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PERCORSO CONCETTUALE EVENTOUR 2 GIUGNO ● FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA 2018
Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018
PROGETTO di Maddalena Laura Maria Brunasti © 2018
INDICE
INTRODUZIONE
STUDIO PRELIMINARE pianificazione dell’evento / 2 GIUGNO
STUDIO PREPARATORIO
progettazione del percorso / ITINERARIO GEO-STORICO
IL TERRITORIO
la pianura vercellese-alessandrina, da terre d’acqua a “terre di risaia”
EX-CURSUS STORIOGRAFICO
il Monferrato, da lande desolate a campagna
IL CAVALIERE E LA REGINA-SANTA
generatori di progresso agricolo e cultura rinascimentale
LE GIORNATE
il parametro locale per la misurazione del tempo e dei terreni
LE GRANGE
l’architettura del paesaggio rurale territoriale
I CANALI
la costruzione dei campi, dalla bonifica all’irrigazione artificiale dei terreni
LE TESTIMONIANZE
strumenti di lavoro e mappe geo-storiche e antropologiche del territorio
IL GENIUS LOCI
mappe concettuali ( strumenti cognitivi, informativi e operativi )
8 MARZO
il mondo del ‘900 nell’inno delle mondine e nel film Riso Amaro
2 GIUGNO
mille anni di storia italiana nelle biografie di Aleramo a Mario Maratelli
MATERIALI
DOCUMENTALI ~ BIBLIOGRAFICI ~ ICONOGRAFICI ~ AUDIOVISIVI
PERCORSO CONCETTUALE EVENTOUR 2 GIUGNO ● FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA 2018
Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018
INTRODUZIONE
Un programma evenTour consiste in una serie di attività culturali e turistiche
congruenti, perciò pianificate congiuntamente o in successione consequenziale.
Il primo organizzato in Monferrato propone un INCONTRO CONVIVIALE “nella cornice” della
mostra TAVOLE A TAVOLA, in esposizione all’art-hotel LOCANDA DELL’ARTE di Solonghello,
un antico borgo tipico del territorio rurale compreso nel sito seriale UNESCO Paesaggi
Vitivinicoli, e un’ESCURSIONE in aree individuate nella Custodia di San Germano V.se e
nei pressi del mulino museale a Fontanetto Po per osservare risaie e canali di irrigazione
usando come mappe alcuni documenti d’epoca: le testimonianze (registri) compilate
dagli acquaioli negli ultimi decenni dell’Ottocento e primi del Novecento e la biografia di
Mario Maratelli, un agricoltore di Asigliano Vercellese vissuto dal 1879 al 1955.
Rivolto al pubblico, anche di turisti a cui può venire offerto in un “pacchetto”, il format è
stato accuratamente progettato con studio del percorso concettuale delineato da contenuti
e finalità delle attività in programma: trascorrere momenti di svago e socializzazione nelle
modalità tipiche delle locali tradizioni comunitarie di produzione, trasformazione e
consumo del cibo, e sperimentare l’esplorazione del territorio rurale con utilizzo di
documenti d’epoca e testi storiografici come mappe di orientamento e con cui rilevare le
specificità geografico-biologiche dei patrimoni ambientali e individuare le particolarità
storico-biografiche dei beni archeologici ed etnografici.
Organizzate per dare ad abitanti del luogo e turisti in soggiorno nella località opportunità
di osservare la realtà territoriale da un prospettiva “integrale”, che permette di
coglierne e comprenderne quanti più aspetti possibile (geografici, ecologici, storici,
antropologici, archetipici, culturali, sociali, economici,…), le attività sono state approntate
predisponendo apposite mappe concettuali - strumenti cognitivi, didattici e operativi
che permettono ai partecipanti di elaborare e condividere le esperienze prima, durante e
dopo l’esplorazione e l’incontro conviviale. Grazie alla collaborazione di Nova Coop, che ha
generosamente fornito allo scopo 40 stampe edite dal gruppo, a ciascuno verrà consegnata
una copia della Costituzione Italiana. Infatti, dai materiali storiografici e bibliografici,
iconografici e audiovisivi raccolti con la ricerca preliminare ed elaborati nello studio
condotto per lo sviluppo del progetto risaltano evidenti l’importanza e il valore del lavoro
svolto nel “mondo del riso” da generazioni di contadini, braccianti, artigiani e operai,
imprenditori, tecnici, artisti… protagonisti dell’iniziativa che è stata pianificata a svolgersi
nella data di sabato 2 GIUGNO 2018, giornata il cui la festività nazionale coincide con
l’Anno Europeo dei Patrimoni Culturali e l’Anno del Cibo Italiano, per realizzarsi come
celebrativa della Festa della Repubblica italiana “nello spirito” della sua Costituzione.
