesso tipo di sollecitazioni delle microesplosioni”.

“Dedicherei due parole sulle certificazioni di sicurezza.Alcune industrie – spiega Pignataro – si rivolgono a noi peravere, da un ente terzo indipendente, un certificato diconformità alle norme previste per la conformità CE, quindiobbligatorie. E loro, non contenti di questo, perché lamarcatura CE è in sostanza un'autocertificazione, chiedono aun ente come il TÜV Italia di testarlo e dichiararne laconformità. Quindi l'esigenza cui rispondiamo è avere visibilitàcome prodotto sul mercato di qualità superiore, e questo è ilpassato, mentre il presente e il futuro è la regolazione delrapporto fra cliente e fornitore. Un nostro cliente vende a unacatena di distribuzione, la catena ha bisogno di tutelarsi sueventuali conseguenze legali per quel prodotto, quindi richiedeuna dichiarazione di conformità da una parte terza. Qui latipologia è essenzialmente di prodotti d'uso comune, dagliasciugacapelli al tostapane, ai Pc e alle stampanti, ma anchescale, sedie, mobili. Nel mercato italiano questo genere digaranzie vengono richieste dalle reti commerciali della grandedistribuzione. Ma su altri mercati è il consumatore a decidere:in Germania se un prodotto non è marcato TÜV piùdifficilmente viene acquistato e lo stesso vale per il marchioUL negli Stati Uniti. In prospettiva si può sviluppare anche danoi una logica di questo genere, basti pensare alla diffusionecrescente delle riviste delle associazioni consumatori, chehanno un approccio di questo tipo”.

Un settore per ora minore, ma che incuriosisce,dell’attività dei laboratori riguarda i test su prodotti difettosi:“È un servizio circoscritto, perché in Italia – puntualizza l’ing.

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Ferrari – non c'è l'attitudine del consumatore a dire qui c'èqualcosa che non va e non è colpa mia”. Ma a volte aScarmagno arriva qualche prodotto di cui un consumatore hacontestato il malfunzionamento al venditore o al fabbricante, ilquale a sua volta si rivolge al TÜV: “Se noi riusciamo adimostrare che il prodotto è stato usato male, loro sono aposto, ma a volte in base al risultato del nostro test possonoprendere provvedimenti sul fornitore o addirittura decidere ilritiro del prodotto dal mercato. È accaduto anche che un peritodel Tribunale si sia rivolto a noi per effettuare un test. Ci sonocapitati ombrelloni, sedie da ufficio, un forno a microonde.Quest’ultimo per esempio, si era incendiato perché era statousato male, ma tutti i forni a microoonde se metti unamichetta di pane per dieci minuti alla massima potenza siincendiano, sono prodotti intrinsecamente pericolosi come ilcoltello elettrico. Le sedie invece avevano effettivamente deiproblemi, un individuo pesante le poteva rompere ancheusandole correttamente. Può capitare anche a noi di esserenel dubbio, specie se un campione identico a quello“incriminato” risulta poi funzionare correttamente… “

Parola chiave professionalità

Sul “ponte di comando” dei laboratori, lo staff è compostoesclusivamente da tecnici: il predominio del sapere tecnico quiè indiscutibile. “Le professionalità? Dipende dalle mansioni –dice Mazzei – ma a parte la gestione del laboratorio, il restorichiede la nostra competenza tecnica: dai primi contatti con iclienti, per poi addentrarsi nella parte tecnica, nellapreparazione della prova, quando si deve capire con il clientese ci sono tutte le informazioni necessarie, e poi quando sideve organizzare la prova, preparare fisicamente il laboratorioper eseguire quel determinato test, infine nell’aspettooperativo per l’esecuzione dei test. Che possono essere dai piùsemplici, come una banale prova di caduta su un oggetto, atest complessi in cui si eseguono analisi sul comportamentodinamico di un campione da sottoporre a prova, con l’utilizzo distrumentazioni sofisticate, sempre assieme al cliente. Tuttoquesto richiede la partecipazione nostra e del cliente”. Equando dice “nostra” Mazzei parla proprio degli ingegneri, laspecie più diffusa qui a Scarmagno: “Per questo tipo di attivitàè richiesto un livello di preparazione universitario e anche unaesperienza conseguita nel comparto industriale, perché unodegli aspetti importanti del nostro lavoro è che si viene acontatto con realtà sempre diverse, dal cliente che devecommercializzare una bottiglia di plastica a quello che devefare test per un prodotto che va in orbita su un satellitemilitare, dai cofani per l’inumazione, cioè le casse da morto(vanno testate anche quelle) ai Pc o schede elettroniche.Prodotti di tutti i tipi e clienti di tutti i tipi, con i quali si deveessere in grado di colloquiare, dall’azienda familiare allagrande industria”. “Esistono anche – precisa Ferrari – dei veri epropri operatori di laboratorio, ma sono sempre di meno:sempre più spesso devono essere in grado di occuparsi anche

DOMENICO PIGNATARO

Dopo la maturità scientifica si laurea in ingegneria elettrotecnica presso l’Università di Bari, con studid’indirizzo sugli apparati di telecomunicazione. Inizia la sua carriera professionale come progettistaelettronico in Olivetti, diventando il responsabile del team Integrazione HW. In questo ruolo ha l’opportunitàdi perfezionare le sue competenze nell’ambito della compatibilità elettromagnetica in “Signal Integrity”.Successivamente assume la responsabilità del gruppo di sviluppo e simulazione dei circuiti stampati. Conl’acquisizione nel novembre 1998 dei laboratori Olivetti da parte di TÜV Italia diventa “Tech. Certifier” EMCe poi Responsabile del Laboratorio di Sicurezza Elettrica. In seguito, come Vice Direttore Tecnico deilaboratori, ha esteso la sue conoscenze alla sicurezza meccanica e alle vibrazioni.

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della gestione del cliente e della proposta di soluzioneconfacente alle sue necessità, della preparazione edell’esecuzione della prova”.

“Nella stragrande maggioranza dei casi, le cose chefacciamo – argomenta Domenico Pignataro, vicedirettoretecnico dei laboratori – non sono ripetitive, c'è un contenutotecnico molto forte e ci sono grandi aspetti multidisciplinari.Per questo ho sempre pensato che per fare questo lavoro civoglia una competenza tecnica ad ampio respiro: bisognaleggere e interpretare velocemente un documento tecnico,una norma, e poi organizzare la prova. Altra cosa difficile chefacciamo è valutare i risultati delle prove. Bisogna essere ingrado di capire se il loro esito ha senso, o se al contrario laprova ha avuto risultati fuorvianti semplicemente perché s'èrotto lo strumento. Anche la stima dell’incertezza di misuradal punto di vista del calcolo è sempre una questionedelicata, per questo serve un livello di istruzioneuniversitario”. Secondo Ferrari “ogni risultato è gravato daun’ombra grigia: con quanta precisione stai misurando unacerta cosa, qual è l'incertezza del dato che stai fornendo.Devi essere in grado di informare all’esterno sul grado diprecisione della tua misurazione. E comunque: già il fatto didire se il risultato è credibile o no, presuppone la conoscenzaa priori di come dovrebbe andare la prova. Può venir fuori unrisultato che non devi accettare passivamente solo perché èdentro i limiti o non accettarlo solo perché è fuori: c'è unapreparazione teorica, ma è necessaria anche l’esperienza pervalutare i risultati”. Il valore che viene dato in TÜV Italia allepersone, alle professionalità, nelle parole del responsabiledei laboratori viene alla luce in maniera ancora più netta:“Preparare una persona in grado, non solo di gestirel’ordinario, di organizzare e gestire le prove, ma anche direagire ai problemi, agli imprevisti, non è facile. Ecco perché

– dice – non riusciamo a fare ricorso con facilità a risorseesterne: o hai fatto lo stesso mestiere da un’altra parte,oppure...”. “E c’è da aggiungere – osserva Mazzei – che vistoche non siamo una divisione estremamente numerosa ma isettori sono molti, ogni individuo deve poter svolgere moltefunzioni. Deve coprire il settore teorico, di valutazione deirisultati ma anche la gestione del cliente, l’aspettocommerciale. Infine deve gestire l’agenda del laboratorio,quindi deve avere anche delle competenze organizzative.Insomma, non siamo specializzati un singolo settore”.

