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Opal capitolo 1

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Venite sul mio blog, My Bookish Philosophy (http://mybookishphilosophy.blogspot.it/)! Questo è il primo capitolo di "Opal" di Jennifer L. Armentrout tradotto da me, perchè l'opera in Italia è ancora inedita... A breve altri capitoli

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Opal

Capitolo 1

Non ero sicura di cosa mi avesse svegliato. Il vento ululante della prima grande tormenta dell’anno si era calmato la scorsa notte e la mia camera era tranquilla. In pace. Mi girai di lato e sbattei le palpebre.

Degli occhi del colore delle foglie coperte di rugiada fissavano i miei. Occhi stranamente familiari, ma, allo stesso tempo, non brillanti come quelli di colui che amo.

Dawson.

Stringendo la coperta al petto, mi sedetti lentamente e spinsi il groviglio di capelli via dal viso. Forse stavo ancora dormendo, perché altrimenti non mi spiegavo perché Dawson, il fratello gemello del ragazzo di cui ero perdutamente, profondamente e molto probabilmente follemente innamorata era appollaiato sul bordo del mio letto.

«Ehm, è… è tutto ok?» Mi schiarii la gola, ma le parole uscirono roche, come se stessi cercando di suonare sexy e, ovviamente, stessi fallendo miseramente. Tutto il tempo che avevo urlato mentre il dottor Micheals, lo psicopatico fidanzato di mia madre, mi teneva rinchiusa in una gabbia in un magazzino, non aveva smesso di influire sulla mia voce nemmeno una settimana più tardi.

Dawson abbassò lo sguardo. Spesse ciglia nere a ventaglio, le guance spigolose molto più pallide del normale. Se avevo imparato qualcosa, Dawson era merce danneggiata.

Guardai l’orologio. Erano quasi le sei del mattino. «Come sei entrato?»

«Mi sono accomodato da solo. Tua mamma non è a casa.»

Con qualsiasi altra persona, una cosa del genere mi avrebbe spaventato a morte, ma non avevo paura di Dawson. «È bloccata a Winchester per la neve.»

Lui annuì. «Non riuscivo a dormire…. non ho dormito.»

«Per niente?»

«No. E Dee e Daemon ne sono disturbati.» Se ne stava lì e mi fissava, come se volesse che capissi ciò che non riusciva a dire a parole.

I gemelli, che cavolo, tutti, erano molto sotto pressione, aspettando che il Dipartimento delle Difesa apparisse mentre i giorni passavano da quando Dawson era scappato dalla loro prigione per Luxen. Dee stava ancora cercando di processare la morte del suo ragazzo Adam e la riapparizione del suo amato fratello. Daemon stava cercando di esserci per il fratello e di tenerlo d’occhio. E sebbene le truppe d’assalto non avevano ancora fatto irruzione nelle nostre case, nessuno di noi era rilassato.

Tutto era troppo semplice, cosa che di solito non si conclude bene.

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Qualche volta… qualche volta sentivo come se fosse stata posizionata una trappola e noi ci stessimo andando proprio contro.

«Come hai passato il tempo?» Chiesi.

«Camminando.» Disse lui, guardando fuori dalla finestra. «Non avevo mai pensato che sarei riuscito a tornare qui.»

Le cose che Dawson aveva dovuto sopportare e fare erano troppo terrificanti per anche solo pensarci.

Una fitta mi colpì il petto. Cercavo di non pensarci, perché quando lo facevo, pensavo a Daemon nella stessa posizione, e non potevo sopportarlo.

Ma Dawson… Lui aveva bisogno di qualcuno. Allungai la mano, avvolgendo le mie dita attorno al peso familiare della collana di ossidiana. «Vuoi parlarne?»

Scosse la testa, e un ciuffo di capelli arruffati gli nascosero parzialmente gli occhi. Ero più lunghi di quelli di Daemon, più ricci, e probabilmente avevano bisogno di un taglio. Dawson e Daemon erano identici, ma in quel momento, non sembravano per niente uguali, e non era solo per i capelli. «Tu mi ricordi lei… Beth.»

Non avevo idea di cosa dire. Se lui l’amava la metà di quanto io amavo Daemon… «Lo sai che è viva. L’ho vista.»

