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ANNO XXXI NUMERO 2 FEBBRAIO 2016 Pastor Gregis La Chiesa di Nola ha vissuto in questo mese di febbraio due importanti avvenimenti: la celebrazione del 25° di ordinazione episcopale del proprio vescovo, mons. Beniamino Depalma, e la IV sessione sinodale dedicata al tema “Per una Chiesa capace di comunione”. Momenti di grande gioia e discernimento che hanno consentito di fare memoria del significato del ministero episcopale, al quale abbiamo scelto di dedicare questo numero

Pastor Gregis

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Mensile della Chiesa di Nola XXXI - 2 - Febbraio 2016

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La Chiesa di Nola ha vissuto in questo mese di febbraio due importanti avvenimenti: la celebrazione del 25° di ordinazione episcopale del proprio vescovo,

mons. Beniamino Depalma, e la IV sessione sinodale dedicata al tema “Per una Chiesa capace di comunione”. Momenti di grande gioia e discernimento

che hanno consentito di fare memoria del significato del ministero episcopale, al quale abbiamo scelto di dedicare questo numero

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febbraio 201602

mensile della Chiesa di Nola

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo FormisanoStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 23 febbraio 2016

LUOGHI DI COMUNIONE CONTRO IL LINGUAGGIO DELLA VIOLENZAdi Marco Iasevoli

Un agguato a Mariglianella. Un altro a Pontecitra, quar-

tiere di Marigliano. Un duplice omicidio a Saviano. L’anno scorso un giovane ucci-

so sugli scalini di una cappella nel “piano-Napoli” di Boscoreale.

Qualche mese fa, invece, un as-sassinio a San Paolo Bel sito.

A memoria, non ricordo ne-gli ultimi dieci anni un’analoga esplosione di violenza nel nostro territorio.

Particolarmente efferato il de-litto di Saviano, legato, in base a quanto si apprende, a un debito di gioco che un “boss” emergen-te non ha voluto pagare e che ha pensato di saldare facendo crivel-lare con colpi di arma da fuoco i

corpi di due giovani titolari di un centro-scommesse.

Lo scenario in cui tutto ciò sta accadendo è piuttosto noto. L’e-picentro del terremoto è Napo-li, dove i “big” della malavita si stanno ritirando dal controllo dei territori dedicandosi ai grandi traffici internazionali.

Restano così libere piccole e grandi piazze di spaccio lungo tutta la provincia – comprese le città della nostra diocesi - sulle quali si stanno tuffando come av-voltoi giovani e giovanissimi dal mitra facile.

Lo sforzo che dobbiamo fare è però cercare di cogliere alcuni segni culturali ed educativi che sono sotto simili esplosioni di vio-

lenza. Ci ha provato il vescovo, padre Beniamino, in un’intervista a “Il Mattino” in cui ha denuncia-to che “la violenza sta diventan-do un nuovo codice di comunica-zione, un nuovo linguaggio” che parte dalle case e si diffonde nel-le strade. Il tasso di aggressività è visibilmente cresciuto, anche per colpa dello stato di frustrazione in cui la crisi economica ha getta-to tante persone.

Da qui una proposta che si può considerare complementare alla misura presa dal ministro dell’In-terno Angelino Alfano (di recente sono stati inviati a Napoli e din-torni 250 militari): così come si trovano i fondi per mandare l’E-sercito, lo Stato trovi i fondi per aprire le scuole anche di pomerig-gio e per favorire quelle realtà as-sociative, del volontariato e della cultura che offrono aggregazione e incontro. Allo stesso tempo, si tengano quanto più possibile aperte le porte delle sedi parroc-chiali sincronizzando l’orologio sul fuso orario dei più giovani.

La proposta ha suscitato un am-pio dibattito. Alfano si è risentito, chiedendo alla Chiesa di “fare il suo mestiere”. Ma il mestiere del-la Chiesa è proprio abitare con gli uomini. E indicare, dove le istitu-zioni vedono solo una questione di sicurezza, profonde questioni etiche, pedagogiche, educative e culturali.

Anche perché la nostra terra è stanca di un eterno “stato di emergenza”, ed è stanca anche di vedere “impegni straordinari” di pochi mesi cui segue sempre il nulla. La criminalità organizzata ha imparato a prendere le misure ad uno Stato che fa i fuochi d’ar-tificio per poco tempo. E anche i cittadini guardano ormai a queste soluzioni con scetticismo, nella consapevolezza che risolveranno poco.

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03febbraio 2016

Chiesa universale e chiesa particolare: la figura del vescovo

IL DONO E IL COMPITO DELLA COMUNIONEdi Alfonso Lanzieri

La Terza Pagina

Che rapporto c’è tra Chiesa uni-versale e Chiese particolari? E

qual è il ruolo del vescovo nella dinamica del loro legame? Il tema è certamente troppo comples-so per essere trattato in modo esaustivo in queste poche righe, tuttavia possiamo dire qualcosa in modo molto abbozzato per ri-chiamare l’attenzione almeno su alcuni elementi essenziali della questione, tralasciando i dovuti approfondimenti e le necessarie precisazioni.

Possiamo richiamare quanto espresso nella “Lettera ai Vesco-vi della Chiesa Cattolica” del-la Congregazione della Dottrina della Fede su “Alcuni aspetti del-la Chiesa intesa come comunione del 1992. Al n.7 si legge che: «La Chiesa di Cristo, che nel Simbolo confessiamo una, santa, cattolica ed apostolica, è la Chiesa univer-sale, vale a dire l’universale co-munità dei discepoli del Signore, che si fa presente ed operante nella particolarità e diversità di persone, gruppi, tempi e luoghi. Tra queste molteplici espressioni particolari della presenza salvi-fica dell’unica Chiesa di Cristo, fin dall’epoca apostolica si tro-vano quelle che in se stesse sono Chiese, perché, pur essendo par-ticolari, in esse si fa presente la Chiesa universale con tutti i suoi elementi essenziali. Sono per-ciò costituite “a immagine della Chiesa universale”, e ciascuna di esse è “una porzione del Popolo di Dio affidata alle cure pastora-li del Vescovo coadiuvato dal suo presbiterio» (Cfr. Decr. Christus Dominus, n. 11 § 1).

A partire dal testo appena ci-tato, chiariamo dunque subito un aspetto: la Chiesa universale non è la semplice somma delle Chiese locali, né è in un certo senso il risultato del loro riconoscimento reciproco. La Chiesa cattolica,

insomma, non intende se stes-sa come una confederazione di chiese locali e per capirne la na-tura non si può prendere a pre-stito l’immagine della relazione tra le parti e il tutto propria di alcune istituzioni umane; il rap-porto Chiesa particolare/Chiesa universale in altri termini non è di somma o sottrazione.

In ogni Chiesa particolare, in-fatti, «è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, Una, Santa, Cattolica e Apostolica» (Decr. Christus Dominus, n. 11 § 1), nella Chiesa locale è «la stessa Chiesa universale che si fa evento, cioè realtà concreta e salvifica nel luogo dove dimo-ra, diventando Chiesa presente e temporale (qui e ora) in mez-zo agli uomini» (K. Rahner). Per questo, chi viene battezzato, ad esempio, nella Chiesa di Nola, è inserito immediatamente della Chiesa universale: l’appartenen-za alla Chiesa particolare non è una sorta di mediazione per l’ap-partenenza alla Chiesa universa-le, piuttosto la esprime. È chiaro che non si tratta di contrapporre la dimensione locale a quella uni-versale della Chiesa: ogni singola comunità presieduta dal vesco-vo, infatti, è davvero «Chiesa» solo se si trova in comunione con tutte le altre Chiese nel mondo, comunione espressa e garantita dalla Chiesa di Roma. Non esiste «Chiesa» se non nella comunione universale.