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Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018
In tanti anni, nel 2018 esattamente 70 dal 1948, il 2 GIUGNO è una festività civile che,
sebbene la principale della nazione, non è sentita e vissuta con trasporto emotivo da tutti
gli italiani. La maggior parte dei cittadini trascorre la giornata come una vacanza, di riposo
dal lavoro e come occasione per fare una gita “fuori porta”, in particolare “andare al mare”,
consuetudine diventata proverbiale in riferimento al comportamento di chi non esercita i
diritti di cittadinanza oppure diserta le urne proprio per annullare l’esito di un’elezione o
un referendum. Ciò avviene per molte ragioni, molte contingenti e alcune storiche, che
trascinano nel presente criticità non risolte nel passato, tra cui la “spaccatura” politica
rispecchiata nell’esito delle votazioni del 1946 e la forma, perciò sostanza, della
celebrazione ufficiale per la festa nazionale della Repubblica come una parata militare, una
manifestazione palesemente rappresentativa del patriottismo che infervora nazionalismi e
totalitarismi e non della coscienza collettiva che anima la "Repubblica democratica fondata
sul lavoro" (Art. 1), come nel 1976 ha evidenziato Lelio Basso - un estensore della
Costituzione italiana, in particolare autore dell'Art. 3 - auspicando che la sfilata del 2
GIUGNO fosse invece «composta da tutte le forze del lavoro che hanno edificato questa
nazione con la loro fatica, con le loro tasse, con i loro sacrifici, con le loro sofferenze».
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La prima celebrazione ufficiale della Festa della Repubblica italiana si svolse a Roma nel
1948, dopo che il 1° gennaio dello stesso anno era entrata in vigore la Costituzione e nella
seconda ricorrenza del 2 giugno 1946, prima giornata di due - una domenica e il lunedì
successivo - in cui gli italiani andarono a votare e lo stato venne proclamato una
repubblica. Dopo la seconda guerra mondiale, in Italia conclusa il 25 aprile 1945 con la
Liberazione dall'occupazione nazista e dalla dittatura fascista, il popolo venne chiamato
alle urne per eleggere i propri rappresentati all'Assemblea Costituente e, con il
referendum, scegliere il tipo di ordinamento istituzionale della nazione esprimendo la
propria preferenza tra monarchia oppure repubblica.
Su circa 30 milioni di votanti, oltre 12 scelsero e affermarono la repubblica, mentre più di
10 confermarono la monarchia e quasi 8 si astennero, lasciando segno di dubbi e timori,
perplessità e indifferenza sulla decisione. Inequivocabile, ma non plebiscitario, l'esito
elettorale rifletteva la "spaccatura" dell’opinione pubblica, un divario documentato anche
dalla diffusione di una falsa notizia - fake-news - divulgata dal quotidiano torinese, e filo-
sabaudo, che in prima pagina annunciò il risultato "ribaltando" i numeri a favore dei
Savoia e la vittoria del re italiano come un successo accolto con compiacimento dal
presidente degli Stati Uniti d'America, cioè del paese che nello scenario internazionale
post-bellico si era imposto come la maggiore potenza mondiale e del XX secolo.
Emersa durante la grande guerra del '14-18, dal Regno d'Italia combattuta come ultima
battaglia risorgimentale, la forza economica e militare statunitense aveva predominato nel
conflitto globale del '39-45, in particolare sul fronte italiano, dove gli scontri erano stati
intensi, cruenti e devastanti. Nel drammatico e caotico periodo tra l'8 settembre 1943 e il
25 aprile 1945 la dinastia sabauda aveva perso autorevolezza e, nonostante gran parte della
popolazione gli fosse rimasta fedele, il referendum del 1946 ne decretò il decadimento.
Anche spinta dall'entusiasmo per la sconfitta delle egemonie del Vecchio Mondo, la
maggioranza degli italiani il 2 GIUGNO 1946 guardava alla nazione statunitense come un
modello, "il" modello di prima repubblica democratica d'epoca moderna e contemporanea.
Infatti, come negli Stati Uniti d'America la ricorrenza del 4 LUGLIO è commemorativa
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dell'indipendenza nazionale, proclamata nel 1776 con la Dichiarazione sottoscritta dai
rappresentanti degli stati, da allora ex colonie inglesi, sancendo per la prima volta nella
storia che «tutti gli uomini sono creati eguali (...) dotati di certi inalienabili diritti (...) la
Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità», la data del 2 GIUGNO in Italia è
rievocativa della scelta dalla popolazione per la forma, e sostanzialità, della nazione
italiana come una repubblica democratica, la cui istituzione è emblematicamente
contrassegnata dalla data che sancì la formazione dello stato governato dai suoi cittadini e
ordinato da una legge scritta e promulgata dal popolo, tramite l'Assemblea Costituente,
eletta nello stesso giorno del referendum.
La carta istituzionale, il cui testo fu elaborato dalla Commissione detta "dei 75" e
dal Comitato di redazione formato da 18 estensori, venne approvata dall'Assemblea
Costituente il 22 dicembre 1947. Il 27 successivo fu sottoscritta dal capo provvisorio dello
stato, Enrico De Nicola, e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (un'edizione straordinaria, la
n° 298), per entrare in vigore dal 1º gennaio 1948. Sei mesi dopo, nella ricorrenza del 2
giugno le massime autorità dello Stato presenziarono una parata militare ai Fori Imperiali
della capitale e da allora questa manifestazione è la celebrazione ufficiale della ricorrenza,
nel 1949 dichiarata la festa nazionale della Repubblica e della "sua" Costituzione.
