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PANE QUOTIDIANO «FRATELLO... NESSUNO QUI TI DOMANDERA’ CHI SEI, NE’ PERCHE’ HAI BISOGNO, NE’ QUALI SONO LE TUE OPINIONI» PERIODICO QUADRIMESTRALE - PUBBLICAZIONE OMAGGIO - ANNO XXII N. 78 MAGGIO 2013 - SPEDIZIONE IN A.P. 70% - FILIALE DI MILANO VUOI PARLARE CON NOI? CHIAMA IL NUMERO 02 58310493 [email protected] - [email protected] PANE QUOTIDIANO PANE QUOTIDIANO

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PANE QUOTIDIANO

«FRATELLO... NESSUNO QUI TI DOMANDERA’ CHISEI, NE’ PERCHE’ HAI BISOGNO,

NE’ QUALI SONO LE TUE OPINIONI»

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PaneQuotidiano

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLA SOCIETÀ PANE QUOTIDIANO (1898)

ANNO XXII N. 78 Maggio 2013

Reg. del Trib. di Milano n. 592 del 01/10/90Spedizione in abbonamento postale 70% - Filiale di MilanoPubblicazione Omaggio

Direzione, Redazione, Pubblicità e Relazioni Stampa

Viale Toscana, 28 • 20136 Milano

Telefono 02-58310493 • Fax 02-58302734

www.panequotidiano.eu

[email protected][email protected]

Direttore Responsabile

Pier Maria Ferrario

Segretario di Redazione

Ercole Pollini

Relazioni Esterne

Cinzia Bianchi

Redazione

Gigliola Soldi Rondinini

Hanno collaborato:

Angelo Casati, Antonio Aràneo, Atanor, Enrica Franciolini,

Ercole Pollini, Gigliola Soldi Rondinini, Guido Buffo, Luigi Rossi,

Renzo Bracco, Rodolfo Signifredi, Umberto Accomanno,

Augusto Sergio Salemi, Franco Licchiello.

Grafica e stampa:

Giuliana Lazzari Comunicazione

Via G. Di Vittorio, 9 - Ovada (AL)

Tel. 0143 86319 - www.giulianalazzari.com

Copertina:

Foto di Ivana Boris - Jardin Exotique - Principato di Monaco

Gentile lettore/lettrice, la informiamo che i Suoi dati sono inseriti in un database gestitodall’editore. Siamo tenuti a informarLa che il trattamento dei dati che La riguardanoviene svoltò a mezzo di supporti informatici nel rispetto di quanto previsto dal decretoLegislativo 30-6-2003 N° 196 (pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 29-7-2003 N° 74)Codice in materia di protezione dei dati personali.In qualsiasi momento, Lei potrà richiedere la modifica o la cancellazione dei dati,scrivendo all’editore. Potrà ugualmente rivolgersi allo stesso indirizzo qualora Lei nondesiderasse ricevere Che vi do.

Gli autori si assumono la piena responsabilità degli articoli firmati. La rivista, salvo diversi accordifirmati tra le parti, diventa proprietaria delle foto, dei disegni e degli scritti pubblicati che non verrannorestituiti; questi non possono essere pubblicati senza autorizzazione. La riproduzione, anche parziale,se autorizzata deve comunque citare la fonte. Eventuali collaborazioni danno diritto, salvo accordiparticolari, solo a tre copie giustificative dei lavori pubblicati.

L’arca dell’Alleanza e la bottiglia di Leida - Atanor 4

Chi era Galvano Fiamma? - Gigliola Soldi Rondinini 6

L’arte di vivere e l’arte di nutrirsi - Renzo Bracco 8

Maschere - Guido Luigi Buffo 11

Dalla Coda alla Testa del Drago - Enrica Franciolini 12

La Tradizione Templare - Angelo Casati 15

Colortaste Milano 2013 - Luigi Rossi 18

Dalla “quadratura del cerchio”

al segreto dei Faraoni - Rodolfo Signifredi 21

Pirati: bandiere e misteriosi

significati - Umberto Accomanno 24

El guarnasc - Ercole Pollini 27

Il seme delle origini:

dall’istinto all’etica - Franco Licchiello 30

Cucina - Ercole Pollini 33

Zanzare - Antonio Aràneo 34

indice

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Un giorno, non avendo alcu-na incombenza da svolgere,mi sono messo a scartabel-lare fra le mie numerosecarte e ho riscoperto unoscritto di quella mente enci-

clopedica che era il Rev.Roberto Busa. A molti que-sto nome non dice nulla percui è doveroso da parte miapresentarvi questo studiosoche molto ha dato alla

scienza contemporanea.Padre Roberto Busa S.J –gesuita, nacque a Vicenza il28 novembre 1913 e morì aGallarate il 9 agosto 2011alla venerabile età di 98 annima sempre lucido sino allafine.A vent’anni entrò nell’ordinedella Compagnia di Gesù enel 1940 venne ordinatosacerdote.Alla Pontificia UniversitàGregoriana di Roma è statotra i precursori dell’uso del-l’informatica per l’analisi deltesto, la lessicografia e l’er-meneutica testuale dandoun contributo incisivo dal-l’informatica linguistica conla sua opera in 56 volumidell’Index Thomisticus.Nell’ultimo decennio di vita,si ritirò presso l’Istituto Alo-sianum di Gallarate, dove siera ritirato il suo amico econfratello cardinale CarloMaria Martini. Fra le tante sue opere pub-blicate: Rovesciando Babele ossiatornare alle radici di ognilingua (2006).Quodlibet. Briciole del miomulino (1999).

……..L’arca (in ebraico“aron” cioè cassa) erasegno e luogo di manifesta-zione della presenza di Diotra il suo popolo. Mosè neaveva dato il disegno, chefu eseguito da Béséleel.Misurava cubiti 21/2 per 11/2

per 11/2. Siccome il cubitoebraico corrispondeva alcubito egiziano e questa eraduplice: il minore (o volgare)di mm 450, il maggiore (osacro) di mm 525, l’arcapoteva essere di m 1,31 x0,78 x 0,78, oppure m 1,12 x0,67 x 0,67. Era di legnosetim, cioè di acacia (acaciavera). Il fondo e le quattropareti erano rivestite inter-namente ed esternamentedi lamine d’oro puro.

Agli angoli (inferiori o supe-riori, non è certo) eranoinfissi quattro anelli d’oro,cui si infilavano le pertiche,che dovevano servire al tra-sporto: anch’esse di setime laminate d’oro. Il coperchio (kapporét) d’oropuro, era anche detto propi-tiatorium; era sormontatoda due kerub alati, d’oro(non si sa precisamente seritti o in ginocchio). Il testoparla anche di una specie dighirlanda o di fascia deco-rativa d’oro che circondaval’arca. Poteva essere o lastessa cornice del coper-chio, ornata di motivi a rilie-vo, oppure un fregio piùbasso. L’arca conteneva letavole della legge, un vasodi manna, la verga d’Aronnee forse l’opera manoscrittadi Mosè. Il Signore nellesoste vi manifestava la suapresenza con un nembo efaceva udire la sua voce trai cherubini sul propiziatorio.L’arca in tempo di sosta (milimito al tempo del vaga-bondare degli ebrei neideserti, omettendo la defini-tiva sistemazione ch’ebbemolto più tardi nel tempio diGerusalemme) era introdot-ta nel Tabernacolo ed unatenda la toglieva agli sguar-di di tutti. (Cfr. Ex XXX,6; XL;1-3, 18-19). Nelle marce eraavviluppata dapprima indetta tenda, poi ricoperta inun drappo azzurro di pelli,quindi di un terzo pannocolor giacinto (Num. IV, 5-6).Solo Aronne e i suoi figlipotevano avvolgere l’arca egli altri oggetti sacri. Ai Caatiti, una famiglia dileviti, spettava l’onore diportarla: però essi non pote-vano toccarla e nemmenostare a guardarla, prima chefosse involta, perché nonavessero a morire. Ecco iltesto della minaccia divina:Num. IV, 15: “e non tocche-ranno i vasi del Santuario

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Atanor

L’arca dell’Alleanza e la bottiglia di Leida

Le due probabili ricostruzioni dell’arca.

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altrimenti morranno”: ibi18-19: “badate che la stirpedi Caath non abbia ad esse-re sterminata di mezzo aileviti: ma affinché eglino nonperiscano, ove vengano atoccare le cose sante, fatecosì ecc.”; ibi 20: “gli altrinon si lascino portare dallacuriosità a mirare le coseche sono nel Santuario,prima che siano involte,altrimenti periranno”.La costruzione dell’arcadeve essere posta nelsecondo anno dopo l’eso-do. Ora l’esodo avvenne o altempo del Faraone AmenofiII (1447 – 1420 a.C.) dellaXVIII dinastia o al tempo delFaraone Merneptah (1225-1215 a.C.) della XIX dinastia.Passando ai casi di profana-zione dell’arca e di conse-guenti punizioni, ecco quan-to risulta.Negli ultimi anni della giudi-catura di Heli (1100-1050a.C. ?) l’arca santa passò –bottino di guerra – dagliIsraeliti ai Filistei. Ma la pre-senza sua portava moltenoie al vincitore: lo scompi-glio nel tempio del loro dioDagon, e soprattutto unaumiliante malattia chescoppiava dovunque l’arcavenisse trasportata neisette mesi che restò traloro. Alla fine la misero su diun carro, tirato dalle vac-che, che abbandonarono alloro capriccio. Gli animalifuggendo si diressero aBethsames (o Beth-she-mesh, città ebraica, l’odier-na “Ain Shems” a 25 km aSud-Ovest di Gerusalem-me). Ivi i leviti collocaronol’arca sopra una grande pie-tra, frantumarono il carro ene fecero un rogo, sacrifi-

candovi le due vacche; ma(I Reg. VI-19): “il Signorepunì gli uomini di Bethsa-mes, perché avevano guar-dato l’arca del Signore emise a morte 70 uomini delpopolo”.

In cosa consistette la colpe-vole profanazione deiBethsamiti? La Scritturatace le circostanze partico-lari che di quell’ “aver guar-dato” fecero un profanazio-ne empia, né dà elementiper congetturare fondata-mente che cosa si nascon-da sotto parola così sempli-cista.Passarono altri anni. Il reDavid (regnò dal 1012 al 972a. C.) faceva la solenne tra-slazione dell’arca da Gabaaa Gerusalemme: 2 Reg. VI,3-7: “e posero l’arca di Diosopra una carro nuovo e lalevarono dalla casa di Abi-nadab abitante in Gabaa, eOza e Ahio figliuoli di Abina-dab conducevano il carronuovo…. ma arrivati chefurono all’aia di Nachon Ozastese la mano all’arca di Dio

e la tenne, perché i bovirecalcitravano e l’avevanfatta piegare. E il Signore sisdegnò altamente controOza e lo punì di sua temeri-tà ed ei si morì nello stessoluogo presso l’arca delSignore”.Anche in questa morte v’èda ripetere l’osservazione dicui sopra……

Lascio all’attento lettoretrarre le sue considerazioniin merito all’arca……!Da parte mia rode da moltotempo un’idea…. “l’arca erauna pila di Leida atomica? E se tralascio ogni sacrali-tà…. non potrebbe essereun reperto lasciatoci daqualche visitatore interspa-ziale che oggi chiamiamoUFO????…… Ai posteri l’ar-dua sentenza!!!!

Il tempio (mobile) degli Ebrei, al centro il Tabernacolo, sotto cui, nella cellapiù interna era conservata l’arca. Il recinto esterno era di cubiti 100x50, ilTabernacolo di cubiti 30x10.

Foto: (c) 2005 Cactus Game Design Inc.

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Via Galvano Fiamma è unastrada di Milano, compresagrosso modo nella zona traviale Bianca Maria e via deiMille: si tratta chiaramentedi un personaggio, ma qual-cuno si è preso la briga diandare a vedere chi fosse eperché gli sia stata intestatauna via in una zona impor-tante e non certo recentedella città? Galvano Fiamma era unostoriografo, o cronista chedir si voglia, dal momentoche le sue opere in genereerano dette cronicae. Eranato probabilmente a Mila-no verso la fine del 1283,come dice lui stesso in unodei suoi scritti: «et in fine.M.CC.LXXXIII. ego fuinatus…»: non esistendo aquel tempo registrazionianagrafiche di alcun tipo, èprobabile infatti che neppu-re lui lo sapesse con preci-sione. Appena quindicenneera entrato nel conventodomenicano di S. Eustorgio(a Porta Ticinese), già alloraceleberrimo per esserestato fondato intorno al 344-350 d. C. dal vescovo omo-nimo su un’area cimiterialedei III-IV secolo che coinci-deva col luogo dove l’apo-stolo Barnaba avrebbe bat-tezzati i primi cristiani, masoprattutto perché conser-vava le reliquie dei Magi,come indica la stella a ottopunte visibile sulla cuspidedel suo campanile, simboloalchemico che oggi si usaper i punti cardinali ma cherichiama la stella che guidòi Magi fino a Betlemme.Ricordo il corteo dei Magi acavallo, seguiti da servi,schiavi e animali, che daSan Lorenzo andava appun-to a S. Eustorgio e poi usci-va da Porta Romana: un’an-tichissima tradizione ripresanel 1962 con il medesimopercorso e molto seguitaanche oggi.