Il vescovo è garante dell’unità

della Chiesa locale e della comu-nione nella Chiesa universale, e lo è in forza del suo essere suc-cessore del collegio apostolico. L’apostolo, infatti, non è vescovo di una comunità determinata ma missionario per l’intera Chiesa, una missione dal carattere per così dire sovra-locale.

«Se nell’era apostolica i ve-scovi, in quanto responsabili di Chiese locali, si collocano chia-ramente al di sotto dell’autorità cattolica degli apostoli (…) nel difficile processo di formazio-ne della Chiesa post-apostolica, venne infine loro riconosciuta anche la posizione degli aposto-li, ciò significa che essi assumono ora una responsabilità che oltre-passa l’ambito locale» (J. Ratzin-ger). Designato come “successore degli apostoli”, il vescovo è fat-to uscire dall’ambito puramente locale: responsabile dell’unità della Chiesa particolare nella sua diocesi e altresì responsabile della comunione nella fede della Chiesa locale con l’intera e unica Chiesa di Gesù Cristo mantenen-do saldo il vincolo di comunione col Papa.

Del resto, il vescovo non rap-presenta solo la Chiesa universale nei riguardi della Chiesa locale: il movimento è anche di natura inversa. Egli rappresenta la Chie-sa locale nei riguardi della Chiesa universale, portando in questa la voce unica e insostituibile della propria diocesi, le sue sofferenze così come i suoi doni.

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mensile della Chiesa di Nola

25° di mons. Depalma e IV sessione sinodale per fare memoria del significato del ministero episcopale

UN CUSTODE DA CUSTODIREdi Mariangela Parisi

La Chiesa di Nola ha da poco con-cluso la sessione sinodale dedi-

cata alla comunione, la quarta ses-sione. Ma ha anche da poco vissuto il venticinquesimo dell’ordinazio-ne episcopale del proprio vescovo, mons. Beniamino Depalma. Un mo-mento di grande festa, non solo per l’ampiezza dell’abbraccio nel quale ha voluto avvolgere il proprio pasto-re, ma anche per la fraternità con la quale, senza timori, ha accolto la Chiesa che per prima ha avuto mons. Depalma come Pastore, quel-la di Amalfi - Cava de’ Tirreni: due comunità hanno fatto esperienza di una stessa testimonianza di fede, in tempi diversi e per un tempo diver-so; eppure lo scorso 17 febbraio, in cattedrale, non c’erano due comu-nità ma una. Ed ho trovato confer-ma di questa mia percezione in un passaggio dell’omelia tenuta Enzo Bianchi, proprio in quell’occasione: il priore di Bose, nell’evidenziare la centralità del carattere testimo-niale della rilevanza del ministero episcopale, ha richiamato infatti Sant’Ignazio di Antiochia e il suo af-fermare che «dov’è la Chiesa è il ve-scovo, e dov’è il vescovo è la Chiesa, cattolica - ha sottolineato -, la chie-sa secondo il tutto, nella sua pienez-za, in sintonia con le altre Chiese».

L’aver fatto esperienza della stessa paternità - che, ha ricordato Bianchi, non può non essere miseri-cordiosa - ha portato uomini e don-ne di terre distanti - anche se non tanto - e differenti, a riconoscersi come unica comunità, a farsi spazio reciprocamente per stare intorno a colui che, in questi anni, ha usato il pastorale non per comandare ma per permettere ad ogni cuore affa-ticato di appoggiarvisi e sentirsi a casa: una paternità che si è nutrita e si nutre del Vangelo. Ricordando la sera della sua ordinazione episcopa-le nella lunga lettera Mi siete diven-tati cari, indirizzata ai presbiteri in-contrati in questi anni di ministero, Depalma ha infatti scritto: «Quella sera mi resi conto che prendevo de-finitivamente dimora nel Vangelo. Capii cosa intendesse il Concilio di Trento quando decretò il canone cir-

ca la residenzialità dei Vescovi: ogni pastore deve stabilire la sua casa sotto il tetto del Vangelo. E così gu-stai ancora la bellezza di essere par-te di una Chiesa “sottomessa alla Pa-rola di Dio”(cfr Dei Verbum, 21), una Chiesa che diventa casa in cui circo-la la Parola e si diffonde la Parola, così come ci era stata riconsegnata dal Concilio Vaticano II e che io in quella favorevole stagione ecclesia-le, che coincideva con i primi anni del mio sacerdozio, avevo imparato ad amare».

La stessa riflessione sinodale ha fatto emergere tutta l’importanza

del significato del ministero apo-stolico del Vescovo, custode e ser-vo della comunione ecclesiale e per questo inevitabile guida in un cam-mino di discernimento che porti ad una conversione in grado di giunge-re, si legge nella relazione Per una Chiesa capace di comunione, al cen-tro della IV sessione, ad una «ade-guata integrazione del concetto di comunione con quelli di Popolo di Dio e di Corpo di Cristo, anche per un insufficiente rilievo accordato al rapporto tra la Chiesa come comu-nione e la Chiesa come sacramento. Vivere la comunione appare, nei fat-

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ti, la grande domanda del discerni-mento sinodale».

Il vescovo custode è dunque anche da custodire. Come ha ribadito an-che il priore di Bose al termine del-la sua omelia, sperando che l’Anno Santo sia tale anche per vescovi e sacerdoti, ultimamente spesso addi-tati come non degni di Misericordia. Bianchi, riflettendo sul capitolo de-gli Atti degli Apostoli dal quale è sta-ta tratta la seconda lettura (At, 28-32) scelta per la celebrazione, si è soffermato su tre verbi usati da San Paolo nell’esortare i “primi vesco-vi” e riportati dall’evangelista Luca: sapete, vigilate, vi affido. Il primo verbo, ha ricordato, richiama la tra-sparenza della testimonianza di Pao-lo, «tutti possono dire come egli ab-bia partecipato alle loro gioie e alle loro fatiche nei momenti difficili», la sua umiltà, che è sempre «frutto delle umiliazioni che si ricevono da

PasTor gregisse stessi, dagli altri e dal mondo», il suo disinteresse, avendo ancorato il suo agire al Signore: tutti tratti che ogni vescovo non può non assumere assumere. Il secondo verbo, ha evi-denziato Bianchi, richiama invece il legame tra il vescovo e la Chiesa che gli viene affidata, nei termini della ‘paternità misericordiosa’: se «la Chiesa è di Dio, e non appartiene né al vescovo né ad altri» allo stesso tempo infatti «è nella comunità che è affidata al vescovo che il vescovo è il primo testimone della morte e ri-surrezione del Signore». Il terzo ver-bo, infine, rimanda alla roccia sulla quale deve fondarsi il ministero epi-scopale: Paolo «non affida la parola di Dio ai vescovi» è infatti il vescovo affidato alla Parola di Dio, «realtà viva ed efficace, fonte dell’unità e di salvezza», della quale il vescovo è chiamato a farsi servo, per servire la sua Chiesa.