La nostra rivista è costruita un po’ come un viaggio neltempo, uno sguardo a questi due decenni di vita di TÜV Italia.Ferrari riprende il filo di questo racconto proiettandosi anchesulle prospettive future del laboratorio: “In questi 10 anni –ricorda il direttore – il processo è stato quello di trasformare ilaboratori da azienda di verifiche di conformità nell’InformationTechnology a un’azienda di verifiche di conformità di tuttoquello che si produce in Italia. Il prossimo passo sarà quello ditrasformarci in “un’azienda laboratorio” che fornisceprevalentemente servizi a chi commercializza: quindi serviziinformativi: cosa ci vuole, che documentazione è necessariaper la qualifica dei fornitori, oppure la qualifica spot, acampione sui prodotti da commercializzare. Ma sia chiaro:questo si riesce a fare solo mantenendo un presidio tecnico,che è generato dalle attività che abbiamo sempre fatto. Unapproccio conforme alle norme è necessario per mantenere ilknow how: puoi giudicare cosa è importante, solo se hai benchiaro tutto il ventaglio di verifiche necessarie per unaconformità completa del prodotto. Ecco perché è importanteuna struttura tecnica permanente, che lavora come lavoriamonoi, e che le singole imprese difficilmente potrebberomantenere: ormai il processo industriale ha eliminato i costinon legati alla produzione”.n

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DANIELE MAZZEI

Laureato in ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Torino, nel 1998 inizia la suacarriera professionale nell’area commerciale di un’azienda meccanica.Nel 2004 entra in TÜV Italia presso i laboratori di Scarmagno come tecnico di laboratorionel settore vibrazioni dove, oltre a gestire le attività di questo laboratorio, sviluppanuove aree di prova. A lui si deve, tra l’altro, la messa a punto dell’attrezzatura utilizzataper le prove di pyro-shock, unica nel nostro paese, che ha permesso di effettuare test divibrazioni per partners come Thales Alenia Space e C.I.R.A. (Centro Italiano RicercheAerospaziali). Oggi ha la responsabilità di un team di tecnici operanti nei settori dellasicurezza meccanica, vibrazioni e stress ambientali, oltre a coordinare le attività ditesting e lo sviluppo di nuovi macchinari di prova.

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Cambiare per i consumatori

La vostra azienda produce oggetti per la pulizia degliambienti e per l’igiene personale, destinati quindisoprattutto a un mercato consumer. Dal suo punto divista di imprenditore, è molto cambiata in questi annila cultura dei consumatori, la loro attenzione allaqualità dei prodotti?Sicuramente è cambiata, sia dal punto di vista dei canalidistributivi (forte crescita del canale discount), sia perl’offerta molto più ampia e segmentata (private label,primi prezzi ed elevata pressione promozionale). Permaneuna certezza, la qualità del prodotto: il consumatore,sempre alla ricerca del prezzo più vantaggioso, rimanecomunque sensibile alla qualità e all’efficacia delprodotto.

Recentemente avete allargato la vostra esperienza auna nuova tipologia di materiali per la pulizia: i panni inmicrofibra. Quale importanza ha avuto, nella vostrastoria d’impresa, la ricerca e lo sviluppo di nuovesoluzioni tecnologiche?Questa nostra scelta è stata guidata esclusivamente dalmutato orientamento delle richieste del mercato, che esigonol’implementazione della proposta di prodotti “normali” conprodotti definiti “tecnologici” cioè con caratteristicheintrinseche e di utilizzo diverse dal “vissuto” tradizionale. Nellafattispecie i panni microfibre sono il risultato di unapprofondito processo di R&D che ne ha definito lecaratteristiche strutturali e prestazionali al fine di svilupparepeculiarità uniche rispetto alle referenze dei principali

L’innovazione applicata ai prodotti per la casa: dalla price competition alla microfibra, la storia di Arix S.p.A.

Intervista all’amministratore delegato Daniele Silvano Melegari.

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competitors. Arix è stata l’ultima azienda del settore adintegrare l’assortimento con questa nuova linea di articoli,volendo penetrare questo mercato specifico solo dopo averneconsolidato la tipologia e la praticità/efficacia di utilizzo.

La certificazione del sistema qualità è una scelta cheArix pubblicizza anche all’esterno. Quali benefici haportato in termini di miglioramento nel funzionamentodell’organizzazione aziendale?La certificazione conseguita nel 1995, da un lato ha costituitoun forte “segnale” di diversificazione nel mercato diriferimento, dall’altro questo importante passaggio hacontribuito al governo e al coordinamento delle funzioniaziendali e dell'intera filiera produttiva nel momento dimassima espansione e crescita dell'azienda, permettendosignificativi miglioramenti in termini di ottimizzazione erazionalizzazione organizzative. Tutte le aziende partecipate direttamente o indirettamente daArix sono certificate ISO 9001 e/o ISO 14001: inoltre, nelsistema di certificazione è stato integrato il protocollo OHSAS18001 concernente le politiche a favore della sicurezza e dellasalute dei lavoratori (SSL).

Il vostro successo è andato a incidere su un mercatopresidiato da una forte concorrenza internazionale.Innovazione di prodotto, comunicazione, prezzo: qualisono stati gli elementi chiave della vostra affermazione?In un mercato fortemente competitivo e presidiato dagrandi multinazionali, abbiamo conseguito risultati più cheeloquenti puntando innanzitutto sull’innovazione,supportata da importanti investimenti tecnologici, che haconsentito ad Arix di proporre un’offerta assortimentale conun rapporto qualità/prezzo unico, in molti casi difficilmentereplicabile dai nostri competitors. Nonostante queste scelteabbiano comportato un ridimensionamento delle attività di“comunicazione” dell’azienda, che richiedono un“investment plannig” ingente e necessariamentecontinuativo, tuttavia abbiamo investito in marketingstrettamente operativo (focus sul prodotto, packaging,materiale pop etc…) e abbiamo collaborato con leprincipali insegne della DO e GDO per sviluppare una fortedinamicità sul punto vendita, per garantire una maggiorerotazione del prodotto a scaffale e una maggiorefidelizzazione del consumatore al nostro marchio, conripercussioni positive sui flussi del sell-in e del sell-out.Da ultimo, non dimentichiamo che Arix Polska, lostabilimento inaugurato in Polonia nel 2000, si è

confermato come importante avamposto produttivo estrategico per il business development non solo nel mercatopolacco ma in tutti i paesi dell'est europeo, caratterizzati dauna forte crescita dei consumi.

Arix è un’impresa presente anche sul piano sociale, consponsorizzazioni sia a favore dello sport che dellacultura. Che significato ha per voi questo impegno?Il nostro impegno nello sport, risale al 1990 con la decisione disostenere la disciplina del rugby, di cui il tratto tipico della“Forza” rimanda per associazione all’efficacia prestazionaledei nostri prodotti nelle pulizie di casa; inoltre abbiamosostenuto dalla sua prima edizione, 12 anni or sono, il famosoFestival della letteratura di Mantova, convinti della suaimportante valenza culturale e civile. Si è trattato di due sceltestrategiche di impegno sociale che hanno contribuito ad unrapporto/scambio sinergico e reciproco in termini di crescita erisultati: il rugby è uno sport nobile, portatore di grandi valoriagonistici ed umani, a cui nessuno nel nostro distretto avevariservato credito e attenzione. A noi va il merito di avercicreduto e quindi di averlo sostenuto e accompagnato lungo

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DANIELE SILVANO MELEGARI

Dopo il diploma di scuola media superiore, si iscrive a giurisprudenza, ma interrompe gli studi per assumere la direzione diun centro di formazione privato finanziato e riconosciuto dalla Regione Lombardia. Lascia l’incarico alla morte del suocero,fondatore di Arix, per occuparsi con la moglie della conduzione della società, entrando come socio e assumendo la carica diAmministratore Delegato. Successivamente, affianca a questo incarico quello di Vicepresidente di Arix spa, diventando inseguito Presidente e Amministratore Delegato di Abrax srl, Presidente di Arix Polska, Vice Presidente di Arix Canada eController della Ghizzi srl.Appassionatosi di rugby, nel 1990 è promotore della sponsorizzazione da parte di Arix del VIADANA RUGBY TEAM,divenendone il presidente e seguendolo nell’ascesa che dalla serie B lo ha visto affermarsi ai vertici della massima categoriadel campionato nazionale di eccellenza, il “SUPER 10”, conquistando importantissimi risultati e piazzamenti a livello nazionalee internazionale: uno scudetto del campionato “SUPER 10”, tre coppe Italia, una finale in Coppa Europa.