Nel convento, Galvanocompì gli studi per diveniresacrae theologiae lector,ossia professore di teologia,e agli inizi del Trecento lotroviamo a Pavia, nel con-vento di S. Tommaso, doveinsegnava la Fisica di Ari-stotele a studenti laici dimedicina; ritornava però aMilano nel 1333, in unmomento difficile per la cittàperché il contrasto tra ilpontefice Giovanni XX, cheallora si trovava ad Avigno-ne, e i Visconti, signori dellacittà e del territorio, eradiventato una guerra aperta,il che influiva negativamentesulla vita quotidiana. In par-ticolare erano nei guai idomenicani di S. Eustorgioche avevano sostenuto laparte del pontefice nei pro-cessi di eresia intentati con-tri i Visconti nel tentativo dicontrastarne la potenza.È in quell’occasione e in

quel periodo che Galvanoinizia a scrivere le sue operea loro esaltazione, e a esal-tazione della città chegovernano.Le cronache di argomento‘milanese’ sono la Galva-gnana, storia della città mainserita nella creazione delmondo e va fino al 1338; laCronica Extravagans,amplissima descrizionedella città fornita di mappe -una anche per l’Italia - ;un’opera dedicata al signo-re Azzone Visconti dal titoloOpusculum de rebus gestisAzonis Vicecomitis, ossia ilracconto delle sue imprese;la Politia novella, dedicata aisuoi successori Luchino eGiovanni Visconti; la Chroni-ca pontificum Mediolanen-sium, che narra le vite deivescovi, poi arcivescovi, diMilano da Barnaba adAmbrogio; un’altra operadedicata all’Ordine domeni-

cano e un Tractatus ycono-micus, commento dei libri dieconomia di Aristotele;numerose anche le opereperdute di cui si ha notizianei suoi scritti.Tra tutte, la più interessanteè senza dubbio la Extrava-gans perché ricchissima dinotizie sulle antiche memo-rie di Milano e su quello cheFiamma ha sotto gli occhimentre scrive, così che sevogliamo conoscere la cittàcome era e capire come si èandata evolvendo neltempo, non abbiamo che daleggere quest’opera. Diessa, infatti, è in corsoun’edizione ampiamentecommentata la cui uscita èprevista tra breve: vi si parladel popolamento e deinumerosi insediamenti chepunteggiano il territorio, delsistema dei Navigli in corsodi sistemazione, delle anti-che mura, delle porte dellacittà, dei palazzi che laadornavano, del Verziere,oggi piazza Fontana, dellacittadella di Porta Ticinesefatta costruire da Azzone evia dicendo, così che si èindotti ad apprezzare unaMilano che raramente èstata considerata interes-sante da visitare e a cercarenell’impianto odierno ilricordo della sua passataopulenza. Poco considerati dal puntodi vista dell’attendibilità, gliscritti di Fiamma sono inve-ce l’espressione della cro-nachistica del Tre-Quattro-cento: in essa, infatti, letracce della memoria comu-nale di Milano si fondonocon le notizie del momentoin cui scrive, per cui l’usodel materiale storiograficoprecedente inserito a riem-pire i vuoti del tempo passa-to non vissuto dall’autore ciconsente di conoscerlo e diritrovarlo perché quasi sem-pre perduto.

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Gigliola Soldi Rondinini

Chi era Galvano Fiamma?

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Si può iniziare a trattarequesto argomento con unadomanda all’apparenzabanale: “perché mangia-mo?”. Prima risposta: “per-ché non se ne può fare ameno…” Seconda risposta:“per vivere!”. Le risposte

sono esatte, ma in realtàcelano un mix di storia, discienza, di biologia, digenetica, di cultura, finoall’evoluzione della specie.Lo spazio non ci permette dipubblicare un trattato sul-l’argomento: ci limiteremo

ad alcuni spunti, che ciauguriamo possano interes-sare il lettore, e magari farriflettere su ciò che – acca-dendo tutti i giorni – vienedato per scontato. Si stima che il nostro piane-ta esista da 4 miliardi di

anni, e per quanto se ne sa,o si presume, la presenzadella vita sembra essereun’unicum della nostraterra, non essendo ancoraaccertata la presenza divita, almeno nella forma anoi nota, nei miliardi digalassie dell’Universo. Dicerto, si può escludere chela vita come la concepiamonoi esista nel sistema sola-re. La vita deve dunqueessere considerata un’ano-malia, dovuta a cause a noiignote, o a “qualcuno” o“qualcosa” che l’ha creata?A queste domande tutte lereligioni hanno cercato didare una risposta, a secon-da delle culture, delle latitu-dini e di mille altri fattori. Inattesa che si scopra ilsegreto della vita, questiaccenni servono solo adintrodurre il tema di cui par-leremo: la nutrizione el’evoluzione dell’uomo.Sulla terra vi sono esseriviventi (“che si muovono”)ed elementi inanimati (“chenon si muovono”). L’uomo, per sopravvivere, sideve cibare di altri esseriviventi: detta così la cosapuò non piacere, o addirittu-ra suscitare orrore, ma è larealtà, visto che non cicibiamo di sassi, di mineralie simili, ma di carni, pesci,frutta, vegetali – che sonoviventi – e loro derivati.Quindi si può stabilire chegli esseri viventi sono capa-ci di alimentarsi, crescere eriprodursi: a qualsiasi livello,a partire dagli organismiunicellulari fino alle forme divita più elevate. E tutte hanno bisogno dicibarsi per vivere: l’umanitàha funzionato per millennisenza petrolio, senza carbo-ne e persino senza fuoco,ma non potrebbe sopravvi-vere senza cibo. Attraversomilioni di anni il nostro orga-nismo si è evoluto in paral-

Renzo Bracco

L’arte di vivere e l’arte di nutrirsi

Homo Sapiens.

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lelo con la sua alimentazio-ne: si è “modellato” sui cibiesistenti in natura, o suquelli che riusciva a procu-rarsi, come vedremo inseguito.La “storia” dell’uomo inizianel primo Paleolitico,periodo che va da 2,4 a 1,5milioni di anni fa; in prece-denza sulla terra vivevanomolte specie animali, tra cuii primati, soprattutto erbivo-ri, e gli ominidi, consideratiantenati dell’uomo moder-no, in quanto sarebbero giàstati dotati di alcune “capa-cità umane”. Da qui ebbe origine l’homoabilis, i cui reperti sonostati trovati in Tanzania:erano nomadi, che effettua-vano delle vere “migrazionialimentari”, sempre in cercadi climi e cibi più accessibi-li. Si cibavano di caccia,pesca e di “raccolta” difoglie, radici, bacche e fruttiselvatici. Quest’ultimo com-pito spettava alle donne, eciò creava seri problemi allacapacità di procreare: nonpotevano certo correre die-tro ai cacciatori, capaci dicorrere anche per giorni

interi. Si stima che la popo-lazione del pianeta in quel-l’epoca non fosse superioreai 10 milioni di individui. Perla caccia venivano usatearmi di legno e dei primitivistrumenti fatti di pietrescheggiate, comunque ca-paci di uccidere le prede esquartarle. Dall’analisi della dentaturasi è dedotto che si nutrisse-ro specialmente delle inte-riora, viscere e midollo. Dal ritrovamento dei crani siè misurata la capacità delcervello: ca. 750 cc.La vita – e l’alimentazione –subì una prima svolta neltardo Paleolitico, con l’uti-lizzo del fuoco, originato dafulmini, autocombustioni,eruzioni vulcaniche. Nelperiodo che va da 1,6 a 1,3milioni di anni fa, comparvel’homo erectus in alcuneregioni dell’East Africa, dacui si sarebbe lentamentetrasferito nel Medio Orientee nel Sud Europa. Per lacaccia si utilizzano ancorastrumenti di pietra, ma piùsofisticati, come le asce adoppio taglio.Attorno a 800/600.000 anni

fa, l’uomo inizia a controlla-re, e quindi a generare ilfuoco, che viene utilizzatocome fonte di luce e di calo-re: la vita dei cavernicolicambia, iniziano alcuniimportanti cambiamentisociali, si formano i primiagglomerati umani. Cresce la capacità cranica,che si stabilizza attorno ai1000 cc e la statura, che siavvicina a quella attuale di160/180 cm. Ora i cibi ven-gono cotti, si conservanomeglio, utilizzando il freddo– si era nell’era glaciale – ein zone più calde, il sale.Con la migliore alimentazio-ne, in particolare proteine egrassi animali, la popolazio-ne inizia a crescere.L’evoluzione della specie èlenta – se comparata aitempi odierni – ma conti-nua: si arriva così all’homosapiens, che dall’Africa siespanderà nell’intero pia-neta.La grande svolta nell’evolu-zione dell’uomo, e della suaalimentazione, arriva attor-no a 100.000 anni fa, con lanascita e lo sviluppo del-l’agricoltura. La maggiore

disponibilità e varietà dicibo genera i primi cambia-menti anche nella morfolo-gia umana: si modificano esi rinforzano le mascelle,per adattarsi ai nuovi ali-menti. Inizia la formazionedelle tribù.Ci vorranno altri 90.000anni, e la fine dell’ultima eraglaciale, perché l’agricoltu-ra assuma una strutturacomparabile a quella odier-na: iniziata in Mesopotamia,si propagò lentamenteverso occidente: Asia Mino-re, Cipro, Malta (già utilizza-ta dai Romani come “grana-io”), e finalmente nell’Euro-pa continentale. Si arriva così all’inizio delNeolitico: l’uomo impara acoltivare cereali, legumi, adallevare animali (bovini,equini, suini, pollame), adutilizzare i loro derivaticome latte e uova, diventan-do onnivoro, caratteristicapraticamente unica sullaterra, passando dallo statobrado, dal cannibalismofino alle odierne diete vege-tariane. Come curiositàannotiamo che almeno lametà della popolazione ha

Siti neolitici nel Medio Oriente.

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tuttora problemi ad assume-re latte, per cui già nell’anti-chità si ricorreva alle nutrici,come testimoniato danumero di dipinti trovatinelle tombe egizie. La mag-gior disponibilità di cibo –anche più sano e variatorispetto ai millenni prece-denti: nascono i condimenti,si utilizzano grassi animali –favorisce lo sviluppo dellepopolazioni: vengono erettii primi villaggi organizzati,spesso su palafitte, che pre-sto daranno luogo alleprime città. Tre le svolte fon-damentali destinate ancorauna volta a cambiare ilmondo, e non solo l’alimen-tazione: l’invenzione del-l’aratro, l’uso del rame,attorno al 4000 a.C., e quel-lo del ferro nel 1200 a.C.Il cervello umano si sviluppaulteriormente, fino all’odier-na capacità di 1300-1400cc. L’alimentazione progredìgradatamente con lo svilup-po della civiltà; dal “mangia-re per vivere” si passò addi-rittura al “vivere per mangia-re” come è attestato daibanchetti dei patrizi romani,e in seguito dei potenti delMedio Evo. Le date: ci si potrà chiederecome siano state determi-nate le datazioni di cui siparla. Per periodi limitati(fino a 60/100.000 anni) siutilizza il radiocarbonio,misurando il decadimentoradioattivo di un suo isoto-po, che permette di stabilirel’età di tutto ciò che contie-ne carbonio: tessuti organi-ci, legno, conchiglie, detritifossili o imprigionati neighiacci. Si è arrivati persino a deter-minare quale fosse il cibo

ingerito dai resti ritrovatinelle tombe. Per i periodi più antichi, è lostudio della geologia e dellamorfologia delle rocce, econ esse i fossili che si sonoritrovati, a permettere di sti-mare con buona approssi-mazione la durata delle ere,dette appunto, geologiche.Veniamo ora al cibo di oggie di domani. La nutrizionedell’uomo ha subito negliultimi decenni cambiamentiche in passato avrebberorichiesto migliaia di anni.Basti pensare alle tecnicherelative alla conservazionedegli alimenti, come la

pastorizzazione, la liofilizza-zione, il sottovuoto, la sur-gelazione. Per fortuna non si sono veri-ficate – per ora? – le avveni-ristiche previsioni fatte conlo sviluppo dei viaggi spa-ziali: si disse che “l’uomo trapochi decenni si ciberà dipillole, e di cibo in tubetti”,di alghe et similia. Anche le “bistecche alpetrolio” sperimentate neglianni 70 ebbero, per fortuna,vita breve. Si è moltiplicata a non finirela varietà di cibo: circa lametà dei prodotti alimentarireperibili oggi in un super-mercato non esisteva 10-20anni fa, e il “marketing ali-mentare” ne sta studiandocontinuamente di nuovi. L’agricoltura è diventata unascienza, e la sua produzionesi è industrializzata in molteparti del pianeta, ma, ahimè,con un enorme consumo dienergia.Negli anni ‘70 sono nati gliOGM, organismi genetica-mente modificati, in cui unaparte del genoma è stataalterata tramite tecniche diingegneria genetica. Anno-tiamo tuttavia che alcune

mutazioni genetiche eranogià avvenute attorno a 15-10.000 anni fa, tramitemutagenesi o incroci; tipicoesempio l’addomesticazio-ne del cane, che si fa risali-re a quel periodo.Quali i rischi per la salute eper l’ambiente? Per l’uomo,i possibili effetti tossicologi-ci causati da proteine sinte-tizzate, e crescita dell’aller-genicità; per l’ambiente irischi dovuti alle diverseinterazioni tra piante modifi-cate e l’ambiente biotico,con conseguente riduzionedella resistenza a fattori einsetti infestanti. I vantaggi:industrializzazione dellaproduzione di soia, mais,cotone, colza con conse-guente maggiore produttivi-tà e minori costi. In futuroc’è da aspettarsi frutti senzasemi, maggiore pezzaturadei prodotti della terra,migliore resistenza a climiaridi o desertici. In Giappo-ne si sono già prodottipomodori senza l’utilizzo diacqua: non ci è dato saperequale sia il loro sapore…(ndr).Per la sopravvivenza dellaspecie umana, si dovrà rag-giungere un compromesso,un sistema eco-compatibi-le, sopratutto mirato a con-servare la fertilità del suolo,mitigando gli effetti negatividell’azione dell’uomo.Quale sarà il menù del futu-ro? Difficile da prefigurare,senza cadere nell’immagi-nazione di mondi improba-bili; è certo tuttavia che lagrande accelerazione che siè verificata nella nostraepoca in ogni campo, pro-seguirà anche verso situa-zioni oggi ritenute irreali. Mal’uomo è l’unico organismoin grado di modificare l’am-biente naturale e di utilizza-re l’energia, a differenza dialtre specie animali, purevolute come api e formi-che, solo per citarne duemolto note. Per concludere questobreve excursus attraversol’evoluzione della specie, inparallelo con il cambiamen-to dell’alimentazione, nonresta che ricordare ciò chescrisse nel 1862 il filosofotedesco Ludwig Feuerbach:“L’uomo è ciò che mangia”.