Il vescovo chiamato a custodire il tesoro ricevuto, diviene per la sua Chiesa dunque tesoro da custodire, non perché, in virtù della sua autori-tà, possa scusare il gregge agli occhi del mondo in ogni occasione e per ogni scelta, ma perchè in virtù del-la sua condizione di servo possa far innamorare il gregge di quella croce che non dice morte, ma vita eterna. Quello che mons. Depalma in questi anni ha provato a fare, affidandosi quotidianamente al Signore: «Porto nel cuore un luogo, - si legge an-cora in Mi siete diventati cari - la cappella dell’episcopio sia di Amal-fi che di Nola, dove ho cercato di adempiere con fedeltà la domanda che mi fu posta al momento in cui nell’ordinazione avviene l’interro-gazione dell’eletto: “Vuoi pregare, senza mai stancarti, Dio onnipo-tente, per il suo popolo santo, ed esercitare in modo irreprensibile il ministero del sommo sacerdozio?” (dal Rito di Ordinazione del Vesco-vo - Interrogazione dell’eletto). In quei momenti intensi di preghiera, al mattino presto e prima di ritirar-mi per il riposo, ho sempre sentito indirizzate a me le parole che Dio rivolse al sacerdote Ezechiele: “‘Fi-glio dell’uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele’. Io aprii la bocca ed egli mi fece man-giare quel rotolo, dicendomi: ‘Figlio dell’uomo, nutrisci il ventre e riem-pi le viscere con questo rotolo che ti porgo’. Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: ‘Figlio dell’uomo, va’, recati dagli Israeliti e riferisci loro le mie parole’ ” (Ez 3, 1-4). In questi anni di episcopato e in tutti i miei cinquant’anni di sacerdozio, per me è stato indispensabile il confronto con questo Libro che contiene quelle Parole “dolci come il miele”. Ho cer-cato sempre di nutrirmi con la Sacra Scrittura, anzitutto per avvertirne il gusto per la mia vita spirituale, per il mio cammino di credente: quante volte anche io ho avvertito quel “re-trogusto amaro” della Parola di Dio, quando essa quasi costringe a rio-rientare il cammino, a ripensare le scelte, a percorrere nuovi itinerari conformando sempre più l’esistenza personale a quel messaggio, prima di tutto rivolto a me, e successiva-mente destinato alla “Casa d’Israe-le”, a quelle comunità alle quali il ministero apostolico mi inviava».

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mensile della Chiesa di Nola

Intervista a Mons. Beniamino Depalma: 25 anni di ministero episcopale

A SERVIZIO DELL’UNITÀdi Alfonso Lanzieri

Il 17 febbraio scorso il nostro vescovo mons. Beniamino

Depalma – per molti semplicemente Padre Beniamino - ha celebrato i suoi 25 anni di ministero episcopale. Presbitero della Congregazione dei Padri della Missione fondata da San Vincenzo de’ Paoli (i Vincenziani), è consacrato vescovo il 26 gennaio 1991. Abbiamo rivolto qualche domanda a Padre Beniamino per raccogliere dalla sua viva voce qualche sprazzo di questi ultimi

25 anni da vescovo al servizio della Chiesa.

Quando le hanno detto che si pensava a lei come vescovo cosa ha pensato? Com’è andata?

Era il 26 novembre del 1990. Il Cardinal Giordano (ex Cardinale di Napoli ndr) mi chiese un incontro, senza specificare di cosa avremmo parlato. Io ipotizzai volesse discutere della formazione dei preti giovani di Napoli, uno dei miei incarichi in

che quel periodo. Invece, una volta arrivato, il Cardinale senza troppi preamboli dichiarò che il Papa pensava a me come vescovo della diocesi Amalfi-Cava. La prima reazione fu di stupore, di meraviglia, e non riuscivo più a parlare, tant’è che ricordo ancora chiaramente queste parole del Cardinal Giordano: “Padre Beniamino, sveglia! Scendi sulla realtà”.

Poi cosa accadde?

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07febbraio 2016

PasTor gregis

Chiesi qualche giorno di riflessione durante i quali mi confrontai col mio padre spirituale. Gli espressi i miei timori: non avevo un’esperienza parrocchiale molto lunga, inoltre non sono un presbitero diocesano ma faccio parte di una congregazione religiosa. Insomma, dovetti chiedermi se fossi stato in grado di svolgere un tale compito e non nego di aver provato un po’ di paura e inquietudine. Quella notizia, del resto, arrivava completamente inaspettata: terminato il mio incarico di Provinciale, poco tempo prima, mai avrei pensato che si presentasse alla possibilità dell’episcopato.

Il mio padre spirituale mi disse:

“in questo momento Dio sta parlando alla tua vita: decidi tu cosa rispondere a Dio che passa. Ricordati però che se Lui fa una proposta e indica un cammino non lascia mai soli”.

Su queste parole decisi di dire il mio “sì”.

Dopo molti anni di episcopato, quali sono per lei le priorità di un vescovo nella sua cura pastorale?

Parlando in base alla mia esperienza, posso dire che mi hanno ben guidato gli insegnamenti di San Vincenzo De’ Paoli. Sul suo esempio dico che è importante anzitutto la cura dei preti, perdere per loro il tempo e il sonno; occorre sempre interrogarsi: cosa posso fare di più per i miei preti? Questa preoccupazione per il clero è fondamentale. La seconda priorità riguarda il laicato: risvegliare i laici affinché non siano meri collaboratori ma corresponsabili. Occorre far sentire ai laici che il mondo è posto nelle loro mani, che Dio a loro ha donato dei talenti da impegnare per la costruzione del Regno di Dio. In ultimo, direi che un vescovo deve sforzarsi di avere un cuore accogliente per tutti e sempre. Questo suppone che egli non sia schiavo delle agende e degli orari, che si mantenga libero dalle strutture e disponibile a incontrare il volto di chi ha bisogno.

A proposito di strutture, orari e agende. Nella vita di un vescovo ci sono anche aspetti noiosi, di cui farebbe a meno?

Beh alcune cose ci sono, inutile negarlo. Ad esempio, gli aspetti burocratici, amministrativi, mi tediano sempre. Eppure so che anche questo compete al mio ruolo, alla mia vita. In una diocesi esistono questioni da affrontare pure a questo livello, cui non ci si può dedicare con leggerezza.

Com’è cambiata la chiesa da quanto lei era giovane prete fino ad ora?

Rispondere esaurientemente sarebbe naturalmente lungo, sottolineo solo qualcosa. Non voglio qui evidenziare gli aspetti negativi: quelli in un certo senso si conoscono, se ne parla

continuamente. Voglio invece mettere in luce il positivo. Dall’immediato dopo Concilio ad oggi mi sembra che la Chiesa sia diventata più umana, più attenta alle persone, alla vita della gente, più sensibile all’ascolto, più attenta al territorio. Lo dico in riferimento soprattutto ai presbiteri e ai vescovi: il Concilio ci ha spinti a stare di più presso il mondo per condividerne gioie, speranze e timori. Del resto questa era la forma della vita di Gesù, il quale non viveva separato dalla gente comune ma anzi percorreva le strade per incontrare gli uomini e le donne del suo tempo. Credo che questo sia una dei frutti più belli del Vaticano II. Poi c’è anche un altro cambiamento, non sempre molto evidente o riconosciuto ma a mio parere assolutamente vero: la serietà formativa dei preti e dei laici. Sotto questo aspetto devo dire che vedo attorno a me una maggiore diffusione di qualità.