Casualmente nel 2018 la ricorrenza “cade” di sabato, inducendo molti cittadini a
trascorrere la giornata come di proverbiale vacanza. L’occasione rende possibile farlo con
attività di svago congruenti al “tema” della data emblematica, quest’anno particolarmente
significativa perché è l'ANNO EUROPEO DEL PATRIMONIO CULTURALE, a cui nella
Costituzione italiana sono rivolte cure particolari (Articoli 4 e 9), in Italia declinato come
ANNO DEL CIBO ITALIANO, cioè focalizzando l'attenzione sulle tradizionali colture di
prodotti agro-alimentari e sulla cultura dell'agricoltura e dell'alimentazione che, insieme ai
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beni paesaggistici, archeologici, artistici e artigianali, costituiscono l’enorme ricchezza (e
un’importante risorsa economica) del Belpaese. Molti argomenti contenuti nei due ambiti
tematici permettono di contrassegnare il 2 GIUGNO 2018 con lo svolgimento di iniziative
che, coniugando lo svago alle finalità didattiche, assumono funzioni celebrative. Esplicito
riferimento alla ricorrenza può venir dato a programmi le cui attività diano evidenza
all’attualità dei principi costituzionali su cui è fondata la Repubblica italiana ponendo
risalto alla memoria storica delle persone che, con la propria fatica e il proprio impegno,
hanno materialmente e concretamente “fatto” la nazione italiana, oggi anche uno stato
dell’Unione Europea, ovvero della comunità economica fondata a con il trattato siglato a
Roma nel 1957 e della federazione istituita nel 1993 con l'entrata in vigore del trattato
siglato a Maastricht nel 1992, alla cui realizzazione hanno contribuito anche molti patrioti
italiani risorgimentali e repubblicani.
Ciò è quanto ho pensato possibile, pertanto proposto di esprimere, con l’organizzazione e
l’attuazione di un’iniziativa, l’evenTour in Monferrato che, per l’occasione, è delineato
come un percorso composto da un’escursione esplorativa nelle risaie vercellesi e un
incontro conviviale nella “cornice” di una mostra esposta in un art-hotel in collina.
L'idea del programma - ovvero del format emblematicamente denominato evenTour - è
nata da un'altra, anzi molte altre, generate da alcune "scoperte", in particolare le giornate e
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le testimonianze, che ho fatto di persona nelle mie girovagazioni, cioè da quanto ho
appreso in una serie di incontri con tante persone sensibili e generose. In ordine
temporale, grazie a:
Mauro Gradano, che con sua madre Lucia e la sua famiglia possiede e gestisce come un
sito archeologico-museale il mulino dell'antica riseria San Giovanni a Fontanetto Po;
Giacomino Mezza, che mi ha spiegato il significato della parola giornata e mostrato il
proprio Castello di Sali, un maniero rurale nel cui ingresso principale è incastonata una
serie di formelle di ceramica dipinta che raffigurano i versi del Cantico delle Creature /
Laudato Si' di Francesco d'Assisi (il santo patrono d'Italia) e una tenuta dove nel 1910
fondatore della locale associazione degli agricoltori, Eusebio Saviolo, avviò un'azienda
che, come lui stesso ha descritto nell'autobiografia Il dono del mio lavoro ed è stato
messo in risalto da alcuni (ancora pochi) studi, è un modello d’impresa tuttora attuale;
Piero Rondolino, che mi ha mostrato le antiche architetture rurali da lui conservate
intatte nella sua proprietà, la Tenuta Colombara dove coltiva il riso e lo trasforma in un
prodotto innovativo e portabandiera del comparto agroalimentare italiano;
Vittorina Maratelli e suo marito Paolo, che insieme "animano" l'Associazione
Culturale Riso Maratelli 1914 per tramandare la storia del riso Maratelli che, come
sottolinea Bruno Gambarotta, è un paradigma del nostro tempo;
un acquaiolo, che mi ha mostrato una testimonianza del 1915.
Alcune "cose" che ho raccolto in tutti questi incontri sono state raccontate, descritte e
illustrate alla presentazione della mostra TAVOLE A TAVOLA nella galleria dell'art-hotel
LOCANDA DELL'ARTE, un evento conviviale pianificato per svolgersi il 3 marzo in
concomitanza con l'8 MARZO, ma una nevicata ha reso impraticabili le strade per cui è
stato rimandato, ed è avvenuto il 7 APRILE scorso.
L'occasione ha dato opportunità per un ulteriore proficuo scambio con i partecipanti, la
condivisione di conoscenze storiche e sulle realtà locali e globali nel "mondo" del cibo
e, in particolare, del riso. Insieme a Giovanna Ceccherini, con cui dal 2014 svolgo ricerche
e studi sull'ICH UNESCO Dieta Mediterranea, ho sviluppato un progetto abbozzato un paio
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d'anni fa con Vittorina Maratelli e suo marito Paolo, che dal canto loro hanno avuto modo
di conoscere Maria Palumbo Sormani e "scoprire" la sua LOCANDA DELL'ARTE.
Sul tema del riso negli anni precedenti all’art-hotel sono state presentate mostre e svolte
attività proposte nei programmi di manifestazioni locali dedicate all’enogastronomia del
territorio, il festival Golosaria in Monferrato e la kermesse Riso & Rose. Una location
ideale per la mostra TAVOLE A TAVOLA, dove è in esposizione fino al 3 giugno 2018, ,
LOCANDA DELL’ARTE è stato il “terreno fertile” per lo sviluppo del progetto e
rappresenta l’ambientazione adatta per l’attuazione dell'iniziativa che, nella fusione delle
idee, è stata concepita per realizzarsi il 2 GIUGNO, pertanto come avvenimento
emblematicamente celebrativo della Festa della Repubblica nell'Anno Europeo dei
Patrimoni Culturali e del nazionale Anno del Cibo Italiano.