SI, facendo un’analisi, credo che vent’anni fa non avrei maipotuto immaginare quanto si è verificato nel mondo in terminidi globalizzazione ma nemmeno avrei pensato di poterinsediare uno stabilimento (Abrax Srl, 1996) dedicato allaproduzione di fibre abrasive, per uso casalingo eprofessionale, in grado di soddisfare non solo i nostrifabbisogni produttivi interni ma anche quelli dei varicompetitors nel mondo, creando nuovo business; mai avreiimmaginato di poter realizzare uno stabilimento in Polonia(Arix Polska, 1999), con oltre 120 operai, per coprire i mercatidell’est europeo così come il ricorso al riciclo del PET,comunemente impiegato per le bottiglie di plastica, nellaproduzione del filato utilizzato per le setole delle nostre scope.Tutto questo non sarebbe stato possibile se l’Europa non sifosse allargata (in seguito alla “caduta” del muro di Berlino),se i mercati non si fossero globalizzati nonostante le guerre ele tensioni etniche che in questi ultimi decenni hannosicuramente condizionato la nostra vita, i nostri consumi, inostri viaggi e conseguentemente i nostri investimenti.n

tutti questi anni, contribuendo a farne la realtà sportiva dimaggior successo su un territorio che si allarga alle provincelimitrofe di Parma, Reggio E. e Cremona: una notorietàalimentata da un palmares invidiabile di performances sulcampo, non solo a livello nazionale (3 Coppe Italia e unafinale, 1 scudetto e una finale), ma anche internazionale(finale di Coppa Europa).

Guardando alla vostra esperienza di impresa, quali sonostati i cambiamenti, le innovazioni fondamentaliintrodotte in questo periodo? E se torna a come eravatevent’anni fa, c’è un obiettivo di sviluppo, tecnologico,organizzativo o d’altro genere che allora non avresteneppure potuto immaginare?

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Prof. Schaff, il gruppo TÜV SÜD ha vissutonotevoli trasformazioni negli ultimi due decenni.A Suo modo di vedere, qual è la strategiagenerale che ha ispirato questi cambiamenti, equali sono i settori nei quali il gruppo haraccolto in questo periodo i maggiori successi?

Negli ultimi vent’anni l’ex TÜV Bayern si è andatotrasformando in un gruppo di dimensioni sempre piùinternazionali, fino a raggiungere un fatturato dioltre 1,3 miliardi di euro. Per arrivare ad ottenerequesti risultati, TÜV SÜD AG, che ha avuto originedalla fusione di diversi TÜV, ha abbandonato, da unpunto di vista societario, la sua forma diassociazione ed oggi è presente a livellointernazionale con numerose filiali locali. In questatrasformazione è stata decisiva la strategia del“one stop shopping” portata avanti negli anniNovanta da TÜV Product Service, che ha permessodi offrire, a livello internazionale, a clientiinizialmente interessati solo alle verifiche diprodotto, un pacchetto molto più ampio di servizicome le certificazioni dei sistemi di gestione, laformazione, eccetera.

Anche la sua esperienza personale comemanager nel gruppo TÜV SÜD è ormai quasiventennale. Dal punto di vista professionale,quali sono le esperienze fatte in questo lungoperiodo, che considera maggiormentesignificative?

“Think global act local”: questo slogan, chepotrebbe essere giudicato piuttosto banale,rappresenta invece dal nostro punto di vista unastrategia vincente. Ma non bisogna trascurare altrestrategie che si rendono necessarie a livello locale,come, per esempio, la produzione nei singoli paesi,di materiali di comunicazione “ad hoc” come

brochures, leaflet ed altro ancora, che devono peròmantenere sempre la “corporate identity”. Questoconcetto di uniformità non si limita solo allastruttura, ma anche alla sostanza, nelcomportamento, mentre portiamo avanti le nostreattività di verifica. Si tratta di continuare amantenere un nome che da oltre centoquaranta anniè garanzia di sicurezza e qualità!

Certificazione di sistema, certificazioniindustriali, sicurezza alimentare, sanità, settoriinnovativi come l’ambiente, l’energia, laresponsabilità sociale o la valutazione delle reticommerciali: qual è, secondo Lei, nella gammavastissima della attività svolte dal gruppo TÜVSÜD, il settore oggi suscettibile di maggiorisviluppi futuri?

Potenzialmente Life Science, salute ed energia.Vorrei però spiegarmi meglio: non solo la crescitaè decisiva, ma deve creare anche profitto. Quindiai nostri settori di attività più tradizionali , chestanno vivendo un momento di forteconcorrenzialità, devono essere affiancate altreattività legate a settori in forte crescita, a l ivellomondiale, come quelle nell ’ambito “Life Science”,dove stiamo facendo, come gruppo, fortiinvestimenti. Inoltre, i l fattore “persona” nelleorganizzazioni, oggi si trova sempre più al centrodi r if lessioni per l ’ottimizzazione dei processi, laminimizzazione del r ischio e una migliore gestionedella sicurezza. Vediamo sui mercati unacrescente richiesta di questi nostri servizi . Essi,tuttavia, non sostituiranno le classiche attivitàche svolgiamo nel settore industriale, ma leandranno progressivamente ad integrare. Lasicurezza è sempre più un problema olistico, alquale occorre avvicinarsi affrontandolo da diversipunti di vista. Naturalmente l ’approccio eticonell ’azienda non è affrontabile con lo stessocriterio uti l izzato nelle ispezioni tecniche sullasicurezza. In questo campo ci troviamo comeall’ inizio della nostra attività, centoquaranta annifa, e solo se uti l izzeremo nuove tecniche diapproccio saremo in grado di continuara acrescere nei prossimi dieci anni.

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ffIl futuro: Life Science,salute ed energia

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TÜV Italia celebra quest’anno il suo ventennale.Si tratta di una realtà in costante crescita, cheha saputo confrontarsi sia con il mondoindustriale sia con altri settori dell’impresaitaliana, conquistando spazi di mercato semprepiù ampi, aprendone di nuovi e diventando unpunto di riferimento importante per migliaia diaziende. Qual è il suo giudizio sulla stradapercorsa dall’Ente in Italia e sulle sueprospettive future?

Questi venti anni di TÜV Italia sono staticaratterizzati da ottimi risultati e da un notevolesviluppo. Prima di tutto siamo riusciti ad acquisireeccellenti collaboratori che fanno il successodell’ente. La vicinanza ai clienti, grazie ad unabuona copertura del territorio, l’alto livelloprofessionale, tutte queste cose unite alle sinergieinternazionali, sono elementi che fanno del nostroGruppo una realtà attraente per i nostri collaboratorie per i nostri clienti. TÜV SÜD è attualmente unadelle poche aziende che ha al suo interno esperti ingrado di rispondere a quasi tutte le richieste delmercato. Talvolta, la cosa difficile è trovarli in unarco di tempo ragionevole.