A proposito di Chiesa, quanto è difficile servire l’unità?

Non è difficile. È difficilissimo. Siamo tutti malati di individualismo, che in questo tempo sembra essere davvero divenuto il principe di questo mondo. Come si può affrontare tutto ciò? Con la cura dei rapporti. Il vescovo deve avere la capacità di tessere relazioni, senza escludere nessuno, con coraggio, rispetto, delicatezza. Per far questo occorrono tante qualità, ma io ne ricordo soprattutto una: l’umanità. Bisogna curare molto questa dimensione; quando c’è umanità, infatti, si ha la capacità di incontrare l’altro nel profondo.

Una domanda personale: cosa le ha dato la diocesi di Nola?

Nola mi ha arricchito sotto molti aspetti. Tra le tante cose, ricorderei l’ampia prospettiva, il largo respiro che ha saputo darmi rispetto alla diocesi di Amalfi-Cava. Quest’ultima, infatti, pur con i suoi innumerevoli pregi è comunque una realtà più raccolta rispetto a quella nolana, che è certamente più multiforme e complessa vista la sua estensione e la composita realtà ecclesiale e sociale.

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mensile della Chiesa di Nola

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09febbraio 2016

Per la cura della casa comuneVerso la conclusione del quinto anno della Scuola diocesana di formazione alla cittadinanza attiva

In gara con santitàIl torneo diocesano di calcio promosso dagli uffici di Pastorale Vocazionale e Giovanile

Una preziosa ereditàIntitolazione dell’Azione Cattolica di Torre Annzunziata ad Alfonso Monsurrò e Rosa Gentile

In Diocesi

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mensile della Chiesa di Nola

Verso conclusione del quinto anno della Scuola diocesana di formazione alla cittadinanza attiva

PER LA CURA DELLA CASA COMUNEdi Pina Orefice

Il nostro Vescovo, p. Beniamino, ha fortemente voluto che il

cammino formativo proposto dalla Scuola di Formazione alla cittadinanza attiva, iniziato ben cinque anni fa e promosso dall’Ufficio per la Pastorale sociale e Lavoro, giustizia e Pace e Salvaguardia del Creato e l’Azione Cattolica diocesana con la collaborazione dell’Istituto di Scienze Religiose, proseguisse anche quest’anno, nonostante gli impegni sinodali, per offrire al territorio diocesano la possibilità di una formazione continua finalizzata alla crescita di laici sempre più responsabili, competenti e appassionati, capaci di mettersi

in gioco nella propria comunità di appartenenza operando nel sociale e occupandosi di cultura.

«All’inizio di questo evento di grazia - ha detto appunto il vescovo Depalma, nell›omelia della celebrazione di apertura dell›anno sinodale - ho convocato non solo i pastori e le comunità della diocesi, non solo i fratelli delle altre confessioni cristiane con le quali condividiamo la fede e la missione, ma ho chiesto la partecipazione di quanti sono impegnati a vario

titolo nel servizio al territorio. A voi amici amministratori e politici vorrei ricordare che senza Dio costruiamo una città e un territorio disumano, dove

ogni azione diventa inconsistente, senza un fondamento e senza una vera e profonda motivazione, dove la politica rischia di diventare la ricerca del benessere personale o di pochi e non servizio al

bene di tutti, dove chi resta fuori dalla cura sono i più deboli ed emarginati…Vogliamo impegnarci per la stessa missione: la

L’11 marzo, alle ore 19:00, presso il Seminario vescovile di Nola si svolgerà l’incon-tro di chiusura di questo quinto anno. Parteciperà Fausto Bertinotti, già Pre-sidente della Camera dei Deputati, che relazionerà sulla Laudato sì.

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11febbraio 2016

dignità dell’uomo, del nostro stupendo territorio».La Scuola diocesana nasce, infatti, per contribuire all’edificazione di una cittadinanza attiva, educata ai valori della Costituzione italiana e del Magistero sociale della Chiesa, e dotare i partecipanti delle necessarie conoscenze e competenze per comprendere la realtà politica ed economica locale e per poter operare in essa. Il percorso formativo dunque ha come obiettivo quello di far emergere e coltivare la vocazione all’impegno sociale e politico: cittadinanza attiva non significa soltanto partecipare alla vita sociale della propria città, non richiede dilettanti allo sbaraglio in balia del “sentito dire” né “del sempre così si è fatto”, ma cittadini che s’informano e che sono in formazione continua, capaci di operare con competenza e in coscienza sui territori.

L’obiettivo era ed è una

formazione che libera la persona e che la rende protagonista nella propria comunità, lontana da pregiudizi, pressioni e condizionamenti ma anche capace di fare rete, di condividere esperienze per vivere realmente la ‘chiesa in uscita’ attraverso la cura dell’incontro. Ecco perché, dallo scorso anno, gli incontri si sono svolti in più centri: la Scuola poteva essere presente nelle tre zone pastorali ma soprattutto incontrare le questioni cruciali nella diversità dei differenti territorio. Bussola per questo quinto anno di formazione è stata la Laudato sì di papa Francesco, l›enciclica sulla cura della casa comune che, nel richiamare ogni uomo e donna alla responsabilità verso il territorio, l›ambiente e il paesaggio abitati, invita, con forza, ad assumersene la cura insieme, fondando così sulla bellezza delle relazioni umane la possibilità di un mondo migliore.

La scuola dal 2012 al 2016di P.O.

2012: gli incontri, formalmente più accademici (lezioni frontali con cadenza settimanale per un seme-stre), affidati a docenti universitari e dirigenti di enti pubblici, inter-venuti da diverse regioni italiane, hanno riguardato la Costituzione Italiana, il rapporto tra Economia e Politica, gli Enti Locali, la Dottrina sociale della Chiesa. 2013: gli alunni hanno scelto di se-guire una macro area (Lavoro op-pure Ambiente) esaminata sotto vari aspetti, con l’ausilio di docenti universitari, magistrati e ammini-stratori: Costituzione, Enti Locali, Economia, Legalità, Associazioni-smo. La suddivisione in due gruppi ha favorito la conoscenza persona-le degli alunni e una partecipazione più dinamica alla lezione proposta.2014: gli incontri sono diventati zonali (Lauro, Marigliano, Scafati) con un richiamo mensile al corso diocesano per condividere, in as-semblea, quanto ricevuto dai do-centi nei territori di appartenenza. Democrazia, Sviluppo, Cittadinan-za e Legalità sono stati gli argo-menti approfonditi. 2015: gli incontri, sempre zonali, hanno posto l’accento sui temi: Partecipazione, Città e Costituzio-ne, Legalità, Ambiente, Lavoro ed Economia sociale contestualizzati nel dibattito contemporaneo la-sciando ampio respiro non solo alla lezione frontale tenuta dai docen-ti, ma anche all’attività laborato-riale, con la successiva suddivisio-ne in due gruppi: Vedere (analisi del tema) e Agire (eventuali propo-ste da realizzare nei territori).2015-2016: la prima parte del per-corso formativo ha visto protagoni-sta la dottrina sociale della Chie-sa e il suo confronto con temi di etica socio-ambientale, familiare ed economica. Al corso di dottrina sociale è seguita la seconda parte, più dinamica, con il primo modulo di incontri territoriali: tre appun-tamenti in Avvento, a Nola, a Spe-rone e a Boscoreale hanno messo in evidenza alcuni temi d’interesse quali Acqua Bene Comune, i Tra-sporti Pubblici, la Partecipazione esercizio di democrazia. Gli ulti-mi tre incontri, previsti nel perio-do quaresimale, hanno affrontato temi quali Rifiuti e inquinamento ambientale, Legalità e immigrazio-ne, Bilancio partecipato.

