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Mi piacerebbe, se questo fosse possibile, trasporre su questa carta, quello che accade in questo momento nel mio interiore riguardo all’Amore Sponsale. So che solo lo Spirito Santo, Colui che infiamma le anime, può realizzare questo amore in noi. Per questo, prima di affrontare l’argomento, chiediamo che lo Spirito agisca in ogni cuore che desidera comprendere questa chiamata. “L’Amore non è amato!”. Questo era il grido di San Francesco d’Assisi che è arrivato ai nostri cuori e che ci ha toccato. Cercando di corrispondervi incontriamo il cammino e la verità espressa da Santa Teresa d’Avila quando dice: “Solo Dio basta”. Ispirati da queste verità espresse dai santi baluardi della nostra vocazione (Francesco d’Assisi e Teresa d’Avila) i nostri cuori si sono aperti allo Spirito Santo che ha cominciato a lavorare nelle nostre anime portandole al ‘legno vivo’ (all’anima) della nostra vocazione: l’Amore Sponsale per il Nostro Signore Gesù Cristo. Non potrà mai esistere la vera Pace nelle anime degli uomini e nel mondo se questa Pace non è basata su un amore incondizionato a Gesù Cristo, perché è lì che nasce lo Shalom di Dio. Lì è anche quello a cui noi siamo stati chiamati: a consegnare, consumare le nostre vite in questo amore. Nell’amore che cerca sempre più la dimenticanza di sé, della propria volontà e che, sempre più infiammato di amore per l’Amato cerca solo Lui, la Sua volontà, i Suoi interessi, la Sua vita, la Sua opera. Nel suo infinito amore il Padre ha voluto scegliere anime spose per il Suo Divino Figlio e per questo non ha scelto le migliori, le più belle, ma al fine di manifestare la Sua gloria e il Suo potere ha deciso di scegliere le più peccatrici, le più deboli, i vasi di argilla, per realizzare lì la Sua grande opera. Tutta la gloria appartiene, quindi a Colui che in essa tutto ha realizzato. Come chiamati ad avere anime scelte, per essere spose del Signore, dobbiamo riconoscere che siamo i più piccoli, i più deboli, i più peccatori, miserabili persino, e che non possediamo alcun merito da noi stessi. Il nostro posto è quello della Peccatrice e di Maria di Betania – ai piedi di Colui che ci ha tanto amati e scelti, mosso unicamente dalla sua immensa Misericordia. Non è difficile percepire questa realtà. Basta guardare da dove il Signore ci ha tolto quando ha toccato le nostre anime e ci ha chiamati per seguirlo, e riconoscere nel nostro giorno dopo giorno la nostra totale incapacità, da soli, di essere fedeli alla Sua voce. Pace a Voi a cura di Moysés fondatore della Comunità Cattolica Shalom N° 9 - Aprile 2012 IL MENSILE Amore Sponsale

Pace a Voi 9 Aprile 2012

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il numero di Aprile della rivista della Comunità Cattolica Shalom

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Page 1: Pace a Voi 9 Aprile 2012

Mi piacerebbe, se questo fosse possibile, trasporre su questa carta, quello che accade in questo momento nel mio interiore riguardo all’Amore Sponsale. So che solo lo Spirito Santo, Colui che infiamma le anime, può realizzare questo amore in noi. Per q u e s t o , p r i m a d i a f f r o n t a r e l’argomento, chiediamo che lo Spirito agisca in ogni cuore che desidera comprendere questa chiamata.

 “L’Amore non è amato!”. Questo era il grido di San Francesco d’Assisi che è arrivato ai nostri cuori e che ci ha toccato. Cercando di corrispondervi incontriamo il cammino e la verità espressa da Santa Teresa d’Avila quando dice: “Solo Dio basta”. Ispirati da queste verità espresse dai santi baluardi della nostra vocazione (Francesco d’Assisi e Teresa d’Avila) i

nostri cuori si sono aperti allo Spirito Santo che ha cominciato a lavorare nelle nostre anime portandole al ‘legno vivo’ (all’anima) della nostra vocazione: l’Amore Sponsale per il Nostro Signore Gesù Cristo. Non potrà mai esistere la vera Pace nelle anime degli uomini e nel mondo se questa Pace non è basata su un amore incondizionato a Gesù Cristo, perché è lì che nasce lo Shalom di Dio. Lì è anche quello a cui noi siamo stati chiamati: a consegnare, consumare le nostre vite in questo amore. Nell’amore che cerca sempre più la dimenticanza di sé, della propria volontà e che, sempre più infiammato di amore per l’Amato cerca solo Lui, la Sua volontà, i Suoi interessi, la Sua vita, la Sua opera. Nel suo infinito amore il Padre ha voluto scegliere anime spose per il Suo Divino Figlio e per questo non ha scelto le migliori, le più belle, ma al fine di

manifestare la Sua gloria e il Suo potere ha deciso di scegliere le più peccatrici, le più deboli, i vasi di argilla, per realizzare lì la Sua grande opera. Tutta la gloria appartiene, quindi a Colui che in essa tutto ha realizzato. Come chiamati ad avere anime scelte, per essere spose del Signore, dobbiamo riconoscere che siamo i più piccoli, i più deboli, i più peccatori, miserabili persino, e che non possediamo alcun merito da noi stessi. Il nostro posto è quello della Peccatrice e di Maria di Betania – ai piedi di Colui che ci ha tanto amati e scelti, mosso unicamente dalla sua immensa Misericordia. Non è difficile percepire questa realtà. Basta guardare da dove il Signore ci ha tolto quando ha toccato le nostre anime e ci ha chiamati per seguirlo, e riconoscere nel nostro giorno dopo giorno la nostra totale incapacità, da soli, di essere fedeli alla Sua voce.

Pace a Voi

a cura di Moysés fondatore della Comunità Cattolica Shalom

N° 9 - Aprile 2012

IL MENSILE

Amore Sponsale

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Siccome questa realtà contrasta con il

Suo amore eterno e paziente per ciascuno di noi, con la Sua misericordia che si stende lungo le nostre vite, con il Suo Amore e la Sua scelta irrevocabile per i nostro cuori! Che fare, oh Signore se non amarti perdutamente? Ci consegniamo a Te con tutta la nostra debo lezza e , suo ma lgrado, c i consumiamo d’amore per Te e siamo servi del Tuo Regno? Il nostro cuore può solo avere gratitudine per il Signore, gratitudine eterna, e unire il nostro essere per corrispondere a questo Amore Perfetto con cui Egli ci a m a ! E c ’ è s o l o u n m o d o d i corrispondere: amando, consumandosi d’amore per Colui che ci ha tanto amato! Il nostro amore però è imperfetto. Come rispondere a questa sublime chiamata? Solo invocando lo Spirito d’Amore affinché infiammi le nostre anime e ci inciti a questo amore infinito. Alla nostra invocazione, questo Spirito verrà e inciterà le nostre anime, le nostre preghiere, i nostri cuori. Un cuore infiammato per questo amore realizza tutto, si dispone a tutto. Infiammati da questo immenso amore i santi hanno camminato, i martiri hanno consegnato le loro vite e così, noi desideriamo continuare. Il nostro bersagl io è la sant i tà, non per

p r e s u n z i o n e m a p e r vocazione, poiché a questo tutti gli uomini sono chiamati. Vogliamo essere santi non per i nostri merit i, ma confidando interamente n e l l a g r a z i a d i D i o . Vogliamo essere santi non per noi stessi ma per Dio. Vogliamo essere santi perché sappiamo che la santità è la veste nuziale che ci permetterà di entrare per celebrare le n o s t r e n o z z e c o n l’Agnello. Desideriamo ardentemente la santità e faremo di tutto uno strumento per questo fine, perché sappiamo che Colui che ci ama ed è amato dai nostri c u o r i , d e s i d e r a a rden t emen t e c i ò molto più di noi! L’Amore Sponsale è mezzo e fine per la santità. 

