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Oxford Library Oxford Library - Silvana Cincotti e Livio Secco venerdì 17 aprile 2020 N.4 [email protected] * [email protected] Salvo diversamente indicato, le immagini sono tratte dal web 1 Europei per pittura Samuel Dirksz van Hoogstraten (1627-1678) fu un pittore olandese, poeta e autore di scritti dedicati alla teoria dell'arte. Venne introdotto alla pittura dal padre Dirk van Hoogstraten e nel 1640, alla morte di quest’ultimo, si trasferì per un certo periodo ad Amsterdam dove sembra collaborò con Rembrandt. Compì in seguito diversi viaggi che lo portarono a girare l’Europa, visitando Vienna, Londra e fermandosi a Roma. Si ritirò infine a Dordrecht, dove era nato, sposandosi nel 1656 e continuando la sua attività come pittore. Particolarmente dotato nella ritrattistica, fu anche un virtuoso nella raffigurazione di strutture architettoniche. Un delle sue opere più famose è il quadro che ritrae un uomo barbuto affacciato alla finestra, le tipiche finestre a piombo che compaiono anche nelle opere di Rembrandt e successivamente di Jan Vermeer. Si tratta di un lavoro caratteristico del suo stile, particolarmente sensibile e abile nella realizzazione di nature morte e tromp-l'oeil. Hoogstraten fu abile nel creare con la prospettiva quelle che chiamiamo “scatole prospettiche”, ad esempio la Vista di un corridoio (1662, olio su tela, 260x140 cm, Dyrham Park, Gloucestershire, Inghilterra). Realizzò anche molte incisioni e dipinse piatti. La sua fama deriva, lo avrete inteso, da una carriera versatile, divisa tra diverse esperienze artistiche, compresa la poesia, la saggistica e la scrittura di tragedie. Scrisse un trattato sulla pittura dal titolo Introduzione all'Accademia di pittura o al mondo visibile, nel quale si occupò di molti temi, dalla persuasione pittorica all’illusionismo, quali dovevano essere gli standard morali di un pittore e il rapporto tra pittura e filosofia, riferendosi a vari autori antichi e moderni. Abbiamo anche un suo Autoritratto (1640 circa, olio su tela, 102x79 cm, Hermitage Museum, San Pietroburgo). Uomo alla finestra, 1653, olio su tela, 111x86,5 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Oxford Library - UNITRE Torino · Ognuno nel suo stile, sia Michelangelo che Raffaello, erano stati capaci di conciliare la rappresentazione della carne mortale con quella dello spirito

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Page 1: Oxford Library - UNITRE Torino · Ognuno nel suo stile, sia Michelangelo che Raffaello, erano stati capaci di conciliare la rappresentazione della carne mortale con quella dello spirito

Oxford Library Oxford Library - Silvana Cincotti e Livio Secco – venerdì 17 aprile 2020 – N.4

[email protected] * [email protected]

Salvo diversamente indicato, le immagini sono tratte dal web

1

Europei per pittura

Samuel Dirksz van Hoogstraten (1627-1678) fu un pittore olandese, poeta e

autore di scritti dedicati alla teoria dell'arte. Venne introdotto alla pittura dal

padre Dirk van Hoogstraten e nel 1640, alla morte di quest’ultimo, si trasferì

per un certo periodo ad Amsterdam dove sembra collaborò con Rembrandt.

Compì in seguito diversi viaggi che lo portarono a girare l’Europa, visitando

Vienna, Londra e fermandosi a Roma. Si ritirò infine a Dordrecht, dove era

nato, sposandosi nel 1656 e continuando la sua attività come pittore.

Particolarmente dotato nella ritrattistica, fu anche un virtuoso nella

raffigurazione di strutture

architettoniche.

Un delle sue opere più famose è il quadro

che ritrae un uomo barbuto affacciato alla

finestra, le tipiche finestre a piombo che

compaiono anche nelle opere di Rembrandt e successivamente di Jan

Vermeer. Si tratta di un lavoro caratteristico del suo stile, particolarmente

sensibile e abile nella realizzazione di nature morte e tromp-l'oeil.