in Diocesi

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febbraio 201612

mensile della Chiesa di Nola

Un pallone, un campo da calcio e una dose sconfinata

di entusiasmo. Passa attraverso questi elementi, semplici e intramontabili allo stesso tempo, una nuova iniziativa rivolta ai giovani del nostro territorio. Sabato 23 gennaio 2016, presso il Seminario vescovile di Nola, si è svolta infatti la cerimonia di apertura della “San Paolino’s Cup”, il torneo diocesano di calcetto che vede coinvolte 19 squadre delle scuole superiori e 10 delle medie inferiori. Si tratta di un progetto nato dalla collaborazione tra gli uffici di Pastorale Vocazionale e Pastorale Giovanile e rivolto ai gruppi di adolescenti che abitano le parrocchie e gli oratori, che partecipano ai cammini formativi di associazioni e movimenti ecclesiali, ma che, proprio attraverso la loro vitalità, desidera aprirsi a quelli che ordinariamente chiamiamo i “lontani”, a tutti quei ragazzi cioè che non frequentano i nostri ambienti parrocchiali, o

semplicemente ne rimangono ai margini.

Si tratta di giovani che hanno le potenzialità per diventare linfa per le nostre parrocchie e per la nostra Chiesa diocesana, e che tuttavia risultano spesso difficili da intercettare attraverso altri tipi di iniziative. La proposta della “San Paolino’s Cup” vuole essere il tentativo di cercare linguaggi e stili più vicini al mondo giovanile, per coniugare la voglia delle nuove generazioni di divertirsi ed essere protagonisti, di stare insieme in maniera spontanea e informale, con delle reali e concrete occasioni di crescita umana e spirituale.

Il progetto intende puntare su un approccio trasversale volto a coniugare la dimensione sportiva con un percorso di evangelizzazione e di annuncio che, pur scegliendo una veste dinamica, agevole ed esperienziale, non abdicherà al desiderio di comunicare la bellezza della fede cristiana. In effetti, ai già significativi

elementi educativi veicolati dall’esperienza del calcio e dello sport in genere, che andranno puntualmente valorizzati ed esplicitati, per depurarli dalle eventuali distorsioni, si affiancheranno momenti di riflessione, testimonianza e preghiera. Prima delle partite, i partecipanti avranno l’occasione di riflettere sui valori universali che il calcio, e lo sport in genere, possono veicolare: l’amicizia, la lealtà, il rispetto reciproco, il dialogo, l’accoglienza, la fiducia nell’altro, la condivisione.

A questa articolazione essenziale della proposta si affiancano una serie di elementi collaterali che rappresentano ulteriori possibilità per coinvolgere i giovani, dando loro l’occasione per raccogliersi intorno ad un’esperienza condivisa, anche da chi non scenderà in campo da protagonista. Ad ogni squadra, infatti, è stato chiesto di curare l’immagine della propria compagine, scegliendo un nome, inventando un motto e disegnando uno stemma che la rappresenti. Ci sarà spazio quindi per gli accompagnatori, i coach e le tifoserie, per chi volesse raccontare le gesta sportive dei propri compagni con articoli, foto, video o telecronache.

Nel primo momento, a fine gennaio, sono stati sorteggiati i gironi che vedranno sfidarsi, su due campi di gioco (quello del Seminario Vescovile e quello della Parrocchia Maria SS. Della Stella in Nola), le squadre in gara a partire da domenica 3 aprile. In seminario erano presenti oltre 200 giovani che si sono già sfidati a suon di kick-off, i calci di rigore in movimento, che hanno regalato alle squadre migliori i primi punti del girone eliminatorio.

Per molti l’obiettivo è di arrivare alle finali del 5 giugno e alzare la coppa; per tutti c’è la voglia di divertirsi, conoscersi e scatenare la gioia. E allora… buon torneo a tutti!

Il torneo diocesano di calcio promosso dagli uffici di Pastorale Vocazionale e Giovanile

IN GARA CON SANTITÀdi Umberto Guerriero

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13febbraio 2016

in DiocesiIntitolazione dell’Azione Cattolica di Torre Annunziata ad Alfonso Monsurrò e Rosa Gentile

UNA PREZIOSA EREDITÀdi Giuseppe Trerè

Domenica 7 febbraio si è te-nuta presso la parrocchia di

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori un’importante evento: l’asso-ciazione parrocchiale di Azione Cattolica è stata intitolata al Professor Alfonso Monsurrò e alla Signorina Rosa Gentile: d’ora in avanti si chiamerà “Azione Cat-tolica – Monsurrò-Gentile”. Con grande soddisfazione – e un pizzi-co di commozione che nessuno ha voluto nascondere – almeno tre generazioni si sono ritrovate per l’importante appuntamento che ha voluto suggellare l’eredità di due grandi testimoni di impegno laicale nella chiesa e nella soci-età.

Soci di Azione Cattolica prati-camente per tutta la vita, han-no entrambi ricoperto rilevanti incarichi a livello parrocchiale e diocesano e, insieme, sono state figure significative nella storia della loro città, Torre Annunzia-ta, impegnandosi nel mondo del-la scuola e anche in quello della politica. La disponibilità, l’affa-bilità, la competenza e l’auten-ticità dell’esperienza di fede, hanno fatto del Professore e Ro-setta – così li chiamavano tut-ti - due punti di riferimento es-senziali cui l’Azione Cattolica di

Sant’Alfonso da adesso in avanti guarderà con ancor più radica-ta gratitudine. La cerimonia di intitolazione ha avuto come suo fulcro la celebrazione eucaris-tica, presieduta dal vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma, e concelebrata dal parroco Don Franco Gallo e mons. Raffaele Russo, rettore della oplontina Ba-silica della Madonna della Neve.

Al termine della messa, poi, varie voci e testimonianze si sono succedute per raccontare la fig-ura di questi due straordinarie figure laicali. Alfonso De Simone, nipote del Professore e di Roset-ta, ha ringraziato tutti, a nome

della famiglia, per l’idea dell’in-titolazione. L’attuale presiden-te diocesano di Azione Cattolica Marco Iasevoli, ha ricordato un gustoso e significativo aneddoto: «nel giorno del mio diciottesimo compleanno mi trovavo ad un Consiglio diocesano di Azione Cat-tolica – ha raccontato – e Rosetta venne a sapere che compivo gli anni. Aprì la sua borsa e mi mise tra le mani “Il Personalismo”, il famoso libro del filosofo francese Mounier. Era forse la prima vol-ta che in Azione Cattolica qual-cuno invece di darmi qualcosa da fare mi dava qualcosa da leggere. Non abbiamo paura di usare per il Professore e Rosetta la parola “santità”: sono stati due testimo-ni di santità laicale». Il parroco Don Franco Gallo ha tra le altre cose sottolineato come Alfonso Monsurrò e Rosa Gentile non sia-no stati dei semplici collaboratori ma dei «veri e propri correspons-abili nell’azione pastorale della parrocchia».