In questo cammino di Amore Sponsale e di santità, il Signore

ci dà un modello: Francesco d’Assisi. Siccome il Signore diede a Francesco un cuore amante e povero, così Egli vuole darlo a noi. Dall’altro lato, il Signore ci dà un cammino da seguire: quello di Santa Teresa d’Avila. Il cammino di preghiera, d’intimità col suo Signore, di unione intima con l’Amato, che è cammino anche per le nostre anime. Per essere modello e cammino, questi santi in modo particolare, diventano patroni della nostra vocazione, colonne nel nostro cammino, intercessori nel cielo, modelli che i nostri cuori devono imitare. 

Nel la Comun i tà , l a sp i r i t ua l i t à dell’Amore Sponsale sarà alimentata dallo studio della vita e degli scritti di San Francesco d’Assisi e Santa Teresa d’Avila, cercando, attraverso di essi di vivere, all’interno delle nostre vocazioni, l’amore che ardeva nei loro cuori. Unita ad essi sta la Regina della Pace come Maria si definisce nelle apparizioni di Medjugorje, in Jugoslavia (Ex Jugoslavia n.d.t.). Prima ancora di conoscere il contenuto dei messaggi di queste apparizioni, il Signore già poneva nel mio cuore quello che la Regina della Pace doveva dirci a lungo. È stata gradita la sorpresa nel vedere enunciato nei suoi messaggi molto di quello che Dio già poneva nella nostra vocazione. Ci siamo molto attaccati, profondamente e in maniera vera a Colei che è la Sposa dello Spirito Santo e imploriamo la sua intercessione affinché Egli generi nei nostri cuori, l’Amore Sponsale per Suo Figlio Gesù. Nell’Opera Shalom, l’Amore Sponsale non è caratterizzato solo dalla vocazione al celibato. No! Tutti sono chiamati a possederlo, tutti sono anime spose dello Spirito. Tutti devono cercare di essere le vergini sagge che aspettano il momento delle Nozze mantenendo accesa la f iamma dell’amore nelle proprie lampade. Laici, sacerdoti, celibi [1], giovani, bambini, uomini, donne, coppie, sono tutti chiamati, nello Shalom, ad amare ugualmente il nostro Re e Signore, e sempre più infiammati da questo amore, nella sete per la preghiera (unione con l’Amato) e nel servizio (facendo la volontà dell’Amato) a lasciare che lo Spirito inciti la propria vocazione e le proprie vite.  Il segno dell’Amore Sponsale è possedere un cuore infiammato d’amore per Gesù Cristo, e desiderarlo sempre di più, perché quando si ama così, sembra sempre essere poco e si desidera

arden temente amare

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s e m p r e più, sempre più, sempre più… La vita di unione intima con Gesù tramite la preghiera è fonte affinché sbocci e maturi questo Amore Sponsale. Non può esserci Amore Sponsale se non c e r c h i a m o d i i n c o n t r a r c i quotidianamente con l’Amato e di assicurarci del tempo in Sua compagnia, in adorazione, lode ed ascolto. La preghiera personale è l’occasione in cui il Signore viene a edificare quest’opera d’amore in noi. La contemplazione dell’Amato è il giardino che lo Spirito Santo trova per seminare e cogliere queste rose d’amore. Per questo, ripeto, tutti coloro che possiedono la vocazione Shalom devono essere coscienti che è una vocazione fondata sulla preghiera, che questo Amore Sponsale deve infiammare le anime e che la fonte di questo amore si trova nel cammino di preghiera, nel senso pieno della parola: personale, quotidiana, contemplativa, salda in Dio, sul modello di Santa Teresa d’Avila. 

Il riconoscimento dei nostri errori e il pentimento sono fonte di alimento di questo amore, perché quanto più pe r c ep i amo che non meritiamo l’amore di Dio, tanto più il nostro cuore s’infiamma di gratitudine p e r C o l u i c h e , m i se r i co rd iosamen te , tanto ci ama. Lode e adorazione sono le forme più piene, nella p r e g h i e r a , d i traboccamento di questo Amore Sponsale per G e s ù , p o i c h é l a grati tudine è l’unico linguaggio che queste anime sappiano parlare. Essere amanti del la Santissima Volontà del Padre ed avere tutta la diligenza per scoprirla e compierla, è la forma più piena, nella vita, di far traboccare questo amore, obbedendo fedelmente alla voce dell’Amato. Scopriremo questa volontà tanto p i ù c h i a r a m e n t e q u a n t o p i ù svilupperemo il nostro ascolto del Signore.

Dico ascolto nel senso pieno della parola ascolto di Dio nella nostra preghiera, nella Sua Parola, nelle mozioni dello Spirito, nel silenzio interiore dove si ascolta la voce di Dio. La voce dell’Amato è riconosciuta dall’anima che Lo cerca ed ha intimità con Lui nella preghiera. Senza una vera, fedele ed autentica vita di preghiera quotidiana è impossibile riconoscere la voce di Colui che molte cose vuole dirci e corriamo il rischio, sordi alla sua voce, di chiamare le nostre passioni, la nostra carne, i nostri piani personali e la nostra propria volontà, come voce di Dio. Questa è una trappola che il nemico delle anime usa per allontanarle dal cammino del la salvezza. L’unica maniera di lottare contro tutto questo  e cercare di non vedere più le cose come “uomo naturale” (I Cor 2,13-16) ma come “uomo spirituale” poiché solo così p o t r e m o a v e r e q u e s t a v i s i o n e immergendoci nella contemplazione, in intimità con l’Amato. Attraverso questa intimità potremo conoscere, ascoltare,

discernere ed amare questa Santa volontà. Essere amanti della volontà di Dio tutti i momenti della nostra giornata e della nostra vita è scoprire e bere dalla fonte della Pace e della Felicità. Un altro modo in cui il Signore ci invita ad amarlo è quello di fare tutto per amor Suo: i nostri lavori, le nostre attitudini, tutto per Lui. È profondo desiderio del Cuore dell’Amato che ci dedichiamo a dare prove d’amore gli uni gli altri. L’amore al fratello è il modo concreto di mostrare quanto amiamo il nostro Amato, amando colui che tanto Egli ama e per il quale Egli ha dato la propria vita. Come non dare la vita per coloro per cui l’Amato la diede? È volontà di Dio che facciamo straripare questo amore su coloro che Egli ama. Il Signore per loro, vuole da noi il perdono, mitezza, pazienza, generosità, bontà, gioia, dedizione, amore, servizio. Il Signore desidera che diamo ciò che Lui ci dà e questo non impoverirà ma, al contrario, ci arricchirà agli occhi di Colui che ci ama. Dobbiamo scorgere nei nostri fratelli, l’eccellente opportunità di dare prova d’amore al nostro Re. Accettando le loro offese, ascoltando le loro lamentele, amando coloro che non sono amati, perdonando coloro che sono difficili da perdonare, vivendo il Suo Amore, in modo speciale con coloro che hanno più bisogno di Dio, staremo vivendo la nostra vocazione per amore e per l’Amore. Il cammino dell’Amore Sponsale è anche distacco. È necessario distaccarci da tutto, da noi stessi, dalle persone, dalle cose, dal nostro futuro, dalle nostre idee, dalla ricerca del potere, dalla ricerca della soddisfazione, per attaccarci solamente a Dio, perché tutto passa e solo Egli resta. Fin quando possederemo una sola cosa o persona, l’Amore di Dio non sarà pieno in noi; non potremo volare nel Suo amore, p e r c h é i p o s s e s s i p e s a n o e c’impediscono di elevare il libero volo dei figli di Dio. La lode, l’adorazione, la ricerca e la fedeltà alla Santissima Volontà di Dio, l’amore al fratello, la disaffezione, è così che Dio ci desidera ardentemente, così che ci chiama, la nostra vocazione. Che il Signore ci conceda la grazia infinita di viverla.

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Chiesa & Società

Pasqua di Resurrezione

Il giorno di Pasqua i cristiani di tutte le confessioni celebrano il mistero fondante la loro fede: la resurrezione di Gesù Cristo dai morti.

Purtroppo solo rare coincidenze di calendario permettono di celebrarlo nello stesso giorno, ma non “insieme”, perché lo scandalo della divisione tra i cristiani continua a offuscare la Pasqua del Signore e la autenticita' della nostra testimonianza.