Hoogstraten fu abile nel creare con la prospettiva quelle che chiamiamo

“scatole prospettiche”, ad esempio la Vista di un corridoio (1662, olio su

tela, 260x140 cm, Dyrham Park, Gloucestershire, Inghilterra).

Realizzò anche molte incisioni e dipinse piatti. La sua fama deriva, lo avrete

inteso, da una carriera versatile, divisa tra

diverse esperienze artistiche, compresa la

poesia, la saggistica e la scrittura di

tragedie. Scrisse un trattato sulla pittura

dal titolo Introduzione all'Accademia di pittura o al mondo visibile, nel quale

si occupò di molti temi, dalla persuasione pittorica all’illusionismo, quali

dovevano essere gli standard morali di un pittore e il rapporto tra pittura e

filosofia, riferendosi a vari autori antichi e moderni.

Abbiamo anche un suo Autoritratto (1640 circa, olio su tela, 102x79 cm,

Hermitage Museum, San Pietroburgo).

Uomo alla finestra, 1653, olio su tela, 111x86,5 cm,

Kunsthistorisches Museum, Vienna.

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Il potere dell’osservazione

L’aspetto positivo dell’osservare un’opera in riproduzione (l’unica

cosa che possiamo fare in questo periodo in cui i musei sono chiusi)

è l’opportunità unica di osservare i particolari come non sarebbe

possibile davanti all’originale: certo l’emozione dell’opera “in olio

e tela” viene a mancare ma possiamo soffermarci sulla stesura del

colore, come potrebbe solo un abile restauratore.

Vi propongo il particolare di un quadro di Eugène Delacroix, Il

massacro di Scio, 1824, olio su tela, 417×354 cm, Museo del

Louvre, Parigi.

Questa foto permette di cogliere ogni singolo gesto della mano del

pittore, riportandolo quasi in vita, cancellando per un istante il

tempo che ci separa dall’atto creativo, come se il pittore fosse

all’opera ora e adesso, davanti ai nostri occhi.

L’iniziativa del Getty continua a farci sorridere!

Il Giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David 😊 e il Ritratto di Adele Bloch-Bauer di Gustav Klimt

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Una buona notizia (dal sito degli Uffizi)!

In questo periodo alcune notizie giungono

particolarmente gradite!

Un dipinto di Nicola Monti, datato

all’anno 1810, entra nelle collezioni degli

Uffizi, per ricordare il primo DanteDì,

istituito dal MIBACT.

Il 25 marzo 2020 è stato festeggiato,

anche se solo online, la prima giornata

dedicata interamente a Dante Alighieri: la

data scelta segna tradizionalmente il

giorno d’inizio del viaggio di Dante nella

Commedia e le Gallerie degli Uffizi omaggiano il Sommo Poeta con l'acquisto di un nuovo dipinto.

Si tratta di Francesca da Rimini nell'Inferno dantesco, un olio su tela (168 x 21 cm) opera del toscano Nicola

Monti (Pistoia 1780- Cortona 1864). Esponente della pittura protoromantica e grande ammiratore di

Michelangelo, Nicola Monti fu una bizzarra e poliedrica figura di artista e di intellettuale. L'acquisto del dipinto

rientra a pieno titolo nelle celebrazioni del DanteDì, un passo di avvicinamento ai grandi eventi del 2021, anno

del 750° anniversario dalla morte del Poeta.

Caravaggio, gli esordi

Caravaggio giunse a Roma a 21 anni, nel 1592, sconosciuto, proveniente

dalla cittadina lombarda di Caravaggio a soli 13 km da Milano. Per certi

versi la Chiesa di Roma lo stava aspettando: minacciata dalla Riforma

Protestante aveva disperato bisogno di un dramma sacro visivo cui i

semplici devoti potessero rispondere, scossi, come se venissero messi in

scena atti e storie bibliche davanti ai loro occhi. C'era in gioco molto. Le

immagini non erano semplicemente uno spettacolo secondario e

accessorio, nella guerra di religione fra cattolici e protestanti,

rappresentavano uno dei problemi. Per i luterani la parola della Bibbia era

tutto e la stampa l’aveva resa accessibile ai fedeli. Dal nord Europa le

immagini venivano considerate veri e propri idoli e molte opere d'arte in

questo periodo finirono tra le fiamme in Olanda, Germania, Inghilterra e Svizzera. All'indomani del Concilio