Pianificato come conclusivo dell'esposizione della mostra TAVOLE A TAVOLA, che
presenta una serie di disegni artistici appositamente creati a raffigurare le ricette della
cucina tipica locale raccolte in libri di recente pubblicazione, perciò progettato sul modello
dell'evento conviviale del 7 APRILE che ne ha costituito il momento clou, inizialmente il
programma per l’iniziativa in programma per sabato 2 GIUGNO è stato proposto come una
"prova tecnica" della partecipazione dell'Associazione culturale RISO MARATELLI 1914
alla vendemmia che di consueto riunisce all'art-hotel LOCANDA DELL'ARTE familiari ed
amici dei gestori e che per gli ospiti dell'albergo costituisce l'occasione di fare una diretta
esperienza della raccolta dell'uva come nell'antica e "genuina" tradizione italiana.
Infatti, per permettere l'immediata pigiatura degli acini, il lavoro nella vigna va svolto
celermente, e allo scopo da quanti più vendemmiatori possibile, e se nelle grandi tenute era
un mestiere che dava impiego ai braccianti stagionali, anche ragazzi e bambini, nei piccoli
poderi l'attività veniva svolta con l'aiuto di familiari e amici, ai quali in riconoscenza il
padrone della tenuta offriva un pranzo, di solito consumato in tavolate apparecchiate
nell'aia della cascina, che poi diventava una festa con canti e balli... come permetterebbe la
collaborazione con l'Associazione culturale RISO MARATELLI 1914, che tra le proprie
attività organizza anche i concerti di un gruppo musicale locale che interpreta i canti di
risaia, le canzoni con cui le mondine scandivano il ritmo dei gesti ripetitivi del proprio
lavoro, un faticoso mestiere manuale (vedi sotto SON LA MONDINA). L’idea della “padrona di
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casa” Maria Palumbo Sormani è che per la vendemmia 2018 il pranzo sia composto da un
menu di risotti, pietanze tipiche della cucina locale in cui riso e vino si amalgamo perché -
come dice il proverbio - il riso nasce nell'acqua e muore nel vino e le ricette raccontano
molta storia della vita rurale in Monferrato, dove - come testimoniato da Giovanna
Ceccherini nella prefazione a LE VIE DEL RISO - i contadini migravano dalle colline in
pianura per il raccolto del riso e, viceversa, dalla pianura in collina per la vendemmia: «Di
riso e risaie parlava spesso mia nonna, in gioventù mondina nel vercellese… portava il
riso a casa per mangiare, almeno una volta al giorno. In mancanza d’altro, alla minestra
si dava sapore aggiungendo un po’ di vino rosso, ottenendo così la sürbija … Per la sua
famiglia, il riso valeva quanto la moneta: lo si barattava per zucchero, sale, acciughe…».
L’organizzazione del pranzo per la vendemmia 2018 a LOCANDA DELL’ARTE come un
menu di risotti con il vino “della casa” e il riso Maratelli ha dato spunto per proporre un
“pacchetto” turistico confezionato con un nuovo, e innovativo, itinerario su un tracciato
storico e così realizzare un progetto che da anni è tra i miei “sogni nel cassetto”: la
passeggiata al passo delle testimonianze che consiste in un percorso breve, di mezza o
un’ora al massimo, lungo gli argini dei canali artificiali che irrigano i terreni coltivati.
Pianificata con attenta e accurata programmazione, l’escursione permette di conoscere "sul
campo" la storia e realtà delle attività in passato e attualmente svolte nelle risaie. In
ciascuna tappa della gita, in cui la camminata nei campi e lungo i canali che li attraversano
è una, ma non l’unica, delle attività proposte, vengono illustrati diverse fasi del lavoro e
vari "passaggi" della storia della risicoltura in Italia.
Ciò si rende possibile tramite l’illustrazione della storia dell’origine e della coltivazione di
una particolare varietà di riso, il Maratelli, "selezionato" allo scopo per molte ragioni.
Principalmente perché è una pianta ibrida nel 1914 spontaneamente germogliata in una
risaia, un campo in zona Bosco di Asigliano Vercellese, ovvero proprio nel cuore della zona
in cui nel medioevo i terreni cominciarono ad essere coltivati con sistemi intensivo-
estensivi e la vallata del Po è stata trasformata in Pianura Padana e dove il riso è stato
“trapiantato” ed è diventando una produzione tipica locale e rappresentativa
dell’agricoltura e cultura gastronomica italiana. Nel Novecento il riso Maratelli è stato
molto importante, infatti è menzionato nella voce dell’Enciclopedia Italiana Treccani
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compilata nel 1936 da Novello Novelli: «In Italia attualmente si coltivano circa 50 varietà,
ma solo una decina hanno una reale importanza nella produzione. Esse sono: precoci -
Bertone, Allorio, Maratelli e Agostano; di stagione - Vialone, Americano 1600,
Chinese originario, Mantova; tardive - Roma e Bologna». Inoltre il riso Maratelli è una
tipologia di riso che ha superato test molto importanti: in passato della resa agricola e
della qualità alimentare, recentemente quello della sostenibilità.