Gli occhi di Dawson incontrarono i miei. Un’incredibile tristezza e segreti erano racchiusi in profondità. «Lo so, ma lei non è più la stessa.» Fece una pausa, abbassando la testa. Lo stesso ciuffo di capelli che cadeva sempre sulla fronte di Daemon. «Tu… ami mio fratello?»

Il mio petto ebbe un’altra fitta alla desolazione della sua voce, come se si aspettasse di non amare mai più, e non potesse più crederci veramente. «Sì.»

«Mi dispiace.»

Sobbalzai indietro, perdendo la presa sulla coperta che cadde giù. «Perché ti stai scusando?»

Dawson alzò la testa, facendo uscire un sospiro stanco. Poi, muovendosi più veloce di quanto credevo fosse in grado, le sue dita sfiorarono la mia pelle, dove c’era il tenue rosa dei marchi che cerchiava entrambi i polsi per la lotta contro le manette.

Odiavo quelle macchie, pregavo per il giorno in cui sarebbero completamente scomparse. Ogni volta che le vedevo, mi ricordavo del dolore che l’onice mi aveva provocato quando premeva contro la mia pelle. La mia voce rovinata era già difficile da spiegare a mia mamma, senza contare l’improvvisa riapparizione di Dawson. Lo sguardo sulla sua faccia quando aveva visto Dawson e Daemon prima della tormenta era stata abbastanza comico, anche se sembrava contenta che il fratello che era “scappato” fosse ritornato a casa. Ma queste bellezze che dovevo nascondere con magliette a maniche lunghe? Funzionava nei mesi freddi, ma non sapevo proprio come avrei fatto a nasconderle in estate.

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«Beth aveva gli stessi marchi quando l’ho vista.» Disse Dawson tranquillamente, ritirando la mano. «È diventata molto brava a scappare, ma l’hanno sempre ripresa, e aveva sempre quei marchi. Di solito intorno al collo però.»

La nausea aumentò, e mandai giù un boccone amaro. Attorno al collo? Non potevo… «Hai… hai avuto la possibilità di vedere Beth spesso?» Sapevo che permettevano almeno una visita tra di loro mentre erano imprigionati nella struttura del Dipartimento.

«Non lo so. Il tempo non aveva molto senso per me. Sono riuscito a tenere il conto all’inizio, usando gli umani che mi portavano. Li guarivo e di solito se… vivevano, potevo contare i giorni finché tutto cadeva a pezzi. Quattro giorni.» Ritornò a fissare la finestra. Attraverso le tende che erano state tirate indietro, tutto ciò che potevo vedere era il cielo notturno e i rami coperti di neve. «Odiavano quando tutto cadeva a pezzi.»

Potevo immaginarlo. Il Dipartimento, o il Dedalo, un gruppo presumibilmente all’interno del Dipartimento, aveva fatto dell’uso di Luxen per mutare gli umani la loro missione. Qualche volta funzionava.

Qualche volta no.

Guardai Dawson, cercando di ricordare cosa Daemon e Dee avevano detto di lui. Dawson era quello buono, simpatico e affascinante, l’equivalente maschio di Dee e per niente uguale a Daemon.

Ma questo Dawson era diverso: tetro e distante. A parte non parlare con suo fratello, da quello che sapevo, non aveva detto una parola a nessuno su quello che gli era stato fatto. Matthew, il loro non ufficiale guardiano, credeva fosse meglio che nessuno insistesse per ottenere di più.

Dawson non aveva detto a nessuno nemmeno com’era scappato. Sospettavo che il dottor Michaels, quel bugiardo ratto bastardo, ci avesse messo su una pista sbagliata per darsi il tempo di scappare e che solo successivamente avesse liberato Dawson. Era l’unica cosa che aveva senso.

L’altra mia ipotesi era molto, molto più spaventosa e nefasta.

Dawson lanciò un’occhiata verso le sue mani. «Daemon… Anche lui ti ama?»

Sbattei le palpebre, ritornando al presente. «Sì, credo di sì.»

«Te l’ha detto?»

Non in così tante parole. «Non l’ha detto, detto. Ma penso di sì.»

«Dovrebbe dirtelo. Ogni giorno.» Dawson tirò indietro la testa e chiuse gli occhi. «Era da così tanto tempo che non vedevo la neve.» Disse lui, quasi malinconicamente.