In questo numero speciale dell’edizione italianadel TÜV Journal, dedicato al ventennaledell’ente in Italia, concentriamo la nostraattenzione proprio sulle trasformazioniavvenute, in particolare nel nostro paese, negli

ultimi vent’anni: nell’industria, nell’imprenditoriain generale, nel mondo economico, e nei diversicampi specifici della qualità, della sicurezza, delmiglioramento organizzativo. Se torna con lamemoria a vent’anni fa, qual è il cambiamentopiù sorprendente che ha visto accadere attornoa noi?

Il passaggio da una società dominata dalla tecnicaad una più orientata verso il valore dell’”uomo”,anche se ancora ci rifiutiamo di crederlo! n

PROF. DR. PETER SCHAFF

Conseguita la laurea in medicina, si specializza in Medicina dello sport e contemporneamente esercita la professionemedica. Nel 1987 vince una borsa di studio dell’Università della Pennsylvania e si trasferisce negli USA dove si specializza iningegneria biomeccanica. Nel 1989 torna in Europa ed entra nell’allora gruppo TÜV Bayern come Direttore del laboratorio dibiomeccanica di TÜV Product Service. Parallelamente continua gli studi manageriali in economia aziendale e nel 1999consegue la laurea ADP (Accelerated Development Program) presso la London Business School. Nello stesso anno diventadirettore, per la Germania, di 3 aziende del gruppo: TÜV Product Service, TÜV Management Service e Mikes GmbH. Nel 2000è nominato Direttore di TÜV Management Service a livello internazionale e AD della stessa società per la Germania. Dal2005 è capo dell’area “People“ del gruppo TÜV SÜD, che raggruppa TÜV SÜD Akademie, TÜV SÜD Management Service eTÜV SÜD Life Service. Nel 2006 promuove l’acquisizione di Lufthansa LSG Hygiene Institut e il suo inserimento all’internodell’area Life Service. È Presidente di TÜV Italia dal 29 aprile 2005.

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el nostro viaggio nel tempo attraverso ivent’anni di TÜV Italia, una costante ci ha

accompagnato: lo sforzo dell’ente di organizzarepersone, know how e strutture in modo da offrireuna partnership, un supporto a 360 gradi per ogniesigenza del mondo delle imprese, ma restando unaparte terza, affidabile per la sua indipendenza e ilrispetto rigoroso delle regole. La più recenteapplicazione di questa filosofia è TÜV SÜDFormazione, una società del gruppo che ha il compitodi elaborare progetti per la formazione finanziata,rafforzando così la presenza sul mercato di TÜVAkademie, la divisione Formazione dell’ente dicertificazione. Ideatore del progetto è FrancoFontana, direttore della divisione.

“Dal 2002 TÜV Akademie si è sviluppataattraverso l’impegno di Maria Fernandez, attualeresponsabile organizzativo. La divisione, partita conpochi corsi, ha visto una progressione del 20% circaannuo, una crescita molto forte, importante. Oggi hadecine di corsi, quasi un centinaio a catalogo, tuttimolto tecnici e sempre riconducibili alle norme, allenostre competenze. Quando nel settembre 2007 sonoentrato in TÜV, avevo in testa un’idea per lo sviluppodel settore, della quale avevamo discusso con TÜVItalia fin dal 1999. Ho lavorato seguendo quell’idea,che ritengo ancora estremamente valida: affiancareal servizio della formazione questa nuova iniziativadi progettazione per la formazione finanziata”.

Lo sviluppo di TÜV Akademie ha trovato un suoequilibrio e una sua identità coerenti con la missiondell’ente, tiene a precisare Fontana. Abbiamo unaconnotazione tecnica e abbiamo deciso di mantenerequesta impostazione, valorizzando il nostro knowhow riconosciuto anche nei vari impianti formativi.L’obiettivo era quello di mantenere questoorientamento tecnico e soprattutto, questa secondome è la chiave importante, di mantenere sempre unarelazione diretta con le norme. Tutte le volte che c’èuna nuova norma o una legge che influisce su

standard o aspetti tecnici del nostro mondo, noicerchiamo di colmare una richiesta di mercato conun’adeguata offerta formativa”.

“Quindi supportiamo con le nostre proposte diformazione il mercato di riferimento di tutte le altredivisioni: dall’Automotive, a quella che gestisce leattività di sistema, dalla divisione che si occupa ditest e certificazione di prodotto alla divisione chesegue le molteplici attività industriali, sino anche almedicale. L’offerta formativa – e lo si vede in modoevidente dal calendario dei corsi e dal catalogo –risponde a un’esigenza di formazione tecnica cheviene dal mercato. Ma attenzione: la formazionetecnica erogata da un ente di certificazione non devemai sconfinare nel mondo della consulenza. Quindi ilpassaggio logico alla base della formazione, per noi,è che il mercato, inteso sia come l’insieme dei nostriclienti sia come altri soggetti che clienti non sono,difficilmente compra un servizio (come unacertificazione) su una nuova norma quando non sa diche cosa si tratta: ecco che, ogni qualvolta esce unanuova norma, interviene la formazione che si muoveattraverso due strumenti: i seminari, per informare, icorsi per formare. Ogni nuova norma, subito il corsoo almeno il seminario. E non è detto che a fronte diuna nuova norma ci sia un nuovo servizio di TÜVItalia, perché magari l’ambito regolato da quellanorma è valutato come non strategico dall’ente.Quindi ci si limita a fare formazione. Faccio unesempio: la certificazione energetica degli edifici èun business non consistente per gli enti dicertificazione, a causa delle regole definite dalministero, ma è interessante in termini primainformativi e poi formativi. In questo caso abbiamoorganizzato due eventi seminariali per gliamministratori di condominio”.

Riassumendo: TÜV Akademie è trasversale a tuttele divisioni di TÜV, è strumento che informa ilmercato circa novità, norme cogenti o volontarie, chedi volta in volta vengono pubblicate. Ma in qualchemisura TÜV Italia, con la formazione, scommettesulla sua ambizione e capacità di rappresentare unvolano di cambiamento, di innovazione, per unsettore più ampio rispetto a quello della sua clientelapura e semplice: “Sì, il vantaggio per lo sviluppodell’ente è indiretto, non necessariamente funzionaleal ventaglio di servizi offerto da TÜV Italia al

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mercato: anzi, a volte – rivela Fontana – ci è capitatodi avere in aula anche persone appartenenti ad enticoncorrenti. La formazione in altri enti ènormalmente sottostante al marketing e allacomunicazione e non è percepita come strumento dibusiness. In TÜV si è fatta una scelta diversa chegiustifica l’esistenza di una struttura, di uno staff diback office, di un corpo docenti di un certo livello, ditutta una serie di attività”.

Veniamo a TÜV SÜD Formazione. Da qualeesigenza nasce? “TÜV Akademie è la sesta divisionedi TÜV, eroga corsi a catalogo e a calendario.L’evoluzione nasce dal fatto che alcuni enti diformazione ci hanno chiesto dei moduli da inserirenei loro corsi finanziati e che alcune aziendechiedevano se i corsi da noi proposti a catalogopotessero essere erogati presso di loro attraversofinanziamenti. Gli enti formativi accreditati, cheincassano finanziamenti, non possono subappaltare icorsi. E siccome non hanno le competenze tecniche ole tipologie di corsi che noi possediamo, subisconouna pesante limitazione. TÜV SÜD Formazione, chegià nel nome mantiene la radice tedesca e il legamecon il gruppo, ha come obiettivo quello di supportarequalsiasi cliente nel reperimento fondi a coperturaparziale o totale della formazione. Ma come funzionaquesto meccanismo? “Siamo partiti – dice Fontana –con un esperimento su noi stessi: abbiamoidentificato un partner e con questo partner abbiamopresentato un progetto per finanziare la formazioneinterna a TÜV Italia. Attraverso i fondiinterprofessionali abbiamo ottenuto un finanziamentoa copertura di una formazione tecnica, e non solo,