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Giancarlo è un professioni-sta affermato. Ha una vitadi relazioni intensa, chetuttavia – come capita amolti – tende a fondarsisulla superficialità: le per-sone lo tengono in consi-derazione per quello cherappresenta, senza mostra-re d’essere interessate achi realmente sia.

Così Giancarlo finisce perconvincersi – poco a poco –che la sua capacità di gesti-re relazioni dipenda dalmodo in cui saprà confer-mare, nei fatti, nei modi,nelle idee, quello che lagente si attende da lui.Impara a essere brillantequando serve, serio quandodeve, meticoloso quando èrichiesto; impara a promet-tere un sé stesso semprediverso, che deve tuttaviasapersi conservare sempreuguale in ognuna delle sueespressioni: gioviale con igioviali, serio con i seri,meticoloso con i meticolosi.

Vestire queste mascherenon lo turba; piuttosto allafine lo annoia. E la noia cre-sce; fino a diventare – cini-camente – conferma di unaforma d’intelligenza: Gian-carlo si convince di potergestire gli altri, di essere piùintelligente di loro. La con-ferma di questa pretesaintelligenza gli viene quandoconsidera che saper gestirequeste maschere gli evitafatiche, inutili coinvolgimen-ti e fastidiosi mal di testa.

Così Giancarlo ha imparatoa fare surf: cavalca l’onda,tiene lucida la tavola, speri-menta equilibri sempre piùraffinati e dinamici. Lui solo,e tutto il mondo che si faonda da cavalcare sotto lasua tecnica, sempre più flui-da, elegante, efficace, effi-ciente.

Non si accorge nemmeno dinon essere più capace dismettere. Non si accorgenemmeno di non sapere piùche differenza c’è tral’aspetto delle maschereche indossa e quello del suovero volto. Non si accorgenemmeno che – a ben pen-sarci – fa anche fatica arammentarselo, il suo verovolto. Giancarlo recita ilruolo di sé stesso. Sempredi più, con sempre più per-sone; e alla fine anche consé stesso: incapace – ormai– di distinguere tra verità eaffettazione.

Mara, è una donna che sidefinisce anziana. Un passa-to da insegnante e qualchesegno dalla vita, che l’halasciata affaticata, un po’indurita, meno sognatrice diquanto non ricordasse d’es-sere da giovane. Anni chepassano, piccoli e grandiproblemi che crescono, siaccumulano, si stratificano,fino a diventare l’alibi perfet-to per una maschera. Eccoemergere – poco a poco –Mara l’incompresa, la vittimadel destino cinico e baro, l’ul-tima di una razza estinta, laforzata alla solitudine eall’estraneità dal mondo.Anche Mara – come Giancar-lo – finisce poco a poco permentire al mondo e a sé stes-sa. Anche lei – nonostantel’età che si sente addosso equella che dichiarano i suoidocumenti – finisce nel magi-co mondo dei surfisti. Anche

lei sola, sull’onda del mondo.Giancarlo e Mara hannoanche una vita di relazionediversa da quella a cui con-ducono professioni e neces-sità: hanno parenti, affini,amici; alcuni scritti con laminuscola, altri – parrebbe –onorati dalla maiuscola. Giancarlo e Mara non si ren-dono conto che l’ostenta-zione delle maschere superaa poco a poco la soglia dicasa, entra nel bar, nelle riu-nioni di scuola, nei fine set-timana e nelle cene traamici. Non avvertono il disa-gio; non capiscono che latensione del loro sforzoequilibristico – così apprez-zato en societé – suscitadapprima qualche sommes-sa ilarità, poi qualche preoc-cupazione, e infine la sordaamarezza di chi si sentepreso in giro.

Giancarlo e Mara leggonocon stupore questo stranocrescendo di reazioni in per-sone che hanno sempreconsiderato intelligenti. Noncapiscono perché – dopoavere impiegato così tantotempo ad apprendere l’artedel surf – dovrebbero torna-re indietro, ammettere i pro-pri limiti ed essere sempli-cemente sé stessi. Noncapiscono perché dovreb-bero rinunciare al truccoche toglie le rughe; alla faci-lità della promessa con cuirimandano la soluzione diproblemi fastidiosi; alle pic-cole e innocenti bugie su cui

hanno costruito una realtàd’alibi perfetti e scuse plau-sibili.

Così Giancarlo e Mara ades-so sono tristi: dell’incom-prensione; della stupiditàdelle persone delle quali sitrovano circondati e dellasolitudine che questa stupi-dità comporta. E sonocostretti a cambiare: cam-biano vita, famiglia, amici.Ci vuole gente migliore;nuove relazioni.

Una nuova relazione è comeuna pagina bianca: ci si puòscrivere quello che si vuolee ogni parola è perfetta;ogni cosa nasce giusta,senza necessità di confron-to o di coerenza. Tutto ègioia: via le fatiche del vec-chio costruire, via l’imbaraz-zo delle imperfezioni, delledebolezze o dei piccoli falli-menti in cui si è stati sorpre-si. Si rinasce: impreziositi dapiccoli difetti come da nei dibellezza. Carnevale si rinno-va, ogni tristezza è bandita.

Guarderanno questi bambi-ni invecchiare, nella speran-za che – crescendo – capi-scono che non li volevamoperfetti: li volevamo perquello che potevano essere.Poi la speranza poco a pocosvaporerà e, senza cattive-ria, prenderemo le masche-re di Giancarlo e Mara e leriporremo in quella vecchiascatola nella quale abbiamomesso tutte le cose che,anche per poco, hanno fattoparte di noi. Poi, come ognigiorno, riprenderemo lanostra vita: la dolcezza deisogni, l’amaro dei fallimenti,la fatica del costruire spe-rando che duri, la gioia dellepiccole soddisfazioni imper-fette; tutti i momenti vissuti,goduti e pagati che si tra-sformano nel fiume senzafine dei ricordi.

Guido Luigi Buffo

Maschere

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I Nodi nei segni.

Nodo Nord in Ariete -Nodo Sud in Bilancia.Nelle vite passate que-st’Anima ha sempre cercatodi compiacere gli altri e,quindi, non esisteva comeindividuo. Godeva del sostegno delgruppo, in quanto spesso sitratta di persone che hannovissuto in comunità, o gran-di famiglie patriarcali in cuitutto era deciso da altri, edove poteva evitare di pren-dere decisioni per se. Per-tanto, la sua crescita indivi-duale era piuttosto scarsa. Ecco dunque l’indecisione,la mancanza di carattere, lafatica nel prendersi laresponsabilità di se stessi.Poteva trattarsi di un artista,o comunque di una personamolto sensibile ed emozio-nale. Il programma da per-seguire per questa vita èovviamente quello di scopri-re la propria identità, dicominciare a prendere ledecisioni da soli, di cammi-nare con le proprie gambe.

Se il programma riesce,ecco che abbiamo parec-chie persone celebri con ilNodo Nord in Ariete, cioèpersone che sono riuscite ariscoprire se stesse e le pro-prie potenzialità, a liberarsidei condizionamenti familia-ri molto forti.

Nodo Nord in Toro – NodoSud in Scorpione.L’Anima ha scelto un karmamolto difficile, in quanto ilNodo Sud in Scorpione ciparla di vite passate all’in-segna di magia nera, diabusi, di morte seminata, dirifiuti di ogni genere. Il Nodo Nord in Toro ci parladi umanità e in particolare dinatura; pertanto sarebbeauspicabile un impegnoproprio a favore della natu-ra, degli oceani, degli ani-mali, ecc. Il punto debole diqueste persone sono lepassioni, furibonde, che lipossono cogliere per cerca-re di portarseli via. Quindi, bisogna abbando-nare tutti gli istinti distruttivie autodistruttivi, per comin-

ciare a costruire nella dire-zione del Toro, per esempiosviluppando la moderazio-ne, la tolleranza, la compas-sione e soprattutto, la pa-zienza.Il Nodo lunare Nord in toroparla dunque di salvezza,non solo della natura, maanche dell’essere umano , atutti i livelli , e quindi , lotteper la difesa della vita. Le persone con questoNodo lunare così difficile siaccorgeranno che la lorovita inizia con grandi diffi-coltà, tutte derivanti da viteprecedenti, e poi, a mano amano che riusciranno a svi-luppare i valori del Toro, laloro vita andrà migliorando.

Nodo Nord in Gemelli –Nodo Sud in Sagittario.Era un “cavallo selvaggio”,un tipo dedito a viaggi,senza fissa dimora, un giro-vago!Anche in questa vita habisogno di aria, di movimen-to continuo, di viaggi, esplo-razioni in terre lontane,insomma è un vero uragano!

E’ necessario dunque chequesta persona impari a fis-sarsi su di un progetto allavolta.La vita matrimoniale ovvia-mente è a rischio, proprioper la sua tendenza a scap-pare continuamente, ten-denza che appunto gli deri-va dalle vite precedenti.Tende a non studiare, perproseguire la vita selvaggiadel passato e quindi, in que-sta vita, deve sviluppare ivalori Gemelli, cioè lo stu-dio, la lettura, cercando dimediare le due tendenze.Per esempio, studiare nelsettore viaggi o lingue.E’ vero che anche il segnodei Gemelli tende a fuggiree a essere inquieto, ma lasua inquietudine è più ditipo intellettuale che nonfisica e in questo passoconsiste l’evoluzione diquesti individui.La funzione principale delsegno dei Gemelli è quelladi trasmettere la conoscen-za, di diffonderla nel mondo,e quindi, ecco la sublima-zione del movimento, chediventa movimento cerebra-le evoluto.

Nodo Nord in Cancro –Nodo Sud in Capricorno.Il soggetto è un’Animamolto vecchia e ha una pro-fonda conoscenza dellecose della vita. Aveva unruolo di autorità, comanda-va e riceveva omaggi eonori da tutti. Ora rinasce inun certo senso pretendendoche questa antica autoritàgli venga riconosciuta dasubito, e poiché spessoquesto non avviene, per lomeno non subito, spesso sirende antipatico. Molto ego-centrismo. Molto permalo-so. Non accetta critiche.Poca sensibilità alle esigen-ze degli altri, il che è tipica-mente capricorniano. Verotalento è invece il senso

Enrica Franciolini

Dalla Coda alla Testa del Drago:una sfida affascinante! (2a parte)

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politico, senso sindacale,senso organizzativo, chederivano da tante esperien-ze di vita pubblica. Il limitedel Nodo Sud in Capricorno,sta nella freddezza di cuore.La sfida consiste dunquenello “sgelare il propriocuore”, nel sentire le esigen-ze altrui, nell’imparare achieder scusa e ad accetta-re le critiche costruttive, anon comportarsi altezzosa-mente. Importante è impa-rare a rispondere ai bisogniemotivi degli altri, a tollerarele loro debolezze, e perchéno? A nutrire le persone cheama…

Nodo Nord in Leone –Nodo Sud in Acquario.L’individuo parte da unacondizione passata in cui gliamici erano al centro dellasua vita, e gli amici sonouna vera e propria risorsa,un appoggio. Tuttavia, ilNodo Nord in Leone ci parlaper questa vita di tutt’altrasfida. La sfida ora è quelladi raggiungere un potere, dinatura qualsiasi e quindi, alfine di raggiungere questoobiettivo, questa personadovrà rinunciare agli amici,all’aiuto degli altri, alla coo-perazione con gli altri. Tutta-via, in questa vita, gli sichiede di prendersi delleresponsabilità nuove, dicondurre un gruppo, e quin-di, deve distaccarsene.Deve aumentare l’autono-mia e l’indipendenza e colti-vare in sé le doti per diven-tare un buon capo, cosa perniente facile, che richiede,sostanzialmente, un percor-so di solitudine. Anche lavita matrimoniale non sem-pre è facile per queste per-sone, proprio perché spes-so sentono di dover rimane-re soli per poter proseguireuna sorta di “missione” chesentono dentro.

