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ISTITUTO COMPRENSIVO AD INDIRIZZO MUSICALE DI SALICE SALENTINO E GUAGNANO (LE) Scuola Secondaria di I grado Sede di Guagnano Progetto extracurriculare a.s. 2016 2017 “PANE E VINO AMARO” Classe II A A cura di: Prof.ssa Laghezza Daniela Prof.ssa Lefons Federica

Pane e vino amaro - Istituto Comprensivo Salice …...“PANE E VINO AMARO” Classe II A A cura di: Prof.ssa Laghezza Daniela Prof.ssa Lefons Federica TU NON CONOSCI IL SUD… ora

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ISTITUTO COMPRENSIVO AD INDIRIZZO MUSICALE DI SALICE SALENTINO E GUAGNANO (LE)

Scuola Secondaria di I grado

Sede di Guagnano

Progetto extracurriculare a.s. 2016 – 2017 “ PANE E VI N O AMAR O ”

C l a s s e I I A

A cura di:

Prof.ssa Laghezza Daniela

Prof.ssa Lefons Federica

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TU NON

CONOSCI IL

SUD…

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Giornalista. “Felici di conoscerla,

S i g n o r B o d i n i ” .

Bodini. “Salute a voi ragazzi che

rappresentate il futuro di quella terra

tanto amata quanto odiata da me…

G. “È forse questo il motivo per

cui lei ha abbandonato il Salento e

ora si trova in Spagna?”

B. “In parte sì. Amo il Salento ,

ma ritengo che sia una terra senza

carattere che non riesce ad opporsi

alle ingiustizie. Ne è testimonianza la

storia: i Borboni non hanno mai

puntato allo sviluppo del Sud, anzi ne

hanno esasperato lo stato di

sfruttamento.

I N T E R V I S T A

I M M A G I N A R I A

A

V I T T O R I O B O D I N I

“Qui non vorrei morire

dove vivere mi tocca,

mio paese così sgradito

da doverti amare”

L e i n t e r v i s t e

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Ancora oggi, a distanza di più di cento anni, questi

comportamenti persistono. E per me è una ferita che sanguina!”

G. “Come definirebbe oggi il suo modo di scrivere e quali sono

gli argomenti di cui si occupa maggiormente?”

B. “Racconto squarci di vita quotidiana per sottolineare la

condizione in cui versa il Sud in questi anni… Anni in cui le guerre

e la disperazione hanno ridotto questo popolo in miseria”.

“In piazza, accoccolati

sulle ginocchie del Municipio,

stanno i disoccupati

a prender l’oro del sole”

Da La luna dei Borboni

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G. “Leggendo i suoi scritti si avverte tutta la Sua sofferenza…”

B. “Sì, mi rode dentro come una malattia, scorre nelle mie vene,

fa parte di me, del mio essere uomo prima ancora che poeta”.

G. “Qual è quindi il suo obiettivo di poeta del Sud?”

B. “Il mio obiettivo? Denunciare le ingiustizie a cui è sottoposta

la mia Terra…”

G. “Non ci rimane che ringraziarla per la sua disponibilità ma

soprattutto per averci consentito di riflettere: chissà! forse un giorno

non lontano riusciremo a cambiare le sorti della nostra terra…”

classe II A

Pigro come una mezzaluna

nel sole di maggio,

la tazza di caffè,

le parole perdute

vivo ormai nelle cose che i miei occhi guardano:

divento ulivo e ruota d’un lento carro,

siepe di fichi d’India,

terra amara dove cresce il tabacco“.

da La luna dei Borboni

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Alcune sequenze del film- documentario “Vino amaro”

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“ Vi no a m a r o ” è un film - documentario diretto

dall'attore-regista E nz o Pa s ca l Pe zzut o .

È tratto dall’articolo del 1950 di Vittorio Bodini

“Squ i nza no, v i no a M i l a no ” in cui il poeta

ricostruisce le vicende della produzione vinicola

salentina degli anni ‘50.