Ma la Pasqua e' anche e soprattutto segno di speranza soprattutto per i cristiani più provati nel vivere la loro fede: è balsamo per le loro sofferenze. Pensiamo alle minuscole comunità cristiane in Libia, all’esigua minoranza pakistana ferita dall’assassinio del ministro cattolico che la difendeva, alle ostilità che patiscono molte comunità in Cina e in Vietnam, alle violenze sociali che non risparmiano i cristiani in Costa d’Avorio e in Nigeria, o ancora ai discepoli di Cristo in Iraq e in Egitto, minacciati e tentati all’esilio, o a quei pochi cristiani rimasti in Terra Santa a testimoniare il Cristo Risorto (spesso nella nostra indifferenza) provati dalla morte e dalla distruzione.

Pensiamo alle  tante persone colpite dalla crisi finanziaria, ai giovani che non hanno accesso al lavoro ed a un progetto di vita, alle famiglie e agli anziani sempre più poveri.

Ma ci sono anche comunità che oggi trovano nella Pasqua il fondamento di fede alla loro attesa di riscatto umano e sociale, come i cristiani del Sud-Sudan che affrontano l’inedita sfida di costruire da zero uno stato dopo decenni di guerra.

Proprio la gioia genuina di quei cristiani che vivono nella prova la loro fede ci aiuta a comprendere come Pasqua resti una celebrazione difficile da assumere come “festa” da chi cristiano non è: con i suoi tragici eventi di passione e di morte, questa memoria è aliena agli schemi mentali più consolidati. Eppure questa è la festa propria della fede cristiana e se questa resurrezione di Cristo non fosse realtà – ricorda san Paolo – allora la fede sarebbe “vana”, vuota, incapace di dare consistenza alla vita del credente. Davvero i cristiani si sentirebbero come i più miserabili di tutta l’umanità, degli alienati da compiangersi… Sì, perché al cuore della fede cristiana vi è questo credere a un “incredibile”: come credere che quel cadavere sconfitto e umiliato in vita

è risorto? E che quella resurrezione di Gesù di Nazareth possa manifestare i suoi effetti di resurrezione su altri esseri umani e ancora oggi? I Vangeli, ben consapevoli di questa difficoltà, testimoniano concordemente la fatica di quanti avevano seguito Gesù sulle strade di Galilea e di Giudea, fino a Gerusalemme, a pervenire alla fede nella resurrezione. Scandalosa era già la morte violenta, ignominiosa di un Messia, ma ancor più scandalosa è la resurrezione del Messia

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a cura di Carmine Tabarro - Membro dell'Opera Shalom a Roma

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morto in croce. Non solo, ma questo paradosso della fede cristiana suona ancor più incomprensibile per il fatto che la fede nella resurrezione è altra cosa dalla convinzione dell’immortalità.

Credere alla resurrezione, infatti, implica il credere alla morte, il prendere sul serio la concretezza del cadavere di Gesù deposto nel sepolcro, fare l'esperienza dell'Assenza, che significa anche assumere la nostra morte, la morte di ciascuno e leggerla e viverla non come ultima, bensì come penultima parola su cui si alza  vittorioso l’amore, cioè il Cristo Risorto.

Quale elementi della fede cristiana possono interessare il non cristiano, chi non ha la fede in Dio e in Gesù Cristo? Il cristiano infatti crede che Gesù è stata resuscitato da Dio, ma perché? Perché Gesù era suo figlio, certo, ma più in profondità ancora perché Gesù ha saputo come uomo, in una condizione umanissima, vivere l’amore fino all’estremo, fino a raccontare con la sua vita e la sua Parola   il Dio che è amore. Quell’amore vissuto concretamente e quotidianamente da Gesù con tutti quelli che incontrava – amici e nemici, giusti e peccatori, intelligenti e insipienti – quell’amore che è rimasto intatto anche nella sof ferenza, nella persecuzione, nella prova, quell’amore che non si fermava davanti all’avversario e all’omicida, quell’amore non poteva andare perduto. Il duello, sempre presente nelle nostre vite, tra morte e amore, nella vita di Gesù è stato un duello in cui l’amore ha vinto la morte e il male. Per questo Gesù è risorto, perché neanche l’oceano del male e della morte può spegnere l’amore vissuto. Un messaggio così, come può non interessare anche chi non crede in Gesù? L’amore riguarda tutti gli esseri umani!

Ma questo messaggio così forte e liberante è affidato alla povertà dei cristiani. Vi è un passaggio nel racconto della passione fatto dall’evangelista Giovanni che ci rimanda alla responsabilità decisiva che i discepoli di Gesù hanno nell’annunciare la “buona notizia” dell’amore più forte dell’odio. Di fronte al

sommo sacerdote che lo interroga “riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina”, Gesù risponde di aver sempre “parlato al mondo apertamente” e conclude: “Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno ascoltato ciò che ho detto loro. Ecco, essi sanno le cose che ho detto”. Ancora oggi quanti non condividono la fede cristiana hanno una via maestra per conoscerla: interrogare i discepoli di Gesù. E questi ultimi hanno la responsabilità di una testimonianza credibile di quanto hanno visto e udito nelle proprie vite.

Per il cristiano allora, soprattutto nel momento in cui celebra la Pasqua del suo Signore, non vi è spazio per fughe, evasioni o spiritualismi, ma l’esigenza di vivere la resurrezione nell’esistenza, nell’oggi della storia, facendo sì che la fede pasquale diventi manifesta ed efficace già ora e qui. Sì, i credenti devono mostrare che la vita è più forte della morte, e devono farlo nel costruire comunità in cui il “noi” si fa carico di ciascuno e l’“io” rinuncia a prevaricare, nel perdonare senza chiedere il contraccambio, nella gioia profonda che permane anche nelle situazioni di sofferenza e di persecuzione, nella compassione per ogni creatura, soprattutto per gli ultimi e i sofferenti, nella giustizia che porta a operare la liberazione dalle situazioni di morte in cui giacciono tanti esseri umani, nell’accettare di spendere la propria vita per gli altri, nel dare la vita liberamente e per amore, fino a pregare per gli stessi assassini, come tanti testimoni hanno fatto, ancora ai nostri giorni.

Paradosso, certo, la resurrezione. Ma, proprio per questo, può essere narrato in modo credibile solo da altri paradossi, da quell’amore folle che arriva ad abbracciare perfino il nemico. Il cuore della fede cristiana è esattamente questo: credere l’incredibile, amare chi non è amabile, sperare contro ogni speranza. Sì, fede, speranza e carità sono possibili in ogni condizione, anche la più sofferta, se si crede alla resurrezione.

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Non essere Increduloma Credente

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Il Santo Padre Benedetto XVI ha

disposto che la celebrazione del

R i t o d i Bea t ifi caz ione de l

venerabile Servo di Dio Giuseppe

Toniolo, abbia luogo a Roma,

nella Basilica di San Paolo   fuori

le mura, domenica 29 aprile

2012.

Rappresentante del Santo Padre

sarà Sua Eminenza il Card.

Salvatore De Giorgi, Arcivescovo

emer i to d i Pa lermo e g ià

Assistente generale dell’Azione

Cattolica Italiana.

1.La vita e le virtù di Giuseppe Toniolo

Nato  a Treviso il 7 marzo del 1845 e morto a Pisa il 7 ottobre del 1918,   Giuseppe  Toniolo è considerato da molti il maggiore economista e sociologo cattolico italiano.  Dopo avere compiuto gli studi delle scuole medie nel Collegio di S. Caterina a Venezia,  si iscrisse all’Università di Padova, dove conseguì la laurea in giurisprudenza.  Dedicatosi alla carriera universitaria, dopo essere stato a l l i e v o , t r a g l i a l t r i , d i G i ova n n i  L a m p e r t i c o e A n g e l o Messedaglia, conseguì la libera docenza in Economia politica nel 1873, tenendo la prolusione sul tema  Dell’elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche. Vinse la cattedra di Economia Politica nell’Università di Modena  nel 1878. L’anno successivo fu nominato professore di economia politica nell’Università di Pisa dove insegnò per 40 anni, fino alla morte.