Nodo Nord in Vergine –Nodo Sud in Pesci.L’Anima di queste persone èstata perseguitata nelle viteprecedenti per motivi politi-ci o religiosi e quindi, attra-verso esperienze di profon-da sofferenza, ha acquisitol’eccezionale dono dellacompassione e della com-prensione delle sofferenze

altrui. Oppure ha vissutodelle vite in prigione, inospedali, in manicomi,insomma c’è un karma digrande sofferenza e soprat-tutto costrizione.Anche in questa vita, ilrischio è quello di prosegui-re su questa linea e quindi difarsi assorbire in situazionipazzesche, in cui si fa sfrut-tare e assorbire in situazionifamiliari costrittive.Un’altra tendenza di questavita è quella di credersiancora sempre malata, cosache invece succedeva nellevite precedenti.Un’altra reazione sbagliata aquesto tipo di passato kar-mico è quello di rifugiarsi inun ateismo sterile, tipico dichi non vuole credere innulla, in quanto credere glifarebbe tornare a galla,anche a livello inconscio, leantiche sofferenze.La sfida qui, consiste invecenell’uscire dallo stato di sof-ferenza e, basandosi pro-prio su di essa, diventare unesperto di sofferenza, e cioèun guaritore, un medico, uninfermiere, o uno psichiatra,o psicologo, oppure un reli-gioso, una persona alta-mente spirituale. L’ideale sarebbe incanalarein qualcosa di scientifico, ocomunque di pratico, le anti-che conoscenze acquisitedalla saggezza del segno

dei Pesci, scrollandosi didosso il senso di dolore.

Nodo Nord in Bilancia –Nodo Sud in Ariete.Nelle vite precedenti la per-sonalità era molto forte emolto individualista. Potevatrattarsi di un comandante,anche di un esercito, ocomunque un conduttore diuomini, nel senso lato deltermine; si trattava comun-que di una personalitàmolto autoritaria e moltotemuta. Ad ogni modo, si trattava diuna personalità molto co-raggiosa, un pioniere, colle-rico, impulsivo, pieno di sé,che spesso non obbedivaalle leggi. Ebbene, questaentità ora si è scelta un’in-carnazione piena di obblighisociali e di doveri cui oranon potrà sfuggire. Inoltre,nelle vite passate ha fattomolto sport e attività fisica.Ora gli si chiede di dedicar-si alla meditazione e allaricerca esoterica.L’energia dell’individuo de-ve andare dall’ego = Ariete,agli altri = Bilancia, passan-do attraverso l’egocentri-smo, il narcisismo, la pos-sessività e la gelosia affetti-vo sessuale e superandotutti questi stati d’animonegativi.Una volta superati, nell’ulti-ma parte della vita, l’indivi-

duo con il Nodo lunare Nordin Bilancia saprà dare aglialtri il meglio di sé, e cioè lapropria energia, saggezza ela propria preziosa luce inte-riore, condividendo con glialtri le proprie conquiste.Ora deve riscoprire gli altri econdividere con loro le pro-prie conquiste e ciò che hao sa.

Nodo Nord in Scorpione –Nodo Sud in Toro.Karma difficilissimo. Qui sichiede all’individuo di pas-sare dal radicamento e pos-sessività del segno del Toroalla perdita e alla morte –rinascita tipici dello Scor-pione. Il segno del Toro èanche molto attaccato aibeni materiali, preziosostrumento per radicarsi estrutturare l’io e quindi ilNodo Nord in Scorpione,potrebbe creare anche delleesperienze di perdita di benidurante la vita. L’Entità deve accettarel’idea di perdere molto di ciòche ha, anche eventualmen-te a livello di perdita di per-sone care, in quanto ilsegno dello Scorpione, pur-troppo ha un’evoluzionelegata spesso alla morte oalla fine di cicli. Il punto è che l’eccessivoattaccamento ai beni mate-riali, tipico del segno delToro spesso a livello evoluti-

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vo, fa perdere completa-mente di vista il percorsospirituale, e quindi lo Scor-pione, segno altamenteesoterico, gli fa ricordareche ha perso di vista il cam-mino, ha deviato. Le perditedi questa vita, di qualunquenatura esse siano, servonoa sfoltire drammaticamentela realtà per riportarlo all’es-senza della vita, all’Eremita,bruciando i ponti dietro disé a volte in maniera crude-le. A volte, in questo percor-so doloroso o per lo menonon facile, è prevista anchela perdita della salute, nelsenso che si rilevano fraqueste persone parecchiemalattie piuttosto serie,tutte di natura karmica.

Nodo Nord in Sagittario –Nodo Sud in Gemelli.Vite e vite di dispersività,dietro a questo o quel pro-getto che non viene maiperseguito fino in fondo. Erasempre pronto a far pro-messe, che poi regolarmen-te non manteneva! Espertodi fuga, quando veniva ilmomento di impegnarsi,ecco che fuggiva, pur aven-do una mente agile e adat-tabile a qualsiasi cosa.Anche da un punto di vistaaffettivo, questo individuoera davvero bugiardello espesso si impegnava conpiù persone. I talenti eredi-tati riguardano sicuramentela comunicazione, la versa-tilità, le idee brillanti, il buo-numore e anche quella “leg-gerezza” con cui affrontaanche in questa vita le diffi-coltà. Qui si passa dallasuperficialità del Gemelli,che nasce dai troppi fronti incui è impegnato, all’ideali-smo del Sagittario. Il Sagit-tario evoluto è infatti un vero“pensatore”, un “filosofo”,un idealista, che lancia lasua freccia il più lontanopossibile, per poi partire allasua ricerca, come alla ricer-ca del “vello d’oro”. Il Sagittario è anche deposi-tario di valori quali l’onore, ilcoraggio, la fedeltà, a modidi “cavalieri della TavolaRotonda”, il che richiedeovviamente un’abnegazionea un unico alto ideale. Il tutto, senza cadere neidifetti del Sagittario, primo

fra tutto, un certo nomadi-smo di fondo, un vagaresenza meta, che alla finediventa un limite tantoquanto la staticità.

Nodo Nord in Capricorno– Nodo Sud in Cancro.Questa posizione del Nodoè quella che personalmentemi mette più in imbarazzoquando devo valutare untema natale karmico. Infatti, si tratta di una posi-zione che ci parla di un’ani-ma che ha vissuto numero-se vite come bambino, cioènon è riuscito ad arrivareprima all’età adulto, contutto ciò che ne consegue,oppure ha faticato a cresce-re. Questa informazione èspesso in contraddizionecon altri punti karmici del-l’oroscopo e così sono arri-vata alla conclusione che ilNodo Sud in Cancro indicamolte vite trascorse comebambino, ma non tutte. Il denominatore comune ditutte queste vite precedentista nel fatto che si tratta diun individuo che per motivivari ha sempre avuto pocheresponsabilità, e che hacondotto una vita moltochiusa all’interno della fami-glia, a mo’ di “nido”, svilup-pando di conseguenza mol-ta paura del mondo là fuori.Il rischio è di proseguire conquesto tipo di esperienze.Statisticamente, ho notatoche molte di queste personeha rischiato la vita da pic-colo o da adolescente, ri-schiando in tal modo, anchequesta volta, di non arrivareall’età adulta. La sfida qui consiste nelfare un percorso di crescita,passando dall’infantilismoalla responsabilità, dall’iner-zia all’attività capace eorganizzata, dall’essere fi-glio al diventare genitore.Diventare genitore per que-ste persone può essereun’esperienza difficile e pernulla scontata, cosa cheinvece sarebbe altamenteauspicabile. E d’altra parte,ho visto persone con questoNodo, riuscire a crearsi una“nicchia”, entro cui svilup-pare un’intera vita, a mo’ diprotezione; quando ciòavviene significa che la“coda del drago”, ha divora-

to la testa, cioè il Nodo Sudha prevalso sulla sfida delNodo Nord.

Nodo Nord in Acquario –Nodo Sud in Leone.Qui si parte da un Egogigante che impedisceall’individuo di vedere sestesso. Vite precedenti vis-sute all’insegna dello snobi-smo continuo, tipico di chinon frequentava altri chepersone famose o potenti.Nelle vite precedenti questoindividuo aveva acquisitouna forte volontà, un’attitu-dine al potere, che avevautilizzato per attirare l’atten-zione degli altri su di sé eper manipolare la gente.Dopo di che, generoso egrandioso, amava ergersi aprotettore, in modo che tuttilo sapessero. Di fatto, pote-va trattarsi anche di unmecenate di artisti e di per-sone di talento, sempreperò al fine di mettersi inmostra. Dunque, a furia dioccuparsi solo di cose este-riori, aveva perso completa-mente di vista la dimensioneinteriore, per esempio lospirito del servizio. Ora, in questa vita, la sfidadiventa l’umanità stessa,tutta intera, soprattutto ideboli, i reietti, e lo scopodeve diventare di servirli.Quindi, alla persona vienerichiesto di frequentare gliamici non perché servano aqualcosa, bensì per purospirito di amicizia, e di por-tare avanti, come un vessil-lo, valori acquariani, tipo“libertà, uguaglianza, fratel-lanza”. Perciò il razzismo, ipregiudizi, lo snobismovanno assolutamente supe-rati per lasciare il posto almettersi al servizio del-l’umanità, soprattutto attra-verso il volontariato e l’ade-sione ad associazioni di tipoumanitario, in perfetto ac-cordo con il segno dell’Ac-quario. Anche da un punto di vistaaffettivo, ci vuole una cre-scita: dal considerare il par-tner più o meno come unoggetto da gestire e domi-nare a proprio piacimento,si deve arrivare a conside-rarlo un essere umano,degno di rispetto e di consi-derazione.

Nodo Nord in Pesci –Nodo Sud in Vergine.Gran bella sfida questa!Passare dall’agnosticismovirgineo, alla Fede! Come dire, come trasforma-re san Tommaso (associatoal segno della Vergine) in unvero credente! C’è chi l’hacolta questa sfida, alla gran-de, segnando personaggicome Gurdjeff ed EdgarCayce, e c’è chi invece tra-scorre una vita intera oscil-lando fra la voce interioreche lo chiama verso realtàsconosciute, e al contrario,una base razionalistica chelo incatena alla realtà. Si dice, che dietro ognipaura si cela un desiderioed è vero: le persone chetemono maggiormente ofuggono discorsi di naturaesoterica, spesso, noto dailoro temi natale, sono i piùdotati, proprio perché, senon sentissero questo con-flitto dentro di sé, non sussi-sterebbe una tale attitudine… è così ovvio! A ogni modo, questo indivi-duo deriva da un karma digrande criticità, in cui noncredeva in niente, mentreera molto dotato di grandesenso pratico, senso diosservazione, intelligenzaanalitica. Tuttavia, il cuore era moltolimitato, come pure l’apertu-ra mentale. E oggi, il soggetto deveaffrontare l’imprevisto (cosache detesta) e avventurarsiin campi che esulano total-mente dai normali canoni incui è instradato. E perché? Perché questavolta, la sfida è seguire il“soffio” dello spirito chesoffia forte sulla vita di que-ste persone inquadrate.Tutti conoscono il valorestorico religioso delle grandiconversioni di grandi pec-catori o atei e tutti sannoquanta energia era contenu-ta in tali personaggi com-pletamente chiusi nel pro-prio materialismo … basta-va sublimarla!Dunque a queste persone,non si può che consigliaredi spingersi verso obiettivireligiosi e spirituali, in cui silascino andare verso gli altrie dimentichino le proprievisioni ristrette del mondo.

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Il fascino che esercita sul-l’uomo moderno l‘Ordinedei Templari, è da ricercarenell’aspetto interiore e spiri-tuale, anche se travisato edavvolto dal mistero.Le vere motivazioni e finali-tà erano segrete, comeforse occulto il vertice del-l’Ordine, la segretezza giu-stifica dunque le difficoltàoggettive nel comprenderealcuni aspetti di questimonaci guerrieri. Il reale motivo del tantointeresse suscitato, staforse anche nella loro tradi-zione Esoterica, di cuiancora oggi si parla e scri-ve, tradizione che con gliultimi bagliori del rogo(1314), se non scomparve

del tutto certamente siinsabbiò. L’Ordine del Tempio fudepositario ed anello diquella unica grande Cono-scenza primordiale che perfiloni più o meno sotterra-nei, più o meno visibili, si èveicolata nei secoli sino anoi. Per capire e ricostruire,è necessario affidarsi aquel poco e confuso che ciè pervenuto, tenendo pre-sente che quando una dot-trina è veramente esoterica,viene trasmessa oralmente,da: “Spirito a spirito” gli ini-ziati direbbero: “Da boccaad orecchio”, e poco dellaintrinseca sapienza èlasciata scorrere all’ester-no, se così non fosse il

segreto non sarebbe piùtale!Un breve cenno storicoLe prime notizie datano1118, 1119: il cavaliere Ugode Payns o de Paganis allalatina o De Pagani secondouna lettura italica ottocen-tesca , con Goffredo diSaint-Omer e altri 7 cavalie-ri tra cui Andrè de Mom-bard, zio di San Bernardo,chiesero al re Baldovino edal patriarca di Gerusalem-me di poter assicurare pro-tezione e difesa ai pellegriniche si recavano in TerraSanta. I Cavalieri si rifecero allaregola di San Agostino epromisero di osservare lacastità, la povertà e l’obbe-

dienza. Nel 1099 fu fonda-to dagli amalfitani l’Ordinedegli Ospitalieri di SanGiovanni di Gerusalemme,poi di Rodi e di Malta.Re Baldovino II concesse aUgo de Payns un edificio:“Vicino al Tempio delSignore”, scrivono Gugliel-mo di Tiro e Giacomo diVitry, e con maggiore pre-cisione, Ernoul precisa chei Templari non osarono abi-tare al sepolcro e scelseroil Tempio di Gerusalemme:“Là dove Gesù fu presen-tato”. Ancora troppo spesso si faconfusione tra Tempio diSalomone, Tempio del Si-gnore e Santo Sepolcro.La città vecchia attuale cor-

Angelo Casati

La Tradizione Templare

La Cupola della Roccia a Gerusalemme.