Sbadigliando, guardai fuori dalla finestra. Il vento di nord-est che tutti avevano preannunciato aveva colpito una piccola parte di mondo e aveva fatto dannare la contea di Grant tutto il fine settimana. La scuola era stata cancellata lunedì e oggi, e al telegiornale ieri sera avevano detto che avrebbero liberato tutte le strade entro la fine della settimana. La tormenta non sarebbe potuta arrivare in un momento migliore. Almeno abbiamo avuto l’intera settimana per capire cosa cavolo avremmo fatto con Dawson.

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Non è che poteva esattamente apparire improvvisamente a scuola.

«Non ho mai visto una nevicata del genere.» Dissi. Ero originaria del nord della Florida, e lì abbiamo avuto un paio di mostruose tempeste di ghiaccio, ma mai quella roba bianca e soffice.

Un piccolo, triste sorriso fece capolino sulle sue labbra. «Quando il sole sorgerà, sarà bellissimo. Vedrai.» Senza dubbio tutto sarà ricoperto di bianco.

Dawson si alzò e comparì improvvisamente dall’altro lato della stanza. Un secondo dopo sentii un caldo formicolio lungo la nuca e il mio cuore accelerò i battiti. Lui distolse lo sguardo.

Non più di dieci secondi dopo Daemon se ne stava sulla porta della mia camera. I capelli tutti in disordine per il sonno e i pantaloni del pigiama di flanella spiegazzati. Niente maglietta. Fuori c’era più di mezzo metro di neve e lui era lo stesso mezzo nudo.

Per un momento fui tentata di alzare gli occhi al cielo, ma per farlo avrei dovuto distogliere lo sguardo dal suo petto… e il suo stomaco. Aveva davvero bisogno di indossare le magliette più spesso.

Lo sguardo di Daemon scivolò da suo fratello a me e poi di nuovo su suo fratello. «Stai facendo un pigiama party? E io non sono stato invitato?»

Suo fratello gli passò accanto silenziosamente e sparì nel corridoio. Pochi secondi dopo, sentii la porta di casa chiudersi.

«Ok.» Sospirò Daemon. «Questa è stata la mia vita nell’ultimo paio di giorni.»

Il mio cuore soffrì per lui. «Mi dispiace.»

Lui gironzolò attorno al letto, con la testa piegata di lato. «Voglio sapere perché mio fratello era nella tua camera?»

«Non riusciva a dormire.» Lo guardai chinarsi e tirare le coperte. Senza realizzarlo, le avevo riafferrate. Daemon tirò di nuovo ed io le lasciai andare. «Ha detto che vi stava disturbando.»

Daemon scivolò sotto le coperte, posizionandosi su un fianco di fronte a me. «Lui non ci disturba.»

Il letto era decisamente troppo piccolo con lui dentro. Sette mesi fa, cavolo, quattro mesi fa, mi sarei messa a correre ridendo su e giù per le colline se qualcuno mi avesse detto che il ragazzo più figo e lunatico della scuola sarebbe stato nel mio letto. Ma molte cose sono cambiate. E sette mesi fa non credevo negli alieni.

«Lo so.» Dissi, sistemandomi di fianco anch’io. Il mio sguardo guizzò sui suoi ampi zigomi, il suo pieno labbro inferiore e i suoi straordinari occhi brillanti di colore verde. Daemon era bellissimo, ma permaloso, come un cactus di Natale. Ci è voluto parecchio tempo per arrivare dove siamo, essere nella stessa stanza senza venire sopraffatti dalla voglia di commettere un omicidio di primo grado. Daemon ha dovuto provarmi che i suoi sentimenti per me fossero reali e l’ha fatto… finalmente. Non era stato una persona molto carina quando ci siamo incontrati la prima volta, però si è davvero fatto perdonare per quello. La mamma non ha cresciuto una preda facile. «Ha detto che gli ricordo Beth.»

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Le sopracciglia di Daemon si abbassarono velocemente. Alzai gli occhi al cielo. «Non nel modo in cui stai pensando.»

«Onestamente, per quanto ami mio fratello, non sicuro di come mi faccia sentire il suo gironzolare nella tua camera.» Tirò fuori un braccio muscoloso dalle coperte e usò le dita per spostare dei ciuffi di capelli dalla mia guancia, portandoli dietro l’orecchio. Rabbrividii e lui sorrise. «Mi sento come se dovessi marcare il mio territorio.»

