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Volume I - n.2 Giugno 2009 Poste Italiane Spa - Sped in A.P. - D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/04, N° 46) art. 1, c. 1 - DCB Milano N°2/2009 Quadrimestrale - Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI news ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI GASTROENTEROLOGIA EPATOLOGIA E NUTRIZIONE PEDIATRICA NUTRIZIONE EPATOLOGIA GASTROENTEROLOGIA AGGIORNAMENTO in

ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA news E … · Reports da ASGE, ESGE, ESPGHAN e NASPGHAN Linee guida per la diarrea acuta in età pediatrica di Alfredo Guarino, Andrea Lo

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Volume I - n.2 Giugno 2009

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n e w sORGANO UFFICIALE

DELLA SOCIETÀ ITALIANA

DI GASTROENTEROLOGIA EPATOLOGIA

E NUTRIZIONE PEDIATRICA

NUTRIZIONE

EPATOLOGIA

GASTROENTEROLOGIA

AGGIORNAMENTO in

SSSSo m m a r i o

SIGENP incontra…I Giovani Ricercatori al Forum 2009di Claudio Romano e Donatella Comito

Revisione sistematica e metanalisi dalla letteraturaManifestazioni extraesofagee della malattia da refl usso gastroesofageodi Silvia Salvatore, Serena Arrigo, Chiara Luini e Luigi Nespoli

Percorso formativo (Pre e Post-test)Utilizzo dei latti speciali: uso e abusodi Salvatore Accomando, Roberta Antona e Francesca Serraino

Training and Educational CornerBreath test all’idrogenodi Sergio Amarri

Asking Questions in Immunologia, Microbiologia e GeneticaLa malattia di Hirschsprung: il contributo della geneticadi Isabella Ceccherini

Minimum standard in endoscopiaOrganizzazione della sala endoscopicadi Diego Falchetti

Il laboratorio in Gastroenterologia PediatricaHLA e celiachiadi Renata Auricchio, Andrea Del Mastro e Riccardo Troncone

Reports da ASGE, ESGE, ESPGHAN e NASPGHAN Linee guida per la diarrea acuta in età pediatrica di Alfredo Guarino, Andrea Lo Vecchio e Maria Rosaria Pirozzi

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Eventi, Corsi e Congressia cura del Comitato di Redazione

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EditorialeClaudio Romano

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n e w s

CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP

Presidente Salvatore CucchiaraVice-Presidente Roberto Berni CananiSegretario Paolo GandulliaTesoriere Ruggiero FrancavillaConsiglieri Osvaldo Borrelli, Gian Luigi de’ Angelis,

Graziella Guariso, Pietro Vajro

L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa fi rma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostra interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà con-ferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Quota associativa annuale SIGENP: (anno solare) 30 + 30 per abbonamento Digestive and Liver Diseases.Specializzandi: iscrizione SIGENP gratuita previa presentazione di certifi cato di iscrizione alla scuola di specialità.

COME SI DIVENTA SOCI DELLA

Per chi è interessato la scheda è disponibile

sul portale SIGENP www.sigenp.org

Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segretaria SIGENP:

Area Qualità S.r.l. Via Comelico, 3 - 20135 MilanoTel./Fax 025512322e-mail: [email protected]

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EDITORE Area Qualità S.r.l. Azienda certifi cata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2000 con certifi cato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com

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La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso.

È andata. Il primo numero di SIGENP News è stato distribuito e i numero-si attestati ricevuti da soci e non soci conferma la bontà del lavoro svolto dal Comitato Editoriale. Andiamo avanti, con la speranza che anche il secondo nu-mero risponda alle attese. La sensazione percepita, e che mi piace comunicare, è quella che ogni iniziativa culturale che si svolge in ambito SIGENP, o che provie-ne dalla nostra Società, sia sempre vista con grande ammirazione. Nelle pagine che seguono dedichiamo ampio spazio al Forum dei Giovani Ri-cercatori che si è svolto recentemente a Roma. È opportuno dare visibilità a tan-ti giovani SIGENP che, con rigida meto-dologia e profonda competenza, hanno presentato risultati di progetti di studio, proposto trials e commentato lavori in extenso della letteratura. Il messaggio lanciato dalla SIGENP nel sostenere que-sto tipo di iniziative è importante e spe-riamo venga accolto e considerato come esempio anche in altri ambiti del mondo pediatrico italiano dove invece, la “tradi-zione” - che si traduce in “sclerosi cultu-rale”- è una condizione prevalente. SIGENP News fornisce in tal senso un ulteriore mezzo di aggiornamento, uno spazio di confronto supplementare attra-verso un modello in cui viene dato risalto al metodo di lavoro, alla capacità di ren-dere sintetici ed effi caci importanti mes-saggi scientifi ci e di analizzare con massi-mo rigore le evidenze della letteratura. Approfi tto di questo spazio per formu-lare i migliori auguri di buon lavoro a Riccardo Troncone che, in occasione del Congresso europeo di Budapest, con grande soddisfazione ed emozione del gruppo italiano, è stato eletto nuovo Pre-sidente dell’ESPGHAN. La sua elezione può essere considerata come un’ulteriore attestazione di stima nei confronti della gastroenterologia pediatrica italiana.

Claudio Romano

GIUGNO 2009 3

d i t o r i a l e

I Giovani Ricercatori al Forum 2009

Claudio Romano e Donatella ComitoDipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Messina

d i t o r i a l ed i t o r i a l e

SIGENP incontra…SIGENP incontra…SIGENP incontra…SIGENP incontra…SIGENP incontra…a cura diMariella Baldassarre

Il Forum SIGENP Giovani Ricercatori 2009 si è svolto a Roma il 20 e 21 marzo scorsi. Ha visto la partecipazione di cir-ca 20 giovani ricercatori provenienti da numerose Università italiane. Si è arti-colato in tre aree principali: una dedica-ta alle malattie del fegato e del pancreas, con particolare riferimento ad alcuni importanti aspetti di biologia moleco-lare (con il tutoraggio di Raffaele Iorio); la seconda alla neuro-gastroenterologia e alle malattie acido-correlate, comprese le nuove acquisizioni nell’ambito della fi siopatologia (coordinata da Annama-ria Staiano) e la terza riservata all’area IMID, Immunologia, Microbiologia e Malattie Infi ammatorie Intestinali (coordinata da Alberto Ravelli). Han-no partecipato come discussants Laura Stronati e Claudio Romano. Ecco, di se-guito, una carrellata su relatori e argo-menti che hanno caratterizzato questo interessante appuntamento.

MALATTIE DEL FEGATO E DEL PANCREAS Domenico Alvaro, Gerardo Nardone e Giovanni Monteleone: l’attiva par-tecipazione di questi gastroenterologi dell’adulto ha consentito un adeguato e più completo cross-talk tra la ricerca di base e la ricerca clinica. Di particolare interesse la presentazione di Domenico Alvaro (Roma) sulle nuove acquisizioni in tema di biologia molecolare e cellula-re nelle colangiopatie umane. Le colan-giopatie congenite e acquisite rappre-sentano la prima indicazione pediatrica al trapianto di fegato (OLT). Lo sviluppo dei dotti biliari è determinato dall’atti-vazione del Notch signaling. Un’altera-zione a livello di Notch II sarebbe alla

base del processo di danno cellulare che evolve in fi brosi e colestasi. La moleco-la ER-α sarebbe implicata in tale via di trasduzione del segnale ed è un agonista selettivo che sostiene la proliferazione dei colangiociti. Nell’ambito delle co-langiopatie acquisite, la sua regolazione potrebbe ritardare l’evoluzione della cirrosi biliare primitiva (PBC) verso il colangiocarcinoma. Massimo Paganelli (Roma-Bruxelles) ha riportato i dati dell’esperienza del gruppo di Sokal del 2006 sull’utiliz-zo del trapianto di cellule epatiche, le quali - iniettate attraverso il sistema portale (LCT, Liver Cell Transplanta-tion) - hanno dimostrato un’effi cacia a breve-medio termine e un’indicazione terapeutica come brigde therapy in atte-sa del trapianto (OLT). La LCT potreb-be essere considerata una procedura effi cace nel bambino, specialmente nel trattamento delle epatopatie seconda-rie a errori congeniti del metabolismo, anche se - su questo argomento - vi è necessità di una validazione su nume-ri più ampi. Anche l’applicazione delle cellule staminali e, in particolar modo, di Adult Derived Human Liver Mesen-chymal-like Cells (ADHLSC) potrebbe essere considerata una valida alternati-va alla LCT.Valerio Nobili (Roma) nell’ambito della sessione dedicata alla patologia del fega-to, ha suscitato particolare interesse con un update sulla NALFD. Secondo quan-to riferito, sembrano essere più chiari e defi niti i meccanismi patogenetici che determinano il rischio di evoluzione dalla NALFD alla NASH sia in termini di valore predittivo degli indici bio-umorali (persi-stenza di ALT > n x 2) rispetto all’istologia che - a oggi - rimane comunque il gold

4 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

SIGENP incontra...

standard (score istologico della NASH su Hepatology 2005;41:1313-1321). Nel follow-up clinico e strumentale appa-re da validare il ruolo del fi broscan o di alcuni markers di laboratorio come l’acido ialuronico, il procollageno III, la metalloproteasi 1, la RBPG e la retinol binding protein 4, che potrebbe esse-re considerato un marker circolante di danno epatico. Stefania Fico (Bari) ha colto l’occasio-ne per presentare un progetto di studio sulla valutazione dell’epatopatia asso-ciata a fi brosi cistica (EAFC) tramite fi -broscan. Lo studio prospettico prevede l’arruolamento di pazienti con EAFC che sono afferiti al Centro Regionale di Bari negli ultimi 5 anni e si propone di valutare l’accuratezza diagnostica del fi broscan nella EAFC versus altri mar-catori di epatopatia, genotipo e funzio-nalità respiratoria. Valentina Giorgio (Roma) è stata de-putata dal Journal Club a commentare il lavoro di Basma H (Gastroenterology 2009;136:990-999) sull’evidenza speri-mentale del metodo per generare epa-tociti da cellule staminali embrionali umane, valutando il rischio di tumori e l’espressione di markers di riconosci-mento selettivo, quale ASGPR. Rosa Cafagna (Roma), dal canto suo, ha analizzato un trial prospettico con-trollato sul trattamento dell’epatite C con peginterferon e il rischio relativo di evoluzione in epatocarcinoma, Lok A (Gastroenterology 2009;136:138-148). Il trattamento a lungo termine con pe-ginterferon non sembra ridurre l’inci-denza di HCC e i fattori di rischio (età, razza, fumo, presenza di varici esofagee e alcuni parametri di laboratorio come ALP e piastrine) possono essere consi-derati più importanti per lo sviluppo del HCC. Chiara Chillemi (Padova) ha fornito un commento sullo studio di Patton H (Gastroenterology 2008;135:1961-1971):

o la presenza di patologie associate. La gestione del follow-up di queste lesio-ni nell’adulto non è ben defi nita, an-che se Kenneth EL (Am J Gastroenterol 2009;104:190-193) stigmatizza la neces-sità di effettuare sempre biopsie sull’ul-cera che non guarisce, sia gastrica sia duodenale. Rossella Turco (Napoli) ha proposto di realizzare, nell’ambito dei progetti di ricerca della Sessione di Neurogastro-enterologia, uno studio clinico longi-tudinale prospettico multicentrico su circa 600 bambini per valutare i fattori di rischio associati all’insorgenza di stipsi cronica funzionale nel primo an-no di vita e di stabilire mediante analisi logistica multivariata i fattori respon-sabili di una variazione della consi-stenza e della frequenza delle feci. Paolo Quitadamo (Napoli) ha presen-tato i dati preliminari dello studio sul tempo di svuotamento gastrico ritarda-to in bambini con disordini funzionali gastrointestinali post-infettivi (DFGI): sembra confermata una stretta corre-lazione tra gli episodi di gastroenterite infettiva e il ritardato svuotamento ga-strico valutato con Breath Test all’Aci-do Octanoico (BTAO13C). Secondo il relatore sarebbe tuttavia necessario un ampio studio prospettico per conside-rare il ritardato SG come un marker biologico predittivo nei DFGI post-infettivi. Silvia Martinazzi (Brescia) è stata prota-gonista di un duplice intervento: prima ha proposto l’analisi dei dati dell’espe-rienza del Centro di Brescia sulla sindro-me del vomito ciclico, valutata su una casistica di circa 85 pazienti in 10 anni. In seguito, ha riferito sull’uso della pH-impedenzometria intraluminale multi-canale (MII-pH) nel monitoraggio dei pazienti operati di atresia esofagea. Se-condo la relatrice, nello studio condotto da Frolich T (JPGN 2008;47:443-449) si evidenzia come in questo gruppo di

il lavoro si proponeva di identifi care, in alternativa alla biopsia epatica, i mar-kers non invasivi (AST, gGT, ASMA, insulino-resistenza) predittivi di evolu-zione in NASH.