Le sue  ricerche spaziano dall’economia  alla storia, alla sociologia,  materie in cui egli cerca sempre di dimostrare  il primato dei valori etici dei valori religiosi. La vita economica risulta arricchita e potenziata ove  gli uomini  agiscano rispettando i valori etici e i valori religiosi. Una articolata definizione del concetto di democrazia cristiana, con un particolare riguardo per le necessità delle classi più umili, la definizione dei principi fondanti di una società organica , che passa  anche attraverso le rappresentanze delle categorie, la confutazione, portando argomenti concreti, del concetto di materialismo storico, attente ricerche nel capo dell’economia applicata,  con interessanti studi sulla ristrutturazione

Santi & Beati

Giuseppe Toniolo un economista civile Beato

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a cura di Carmine Tabarro - Membro dell'Opera Shalom a Roma

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dell’azienda, all’interno della quale si auspicano forme di partecipazione dei lavoratori: questi sono alcuni dei numerosi argomenti trattati dall’Autore in maniera approfondita, come testimoniano gli scritti contenuti nei venti volumi dell’Opera Omnia.

Tra le sue opere più famose si ricordano "Dei remoti fattori della potenza economica di Firenze nel Medio Evo", Il programma dei cattolici di fronte al socialismo, la Democrazia Cristiana, l’Odierno problema sociologico e il Trattato di Economia  sociale.

Fu attivo anche nel campo organizzativo, fondando l’Unione Cattolica per gli  Studi Sociali,  la Rivista Internazionale di Scienze sociali e discipline ausiliarie, le Settimane  sociali dei Cattolici d’Italia.

Fu tra i promotori degli Statuti di Firenze  con cui furono costituite l’Unione Popolare, l’Unione Economico sociale  e l’Unione Elettorale.

2.Giuseppe  Toniolo e la Dottrina Sociale della Chiesa

Rivendicando il primato della dottrina sociale della Chiesa e l’impegno sollecito, da essa sempre dimostrato a favore delle classi più umili, il  Toniolo non si stanca di combattere, in tutte le sue manifestazioni, il laicismo, anche allora tanto diffuso e da lui giudicato una tr iste espressione del proposito di escludere la religione dalla convivenza civile, riducendola a un mero atto interno individuale. Il quale laicismo, s v i l u p p a t o s i c o n l a p r o p a g a n d a dell’Enciclopedia, con il culto della Dea Ragione, con le violenze del terrore, dietro le armi e le riforme napoleoniche, si confonde col razionalismo protestante di Germania e Gran Bretagna e prende piede con il liberalismo dottrinale, sviluppatosi per larga parte dell’Ottocento in Europa e in America. Le considerazioni di ordine storico e sociologico che il Toniolo svolge riguardo alla virtù vivificatrice della religione e dell’etica cristiana anche sul piano sociale, t rovano un efficace r iscontro nel la trattazione dei rapporti tra fede e scienza. La tesi di fondo, che  Toniolo sviluppa a questo riguardo, è che la religione, lungi dal rappresentare un ostacolo al progredire della scienza, ne costituisce una molla efficace di sviluppo. Si tratta di concetti che sono efficacemente illustrati nel saggio I doveri degli studiosi cattolici, pubblicato nella raccolta antologica edita a cura della s t e s s a F o n d a z i o n e N a z i o n a l e d i Studi  Tonioliani nel 2009 dal titolo “I fondamenti della società cristiana”.

Non dobb iamo pe rò c rede re c he l’importanza che  Toniolo attribuisce ai principi generali esaurisca tutti i suoi interessi, che invece spaziano in molteplici direzioni e che giungono a comprendere anche la sfera eminentemente pratica. Infatti, dai principi generali, sa scendere anche alle applicazioni pratiche, come dimostrano vari suoi saggi, che si possono definire di politica economica, in cui egli impegna le sue risorse e il suo talento non meno di quanto egli aveva fatto nelle trattazioni più squisitamente teoriche.

Per renderci pienamente conto di ciò basti pensare alla cura e all’interesse con cui egli affronta certi problemi, come quello del lavoro e in particolare quello della remunerazione dei lavoratori e dei modi per migliorarla. Il modo con cui egli tratta l’argomento è tutt’altro che improntato a meri criteri aziendalistici e economicistici. Infatti, non si stanca mai di considerare il lavoratore come un essere dotato di dignità morale e non un mero strumento della produzione, da riguardare alla sorta di un macchinario.

La fecondità del messaggio cristiano La posizione di Toniolo è estremamente chiara.

È dal messaggio della Chiesa che potrà derivare il riscatto dell’umanità anche per quanto riguarda i problemi del mondo.

La rigenerazione delle strutture sociali non potrà che derivare dall’accoglienza del messaggio cristiano, il quale pervaderà uomini e cose, sollevando ancora una volta le sorti dell’umanità. Tutto ciò, mentre spiega il successo che incontrò nel mondo cattolico, contribuisce anche a farci comprendere l’indifferenza e talvolta l’ostilità con cui la sua opera fu accolta in ambito accademico. Abituati ad un esame freddo e distaccato dei fatti e delle teorie, molti dei colleghi del  Toniolo rimanevano interdetti dal suo modo appassionato di  affrontare i vari problemi economico-sociali con ampi riferimenti storici che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto servire ad avvalorare le tesi che egli andava esponendo.

Soprattutto, in un ambiente permeato di laicismo e di positivismo, suscitò sorpresa il fatto che il Toniolo, quasi in ogni pagina del le sue opere, s i proponesse d i dimostrare, alla luce di fatti e teorie, il carattere salvifico e rigeneratore della fede cattolica, oltre che nelle sue formulazioni dottrinali anche nelle sue applicazioni prat iche, qual i s i erano real izzate nell’epoca passata, specie nel periodo medioevale. In questo senso vanno capiti i continui riferimenti storici che compaiono

negli scritti tonioliani. Non si tratta affatto di sfoggio di erudizione o di un mero vezzo.

Al contrario i ricorrenti richiami alla storia rispondono ad un’esigenza ben precisa, quella cioè di avvalorare le tesi che a lui stavano particolarmente a cuore. Una prova di ciò è data dal fatto che egli dedica quasi un decennio della sua vita allo studio della storia economica medioevale, un periodo in cui si registra il massimo splendore della concezione cristiana della vita e della società. L’eccezionalità della potenza economica della Firenze medioevale viene da lui fatta risalire all’accoglimento, da parte del Comune fiorentino , dei principi sociali scaturenti dal messaggio cristiano, in un periodo in cui gli ideali di vita ispirati dal cristianesimo si mantennero ai livelli più alti.

Un cer to at teggiars i solenne del la pagina  tonioliana si spiega dunque con cer te esigenze che egli credeva di soddisfare meglio innalzando per così dire il tono della sua esposizione anziché mantenere un linguaggio pacato e analitico. Ettore Gotti Tedeschi nella sua introduzione al volume, ricorda che Giuseppe Toniolo, oltre che uomo di grande fede, fu uomo di studio, di organizzazione e di idee innovative. Ben sapendo che azioni forti vogliono idee forti e formazione, rilancia gli studi Neotomistici nelle università. Sapendo che per agire sono necessari strumenti idonei, fonda e avvia strutture per creare banche agricole, credito   cooperativo, progetta corporazioni antistataliste (come fece anche don Sturzo). Conscio che le idee innovative devono esser “al pari con i tempi”, per risolvere la questione sociale, riformula i principi della dottrina sociale del la Chiesa. Lo fa chiarendo che l’economia è un mezzo. Che è etico il comportamento dell’uomo, non il mezzo. Che il senso dell’economia sta nella ricerca del bene comune. Che ogni decisione economica si fonda su principi morali e provoca effetti morali. E conclude: «Ci si può santificare nella vita quotidiana senza fuggire dal mondo, ma persino vivendolo intensamente e concorrendo a migliorarlo, migliorando sé stessi e gli altri. Soprattutto in attività di cui oggi tanto si diffida: l'economia, la finanza, la politica».

C o l l a b o r ò a l l a s t e s u r a d e l l a Rerum  Novarum di Leone XIII. Taluno lo ritiene ispiratore della  Quadrigesimo anno di Pio XI. Venerdì 14 gennaio 2011 Papa Benedetto XVI ha firmato il decreto riguardante un miracolo attribuito alla intercessione del Venerabile Servo di Dio Giuseppe Toniolo, ultimo passaggio per la  beatificazione, il cui rito avrà luogo a Roma il 29 aprile 2012.