La storia di Mario Maratelli, che lo ha scoperto e, dando alla semente il proprio nome
senza vincolarne l'uso con un brevetto, ha agevolato gli agricoltori a coltivarlo e permesso a
varie generazioni di italiani di superare tante difficoltà nei periodi cupi seguiti alle guerre
mondiali - racconta tutto, proprio tutto, di ciò che è maggiormente importante da sempre,
attualmente con particolare valore. Nella prefazione alla biografia del suo “scopritore”,
scritta nel 2013 dal nipote, Augusto Maratelli, un documentarista del Novecento, il
giornalista astigiano Bruno Gambarotta, osserva: «La storia del riso Maratelli è un
paradigma del nostro tempo». Leggendo il libro ho rilevato che i dati sul riso danno spunto
a molti esercizi didattici e che la biografia di Mario Maratelli oltre del presente spiega
molto anche del passato, perciò che può venire letta come una narrazione esemplare, che
ha funzioni didattiche e, con un termine adesso “di moda” nel turismo, uno story-telling
che illustra il territorio in cui è ambientato il racconto. La sua trama infatti è uno
strumento efficace con cui orientarsi nei luoghi d’origine del riso italiano e capire il
significato di molte tracce di epoche remote impresse nei solchi dei campi, nei corsi di
fiumi e canali, nelle mura di case, cascine e castelli,… un millennio di storia che “ruota”
intorno alla vita di Mario Maratelli e della portentosa piantina di cui nel 1914 lui ha notato
la singolarità, una spiga nata “spontaneamente” in una risaia del Piemonte Orientale.
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IL TERRITORIO
DA TERRE D’ACQUA A TERRE DI RISAIA
La vasta zona di risaie che, quando allagate, diventano una distesa di specchi d'acqua, nella
provincia vercellese è denominata terre d'acqua. Non so da quando sia in uso e da chi sia
stata concepita questa fascinosa definizione poetica, ma son certa sia stata adottata senza
immaginare che avrebbe creato problemi di identificazione del luogo e per l’emersione
(oggi infelicemente detta "valorizzazione") delle sue specificità e biodiversità. Ciò accade
perché nel villaggio globale della comunicazione planetaria, in cui predomina l’inglese, il
termine water-lands (terre d’acqua) - o wet-lands (terre bagnate) - indica aree paludose
come le Everglades in Florida, gli indiani Ramsar, la provenzale Camargue e il MAB
UNESCO Delta del Po. Invece nella zona di terre d’acqua vercellesi e alessandrine, in gran
parte compresa nel Parco Fluviale del Po e dell'Orba, le paludi sono state bonificate da
secoli e l'originale ecosistema autoctono è stato soppiantato dalla distesa di risaie a cui il
fotografo documentarista del Novecento Gianni Berengo Gardin ha dedicato un celebre
reportage efficacemente intitolato TERRE DI RISAIA.
EX-CURSUS STORIOGRAFICO - Le terre d'acqua intorno al Po erano una selva
paludosa, insalubre e insidiosa, infatti nella preistoria scarsamente popolata e dove,
secondo una delle varie versioni della leggenda, si avventurarono gli Argonauti nel loro
errabondo viaggio di ritorno a Iolco, nella Tessaglia, dopo aver raggiunto la Colchide, un
regno affacciato sulle coste del Mar Nero (geograficamente e storicamente l'estrema
regione europeo-caucasica, al confine con Asia e Medio-Oriente, attualmente lo stato della
Georgia), in cui Giasone aveva conquistato il vello d'oro. Impresa che l'eroe greco compì
superando prove del tutto simili, praticamente identiche, a quelle affrontate da Cadmo, il
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mitologico fondatore di Tebe, nella regione greca della Beozia, arrivando dalla fenicia (ora
libanese) città di Tiro nella vana ricerca della sorella Europa rapita da Zeus, che per
sottrarla ai guardiani si era tramutato in un bue bianco, e dal dio condotta a Creta, dove la
principessa divenne regina, madre di Minosse, padre del Minotauro. Aiutato dalla maga
Medea, principessa della Colchide, Giasone riuscì a soggiogare dei terribili tori e arare un
campo sacro a Marte dove, dopo aver ucciso un drago, ne seminò i denti, da cui
"germogliò" una schiera di guerrieri invincibili, che l’eroe sconfisse facendoli combattere
l'uno contro l'altro.
Curiosamente, fu proprio Luigi Schiaparelli, paleografo nativo di Cerrione, una località nel
Piemonte Orientale, a "scoprire" un’enigmatica nota a margine del codice LXXXXIX
(Orazionale mozarabico) conservato alla Biblioteca Capitolare di Verona il cui testo è
considerato la più antica scrittura in lingua romanza, il celebre indovinello veronese - “Se
pareba boves, alba pratàlia aràba et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba” - la
cui metafora illustra la scrittura alfabetica, che greci e romani hanno "ereditato" dai fenici
come Cadmo, che a loro volta l'appresero rielaborando i caratteri babilonesi, cioè del regno
persiano che in antichità comprendeva la Colchide, dove gli Argonauti conquistarono il
vello d’oro, come la semina in un campo arato, ovvero l'atto che Dante (soggiornato spesso
e a lungo a Verona) nel II canto del Paradiso della Divina Commedia ha descritto
compiuto da Giasone "fatto bifolco". E proprio il bovino fassona, una razza tipica del
Monferrato, è caratteristico per la mole e il manto bianco, grandezza e colore distintivi del
leggendario animale divino nel mito del “ratto d’Europa”.