L’intitolazione non ha voluto essere un mero atto di ringrazia-mento formale, bensì l’inizio di un compito per tutta la comunità parrocchiale di Sant’Alfonso: rac-cogliere la fulgida eredità conseg-nata dal Professore e da Rosetta e continuare a farla fruttificare per le prossime generazioni.

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febbraio 201614

mensile della Chiesa di Nola

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15febbraio 2016

L’amore oltre la morteLe relazioni umane, tra affetto per l’altro ed egoismo, protagoniste dell’ultimo film di Tornatore

Il nome di Dio è misericordiaPapa Francesco e la carta di identità di Dio nel libro-intervista di Andrea Tornielli

II tappa: il comune di MariglianoViaggio tra le bellezze diocesane

In Rubrica

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febbraio 201616

mensile della Chiesa di Nola

Le relazioni umane, tra affetto per l’altro ed egoismo, protagoniste dell’ultimo film di Tornatore

L’AMORE OLTRE LA MORTEdi Ilaria Pizza

La corrispondenza è l’evocativo titolo, che rimanda al ricordo di

lunghe lettere scritte a mano su car-ta, all’attesa paziente di una rispo-sta, scelto dal Giuseppe Tornatore per la sua ultima pellicola. Se as-sociata all’amore, poi, la corrispon-denza fa pensare alla forma più com-plessa di relazione affettiva, ovvero all’amore a distanza. Una distanza che in passato era fatta di tempo e di spazio, ma che oggi, grazie alla tecnologia, riesce ad annullarsi in una comunicazione quasi immediata tra individui lontani migliaia di chi-lometri l’uno dall’altro.

Il regista è consapevole di ciò, sa che nell’era digitale i mezzi di con-nessione sono sempre più sofisticati e generosi verso chi non è vicino, tanto che in questo suo ultimo la-voro sembrerebbe quasi voler asser-

vire la tecnologia all’amore, se non fosse che finisce con lo svelarne an-che il lato oscuro.

Di sicuro, nel film, la tecnologia diviene artefice indiretta del rac-conto, poiché rende possibile l’evol-versi di una vicenda, che altrimenti resterebbe incompiuta. Difatti, la pellicola inizia nel momento dell’ul-timo incontro tra i due protagonisti, destinati a rimanere separati per il seguito della narrazione. Lui (Je-remy Irons), maturo professore di astrofisica, sebbene ufficialmente dichiarato defunto, continua a co-municare con la sua giovane allieva e amante (Olga Kurylenko) attraver-so sms, video, filmati, a cui si af-fiancano i più tradizionali messaggi cartacei. La ragazza, già tormentata da un’antica colpa legata ad una tra-gedia familiare, viene così coinvol-

ta, suo malgrado, in una travolgente caccia al tesoro sulle orme postume dell’amato.

A questo punto il film si apre ad una duplice lettura. Da un lato, sconvolge la tenerezza di un amore che attraversa le generazioni, supe-ra i limiti delle convenzioni sociali, dello spazio e del tempo, per cri-stallizzarsi nel rimpianto di non es-sersi conosciuti prima. Dall’altro, si insinua nello spettatore il sospetto che i messaggi del professore, che continuano a riempire le giornate della ragazza, le stiano inconsape-volmente facendo del male, impe-dendole di accettarne la scomparsa e di rassegnarsi all’assenza fisica. La giovane donna si trova costante-mente alle prese con un simulacro virtuale dell’immagine dell’amato, al contempo privata del calore del suo abbraccio.

In tal modo, sulle note della mu-sica di Ennio Morricone, Tornatore realizza una triste metafora cosmi-ca: il professore, servendosi della tecnologia e di alcuni complici, con-tinua ad essere presente nella vita della donna nonostante la sua dipar-tita, proprio come dalla terra conti-nuano ad essere visibili stelle ormai spente da tempo.

Quella che potrebbe apparire la grande prova d’amore di un uomo innamorato, incapace di rassegnarsi alla morte, rischia di rivelarsi, inve-ce, una condanna spietata e terribi-le, che lega lei ad un ricordo privo di rassegnazione, incapace di sbiadire nella memoria, costantemente rin-verdito da escamotage artificiali. Su uno scenario dai colori freddi, dove non splende mai il sole, si staglia l’assenza fisica dell’amore e tutto il dolore che essa comporta.

Ne La corrispondenza, in realtà, manca l’unica cosa che rende sop-portabile l’amore a distanza: la spe-ranza che prima o poi si potrà strin-gere nuovamente chi si ama.

Senza alcun dubbio, Tornatore realizza un film non facile, ma che andrebbe visto, perché aiuta a ri-flettere sul fragile equilibrio nelle relazioni umane tra l’affetto per al-tro e l’egoismo di saperlo nostro.

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17febbraio 2016

Papa Francesco e la carta di identità di Dio nel libro-intervista di Andrea Tornielli

IL NOME DI DIO È MISERICORDIAdi Pasquale Violante

“Misericordia è l’atteggiamento divino che abbraccia, è il

donarsi di Dio che accoglie, che si piega a perdonare. Gesù ha detto di non essere venuto per i giusti, ma per i peccatori. Per questo si può dire che la misericordia è la carta d’identità del nostro Dio”.

Così Papa Francesco ha rispo-sto alla domanda “Cos’è la mi-sericordia?” rivoltagli dal vati-canista Andrea Tornielli durante una conversazione sul tema che ha portato alla pubblicazione del libro-intervista Il nome di Dio è Misericordia, testo che aiuta a capire perché Francesco abbia fatto della Misericordia il cuore del Giubileo che stiamo vivendo e il motore della Chiesa.

Una scelta che ha scosso e scuo-te. Infatti, come ha scritto Enzo Bianchi, “dobbiamo confessare che ancora oggi ciò che di Gesù più scandalizza è la misericordia. Per questo, in tutta la storia del-la Chiesa, la misericordia è stata poco esercitata. Quasi sempre è apparso più attestato il ministero di condanna piuttosto che quello della misericordia”. Invece gra-zie al Giubileo della Misericordia voluto da papa Francesco, possia-mo dire che “Al giorno d’oggi la Sposa di Cristo preferisce far uso della medicina della misericordia piuttosto che della severità: essa ritiene di venire incontro ai biso-gni di oggi mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che con la condanna” (Giovanni XXIII, Discorso di apertura del Concilio Vaticano II, 11/10/1962).

Infatti secondo l’attore Rober-to Benigni - intervenuto alla pre-sentazione del libro di Tornielli lo scorso 12 gennaio - Francesco sta “traghettando tutta la chiesa ver-so un luogo del quale c’eravamo quasi dimenticati, la sta tirando verso il cristianesimo, verso Gesù Cristo. E come lo fa? Lo fa attra-

verso la misericordia. E la mise-ricordia di Francesco non è una visione accondiscendente o buo-nista della vita. No! È una virtù severa”. Come ha ben compreso Benigni, c’è il rischio di travisare il significato della misericordia, pensando che poiché “Il Signore mi perdona sempre”, sia possibile salvarsi senza un comportamento conforme alla Sua volontà.