NEUROGASTROENTEROLOGIA E MALATTIE ACIDO-CORRELATEOsvaldo Borrelli (Roma-Londra) ha aperto i lavori della sezione di Neuro-gastroenterologia esponendo le più re-centi acquisizioni in tema di sviluppo del sistema nervoso enterico (ENS). La migrazione delle cellule della cresta neurale vagale e sacrale sembra essere geneticamente determinata e modifi ca-ta da alterazioni di geni implicati nella proliferazione e trasduzione del segnale (ipo/aganglianosi). Il trapianto di cel-lule staminali potrebbe essere conside-rata una prospettiva nel futuro mana-gement e trattamento delle anormalità del ENS. Roberta Buonavolontà (Napoli) ha illustrato le caratteristiche della mano-metria ad alta risoluzione rispetto alla metodica convenzionale presentando a tal riguardo i risultati dello studio con-dotto nel 2007 dal Gruppo di Napoli su bambini con patologia cronica neu-romotoria in correlazione con quelli di Fox MR (Gut 2008;57:405-23). Gerardo Nardone (Napoli) ha cura-to lo spazio dedicato in questo ambito alla gastroenterologia dell’adulto: ha riferito sulle ipotesi patogenetiche della malattia ulceroso-peptica non Hp-cor-relata, la cui incidenza è in crescita negli ultimi anni. Fattori come l’aumento della secrezione acida e l’accelerato svuotamento gastri-co sono considerate le ipotesi patoge-netiche più importanti. Nell’ambito di lesioni quali l’ulcera idiopatica Hp-negativa è utile escludere con certezza il sospetto di infezione da Hp, valutare nell’anamnesi l’eventuale uso di FANS

Giovanni Monteleone (Roma) invece ha esposto in maniera completa le più recenti acquisizioni nell’ambito della patogenesi delle IBD, con particolare riferimento ai meccanismi della xeno-fagia e dell’autofagia. Notevole interesse hanno suscitato i trials sull’effi cacia di nuovi farmaci biologici (natalizumab, MRA, SMAD7, fontolizumab, anti IL-12/p40, ustekinumab) che si propongo-no di bloccare, a diversi livelli, la cascata infi ammatoria. Marco Gasparetto (Padova) ha com-mentato i dati preliminari di una survey (età di diagnosi, presentazione clinica, complicanze e prognosi) su una popo-lazione pediatrica affetta da IBD seguita presso il Centro di Padova. Ha poi sugge-rito l’avvio di un progetto multicentrico sull’espressività fenotipica delle IBD in età pediatrica rispetto all’adulto. Maria Pierdomenico (Roma) ha ana-lizzato i risultati di un progetto di studio che dimostrava come NOD2 sia attiva e funzionale nel tessuti uma-ni sede di flogosi e quindi in grado di legarsi alle chinasi RIP2 attivando indirettamente la trascrizione di ci-tochine proinfiammatorie (IL1β e il TNFα): sono state indagate inoltre le prospettive che riguardano l’impiego dei farmaci anti-TNFα nella down-regolazione della cascata pro-infiam-matoria del NOD2 e la valutazione su campioni bioptici di pazienti con IBD dell’attività di legame fra NF-kβ e HI-F1α (Hypoxia-Inducible transcription Factor-1α) oltre alla capacità del TNF-α di regolare l’espressione di HIF1α. Nell’ambito del Journal Club, inoltre, la relatrice ha commentato il lavoro di Kuballa P (PLoS ONE 2008, Vol. 3, Issue 10) dove è stata dimostrata l’asso-ciazione tra la variante ATG16L1 e una ridotta capacità autofagica, nelle IBD, versus patogeni intracellulari.Chiara Monfredini (Brescia) ha presen-tato un progetto di ricerca per valutare

la distribuzione del danno mucosale in-testinale in pazienti con celiachia in fase fl orida. Dario Ummarino (Roma) ha intratte-nuto i partecipanti al Forum con una discussione sui risultati del lavoro di Regueiro M (Gastroenterology 2009: 136:441-50) sulla possibile utilizzazione dell’infl iximab in epoca post-chirurgica (da 4 settimane a 1 anno) allo scopo di ridurre il rischio di relapse endoscopica e istologica. Valerio Iebba (Roma) infine, ha svolto un duplice intervento: in prima istanza con la proposta di identificare la micro-flora intestinale in pazienti pediatrici con Malattia di Crohn e l’eventuale associazione con alterazioni del profi-lo metabolico, utilizzando tecniche di analisi elettroforetica e spettrometrica. In seguito, commentando l’articolo di Kuehbacher T (J Med Microbiology 2008;57:1569-76) in cui viene eviden-ziato come l’alterazione del TM7 in-testinale, un batterio Gram-positivo, e la sua resistenza agli antibiotici ge-neticamente determinata, potrebbero essere rilevanti nella disbiosi nelle IBD e avere un ruolo nell’attivazione della cascata infiammatoria.

UN’ESPERIENZA SIMOLANTEIl dibattito, con il contributo dei tutor, è stato vivace ed effi cace in tutte le ses-sioni. Salvatore Cucchiara, eccellente padrone di casa coadiuvato da Laura Stronati, ha raggiunto l’obiettivo di fare sopravvivere e rilanciare il Forum dei Giovani Ricercatori. Osservando le espressioni di grande soddisfazione di giovani e meno giovani dopo le due giornate di intenso lavoro, si è rafforzata in tutti noi la convinzio-ne che questo tipo di evento rappresenti la più genuina espressione della cultura SIGENP.

pazienti >50% dei refl ussi possa essere identifi cato solo con MII-pH in quanto più sensibile della ph-metria standard nella registrazione dei refl ussi debol-mente acidi, spesso responsabili della sintomatologia. Daniela Russo (Napoli), nell’ambito del Journal Club, ha commentato l’arti-colo di Gibbons SJ et al (Neurogastroen-terol Motil 2009;21:85-93) sulla perdita numerica e di funzione delle cellule in-terstiziali del Cajal nella patogenesi di alcuni disordini della motilità gastroin-testinale, quali l’acalasia, la stenosi iper-trofi ca del piloro, la pseudo-ostruzione idiopatica cronica intestinale e la stipsi da rallentato transito. Giulia Maiella (Roma) ha concluso con un report sul lavoro di Segrad M (Gut 2009;58:25-32) nel quale si valuta il rapporto tra infezione dell’enteroglia da parte del virus JC e la pseudo-ostru-zione cronica idiopatica intestinale (CIIP). I risultati sembrano evidenzia-re che l’infezione da JCV, virus a DNA che infetta le cellule gliali del SNC, sia stata dimostrata nell’80% di pazienti con CIIP.

IMMUNOLOGIA, MICROBIOLOGIA E MALATTIE INFIAMMATORIE INTESTINALI Serena Schippa (Roma) ha introdotto quest’ultima area del Forum con un ele-gante intervento sul ruolo della micro-fl ora commensale nella patogenesi delle IBD. La condizione di disbiosi (rottura dell’equilibrio fra specie “protettive” e “dannose” di microbioti intestinali) potrebbe essere considerata un mecca-nismo patogenetico determinante nella genesi dell’alterata risposta immune in-testinale nelle IBD. L’individuazione di un microbiota associato a IBD potrebbe rappresentare un target importante per orientare un adeguato approccio tera-peutico.

I Giovani Ricercatori al Forum 2009

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6 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

Manifestazioni extraesofagee della malattia da reflusso gastroesofageoIncludono i disturbi del sonno, alterazioni dentali, posture anomale, malattie otorinolaringoiatriche e respiratorie. In questo primo articolo approfondiamo qual è la prevalenza e come identificare la MRGE

Silvia Salvatore*, Serena Arrigo°, Chiara Luini* e Luigi Nespoli**Pediatria, Università dell’Insubria di Varese°Pediatria a indirizzo gastroenterologico, IRCCS, Istituto Giannina Gaslini di Genova

a cura diErasmo Miele

Revisione sistematica e metanalisi della letteratura

La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è stata associata a un ampio spettro di manifestazioni extraesofagee che includono disturbi del sonno, alte-razioni dentali, posture anomale (inar-camenti, opistotono, lateralizzazione o protrusione del collo), patologie o sintomi otorinolaringoiatrici (ENT) (oti-ti, sinusiti o laringiti croniche, noduli laringei, globus faringeo, disfonia) o re-spiratori cronici (apnee, desaturazioni, ALTE, tosse persistente, broncospasmo ricorrente, asma resistente, broncopol-moniti ab ingestis).

OBIETTIVI E METODOLOGIA DELLA RICERCA BIBLIOGRAFICA Questa prima parte di revisione si pro-pone di analizzare la prevalenza della MRGE nelle manifestazioni extraeso-fagee in età pediatrica.

È stata effettuata una ricerca bi-bliografica utilizzando PubMed, Embase e Cochrane Library, con le seguenti parole chiave e ter-mini Medical Subject Heading

(MeSH) da soli o in combinazione: reflux, GER, GOR, respiratory, ex-traesophageal, supraesophageal, pulmonary, apnoea, ALTE, ENT, dental, asthma, bradycardia. So-no stati inoltre inclusi studi riferiti in precedenti articoli qualora non emersi dalla ricerca diretta. I limiti considerati sono stati: età pe-diatrica (all child: 0-18 years), studi clinici o randomizzati o meta-analisi. Sono stati esclusi: i case reports; gli studi che comprendevano solo pa-zienti neurologici, obesi, con fibrosi cistica o con atresia esofagea; gli studi con pH-metria di durata infe-riore alle 6 ore o con test diagnostici non specificati; gli studi che non ri-portavano il numero o la percentua-le di pazienti con RGE patologico.

RISULTATILa maggior parte degli studi sulle ma-nifestazioni extraesofagee di MRGE nei bambini si concentra sui problemi respiratori (in particolare asma resi-

stente, ALTE e apnee del lattante) (ta-

bella 1). Tuttavia, le popolazioni reclu-tate e i criteri diagnostici considerati risultano differenti e solo pochissimi lavori includono dei controlli (etero-genei). L’importanza di avere un grup-po di controllo è motivata dal fatto che, essendo alcune manifestazioni respiratorie (per esempio l’asma) e la MRGE condizioni comuni, posso-no spesso coesistere senza alcuna relazione causale. I criteri diagnostici di MRGE patologico risultano disomo-genei anche quando si basano sulla stessa metodica (per esempio, per la definizione dei valori patologici). Pur con i limiti appena esposti, somman-do i risultati dei lavori pediatrici che utilizzano la pH-metria, otteniamo una prevalenza di MRGE patologico nel 40-70% dei bambini con sintomi respiratori cronici resistenti. In partico-lare la pH-metria risultata positiva nel 67% delle laringo/tracheomalacie (123 pazienti, range di pH-metria po-sitiva nel 61-70%, vs 39% dei 62

6 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

Tab.1 Dati di prevalenza di MRGE in bambini con sintomi extraesofagei

Sintomo Popolazione Diagnosi MRGE Risultati Riferimento

ALTE

23 lattanti pH-m 30% pH-m patologica Tirosh (1990)

97 ALTE vs 22 controlli pH-m 77% pH-m pat. (vs 86% dei controlli) Newman (1989)

340 lattanti pH-m 62% pH-m patologica Rahilly (1991)

49 lattanti pH-m 69% pH-m patologica Veereman (1991)

62 vs 378 controlli pH-m 42% pH-m patologica (vs 8.5% dei controlli) Sacre (1989)

65 lattanti Clinica RGE patologico nel 26% Davies (2002)

67 lattanti pH-m ( ≥10 ore) 53% pH-m pat. 81% apnee non associata MRGE Arad-Cohen (2000)

49 lattanti pH-m 55% pH-m patologica Brand (2005)

Apnea

20 prematuri vs 6 controlli pH-m per 6 ore (>10.4%)

71% pH-m pat. (vs 33% dei controlli). Bassa correlaz. apnea (10%)/bradicardia (17%) e MRGE de Ajuriaguerra (1991)

15 lattanti vs 9 controlli pH-m (>10%) 100% pH-m patologica (vs 11% dei controlli) Spitzer (1984)

24 lattanti pH-m 57% pH-m patologica Paton (1990)

22 lattanti MII-pH (6 ore) 30% apnee associate (in 30’) a MRGE (22% ac.) Wenzl (2001)

19 neonati MII-pH (6 ore) Non correlazione tra apnee, desaturazioni e bradicardia e MRGE (pre e post 30’) Peter (2002)

45 neonati pretermine pH-m per 12 ore 33% pH-m patologica Barrington (2002)

25 lattanti con ALTE/apnea MII-pH 15% apnee associate (in 5’) a MRGE Mousa (2005)

6 neonati pretermine MII-pH 41% apnee associate a RGE (non ac. nel 69%) Magistà (2007)

105 lattanti pH-m 48% pH-m patologica Sheikh (1999)

continua nella pagina seguente

APRILE 2009 7 APRILE 2009 7 APRILE 2009 APRILE 2009 APRILE 2009 777

Sintomo Popolazione Diagnosi MRGE Risultati Riferimento

Asma

42 bambini pH-m 50% pH-m patologica Gustafsson (1990)