per tutto il personale dipendente. Operazioneripetuta con successo nove mesi dopo. Il mondo deifinanziamenti per la formazione è difficile, la chiaveè acquisire internamente le competenze sullaprogettazione del corso finanziato. È decisivo farebene il progetto da presentare al fondo che lo devefinanziare. Questo ci ha portato a una scelta: nonpeccare di presunzione, cercare un partner che nonfosse in nessun modo coinvolto nel nostro settore,che non fosse assimilabile alla consulenza legataalla certificazione qualità o ai servizi erogati da TÜVItalia, in modo da non entrare in conflitto di interessio in una situazione poco etica, poco trasparenteverso il mercato. Questo partner ha una quotaminima all’interno di TÜV SÜD Formazione, non hacompetenza sull’oggetto tecnico della formazione chenoi eroghiamo ma ce l’ha nell’individuare il migliorfondo o il miglior bando cui presentare i progetti enel riempire il formulario di ciascun bando”. Comepossono le imprese trarre vantaggio da questa nuovasruttura di TÜV Italia? “Semplice: a parte i fondi Ue,che ormai per l’Italia si stanno esaurendo, la grandemassa dei finanziamenti viene dai fondi pariteticiinterprofessionali, creati nel nostro paese con unalegge del 2001. Ne esistono circa 17, sonoemanazione di associazioni di categoria e non solo,sono associazioni libere, chiunque si può iscrivere opassare da un fondo all’altro; si fondano su unatrattenuta dello 0,30% sulla busta paga, che èsempre esistita e prima veniva girata all’Inps. Adessoquella trattenuta viene dirottata verso un fondo chel’azienda sceglie liberamente e il fondo, entro uncerto periodo di tempo, deve restituire quei soldi a

FRANCO FONTANA

Dopo la laurea in Scienze Politiche Economiche all’Università di Bologna, nel 1995 inizia l’attivitàprofessionale nell’area commerciale e di project management di una primaria società internazionale diformazione e consulenza affiancandola a quella di Auditor, e poi di Lead Auditor, di Sistemi di GestioneQualità per alcuni fra i maggiori enti di certificazione operanti sul mercato. Dal 2000 al 2002 ricopre ilruolo di Business development per due società internazionali, prima nel settore IT e poi nel settorecertificazione. Da sempre interessato alla formazione, dal 2003 al 2007, fonda e gestisce una società diconsulenza finalizzata allo sviluppo di progetti aziendali ed interaziendali, con eventuale supporto difinanziamenti, acquisendo una solida esperienza nel settore. Nel 2007 entra in TÜV Italia come Direttoredella Divisione Akademie.

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chi ne fa richiesta per coprire dei fabbisogniformativi. Le aziende hanno due strade perrichiedere questi finanziamenti: o attraverso il contoformativo, che si basa sulla cifra versata durantel’anno ma, essendo una percentuale irrisoria, vabene solo per le imprese che hanno migliaia didipendenti, oppure attraverso i bandi. Se comeimprenditore mi iscrivo a un fondo, il giorno stessoposso presentare un progetto per un bando di quelfondo, indipendentemente da quanto ho versato. Quiperò subentrano le difficoltà: la parte burocraticanecessaria per attingere alle risorse è complicata. Eallora entra in campo la nostra competenza: cioccupiamo noi della parte burocratica legata alladomanda. Ma l’aspetto più interessante di questosistema risiede in una terza possibilità, oltre aibandi e al conto formativo: i progetti interaziendali.Tante aziende che hanno il medesimo fabbisogno diformazione, possono essere coalizzate da TÜV SÜDFormazione per realizzare dei corsi comuni. È ilnostro reale obiettivo, va a ricalcare in modopuntuale il concetto alla base di un catalogo corsi:non faccio il progetto per la singola azienda ma hotante aziende che vengono a un mio corso. Con ladifferenza che il corso è finanziato e gli appartiene,e non devono fare nemmeno il progetto. Con un po’di attenzione le aziende partecipano a costo zero ocon una quota minima. L’obiettivo della nostra nuovasocietà è quello di portare a finanziabilità l’interocatalogo dei nostri corsi”.

Qual è la dimensione di questo mercato? “Il67%-68% delle aziende italiane – spiega ancora ildirettore della divisione Formazione – non ha ancorasottoscritto nessun fondo interprofessionale, quindiil potenziale è enorme. Del 32%-33% che hasottoscritto qualche fondo, una metà circa lo hafatto coscientemente; non è detto che sappia comesi usa, ma sa di poterlo usare. Il restante 50% nonsa neanche di averlo sottoscritto, magari gliel’hafatto in automatico il consulente del lavoro ol’associazione di categoria. Ci sono moltissimiimprenditori che non sanno di essere già dentro un

SÜD Formazione dovrà innazitutto capire che fondihanno sottoscritto i nostri clienti e, più in generale,le imprese. Una volta fatta questa sorta di anagrafe,possiamo metterli insieme e fare un progetto per

quelli che sono interessati. Ma naturalmente èfondamentale l’analisi del fabbisogno formativo”. Percomunicare tutte queste novità, annuncia Fontana, “èdisponibile il nuovo sito di Akademie eprossimamente lo sarà anche quello di TÜV SÜDFormazione. Poi abbiamo in mente seminari gratuitiper spiegare alle imprese il mondo deifinanziamenti”. n

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meccanismo così interessante. Per crescere, TÜV

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ata all’inizio degli anni ’90 per la produzione di pizzeda pizzeria surgelate è da sempre, per la qualità dei

suoi prodotti, leader del settore. La società è la terza realtàcasertana in ambito alimentare per volume di affari e laseconda per numero di dipendenti”. Il direttore generale diAZ - Surgelati, Girolamo Morano, ci illustra in sintesi i datiessenziali su una impresa cha dal sud Italia è partitaall’assalto dei mercati mondiali.“Nel 2006 AZ Surgelati è stato uno dei cento casi di successodel Sistema Italia ed una delle 10 aziende della RegioneCampania censita nel rapporto Eurispes “Nostra Eccellenza”.

Lo stabilimento è ubicato nell’agglomerato industrialeSan Marco di Marcianise in provincia di Caserta. Ilcomplesso industriale è costruito su una superficiecomplessiva di circa 20.000 mq di cui 11.000 mq coperti.Nello stabilimento sono inserite:• tre linee industriali con una capacità totale oraria, basepizza, di 12.000 pezzi;• un caseificio con una capacità produttiva oraria di 1tons di mozzarella.

Lo stabilimento è dotato di tutte le autorizzazioninecessarie alla produzione ed è certificato a norme UNIISO 9001 e 14001 e secondo gli standard internazionaliBRC ed IFS. In stabilimento operano circa 160 dipendentidi cui 120 diretti di produzione e 40 indiretti. Lostabilimento è strutturato rispetto all’attuale governance,con tutte le funzioni necessarie alla corretta gestione diuna realtà industriale.

Il Presidente del C.d.A., sig. Guido Valetti, coordina leattività commerciali e di marketing presiedendo ad unastruttura operativa suddivisa in Italia ed Estero. Il DirettoreGenerale, dott. Girolamo Morano, è supportato da:• un Responsabile dell’Assicurazione Qualità/Ricerca e

Sviluppo (dott.ssa Assunta Aulicino);• un Responsabile di Stabilimento (ing. Corrado De Falco);• un Responsabile del Controllo Qualità (sig. Luigi

Martusciello);• un Responsabile Amministrativo (sig.ra Angela Golino);• un Responsabile della Pianificazione (sig.ra Lina

Montanaro);

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Prodotto industriale,qualità artigianale

Azienda leader della pizza surgelata,

AZ - Surgelati si confronta con

successo con il mondo competitivo

della grande distribuzione organizzata.

Sicurezza alimentare, controllo su

materie prime e prodotti, innovazione.

Intervista al direttore generale

Girolamo Morano.