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3.La scuola economica –civile cattolica italiana degli ultimi due secoli: da  Toniolo a don Sturzo, da Fanfani a Vito a Mengazzi. Ristampato il volume delle opere del Toniolo con la prefazione di Ettore Gotti Tedesci

3.1.Toniolo e la Scuola Sociale Cattolica Italiana

Per i cattolici è venuta l’ora di scrollarsi di dosso un certo complesso di inferiorità che molti di loro

sembrano nutr i re r iguardo a var ie ideologie, che peral t ro sono s tate condannate dalla Storia o hanno fatto e continuano a fare danni al tessuto economico sociale.

Occorre prendere coscienza del fatto che, nel campo economico sociale, esiste tutto un filone di

p e n s i e r o , c h e p a r t e d a Giuseppe  Toniolo e che, passando, tra gli altri, da Luigi Sturzo, Amintore Fanfani, Francesco Vito, Igino Giordani, Gino Barbieri, Guido Menegazzi, giunge su su fino agli studiosi più recenti, da Alberto Quadro Curzio a Filippo  Ornaghi e altri. Si tratta di economisti, sociologi, storici che, a vario titolo, hanno dato notevoli cont r ibu t i ne l le loro d isc ip l ine, nell’ambito del filone generale del pensiero sociale cattolico. Per quanto riguarda Giuseppe Toniolo, che molti considerano il maggior economista e sociologo cattolico, si ripete spesso che egli non ebbe allievi diretti e questo è vero se si affronta l’argomento da un punto di vista strettamente  Accademico.

Il giudizio risulta però ben diverso se si considera l’influenza, diretta e indiretta, che il  Toniolo esercitò sugli economisti e sociologi successivi.

Basti pensare, nel filone della tradizione tonioliana, ai grandi contributi che, sul piano teorico e su

quello della politica economica, dette F rance s co V i t o , pe r ann i Re t t o re dell’Università Cattolica di Milano, che, tra l’altro rafforzò la tesi che la scienza economica non può prescindere dai giudizi d i valore. Non es is te una sc ienza economica neutrale ed anche coloro che pongono al centro del loro sistema il mercato e l’homo oeconomicus finiscono, in defin i t i va per accog l ie re una ben determinata scala di valori. Dopo la morte d e l To n i o l o , a v ve n u t a n e l 1918 , nell’immediato non apparvero continuatori

del suo pensiero ma, poco dopo, a partire dagli anni Trenta del secolo scorso, alcuni autori cattolici ne raccolsero il testimone, portando grandi contributi all’elaborazione e allo sviluppo del pensiero sociale cattolico. Si tratta dell’opera di grandi economisti, come il succitato Francesco Vito, e di Guido Menegazzi che, a Pisa, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, ricoprì la cattedra che fu già di Giuseppe Toniolo.

Nello stesso filone del pensiero del Toniolo si colloca un altro cattedratico italiano, Aldo Adolfo Crosara, per lunghi anni ordinario di S t o r i a de l l e do t t r i n e e conom i c he nell’Università di Perugia, la cui opera, come già era avvenuto per il Toniolo, si inquadra chiaramente alla tradizione tomistica. Su  questi autori e su altri, che fanno parte di quella che potremmo definire la Scuola economico-civile cattolica, non mancheremo di tornare sulla nostra rivista,

mentre la Fondazione Nazionale di Studi Tonioliani, porterà avanti le ricerche sul  Toniolo e su coloro che, dopo di lui, hanno dato contributi al pensiero sociale cattolico.

 3.2.Il contributo di Giuseppe Toniolo

Giuseppe  Toniolo (1845-1918), uno dei maggiori economisti e sociologi cattolici italiani, negli

anni a cavallo dell’Ottocento Novecento insegnò nel l ’Univers i tà di P isa per quarant’anni, dando inizio a una corrente di pensiero, tutta basata sui principi dell’etica sociale cristiana.

I l contr ibuto di tale autore r isu l ta interessante non solo da un punto di vista storico in quanto si

riferisce a uno dei massimi rappresentanti della cultura sociale cattolica tra Ottocento e Novecento, ma anche perché offre

notevoli spunti per l’interpretazione della realtà contemporanea. Fautore della tesi che i valori spirituali mostrano tutta la loro fecondità non solo nell’ambito della persona singola ma risultano altresì di grande efficacia per quanto riguarda la vita della società, il  Toniolo delineò un sistema vasto e articolato, che specie per quanto riguarda la metodologia economica, dette risultati di notevole importanza. Vi sono vari filoni nell’opera del Nostro, che denotano un carattere di attualità e che possono offrire elementi utili per la soluzione di alcuni dei problemi sociali che sono oggi sul tappeto. Si pensi ai temi della democrazia o r g a n i c a , d e l l e r a p p r e s e n t a n z e parlamentari, del partecipazionismo, della cooperazione, dei rapporti internazionali. Interessanti e anche oggi di attualità le osservazione che l’Autore compie riguardo alle disfunzioni del   parlamentarismo, ove

questo sia basato sul mero aspetto dell’equilibro formale di maggioranze numer i c he , senza c he s i t enga sufficientemente conto degli elementi s o s t an z i a l i d i u n a democ raz i a par tecipata, espressa anche con adeguate rappresentanze di categorie.

Tutti argomenti che sono affrontati dal  Toniolo in pagine dense, che rivestono notevole interesse e

che indicano, in ogni caso, linee precise d’orientamento per coloro che si propongono di affrontare

le problematiche economico-sociali contemporanee alla luce dei principi dell’etica sociale cristiana.

Toniolo, come ben mette in evidenza Ettore Gotti Tedeschi nella sua puntuale e interessante prefazione al recentissimo volume  tonioliano Capitalismo e socialismo, fu uno dei pochi coraggiosi

che non temette il clima anticlericale del tempo e non arretrò mai di fronte al laicismo e al  positivismo imperanti. Rilanciò gli studi tomistici nelle Università e formulò tutto un sistema di pensiero saldamente ancorato ai principi dell’etica sociale cristiana, che egli contribuì a delineare e a precisare.

Sapendo che per agire sono necessari strumenti idonei, fonda e avvia strutture per c r e a r e b a n c h e a g r i c o l e , c r e d i t o cooperat ivo, proget ta corporazioni antistataliste (come fece anche don Sturzo).

In definitiva  Toniolo contribuisce alla creazione di un sistema, che risulterà fecondo di concrete iniziative.

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Teresa d’Avila è un’appassionata di Dio e tutta la sua vita si consuma in un gesto costante di amore. Non sa vivere senza amare e cerca di essere in tutte le circostanze la manifestazione dell’amore di Dio e ai fratelli. Canta l’amore come non poche donne nella storia. Si dona all’amato e sa che vivere l’amore è consumarsi come una candela accesa davanti all’Amato, senza lasciare niente per sé.

Chi conosce, che sia qualcuno che più di tutti ha compreso e sperimentato le parole di Gesù “non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”. Possiamo aprire a caso gli scritti di Teresa e dopo poche righe, al massimo una pagina, ci appare la parola “amore”, che ci obbliga a fermarci e entrare nel cammino di Teresa per comprendere che tutta la nostra vita serve nella misura in cui sappiamo che cos’è amare. La stessa santa Teresa se lo chiede, dopo aver ascoltato queste parole dal Signore: Il Signore mi disse: Ah, figlia, così pochi mi amano davvero! Se Mi amassero, Io non gli nasconderei i miei segreti. Sai che significa amarmi davvero? Capire che tutto ciò che non è gradito a Me è una bugia. Vedrai con chiarezza questo che adesso non comprendi attraverso il frutto che sentirai nella tua anima.(V 40,1)

Per Teresa amare è non avere paura di donarsi e affrontare per Dio tutte le difficoltà che possono sorgere nel cammino di preghiera. Teresa non è una filosofa né una teologa e né una psicologa, come a volte oggi si vuole far credere. È qualcuno che, avendo incontrato la fonte d’acqua viva dell’amore di Dio, non cessa di bere di questa acqua e vuole condividerla con tutti coloro che incontra nella sua vita. Non è capace di conservare per sé la bellezza dell’amore di Dio e com’è dolce vivere a contatto con l’amore e annunciare questo amore a tutte le persone. La chiamata dell’amore arde nella mente, nel cuore e nel corpo di Teresa d’Avila.