37 bambini pH-m 50% pH-m patologica Gustafsson (1992)

30 bambini pH-m 63% pH-m patologica Corrias (1991)

126 bambini Scinti e clinica 26% scinti pos e 38% sintomi di GER Thomas (2003)

36 bambini pH-m 75% pH-m patologica Tucci (1993)

77 bambini pH-m per 24 ore 61% pH-m pat. correlaz. severità asma e MRGE Cinquetti (2002)

79 bambini pH-m 73% pH-m patologica Balson (1998)

46 bambini pH-m 58% pH-m patologica Khoshoo (2003)

165 bambini Clinica e pH-m 28% pH-m patologica Stordal (2005)

872 asma + vs 264 controlli Questionario 20% score pos RGE vs 8% controlli (P<0.001) Stordal (2006)

75 asma + vs 25 controlli Clinica + EGDS Sintomi GI in 16% asma vs 16% dei controlli Barakat (2006)

80 asma + 10 controlli Scintiscan 39% positivi vs 0% controlli (P<0.05) Chopra (1985)

9 asma + 7 controlli pH-m 33% pH-m pat. vs 57% dei controlli Hughes (1983)

296 asma + 1.510 controlli Questionario 19% sintomi RGE vs 2.5% controlli (P<0.001) Debley (2006)

24 bambini MII-pH 73% tosse non associata a MRGE; 8% RGE associati a tosse; MII-pH pos 37% dei pazienti Condino (2006)

Disfonia 22 bambini pH-m 64% pH-m patologica Contencin (1997)

ENT cronici

105 bambini (31 stridore, 18 laringomalacie, 16 laringiti, 14 disfonia, 12 otiti, 8 papillomi laringei, 5 sinusiti, 1 disfagia)

pH-m per 20 ore41% pH-m pat. (58% stridore, 61% laringomalacie, 56% laringiti, 14% disfonia, 1% otiti, 25% papillomi laringei, 40% sinusiti, 0% disfagia)

Bouchard (1999)

17 disfonia o tosse cronica pH-m 59% pH-m patologica Contencin (1999)

28 bambini pH-m 54% pH-m patologica Rabinowitz (2003)

72 bambini pH-m 56% pH-m patologica VandenAbbeele (03)

139 bambini Biopsia esof. 59% esofagite Mitzner (2007)

Laringite acuta ricorrente

15 bambini pH-m, RX digerente 47% RGE patologico Andrieu-Guitrancourt (1984)

15 bambini 47% RGE patologico Dehesdin (1984)

8 croup vs 6 controlli pH-m (>5.2%) 62% pH-m patologica vs 17% dei controlli Contencin (1992)

Laringo /tracheo malacie

54 malacie (18 laringo, 13 tracheo, 23 laringotracheo) vs 62 controlli

pH-m (>8%)RX-digerente

70% MRGE patologico (63% laringo, 53% tracheo, 87% laringotracheo) vs 39% dei controlli (P < 0.01) Bibi (2001)

24 laringomalacie pH-m 66% pH-m patologica Matthews (1999)

27 laringomalacie pH-m 64% pH-m patologica Giannoni (1998)

30 larignomalacie e stridore RX-dig, pH-m 80% RGE patologico (pH-m solo in 4) Belmont (1984)

Mix respiratori

24 (stridore, tosse cr., apnea, otiti ricorrenti, wheezing) Biopsia esofagea 54% esofagite Stroh (1998)

837 bambini con tosse cronica, apnea, soffocamento pH-m 25% pH-m patologica Halpern (1990)

181 con apnea e stridore pH-m (Euler) 56% pH-m patologica Andze (1991)

22 (apnea, ostruzione nasale, stridore) pH-m 50% pH-m patologica Conley (1995)

62 vs 54 controlli GI pH-m (>5%) 26% pH-m patologica vs 31% dei controlli Vijayaratnam (1999)

101 bambini con tosse, apnea, sinusite, stridore Biopsia esofagea Esofagite nel 63% di stridore, 68% stenosi subglottica,

75% apnea, 75% laringomalacie, 100% sinusite Yellow (2000)

295 bambini con apnea, stridore, raucedine

RX-digerente, pH-m, biopsia eso, scintiscan 73% MRGE patologico Carr (2000)

100 bambini con raucedine, tosse cronica, odinofagia pH-m (score DeMeester) 90% pH-m patologica Zalesska-Krecicka (2002)

24 bambini con patologie resp. croniche in terapia con PPI MII-pH 38% degli episodi di tosse associati a reflusso Rosen (2004)

30 pazienti con tosse cronica, asma, BPN ricorrenti (sopraesofagei) vs 20 con rigurgito, vomito (tipici)

MII-pHCorrelazione sintomatica significativa nel 60% dei pazienti con sintomi sopraesofagei vs 50% dei pazienti tipici (P = NS)

Mattioli (2006)

25 bambini con secrezioni, wheezing o tosse cronica MII-pH

28% dei reflussi (28% ac. 45% non acidi) associati a desaturazioni; 41% desaturazioni associate a reflusso (95% acido, 5% non acido)

Thilmany (2006)

9 lattanti con sintomi resp cronici MII-pH 33% dei reflussi (acidi) associati con sintomi (sensoriali, respiratori e motori) Jadcherla (2008)

Otite media con effusione

54 bambini con miringotomia Anticorpi anti-pepsina 83% pepsina positiva Tasker (2002)

65 bambini con miringotomia Anticorpi anti-pepsina 91% pepsina positiva Tasker (2002)

Otiti ricorrenti 6 bambini pH-m 100% pH-m patologica Gibson (1994)

Otoemissioni pat.

73 bambini con segni di RGE a fibroscopia

SintomipH-m 94% pH-m patologica Serra (2007)

Papillomi laringei 31 bambini vs 24 bambini ad alto rischio pH-m 7/12 pH-m patologica Holland (2002)

Raucedine

127 bambini Biopsia esofagea, BAL 30% esofagite37% BAL positivo Mandell (2004)

21 bambini pH-m (>5%) 62% pH-m patologica Gumpert (1998)

17 bambini pH-m 70% pH-m patologica Kalach (2000)

Sinusite cronica 30 bambini pH-m (>4.2%) 63% pH-m patologica; 32% reflusso nasofaringeo Phipps (2000)

Stenosi subglottica

74 bambini pH-m 32% (RI>10%) - 50% (RI>5%) pH-m pat. Walner (1998)

35 bambini pH-m 97% pH-m patologica Halstead (1997)

Alterazioni timpano

30 bambini pH-m 60% pH-m patologica Velepic (2000)

27 bambni pH-m 56% pH-m patologica Rozmanic (2002)

Wheezing 84 lattanti pH-m 64% pH-m patologica Sheikh (1999)

Lege

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4)

Per 3 anni di vita, i lattanti alimentati con Enfamil Premium con LIPIL mostravano un maggior benessere respiratorio e il miglioramento della risposta immunitaria* con:

È possibile insegnare al Sistema Immunitarioad agire in maniera brillante?

Enfamil Premium conLIPIL favorisce entrambi:

Quoziente Intellettivo1,2

Quoziente Immunitario3,4

Minor incidenza di infezioni delle alte vie respiratorie4

(45% Enfamil Premium vs 76% non supplementati, P = 0.002).

Minore incidenza di wheezing, asma e dermatite atopica4

(26% Enfamil Premium vs 55% non supplementati, P = 0.007).

E=(QI)2™

*Lo studio fu condotto con Enfamil Premium con Lipil vs lo stesso latte senza Lipil.

1. Birch EE, Garfield S, Hoffman DR, et al. Dev Med Child Neurol. 2000; 42: 174-181. 2. Birch EE, Garfield S, Castañeda Y, et al. Early Hum Dev. 2007; 83: 279-284. 3. Pastor N, Soler B, Mitmesser SH, et al. 4. Birch EE, Khoury JC, Mitmesser SH, et al. Presented at: World Congress of Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition; August 20, 2008; Iguassu Falls, Brazil. Abstract P0833.

NUOVI DATI!

Avviso importante: Il latte materno è l’alimento ideale per il lattante. L’interruzione dell’allattamento potrebbe renderne dif cile la ripresa e l’introduzione di un latte arti ciale può ridurre la secrezione di latte materno. I vantaggi economici dell’allattamento al seno devono essere considerati prima di iniziare l’alimentazione con un latte per l’infanzia. Inoltre, il mancato rispetto delle istruzioni per la preparazione del biberon può essere dannoso per la salute del lattante. La scelta del latte più adatto per il bambino deve essere sempre consigliata dal pediatra. Enfamil Premium 2 deve essere utilizzato a partire dal 6° mese come parte di una dieta diversi cata e non può essere utilizzato nei primi 6 mesi di vita.

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Doc

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Revisione sistematica e metanalisi della letteratura

8 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

Revisione sistematica e metanalisi della letteraturaRevisione sistematica e metanalisi della letteraturaRevisione sistematica e metanalisi della letteraturaRevisione sistematica e metanalisi della letteraturaRevisione sistematica e metanalisi della letteraturaRevisione sistematica e metanalisi della letteratura

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controlli), nel 66% delle raucedini (38 pazienti, range 62-70%, 0 con-trolli), nel 57% dei 752 lattanti con ALTE (range 30-77%, vs 13% dei 400 controlli), nel 52% dei 209 lat-tanti con apnee (range 33-100%, vs 20% dei 15 controlli), nel 51% dei 521 asmatici resistenti (range 28-75%, vs 57% dei solo 7 controlli), nel 49% dei 222 bambini con ENT (range 41-56%, 0 controlli) e nel 36% dei 1.202 bambini con sintomi respiratori cronici (range 25-90%, vs 31% dei 54 controlli). Negli ultimi anni la pH-impedenzome-tria (MII-pH) ha permesso di definire meglio le caratteristiche del reflusso e la correlazione sintomatologica ma ancora non ha fornito un quadro chia-ro di prevalenza di MRGE patologico nei soggetti pediatrici (tabella 1).Attualmente non esiste sull’argomen-to nessuna meta-analisi pediatrica e solo 2 sono le revisioni sistematiche differenti tra loro per i criteri di sele-zione e le popolazioni considerate. DISCUSSIONELa malattia da reflusso gastroesofa-geo può presentarsi, a qualsiasi età, con sola sintomatologia extraesofa-gea senza rigurgiti, vomiti, pirosi o difficoltà di alimentazione o scarsa crescita. I meccanismi patogenetici sottostanti sono complessi e non ancora com-

pletamente chiariti e coinvolgono micro-aspirazioni, chemoriflessi la-ringei, riflessi vagali, infiammazione mucosale, ipereattività respiratoria ed esofagea, negatività della pres-sione intratoracica o aumento della pressione addominale, diminuzione del tono del LES (anche indotta da farmaci anti-asmatici). Pressoché tutte le patologie respi-ratorie e ENT sono state correlate a MRGE, ma l’associazione causale è dimostrata solo in una minoranza di pazienti. Il rapporto tra la MRGE e gli episodi di ALTE o apnea del lattante è ancora controverso. Studi differenti hanno mostrato un’associazione tra gli episodi di reflusso (acido e non acido) e l’apnea ostruttiva o centra-le o mista; altri autori hanno negato una chiara correlazione temporale. È stato anche suggerito, nei lattanti con ALTE, un possibile ruolo protet-tivo del reflusso che stimolerebbe i risvegli. Non esistono a oggi dati di correlazione tra le alterazioni larin-gee visualizzate con la fibroscopia e la MRGE.Nei pazienti con sintomi respiratori cronici resistenti alle terapie con-venzionali, la pH-metria (o meglio ancora la pH-impedenzometria), in simultanea con un monitoraggio car-diorespiratorio (o meglio polisonno-grafico per le apnee e manometrico per la tosse) risulta utile nell’identifi-

care i pazienti con MRGE “occulta” e nel determinare la possibile associa-zione temporale tra reflusso (acido e non acido) e sintomi. Tuttora con la MII-pH i criteri utilizzati e i risulta-ti (percentuale, altezza, durata, tipo di reflusso) non sono però univoci, i sintomi spesso non si manifestano durante l’esame o non risultano as-sociati agli episodi di reflusso. Tutta-via, attualmente non vi sono eviden-ze che supportino la terapia empirica in assenza di una diagnosi oggettiva di MRGE o di significativa correlazio-ne temporale tra il reflusso e le ma-nifestazioni extraesofagee.