I n c he co s a co ns i s t e l a n ot a am ara d e l

t i t o l o d e l f i l m ?

Nel fatto che i salentini furono "spettatori e non

compartecipi dei lauti guadagni ricavati dai

produttori settentrionali”, spiega il regista. “Questi

ultimi - aggiunge - seppero commercializzare il

vino locale usandolo per dar corpo al loro Chianti e

Barbera. Una formula milionaria!”.

Una bottiglia di

“Vino Amaro” di una

nota cantina locale

che ha preso il

nome dal docu-film

di Pezzuto

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Lo scrittore Vittorio Bodini, grande cantore del

Sud, attribuisce, tra l’altro, il fenomeno dei magri

guadagni dei produttori vinicoli salentini

dell'epoca a due principali fattori:

l’atavica pigrizia della gente del Sud

e il forte potere economico dei settentrionali,

appoggiati dalle banche.

Con tale cortometraggio, della durata di circa

trenta minuti, il Salento recupera la propria

gloriosa storia di leader nel campo

della lavorazione vinicola.

Il documentario è ricco di pacate provocazioni e

invita alla riflessione, con l’augurio che in futuro

le risorse del Salento vengano utilizzate dai

salentini.

tratto da teatronaturale.it

IL libro di Bodini

“Squinzano, vino

a Milano”

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Trailer del film - documentario “Vino amaro”

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R a c c o n t o d e l l a c a m p a g n a

I miei nonni, quando erano ragazzini,

andavano a lavorare in campagna per

molte ore al giorno. Mia nonna si

alzava all'alba per accudire i cavalli

che servivano per il lavoro nei campi:

li strigliava, gli dava il fieno, puliva le

stalle e aiutava il padre a sistemare il

carro detto “trainu". Dopo di che

prendeva la colazione composta da

pane, pomodoro, fagioli e verdure e

partiva per la campagna a lavorare.

Nel pomeriggio andava a preparare il

tombolo alla "mescia" (cioè una

signora esperta di ricamo). Mio nonno

invece da ragazzo viveva nella

masseria di un proprietario terriero

con i suoi genitori e i suoi 8 fratelli: la

mattina, prima di andare a lavorare

nei campi, doveva "scanare lu pane"

(impastare il pane) per aiutare la

madre che doveva accudire i figli più

piccoli. La cosa bella è che tutti i

fratelli dormivano nella stessa stanza

e si divertivano molto, nonostante la

fatica del giorno…

Sara II A

L E T E S T I M O N I A N Z E

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U n a g i o r n a t a d e l p a s s a t o

Per mia nonna la sveglia suonava

alle 4 del mattino: era tempo di

vendemmia, pertanto doveva andare

in campagna e portare con sé i

bambini che la aiutavano nel lavoro.

Infatti, a mano a mano che i secchi

si riempivano, i bambini la aiutavano

a spostarli da un punto all’altro.

Una volta tornata a casa, c’erano

ancora tutte le faccende domestiche

da sbrigare e anche in

quest’occasione la nonna si faceva

aiutare dai bambini a cucinare. Per

loro tutto diventava un’occasione di

gioco e divertimento…

La sera la nonna preparava gli

attrezzi da portare in campagna

l’indomani mattina e, poiché la tv

era presente solo in poche case,

riuniva i bambini tutti in una stanza

e cantava loro canzoni o raccontava

storie.

Arrivata l’ora di andare a letto, si

addormentavano tutti velocemente,

stanchi per la giornata faticosa che

avevano trascorso.

Ogni tanto la nonna, consapevole di

doversi svegliare molto presto,

anticipava il lavoro in cucina per

trovare tutto pronto l’indomani di

ritorno dalla campagna.

Giulia II A

L e t e s t i m o n i a n z e

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A n t i c h i m e s t i e r i

Alle luci di un’altra mattina,

la vendemmia si avvicina.

Secchio, forbici e coltello

si avvia il contadino al campicello.

Si prepara così a tagliare,

tutte le viti son da spogliare.