Anche figura mitologica simbolica della scrittura, il binomio “campi e buoi” è un’immagine
rappresentativa del rapporto tra agricoltura e allevamento, per millenni interdipendenti
come mostrano le architetture delle cascine storiche delle tenute risicole, agrarie e
vitivinicole del Piemonte Orientale, in cui una vasta porzione degli ambienti erano i locali
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in passato adibiti a stalle, e come il nipote Augusto ricorda nella biografia del nonno,
descrivendo che l’allevamento di bovini da traino e per la produzione di latticini era
un’attività svolta da Mario Maratelli nella propria tenuta ad Asigliano Vercellese, dove da
oltre mezzo millennio (più di 580 anni) nella seconda domenica di maggio si svolge la
folcloristica “corsa dei buoi”.
L'attuale zona di risaie vercellesi e alessandrine è un territorio la cui storia è documentata
in molti modi. La leggendaria selva in cui si avventurarono Giasone e gli Argonauti è un
luogo che comincia ad essere descritto nei testi e disegnato nelle mappe geografiche
denominato come Gallia Cisalpina, un’area abitata da tribù celtiche e in cui i romani
stabilirono i propri avamposti militari tra i domini peninsulari e il continente europeo, sul
confine con la Gallia Transalpina. Nel III secolo a. C. la zona tra Torino e Piacenza fu un
teatro della seconda guerra punica: dove Annibale condusse l’esercito di truppe ed
elefanti nella celebre marcia dall’impero cartaginese (che aveva epicentro nell’attuale
Tunisia), attraverso la Spagna, i Pirenei e le Alpi.
La storiografia classica identifica i campi raudii in un'area vercellese che - come narrato da
Sebastiano Vassalli nel romanzo Terre selvagge costruito sulle vicende della guerra - nel
101 a. C. fu il campo di una battaglia annoverata tra le più cruente dell'antichità, vinta
dall’esercito romano contro le tribù dei cimbri. Partiti in massa dallo Jutland (l’attuale
Danimarca), i clan si espansero in tutto il continente europeo e, oltrepassato il passo del
Brennero, si divisero: alcuni si stabilirono in Lessinia, dove si mescolarono pacificamente
ai veneti, e altri tentarono di insediarsi nella vallata del Po, dove vennero combattuti, e
sterminati, dai romani.
Nel medioevo una zona marginale dei domini longobardi e in mappe e documenti
indicata come di lande desolate, al cui “centro” nel X secolo venne fondato un territorio,
il marchesato del Monferrato. Istituita ex-novo nell’arco di una 30ina d’anni, dal 933
al 967, che coincidono con i conclusivi del periodo di anarchia feudale dal crollo
dell’impero carolingio e gli iniziali del Sacro Romano Impero, la marca aleramica venne
formata come un feudo "cuscinetto" intorno a Pavia, all'epoca capitale del Regno d'Italia
insidiato da un lato dagli unni, dall'altro dai saraceni e all’interno dalle rivalità per il trono,
PERCORSO CONCETTUALE EVENTOUR 2 GIUGNO ● FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA 2018
Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018
conteso da Berengario I del Friuli e suo nipote Berengario II d'Ivrea alla dinastia reale dei
burgundi, sovrani delle Borgogne, e alla casata dei bosonidi, duchi d'Arles e di Toscana.
Il primo nucleo del marchesato fu la corte Auriola, da secoli scomparsa dalle mappe e,
fermo restando che fosse nei pressi dell'attuale Trino Vercellese, per la sua localizzazione le
ipotesi oscillano tra le attuali Leri e Lucedio.
Leri, probabilmente toponimo di sincresi da Aleramo, il nome del fondatore del
marchesato, è una tenuta che dal 1822 al 1861 è stata proprietà dei Cavour. Lucedio, ora
detto anche "principato", dal XIX secolo è suddivisa in due parti, la tenuta agricola e il
complesso abbaziale in cui sono sepolti alcuni marchesi del Monferrato. In entrambi i siti
nel XII secolo si erano stabilite comunità cenobitiche cistercensi che, avviando le opere di
bonifica delle paludi "insidiose" e di disboscamento delle foreste "selvatiche",
trasformarono le lande desolate in terreni agricoli, una distesa di campi fertili che presto
divenne la "dispensa" del prosperoso dominio della prestigiosa casata del Monferrato,
imparentata con tutte le grandi dinastie del medioevo: italiane (tra cui i milanesi Visconti e
torinesi Savoia), europee (reali di Francia e d'Inghilterra e sovrani del Sacro Romano
Impero), dell'Impero Bizantino e del Regno di Gerusalemme. Nel XVI secolo la
discendenza maschile si estinse e, con il matrimonio tra l'ultima marchesa - Margherita
Paleologa - e Federico II Gonzaga, celebrato nel 1531 il Monferrato nel 1533 venne
inglobato nel Ducato di Mantova. In seguito, con le progressive conquiste dei Savoia, i suoi
territori vennero gradualmente annessi al Regno di Sardegna e suddivisi tra le province di
vari capoluoghi piemontesi - Alessandria, Asti, Torino e Vercelli.