Key Points¬¦ La MRGE può manifestari con

sintomi extra-digestivi (tosse, ALTE, asma) anche in assenza di sintomatologia GI (rigurgiti, pirosi) classica associata

¬¦ È possibile riscontrare MRGE patologico anche in pazienti con disturbi del sonno, manifestazioni otorinolaringoiatriche, erosioni dentali

¬¦ L’approccio diagnostico ottimale non esiste, ma una pH-metria (o meglio pH-impedenzometria) permette di svelare una MRGE e di evidenziare un possibile rapporto temporale tra i sintomi e le manifestazioni extraesofagee

GIUGNO 2009 11

Percorso formativo (Pre e Post-test)

genica, tali formule vengono utilizzate nell’APLV e nella dermatite atopica e risultano tollerate da circa il 95% degli individui affetti. Sono nutrizionalmen-te complete avendo un equilibrato apporto proteico, glucidico, lipidico, vitaminico e di oligoelementi.Le formule elementari (AA) sono costituite da miscele di aminoacidi liberi sintetizzati e sono ben tollerate praticamente da tutti gli individui, in-clusi i soggetti affetti da APLV e quelli che tollerano male le EHFs. Trovano indicazione nelle intolleranze alimen-tari multiple, nel malassorbimento, nella diarrea intrattabile, nella sindro-me dell’intestino corto, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nell’esofagite eosinofila.Le EHFs e le miscele aminoacidiche trovano inoltre impiego, se addizionate di acidi grassi a media catena (MCT), nell’enteropatia proteino-disperdente, nell’insufficienza bilio-pancreatica se-condaria a fibrosi cistica e nell’atresia delle vie biliari.Le Partially Hydrolyzed Whey Formu-las (PHWFs o HA) non sono tollerate da un terzo a metà degli individui al-

lergici alle proteine del latte vaccino e, pertanto, non possono essere con-siderate di valido impiego nei soggetti intolleranti. EHFs e PHWFs sembrano tuttavia essere ugualmente efficaci nel ridurre il rischio di allergie nei soggetti con storia familiare positiva per atopia. La letteratura conferma un effetto preventivo sulle manifesta-zioni allergiche e sull’eczema atopico fino ai 6 anni di età (1,2).Complessivamente tutti e tre i tipi di formule sono utili nella prevenzione. I costi e la palatabilità sono tra i criteri di scelta. Va comunque considerato che i costi crescono all’aumentare del gra-do di idrolisi (3): un idrolisato spinto sarà meno gradevole di un HA e più palatabile di una miscela di AA ma, di converso, costerà più di un PHWF e meno di una formula elementare. I latti di altre specie animali non sono praticamente utilizzati. Il latte di capra e di pecora non va impiegato in sog-getti intolleranti per l’alta cross-reatti-vità con le proteine del latte vaccino, per le possibili reazioni anafilattiche e per la mancanza di adeguate garanzie dal punto di vista nutrizionale.

Utilizzo dei latti speciali: uso e abusoQuando la presenza di condizioni patologiche rende impossibile l’utilizzo di formule convenzionali, nasce l’esigenza dell’impiego di formule speciali nel rispetto delle peculiari necessità nutrizionali del lattante. Indicazioni al migliore impiego terapeutico

Salvatore Accomando, Roberta Antona e Francesca SerrainoSezione di Pediatria, Dipartimento Materno Infantile, Università degli Studi di Palermo

a cura diSalvatore Accomando

Risposte corrette: 1d.- 2d.- 3b. Risposte corrette: 1d.- 2d.- 3b.

1 Quali sono le indicazioni all’utilizzo del latte di soia?

a. l’intolleranza severa e persistente al lattosio

b. la galattosemia c. alcuni casi di allergie alle

proteine del latte vaccino d. tutte le precedenti risposte

2 Quando si utilizzano i latti di altre specie animali?

a. nell’APLV b. nelle intolleranze multiple c. nei soggetti con storia

familiare positiva per atopia d. non sono praticamente

utilizzati

3 Quale latte trova indicazione nell’APLV?

a. latte di soia b. idrolisati spinti di proteine

del latte vaccino c. latti di altre specie animali d. formule basate su proteine

di riso

PR

ETES

T

CATEGORIEEsistono diverse categorie di latti speciali: formule idrolisate, formule elementari, latti di altre specie anima-li, formule di soia, formule ispessite, formule delattosate, latti di riso (tabel-

la 1). Le formule idrolisate si differen-ziano in base alla tipologia di proteine contenute, nella maggior parte dei ca-si di derivazione vaccinica, e in base al grado di idrolisi, parziale (PM>10.000 D) o estensiva (PM <1.500 D). Di-stinguiamo idrolisati di sieroproteine del latte e idrolisati di caseina. Le Extensively Hydrolyzed Formulas (EHFs) derivano dall’idrolisi esten-siva o “spinta” della caseina o delle sieroproteine del latte vaccino. L’aller-genicità di tali proteine viene ridotta attraverso l’idrolisi enzimatica, il trat-tamento termico e l’ultrafiltrazione. Nonostante una residua attività anti-

Pregestimil

In presenza di APLV con compromissionedella funzione digestivaed assorbitiva

Nutramigen 1 & 2 LGG

In presenza di APLV senza compromissione

della funzione digestivaed assorbitiva

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Tab. 1 Tipi di latte e indicazioni cliniche

APLV INTOLLERANZA

AL LATTOSIO RGE DERMATITE ATOPICA PREVENZIONE

EHFS ++ - - ++ ++

AA ++ - - ++ ++

PHWFS - - - - ++

ALTRE SPECIE ANIMALI - - - - -

LATTE DI SOIA + ++ - - -

LATTI ISPESSITI - - ++ - -

FORMULE DELATTOSATE - ++ - - -

LATTE DI RISO - - - - -

12 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

Percorso formativo (Pre e Post-test)

una potenziale alternativa nei casi di intolleranza al latte o alla soia. Il latte di riso è ricco in metionina e cisteina, ma possiede uno scarso valore nu-trizionale ed è un’incompleta risorsa di proteine, considerato l’inadeguato contenuto in lisina e treonina (5).I latti ispessiti con amido di riso o di mais, con farina di semi di carruba o con amilopectina e cellulosa sono indicati nel lattante affetto da reflusso gastroesofageo (RGE), per il mante-nimento di un adeguato stato nutri-zionale che permetta una crescita regolare. L’ispessimento del latte ne aumenta la densità calorica e quindi l’osmolarità, riduce la percentuale di rigurgito e vomito e favorisce l’incre-mento ponderale del lattante. Non ha effetti sul numero/ora degli epi-sodi di RGE né sul numero di episodi di reflusso della durata di più di 5 mi-nuti, ma riduce significativamente la durata dei reflussi con ph <4 (6).In letteratura si ritrovano dati discor-danti riguardo gli effetti dei latti ispes-siti sull’indice di reflusso. Tuttavia tali bevande risultano efficaci nel ridurre la sintomatologia del RGE non com-plicato e sono ben tollerate. (7)Le formule delattosate trovano impie-go nel deficit di lattasi congenito e nelle forme secondarie a malassorbimento, la maggior parte delle quali transitorie (gastroenteriti, Malattia celiaca, Malat-tia di Crohn) o da ridotta espressione della quota enzimatica inducibile re-sponsabile della comparsa di sintomi intestinali in soggetti che introducono eccessive quantità di substrato.Le formule fermentate sono espo-ste a batteri produttori di acido lattico durante il processo di produzione ma non contengono batteri vitali nel pro-dotto finale data l’inattivazione dovuta al calore. I dati pubblicati sono limitati e non permettono conclusioni sulle in-dicazioni terapeutiche. Un solo studio randomizzato considera la possibile ri-duzione della severità della diarrea nei bambini per stimolazione della crescita del bifidobacterium intestinale (8).

<<<< Bibliografia >>>>

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Risposte corrette: 1d.- 2c.- 3d- Risposte corrette: 1d.- 2c.- 3d-

1 I fitoestrogeni contenuti nel latte di soia:

a. possono interferire con l’assorbimento di minerali e di oligoelementi

b. determinano aumentato rischio di ipotiroidismo

c. possono determinare telarca prematuro

d. tutte le precedenti risposte

2 L’ispessimento del latte: a. ha effetti sul numero/ora

degli episodi di RGE b. ha effetti sul numero di

episodi di reflusso della durata di più di 5 minuti

c. riduce significativamente la durata dei reflussi con ph <4

d. non permette una crescita regolare

3 Le EHFs e le miscele amminoacidiche trovano inoltre impiego, se addizionate a olio MCT:

a. nell’enteropatia proteino-disperdente

b. nell’insufficienza bilio-pancreatica secondaria a fibrosi cistica

c. nell’atresia delle vie bilari d. tutte le precedenti risposte

PO

STTE

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Il latte di soia è stato introdotto per i bambini con intolleranza alle proteine del latte vaccino. per i possibili rischi concernenti i fitoestrogeni contenuti, l’utilizzo di tale formula è stato limitato a casi ristretti. I semi di soia conten-gono approssimativamente: 40% di proteine; 35% di carboidrati; 20% di lipidi e 5% di minerali. Le proteine del-la soia hanno un valore biologico infe-riore rispetto a quelle del latte vaccino e un pattern aminoacidico differente (minore contenuto in metionina, ami-noacidi a catena ramificata, lisina e prolina, mentre hanno un maggiore quantitativo di aspartato, glicina, ar-ginina e cistina). Le direttive dell’UE hanno definito il contenuto minimo proteico: deve essere maggiore (2.25 g/100 kcal), per sopperire alla poten-ziale minore digeribilità e biodispo-nibilità. L’acido fitico contenuto nelle proteine della soia può interferire con l’assorbimento di minerali e di oligoe-lementi, oltre che con il metabolismo dello iodio, per tale motivo è racco-mandata la sua riduzione quantitativa. Il contenuto in nucleotidi è maggiore rispetto sia al latte umano sia al latte vaccino. La quantità di alluminio con-tenuta è elevata e non si conoscono ancora gli effetti a distanza. È stato ri-scontrato un contenuto elevato in fito-estrogeni e, in particolare, di isoflavo-noidi, che sembrano determinare un aumentato livello di thyroid binding globulin (TBG), un aumentato rischio di ipotiroidismo e un telarca prema-turo. Dati gli effetti collaterali sugli animali, il contenuto dei fitoestrogeni nelle formule andrebbe ridotto. Le in-dicazioni all’utilizzo del latte di soia so-no costituite dall’intolleranza severa e persistente al lattosio, da galattosemia, da alcuni casi di allergie alle proteine del latte vaccino (prevalentemen-te nei casi IgE mediati e comunque dopo i sei mesi di vita previo test di scatenamento) e da eventuali usanze religiose o da motivazioni etiche (fa-miglia vegetariana). Non hanno ruolo invece nella prevenzione dei disturbi allergici né nella prevenzione e nel trattamento di coliti, rigurgiti e pianti inconsolabili (4). Le formule basate su proteine di riso erano inizialmente utilizzate come alimento ipoallergenico. In particola-re, le formule idrolisate sembravano

Abbott in Pediatria: una promessa per la vita. Nel cuore di questa promessa c’è

la cura della salute del bambino. Un’attenzione che va oltre la ricerca e la produzione di

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14 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

Training and Educational Corner

INTRODUZIONEL’aria espirata viene utilizzata come fluido biologico per scopi diagnostici in molte branche mediche, tra cui la gastroenterologia. La prima descrizio-ne di questa opportunità clinica risale a circa 40 anni fa (1), quando venne pubblicato l’impiego della metodi-ca basata sulla ricerca dell’idrogeno (H2) nell’espirato umano. I breath test (BT), analisi del respiro, sono da allora diventati parte integrante e im-portante degli studi gastrointestinali e nutrizionali. Oltre all’analisi dell’H2 si possono utilizzare isotopi stabili per eseguire BT con carbonio 13. Quest’ul-tima metodica è entrata nella pratica clinica solo per la diagnosi di infezione da Helicobacter pylori, mentre i BT all’H2 (BTH) sono una metodica non invasiva correntemente applicata per studiare il malassorbimento intestina-le dei carboidrati, il tempo di transito intestinale e la contaminazione batte-rica dell’intestino tenue.