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risponde alla Gerusalem-me medioevale dove l’assenord-sud passa tra due col-line, ad Ovest il Calvario,centro di culto per i Cristia-ni, ad est la Moria, luogosacro dell’Islam, dove siinsediarono i Templari in unala del monastero fortificatodi Nostra Signora di Sion,accanto al luogo dove sor-geva il Tempio di Re Salo-mone.Dopo poco tempo il numerodei cavalieri aumentò e ReBaldovino II consegnò unanuova sede, corrispondenteall’area della spianata delTempio di Salomone, fra laMoschea della Roccia e laMoschea Al Aqsa - in arabol’altra o l’ultima - che eradivenuta nel 1104 la resi-denza del re. Il re occupò unnuovo palazzo reale accan-

to alla torre di Davide. I Cro-ciati identificarono assaipresto Al Aqsa al: “Tempiodi Salomone”, le cui fonda-menta esistono ancora.A quest’epoca si fa risalirela denominazione di: “Ordi-ne dei Poveri Cavalieri diCristo e del Tempio di Geru-salemme”, da cui: “Templa-ri”, in questa sede intrapre-sero una serie di lavori. La grande sala di preghieradella moschea venne divisain alloggi mentre nel sotto-suolo le immense sale avolta delle Scuderie di ReSalomone, servirono dariparo ai cavalli dell’Ordine.Davanti al Tempio di Salo-mone si apre la vasta spia-nata detta del Tempio, mache prende il nome dalTempio del Signore, Tem-plum Domini, si tratta inrealtà della Cupola dellaRoccia, gioiello dell’archi-tettura mussulmana, impro-priamente chiamata Mo-schea di Omar, sormontatada una splendida cupoladorata.

Moschea di Omar Moschea Al Aqsao Cupola della Roccia L’ingresso nell’Ordine deiconti di Champagne, confe-

rì grande prestigio e credi-bilità ai Templari, oltre checospicue rendite finanzia-rie. Al fine di consolidare laposizione della neonata

milizia e soprattutto di otte-nerne il riconoscimento,Ugo de Payns, fece ritornoin Francia nel 1227.Papa Onorio II riconobbe illoro Ordine, ma sarà piùtardi San Bernando di Chia-ravalle, vera eminenza gri-gia, a dettare la regola nelDe Laude novae militiae,durante il Concilio di Troyesdel 1228. Al Concilio presenziaronooltre al legato papale, moltivescovi e gli abati di nume-rosi conventi. Il papa era particolarmenteinteressato al progetto, pre-parato già negli anni prece-denti, per il tramite dell’Or-dine Cistercense. Come dimostra la parteci-pazione di suoi importantiesponenti, quali Stefan Har-ding, abate di Citeaux eHugues di Macon, abate diFontigny oltre che allo stes-so Bernardo.

Abbiamo sottolineato tredate: 1118 nascita dell’Or-dine, 1128 Regola, 1314rogo del Gran MaestroJaques de Molaj, 196 annidi vita.

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Nel cortile d’onore di Palaz-zo Isimbardi, sede dellaProvincia di Milano, è stataallestita una serata straordi-naria dove si sono incontra-ti arte, cibo e bontà. Nelgrande chiostro è stata alle-stita una originalissimamostra realizzata grazie allavoro sapiente del fotogra-fo Alfonso Catalano e all’im-pegno altrettanto sapientedi 14 Chef stellati Michelin,dislocati sul territorio italia-no. Dalle bellissime ed origi-nali immagini fotografiche èemersa la creatività deglichef e tutta la loro capacitàdi fare arte con il cibo. Alle due componenti, artefotografica e arte del cibo,la serata ne ha aggiuntauna di grande spessore,grazie infatti all’operaappassionata di GabriellaMagnoni Dompè, che dasubito ha creduto nel pro-getto ed ha voluto forte-mente che il ricavato dellavendita delle opere inmostra fosse devoluta allanostra Associazione.

Anche l’Assessore allaModa, Eventi, Expo, SilviaGranero, ha voluto sottoli-neare come “un binomiovincente che evoca immagi-

ni, sapori e colori in un gran-de percorso culturale,possa diventare un preziosostrumento di solidarietà”.Madrina della serata Bene-detta Parodi, volto ormainoto alle famiglie italiane,che si è dichiarata “orgo-gliosa del ruolo affidatele

per il miglior successo diquesta iniziativa tesa ad aiu-tare Pane Quotidiano”. Infase di presentazione dellamanifestazione sono inter-venuti il Presidente dellaProvincia di Milano GuidoPodestà e l’AmministratoreDelegato di Expo 2015 Giu-

seppe Sala. Molti altri sonostati i volti noti che sonointervenuti all’inaugurazionedella mostra e all’auguriopiù sentito per i 115 anni diPane Quotidiano.

Luigi Rossi

Colortaste Milano 2013

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IL “PI GRECO” E LAMATEMAGICAC’è un modo nuovo perindurre chi è refrattarioalla matematica a riconci-liarsi con i numeri: rac-contargliene la storia, maanche la logica e lamagia. Perché i numerihanno un’anima. Oggi lamatematica esce dalleaule scolastiche e diventala pallina da ping pong tracervello destro e cervellosinistro per una partitasenza fine

La magia dei numeri è larivincita di chi si sente nega-to per la matematica. Moltidei problemi di aritmeticache non abbiamo saputorisolvere a scuola possiamocapirli oggi. Con la filosofia.I numeri, infatti, hannoun’anima e saperli leggere ècapire meglio anche Dio.Nei numeri c’è del magneti-smo, come un incantesimoarcano che ti prende e ti tra-scina con sé. C’è gente chenon ha mai masticato bene inumeri ma, un bel giorno, nescopre il fascino e si buttanell’impresa di scrivere libriin elogio delle matematiche.Come l’avvocato GiovanniGentili, molto più affiatatocon la dialettica delle aulegiudiziarie che con i calcoli.Oggi convertito al fascinodei numeri dopo aver rivistoil “pi greco” sui quaderni aquadretti di Carlotta, suafiglia. Cosa può scatenare un pigreco quando entra nell’ani-mo di un avvocato!!! Certereminiscenze scolastichecostituiscono una sfida. E lavista del “pi greco” dopoquarant’anni e più di assen-ze giustificate dai banchi discuola, è come un invito amisurarsi con questa emer-sione dal nome balcanico edal segno cabalistico. Nel suo libro, stampato in

proprio e dedicato alla figlia,l’avv. Gentili si rivolge a Car-lotta per raccontare a tuttinoi la storia di una entitàche sta scritta nel libro del-l’universo secondo Platonee Galileo, oppure è unacostruzione dell’intellettoumano secondo la visionearistotelica ed euclidea.“Devi sapere, Carlotta…”così comincia l’inusualeracconto.

PI GRECO, CHI ERACOSTUI?Chiediamocelo anche noi.Siamo onesti. Cosa ci ricor-da questo simbolo? Ah, sì! Èil mitico 3,14, quello dei pro-blemi di geometria! Se andiamo a sfogliare iquaderni della memoriaricaviamo, infatti, che "Ilvalore della circonferenza diun cerchio si ottiene molti-plicando il diametro per3,14”. Sia che si tratti dellaruota di una bicicletta o diuna torta di mele. Ma allorail 3,14 non è che un numerofisso, ossia un coefficientearitmetico che consente dimisurare i cerchi. Per quale

motivo scaldarsi tanto? Sappiamo quali difficoltà ipopoli primitivi hannoincontrato nel misurare unalinea ondulata, uno spaziocurvo, un cerchio. Lo stru-mento di misura usato nel-l'antichità era, con ogni pro-babilità, una corda che siadattava all'andamentodelle varie curve: forse lastessa corda adoperata pertracciare il cerchio sul terre-no. E qualunque fosse ladimensione del cerchio, ilrisultato diceva sempre chela circonferenza era tre voltee qualcosa la lunghezza deldiametro. Questo tre volte equalcosa era il pi greco. Mala sua magia stava proprionel qualcosa.Prima di Archimede si tene-va conto solo del 3 e silasciavano perdere gli spic-cioli: per fare una ruota dilegno o una macina da muli-no non occorrevano. Ma quando le ruote diventa-no dentate è indispensabileentrare nei dettagli. E più siva nella meccanica di preci-sione, più spiccioli di pigreco sono necessari.

Riassumendo, il rapportotra la circonferenza e il dia-metro è il pi greco; cono-scendo il raggio, basta rad-doppiarlo per avere il dia-metro e moltiplicarlo per3,14 per ottenere il cerchio.Ma sapendo che il risultatonon è mai esatto al centoper cento. Perché 3,14 è, inrealtà, 3,141592…. seguitoda una schiera di decimalisenza fine. Certo a nessunovenne in mente la possibilitàche la circonferenza e il suoraggio fossero “incommen-surabili”. Che, cioè, non si sarebbemai potuto avere la cifraesatta. Non solo al centesi-mo, ma nemmeno al millesi-mo. O al miliardesimo. Il fatto è che, il pi greco è unsimbolo magico che non cilascerà dormire. Come tutti inumeri con la coda!

LE PIRAMIDI E LA QUA-DRATURA DEL CERCHIOUna delle “stranezze” diquesto numero è che loritroviamo anche nelle pira-midi egizie e corrisponde alrapporto tra l’altezza e ilperimetro. O nella misura-zione dei fiumi. Provate amisurarne uno con tutte lesue curve! Eppure è risulta-to che moltiplicando per il pigreco la distanza, in linearetta, tra la fonte e la foce, siha la lunghezza totale delfiume con tutte le sue sinuo-sità.Ma il pi greco è strettamen-te legato anche alla Quadra-tura del Cerchio. Il problemadei problemi si è dimostratoinvece ben altrimenti indo-mabile; ostinato, maligno ecapace di suscitare allar-manti inquietudini. La suacomplessità, il suo fascino,le vicende della sua "risolu-zione" ne fanno uno dei casipiù significativi e illuminantidel modo di procedere dellamatematica.

Rodolfo Signifredi

Dalla “quadratura del cerchio” al segreto dei Faraoni

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A conclusione di due millen-ni di tentativi, nel 1882 iltedesco Lindmann risolse ilproblema dimostrando cheè impossibile risolverlo: èqualcosa di peggio d'unsemplice numero irraziona-le, non appartiene neppureal pur vasto dominio dell'al-gebra. Deve essere considerato unnumero trascendente: e ilproblema che lo concernenon ammette nessuna for-mulazione algebrica.Possiamo capire come fra iturbamenti del matematiconon poca parte avesseroquelli relativi a certe dispe-rate incursioni del pensieronei domini dell'infinito, nellasfuggente, interminabilerealtà dei numeri irrazionali.Le perplessità suscitate dal-l'irruzione dell'infinito neinumeri sgomentarono esgomentano le facoltà intel-lettive e i sensi limitati degliuomini, da Pitagora a Can-tor: che impazzì contem-plando l'inconcepibile seriedei demoni che aveva susci-tato.

Ma mentre alcuni scivolava-no nello stupore mistico, dalpitagorico Liside, che pro-pose di pensare Dio comeun numero irrazionale, alGioberti che vide nellamatematica infinitesimale laprova decisiva dell'esisten-za di Dio, altri cominciaronoa fare i conti con questinumeri e con lo stesso infi-nito.Nasceva il prestigioso pro-blema della quadratura delcerchio. Archimede comin-ciò col dimenticare i limitiche gli si ponevano: gettòvia riga e compasso e fecefunzionare la fantasia. Pro-pose di immaginare la cir-conferenza come compresafra due insiemi di poligoniregolari, uno inscritto, l'altrocircoscritto.Partendo da un esagono,continuò a raddoppiare ilnumero dei lati. I perimetridei poligoni iscritti formaro-no una successione e quellidei poligoni circoscrittiun'altra successione: e ledue successioni "oscillaro-no" come un pendolo attor-

no al valore, vero ma irrag-giungibile, del pi greco.

IL 14 MARZO È IL “PIGRECO DAY”Agli inizi della primavera, intutto il mondo si festeggiaun numero. Non un numeroqualsiasi, ma il Re deiNumeri: il pi greco. Che,come abbiamo detto, è ilfamoso 3,14. E poiché ininglese 3,14 indica il 14marzo, i matematici hannodeciso di festeggiarlo pro-prio in questa giornata, conun tripudio di numeri.Il pi greco ha 4000 anni distoria. Un primo accenno aquesto numero intrigante sitrova nel Libro dei Re, nellaBibbia, ma anche i cinesi egli egiziani lo usavano.Tanto da ispirare l’altezza dimolte delle loro piramidi,come si è già detto.Ma si è anche detto che,visto da vicino, il pi greco èuna entità “fuori misura”perché, dopo la virgola, haun numero illimitato di cifre.Noi lo chiamiamo familiar-mente 3,14, ma in realtà ècome chiamare con un dimi-nutivo un nobile spagnoloche vanta un infinto strasci-co di cognomi e discenden-ze doc. Dopo la virgolaparte una cometa di deci-mali che non finisce mai. Eda sempre i matematici sisono “divertiti” a calcolarneil maggior numero possibile,con la brama di trovare inquesta sequenza delledisposizioni logiche. I matematici, che sonoricercatori allo stato puro,vengono marcati a vista daitecnologi, sempre alla ricer-ca di applicazioni pratiche.Ed è per questo che il 14marzo lo festeggiano ancheloro. Iniziò, nel Cinquecento, ilmatematico olandeseLudolph Van Ceulen checalcolò le prime 32 cifre, e siappassionò tanto ai sortilegidi questo numero da volerloinciso sulla sua tomba.Anche Newton si dedicò alcalcolo dei “dopo virgola”,ma bisogna aspettare laseconda metà dell’Ottocen-to per mettere in fila 607cifre decimali. E a noi sem-brano tante le dieci cifre delnostro telefonino!