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• un Responsabile degli Acquisti (ing. Francesca Scippa).La Società, tra marchi propri e private label, detiene

quasi il 30% della quota del mercato nazionale dellapizza venduta dalla grande distribuzione, di cui il 15%circa di marchi propri. Il catering rappresenta il 21% deivolumi di vendita ed il retail il 79%. Le esportazionirappresentano il 20% dei volumi. L’azienda è presente inSvizzera, Belgio, Austria, Olanda, Germania, Danimarca,Penisola Scandinava, Giappone Croazia, Australia,Grecia e Stati Uniti.

Dottor Morano, nello stabilimento che lei dirigeproducete soprattutto pizze surgelate. Come si conciliala tradizione con la produzione industriale? Cosaconservate dell’antica sapienza manuale del pizzaiolo?Il nostro percorso di industrializzazione della pizza surgelatanon ha mai perso di vista i capisaldi dell’artigianalità. Ogniattività di innovazione tecnologica viene intercalata nellatradizione del prodotto, cercando di non stravolgerne glielementi base. A dimostrazione del rispetto della tradizione,in questo ultimo anno è stata introdotta una nuova linea diproduzione con un forno di cottura a legna dotato di unsistema di trasporto a piastrelle di pietra.

La pizza è considerata in tutto il mondo il prodottoalimentare italiano per eccellenza, insieme alla pasta.Italia a parte, quali sono i mercati che giudicate piùinteressanti per lo sviluppo del vostro business?Fino a qualche anno fa la nostra società ha sviluppato ilmercato nazionale conquistando una share moltoimportante. Nell’ultimo periodo stiamo allargando l’orizzonte

commerciale sviluppando alcuni progetti all’estero, inparticolare nell’Estremo Oriente, in Nord Europa e negli StatiUniti. Da questi paesi ci aspettiamo risultati commercialimolto importanti.

Per essere competitivi oggi sui mercati, nel vostrosettore bisogna rispondere alla crescente domanda disicurezza alimentare dei consumatori. Un’innovazioneimportante da voi introdotta, quindi, è stata l’adozionedei due più importanti standard internazionali dicertificazione agroalimentare: Ifs e Brc Food. Cosahanno comportato per voi, per i fornitori e per leaziende vostre clienti?Per la nostra società l’applicazione di questi standard non hacomportato un grosso sforzo in quanto molti aspetti eranogià puntualmente applicati nel nostro sistema azienda.L’adozione ufficiale degli standard ha dato consapevolezzaalla nostra organizzazione del lavoro già svolto ed hacompletato il nostro percorso ufficializzandolo.Tale evoluzione ha coinvolto ovviamente i nostri fornitori. Lamaggior parte era già stata qualificata con standard interni.Tutti hanno facilitato il percorso intrapreso e taluni hannoaderito loro stessi ai medesimi standard.

Tra i vostri clienti ci sono quasi tutti i maggiori gruppidella grande distribuzione organizzata. Avete già avutoriscontri positivi per la vostra scelta di completaredegli impegnativi percorsi di certificazione?I nostri clienti hanno accolto con grande soddisfazione ilnostro percorso di certificazione. La GrandeDistribuzione, specie quella nazionale, ha mantenuto, in

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GIROLAMO MORANO

Dopo la laurea in chimica industriale, inizia alcune esperienze accademiche presso i Dipartimenti di Chimica e diIngegneria Chimica dell'Università Federico II di Napoli. Successivamente entra in azienda, lavorando per circa undecennio all'interno di un gruppo industriale attivo nella produzione di derrate alimentari surgelate, con incarichidiversi, tecnici e commerciali, fino a diventarne Direttore di Stabilimento. Nel 1998 entra come Direttore diStabilimento in AZ Surgelati di cui oggi è Direttore Generale.

questa prima fase, gli stessi percorsi di qualifica econtrollo precedenti la certificazione. Alcuni hanno giàpreannunciato per il prossimo futuro un calendario menofitto di verifiche e controlli.

La ricerca della sicurezza, nel vostro caso, non silimita alla certificazione dei processi: il vostrolaboratorio interno si occupa delle verifiche sulprodotto. Come è organizzato e quali sono i suoicompiti specifici?Noi abbiamo diviso l’Assicurazione Qualità dal ControlloQualità assegnando ad ognuno responsabilità specifiche,diversificate nel campo d’azione.Il laboratorio interno, iscritto al circuito QMinternazionale per la validazione dei parametrimicrobiologici, effettua controlli di processo e diprodotto. La sorveglianza in continuo del processo, ed icontrolli su materie prime e prodotti finiti, sonodemandati a tecnici opportunamente specializzati. Inlaboratorio vengono effettuate determinazionimerceologiche, chimico/fisiche, microbiologiche (anchesui patogeni) ed organolettiche.

L’attenzione di TÜV Journal si sofferma spesso suglielementi di innovazione che le imprese introducononei loro processi e nei prodotti. E anche se è difficileimmaginare un prodotto di più solida tradizione dellapizza, voi avete un attivo reparto ricerche e sviluppo.Di cosa si occupa?Costantemente di innovazione di prodotto e di processo.Vengono sviluppati e presentati ai clienti prodottiinnovativi per composizione, forma ed utilizzo. Il nostromondo non è solo la pizza ma è rappresentato da tantiprodotti ripieni e da prodotti indirizzati al take-away. Unapizza a forma di cornucopia, consumabile mentre sipasseggia, denominata “Pizza passeggio o Walking Pizza”

è l’ultima nata tra le nostre innovazioni. Per quanto concerne l’innovazione di processo, oltreall’attività interna, sono stati realizzati alcuni progetti diricerca in collaborazione con l’Università di Napoli. Èstato così sviluppato il processo di produzione dellanostra mozzarella che viene sparsa direttamente sullapizza ed è stato messo a punto un processo per laproduzione di prodotti ripieni conservati in atmosferaprotettiva. Attualmente stiamo lavorato su un innovativoprocesso di impasto e lievitazione.

Guardando alla vostra esperienza di impresa, qualisono stati i cambiamenti, le innovazioni fondamentaliintrodotte in questo periodo? E se torna a comeeravate vent’anni fa, o comunque negli anni passati,c’è un obiettivo di sviluppo, tecnologico, organizzativo,o d’altro genere, che non avreste neppure potutoimmaginare di raggiungere?La nostra azienda è nata come poco più di un laboratorioartigiano. Un pizzaiolo ha messo a punto la surgelazionedelle pizze da pizzeria. Oggi siamo un industria che, purmantenendo invariata la stessa cultura di prodotto, haraggiunto volumi di vendita di tutto rispetto.Ricordo che nel 1998 producevamo 6.000 pezzi ora percinque turni a settimana. Nella prima parte di quest’annosi è arrivati a toccare punte di 12.000 pizze ore per 17turni a settimana senza interruzioni. Non avrei maiimmaginato che il mio stabilimento sarebbe stato in gradodi effettuare questo salto organizzativo e produttivo incosì poco tempo. Tutto ciò è frutto di uno sforzo comune,di tutti i nostri collaboratori, che con amore e passionehanno creduto nella nostra sfida industriale e hannoperseguito i nostri stessi obbiettivi. Io ritengo che la miaazienda non ha finito di stupirmi e che, nel prossimofuturo, mi darà delle soddisfazioni che oggi non riesconeanche ad immaginare. n

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o trovato un’organizzazione matura, che havissuto una grande trasformazione nei dieci

anni precedenti alla mia assunzione della carica diamministratore delegato. Una trasformazionerealizzata nell’ampliamento del ventaglio dei servizidisponibili e nell’integrazione delle competenze,con un robusto inserimento di persone nuovenell’ultimo decennio e con la progressiva aperturadi sedi, a copertura dell’intero territorio nazionale,che prima non avevamo”. Con questo impegnativobiglietto da visita si misura dal 2007 l’impegno diAndrea Vivi, attuale numero uno di TÜV Italia. Nonsi tratta di un neofita. In altre rilevanti posizioni diresponsabilità, Vivi ha attraversato l’ultimodecennio in azienda, periodo che lui stesso descrivecome di “grande trasformazione”: un organismotecnico, legato a una antica e solidissimacollaborazione con il mondo industriale, haallargato i sui orizzonti ed è diventato partner diogni genere di impresa e struttura pubblica oprivata. Un partner per perseguire gli obiettividell’evoluzione produttiva, della sicurezza, delmiglioramento organizzativo.