METODICAIl principio su cui si basano i BTH è molto semplice (figura 1): le cellule di mammifero non possono produrre H2, solo la fermentazione batterica lo può fare e solitamente il substrato è rappresentato dai carboidrati indi-geriti o indigeribili presenti nel gros-so intestino. Una quota di soggetti possiede una microflora intestinale metanogenica, che nel colon sinistro produce metano attraverso la ridu-zione di H2 e anidride carbonica, con conseguente consumo di H2 e pos-sibilità di falsi negativi. L’H2 prodotto nel lume colonico viene eliminato con il flato e una quota costante, circa il

20%, viene assorbito e veicolato ai polmoni attraverso il circolo ematico. La quantità di H2 presente nell’espi-rio può essere misurata con semplici apparecchiature elettrochimiche o gas-cromatografiche, e può segnala-re l’avvenuta fermentazione nel tratto gastrointestinale. La figura 2 mostra a confronto il gold standard analitico, la gas-cromatografia per H2 e metano, e un piccolo strumento portatile elet-trochimico per H2. Lo strumento gas-cromatografico necessita di semplici ma attente operazioni di calibrazione e di tempi di analisi di pochi minuti per ogni singolo campione di espirato, che deve essere raccolto in apposite sacche per ottenere aria alveolare. Per i soggetti non collaboranti, per esempio lattanti o neonati, si possono adattare maschere utilizzate in tutti i reparti di pediatria di varie misure, come quelle impiegate per la ventila-zione con palloni Ambu. La metodica elettrochimica si basa sulla reazione elettrolitica dell’H2 e dell’ossigeno ambientale su due elettrodi; la reazio-ne genera una corrente elettrica pro-porzionale alla concentrazione di H2 con segnale in uscita inviato a un mi-

croprocessore che campiona i picchi di concentrazione nel gas espirato e li visualizza direttamente su un display a cristalli liquidi. Con entrambe le meto-diche è necessario un adeguato digiu-no, che per l’adulto deve durare alme-no 8 ore, per permettere di liberare l’intestino da materiale fermentabile. Il test non deve essere eseguito do-po terapie antibiotiche (almeno due settimane di distanza), lassative o con soluzioni elettrolitiche. Inoltre, il giorno precedente vanno evitate fibre, per la presenza di carboidrati non assorbibili, e come ultimo pasto prima del digiu-no è consigliabile far consumare cibi poco conditi e con sostanze di facile digeribilità (per esempio, riso, carne lessa, o alla griglia, e acqua).Prima di somministrare lo zucchero prescelto si otterrà un campione di espirato basale per misurare la con-centrazione di partenza di H2 espres-sa in parti per milione (ppm). Le solu-zioni zuccherine vanno preparate alla concentrazione del 20% e con un do-saggio massimo nei bambini di 20-25 grammi (g) iniziando con le seguenti dosi per kg di peso corporeo: il lattosio e il saccarosio si utilizzano a una dose

Breath test all’idrogenoSi tratta di una metodica diagnostica non invasiva utilizzata per studiare il malassorbimento di carboidrati, la contaminazione batterica dell’intestino tenue e il tempo di transito intestinale. Con molti vantaggi. E qualche inconveniente

Sergio AmarriPediatria, Azienda Ospedaliera S. Maria Nuova di Reggio Emilia

a cura diSilvia Salvatore

Fig.1 Principio sul quale si basa la metodica Fig. 2 A sinistra lo strumento elettro-chimico, con maschera per bambini piccoli, a destra il gas-cromatografo

H2 può essere prodotto dalla fermentazione di carboidrati non assorbiti ( es. lattosio) o nonassorbibili (es. lattulosio), nel colon o in tratti prossimali in presenza

di contaminazione batterica dell’intestino tenue

(contaminazione batterica)glucosio

lattulosiolattosio

colonintestino tenue

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di 2 g, il glucosio a 1g e il fruttosio a 0.3-0.5g. Di norma, il BTH dura tre-quattro ore con campionamenti ogni 30 minuti, che potranno diventare più frequenti in caso di studio della motilità. L’esame va eseguito con il paziente a riposo e sveglio, per evitare l’eventuale ipoventilazione del sonno o l’iperventilazione da affaticamento, che possono alterare i risultati. La quota di soggetti che non produce H2 varia tra il 5 e il 42% (4), va tut-tavia sottolineato come questa quota si riduca significativamente quando il test si protrae per 8 ore (S); nella pratica clinica corrente la necessità di contenere i tempi di esecuzione deve quindi tener conto di potenziali falsi negativi tra i pazienti.

INDICAZIONI Il lattosio BTH può essere impiegato nell’iter diagnostico dei dolori addomi-nali ricorrenti o in presenza di diarrea cronica, qualora si sospetti un’intolle-ranza al lattosio. È considerato il test indiretto più accurato per studiare l’at-tività della lattasi, poiché misura l’enzi-ma in tutto il piccolo intestino, anziché in zone circoscritte come normalmen-te avviene nelle biopsie intestinali. Il test risulterà positivo quando potremo osservare un innalzamento persisten-te nella concentrazione di idrogeno, di 10 ppm rispetto alla linea di base (al-cuni centri utilizzano un cut off di 20 ppm che aumenta la specificità, ma diminuisce la sensibilità). Mentre sarà negativo se comparirà una fluttuazio-ne intorno ai bassi valori basali. Nei soggetti positivi sarà quindi possibile passare da una sospetta intolleranza a una diagnosi di maldigestione di lat-tosio (2) (figura 3). Studi eseguiti con carichi fisiologici di lattosio (3) danno una specificità quasi assoluta, ma una sensibilità inferiore al 60%. Un’altra applicazione del BTH è la misurazio-ne del tempo di transito intestinale col lattulosio. Questo disaccaride non assorbibile, produrrà infatti H2 solo al suo ingresso nel colon: il primo picco rilevato misura il transito oro-cecale.Questa misurazione ci dà una stima utile del transito, ma non distinguibile dall’azione degli enzimi batterici. Gli

stessi processi possono infat-ti avvenire pre-co cemen te nel piccolo in-testino quan-do esistano condizioni di colonizzazio-ne batterica: il picco di H2 è tanto più anti-cipato quanto più prossima-le è la sovra-i n f e z i o n e batterica. Un campione basale molto elevato (>10 ppm) a cui si associa un picco dopo ingestione di lattulosio consente una diagnosi riportata al 100% di specifi-cità per contaminazione dell’intestino tenue (5). Questo test viene general-mente impiegato per studi clinici di fi-siopatologia gastrointestinale. Inoltre, il BTH al lattulosio è utilizzato anche per svelare la capacità dei soggetti a produrre H2: la mancata presenza di un picco di 20 ppm dopo sommini-strazione di 20 g di lattulosio indica che il soggetto non produce H2 e che darà esito a falsi negativi se sottoposto ad altri BTH.Un’alternativa è l’impiego di glucosio, che ha solida letteratura anche in età infantile, poiché consente di svelare la contaminazione batterica dell’in-testino tenue in bambini con diarrea cronica e dolori addominali (5). An-che pazienti di pertinenza chirurgica (per esempio, resezioni intestinali e stomie), possono avvantaggiarsi di questo test così poco invasivo e di mi-nore durata (90 minuti). Lo studio del malassorbimento dei monosaccaridi, come il fruttosio, è meno applicabile nella pratica clinica, ma può essere utilizzato nei bambini con diarrea cro-nica e dolori addominali.

LIMITII vantaggi del BTH sono la non-inva-sività, il costo non alto (i substrati co-stano pochi euro mentre il costo del personale porta la cifra totale a 150 euro circa), la semplicità di esecuzio-

ne e la possibilità di ripetizione anche per testare l’efficacia terapeutica. La sensibilità di questa procedura dia-gnostica è tuttavia spesso ridotta da una quota variabile di flora batterica non produttrice di H2. Per ovviare a questo inconveniente si può determi-nare il contenuto di metano, secon-do gas prodotto dalla fermentazione batterica, nell’espirio dei soggetti con flora non produttrice di H2. Inoltre, nei bambini molto piccoli non sempre i risultati sono facilmente interpretabi-li a causa dell’influenza di fattori ex-traintestinali, come l’iperventilazione. Nonostante questi limiti i BTH sono molto utili e graditi nella pratica clinica gastroenterologica, in attesa di metodi ancora più affidabili che possano evi-tare tecniche invasive come biopsie e sondaggi intestinali.

<<<< Bibliografia>>>>

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4. Kerlin P, Wong L, Harris B, Capra S. Rice flour, breath hydrogen, and malabsorption.Gastroenterology 1984;87:578-85.

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Fig. 3 Curve tipiche di H2 breath test

a. Esame negativo o soggetto che non produce H2b. BTH positivo per maldigestione di lattosioc. Colonizzazione alta dell’intestino tenue dopo la somministrazione di glucosio

a

b

minuti

pp

m

c

16 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

Asking Questions in Immunologia, Microbiologia e Genetica

RILEVANZA CLINICALa malattia di Hirschsprung (HSCR) è una malformazione congenita dell’in-testino caratterizzata da assenza di gangli intramurali nel plesso mienteri-co e sottomucoso in porzioni terminali del colon di lunghezza variabile, che comporta costipazione intestinale nel neonato e stipsi nell’adulto. La diagno-si generalmente avviene nel periodo neonatale, seguita da trattamento chi-rurgico. La gravità della malattia correla con la lunghezza del tratto agangliare, che può giungere (o oltrepassare) la porzione retto-sigmoidea nelle for-me rispettivamente corte (S-HSCR) e lunghe (L-HSCR) di HSCR. Nei casi più gravi si definisce total colonic aganglio-nosis (TCA) e total intestinal aganglio-nosis, il coinvolgimento rispettivamente dell’intero colon o di tutto l’intestino (1). L’incidenza di HSCR è 1/5.000 nati vi-vi e varia significativamente tra gruppi etnici. È stata riportata una evidente di-storsione nel rapporto maschi/femmi-ne, più alto nei maschi, sia per le più frequenti forme S-HSCR (4.2-4.4) che per quelle più rare L-HSCR (1.2-1.9) (2). HSCR si presenta come carattere isolato nel 70% dei casi, con un difetto cromosomico nel 12% e con anomalie congenite nel 18% dei pazienti (1).

CONOSCENZE ATTUALIL’eziologia genetica di HSCR è soste-nuta da tempo da: aumentato rischio di ricorrenza per i fratelli di affetti (4%); prevalenza nei maschi; associazione con altre patologie genetiche; modelli animali affetti da aganglia del colon trasmissibile.

Inoltre, l’alta proporzione di casi spo-radici (80%), l’espressività variabile (variabilità del tratto agangliare tra membri della stessa famiglia) e la pe-netranza incompleta (apparenti salti di generazione nella trasmissione) avevano già suggerito sia un modello complesso di ereditarietà (malattia multifattoriale) sia il coinvolgimento di più geni (eterogeneità genetica) nella patogenesi dell’HSCR (2).

Genetica dell’HSCR isolatoL’osservazione di una delezione de novo del cromosoma 10 (del 10q 1.2-q21.2) in un paziente affetto da TCA ha fornito a suo tempo il primo indizio all’identificazione di RET qua-le gene responsabile di HSCR (1). Il 50% delle forme familiari di HSCR, e il 7-35% di quelle sporadiche, è causa-to da piccole delezioni o da inserzioni intrageniche e da mutazioni nonsen-so, missenso o di splicing di questo gene, distribuite su tutta la sua lun-ghezza e caratterizzate da perdita di funzione (loss of function) della pro-teina. Il proto-oncogene RET codifica per un recettore tirosin-chinasico cru-ciale nella proliferazione, migrazione e differenziazione di precursori neuro-nali della cresta neurale, nonché nello sviluppo del rene, delle placche del Peyer e nella spermatogenesi (1).Altri loci, correlati a RET e allo sviluppo del sistema nervoso enterico, sono ri-sultati coinvolti nel 5-10% di tutti i ca-si HSCR (GDNF, NRTN, ECE1, EDN3, EDNRB, SOX10, ZFHX1B, PHOX2B, KIAA1279), mentre sono stati mappa-ti geni di suscettibilità in 3p21, 9q31 e 19q12 (1).Solo in parte dei pazienti la patologia è spiegabile con mutazioni dei sud-

detti geni, mentre varianti geniche comuni le conferiscono suscettibilità. In particolare, un aplotipo del gene RET di circa 30Kb e comprendente il promotore, è risultato conservato in diverse popolazioni, sovra-rappresen-tato nei pazienti HSCR (60% vs 22% nei controlli) e associato a una ridotta espressione del gene (3). Tale effetto predisponente sembra dovuto a un polimorfismo dell’introne 1, localizza-to in un enhancer di espressione la cui attività risulta notevolmente ridotta in presenza dell’allele HSCR (4). Ciò potrebbe spiegare la patogenesi della malattia in assenza di mutazioni cau-sative di RET.Un allele protettivo verso l’insorgen-za della malattia è stato inoltre iden-tificato in quanto sotto-rappresentato in pazienti HSCR rispetto ai controlli. Tale variante del 3’UTR di RET inter-ferisce con il normale decadimento dell’RNA messaggero di RET, rallenta la degradazione fisiologica dell’mR-NA e porta a un aumento del pro-dotto di trascrizione tale da spiegare l’effetto protettivo (5).

Genetica dell’HSCR sindromicoLa precisa definizione di entità asso-ciate a HSCR è cruciale per la progno-si, la consulenza genetica e la ricerca di geni candidati. Le forme sindromi-che di HSCR si distinguono in:Anomalie cromosomicheLa trisomia 21 (Sindrome di Down) è presente nel 2-10% dei casi HSCR. Alcune delezioni interstiziali sono state cruciali per identificare geni coinvolti in HSCR: 10q11.2 (gene RET); 13q22.1-32.1 (gene EDNRB); 2q22-23, associata alla sindrome di Mowat-Wilson (gene ZFHX1B) (1).

La malattia di Hirschsprung:il contributo della geneticaÈ una malformazione congenita dell’intestino che comporta costipazione nel neonato e stipsi nell’adulto. Il contributo della genetica per meglio comprendere una patologia per certi versi ancora sconosciuta

Isabella CeccheriniLaboratorio di Genetica Molecolare, Istituto Giannina Gaslini di Genova

a cura diGraziano Barera

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Sindromi associate Neoplasie Endocrine Multiple di tipo 2 (MEN2A e MEN2B) associate a mutazioni gain of function di RET; HSCR presente nel 20% dei casi di Sindrome da Ipoventilazione Centrale Congenita (CCHS), e più raramente di neuroblastoma, in presenza di mutazioni di PHOX2B; Sindrome di Waardenburg (WS) causata da mutazioni omozigoti di geni della via delle endoteline (EDN3 e EDNRB) e mutazioni ete-rozigoti del gene SOX10 (1); Sindromi di Goldberg-Shprintzen, Bardet-Biedl (BBS), McKusick-Kauf-fman (MKKS0) e Smith-Lemli-Opitz (SLO) possono presentare HSCR.