LE GIORNATE - La leggenda della fondazione del Monferrato narra che Aleramo,
capostipite della dinasta, venne insignito cavaliere per meriti che aveva conseguito in
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battaglia contro i saraceni, che allora facevano scorribande nelle terre del Regno d'Italia e,
come documentato dalla storiografia, in quel periodo si erano inoltrati fino a Vignale,
Frassinello ed Olivola, borghi ora sulle colline monferrine in provincia di Alessandria.
Inoltre, che al giovane e aitante paladino il re promise, e poi concesse e attribuì, tante terre
quante nel perimetro che fosse riuscito a percorrere cavalcando per tre giornate.
Questa immagine figurativa è rappresentativa dell’area del marchesato con l’uso di un
parametro di misura spazio-temporale, una giornata, che coincide con quello di giornata
che nel vocabolario degli agricoltori locali indica la superficie dei terreni coltivabili e le
quantità dei campi, in particolare le risaie. In questa accezione lessicale, giornata
significa "la terra che dal sorgere al calar del sole si riesce ad arare con una coppia di buoi",
curiosamente una raffigurazione che richiama alla mitologica impresa dell’eroe greco
Giasone e una parola della lingua italiana la cui etimologia “affonda” proprio nella storia
delle TERRE DI RISAIA vercellesi e alessandrine. Infatti, riferiti al lasso di tempo quotidiano
e distinto dalla notte, i sostantivi giorno e giornata, la cui forma deriva dall’avverbio
diuturno che discende dalla radice nominale dies, si diffusero con la “volgarizzazione” del
latino nel periodo della commistione della lingua antica con le lingue romanze, tra cui il
gallo-italiano parlato in Monferrato. La più remota testimonianza del vocabolo è attestata
nel Cantico delle Creature composto da San Francesco d'Assisi intorno al 1266:
«Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo
qual è iorno, et allumini noi per lui». Illustrata nella serie di formelle del Castello di Sali
Vercellese, una tenuta agricola poco distante da Lucedio, nel XX secolo un’azienda agricola
d’avanguardia e oggi sede di una società agraria fondata da Giacomino Mezza, che mi ha
“rivelato” il significato della parola giornata come misura dei terreni coltivati e delle risaie,
con il titolo Laudato Si' la lode ha ispirato papa Francesco I (italo-argentino la cui
famiglia, come indica il cognome Bergoglio, discende dai burgul, la tribus locis che nel XII
secolo abitava Bergolium e nel XVIII migrata Monferrato astigiano, aree in cui il passaggio
di San Francesco d’Assisi ha lasciato molti segni indelebili) per il proprio programma
ecumenico, l'enciclica per la Cura della Casa Comune, basato sul "modello" sociale ed
economico della ecologia integrale di cui è esemplare proprio il metodo di gestione del
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Bosco delle Sorti della Patecipanza di Trino, avviato nel 1275 e oggi ancora attuale sistema
di conservazione e amministrazione di un terreno forestale come un patrimonio collettivo
e delle sue risorse come un bene comune.
Con ricerche che sto elaborando, ho “scoperto” che il Bosco delle Sorti di Trino, oggi un
sito ambientale tutelato dall’organizzazione internazionale FSC, è proprietà della locale
partecipanza, un’associazione che, pur se non la prima, è tra le più perfezionate e apicali
forme storiche di aggregazione tra proprietari di terreni o fabbricati e una società privata di
diritto pubblico il cui assetto giuridico-amministrativo permette ai membri di sfruttare
perennemente i patrimoni - risorse naturali, produzioni, attrezzature, beni di consumo,… -
con criteri di sostenibilità ed equità. Formatesi sul modello delle regole delle congregazioni
religiose cristiane nei territori franco-burgundi e italiani durante il medioevo, ordinamenti
a loro volta plasmati sull’impianto giuridico del diritto romano e delle leggi saliche e
longobarde, le partecipanze si diffusero in Italia settentrionale tra il X e il XII secolo
parallelamente e insieme all’istituzione delle municipalità comunali. Alcune di queste
antiche associazioni locali sono sopravvissute a ogni cambiamento epocale e, con il proprio
ordinamento legale e amministrativo che ha superato la prova del tempo, hanno
tramandato tradizioni civili che in età moderna sono state applicate per l’avvio di società
cooperative, consortili e corporative come gli enti di categoria istituite nell’Ottocento e nel
Novecento e tuttora operanti nelle aree rurali vercellesi e alessandrine per gestire
l’erogazione dell’acqua nelle risaie del territorio e coordinare le locali attività produttive e
commerciali del riso. E proprio a Lucedio, forse la corte Auriola che fu il principale feudo
di Aleramo e dei suoi discendenti, oggi ha sede un’azienda agricola che vanta il primato di
prima italiana dove a inizio del XV secolo venne cominciato ad essere coltivato il riso. La
storia di questa lunga impresa svolta nell’arco di secoli da molte generazioni di frati e
contadini, nel tempo affiancati e poi sostituiti da ingegneri e operai, è inscindibile da quella
del Monferrato, nella cui fondazione spiccano le figure dei capostipiti di due dinastie.