Solo nel 1958 vengono rag-giunte le 10 mila cifre dopola virgola. Centomila neglianni ’70, ma grazie al com-puter. Quindici anni fa la filadei decimali si allungava di100 milioni! Per diventare480 milioni di cifre nel 1989e salire a 3 miliardi e 221milioni nel 1995, risultatoottenuto dal giapponeseKamada.E la caccia al tesoro conti-nua. Come racconta l’avvo-cato Gentili a sua figlia Car-lotta.

MA OGGI A COSA SERVE?Serve a qualcosa, oppure èuna delle tante follie daGuinnes dei primati? Sepensiamo che a Vienna esi-ste addirittura un Club degliAmici del pi greco potrem-mo ritenerlo una possibilefollia. Ma quando scopria-mo che questo Club nascenell’ambito di una Universi-tà, cambiamo idea; tantopiù che il requisito per esse-re iscritti è poter recitare amemoria almeno i primi cin-quanta decimali.Ora, però, cerchiamo di farcapire ai non addetti ai lavo-ri l’utilità pratica che puòavere questa ricerca. Anchese non può certo aiutare afamiliarizzarsi meglio conl’Euro, che ci ha riportato atrattare con i decimali, manon va più in là delle duecifre dopo la virgola. Nellavita di tutti i giorni ci fermia-mo lì. Ascoltiamo, invece, cosadice l’avvocato Gentili a suafiglia Carlotta. “Perché tantoaccanirsi nel calcolo del pigreco? Se ai tempi di Archi-mede il suo valore intero,senza decimali, potevaandar bene per progettarele ruote di una carretta o percostruire pozzi, non era piùsufficiente per costruireruote dentate. Oggi sappia-mo che per costruire i mec-canismi dei migliori aeropla-ni occorrono sei decimaliesatti. Con dieci decimali sipuò calcolare la circonfe-renza della Terra facendouno sbaglio inferiore al cen-timetro. Che ragione c’è allora diaccanirsi su questo poveropi greco cercando un nume-ro sempre maggiore di deci-

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mali? Fino al 1761, quandonon si sapeva ancora che sitrattava di un numero irra-zionale, cioè illimitato nonperiodico e quindi con infi-niti decimali, i ricercatoritentavano di scoprire unacerta sua periodicità. A par-tire da quella data, la ricercadi nuovi decimali non avevapiù senso. E, tuttavia, i calcoli prose-guirono. All’inizio per rag-

giungere un record. Poi perl’emergere di nuovi motivi.La ricerca di ulteriori deci-mali consentiva, infatti, diapprofondire alcuni campidella teoria dei numeri. Sivoleva scoprire se i decima-li seguivano una distribuzio-ne casuale o se c’era qual-che grado di trascendenza.Più si trovano decimali e piùsi svela il mistero dei nume-ri di cui è fatto l’Universo. E,

su un piano pratico, si tro-vano nuove applicazioni,prima impensabili.Nell’ultimo decennio il pigreco è stato utilizzato pervedere se i calcolatori elet-tronici sanno fare bene i lorocalcoli, per misurarne l’affi-dabilità, la precisione e lavelocità. Il pi greco è lamassima prova per un cal-colatore. Una specie di car-diogramma digitale dellasua buona salute.Si è poi preso coscienzache il pi greco, all’originecollegato alla geometria delcerchio, era coinvolto inaltre curve come le orbitedei satelliti e anche in campiche non avevano a che farecon la geometria, come infisica, nella teoria dei priminumeri, nel calcolo delleprobabilità e in ricercheavanzate di matematica col-legata alla grafica frattale eagli eventi cosiddetti caoti-ci. Senza il pi greco sareb-bero impensabili i viaggispaziali.Riassumendo un po’ le idee,vediamo che il pi greco è ilnumero “fisso” escogitatodai grandi matematici percalcolare l’area del cerchio,poi esteso ad una infinità dicampi. Ma è un numero tut-t’altro che fisso, perché daquattromila anni continua acrescere. E più cresce, piùproblemi risolve. All’infinito.

I NUMERI HANNO UN’ANIMA?A questo punto possiamochiederci anche noi se inumeri hanno un’anima.

Sì, ci dicono i matematici.Al momento del big bang,quando non c'erano ancorai continenti, i numeri c’era-no già; c’erano i logaritmi,le equazioni di sesto grado,il teorema di Pitagora, itriangoli equilateri e gliangoli ottusi. Lo dice unadelle "ontologie matemati-che" più accreditate: inumeri esistono oggettiva-mente, al di là di ogni spe-culazione umana. Pochi insegnanti perdonotempo a spiegare la storiadel pi-greco. O quella dellamatematica in generale.Ammesso che a loro voltala sappiano o che qualcunogliel’abbia insegnata. Ma èforse da questa lacuna chenasce il disinteresse deglistudenti per “i numeri”. Tabelline e teoremi vengo-no dati a scatola chiusa,come verità ovvie, sen-z’anima. La matematica, invece, nonha solo una sua storia, nonmeno travagliata e nonmeno affascinante d'ognialtra disciplina. Possiedeanche una sua vitalità,come i virus e i batteri. Conoscere questa storia equesta vitalità potrebbeaiutare a rendere menodistanti e meno freddi inumeri astrusi. E facendo lavorare in sim-metria l’emisfero destro equello sinistro si potrebberealizzare quella riformadella scuola che tutti siauspica. Dove si entra conun cervello e se ne escecon due.

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I pirati sono sempre statipersonaggi sfuggenti: appa-rivano all’improvviso, attac-cavano, saccheggiavano esvanivano nel nulla. Dietrodi sé non hanno lasciatotestimonianze, né effettipersonali. I giornali di bordoforniscono solo squarci divita piratesca, ma le incisio-ni su legno e su altri mate-riali che illustrano le primestorie di pirati sono irrealiquanto i numerosi raccontiriguardanti tesori nascosti.La mancanza di prove con-crete, tuttavia, non ha smi-nuito il fascino misterioso dicui godono tali figure.Secondo logica non eranoaltro che criminali comuni,eppure non abbiamo maismesso di considerarli per-sonaggi romantici e di asso-ciarli a imprese audaci com-piute nel mar dei Caraibi, adagili golette nere, a isole tro-picali e a forzieri traboccan-ti di monete d’oro e d’argen-to. Nessuno di noi ha mai

incontrato un vero pirata,ma tutti sappiamo, o credia-mo di sapere, esattamenteche aspetto avessero: fin dabambini ne sentiamo parla-re, e li vediamo rappresen-tati sul palcoscenico e sulloschermo. Nell’immaginariocollettivo il pirata è una figu-ra fortemente connotatacome il cowboy, e comequest’ultimo ha acquistatouno status leggendario: talipersonaggi hanno ispiratoalcuni dei più importantiscrittori di lingua inglese, edue opere, in particolare,L’isola del tesoro e PeterPan, sono diventate classiciletterari (Cfr. DAVID CORDIN-GLY, Storia della pirateria,Milano, 2003). La GeneralHistory of the Pyrates (1724– 1728) del Capitano Char-les Johnson (1), da alcuniconsiderato forse a tortouno pseudonimo di DanielDefoe, è una ricca miniera dinotizie sulla pirateria e inessa si rinvengono alcune

interessanti informazionianche in merito alle bandie-re dei pirati. Tema assai specialisticoche intende esplorare, tra lealtre cose, il significato delc.d. Jolly Roger (bandieranera con teschio e tibieincrociate). Anche se il cine-ma e le illustrazioni deiromanzi di avventura cihanno abituato ad associareil Jolly Roger con il teschio ele tibie incrociate già ai fili-bustieri e ai corsari del Sei-cento, i documenti non par-lano di bandiere del generesin quasi alla fine di questosecolo. In qualche casoaccennano però oltre chealle bandiere nazionali fattesventolare da molti capitanidotati di una regolare letteradi corsa, a bandiere che deiJolly Roger avevano ingenere il fondo nero, talvol-ta rosso, e bandiere nere erosse erano precedente-mente utilizzate in marinasulla base del simbolismo di

questi colori, associatirispettivamente alla morte eal sangue, come segno disfida o di guerra “senzaquartiere” (Cfr. RENATO GIO-VANNOLI, Jolly Roger - Lebandiere dei pirati, Milano2011). Quanto alle bandiererosse, la più antica testimo-nianza in proposito risale alMedioevo. In seguito, labandiera rossa, detta ininglese bloody flag (bandie-ra insanguinata), bloodyancient (antica bandierainsanguinata), o flag ofdefiance (in inglese), blutt-flagge (in tedesco), pavillonde guerre (in francese),bloet-vlag (in olandese),bandiera di sfida (in italia-no), divenne presso tutti glieserciti e le marine dell’Oc-cidente un segno per comu-nicare gli intenti bellicosi dichi la issava, e tra il 1647 e il1799 questo uso fu codifica-to dalle “Istruzioni” dellamarina inglese. Anche l’En-cyclopédie di Diderot eD’Alembert afferma che labandiera rossa era usatacome segnale di combatti-mento. La bandiera insan-guinata ( bloody flag) fuusata anche come segno diammutinamento e di rivolta,e probabilmente per questomotivo divenne la bandieradel socialismo e del comu-nismo (cfr. GIOVANNOLI, JollyRoger, cit.). Nel 1585,durante il saccheggio diCartagena, il corsaro elisa-bettiano Francis Drake (2),che solitamente combatte-va con la bandiera di SanGiorgio della Marina ingle-se, aveva fatto sventolarebandiere e stendardi neri,che minacciavano guerrasenza quartiere (no quarterflag). Una bandiera rossa,detta talvolta no quarterflag, poteva, come le ban-diere nere di Drake, signifi-care anche guerra senzaquartiere e cioè che non

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Umberto Accomanno

Pirati: bandiere e misteriosi significati

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sarebbe stata accettata laresa e tutti i prigionierisarebbero stati uccisi.Secondo l’ipotesi etimologi-ca più frequentemente ripe-tuta nella letteratura sullapirateria, il termine JollyRoger sarebbe una corru-zione dell’espressione fran-cese joli rouge, “bel rosso”,utilizzata dai filibustieri perdesignare i primi bloodyflags. Un’altra etimologiaricorrente è che Jolly Rogerderivi da (ma sarebbe me-glio dire sia imparentatocon) Old Roger che, secon-do testi inglesi anonimi dellaseconda decade del XVIIIsecolo, è un nome del Dia-volo. Jolly Roger è la Morte,ma la morte nel suo aspettodiabolico. Il fatto che unaltro dei suoi nomi, OldRoger, fosse un nome delDiavolo, lo conferma, anchese, come suggerisce Gio-vannoli, nel trattato sullasimbologia delle bandieredei pirati le corna di cui lasua effige è dotata nellabandiera (un particolareJolly Roger) in cui trafiggeun cuore potrebbe essereun fraintendimento dellacorona che gli spetta inquanto Re Morte. Alcunetestimonianze settecente-sche riferiscono che i piratiavevano una certa consape-volezza di essere morti nelpeccato e destinati all’Infer-no. Nella tradizione cristianail simbolismo della morte, ilcui significato è, primaancora che funebre, religio-so e ascetico con possibilirisvolti iniziatici, presenta, inconformità ai principi del-l’allegorismo biblico emedioevale, diversi livelli disenso. Secondo il suo signi-ficato letterale, prevalentenel simbolismo funebre e inquello delle Danze Macabree dei Trionfi della Morte, lamemoria della morte fisica ela consapevolezza dellavanitas della vita corporalecostituiscono un invito avivere pienamente dal puntodi vista spirituale. In questosenso, scrive Renato Gio-vannoli, si possono consi-derare i simboli delle Con-fraternite della Morte comesupporti di meditazione. Isignificati allegorici dellamorte possono, invece,

essere malefici o benefici.Secondo le Scritture sonomorti nel peccato i peccato-ri. Morte dell’anima causatadal peccato. L’aspettobenefico rappresenta, inve-ce, la morte dell’uomo vec-chio, morto al peccato,secondo la definizione di s.Paolo, poiché battezzatonella morte di Cristo e in luirisorto, e dunque la suarinascita spirituale. E’ inquesto contesto che vainteso il senso iniziatico deisimboli di morte, per esem-pio nella Massoneria, dovesignificano “la morte” delprofano che prelude alla suainiziazione (3). Per i pirati,tuttavia, la memoria dellamorte, ovvero i supporti dimeditazione quali ossa,teschi, clessidre, spadefiammeggianti, cuori trafittietc. è un invito a godereintensamente della vita cor-porale. Nell’arte antica glischeletri sono costante-mente associati a scene checelebrano i piaceri dei sensi.Un tale BartholomewRoberts, citato dal capitanoJohnson (Storia Generaledei Pirati), soleva affermare :«il lavoro onesto offre razio-ni scarse, paga bassa, fati-ca dura; questo ( la pirate-ria), l’abbondanza e lasazietà, gli agi e i piaceri, lalibertà e il potere; e chi nonla riterrebbe la partita vin-cente, quando tutto ilrischio che si corre è, nelpeggiore dei casi, di morirestrangolati con un paio di