«Smettila.»

«Oh, adoro quando diventi tutta prepotente. È sexy.»

«Sei incorreggibile.»

Daemon si avvicinò di qualche centimetro, premendo la sua coscia contro la mia. «Sono grato che tua mamma sia bloccata per colpa della neve lontano da qui.»

Alzai un sopracciglio. «Perché?»

Scrollò una delle sue ampie spalle. «Dubito che sarebbe d’accordo con questo.»

«Oh, no, non lo sarebbe.»

Si spostò un altro po’ e i nostri corpi erano separati solo da pochi millimetri. Il calore che sempre percorreva il suo corpo invase il mio. «Tua mamma ha detto niente su Will?»

Venni investita da un’ondata di ghiaccio, riportandomi alla realtà, una spaventosa, imprevedibile realtà dove niente era come sembrava. Chiamata dottor Michaels. «Solo quello che ha detto la settimana scorsa, che stava andando fuori città per una qualche conferenza e a visitare la famiglia, cosa che entrambi sappiamo essere una bugia.»

«Ovviamente ha pianificato tutto in anticipo così che nessuno avrebbe messo in dubbio la sua assenza.»

Scomparire era quello che gli serviva, perché anche se la mutazione avesse funzionato in qualunque modo, avrebbe avuto bisogno di un po’ di tempo per riprendersi. «Credi che tornerà?»

Facendo scorrere le sue nocche sulla mia guancia parlò. «Sarebbe un pazzo.»

Non proprio… Pensai, chiudendo gli occhi. Daemon non aveva voluto guarire Will, ma era stato forzato. La guarigione non era stata al livello richiesto per trasformare un umano a livello cellulare. E la ferita di Will non era fatale, quindi o la mutazione avrebbe attecchito o sarebbe svanita. E se fosse svanita, Will sarebbe tornato. Ci avrei scommesso. Anche se aveva cospirato contro il Dipartimento per un suo personale tornaconto, il fatto che sapesse che era stato Daemon a mutarmi era importante per il Dipartimento, quindi sarebbero obbligati a riprenderlo con loro. Era un problema, un enorme problema.

Quindi aspettavamo… aspettavamo che qualcuno facesse il prossimo passo.

Aprii gli occhi, trovando Daemon che non aveva distolto i suoi da me. «A proposito di Dawson…»

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«Non so cosa fare.» Ammise, trascinando le nocche giù sulla mia gola, sopra il rigonfiamento del mio petto. Trattenni il fiato. «Non vuole parlare con me, e parla a malapena con Dee. La maggior parte del tempo è chiuso nella sua camera oppure vaga nei boschi. Lo seguo e lui lo sa.» La mano di Daemon trovò la via per il mio fianco e si fermò. «Ma lui…»

«Ha bisogno di tempo, giusto?» Baciai la punta del suo naso e mi tirai indietro. «Ha dovuto sopportare molto, Daemon.»

Le dita strinsero la presa. «Lo so. Comunque…» Daemon si mosse così velocemente che non realizzai cosa stesse facendo finché non mi girò sulla schiena e si sollevò sopra di me, le mani che lo sostenevano ai lati della mia testa. «Ho trascurato i miei doveri.»

E semplicemente tutto il resto sparì, tutte le nostre preoccupazioni, paure e domande senza risposta, semplicemente svanirono nel nulla. Daemon aveva quell’effetto. Lo fissai, trovando difficile respirare. Non era sicura al 100% di quali fossero i suoi “doveri”, ma avevo una fervida immaginazione.

«Non ho passato molto tempo con te.» Premette le labbra contro la mia tempia destra e poi contro la mia sinistra. «Ma questo non significa che non ti abbia pensato.»

Il mio cuore balzò dritto in gola. «So che sei stato occupato.»

«Lo sai?» Le sue labbra sfiorarono l’arco delle mie sopracciglia. Quando annuii, lui si spostò, supportando la maggior parte del peso solo con un gomito. Catturò il mio mento con la sua mano libera, alzando la mia testa. I suoi occhi cercarono i miei. «Come stai affrontando tutto?»

Usando ogni briciola di auto-controllo che avevo, mi concentrai sulle sue parole. «Lo sto affrontando. Non devi preoccuparti per me.»

Mi guardò dubbioso. «La tua voce…»

Sussultai e mi schiarii la gola inutilmente. «Sta andando molto meglio.»