Non ci si meravigli del fatto che il dono della transverberazione, nel quale il suo cuore è ferito da una freccia dell’amore di Dio, sia l’apice della sua esperienza mistica. Il cuore è ferito dall’amore e, a imitazione di Cristo, riversa questo amore sulla Chiesa e il mondo.

Noi tutti abbiamo bisogno di scoprire la forza dell’amore e non aver paura, dell’insegnamento di Teresa, né di amare o di lasciarsi amare. Chi ama vince tutti i timori perché sa che l’amore di Dio è più forte della morte.

L’amore per Teresa non è un’ideologia, è vita. Allo stesso modo lei stessa ci avverte che sarà difficile comprendere l’amore di Dio se non l’abbiamo sperimentato almeno un poco nella nostra vita. Non bisogna mai dimenticare quando si legge di santa Teresa che lei parla “solo per esperienza” e non per sentito dire. Parla di quel che sa, di quello che conosce. È per questo che la sua dottrina non ci inganna, è comprovata. Il Dottore della Chiesa, maestra di vita spirituale connessa alla sua storia e ci convince che questo è il cammino per il quale lei è passata e può indicarlo agli altri con sicurezza, perché è stato approvato da teologi seri e loro amici.

L’AMORE È SEMPRE CREATIVO

Giovanni Della Croce, nella prima strofa di Fiamma Viva d’Amor, dice che lo Spirito Santo, che è amore, è sempre inquieto, alla ricerca di qualcuno da amare.” E Teresa d’Avila nella Sesta stanza, nel cap. 9,18, ci dice che l’amore è creativo, non è mai ozioso:

“Non è questo il motivo che la porta a servizi più grandi; seguono soltanto l’ impulso dell’amore, la cui naturalezza consiste nell’agire sempre in mi l le man iere . Se po tesse , l ’an ima ricercherebbe invenzioni per consumarsi in Lui. E anche se fosse necessario rimanere sempre annientata per una maggiore gloria di Dio, lo farebbe con molta buona volontà.”

Di chi è questo pensiero, di Giovanni della Croce o di Teresa d’Avila? Di entrambi, sono amici, uno conduce l’altro, sono anime gemelle sui sentieri che conducono a Dio e sanno che questa è la verità. Com’è bello poterci convincere che il nostro unico desiderio è di “soddisfare i desideri della persona amata”, quest’amore che si agita in noi, che ci spinge. Chi di noi, davanti a una persona amata non sente la necessità di fare tutto il possibile per compiacerla? Così è con quelli che amano Dio per davvero. Non esistono frontiere e né paura. Fanno di tutto per amare Dio e farlo amare. Sono creativi nell’amore e trovano nuove forme di apostolato, di missione e pensano sempre a quello che possono fare.

Quando si ama non ci si accontenta con la mediocrità e tutto va bene. È l’amore che ci fa missionari dinamici, attenti ai segnali dei tempi e non meri ripetitori di verità nascoste, che non risvegliano più l’allegria di credere.

È l’amore che fa della vita comunitaria una vita viva, come quella di Teresa d’Avila, dove l’amore è fermento di allegria e di vita.

A FELICIDADE DE QUEM AMA (LA FELICITÀ DI CHI AMA)

Ditoso o coração enamorado (Beato il cuore che ama)

Que só em Deus coloca o pensamento(Che mette il suo pensiero solo in Dio)

Por Ele renuncia a todo o criado(Per Lui rinuncia a tutta la creazione)

Nele acha glória, paz, contentamento(In Lui trova gloria, pace, contentezza)

Vive até de si mesmo descuidado, (Vive fino a dimenticarsi di prendersi cura di sé stesso)

Pois no seu Deus traz todo o seu intento. (Dal suo Dio trae tutto il suo intento)

E assim transpõe sereno e jubiloso(E così raspone sereno e gioioso)

As ondas deste mar tempestuoso. (Le onde di questo mare in tempesta)(Poesia 5)

Teresa cerca non la propria felicità, ma quella degli altri. È un fuoco che non può estinguersi, ma che deve invece essere sempre alimentato nel fare cose piccole o grandi che servino per la vita. Teresa, da buona monaca, sa che nella vita carmelitana non c’è uno “status sociale”. Lei ha sempre lottato contro l’onore, che impedisce di discendere dai piedistalli che noi stessi costruiamo e di usare gli altri come tappeti a gradi, cerca invece legna per ravvivare quest’amore nella quotidianità del servizio nel suo monastero. Lasciamo che Teresa ci parli di questi ardori e fuochi di amore, che tanto fanno soffrire e danno allo stesso tempo allegria a quelli che ama.

Questo sembra anche un fuoco grande che, perché non si spenga, ha bisogno di essere sempre alimentato. Così sono le anime a cui

Approfondimenti

a cura di Frate Patrício Sciadini, ocd. traduzione di Giovanni Santarelli.

Teresa d’Avila, Cantautrice dell’amore

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mi riferisco: anche se gli costasse molto, vorrebbero portare la legna affinché la fiamma non si estingua. Tale è la mia miseria che mi accontenterei persino se potessi gettargli un po’ di paglia, cosa che mi succede molte volte; di alcune cose rido, di altre mi stanco molto. Il movimento interiore mi incita a servire adornando le immagini con rami e fiori, spazzando, mettendo in ordine un oratiorio e facendo altre cose insignificanti — a me non servo — che mi lasciano confusa.

Quando facevo qualche penitenza, lo facevo per tanto poco tempo e in un modo che, se il Signore non tenesse conto della buona volontà, io stessa consideravo insignificante, arrivando a ridere di me stessa. Ma non è poco il lavoro che Dio dà, per la Sua bontà, a quelle anime a cui Egli dona in abbondanza questo fuoco del Suo amore quando gli mancano le forze corporali per fare qualcosa per Lui; è una grande sofferenza perché, siccome gli mancano i mezzi per gettare un po’ di legna in questo fuoco, essendo capaci di morire affinché questo non si estingua, esse si consumano poco a poco interiormente e si trasformano in cenere. Si abbattono e soffrono in lacrime, patendo molto tormento, anche se saporito.

Preghi tanto il Signore l’anima che, essendo arrivata fin qui, riceva da Lui le forze corporali per fare penitenza o conoscenza, talenti e libertà per pregare, confessare e portare le anime a Dio. Un’anima così non sa, né comprende il bene di cui dispone se non ha appreso per esperienza che è niente poter fare nel servizio del Signore e ricevere sempre tanto. Benedetto sia Egli per tutto e Gli rendano gloria gli angeli, amen. (V 30,20-21).

Oggi abbiamo bisogno di comprendere che senza l’amore non sarà possibile cambiare né noi stessi né gli altri e nemmeno il mondo in cui viviamo. Per Teresa è più che chiaro che l’amore dà valore alle opere. “ Solo l’amore dà valore a tutte le cose. E la cosa più necessaria è che sia sufficientemente grande perché nessuno lo ostacoli”. (Excl. 5,2).

L’amore è fermento fecondo di una nuova vita. È difficile amare? È solo cominciare a dimenticarsi di se stessi, avendo Dio e l’altro come centro del nostro agire. È nell’amore che si rivelano gli amici di Dio e degli altri.

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Questo articolo ha l'obbiettivo di parlare del padre putativo di Gesù, tracciandone un ritratto il più verosimile possibile e di porre le domande le risposte che molti Padri della Chiesa, santi, magistero della Chiesa e      popolo di Dio si sono posti e  pongono lungo il corso dei, cercando di proporre delle risposte le più fedeli possibili facendoci a iu tare da diverse voci autorevoli.