di Trento la Chiesa Cattolica invece di rinunciare a produrre immagini sacre ne commissionò il triplo e da quel

momento in avanti il Concilio decise che l'arte sacra avrebbe operato in armonia con lo spirito del Salvatore,

modesta e austera.

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Nel 1571 quando Caravaggio nacque Michelangelo era morto da soli sette

anni. Ognuno nel suo stile, sia Michelangelo che Raffaello, erano stati

capaci di conciliare la rappresentazione della carne mortale con quella

dello spirito immortale: alla loro scomparsa la Chiesa di Roma aveva

urgente bisogno di immagini in grado di ispirare i fedeli, ma come

sostituire i grandi maestri?

È questa la stagione artistica che chiamiamo Manierismo, i cui artisti,

avvinti da visioni, aveva anteposto la bellezza al vero e si erano

specializzati in figure stilizzate, membra allungate, torsione nello spazio di

corpi colorati come sete cangianti, in una tavolozza favolosa di albicocca, viola, gialli e rosa. Grande eleganza,

ma anche grande freddezza. Corpi come manichini, universo bidimensionale e irreale. Gli unici artisti che

possedevano il talento necessario furono i fratelli Carracci, pittori attenti allo studio del vero in una natura

quasi sempre amica dell'uomo. Prima del ritrovamento dell'atto di battesimo di Michelangelo Merisi, si credeva

che il pittore fosse nato nel paese bergamasco di Caravaggio, nel 1573. A seguito della scoperta archivistica

nel Liber Baptizatorum della Parrocchia di Santo Stefano in Brolo, è ormai certo che Merisi nacque a Milano,

probabilmente il 29 settembre, giorno di San Michele Arcangelo, da cui forse il nome Michelangelo.

Caravaggio emerse dall'oscurità dalle tenebre severe della Milano governata dagli spagnoli, la città una

fortezza assediata, gli armamenti disposti per le strade, i cannoni montati sulle fortificazioni che Leonardo da

Vinci aveva progettato per gli Sforza. Da qui era anche arrivato il generale della fede militante, Carlo

Borromeo. Nel 1585, Michelangelo Merisi entrò nella bottega del Peterzano, artista bergamasco ma di origine

veneziana, allievo di Tiziano.

Il padre di Caravaggio, Fermo Merisi, muratore, era morto di peste nel 1577; a quella data la moglie di Fermo,

Lucia, e i suoi quattro figli erano stati mandati, per salvarli dal contagio, fuori Milano, nella cittadina di

Caravaggio. Poco dopo il 1590 raggiunse Roma, parte di una moltitudine inquieta di giovani artisti lombardi

che conducevano un’esistenza scapestrata. I membri della compagnia di Caravaggio non erano però soltanto

giovani sbandati ma anche ragazzi pieni di talento e ferocemente ambiziosi, autori di poesie, musica, opere

teatrali, trattati di filosofia e si fecero persino vedere alle lezioni organizzate dall’Accademia di San Luca

diretta da Federico Zuccari. Caravaggio stesso partecipò ad alcune lezioni, in seguito ne divenne membro e

quando morirà gli accademici lo omaggeranno ma in quei primi anni trascorsi a Roma non soddisfaceva certo

le richieste dello Zuccari sul decoro dell'artista. A Roma, all’epoca, i lavori che riusciva ad ottenere erano di

routine e visto che fiori e frutta erano considerati una specialità dell'Italia settentrionale, iniziò realizzando

questi dettagli per le storie di altri artisti. Lavorò per un certo periodo presso Pandolfo Pucci, di famiglia

fiorentina, estromesso dalla corte di Cosimo per alcune accuse di immoralità, noto all'epoca per il trattamento

economico riservato ai suoi aiutanti tanto da essere conosciuto come Monsignor Insalata. Passò in seguito a

lavorare per Antiveduto Grammatica che assunse Caravaggio per qualche tempo in qualità di pittore di teste.