A Vivi, naturalmente, è affidata l’ultima partedel nostro viaggio nel ventennale di TÜV Italia: ilpunto sul presente e uno sguardo alla prospettivache si apre sul futuro. “Oggi – racconta Vivi – ilmio obiettivo è lavorare al completamento delprogetto del mio predecessore. Partiamo da unapresenza in Italia invidiabile, che consente diguardare al futuro con un realistico ottimismo, maovviamente ci sono ancora delle cose da fare perrinnovarci, per essere più competitivi. La linea disviluppo seguita negli ultimi anni ci consente dioffrire sempre più servizi. Per non parlare solo ingenerale, faccio subito un esempio di servizioinnovativo: il Mystery Audit. Dove c'è un clientefinale che usufruisce di un servizio (hotel, catenedel lusso, grande distribuzione) si fa unasimulazione: l’auditor non si presenta al personale

come tale, ma come un qualsiasi consumatore evaluta l’organizzazione sulla base di una precisacheck-list, ovviamente concordata preventivamentecon il cliente. Uno sviluppo recente per noi, ma noncerto l’unico. Oggi siamo posizionati in modosempre più consistente in diverse aree di mercatoinnovative, come l’ambiente e l’energia, la sicurezzanei suoi molteplici aspetti, e – ultimo fioreall’occhiello – i modelli organizzativi evoluti. Con ilnostro progetto Profile Audit possiamoaccompagnare le imprese alla ricercadell’eccellenza organizzativa. È una vera e propriaguida da utilizzare per un’analisi approfondita dellaperformance del sistema organizzativo aziendale:non solo controllo economico, ma anche controllostrategico finalizzato alla realizzazione di beneficifinanziari ed economici. In sostanza, una verificadella capacità della struttura aziendale di tradurrein risultati di business gli obiettivi di sviluppofissati dal management. Ma è importante dire cheProfile Audit nasce in una divisione che rischiava dirimanere ancorata solo alla norma ISO 9001 einvece mette a disposizione delle organizzazionievolute uno strumento avanzato di valutazione. È ilsegno della nostra ricerca: mettere a disposizionedel mercato servizi e prodotti sempre più completi,non seguire il semplice aggiornamento normativo”.

Vivi racconta, insomma, un presente per TÜVItalia in continua evoluzione: “In qualche casoapriamo veri e propri nuovi spazi di mercato, di fattocomunque sperimentiamo e consolidiamocostantemente nuove linee di servizio. Lo facciamocon sempre più dinamismo ma con un elemento dicontinuità, la scelta di puntare sul valore dellepersone. Anche nell’ultimo anno lo abbiamo fatto,acquisendo nuove figure professionali, inserendonuovi colleghi. A livello politico o di stampa si parlasempre di una economia arretrata, ma ci sonosettori in cui invece eccelliamo: basti pensare allaproduzione dei beni industriali. L’Italia in questocampo è fortissima, siamo la terza nazione al mondoma con trend di crescita decisamente superiori aquelli di Germania e Giappone. Il mondo dellacomponentistica è molto sviluppato, e anche inproduzioni classiche come materiali e metalli,vediamo ancora oggi una vivacità e una capacità dicompetere a livello mondiale, che fanno ben sperare

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per il futuro dell’industria italiana. Io sono ottimistaper natura, ma lo sono ancor di più nel vedere chele aziende italiane riescono a stare sul mercato inmodo competitivo. E noi lo vediamo anche dallanostra attività, perché non c'è un calo dellecertificazioni. Sempre più le aziende per qualificaresistemi e prodotti si rivolgono alla nostraorganizzazione.

Tornando a guardare in casa TÜV Italia, alprofilo che oggi il gruppo offre al nostro mercatodomestico, “mi rendo conto – dice Vivi – che ilvalore aggiunto che ha TÜV Italia, e che siamoriusciti a consolidare, è la capacità di coniugare ilfamoso slogan sistema e prodotto: anche se moltiabusano di questo slogan, questa situazione non ècosì comune nel nostro settore. Per noi non èimmagine, ma realtà: si vede nei risultati, perchéTÜV Italia ha un 40% di fatturato legato ai sistemi eun 60% legato al prodotto. La nostra offerta ècomplementare, incontra i clienti su più fronti, ecrea un effetto moltiplicatore. Qualche esempio?Può ottenere un concreto supporto da noi se deveapprocciare mercati internazionali e adeguarsi anormative particolari, se vuole fare un salto diqualità nella sua efficienza organizzativa, seintraprende un percorso per il raggiungimento diobiettivi di sicurezza (sulle linee produttive,nell’informatica, nella gestione delle informazioni,eccetera). E ancora: se deve fare delle prove suimateriali che acquista o sui prodotti che realizza, sedeve controllare il funzionamento della sua rete di

vendita o verificare l’affidabilità di un fornitore, sevuole presentarsi ai consumatori con un profilo diresponsabilità sociale o se vuole valorizzare la suacapacità di rispettare l’ambiente. Ecco perché noi ciconsideriamo non più un mero fornitore del serviziodi certificazione ma un vero e proprio partner perqualsiasi azienda”.

Naturalmente queste considerazioni generali noncancellano il fatto che anche TÜV Italia ha un suoposizionamento preciso e vanta una leadership inalcuni settori: “Sicuramente nella certificazione disistema e in quella industriale. Ma vogliamoraggiungere posizioni altrettanto rilevanti in alcunisettori innovativi che crediamo abbiano grandipossibilità di crescita: tutto ciò che è connesso conl’ambiente, l’energia prodotta da fonti rinnovabili ela gestione del rischio. Quest’ultimo è un temalegato ai sistemi di gestione ma anche alfunzionamento degli impianti industriali, ed è untema purtroppo attuale, anche a causa del tragicoandamento degli incidenti sul lavoro. Nondimentichiamo che la parola chiave per TÜV, findalla sua nascita un secolo e mezzo fa, è semprestata la sicurezza. Tutte le certificazioni di prodottosono sempre state legate all’uso del prodotto incondizioni di rischio. Dal punto di vista del mercato,la consapevolezza dell’importanza della sicurezza inogni campo cresce, e questo per noi è motivo disoddisfazione. Purtroppo in Italia se ne parlasoprattutto perché ci sono tanti incidenti, ma è unacultura che si sta sviluppando e noi abbiamo le

ANDREA VIVI

Conseguita la laurea in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano inizia la sua carriera professionale in aziendemanifatturiere nell’ambito della produzione. Dal 1994 al 1998 opera all’interno di un importante Organismo di Certificazioneed Ispezione, uno dei leader a livello internazionale e nazionale, con significative esperienze come Valutatore nei Sistemi diGestione Aziendale, prima nella sede di Milano quindi, dal 1996, in quella di Bologna. Nel 1998 entra in TÜV Italia doveinizialmente apre la filiale di Bologna, abbinando al ruolo di valutatore dei Sistemi di Gestione anche quello di Area-Managerper l’area Centro-Nord Italia. Negli anni trascorsi presso la sede bolognese, prendono forma anche le attività in ambitoindustriale e nel settore medicale. Nel 2005 è nominato direttore della Divisione Management Service per il mercatoitaliano, trasferendo a Milano la sua sede di lavoro. In questo nuovo ruolo sviluppa la presenza della divisione nel Sud Italiacon l’apertura delle sedi di Bari e Catania. Nel 2007 subentra a Roberto Majocchi come Amministratore Delegato e DirettoreGenerale di TÜV Italia e dal dicembre 2008 è anche Presidente e Amministratore Delegato di TÜV SÜD Formazione, la nuovasocietà creata in Italia per il settore della formazione finanziata. Dal 2006 è Vice Presidente di AIOICI e rappresentantedell’Associazione nell’area prove, controlli, valutazioni e certificazione di Confindustria Servizi Innovativi.