“Il più grande santo e il più potente intercessore che abbiamo in cielo, dopo la Vergine Maria, è San Giuseppe”. Lo ha affermato Pio IX nel 1870 con il decreto della Sacra Congregazione dei r it i ‘Quemadmodum Deus’ proclamando San Giuseppe patrono della Chiesa universale. E dopo di Pio IX, tutti i Pontefici hanno ribadito questa concetto.“E’ giusto che sia così”, scrive   padre Vittorino Grossi, teologo e scrittore, direttore della rivista di studi patristici ‘Augustinianum’, membro del Pontificio comitato di Scienze storiche, professore di Patrologia e Patristica alla Pontificia Università Lateranense e all’Ist i tuto Patristico Augustinianum. “San Giuseppe fu sposo di Maria, la madre di Dio; fu la persona scelta direttamente da Dio per la missione più straordinaria che si possa immaginare, essere il padre legale del figlio stesso di Dio nella sua avventura terrena, quando, pur continuando ad essere Dio, assunse la natura umana, diventando anche vero uomo".“Duemila anni fa”, prosegue padre Vittorino “San Giuseppe ha visto nascere Gesù, lo ha tenuto tra le braccia, gli ha dato un affetto immenso, ha provveduto a difenderlo da chi lo voleva uccidere, ha seguito la sua crescita, ha lavorato per mantenerlo, gli ha insegnato le regole del vivere civile, i principi religiosi, è vissuto con lui e la Madonna formando una famiglia speciale, la ‘Sacra Famiglia’.“Ma pur avendo un incar ico cos ì eccezionale, Giuseppe è stato in vita sempre un uomo umile e riservato. Gli evangelisti parlano poco di lui. E anche nell’ambito della storia della devozione, il suo culto si è sviluppato lentamente. Bisogna arrivare alla fine del primo millennio della storia cristiana per trovare un importante interesse devozionale e teologico per lui. Poi, nel secondo millennio, quell’interesse è andato via via crescendo. Importanti teologi, come San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura, il Beato Giovanni Duns Scoto con i loro scritti hanno approfondito ed evidenziato il ruolo di San Giuseppe nell’ambito del mistero dell’Incarnazione. San Bernardino da Siena, nel quindicesimo secolo, fu un grande divulgatore del culto a San Giuseppe e nelle sue prediche sosteneva

che era stato assunto in cielo come la sua sposa Maria. Santa Teresa d’Avila, nel secolo sedicesimo, promosse la devozione a San Giuseppe in tutta la Spagna, e gli dedicò dodici monasteri da lei fondati.

“Ma il più forte impulso alla conoscenza teologica di San Giuseppe è venuto dai Pontefici negli ultimi 150 anni. A cominciare da Pio IX che, nel 1870, proclamò San Giuseppe "patrono della Chiesa Universale". Leone XIII, nel 1889, gli dedicò un’enc ic l ica, "Quamquam plur ies" , proclamandolo "modello e avvocato di tutte famiglie cristiane"; Benedetto XV, con il Motu Proprio ‘Bonum   sane’, nel 1920, esaltò l’efficacia delle devozione a San Giuseppe come rimedio ai problemi del dopoguerra; Pio XI nel 1937, con l’enciclica "Divini Redemptoris", lo propose come "modello e patrono degli operai" Pio XII, nel 1955, istituì la festa liturgica di Giuseppe operaio; Giovanni XXIII, nel 1961, lo nominò "Celeste protettore del Concilio Vaticano II"; Giovanni Paolo II nel 1989 g l i ded icò una Esor taz ione apostolica, "Redemptoris custos", che è uno straordinario documento teologico. Gli interventi di Benedetto XVI su San Giuseppe sono continui e insistenti. Egli ama molto questo santo del quale porta il nome di battesimo”.Passiamo alle domande:

1)Che cosa si conosce esattamente della vita di San Giuseppe?

I Vangeli e i libri canonici su questo argomento dicono poco. Matteo e Luca concordano nel presentare San Giuseppe come discendente della stirpe di David. Sembra avesse un fratello di nome Cleofa. Luca colloca la sua famiglia a Nazaret. Nei racconti dagli apocrifi, (cioè in quei libri che risalgono ai primi secoli ma che la Chiesa non ritiene ispirati da Dio) si trovano varie indicazioni anagrafiche, ma non a t t end ib i l i . Queg l i s c r i t t o r i e rano preoccupati di difendere alcune verità dogmatiche, come la verginità di Maria, la divinità di Gesù uomo-Dio. Per dimostrare che Gesù Bambino era figlio di Dio, gli attribuiscono una miriade di miracoli a volte ingenui e grotteschi. Per rendere accessibile il concetto della Verginità della Madonna, presentano San Giuseppe quasi centenario.

Ques t i raccont i hanno influenzato l’iconografia di tutti i tempi, e infatti San Giuseppe è sempre presentato anziano,

con il bastone e la barba. In realtà, quando sposò Maria, era giovane. A quel tempo, le ragazze ebree si sposavano tra i 12 e i 14 anni, mentre i maschi tra i 16 e i 18 anni. Quindi, Maria divenne promessa sposa di Giuseppe quando aveva circa 12 anni, e Giuseppe aveva 16 o 17 anni.

2)Si sa qualche cosa della famiglia di Giuseppe?

Matteo e Marco ci informano che era un falegname, quindi apparteneva a una famiglia di artigiani. Per indicare questa professione usano la parola greca ‘tekton’, che viene in genere tradotta con il termine "falegname", ma va intesa in forma più ampia, come carpentiere, impresario edile, uno che lavorava il legno soprattutto per la costruzione delle case, che erano tutte in legno. Un lavoro importante dal quale si deduce che la famiglia di Giuseppe fosse benestante. Nell’impero romano del tempo, la società era divisa in due classi: gli "humiliores", i meno abbienti, i poveri; e gli "honestiores", che erano i benestanti. I "tekton" facevano parte di questa classe.

3)Giuseppe e Maria erano innamorati o il loro matrimonio era stato combinato dalle rispettive famiglie?

Nella famiglia ebraica, il matrimonio aveva una struttura patriarcale, maschilista. La ragazza dipendeva dal capofamiglia; il ragazzo un po’ meno. Nel caso del matr imonio, erano le famigl ie che trattavano, ma, alla fine, era il ragazzo che, con l’approvazione del padre e della madre, andava a chiedere “la mano” della ragazza, la quale poteva anche rifiutare il promesso sposo, ma non succedeva quasi mai.Nel caso specifico di Giuseppe e Maria è logico ritenere che siano state osservate le consuetudini, ma è lecito anche pensare che fossero veramente innamorati. E questo lo si deduce proprio da ciò che avvenne

a cura di Carmine Tabarro - Membro dell'Opera Shalom a Roma

Conosciamo san Giuseppe?

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dopo che era già stato stipulato il contratto di promessi sposi.

4)La scoperta da parte di Giuseppe che Maria era incinta?

Il comportamento di Giuseppe in quella situazione palesa un grande amore e una grande stima di Maria. La legge prevedeva che dopo l’accordo scritto tra le due parti, dovesse trascorrere ancora un anno prima che i due promessi sposi andassero a vivere insieme. In caso di infedeltà della donna, il marito la ripudiava e la donna veniva punita con la lapidazione. Il Vangelo racconta che Giuseppe, accortosi che Maria era incinta, rimase naturalmente sconvolto, e dopo lunghe riflessioni decise di lasciarla libera, senza ripudiarla ufficialmente per evitare che venisse uccisa. Questa decisione dimostra che Giuseppe voleva veramente bene a Maria, la stimava e non si permise neppure di giudicarla.

Ma arrivò l’angelo a chiarire tutto. Disse a Giuseppe: “Non temere di prendere con te Maria tua sposa, perchè ciò che in lei è generato, è di Spirito Santo. E darà alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù; egli infatti salverà il popolo suo dai suoi peccati. Destatosi Giuseppe dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore”. Che preparazione culturale e religiosa aveva Giuseppe per capire e accettare le parole dell’angelo?“Le scuole ebraiche di 2000 anni fa erano all’avanguardia. Erano divise in Elementari e in Superiori. Le elementari erano frequentate dai ragazzi dai 5 ai 13 a n n i . L a s u p e r i o r i p o r t a v a n o a l conseguimento del titolo di rabbino, che era equivalente a l nos t ro dot torato in G i u r i s p r u d e n z a . G i u s e p p e a veva certamente frequentato le elementari. E poiché lo studio era incentrato sulla conoscenza della Bibbia, della storia sacra, dei riti religiosi, conosceva bene i testi delle profezie riguardanti l’attesa del Messia, e quindi le parole dell’angelo non erano per lui prive di senso, anzi, avevano un significato importantissimo.. E poiché, come dice l’evangelista, era "giusto", viveva cioè in sintonia con Dio, intuì il profondo significato di quella storia e accettò come aveva accettato Maria. Entrò così nel mistero e da allora fu un fedele esecutore della volontà di Dio.