Infatti qualcuno è arrivato a scrivere che Francesco “annuncia un Dio che perdona tutto e sem-pre a prescindere e a priori, co-sicché tutti si trovano giustificati nel loro modo di vivere senza bi-sogno di pentimento e di conver-sione” (Antonio Socci, in “Il Dio di Bergoglio e quello dei cristia-ni”, Libero del 10/01/2016). Nel suo libro Francesco ci fa capire quanto sia falso questo giudizio. Egli ha infatti affermato che “la Chiesa condanna il peccato per-ché deve dire la verità: questo è un peccato. Ma allo stesso tem-po abbraccia il peccatore che

si riconosce tale, gli parla della misericordia infinita di Dio”. Alla domanda “Ci può essere miseri-cordia senza il riconoscimento del proprio peccato?”, Francesco ha risposto “La misericordia c’è, ma se tu non vuoi riceverla… Se non ti riconosci peccatore vuol dire che non la vuoi ricevere”. “La guarigione c’è, se soltanto muoviamo un piccolo passo verso Dio o abbiamo almeno il desiderio di muoverlo.

Basta un minimo spiraglio, ba-sta prendere sul serio la propria condizione”.

Quindi non può esserci alcuna salvezza a buon mercato, a pre-scindere dal riconoscimento del proprio peccato. Il Signore ci dia la grazia di attendere alla nostra salvezza confidando sia nella mi-sericordia divina, che nella nostra conversione, tenendo presente le parole di S. Agostino: “Non dispe-rare: uno dei due ladroni fu sal-vato. Non ti illudere: uno dei due ladroni fu dannato”.

in rubrica

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febbraio 201618

mensile della Chiesa di Nola

Viaggio tra le bellezze diocesane

II TAPPA: IL COMUNE DI MARIGLIANOdi Rosario La Marca

Marigliano dista 27 km dalla città di Napoli. Le sue origini

sono oggetto di vari studi e tesi: la città ha visto infatti passare molti popoli nel suo territorio a cominciare da etruschi e sann-iti come testimoniano tombe e vasellame rinvenuti.

Ma è con l’arrivo dei romani che assistiamo ad uno sviluppo: l’origine del toponimo di Marigli-ano deriva infatti dalla gens ma-ria o mariana forse stabilitasi in zona dopo la concessione di terre da parte del console Claudio Mar-cello nel 216 a.c.. Dopo la caduta dell’impero romano il territorio è stato amministrato dai bizantini, i normanni, gli svevi, gli angioini, gli aragonesi. Sarà proprio un re aragonese, Ferdinando, a vende-

re il feudo per circa 6.000 duca-ti al Regio Consigliere Alberico Carafa, che ottenne nel 1482 il titolo di conte. Ai Carafa suben-trarono prima Gonzaga di Molfet-ta, poi, dopo una nuova parentesi dei Carafa, i Mastrilli che tennero Marigliano fino al 1806. Nel 1896, arrivò il titolo di Città.

Il patrimonio artistico è cospic-uo: fino agli inizi dell’800 era ad-dirittura ancora presente la cinta muraria con le sue porte d’in-gresso alla città. Vanto del pa-trimonio religioso sono la chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie e il convento francescano San Vito. Le origini della prima sono attestate a partire dall’an-no 1000 ma è nel 1497 che essa riceverà una prima serie di lavori

che porteranno all’acquisizione del titolo di collegiata. Nel 1600 poi, sotto i Mastrilli, viene nuova-mente modificata, secondo il gus-to dell’epoca quello barocco, con il contributo di importanti artisti quali Domenico Antonio Vaccaro e Ludovico Mazzanti che arric-chiscono la chiesa di dipinti e di opere strutturali come la cupo-la sul transetto. Singolare anche il campanile eretto alla fine del 1400 interamente di tufo e alto circa 40,3 m. Dalla parte sinis-tra del transetto si accede inol-tre alla chiesa dell’ Annunziata con abside di origine tardo gotica trittico risalente alla fin del 1400, del pittore napoletano Angiolillo Arcuccio, situato sull’altare mag-giore.

Il castello ducale

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19febbraio 2016

in rubricaIl Complesso monastico fran-

cescano di San Vito fu costruito invece nel 1497, sotto i Carafa, su una preesistente chiesa dedi-cata a San Vito. La struttura ha subito vari rifacimenti nei secoli successivi con l’aggiunta del cam-panile nel 1565, poi della cupola nel 1609. La chiesa si presenta ad aula unica con varie tele alcune appartenenti alla scuola di Fran-cesco de Mura altre a Decio Tra-montano.

Da ricordare anche: la chiesa della Santissima trinità o di san Biagio che si trova nell’omonima via, le cui origini sono già attes-tate nel 1500 come chiesa patro-nale della famiglia De Ruggiero: ad aula unica si presenta con una facciata barocca; la Chiesa di San Lazzaro in Corso Vittorio Emanu-ele edificata nel 1600: ad una sola navata con transetto sormontato da cupola e abside quadrato, al suo interno si possono ammira-re una statua di San Lazzaro del 1600, una Pietà del pittore Decio Tramontano del 1599, affreschi di Angello Mozzillo (1700); la chie-sa di San Giovanni, nella frazione di Faibano che ha antiche origi-ni, al suo interno è presente un altare dedicato alla Madonna del Carmine degli inizi del 1600; la chiesa di San Marcellino e quella di Santa Caterina d’Alessandria nella frazione di Lausdomini; la Chiesa della Madonna Pontecitra, nell’omonima frazione, attestata fin dal 1300.

Da vedere anche: l’Ospitale della Santissima Annunziata, ri-salente al 1299 e che ha svolto le sue funzioni fino al 1900; Pala-zzo de Verna risalente al 1300; palazzo De Ruggiero con pozzo del 1500; Palazzo d’Alessandro con portone a bugnato e stucchi pregevoli; Palazzo Nicotera, del 1700; il Castello o Palazzo Du-cale situato al centro della cit-tà, nato in periodo normanno ma sottoposto nel tempo a numerosi interventi che lo hanno trasfor-mato da struttura gentilizia in dimora difensiva. Alla prima des-tinazione rimandano le torri e il fossato, mentre le logge e le fin-estre rifinite testimoniano il cam-biamento d’uso dell’edificio.

Il convento di S. Vito

Il chiostro del convento di S. Vito

S. RoccoLa chiesa di S. Maria delle Grazie

Il municipio

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febbraio 201620

mensile della Chiesa di Nola

Raccontiamoci RaccontandoUtilizzando i Social Network e prendendo spunto da una campagna di sensibilizzazione indetta dalla Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap ho lanciato l’iniziativa Raccontiamoci Raccontando. L’intento è promuovere il confronto con la disabilità, vissuta direttamente o indirettamen-te, così da contribuire alla conoscenza di vite straordinarie chiamate purtroppo a superare barriere generate non dalle malattie ma dalla cecità della società.

Pertanto, invito tutti coloro che hanno qualcosa da raccontare relativamente alla propria disabilità, ad inviare testi, prosa, poesie, aforismi, vignette, testi musicali e quant’altro sia ritenuto opportuno comunicare all’indirizzo email [email protected] entro il 20 marzo!!!

Tutto ciò che sarà inviato contribuirà alla realizzazione di un video di sensibilizzazione su Youtube, e anche ad un evento di cultura e di solidarietà.