Fu solo quando entrò a far parte della bottega di Giuseppe Cesari, meglio conosciuto con il nome di Cavalier

d’Arpino, che il giovane artista ebbe finalmente l'opportunità di mettersi alla prova.

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LA COPPA DEI DESIDERI (web liviosecco.it)

Dopo essere penetrato nella tomba di Tutankhamon, Howard Carter si accorse che, sull’accesso

dell’anticamera, c’era posata per terra una coppa di eccezionale bellezza. Naturalmente non era la sua

posizione originale, ma doveva essere stata abbandonata lì dai ladri in fuga durante la terza ed ultima

razzia. L’immagine che visualizziamo è quella di un Carter che, dovendo accedere alla tomba, doveva

ricordarsi ogni volta di scavalcarla. Quando finalmente venne il suo turno, la coppa fu documentata,

raccolta, ripulita, fotografata, schedata con il numero 14 e restaurata. Oggi fa bella mostra di sé al

Museo Egizio al Cairo in mezzo agli altri tesori della KV62 con il numero di catalogo JE67465.

Sebbene il suo materiale venga sbrigativamente indicato come alabastro, cioè solfato di calcio, in

realtà la coppa è stata ricavata da un unico blocco di calcite, cioè carbonato di calcio.

La maestria degli egizi a trattare questo materiale è davvero mirabile. Il calice è a forma di ninfea

anche se la sua sagoma è sempre descritta come quella di un loto. La sua immagine causa subito un

senso di fragilità e di preziosità indotte dalla sua trasparenza. L’equilibrio estetico è anche dovuto

alla grafia dei geroglifici che fanno parte dell’opera senza essere predominanti, anzi quasi necessari,

abituati come siamo a ritrovarli su ogni manufatto del corredo funerario di un faraone.

Le sue dimensioni sono importanti. Il calice è alto 18,3 cm, è largo 28,3 cm e la sua coppa ha un

diametro di 16,8 cm.

Proprio al centro, stabilendo un fronte, compare un riquadro che suddividiamo in quattro zone:

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1) una colonna a destra fino al fondo

2) una colonna al centro cartiglio compreso

3) una colonna a sinistra cartiglio compreso

4) una riga sotto i cartigli

Identifichiamo la direzione di lettura ricordandoci

che i geroglifici guardano sempre l’inizio della

grafia e vanno letti andando loro incontro; se in

colonna dall’alto verso il basso.

mry imn-ra nb nswt tAwy nb pt

meri amon-ra Colui che Amon-Ra ama, neb nesut taui il Signore dei Troni delle Due Terre, neb

pet Signore del Cielo. Le Due Terre sono l’Alto Egitto (la Valle) e il Basso Egitto (il Delta).

(ny-)swt-bity nb-xprw-ra

ni-sut-biti il re dell’Alto e Basso Egitto neb-cheperu-ra Ra è il signore delle manifestazioni.

Quarto Protocollo Reale, il nome di intronizzazione del re. Letteralmente il titolo si tradurrebbe con

“Colui che appartiene al carice e all’ape” dove la giuncacea e l’insetto divennero simboli araldici dei

due antichi regni egizi unificati poi nella primissima epoca dinastica.

sA ra twt-anx-imn HqA-iwnw-Smaw

sa ra figlio di Ra tut-anc-amon immagine vivente di Amon eca iunu scemau colui che governa

l’Heliopolis dell’Alto Egitto (=Tebe). Quinto Protocollo Reale. Il nome che gli hanno dato i genitori.

d(w) anx Dt

du dotato (=gratificato) anc di vita get per sempre. È una formula eulogica, di benedizione.

L’equilibrio grafico che prima suggerivo è determinato dall’analisi della scrittura che gira tutta

intorno al bordo. La scrittura è riportata come un nastro che scorre facendo il periplo della coppa.