5)San Giuseppe, e anche Maria, furono liberi nella scelta di aderire alla

volontà di Dio, o "programmati" in funzione della "missione" che Dio aveva previsto per loro?

Furono certamente liberi, questa e' la premessa alla creazione dell'uomo e della donna, finanche nel peccato. Sant’ Agostino spese l’intera esistenza a riflettere sul "libero arbitrio" e quattro anni prima di morire scrisse un libretto che si intitola "La Grazia e il libero arbitrio". Egli dice: ‘Nelle Sacre Scritture ci sono testi che dicono che c’è la Grazia di Dio; e ci sono testi che dicono che c’è il libero arbitrio dell’uomo. Noi sappiamo che queste due realtà esistono ma come poi, nella vita, si compongono, si mettano insieme, a noi non è dato di capire: questo fa parte del mistero di Dio e del mistero dell’uomo". Quando tra Dio e l’uomo e la donna vi è sintonia, amore, allora tutto avviene in modo libero e spontaneo. L’uomo intuisce l’amore di Dio, la verità dell’amore di Dio, e ne è attratto. Maria e Giuseppe avevano un istintivo e naturale trasporto verso Dio, e vivendo in amicizia con lui, seguivano liberamente le intuizioni suggerite dalla Grazia.

6)Dopo la nascita di Gesù, Giuseppe deve affrontare situazioni molto difficili: l’ira di Erode, la fuga in Egitto eccetera. E risolve tutte queste difficoltà prendendo decisioni rapide e precise, dimostrando di essere un uomo attivo e coraggioso.

Certamente, dal racconto che i Vangeli fanno di quelle situazioni si ricava che Giuseppe era una persona molto dotata anche da un punto di vista umano e responsabile verso il suo ministero di padre e marito. Un giovane straordinario. E Maria era come lui. Insieme presero decisioni che compor tavano sac r i fic i , i n cogn i t e , preoccupazioni gravi. Erano due giovani ragazzi ed avevano un bambino piccolo, minacciato di morte, bisognava scappare in fretta. Partirono per l’Egitto e, a quanto è dato sapere, fecero un viaggio di circa 500 chilometri. Si aggregarono a una carovana. Viaggiavano.                                quindi in compagnia di altre persone, ma i sacrifici e i disagi non furono per questo meno gravi. Ma niente mai turbò la loro fiducia in Dio. La loro unione familiare.

7)Un altro momento difficile si presentò durante l’annuale viaggio a Gerusalemme,

quando persero il

figlio che aveva 12 anni.

Anche in quell’occasione soffrirono molto. Tre giorni di ricerche. E quando finalmente trovarono il figlio nel tempio, Miryam  disse una frase che "fotografa" il dolore e la sofferenza che avevano nel cuore: "Perché ci hai fatto questo. Io e tuo padre, angosciati, ti cercavamo" ‘Angosciati’: un aggettivo che fa capire quanta sofferenza e quanto amore avevano tutti e due per quel loro figlio.

Il ritrovamento di Gesù nel tempio, è l’ultimo episodio riferito dai Vangeli in cui compare San Giuseppe.

8)Poi seguirono gli anni della vita nascosta di Gesù.

Vita di famiglia. Gesù avrà certamente lavorato con suo padre. Era diventato anche lui un falegname, esperto in quella professione. Ma ha anche certamente continuato a studiare. Infatti, quando inizia la sua vita pubblica, lo chiamano "Rabbi", "Maestro": titolo riservato a chi aveva frequentato le Scuole Superiori, arrivando al dottorato in giurisprudenza. Gesù era colto, conosceva di sicuro anche il greco e probabilmente anche  il latino.

9)Quando morì Giuseppe?

Prima che Gesù iniziasse la sua vita pubblica, perché nel racconto dei Vangeli di quel periodo, Giuseppe non appare più. Come sia morto, non si sa. Certamente assistito dalla moglie Maria e dal figlio Gesù. Cioè, assistito dalle persone più care che aveva e noi sappiamo quale fosse la loro vera identità. Quindi, una morte che dovremo augurarci che il Signore ci possa donare a tutti. Per questo, San Giuseppe è patrono della buona morte.

10)San Bernardino da Siena e altri teologi sostengono che sia stato assunto in cielo, come sarebbe poi accaduto a Maria.

La Chiesa Greca ha accolto questa ipotesi. Anc he San t ’ I r eneo , p r ima d i san Bernardino, scrisse molto su questo argomento. Ma la Chiesa Cattolica non si è mai pronunciata ufficialmente su questo tema. Speriamo di aver contribuito anche se per una piccola parte alla maggiore conoscenza di San Giuseppe.

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Aprile 2011

In Agenda

Missione Roma

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Congresso per i 30 anni

9/5 - Catechesi con P. Cantalamessa alle 10.

30 - Basilica San Giovanni in Later

ano. Alla sera, alle

ore 19.30, Messa con Card

inale Hummes e di seguito momento di interc

essione, sempre a

San Giovanni in L

aterano.

10/5 - Giornata ad Assisi (Celebrazione euca

ristica e spetacolo)

11/5 - Alle 19.30, Messa di ringraziamento presiedu

ta da Card. Rylko, di segu

ito serata di preghiera

e testimonianze con G

iovanni Paolo II.

12-13/5 - Congresso Internazionale (Hotel Summit - Via della Stazion

e Aurelia, 99) - Sabato dalle

9.00 alle

13.00 e domenica dalle 9.00 alle 19.0

0.

12/5 - dalle 16.00 alle 22.30 - Halleluya Ro

ma in Piazza Farnese (Spetacoli arti

stici, adorazione,

confessione, eva

ngelizzazione)

14/5 - Messa e serata sulla stori

a della comunità a San Paolo fuori le mura

15/5 - Messa e serata di testimonianze a San

Paolo Fuori le mura 

16/5 - Udienza generale con il Papa in Piaz

za San Pietro

Per quanto riguarda l'iscrizione a

l Convegno Shalom 30 anni vi ch

iedo di compilare la scheda di iscrizio

ne attraverso questo sito

:

http://www.comshalom.org/30anos/pre_reserva/ita.php

Page 18: Pace a Voi 9 Aprile 2012

Qui  hai  il  tuo  spazio  !

Con Piacere e immenso orgoglio la redazione di Pace a Voi ha in questi primi numeri, riscontrato un enorme successo, e per questo ringraziamo Dio e Tutti Voi per le vostre Belle Parole.

Il desiderio principale è quello di migliorare sempre di più per questo essere sempre all’altezza dei nostri lettori. Proprio per questo vogliamo ricordare quello che rappresenta la nostra rivista. nel “Nostra” intendiamo non della redazione ma di tutti, anche tu fai parte della Famiglia se hai qualche argomento da far conoscere, d ivu lgare evangel izzare o semplicemente dire la tua, ti invitiamo a contattarci ! Possiamo dare spazio alle tue parole, in ques to cammino di Pace , Evangelizzazione, e Crescita Sulla Parola del Signore.

Non esitare, Ti Aspettiamo!

I nos t r i conta t t i

Aiutaci  oraDonazioni Le  a%vità  missionarie  della  Comunità  Ca3olica  Shalom    sono  realizzate  

grazie  al  lavoro  di  volontari  e    sono  finanziate  tramite  so3oscrizioni,  

contribu<,  donazioni,    sia  pubbliche  che  private.  

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ROMA (RM / Italia): Via Costantino Maes 104 - Quartiere nomentano - CAP 00162 - Tel. + 39 06 86 32 95 82; e-mail: [email protected] Comunità Cattolica Shalom-Roma

CIVITA CASTELLANA (VT / Italia): Via Flaminia - km 46,800 - CAP 01033 Tel: +39 07 61 17 62 471; e-mail: [email protected]

CECINA (LI / Italia): Chiesa Santa Famiglia - Via Ambrogi, s/n - CAP 57023.Tel. +39 05 86 69 12 13 / 32 85 62 10 60; e-mail: [email protected]

BIOGGIO (Svizzera): Via alla Chiesa - Centro San Maurizio, 6934. Tel: +41 91 66 6917; e-mail: [email protected]