Maria Rosaria Ricci

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21febbraio 2016

DIOCESI DI NOLA

ESERCIZIO FINANZIARIO ANNO 2014

ESIGENZE DI CULTO E PASTORALE E INTERVENTI CARITATIVI

PUBBLICAZIONE DELLE EROGAZIONI DEI FONDI DELL’OTTO PER MILLE ESERCIZIO 2014.

Alla Diocesi di Nola le somme assegnate dalla CEI, derivanti dall’otto per mille dell’IRPEF e accreditate nell’agosto del 2014 sui conti correnti intestati alla stessa Diocesi per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi, sono state 1.752.452,70 di euro. A queste vanno ag-giunti 32,49 euro di interessi maturati nell’anno.Ascoltati il Collegio dei Consultori e il Consiglio Diocesano per gli Affari Economici, come pu-re il Direttore della Caritas Diocesana unitamente al Responsabile Diocesano per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica, e tenuto presenti le finalità dell’otto per mille sia per il culto e la pastorale che per gli interventi caritativi, si è provveduto a individuare le maggiori esigenze della Diocesi e delle Parrocchie per una adeguata assegnazione ed erogazione delle somme a partire da settembre 2014 per arrivare a giugno 2015.Il lettore potrà facilmente individuare cinque punti principali che hanno richiesto maggiore impegno eco-nomico.• Parrocchie le cui chiese sono state costruite ex novo o interamente ristrutturate, o che hanno fatto domanda di contributi per lavori non previsti e che richiedevano una certa urgenza.• Seminario diocesano, Seminari Maggiori e Collegi romani per sacerdoti studenti.• Istituto Vescovile Paritario.• Caritas Diocesana.• Esigenze della Curia Diocesana.Sia il Seminario che l’Istituto Vescovile Paritario presentano un bilancio proprio, così pure la Caritas Dioc-esana e la Curia Vescovile. I bilanci con i relativi dettagli dicono, spesse volte, la diffi-coltà a far fronte alle molteplici esigenze al fine di rendere un servizio adeguato alla vita della Diocesi.La pubblicazione delle erogazioni dei fondi vuole servire alla legittima richiesta di trasparen-za della ges-tione dell’otto per mille e anche a una maggiore sensibilizzazione della comunità. Il si-stema dell’otto per mille è una delle forme di sostegno economico, accanto ad esso resta sempre valido quello della personale e comunitaria sensibilità a contribuire anche economicamente alla vita della Chiesa.

L’ Economo diocesanodon Giovanni De Riggi

esercizio Finanziario 2014

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febbraio 201622

mensile della Chiesa di Nola

1. RESTAURO EDIFICI DI CULTO 348.950,00

a. Parrocchia Maria SS. Immacolata in Piazzolla di Nola 216.452,75b. Parrocchia SS. Apostoli in Baiano 132.497,25

2. ATTIVITA’ PASTORALI 14.223,22a. Convegno Diocesano 18 e 23 settembre 2014 7.381,00b. Esercizi spirituali per il clero: novembre 2014 2.200,00c. Prof. Cacciari per incontro del 06.10.2014 2.287,00d. Padre Lombardi incontro del 09.02.2015 500,00e. Prof. Garelli incontro del 10.02.2015 500,00f. Prof. Becchetti incontro del 13.01.2015 500,00g. Riparazione audio della Cattedrale 855,22

3. ESIGENZE CURIA DIOCESANA 302.031,09a. Bilancio proprio

4. MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE A FINALITA’ PASTORALE

29.794,02

a. Stampati vari da settembre 2013 a settembre 2014 15.427,36b. Stampa mensile Diocesano “In Dialogo” settembre 2013 / giu-

gno 2014 14.366,66

5. ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE 25.000,00

6. BIBLIOTECA DIOCESANA SAN PAOLINO 40.000,00

7. SEMINARIO DIOCESANO 200.000,00a. Bilancio proprio

8. SEMINARISTI E SACERDOTI STUDENTI 94.299,30a. Pontificia Università Lateranense 1.800,00b. Seminario di Posillipo: saldo anno 2013/2014 26.156,70c. Seminario di Posillipo: acconto anno 2014/2015 29.500,00d. Collegio Capranica: saldo anno 2013/2014 7.951,15e. Collegio Capranica: acconto anno 2014/2015 4.869,45f. Collegio Leoniano: saldo anno 2013/2014 4.840,00g. Collegio Leoniano: anno 2013/2014 6.210,00h. Seminario Capodimonte: saldo anno 2013/2014 7.452,00i. Seminario Capodimonte: anno 2014/2015 5.000,00j. Tasse Università di Napoli 520,00

Page 23: Pastor Gregis

23febbraio 2016

9. ISTITUTO VESCOVILE PARITARIO 400.000,00

a. Bilancio proprio

10. CARITAS DIOCESANA 194.000,00

a. Bilancio proprio

11. EROGAZIONI A PARROCCHIE 83.543,88

a. SS. Vergine del Suffragio in Marra di Boscoreale 5.000,00b. SS. Margherita e Potito in Lauro 7.000,00c. Maria SS. Immacolata - Ponte di Ferro in Pomigliano d’Ar-

co 5.000,00

d. San Gennaro in San Gennarello di Ottaviano 15.000,00

e. San Francesco d’Assisi in San Giuseppe Vesuviano 4.000,00

f. S. Paolo Eremita in San Paolo Belsito 5.000,00g. S. Maria di Costantinopoli in Pago di Lauro 4.800,00h. Maria SS. del Carmine in Terzigno 5.000,00i. Mater Dei in Palma Campania 3.500,00j. S. Maria di Costantinopoli in Somma Vesuviana 20.582,75

k. S. Maria delle Grazie in Quindici per la chiesa di Beato 6.358,25

l. S. Michele Arcangelo in Schiava di Tufino 2.302,88

12. EROGAZIONI VARIE 19.921,99

a. Per la carità del Vescovo 5.000,00b. All’Azione Cattolica Diocesana 2.500,00c. Per la Pastorale Giovanile 2.500,00d. Contributo 9.921,99

13. CONTRIBUTO PER LA PROMOZIONEE SOSTEGNO ECONOMICO

500,00

14. SPESE BANCARIE 221,69

a. Conto Corrente per culto e pastorale 120,25b. Conto Corrente per interventi caritativi 101,44

TOTALE …………………………………………………………… 1.752.485,19

esercizio Finanziario 2014

Page 24: Pastor Gregis

PENSIERI NELLA NOTTEQuando tutto è buio,

mentre la luna mi guarda in silenzioe le stelle seppur assonnate, mi stanno a fissare,

mute, quasi a spiare la mia malinconia,è rassicurante dare uno sguardo

alla cupola della Cattedraleche si impone all’orizzonte lontano.Là il Pastore palpita per il suo gregge,

il Suo vincastro tiene forte nella mano;intanto che guida i passi per i sentieri più ripidi,

addita rifugi per il ristoro dell’anima,mai perdendo d’occhio le sue creature.

Protegge dalla pioggia, ripara dalla calura, scuote con la sapienza del cuore,

conforta con il calore del Sole.Tutto diventa Luce,

il cielo nella notte appare un incanto, si accende di un nuovo bagliore,e la Speranza di pascoli erbosi

riprende il suo vigore.

Fortuna Dubbioso