smorfie? No, vita corta eallegra sarà il mio motto». Inqueste parole si intravedo-no alcune venature social-mente devianti e “rivoluzio-narie”. I pirati dei Caraibierano malavita eroica e tra-dizionale, biblica, senzamaschera, un brulicare diEurope maledette. Le Euro-pe maledette che nei secoliXVII e XVIII si riversarononelle Americhe non eranoprive in effetti di struttureorganizzative e di un appa-rato rituale e simbolico tra-dizionali e per certi aspettibiblici. E’ noto che nelle cittàmedievali i ribaldi, ovverocoloro che vivevano ai mar-gini della legalità o decisa-mente fuori di essa e in par-ticolare erano dediti al giocod’azzardo, talvolta al furto,spesso al lenocinio, eranoorganizzati già almeno dallaseconda metà del XIII seco-lo in “regni” dallo statutoufficialmente riconosciutodalle autorità cittadine. A capo di queste organizza-zioni sedeva un rex ribaldo-rum coadiuvato da un con-siglio di barattieri (ribaldi) eda certi suoi “baroni” neirituali della ribalderia culmi-nanti il primo gennaio, gior-no d’inizio ufficiale del suobizzarro reame (come narraun documento lucchese del1378). Al re dei ribaldi spet-tava il controllo della prosti-tuzione e più in generale delmondo dei marginali, e incerti casi, direttamente a lui

oppure ai suoi uomini, veni-vano demandati lavori spor-chi come quello di carnefi-ce. Si dice che i bucanieri ei filibustieri dei Caraibi delsecolo XVII avessero dato ase stessi il nome di “Fratellidella Costa”, e nel Sette-cento le fonti utilizzano tal-volta per le comunità dipirati il termine fraternity,confraternita, con tutte lesue connotazioni corporati-ve e anche iniziatiche e reli-giose. I pirati degli anni1716-1726, le cui ciurmeavevano stretti rapportigenealogici e di alleanza,non condividevano soltantoi simboli dei vessilli, il cheindica un avanzato stato diidentificazione di gruppo(CFR. MARKUS REDIKER, Cana-glie di tutto il mondo - l’epo-ca d’oro della pirateria,Boston 2005), ma più ingenerale quella che insociologia si direbbe una“subcultura”, che includevaun diritto, i cosiddetti arti-cles evolutisi da quello cheera stato il codice dei Fra-telli della Costa, e dei riti,connessi in particolare conla firma di tali regolamenti econ l’insediamento di unnuovo capitano. Quantodetto conferma il caratterecorporativo dei Jolly Roger.I pirati avevano dichiaratoguerra al mondo intero ed èinteressante, a questo pro-posito, riportare uno stralciodi un discorso programmati-co di un capitano pirata(capitano Bellamy al capita-

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no Beer a Boston): «chesiate dannato… e così puretutti quelli che si sono sotto-posti alle leggi che i ricchihanno fatto per la loro sicu-rezza, perché questi bastar-di non hanno il coraggio didifendere in altro modo ciòche hanno acquistato con lafurfanteria. Ma siate dannatitutti quanti: loro, un brancodi farabutti astuti, e voi cheli servite, e che siete unamanica di imbecilli dal fega-to di pollo. Ci insultano, imascalzoni, mentre l’unicadifferenza è questa, che loroderubano i poveri con laprotezione della legge,mentre noi spogliamo i ric-chi con la sola protezionedel nostro coraggio; nonfareste meglio ad essere deinostri, piuttosto che stri-sciare dietro il culo di questigaglioffi per avere un impie-go»? Il capitano Beer, spet-tatore del proclama, tutta-via, replica che la sua co-scienza gli proibisce di vio-lare le leggi di Dio e degliuomini. Bellamy allora con-clude «Che il diavolo si portivoi e la vostra coscienza…io sono un principe sovrano,con lo stesso diritto di farguerra al mondo intero cheha un monarca con cento

navi in mare e un esercito dicentomila uomini in campo;e me lo dice la mia coscien-za». Questa argomentazio-ne, tratta dalla Storia gene-rale dei pirati del capitanoJohnson risale a sant’Ago-stino, che aveva scritto:«una volta che si è rinuncia-to alla giustizia, che cosasono gli Stati, se non unagrossa accozzaglia di mal-fattori? Anche i malfattoridel resto non formano pic-coli stati»? Questa la risposta vera eopportuna che un piratacatturato diede ad Alessan-dro Magno. Avendogli que-sti domandato perché glisembrasse giusto infestare imari, quello con spregiudi-cata fierezza rispose: «per lostesso motivo per cui tuinfesti la terra; ma poiché iolo faccio con una barca insi-gnificante, mi chiamanomalfattore, e poiché tu lo faicon una flotta eccezionale tichiamano imperatore».

Agostino trasmette alMedioevo la storia di Ales-sandro e il pirata, che avevatratto probabilmente daCicerone. La propaganda afavore di stati governati daconfraternite di pirati divie-ne realtà. Esistettero effetti-

vamente stati pirateschi, defacto se non de jure: dallerepubbliche dei pirati del-l’Africa Settentrionale, tracui Algeri, che fu a lungogovernata da pirati europeirinnegati, e Salé, alla famo-sa Tortuga e alla città di PortRoyal (Giamaica), che si ina-bissò per un terremoto(forse a causa di una puni-zione divina) e della quale sipossono ancora vedere lefamose rovine incantatesotto il mare, dall’Isola diProvidence che era il covodei pirati della GeneralHistory, ai piccoli regni dipirati del Madagascar da cuinacque il mito del regno diAvery (4). Sempre in Mada-gascar sarebbe stata loca-lizzata la repubblica diLibertalia fondata dal capi-tano francese Misson e dalsuo luogotenente Caraccio-li, un prete spretato libertinoe deista, di cui parla ancorail Capitano Johnson (Storiagenerale dei pirati), che dicedi basarsi su di un mano-scritto dello stesso Mason.Si tratta di utopia illuminista.Caraccioli avrebbe afferma-to: «poiché i nostri presup-posti non sono quelli deipirati non degniamoci diassumere la loro bandiera;

la nostra … è la causa dellalibertà. Consiglio perciò unabandiera bianca, con sopradipinta la libertà, e, se vole-te, il motto A Deo a libertate(Per Dio e per la libertà),come emblema della nostradirittura e della nostra riso-lutezza. Ma, scrive Giovan-noli, non esistono altri docu-menti che attestino l’esi-stenza del capitano Misson,e questo capitolo dellaGeneral History, verosimil-mente di fantasia, è quelloche più di tutti ha lasciatopensare che l’opera fossestata scritta da DanielDefoe.

Note:1 CAPITANO JOHNSON, StoriaGenerale dei Pirati, Roma2006; Capitain CharlesJohnson, A General Historyof the robberies and mur-ders of the most notoriouspirates, London 2002 ; 2 JOHN CUMMINS, FrancisDrake Il corsaro della regi-na, Casale Monferrato(Alessandria) 1997;3 IRÈNE MAINGUY, SimbolicaMassonica del terzo millen-nio, Roma 2004 ;4 Capitano Johnson, StoriaGenerale dei Pirati, cit. p.37e seguenti.

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Con l’entrata in servizio nel1964 del traghetto GHISAL-LO, terzo della serie, il tra-ghetto TREMEZZINA venneposto in disarmo e tirato insecco presso il cantiere diDervio ove rimase per qual-che anno.Agli inizi degli anni settan-ta, date le ottime condizionidello scafo e del propulso-re, si pensò di affiancarlo albattipalo MARTIN, munen-dolo solo di una torre per ilmartinetto battipalo a pruae lasciando invariate lesovrastrutture. C’è da fare una considera-zione: per la movimentazio-ne dei lunghi pali di legno,la tolda doveva esserenecessariamente libera daogni sovrastruttura (vedi ilbattipalo MARTIN), ma conl’introduzione dei pali inacciaio, componibili conelementi lunghi tre, quattrometri, saldati sul posto, ciònon era più necessario.Man mano che terminava lascorta dei pali di legno ilMARTIN rimase in servizio;poi, scelto di passare siste-maticamente ai pali diacciaio per i pontili di mag-gior traffico, nel 1979 se nedecretò il disarmo e, inattesa della demolizione odi sporadici interventi,venne ormeggiato alla boain diga foranea a Como overimase per qualche tempoancora.Un pezzo del nostro mondoterminava!Nelle fotografie (Figg. 01-02) - agosto 1974 - trovia-mo il nostro ormeggiato nelcantiere di Tavernola, conl’aspetto più di un rottameche di un mezzo attivo; loscafo con la pitturazioneassai mal ridotta, la stessadi quando era in secca aDervio, le sovrastruttureancora con la stessa diquando era traghetto.Nella foto (Fig. 03) del luglio

Ercole Pollini

El guarnascIl Battipalo “TREMEZZINA”

Figg. 01 – Agosto 1974 Il battipalo TREMEZZINA ormeggiato nel cantiere di Tavernola (Como)

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1977, ripreso un venerdìsera al suo rientro all’ap-prodo di Tremezzo, dopouna giornata di lavoro alcentro lago.Il giorno dopo, un sabato,(Figg. 04-05) ormeggiato alpontile di servizio, con ilponte ingombro di materia-li che denotano che staricostruendo un pontile perintero.Finalmente, dopo vent’annidi intenso servizio, nel1995, trovata la coperturafinanziaria nei ripieghi delmagro bilancio, venne man-dato ai grandi lavori diristrutturazione. Fu una completa ristruttu-razione: revisione delloscafo, che a dire il vero,malgrado i suoi cinquan-t’anni era ancora in ottimecondizioni; revisione del-l’ancora valido motoreGeneral Motors mod. 6/71

a 6 cilindri, della potenza di130 CV a 1500 giri/minutodotato di invertitore acomando idraulico, rifaci-mento completo dellesovrastrutture, del ponte,dell’argano e relativa torredel martinetto, e di altroequipaggiamento di bordoche non sto ad elencare.Merita una nota di attenzio-ne la cabina di comando,che prima era laterale e lanuova, centrale, che per-mette una visuale miglioree sovrasta la relativa cortagalleria.Nell’insieme ne risultò unmezzo funzionale e dal-l’aspetto gradevole, in linea

con le nuove norme di sicu-rezza. Malgrado le dimensioniridotte rispetto al MARTIN,la sua stabilità risultòsoddisfacente come, d’al-tra parte lo era nella versio-ne traghetto. Le Figg. 06-07-08 lo riprendono il 18marzo 1997, da poco rin-novato, attraccato al pon-tile di Lecco per la com-pleta ristrutturazione dellostesso.

Ps.: Come si nota dallefoto, la verniciatura delloscafo lascia sempre a desi-derare.

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Figg. 02 - Agosto 1974 Il battipalo TREMEZZINA ormeggiato nel cantiere di Tavernola (Como)

Fig. 03 - Luglio 1977 - Ripreso un venerdì sera al suo rientro all’approdo diTremezzo, dopo una giornata di lavoro al centro lago.

Figg. 04-05 - Luglio 1977 - Il giorno dopo, un sabato, ormeggiato all’attrac-co di servizio di Tremezzo, con il ponte ingombro di materiali che denotanoche sta ricostruendo un pontile per intero al centro lago.

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Fig. 06-07-08 - 18 marzo 1997 da poco rinnovato, attraccato al pontile diLecco per la completa ristrutturazione dello stesso.

Fig. 05

Fig. 08

Fig. 07

Fig. 06

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Nello sviluppo evoluzioni-stico che portò dall’omini-de all’uomo siamo colpitidal fatto che delle moltespecie di homo habilis cheusava strumenti, e delladozzina di specie di homoerectus, che parlava, cono-sceva il fuoco e costruivautensili, non ne sia soprav-vissuta alcuna, mentre lescimmie antropomorfesono giunte fino a noi.Persino delle due specie dihomo sapiens – homosapiens neanderthalensis ehomo sapiens sapiens – èsopravvissuta soltanto lanostra specie.L’homo neanderthalensis,che parlava, seppelliva imorti, suonava il flauto ecostruiva ottimi oggetti, èvissuto fino a 30.000-25.000 anni fa, sopraffattoe forse mangiato dai nostriantenati che ne hannocopiato l’avanzata cultura etecnologia (periodo muste-riano). Oggi è convinzione dellamaggioranza degli antropo-logi che i nostri progenitorihanno eliminato tutte lealtre specie di homines siacome feroci predatori eassassini sia come antro-pofagi. Questo avvenne perché inostri antenati possedeva-no un’aggressività e unaferocia superiore a qualsia-si altro mammifero per cui,eliminando tutte le speciecontendenti, hanno ottenu-to il dominio del mondo. L’aggressività costituisceun impulso necessario allaconservazione della propriaesistenza ed è legata aisentimenti di odio e diamore, fornendo l’energianecessaria all’azione pro-dotta dalla modulazioneormonica. Nel tempo l’innata aggres-sività e animalità è stataattenuata e regolata dalla

socio-cultura, dalle religio-ni, dalle leggi (vedi codicedi Hammurabi) e dalle ideo-logie moralistiche.Il fatto che gli uomini ubria-chi, in maggioranza, diven-tano violenti, spesso nel-l’ambito della loro stessafamiglia, dimostra che, toltii freni dell’inibizione socio-culturale, riemergono l’ag-gressività e la violenza ori-ginaria.L’uomo, quasi unico tratutti i mammiferi, uccide ipropri simili fino a determi-nare, nelle guerre, una verae propria carneficina. Il fatto che dall’istinto omi-cida delle origini, che siesercitava nel confronto traspecie e specie e tra tribù etribù, si sia passato airecenti massacri bellici e aigenocidi (armeni, ebrei…)dimostra che l’uomo èancora sotto l’impulso deisuoi istinti assassini chevengono strumentalizzatidalle odierne ideologie(antisemitismo, anticristia-nesimo islamico…). L’antisemitismo nella suacomplessa realtà costitui-sce un elemento importan-te nella ricerca storica,antropologica, psicologicanel determinare i motivi e isentimenti che induconol’uomo a odiare i suoi simi-li. E’ da considerare chespesso il potere per potergovernare, allineando ilpopolo su un’ ideologiacomune, si serve di unnemico vero o suppostosul quale far convergerel’odio generale. Ad esem-pio, per la Chiesa è stato ildemonio, per i nazifascistila demoplutocrazia e ilcomunismo, per gli stupidil’antisemitismo. Presso gli antichi ebrei ognianno si celebrava il rito del“capro espiatorio” su qualevenivano scaricati tutti i