Anomalie isolateAnomalie senso-neurali, difetti della porzione distale degli arti superiori, della pelle, dei genitali, del rene e malforma-zioni cardiache presentano un’incidenza variabile (5-30%) tra i casi HSCR(1).

DALLA RICERCA ALLA DIAGNOSICausa l’ereditarietà complessa di HSCR, e dunque della scarsa correla-zione genotipo-fenotipo, lo screening di mutazioni risulta tuttora poco utile per scopi diagnostici, con l’eccezione dell’analisi degli esoni 10 e 11 del gene RET ove possono trovarsi muta-zioni che predispongono alla MEN2A. Nei casi sindromici di HSCR, il ricono-scimento tempestivo della sintomato-logia associata può invece orientare lo screening di mutazioni verso un’effi-cace diagnostica molecolare.

Rischio di ricorrenza di HSCR in membri della famiglia di un probando Molti genitori di probandi non sono affetti pur portando la muta-zione del figlio; la storia familiare risulta dunque spesso negativa a causa della penetranza incompleta e dell’espressività variabile. Per lo stesso motivo, non è possibi-le prevedere il rischio di sviluppo di HSCR per fratelli di un proban-do che ha ereditato una mutazione da un genitore, sia esso affetto sia non affetto. Se invece il probando non è portatore di apparenti muta-zioni causative, è necessario ricor-rere alle stime empiriche di rischio,

tabulate da Badner et al nel 1990. In particolare:

a. il rischio complessivo dei fratelli di un probando è 4% (contro lo 0.02% della popolazione generale);

b. i l rischio è più alto per i fratelli di probandi affetti da L-HSCR e di-pende dal sesso sia del probando sia del fratello;

c. quando il probando è affetto da una forma corta, il rischio per i fra-telli è più basso (tabella 1).

Nella progenie del probando ciascun figlio avrà una probabilità del 50% di aver ereditato un’even-tuale mutazione. Tuttavia, potreb-be non svilupparsi HSCR oppure svilupparsi con un grado di gravità che non si può predire. Nel caso invece di HSCR a eziologia scono-sciuta, la progenie è soggetta a un rischio aumentato, sebbene stime precise non siano disponibili.

Diagnosi prenataleGeneralmente non si effettua diagno-si prenatale poiché un feto, eventual-mente identificato come portatore di una mutazione potenzialmente pa-togenetica, potrebbe non sviluppare mai la malattia.

PROSPETTIVE TERAPEUTICHELa chirurgia di HSCR prevede la ri-mozione del tratto di intestino affetto dall’aganglia e si avvale di tecniche ormai ben standardizzate, recente-mente anche laparoscopiche (6).L’utilizzo di precursori neuronali cel-lulari dell’intestino, isolati da tessuti umani, potrebbe invece aprire la stra-da a un approccio di terapia cellulare. A questo riguardo vi è già un’ampia serie di esperimenti disponibili, effet-tuati in vitro e nei modelli animali, che dimostrerebbero la possibilità di trasfe-rire cellule pluripotenti nell’intestino, inducendone la migrazione e il diffe-renziamento in neuroni e glia (7).

Take home messages» HSCR è una malformazione congenita

dell’innervazione intestinale con ereditarietà di tipo complesso;

» RET è il principale gene in HSCR ove si presenta con mutazioni della porzione codificante o, più frequentemente, con una variante a bassa penetranza sita in un elemento dell’introne 1 che regola l’espressione di RET;

» la penetranza delle mutazioni di RET è incompleta e dipendente dal sesso;

» la correlazione genotipo-fenotipo è scarsa;» HSCR è anche geneticamente eterogeneo

con il coinvolgimento di altri geni;» il gene RET ha un ruolo nella penetranza

di HSCR in alcune ma non in tutte le forme sindromiche.

<<<< Bibliografia>>>>

1. Amiel J, Sproat-Emison E, Garcia-Barcelo M, Lantieri F, Burzynski G, Borrego S, Pelet A, Arnold S, Miao X, Griseri P, Brooks A, Antinolo G, De Pontual L, Clement-Ziza M, Munnich A, Kashuk C, West K, Wong K, Lyonnet S, Chakravarti A, Tam P, Ceccherini I, Hofstra R, Fernandez R. Hirschsprung disease, associated syndromes and genetics: a review. J Med Genet 2008;45:1-14.

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3. Griseri P, Bachetti T, Puppo F, Lantieri F, Ravazzolo R, Devoto M, Ceccherini I. A common haplotype at the 5’ end of the RET proto-oncogene, over-represented in Hirschsprung patients, is associated with reduced gene expression. Human Mutation 2005;25:189-195.

4. Emison ES, McCallion AS, Kashuk CS, Bush RT, Grice E, Lin S, Portnoy ME, Cutlerh DJ, Green ED, Chakravarti A. A common sex-dependent mutation in a RET enhancer underlies Hirschsprung disease risk. Nature 2005;434:857-863.

5. Griseri P, Lantieri F, Puppo F et al. A common variant located in the 3’UTR of the RET gene is associated with protection from Hirschsprung disease. Hum Mutat 2007;28(2):168-76.

6. Langer JC, Durrant AC, de la Torre L et al. One-stage transanal Soave pullthrough for Hirschsprung disease: a multicenter experience with 141 children. Ann Surg 2003;238(4):569-83; discussion 583-5.

7. Heanue TA, Pachnis V. Enteric nervous system development and Hirschsprung’s disease: advances in genetic and stem cell studies. Nat Rev Neurosci 2007;8(6):466-79.

Tab. 1 Rischi di ricorrenza stimati empiricamente sulla base della lunghezza dell’aganglia

PROBANDO FRATELLORISCHIO DI HSCR (%)

QUANDO IL PROBANDO È AFFETTO DA:

L-HSCR S-HSCR

MASCHIOMaschio 17 5

Femmina 13 1

FEMMINAMaschio 33 5

Femmina 9 3

18 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

Minimum standard in endoscopia

I risultati offerti al giorno d’oggi dalla tecnica endoscopica sia dal punto di vista diagnostico sia da quello tera-peutico la rendono una branca impre-scindibile della moderna gastroente-rologia anche in età pediatrica, tanto da giustificarne una razionale diffu-sione su tutto il territorio. Sono quindi necessari pianificazioni e investimenti da parte delle diverse amministrazio-ni sanitarie affinché vengano garantite sempre condizioni di ottemperanza a certi requisiti minimi, almeno sul piano qualitativo, che offrano la sicu-rezza sia del paziente sia degli opera-tori. Questo impegno di risorse deve avere delle basi strutturali: consistono essenzialmente nella disponibilità di determinate caratteristiche ambienta-li, di strumentazione e di personale.Non si tratta di concetti generici ma di principi concreti e norme che, anche se talvolta lacunose, contribuiscono a definire degli standard qualitativi al di sotto dei quali la pratica endoscopica non raggiunge un grado sufficiente di sicurezza ed efficacia.

LA SALA OPERATORIAPer quanto riguarda le caratteristiche ambientali, c’è da rilevare innanzi tutto una sostanziale mancanza di direttive ministeriali specifiche. Tuttavia, poiché la particolarità del paziente pediatrico comporta la necessità di un frequen-te ricorso alla sedazione profonda o all’anestesia generale, vedi le Linee guida per la sedazione in endoscopia in età pediatrica e altre pubblicazio-ni (1,6), si impone l’osservanza delle norme previste proprio dalla pratica anestesiologica. Per questo utilizzo infatti la sala endoscopica dovrebbe possedere a tutti gli effetti i requisiti

di una sala operatoria (figura 1). E, a questo punto, gli standard di riferi-mento diventano più precisi. Viene definito dunque un locale di una metratura minima di 25-30 metri quadri, costruito con pareti e soffitti lavabili, disinfettabili e impermeabili ai contaminanti, dotato di pavimento antistatico, possibilmente senza spi-goli né angoli, con comodi accessi per ogni tipo di barella, insonorizzato e condizionato, fornito di illuminazio-ne artificiale variabile/concentrabile che non interferisca con i monitor (lampade scialitiche). L’impiantistica di supporto ovviamente deve preve-dere servizi igienici idonei anche per i portatori di handicap e impianti a norma per quanto riguarda l’energia elettrica, l’aspirazione e l’erogazio-ne di ossigeno e gas medicali. Non

devono mancare poi muri schermati per l’utilizzo di apparecchi radiologici mobili (intensificatore di brillanza).A prescindere dalla specifica stru-mentazione endoscopica, la dota-zione del locale adibito a sala en-doscopica deve disporre innanzi tutto dei sistemi di monitoraggio dei parametri vitali (pressione arteriosa, saturimetro, capnometro, ECG) da utilizzare durante la sedazione con-scia e, oltre a questo, delle apparec-chiature di uso durante la sedazione profonda e l’anestesia generale, che siano adeguate o modulabili per tutta la gamma dei pazienti pediatrici. Questo richiede un ambiente munito anche di un impianto di aspirazione dedicato all’anestesia, indipendente da quello utilizzato dall’endoscopi-sta e, naturalmente, un sistema di

Organizzazione della sala endoscopicaL’endoscopia diagnostica e terapeutica è una pratica imprescindibile della moderna gastroenterologia pediatrica, la cui disponibilità deve essere razionalmente diffusa sul territorio, nel rispetto di condizioni che garantiscano massima competenza, efficienza e sicurezzaDiego FalchettiS.C. di Chirurgia Pediatrica, A.O. Niguarda Cà Granda di Milano

a cura diFilippo Torroni Giovanni Di Nardo

Fig 1. Sala endoscopica con standard di sala operatoria e dotata di:- apparecchiature per il monitoraggio dei parametri vitali (pressione arteriosa, saturimetro, capnometro, ECG);- aspiratori per endoscopio e per vie aeree separati; - erogatori di ossigeno;- materiale per la rianimazione in carrello separato; - apparecchio di anestesia con sistema di evacuazione dei gas anestetici

Organizzazione della sala endoscopicaL’endoscopia diagnostica e terapeutica è una pratica imprescindibile della moderna gastroenterologia pediatrica, la cui disponibilità deve essere razionalmente diffusa sul territorio, nel rispetto di condizioni che garantiscano massima competenza, efficienza e sicurezzaDiego FalchettiS.C. di Chirurgia Pediatrica, A.O. Niguarda Cà Granda di Milano

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evacuazione dei gas anestetici. Per quanto riguarda il lettino, è opportu-no che possieda le caratteristiche di adattabilità a ogni tipo di paziente, dal lattante all’adolescente, a quello con deformità o con decubito obbligato. Deve avere poi una struttura radiotra-sparente: tali prerogative si riscontra-no nei lettini chirurgici articolati.Il locale deve essere dotato di armadi e scaffalature che consentano il facile e pronto reperimento di quanto possa rendersi improvvisamente necessario durante l’esecuzione di una procedura endoscopica. È indispensabile inoltre poter disporre anche di armadi refri-gerati per la conservazione di farmaci, emoderivati e di materiale biologico.Nell’ambiente devono essere dispo-nibili uno o più carrelli per il materiale d’uso nell’attività routinaria (venipun-tura, anestetici topici spray, boccagli, guanti, lubrificanti, pinze, provette, anse diatermiche, ecc), ben diffe-renziati da quello per l’assistenza in emergenza (maschere, sonde ET, ambu, farmaci e altro materiale per l’emergenza), possibilmente distinti anche per codice-colore. Il carrello per l’emergenza deve comprendere, come da norma, tutto il necessario per una pratica rianimatoria, incluso il defibrillatore costantemente carico.Per quanto riguarda il materiale di con-sumo e tutti gli accessori indispensa-bili, è opportuno tener conto che, per evitare imprevisti, dovrebbero essere sempre in dotazione doppia.Senza entrare nei dettagli delle mo-dalità di reprocessing degli strumenti, è da sottolineare quanto prevede la legge: annesso alla sala endoscopica, ma separato da essa, deve trovarsi un locale per la pulizia, la disinfezione e la sterilizzazione composto da una zona “sporca” per il primo lavaggio e da una zona“pulita”, con acqua ste-rile e demineralizzata per il lavaggio post-disinfezione.Sempre per legge è previsto che sia annesso alla sala operatoria un locale per il risveglio, attrezzato per le prime eventuali manovre rianimatorie, e con la possibilità di sistemazione successi-va del paziente in un letto di degenza anch’esso fornito di impianti tecnici di erogazione di ossigeno e di aspirazio-

ne dove, una volta terminata la fase di risveglio, il paziente verrà osservato in un ambiente protetto fino al soddisfa-cimento dei criteri di dimissibilità.