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competenze e l’esperienza per accompagnarequesto sviluppo tra le imprese”.

“Anche tutto ciò che concerne l’ambiente civede sempre più protagonisti. Tutti noi, come esseriumani, il problema della sicurezza ambientale loviviamo in prima persona, ma l’ambiente in realtà èmolto legato anche a un concetto innovativo sulquale da qualche anno stiamo lavorando, quellodegli stakeholders, dei cosiddetti portatori diinteresse. Imprese, amministrazioni pubbliche,consumatori, tutti questi soggetti concorrono aformare il contesto in cui siamo collocati e nelquale si sviluppa l’interesse all’innovazione e

crescono nuovi mercati. Ecco perché nelle energierinnovabili, come l’eolico o il solare, TÜV Italia è inprima fila. E per noi sta diventando una delleattività prevalenti”. Vivi non nasconde che losviluppo di questi settori è ancora ai primi passi:“Sicuramente – dice – l’Italia su questi temi arrivasempre con una certa inerzia, ma a cavallo fra il2007 e il 2008 la questione delle fonti energetichealternative è diventata di grande attualità, graziealla crescita costante dei prezzi dei combustibilifossili e all’urgenza di rispondere agli impegniinternazionali in materia di riduzione dei gas serra”.

Il concetto chiave sul quale si lavora in TÜV è

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l’innovazione: “Mi fa piacere evidenziare –sottolinea l’amministratore delegato – che TÜVItalia ha deciso affidare la stampa della propriarivista a una azienda che ha trasformato le logicheambientali e del rispetto dell’ambiente da unpossibile costo industriale in una opportunità dibusiness. Oggi il valore di un prodotto è anchemisurato dal valore dell’azienda che lo produce, e ilmercato è sempre più un mercato informato,consapevole, che chiede di scegliere. Il rispettodell’ambiente (ma il discorso si potrebbe allargarepiù in generale alla responsabilità socialed’impresa, sempre più considerata soprattutto a

livello internazionale) è uno dei metri di giudizio cheorientano i consumatori e quindi possonodeterminare il successo o l’insuccesso di unaazienda. Certo, per trasformare i costi inopportunità, i vincoli in profitto, ci voglionoimprenditori illuminati e coraggiosi, ma i modellipositivi ci sono. E saranno gli innovatori, comesempre accade, a trascinare il cambiamento. Inquesto numero speciale del nostro magazineabbiamo cercato di individuare degli imprenditoriche abbiano fatto, come noi, un percorso che liportasse a competere sui mercati nazionali einternazionali attraverso scelte di innovazione”.

Ambiente e sicurezza, in ogni caso, hannoanimato in questi anni il dibattito nel mondo delleimprese, dell’informazione e della politica. C’è chimette maggiormente l’accento sulla necessità diavere norme più restrittive, ma un ruolo decisivo logioca la formazione. “È ovvio – dice il numero unodi TÜV Italia – che come organo tecnico noi siamocoinvolti innanzitutto nella verifica della correttaapplicazione delle norme. Il problema però è che unquadro normativo troppo ricco di regole crea quasi

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un atteggiamento di rifiuto, per cui le norme allafine non vengono applicate. Noi siamo convinti che,in qualunque quadro normativo (sia cogente che subase volontaria), alla fine le norme in materia diambiente, o in materia di sicurezza, sono norme dicomportamento delle persone. Quindi, perprogredire in questi campi occorre cambiare lacultura, adeguarsi alla nuova realtà che vede questitemi come imprescindibili. Sicuramente nellaformazione c’è spazio per questi concetti, ma c’èancora tanta strada da fare in questo senso, perchéi comportamenti delle persone non si cambianoschiacciando un pulsante. È un lavoro lento, di

coinvolgimento e sensibilizzazione. Proprio il concetto di “sensibilizzazione” è una

peculiarità del TÜV: un organismo la cui anima è laprofonda conoscenza tecnica del suo staff, si poneperò da anni il problema della diffusione di unacultura della sicurezza e della qualità ben oltre ilmondo delle imprese. “Sicuramente – spiega Vivi – seci atteniamo alle terminologie note di internet, “b tob” e “b to c” (business to business e business toconsumer) ovviamente gli organismi di certificazionesono più abituati a lavorare nel mondo b to b, maquesto porta ad una carenza di conoscenza nel mondodei consumatori. In Germania più del 90% delle

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persone sa cos’è il TÜV, è un po’ come la Coca Cola.In Italia la nostra riconoscibilità non è a quei livelli,non è nemmeno lontanamente paragonabile. E allorail nostro obiettivo è fare in modo che il mondo deiconsumatori riconosca e si avvicini ai prodotticertificati perchè più sicuri. La campagna dicomunicazione che noi abbiamo voluto impostarenasce da questa visione strategica. Si passa daun’immagine che mostra una scala che dalla finestradi una casa arriva sulla luna, quindi dall’idea dellapossibilità di coltivare un sogno (ovviamente ilriferimento è alla crescita, alle ambizioni diun’impresa) a immagini più concrete legate alla

sicurezza agroalimentare, alla sicurezza in senso lato,insomma abbiamo cercato di riassumere la filosofia ditutte le attività che facciamo, per fare capire comeincidono anche sulla vita quotidiana dei consumatori,come possono trasformare la realtà. Ad esempiol’immagine del pescecane, che normalmenterappresenta una minaccia, ma porta il giornale a unapersona comodamente sdraiata in piscina,rappresenta il concetto che il rischio è un costo chepuò essere “addomesticato”. I comportamenti di unprofessionista, di una impresa, possono incidere,positivamente o negativamente, su questi costi. Lascelta dei messaggi si è accompagnata a una scelta

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relativa alla loro collocazione: la presenza in luoghidove il consumatore può vederla, ha la funzione dicollocare il marchio TÜV al di fuori del solo mercatodelle imprese che già lo conoscono. È una politica,mi sembra, innovativa nel nostro settore, moltoingessato in genere con campagne di comunicazionelegate a slogan classici e immagini già viste. Lanostra campagna rompe un po’ gli schemi”.

Ma la comunicazione è solo uno dei terminalifra TÜV Italia e il mondo esterno. Il primo canaleattraverso cui si costruisce il rapporto con leimprese sono le persone: “In una azienda di servizi– osserva Vivi – il contributo di ogni singoloindividuo è decisivo, e noi dedichiamo grandeattenzione al tema delle risorse umane.Continuiamo a rafforzare la nostra struttura conpersone che danno contributi diversi, nuovi. Èfondamentale avere in squadra persone checapiscono come cambia il mercato, altrimenti sirimane indietro. E per noi è una sfida in più: TÜVviene da una cultura tedesca, abituata quasi adavere il monopolio su certe attività, certi servizi,certe competenze. Ma oggi lavoriamo nel liberomercato e dobbiamo essere pronti e reattivi.

L’ultima parola è dedicata ai laboratori diScarmagno, cui è riservato un ampio servizio inquesto numero della rivista: “L’acquisizione deilaboratori ex Olivetti, che risale ormai a dieci annifa, rientra nella logica che citavo prima, quella diintegrazione dei vari aspetti: TÜV non si occupasolo di sistema ma anche di prodotto e diproblematiche di mercato. Il gruppo TÜV SÜD stainvestendo molto, non solo in Italia. Programmi ditest sono partiti in modo deciso con molte catenedistributive, che acquistando prodotti sul mercato

internazionale, si affidano a noi per ogni genere diverifica. Dal campione iniziale, alla selezione delfornitore, al controllo periodico che il fornitoremantenga il livello garantito a inizio contratto,eccetera. Scarmagno è stata un'acquisizione disuccesso di cui siamo fieri, che ha dato un valoreaggiunto importante al nostro ente”. n

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TÜV Italia: Una certezza che non ha confini.