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Il meglio, però, deve ancora arrivare.

Puntando lo sguardo sul riquadro già tradotto, ed alzandolo in verticale sul nastro, riconosciamo un

nodo anx anc. Se identifichiamo la direzione dei geroglifici per leggerli ci rendiamo conto che il

falco a destra è orientato per farci leggere da sinistra a destra, ma il cestino con il manico a sinistra è

orientato per farci leggere da destra a sinistra.

Il testo quindi è doppio. Partendo dalla posizione centrale del nodo si sviluppa un testo da sinistra a

destra e un altro testo da destra a sinistra. Se ruotiamo la coppa di 180 gradi vedremo subito che le

due frasi terminano con un altro nodo esattamente in corrispondenza di quello di partenza. Ecco cosa

intendevo dire quando parlavo di equilibrio grafico! Iniziamo ad analizzare il testo che scorre da

sinistra a destra.

anx Hrw kA nxt twt mswt

anc Che possa vivere heru l’Horus: ca nechet il toro possente, tut mesut gradito di nascita.

È il Primo Protocollo Reale. Il re è il dio Horus in terra.

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nbty nfr hpw sgr-Ha tAwy

nebti Le Due Signore: nefer hepu perfetto di leggi. segher-ha taui Colui che pacifica da sé le

Due Terre.

Le Due Signore sono la dea avvoltoio della Valle Nekhbet e la dea cobra del Delta Uadjet.

Governando i due regni il re si pone sotto la tutela delle due divinità. È il Secondo Protocollo Reale.

Hrw nbw wTs xaw sHtp nTrw

heru nebu L’Horus d’Oro: uces cau Colui che esibisce le apparizioni gloriose. Sehetep neceru

Colui che placa gli dei.

È il Terzo Protocollo Reale. Gli egittologi non sanno ancora cosa rappresenti questo nome.

(ny-)swt-bity nb tAwy nb-xprw-ra d(w) anx

nisut-biti Il Re dell’Alto e Basso Egitto, nb taui il Signore delle Due Terre, neb-cheperu-ra Ra

è il Signore delle manifestazioni, du anc dotato (=gratificato) di vita.

È il Quarto Protocollo Reale, quello di intronizzazione, uno dei due che sono iscritti in un cartiglio.

Questo testo riporta quindi il protocollo reale del faraone quasi completo. Manca infatti solo il quinto

nome: Tut-ankh-Amon, il Figlio di Ra, che noi abbiamo già trovato nel riquadro frontale.

Lo studio del protocollo reale è importantissimo perché dimostra il programma politico del faraone.

Analizziamo ora il testo che si sviluppa dall’altra parte, considerando il nodo bidirezionale e comune.

anx kA.k

anc Che possa vivere ca.ec il ka tuo (in massima sintesi, il ka è una delle tre anime individuali)

iry.k HH rnpwt

iri.ec e ciò che farai tu heh per milioni reneput di anni.

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pA mrr(w) wAst

pa mereru Colui che ama uaset Tebe!

Hms T(w) Hr.k n mHyt

hemes Siediti ciu tu, her.ec e il volto tuo sia en al mehit Vento del Nord

irty.k Hr mAA bw nfr

irti.ec mentre i due occhi tuoi her maa vedono bu nefer il Bene (letteralmente, il Luogo Perfetto).

Howard Carter rimase impressionato sicuramente dalla dicitura che compariva sul calice a tal punto

che, quando si riferiva al manufatto, lo chiamava wishing cup, la coppa dei desideri. Era convinto che

la formula eulogica, che citava il vento del Nord, fosse stata voluta direttamente dal giovane sovrano.

Quando morì Carter fu seppellito nel cimitero di Putney Vale, nel sud di Londra. Se ci avviciniamo

alla sua lapide tombale, possiamo leggere la didascalia che dice: “Possa il tuo spirito vivere, che tu

possa trascorrere milioni di anni, tu che ami Tebe, seduto con la faccia al vento del nord, i tuoi occhi

che guardano la felicità.”.

(in verde la pronuncia, in blu la traslitterazione)