STRUMENTAZIONELa dotazione strumentale minima di un centro efficiente di endoscopia pe-diatrica deve comprendere ovviamen-te gli endoscopi con i calibri più sottili, ma data la vasta gamma di dimensio-ne dei pazienti, è indispensabile poter disporre anche di calibri - e di canali operatori - maggiori, utili soprattut-to nelle procedure operative. Anche gli strumenti di utilizzo più frequente dovrebbero teoricamente essere di-sponibili in dotazione doppia. Per l’en-doscopio a visione laterale i limiti fisici (e le indicazioni, che determinano uno scarso interesse da parte dell’industria) fanno sì che tuttora lo strumento più sottile sia a fibre ottiche (figura 2).In rare occasioni può essere indi-spensabile uno strumento di calibro inferiore ai 6 mm che possegga un canale operatore utilizzabile alterna-tivamente per gli strumenti operativi - naturalmente dedicati - e anche per l’insufflazione: il compromesso mi-gliore in commercio viene definito ne-fro-coledocoscopio (è evidente la sua duttilità d’uso, anche se fra le possibili applicazioni non viene considerata specificatamente l’età pediatrica).Sempre tra la dotazione opzionale più utile in endoscopia, sono da con-siderare: il generatore APC, il laser e l’ecoendoscopio, insieme al sistema per la videocapsula. Una trattazione dettagliata sulle caratteristiche e le in-dicazioni d’uso di questi apparecchi, che non sono ragionevolmente alla portata di tutti i centri di endoscopia pediatrica, esula dal presente articolo.

MATERIALE DI CONSUMOA tutta questa dotazione va natural-mente associato il necessario materia-le di consumo per attività diagnostica e operativa (pinze varie incluse quelle per il recupero di c.e., anse diatermiche, fili-guida, dilatatori, aghi iniettori, appli-catori di legature elastiche, applicatori di clips, papillotomi, ecc), il cui elenco e le rispettive quantità sono variabili se-condo l’attività dei singoli centri. A questo proposito va detto che il li-vello qualitativo delle prestazioni for-nite è generalmente proporzionale a quello quantitativo, pertanto risulta vantaggioso, anche dal punto di vista economico, investire in quei centri che possano garantire questo circolo virtuoso e che parallelamente pos-sano espletare un servizio completo, giustificato da una competenza sia diagnostica sia terapeutica.

<<<< Bibliografia >>>>

1. Linee guida per la sedazione in endoscopia digestiva in età pediatrica SIED - SIGENP - ANOTE. Ed. Area Qualità S.r.l. Milano, 2001.

2. De’Angelis GL. L’endoscopia digestiva in età pediatrica e giovanile. Ed. EMSI Roma, 2002.

3. Cosentino F, Battaglia G, Ricci E. L’endoscopia pediatrica. Ed. Area Qualità S.r.l. Milano, 2003.

4. Consensus statement sul sanguinamento gastrointestinale in età pediatrica, SIGENP - SIED - SICP - IPPE. Ed. Area Qualità S.r.l. Milano, 2005.

5. Modifications in endoscopic practice for pediatric patients. Gastrointestinal endoscopy 2008;67(1):1-9.

6. Consensus statement sulle urgenze endoscopiche non emorragiche in età pediatrica SIGENP - SIED - SICP - IPPE. Ed. Area Qualità S.r.l. Milano, 2008.

Fig. 2 Dotazione strumentale minima

GASTROSCOPIA Gastroscopio pediatrico Ø ≅ 8mm Gastroscopio Ø ≅ 11mm e canale operatore ≅ 2.8 mmGastroscopio neonatale (“nasale”) Ø ≅ 6mm (c.op. ≅ 2 mm)

COLONSCOPIA Colonscopio pediatrico Ø ≅ 11mmColonscopio Ø ≅ 13mm

DUODENOSCOPIA Duodenoscopio “pediatrico” Ø ≅ 11mmDuodenoscopio (fi bre ottiche) “neonatale” Ø ≅ 8mm

HLA e celiachiaUn utile test per escludere la malattia in situazioni cliniche particolari

La celiachia è una causa frequente di infiammazione cro-nica dell’intestino. È caratterizzata da un’enteropatia in-dotta dal glutine della dieta in soggetti predisposti gene-ticamente. La dimostrazione di un danno della mucosa duodenale a dieta contenente glutine è un punto centrale della diagnosi di celiachia; la presenza in circolo di anti-corpi anti-endomisio (EMA) e/o anti-transglutaminasi (tTG) sono un criterio aggiuntivo per la diagnosi, come anche la presenza di alcuni aplotipi HLA. La celiachia è associata in particolare alla presenza di due aplotipi del sistema HLA, il DQ2 e il DQ8 (1), nonché quin-di con il DR3, DR5 e DR7 (2). Formalmente sono quat-tro gli aplotipi oggi riconosciuti in quanto associati alla celiachia (tabella 1): DRB1*03-DQB1*0201-DQA1*0501 (DR3-DQ2); DRB1*07- DQB1*0202-DQA1*0201 (DR7-DQ2); DRB1*11/12- DQB1*0301-DQA1*0501(DR5-DQ7); DRB1*04-DQB1*0302-DQA1*0301(DR4-DQ8). Tuttavia, solo il primo e l’ultimo sono considerati in gra-do di determinare effettivamente un rischio di celiachia. Circa il 90-95% dei celiaci è portatore dell’eterodime-ro denominato DQ2, formato dalla catena β codificata dall’allele DQB1*02 e dalla catena α codificata dall’allele

DQA1*05 (1). Questo eterodimero “celiaco” è denomi-nato anche DQ2.5. La molecola del DQ2 può essere ere-ditata sia in cis che in trans. Nel primo caso, sia la catena α (DQB1*02) sia la catena β (DQA1*05) sono localizza-te sullo stesso cromosoma (configurazione in cis) in un solo aplotipo con DRB1*03; nel secondo caso, gli alleli sono localizzati su due cromosomi differenti (in trans). Nei soggetti che sono DQ2 omozigoti, tutte le molecole DQ sono DQ2; in quelli eterozigoti per DR3, il 50% delle molecole DQ sono DQ2 (3). Solo il 2% della popolazione è omozigote per DR3 e, in questo gruppo, rientra circa il 25% di tutti i celiaci. La molecola HLA-DQ2 formata dal DQA1*0201 e dal DQB1*0202 è denominata DQ2.2 e ha virtualmente le stesse proprietà di legame dell’HLA-

DQ2.5 (4). L’HLA-DQ2.2 non predispone per la celiachia se non è associato all’HLA-DQ2.5 (1). La maggior parte dei celiaci DQ2 negativi (5-10%) presenta l’eterodime-ro DQ8 formato dalla catena β e α codificate dagli alleli DQB1*0302 e DQA1*0301 rispettivamente e associati in cis con il DR4 (1,5). Un piccolo numero di pazienti manca di entrambi questi eterodimeri e presenta o solo il DQB1*02 o solo il DQA1*05 (6). Solamente lo 0.5% dei pazienti celiaci non è né DQ2 né DQ8 positivo.

Genetica e ereditarietàLa suscettibilità alla celiachia è dipendente dalla dose ge-nica, questo vuol dire che l’omozigosi per l’HLA-DQ2 è associata con un rischio almeno cinque volte mag-giore di sviluppare la malattia rispetto all’eterozigosi DQ2, e l’individuo omozigote con gli alleli DQB1*02 e DQA1*05 in cis su entrambi i cromosomi o con un secondo DQB1*02 in un altro aplotipo (ad esempio, DQ2.5/DQ2.5 o DQ2.5/DQ2.2) ha un rischio ancora maggiore di ammalarsi (7). Usando un campione molto ampio di pazienti europei, Margaritte-Jeannin et al (8) hanno recentemente dimostrato che il rischio maggiore

è per i portatori DQ2 che esprimo-no due copie dell’allele DQB1*02 ( D Q A 1 * 0 5 0 1 - D Q B 1 * 0 2 0 1 /DQA1*0501-DQB1*0201 e DQA1* 0501-DQB1*0201/DQA1*02-DQB1*02). C’è un rischio medio per i soggetti DQ2/non-DQ2 e un rischio basso per i soggetti non-DQ2/non-DQ2. Inoltre, il rischio relativo è diverso tra i vari paesi europei: un rischio più alto è stato infatti dimostrato solo nella po-polazione delle regioni meridio-nali dell’Italia e della Francia per

i soggetti DR5/DR7 portatori dell’eterodimero in trans, rispetto agli individui DR3/DRx portatori dell’eterodi-mero in cis. Oltre la suscettibilità genetica, anche l’ereditarietà degli alleli HLA influenza il fenotipo clinico della malattia: l’omozigosi HLA-DQB1*0201 predispone, per esempio, a un severo danno intestinale, a un esordio precoce della malattia o allo sviluppo di forme refrattarie o di compli-canze gravi della malattia, come il linfoma. È stato pre-cedentemente dimostrato, inoltre, che cellule presentan-ti l’antigene omozigoti per l’HLA-DQ2 sono in grado di indurre in maniera molto più efficace la proliferazione delle cellule T e la produzione di citochine, rispetto ai soggetti eterozigoti per il DQ2. Questo potrebbe spiegare

Renata Auricchio, Andrea Del Mastro e Riccardo TronconeDipartimento di Pediatria, Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti (ELFID), Università degli Studi “Federico II” di Napoli

DRB1 DQA1 DQB1 SEROLOGICAL TYPING NOTATION

03 0501 0201 DR3-DQ2

07 0201 0202 DR7-DQ2

11/12* 0505 0301 DR5/DQ7

04 0301 0302 DR4-DQ8

Tab.1 Aplotipi che determinano suscettibilità alla malattia celiaca

* Occasionalmente, è stato trovato anche il DRB1*13 (DR6) nell’aplotipo DR6/DQ7

20 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

I l laboratorio in Gastroenterologia Pediatricaa cura di Barbara Bizzarri e Francesca Vincenzi

<<<<<<<<< Bibliografia >>>>>>>>>

1. Sollid LM, Markussen G, Ek J et al. Evidence for a primary association of celiac disease to a particular HLA-DQ a/b heterodimer. J Exp Med 1989;169:345-50.

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3. Louka AS, Nilsson S, Olson JM et al. An autosomal screen for genes that are predisposed to celiac disease in the western country of Ireland. Nat Genet 1996;14:329-33.

4. Van de Wal Y, Kooy YM, Drijfhout JW et al. Unique peptide binding characteristics of the disease-associated DQ (alpha1*0501, beta 1*0201) vs the non celiac-associated DQ (alpha 1*0201, beta 1*0202) molecule. Immunogenetics 1997;46:484-92.

5. Mazzarella G, Maglio M, Paparo F et al. An immunodominant DQ8 restricted gliadin peptide activates small intestinal immune response in vitro cultured mucosa from HLA-DQ8 positive but not HLA-DQ8 negative celiac patients. Gut 2003;52:57-62.

6. Karell K, Louska AS, Moodie SJ et al. HLA types in celiac disease patients not carrying the DQA1*05-DQB1*02 (DQ2) heterodimer: results from the European Genetics Cluster on Celiac Disease. Hum Immunol 2003;34:548-54.

7. Louka AS, Sollid LM. HLA in celiac disease: unraveling the complex genetics of a complex disorder. Tissue Antigens 2003;61:105-17.

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9. Greco L, Percopo S, Clot F et al. Lack of correlation between genotype and phenotype in celiac disease. J Ped Gastroenterol Nutr 1998;26:286-90.

10. Di Sabatino A, Corazza G.R. Celiac disease. Lancet 2009;373:1480-93.

GIUGNO 2009 21

in parte il rischio notevolmente aumentato di sviluppare la malattia da parte dei soggetti omozigoti per DQ2. Tut-tavia Greco et al (9) non hanno confermato questa corre-lazione tra caratteristiche cliniche della malattia e diversi genotipi HLA-DR/DQ.Nonostante tutti questi dati, i geni HLA non spiegano il 100% della componente genetica della malattia celia-ca. Infatti, la concordanza tra fratelli HLA-identici è so-lo del 30%, molto meno di quella osservata nei gemelli monozigoti. Quindi, l’HLA (CELIAC1) è importante, ma non sufficiente per predisporre alla malattia celiaca. Un rischio aumentato di celiachia potrebbe essere associa-to secondo alcuni ad altri geni, come CELIAC2 (5q31-33), che contiene cluster di geni per citochine; CELIAC3 (2q33), che codifica per una molecola costimolatrice negativa nota come CTLA4; e CELIAC4 (19p13.1), che contiene una variante del gene della miosina IXB (10). Due studi di associazione genomica hanno dimostrato un rischio aumentato associato alla regione 4q27, codi-ficante l’interleuchina 2 (IL2) e 12 (IL12), ed altre sei re-gioni genomiche “calde” (10). Studi più approfonditi in queste regioni sono necessari per stabilire il nesso causale effettivo con la malattia celiaca.