Moglie e figli già dal mattino,

dopo un breve riposino,

son seduti sulla soglia

con il tabacco in una foglia,

ché si deve sistemare

prima di lasciarlo essiccare.

Mezzogiorno, ora sacra,

tutti a tavola come a una sagra:

le giornate a raccontare

per poterle confrontare.

Tutti si danno un gran da fare

per il benessere familiare.

Sara II A

L E P O E S I E

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L e t e s t i m o n i a n z e L a r a c c o l t a d e i p o m o d o r i

La raccolta dei pomodori avveniva e avviene ancora

oggi nel periodo estivo: i contadini piantavano i

pomodori appena finiva l’inverno e lo facevano nei

piccoli orti per un utilizzo personale o nei grandi

appezzamenti per i “padroni”. Le fasi della

coltivazione erano tre: arare il terreno, togliere

l’erba e seminare le piantine che dovevano essere

annaffiate quotidianamente prendendo l’acqua dai

pozzi con secchi di rame. Si faceva sempre

attenzione affinché le piante non venissero

infestate dai parassiti e utilizzavano come

fertilizzante il letame ottenuto dagli animali da

allevamento. Arrivato luglio, i pomodori iniziavano

a diventare rossi e ad ingrandirsi e nel mese

successivo iniziava la raccolta alla quale

partecipava tutta la famiglia e gli amici. Arrivavano

con i “traini”, provvisti di bisacce per lo spuntino e

per il pranzo e carichi di cesti di paglia per la

raccolta dei pomodori che venivano riempiti e

infine versati in grandi casse di legno.

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A metà giornata facevano uno spuntino che consisteva in un pezzo di pane

condito con pomodori, olio e origano. Subito dopo iniziavano a lavorare.

All’ora di pranzo si fermavano nuovamente e consumavano un pezzo di pane

con formaggio e un po’ di vino. Riprendevano a lavorare fino a tarda sera,

caricavano le casse piene di pomodori sui “traini” e li portavano a casa

dividendoseli tra di loro. Quelli che avanzavano li vendevano il giorno

seguente girando per le strade. Dopo alcuni giorni si ripeteva la raccolta dei

pomodori che nel frattempo si erano maturati.

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Arrivati a casa le signore

stendevano i pomodori su un telo e

si organizzavano per la

preparazione della salsa. Venivano

tolti i peduncoli, si preparavano la

macchinetta per la salsa, un

cucchiaio di legno, una grande

pentola, un imbuto, tante bottiglie

con tappi e tante foglie di basilico. Il

giorno seguente all’alba iniziavano

la preparazione della salsa durante

la quale ognuno aveva un ruolo ben

stabilito.

Le fasi erano 5: lavare i pomodori,

stringerli, bollirli, passarli alla

macchinetta riempire le bottiglie

con l’aiuto di un imbuto e infine

chiuderle con un tappo.

Per la conservazione della salsa

veniva utilizzato l’acido

acetilsalicilico o le bottiglie

venivano messe sotto una coperta

di lana.

Verso la metà di settembre i

pomodori che rimanevano sulla

pianta, di colore giallo – arancione,

venivano legati intorno ad uno

spago e appesi in cantina per

essere consumati durante l’inverno.

Virginia, IIA

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La campagna te stampagna.

L'acqua te febbraiu inchie lu panaru.

San Martino ogni mostu ddenta vinu.

I P ROV E R B I E

I M O D I D I D I R E

Terra, zappa e cuntadinu

dannu pane e dannu vinu…

Lu maritu mia fore sta fatìa,

stasira tornerà e ce si mangerà,

a menzatia si mangia pane,

spunzale senza olio e senza sale,

cu nu bicchiere te mieru

fino a stasira resterà,

l’appetito gli verrà,

na cocchia te oe si mangerà

e a liettu se ne andrà.

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“Face cchiù miraculi na utte china te mieru

ca na chiesa china te santi”

“Lu pane cchiù è sudatu

e cchiù bbinchia”

“Ci mbie mieru campa cent'anni”

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