peccati del popolo e lo siscacciava dalla città. (Levi-tico – cap. 16)L’uomo è vissuto per centi-naia di migliaia di anni inuna cultura magica e vena-toria, di caccia. Questi lun-ghi periodi lungo il percor-so evolutivo hanno sedi-mentato nella nostra psichecredenze parapsicologichee impulsi di violenza. La prova maggiore di que-sti atteggiamenti psichici èdata dall’industria culturaleodierna che soddisfa letendenze innate privilegian-do letteratura, cinema egiochi informatici (play sta-tion) fondati su magia e vio-lenza.L’evoluzione dell’uomo at-tuale, fu un processo com-plesso che produsse, nelcomportamento, la dicoto-mia tra la solidarietà con iconsanguinei e i simili el’intolleranza nei confrontidell’altro da sé, che ancoraoggi guidano molte dellenostre azioni, giudizi, atteg-giamenti.La solidarietà e l’intolleran-za scaturiscono dall’istintodi identità e di appartenen-za che nasce dall’idea diuna discendenza comuneche si articola in famiglia, inclan, in tribù e, infine, innazione. Il totem degliuomini preistorici nascevaappunto dalla convinzionedi un progenitore comune.Oggi il totem dei primitivi èsostituito dalle bandierenazionali. Con l’allentarsi delle appar-tenenze tribali l’istinto delleorigini fu, in parte, sostitui-to dall’appartenenza a unastessa religione o a unastessa ideologia, soppian-tate, specialmente nelsecolo ventesimo, dainazionalismi, legati quasisempre all’uso di una lin-gua e di una discendenzacomune, che hanno pro-

dotto efferati genocidi,come nel caso degli Armenie degli Ebrei. Il nazionalismo ha portatoalle recenti scissioni, tra levarie etnie, in alcuni statieuropei (Russia, Cecoslo-vacchia, Jugoslavia).Nonostante la relativa rari-tà, nel paleolitico superiore,di esseri umani, la concor-renza infraspecifica perl'occupazione delle regionimigliori, per la selvaggina,il clima, l’abbondanza d’ac-qua, i boschi, doveva esse-re molto accentuata, percui oggi troviamo che alcu-ne razze umane sono statespinte, da popolazioni piùforti e aggressive, ai margi-ni delle zone ricche, neideserti, in zone fredde, inforeste equatoriali o in isolesperdute. La psicologia ci dice chel’uomo non accetta facil-mente chi gli è simile nellafigura, ma presenta qual-che caratteristica difforme:il colore della pelle, il volto,la cultura e persino un’in-telligenza superiore o unsapere diverso dalle ideolo-gie di massa. Per esempio, l’uomo accet-ta il gatto, lo giudica bello,gli piace, e non accetta lescimmie che molto più delgatto somigliano a lui. Arthur Koesteler “La treizie-me tribu” p 45 sgg. Scrive:“Presso i Bulgari del Volga,Ibn Fadlan scoprì uno stra-no costume, che ha datoluogo a commenti ancorapiù strani: «Quando osser-vano che un uomo eccelleper il sapere e la vivacità dispirito, dicono: “Per costuiè più appropriato servire ilSignore”. Lo prendono, glipassano la corda al collo el’appendono ad un alberodove lo lasciano marcire...».L’orientalista turco ZekiValidi Togan, autoritàincontestata per ciò che

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Franco Licchiello

Il seme delle origini:dall’istinto all’etica

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riguarda Ibn Fadlan ed ilsuo tempo, scrive a propo-sito di questo passaggio:«Non vi è nulla di misterio-so nel trattamento crudeleinflitto dai Bulgari alle per-sone troppo manifestamen-te intelligenti. Esso si fondava sul ragio-namento semplice e rifles-sivo di cittadini medi chenon cercavano che di con-durre una vita che giudica-vano normale, evitando irischi e le avventure nellequali il “genio” avrebbepotuto trascinarli».Cita, quindi, un proverbiotartaro: «Se ne sai tropposarai impiccato, se sei trop-po modesto sarai calpesta-to». Non siamo lontani dal-l’azione dell’Inquisizione. L’originaria, primitiva cru-deltà umana lentamente siè molto attenuata per l’in-cidenza di messaggi filoso-fici, politici e religiosi.I Greci sostennero che glidei condannavano e puni-

vano la Olbos (la ricchezzasfrenata e ostentata) e laYbris (la tracotanza e la vio-lenza). Gli Ebrei predicaro-no l’amore per il prossimocon Hillel “Ciò che non èbuono per te non farlo altuo prossimo” e Gesù “Amail prossimo tuo come testesso”.Il successivo sviluppo delpensiero razionale e politi-co condusse all’illuminismoe al liberalismo e alle teoriee utopie sociali ed econo-miche che hanno portatoinfine al globalismo-liberi-smo in economia e un’ideo-logia universale nel sociale,quasi una religione, fondatasui sentimenti umanitari disolidarietà, di antirazzismo,di pacifismo e sull’idealedel valore sacrale della vita. Questo è avvenuto anche acausa dell’enorme perfe-zionamento e diffusionedei mass media che hannocreato il cosiddetto “villag-gio globale” portando alla

sostituzione del concetto diprossimo, legato alla vici-nanza, con il concetto diumanitarismo, legatoall’universalità umana.Gran parte della legislazio-ne mondiale odierna harecepito i tre valori procla-mati dalla RivoluzioneFrancese del 1789: Liberté,Legalité, Fraternité. La Dichiarazione di Indi-pendenza degli USA dimatrice illuministica, nel1776 così recitava: “Noiriteniamo che queste veritàsiano evidenti: che tutti gliuomini sono stati creatiuguali, che essi sono statidotati dal loro Creatore conalcuni Diritti inalienabili,che tra questi sono la Vita,la Libertà e la ricerca dellaFelicità”.A questa solenne Dichiara-zione si ricollegò, a seguitodelle Rivoluzione France-sce, la Dichiarazione deidiritti dell’uomo e del citta-dino. Questo documento

ha ispirato numerose cartecostituzionali e il suo con-tenuto ha rappresentatouno dei più alti riconosci-menti della libertà e dignitàumana. In definitiva si starealizzando il passaggiodalla morale locale e relati-va a un’etica universale. Un ruolo fondamentale nel-l’avanzamento socio cultu-rale dei popoli è esercitatodall’intellighenzia, parola diorigine russa che indical’insieme degli intellettualidi una nazione.Se i nazionalismi, le dittatu-re, il potere in genere cercadi eliminare o di mettere atacere gli intellettuali, vuoldire che il miglior deterren-te al sorgere delle dittature,degli oscurantismi religiosie politici e delle cosiddettedemocrazie chiuse, chenon rispettano le minoran-ze e i diversi, è dato da unacrescita sostanziale dellacultura, dei saperi, in tuttele classi sociali.

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Ingredienti:una grossa anguilla di 1 kg. e piùolio d'oliva q.b.,30 g di burro,tre scalogni oppure una cipolla mediauna carotauna costa di sedanouna manciatina di funghi porcini secchidue pomodoriun mazzetto di erbe odorose: salvia, prezzemolo, timo, lauro1/2 l. di vino rosso.

Preparazione:Appendere l'anguilla ad un gancio per la testa.Inciderle con un coltellino la pelle tutt’intorno alla testa,rovesciarla all'infuori e, afferratala non con le mani nude macon l'aiuto di un canovaccio, tirarla in giù. Si sfilerà come un guanto.

Tagliare l'anguilla a pezzi lunghi 6-7 cm., cospargerli di salee pepe nero e infarinarli.Preparare un trito composto di: scalogno, carota, sedano.Rinvenire i funghi (porcini) in acqua tiepida e tritarli.In una pirofila (meglio se si disponesse di una teglia in ramestagnato) sciogliere il burro, versare l'olio e, a fuoco dolce,rosolarvi il trito.Quando il trito è sufficientemente rosolato, disporre nellateglia i tronchetti di anguilla, aggiungere i funghi tritati, i filet-ti dei pomodori e il mazzetto delle erbe odorose ben legatocon refe.Soffriggere il tutto a fuoco allegro per cinque minuti, indiaggiungere il vino rosso, abbassare la fiamma e mettere ilcoperchio alla teglia.A cottura avvenuta, asportare il mazzetto delle erbe odo-rose.

Vino consigliato: un buon Valtellina (Valgella - Sassella - Inferno) o un Bardo-lino DOC.

Ercole Pollini

Repertorio Gastronomico - Ricetta “Tremezzina”

Anguilla del Pescatore

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Il poeta non è uno che vivepeggio degli altri: sa sololamentarsi meglio.(G. Monduzzi)

L’amore ispira grandi gesti,ma impedisce di compierli. (A. Dumas F.)

Il Cristianesimo ha fattomolto per l’amore facendo-ne un peccato.(A. France)

Un uomo crede di sapere,ma la donna la sa più lunga. (Proverbio cinese)

Le donne assomigliano allecase spagnole, che hannomolte porte e poche fine-stre. E’ più facile entrarviche vederci chiaro. (J. P. Richter)

La donna ride quando può epiange quando vuole. (Proverbio spagnolo)

Supponete che una donnasia stata ingannata da unfrancese e maltrattata da unragioniere. Sapete chi sarà ilsuo prossimo amante? Unragioniere francese.(S. Guitry)

La memoria delle donne ècuriosa: il primo amore loricordano anche dopo tren-t’anni; il secondo lo dimenti-cano dopo tre giorni. (M. G. Saphir)

Petrarca non avrebbe pas-sato la sua vita a scriveresonetti se Laura fosse statasua moglie.(G. Byron)

Si possono trovare delledonne che non hanno mai

avuto avventure d’amore,ma è raro trovare donne chene abbiano avuta una sola.(F. de la Rochefoucauld)

Invecchiare è una terribileperdita di tempo.(M. Pickford)

I giorni indimenticabili dellavita di un uomo sono almassimo cinque o sei. Glialtri fanno solo volume. (E. Flaiano)

I vecchi amano dare buoniconsigli per consolarsi dinon poter più dare cattiviesempi.(F. de la Rochefoucault)

Quando i vizi ci abbandona-no, ci confortiamo credendoche li abbiamo abbandonatinoi.(F. de la Rochefoucault)

La storia è ben la maestradella vita: essa ci insegnache, nonostante i suoiammaestramenti, gli uominiricadono sempre nei mede-simi errori. (U. Bernasconi)

Epitaffio: iscrizione tombaleche dimostra come le virtùacquisite con la morteabbiano effetto retroattivo. (A. Bierce)

La società è composta didue grandi categorie di per-sone: chi ha più cibo chefame, e chi ha più fame checibo.(N. de Chamfort)

La miseria italiana è la gran-de scusa che permette algoverno di gettar via denaro.(L. Longanesi)

Che differenza c’è tra unprete e un politico? Nessuna: entrambi prendo-no i voti e poi cambianofacilmente parrocchia. (da L. Chicchi)

Ai politici preferisco le zan-zare: hanno più stile nelsucchiarci il sangue. (G. Monduzzi)

«Ho fatto recentemente unviaggio nei paesi dell’Ameri-ca Latina, e mi rammaricosolo di non aver studiato illatino a scuola, così avreipotuto parlare con quellagente». (Dan Quayle, ex vice-presi-dente degli USA)

La scienza medica ha fattocosì tanti progressi che oggipraticamente non c’è unasola persona veramente sana. (A. L. Huxley)

Il mio medico mi aveva datosolo pochi mesi di vita, mapoi, quando si è accorto chenon ero in grado di pagarglil’onorario, me ne ha con-cessi il doppio. (W. Matthau)

Dottore, quando facciol’amore sento dei fischi. E’normale? Ma lei quanti anni ha? Ottanta. E allora! Vuole anche gliapplausi? (da L. Chicchi)

Indovinello. Berlusconi cel’ha lungo. Fini ce l’ha corto.Il marito lo dà alla moglie. IlPapa ce l’ha ma non lo usa.Che cos’è? Il cognome. (Anonimo)

Mia moglie ha perso la cartadi credito. Ma io non hofatto la denuncia perché hoscoperto che il ladro spendemeno di mia moglie.(Raul Cremona)

Ah, se il tempo si fermasse,caro! Brava, così la banca smet-terebbe di pagarci gli inte-ressi. (Altan)

Dopo l’incidente. Ciao, come stai? Ora puoialzarti? Veramente, il medico midice di sì, ma l’avvocato midice di no! (Anonimo)

Scuola: Sbadigliando siimpara.(Mirko Amadeo)

Professore: - Che cosa è lafrode? Studente: - Una frode è selei mi boccia. Infatti la frodesi ha quando uno approfittadell’ignoranza di un altro elo danneggia. (Leggenda universitaria)

Esame di latino. Foedera non sunt mutanda.(I patti non sono da cambia-re). Traduzione dello stu-dente: «Le federe non sonomutande». (Anonimo)

Antonio Aràneo

Zanzare

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Scalercio SilvanaCiaccio’ Agostino

Abba LuigiLeka Rosine

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