Applicazioni cliniche La presenza degli aplotipi DQ2 e DQ8 è ancora conside-rata circostanziale e solo recentemente alcuni studi cli-nici hanno iniziato a proporre la tipizzazione HLA nello screening o nella diagnosi della malattia, sebbene riman-gano ancora molte controversie su come fare la tipizza-zione e quando farla. Infatti, la tipizzazione HLA è molto “sensibile”, ma poco “specifica”, quindi è poco utile in ca-so di positività perché, come è noto, circa il 30% della po-polazione generale è positiva per il DQ2 e circa il 20% per il DQ8. D’altra parte, però, la negatività per entrambi gli alleli ha un elevato valore predittivo negativo e pertanto la tipizzazione HLA è uno strumento utile per escludere la malattia. È possibile, tuttavia, immaginare un ruolo della tipizzazione HLA nella strategia diagnostica di casi particolari, come per esempio soggetti a rischio, familiari di primo grado (in cui il rischio varia dal 2 al 14%), in-dividui con patologie autoimmunitarie, come il diabete di tipo I, o pazienti con sindrome di Down in cui la pre-valenza della celiachia varia dallo 0.97 al 16.4% e dal 5 al

12%, rispettivamente. L’analisi dell’HLA viene conside-rata utile, sempre tenendo conto del suo alto valore pre-dittivo negativo, in casi con diagnosi incerta, quando per esempio ci si trova davanti a gradi di enteropatia minore o quando i pazienti hanno già iniziato una dieta senza glutine prima di effettuare una valutazione istologica e sono riluttanti a fare una riesposizione oppure quando la sierologia non conferma il sospetto clinico e istologico.In conclusione, sebbene la malattia celiaca sia una buona candidata per un uso più diffuso della tipizzazione HLA, il potenziale rapporto costo/beneficio di questo test deve essere ancora approfondito, in particolare l’analisi del-l’HLA può contribuire a definire i soggetti appartenenti a categorie a rischio o con diagnosi incerte, che non ne-cessitano un follow-up nel tempo.

www.sigenp.orgAttualità, congressi

e documentazione scientifica dei gruppi di lavoro societari

Linee guida per la diarrea acuta in età pediatrica

Reports da ASGE, ESGE, ESPGHAN e NASPGHAN

La diarrea acuta, definita come una ridotta consistenza delle feci e/o un aumentato numero di evacuazioni (3 in 24 h), rap-presenta una delle patologie più frequenti in età pediatrica, espressione nella maggior parte dei casi di un episodio infet-tivo acuto a carico dell’apparato gastroenterico accompagna-ta o meno da febbre o vomito. Tale disturbo, solitamente a ca-rattere autolimitante, ha una durata tipicamente inferiore ai 7 giorni e comunque non superiore ai 14. Generalmente non si tratta di una malattia “grave”. Nonostante ciò rappresenta una causa importante di morbilità nei paesi industrializzati e di mortalità in quelli in via di sviluppo. L’incidenza della diarrea acuta in Europa varia tra 0.5 e 1.9 episodi all’anno in bambini con meno di 3 anni. Il Rotavirus è il più comune pa-togeno in tutta Europa, seguito da Campylobacter nei paesi del Nord e Salmonella in quelli del Sud Europa. L’ESPGHAN (European Society for Paediatric Gastroente-rology, Hepatology and Nutrition) e l’ESPID (European So-ciety for Paediatric Infectious Diseases) hanno recentemente elaborato le linee guida per la gestione della gastroenterite acuta in età pediatrica basate sui criteri dell’Evidence Based Medicine. Il panel di esperti europei delle due società ha esa-minato la letteratura relativa agli aspetti diagnostici e tera-peutici del bambino con gastroenterite acuta e ha elaborato le raccomandazioni per il management. Un sistema di grading valuta il grado di raccomandazione delle conclusioni elabo-rate sulla base della forza delle evidenze disponibili.La definizione diagnostica ed eziologica della diarrea acuta non prevede l’uso routinario della coprocoltura (Vb, D) né di test ematologici (Vb, D). Inoltre non sembra possibile, attraverso le sole caratteristiche cliniche, predire l’eziologia batterica o virale di tale patologia.

Una visita medica è prevista per bambini con elevato output fecale (>8 episodi /giorno) (III, C), vomito persistente (III, C), età <2 mesi (III, C) o per quelli affetti da patologie croniche sot-tostanti (per esempio, diabete e insufficienza renale) (Vb, D), mentre nella gran parte dei casi il problema non richiede neces-sariamente una visita medica, ma è gestibile per via telefonica (Vb, D). I criteri di ospedalizzazione per gastroenterite acuta possono essere di ordine clinico (shock, disidratazione, alte-razioni neurologiche, vomito intrattabile o biliare, indicazioni chirurgiche), sociale (impossibilità di un adeguato trattamento domiciliare, limitazioni sociali o logistiche), o legati e al falli-mento della reidratazione orale (SRO) (Vb, D). Diversi approcci terapeutici sono stati proposti per il trattamento della diarrea acuta infantile (in tabella 1 sono riportate le principali indica-zioni ed il grado di evidenza disponibile), tuttavia quello di pri-ma scelta resta essenzialmente il mantenimento e il ripristino dell’omeostasi idroelettrolitica e dello stato nutrizionale.

ReidratazionePrima di qualsiasi intervento terapeutico è necessario valutare accuratamente il grado di disidratazione del paziente. La mi-gliore valutazione resta la perdita percentuale di peso corpo-reo (Vb, D), parametro tuttavia difficilmente rilevabile per la difficoltà di ottenere un peso di partenza affidabile. Per tale motivo, il grado di disidratazione può essere stimato sulla base di parametri clinici misurabili, come il prolungato tempo di riempimento capillare, il turgore cutaneo anomalo, un pattern respiratorio anomalo (III, C). La terapia reidratante con una soluzione ipo-osmolare è indispensabile in ogni caso di diarrea acuta. Nelle situazioni in cui la terapia orale non è applicabile, la reidratazione per via enterale tramite sondino nasogastrico ri-sulta essere efficace nella maggior parte dei bambini e gravata da minori effetti collaterali e da tempi di ospedalizzazione più brevi rispetto alla via endovenosa (I, A). Negli ultimi tempi sono state proposte in alternativa alle “classiche” SRO, le cosiddette “super-SRO”, con l’aggiunta di alimenti (riso o amido), micro- e macro-nutrienti (zinco o carboidrati) o probiotici. Per nessuna di queste

però esistono evidenze di efficacia tali da farle preferire alle classiche so-luzioni reidratanti orali.

AlimentazioneQuella orale deve essere proseguita, senza interrompere l’apporto di ci-bo per più di 4 ore dall’inizio della reidratazione orale (I, A), offrendo gli stessi alimenti che il bambino riceve normalmente ed evitando diete da eliminazione e restrizioni alimentari. In pratica, il concetto di ri-alimentazione è obsoleto e l’ali-mentazione va continuata.

Linee guida ESPGHAN-ESPID pubblicate su J Pediatr Gastroenterol Nutr 2008 May;46(5):619-21

però esistono evidenze di efficacia tali da farle preferire alle classiche so-luzioni reidratanti orali.

Alimentazione

senza interrompere l’apporto di ci-bo per più di 4 ore dall’inizio della reidratazione orale (I, A), offrendo gli stessi alimenti che il bambino riceve normalmente ed evitando diete da eliminazione e restrizioni alimentari. In pratica, il concetto di ri-alimentazione è obsoleto e l’ali-mentazione va continuata.

Tab. 1 Terapia attiva nella gastroenterite

FARMACO INDICAZIONI/NOTE GRADO DI EVIDENZA

LGG Tutte le gastroenteriti, soprattutto virali I, A

Saccharomyces boulardii Qualche problema di palatabilità II, B

DiosmectiteParticolarmente indicata in casodi colite e/o dolore addominale

Qualche problema di palatabilitàII, B

Racecadotril Diarrea acquosaPotente attività antisecretiva II, B

ZincoAssocia effetti antisecretivi,trofi ci e immunomodulatori

In corso di defi nizione in europa

22 SIGENP NEWS VOLUME I - N. 2

a cura di Giovanni Di Nardo e Filippo Torroni

Alfredo Guarino, Andrea Lo Vecchio e Maria Rosaria PirozziDipartimento di Pediatria, Università degli Studi “Federico II” di Napoli

Farmaci antidiarroiciSono volti a ridurre il decorso della diarrea e a diminuire il nu-mero di evacuazioni, aumentandone la consistenza. Le sostanze che modificano la motilità intestinale (oppiacei e atropina) sono sconsigliate per i severi effetti collaterali (II, B). La Diosmectite, un adsorbente naturale che protegge la mucosa dal danno cau-sato dagli agenti diarreogenici adsorbendo virus, batteri e tossine batteriche, in una recente metanalisi si è dimostrata in grado di ridurre la durata della diarrea e la frequenza delle evacuazioni in aggiunta alla SRO e può pertanto essere considerata nella gestio-ne della malattia (II, B). Il Racecadotril (acetorfano), un farmaco antisecretivo inibitore della encefalinasi, ha dimostrato effetti po-sitivi sull’output fecale se confrontato con placebo (II, B).

Farmaci antiemetici Nonostante il vomito sia un sintomo comune in bambini con ga-stroenterite acuta, autorevoli società scientifiche raccomandano di evitare l’utilizzo degli antiemetici (metoclopramide, ondansetron) per i numerosi effetti collaterali di questi farmaci. Un recente lavoro pubblicato dopo le linee guida potrebbe aprire qualche possibilità all’uso di ondansetron (Vreeman RC, 2008 ). Tuttavia una recente Cochrane review (2009) propone molti dubbi sia sull’efficacia, sia sul rischio di peggiorare la diarrea come effetto dell’aumento delle tossine e dei fluidi, che non sarebbero più espulsi con il vomito.

Terapia biologicaÈ essenzialmente basata sull’utilizzo di probiotici e prebiotici. I probiotici sono supplementi alimentari costituiti da batteri vivi in grado di condizionare favorevolmente l’equilibrio microbico intesti-nale dell’organismo ospite e di esercitare effetti benefici sulla salute dell’uomo. Non tutte le preparazioni sono efficaci e le linee guida indicano chiaramente il Lactobacillus GG (LGG) (I, A) e il Saccha-romyces boulardii (II, B) come i batteri dotati di dimostrata efficacia per la gastroenterite acuta. Tale indicazione nasce da un’abbondante letteratura che include studi comparativi (Berni Canani R, 2007). I prebiotici, componenti alimentari non digeribili che stimolano se-lettivamente la crescita e l’attività delle flora intestinale, non vengono suggeriti attualmente come trattamento della diarrea (II, B).

Terapia antibioticaNon dovrebbe essere somministrata a bambini con gastroente-rite acuta (Vb, D). Il trattamento antimicrobico è indicato rara-mente e solo in presenza di specifiche condizioni. Il suo uso deve essere deciso sulla base della valutazione: a. dell’agente eziolo-gico responsabile; b. della gravità della sintomatologia; c. delle condizioni legate all’ospite. Le linee guida elaborate tramite la metodica sistematica dell’Evidence Based Medicine rappresen-tano oggi lo strumento più adeguato per assistere il medico nelle sue decisioni. Una maggiore compliance dei pediatri e, più in ge-nerale, degli operatori sanitari, con le raccomandazioni espresse da tali documenti può portare a un significativo miglioramento della gestione della diarrea acuta nel bambino, il che si traduce in una minore durata della sintomatologia infettiva, in una mi-nor quota di ospedalizzazioni e di prescrizioni inappropriate e in una riduzione complessiva della spesa e del carico assistenzia-le della patologia in esame.

GIUGNO 2009 23

Eventi, Corsi e Congressia cura del Comitato di Redazione

The 7th Pediatric Intensive Review Course

Riad (Arabia Saudita)26 settembre – 1 ottobre 2009

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:

e-mail: [email protected]

International Conferenceon Clinical Neonatology

Torino12 -14 novembre 2009Sede: Centro Congressi Torino Incontra

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:

e-mail: [email protected]

6th World Congress of the World Society for Pediatric Infectious Diseases – WSPID 2009

Buenos Aires (Argentina)19-22 novembre 2009

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:

e-mail: [email protected]

The 26th International Pediatric Association Congress of Pediatrics (IPA 2010)

Johannesburg (Sud Africa)5-9 agosto 2010

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:e-mail: [email protected]

XVI CONGRESSO

NAZIONALE SIGENP

Giardini di Naxos (ME) 21-24 ottobre 2009

SEDERussott Hotel Viale Jannuzzo, 47

Giardini di Naxos (ME)www.russotthotels.it

PRESIDENTE DEL CONGRESSO: Claudio Romano (Messina)PRESIDENTE ONORARIO DEL CONGRESSO: Carmelo Salpietro

COMITATO SCIENTIFICO: Consiglio Direttivo SIGENP

SEGRETERIA ORGANIZZATIVAECON S.r.l., Via della Moscova 16 - 20121 Milano

Tel. 02/29005745 - Fax 02/29005790e-mail: [email protected]

www.econcongressi.it