I suoi occhi si fecero più scuri mentre fece scorrere il pollice lungo la mia mascella. «Non abbastanza, ma mi ci sto affezionando.»

Sorrisi. «Davvero?»

Daemon annuì e portò le sue labbra sulle mie. Il bacio era dolce e gentile, e lo sentii in ogni parte di me. «È sexy.» La sua bocca fu di nuovo su di me, portando il bacio più in profondità e facendolo durare più a lungo. «Tutta la faccenda della voce roca, ma vorrei…»

«No.» Misi le mie mani su entrambe le sue guance regolari. «Sto bene. E abbiamo abbastanza cose di cui preoccuparci senza metterci anche le mie corde vocali, non sono neanche lontanamente vicine alla cima della lista.»

Lui alzò un sopracciglio e wow, sono sembrata super-matura. Ridacchiai della sua espressione, rovinando la mia nuova maturità appena scoperta. «Mi sei mancato.» Ammisi.

«Lo so. Non puoi vivere senza di me.»

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«Non arriverei a tanto.»

«Ammettilo e basta.»

«Ecco. Il tuo ego si sta mettendo in mezzo.» Lo presi in giro.

Le sue labbra stuzzicarono la parte inferiore della mia mascella. «A cosa?»

«Al pacchetto perfetto.»

Sbuffò. «Lascia che te lo dica, io ho il perfetto…»

«Non essere disgustoso!» Rabbrividii, però, perché quando baciava la cavità della mia gola, non c’era niente di difettoso.

Non glielo avrei mai detto, ma eccetto l’essere permaloso che usciva fuori di tanto in tanto, lui era la cosa più vicina alla perfezione che avessi mai incontrato.

Con una risatina consapevole fece scivolare la sua mano sul mio braccio, oltre il mio polso e catturò la mia coscia, avvolgendo la mia gamba attorno al suo fianco. «Hai dei pensieri talmente indecenti. Stavo per dire che sono perfetto in tutti i modi che contano.»

Ridendo, avvolsi le mie braccia attorno al suo collo. «Certamente. Completamente innocente sei.»

«Oh, non ho mai affermato di essere così buono.» La parte bassa del suo corpo affondò su di me ed io feci un respiro brusco. «Io sono più…»

«Cattivo?» Premetti il mio viso nel suo collo e inspirai profondamente. Lui aveva sempre quest’odore come d’aria aperta, come foglie verdi e spezie. «Sì, lo so, ma tu sei anche buono sotto il tuo atteggiamento da cattivo. È per questo che ti amo.»

Un brivido lo scosse e poi Daemon si pietrificò. Passò appena un battito di cuore e lui rotolò dal suo lato, avvolgendo le sue braccia strette intorno a me. Così strette che dovetti dimenarmi un po’ per sollevare la testa.

«Daemon.»

«È tutto ok.» La voce impastata. Mi baciò la fronte. «Sto bene. È solo… che è presto. Niente scuola o mamma che ritorna dal lavoro urlando il tuo nome per intero. Solo per un momento possiamo fare finta che la pazzia non ci stia aspettando. Possiamo dormire come normali adolescenti.»

Come normali adolescenti. «Mi piace come suona.»

«Anche a me.»

«A me di più.» Mormorai, rannicchiandomi contro di lui finché fummo praticamente una cosa sola. Potevo sentire il suo cuore battere a ritmo con il mio. Perfetto. Questo era ciò di cui avevamo bisogno, momenti di pace da normale essere umano. Dove eravamo solo Daemon ed io…

La finestra che si affacciava sul cortile esplose quando qualcosa di grande e bianco ci si schiantò contro, mandando pezzi di vetro e neve sul pavimento.

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Il mio grido di sorpresa si interruppe quando Daemon rotolò, balzando in piedi e trasformandosi nella sua vera forma Luxen, diventando una forma umana di luce che brillava così intensamente che potevo fissarlo solo per pochi secondi.

Santa merda, disse la voce Daemon, filtrando tra i miei pensieri.

Dal momento che Daemon non si era scatenato contro qualcuno, mi sedetti sulle ginocchia avvicinandomi al bordo del letto.

«Santa merda.» Dissi a voce alta.

Il nostro prezioso momento da esseri normali si era appena concluso con un corpo disteso sul pavimento della mia camera.