IL CAVALIERE E LA REGINA-SANTA - Avo della casata dei marchesi del Monferrato,
Aleramo venne insignito del titolo ereditario nel 967, con un atto sancito da un edito
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imperiale in cui è specificato che il riconoscimento gli viene attribuito per “intercessione”
di Adelaide di Borgogna. Una figura storica di enorme spessore, come figlia erede di
Rodolfo II di Borgogna e moglie di Lotario d'Arles dal 947 al 950 Adelaide era stata regina
d'Italia, e in questa veste di Aleramo, che dal 930 circa era stato insediato vassallo al
governo della corte Auriola. Nel 950 spodestata dal trono italiano, sposandosi con Ottone I
di Sassonia nel 951 Adelaide riconquistò il Regno d’Italia e dal 962 al 996 divenne sovrana
dell’impero formato dalla sua unione con il re di Germania, successivamente denominato
Sacro Romano Impero, e su cui governò come co-reggente insieme al marito e come
reggente tutrice prima del figlio Ottone II e poi del nipote Ottone III. Una regina benvoluta
dal popolo, un’imperatrice saggia, lungimirante e munifica, fondatrice dell'Abazia di Seltz
in Alsazia, di cui fu badessa fino alla morte nel 999, e nel 1097 proclamata santa, Adelaide
fu una fervente sostenitrice della riforma cluniacense, da cui ebbe impulso il “movimento”
cistercense, la cui propagazione influì nello sviluppo dell'economia rurale e artigiana
in Europa e particolarmente in Italia, dove dagli epicentri di abazie e corti si diffusero
l'urbanesimo, l'arte romanica e la cultura rinascimentale, che in Monferrato si
sono espressi con caratteristiche proprie.
LE GRANGE - La coltivazione del riso in Italia venne avviata dai cistercensi, che agli inizi
del XII avevano fondato l'abazia nel “cuore” del Lucus Dei (bosco sacro), di cui ora è
rimasto un solo relitto, il Bosco delle Sorti acquisito e conservato dalla locale partecipanza
per preservare intatta una parte della foresta che per gli abitanti di Trino era
un’indispensabile riserva di legna e cacciagione. Con la progressiva messa a coltura dei
terreni nell'area delle terre d'acqua vercellesi e alessandrine, ad opera dei cistercensi
cominciarono a venire costruiti cascinali, denominati grange, edificati con accurata
progettazione architettonica delle strutture e pianificazione urbanistica, tra l'uno e l'altro a
regolata distanza, anch'essa misurata in giornate, ovvero come il percorso per andare e
tornare dall'uno all'altro in un’unica giornata di cammino.
I CANALI : Il ruolo dei cistercensi fu fondamentale per la trasformazione delle terre
d'acqua vercellesi e alessandrine in una distesa di terreni coltivati, all'inizio campi fertili
ricavati bonificando le paludi e abbattendo la brughiera, dal XV secolo risaie irrigate
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convogliando le acque fluviali e sorgive in canali artificiali. Dal 1851 la complessa rete di
corsi artificiali che porta l'acqua alle risaie vercellesi e alessandrine è gestita dal Consorzio
di irrigazione che aggrega gli agricoltori della zona, fruitori della risorsa idrica e perciò che
si sono uniti nell'associazione privata di diritto pubblico che ne gestisce l'erogazione.
Interamente realizzata con lavoro manuale, la costruzione dei canali in Italia settentrionale
è stata un’opera colossale, la cui storia è ampiamente documentata in molti testi e in
sintesi è “fotografata” nella frase scritta da Arthur Young nel proprio diario, il resoconto
del Viaggio in Italia dove l'agronomo inglese soggiornò nel 1789, esposta in una
trascrizione calligrafica al mulino museale dell'Antica Riseria San Giovanni a Fontanetto
Po: Non vi è in tutto il mondo un sistema di irrigazione confrontabile con quello esistente
nel nord dell’Italia e si può praticamente affermare che non vi sarà giammai.
LE TESTIMONIANZE : Quando gli ho parlato delle mie girovagazioni nel mondo delle
risaie attorno al significato della parola giornata e della mia curiosità per le centraline
telefoniche d'epoca che avevo notato in un angolo della sede del Consorzio, il papà di un
compagno di calcio di mio figlio me ne ha spiegato la funzione raccontandomi la storia
della sua famiglia, da generazioni una “genia” di acquaioli, cioè addetti al monitoraggio e
alla manutenzione dei canali. Dalle rispettive postazioni periferiche gli acquaioli devono
comunicare con la sede "centrale" quotidianamente, per trasmette ai tecnici e dirigenti
dati, continuamente monitorati, sul livello dell'acqua e sulla sua forza di scorrimento dei
flussi nei canali. Un'attività necessaria a garantire ai soci l’approvvigionamento idrico nei
terreni, in particolare nel periodo dell’allagamento delle risaie, e per evitare tracimazioni e
inondazioni nelle fasi di “piena” dei fiumi, da cui l’acqua è attinta e fatta defluire.
Un’associazione privata di diritto pubblica formata il 22 settembre 1851 nella seduta del
Consiglio Provinciale di Vercelli presieduta da Camillo Benso di Cavour, allora
proprietario della tenuta di Leri e ministro dell’agricoltura e del commercio del Regno di
Sardegna, e istituita con la legge n.1575 del 3 luglio 1853, tra fine XIX e inizio XX secolo il
Consorzio dell’Ovest Sesia si è attrezzato di innovativi sistemi telefonici con centraline
d'avanguardia, come le apparecchiature d’epoca che hanno attirato la mia attenzione,
strumenti telematici di vecchia generazione oggi sostituiti dalle app, applicazioni
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informatiche digitali con puntamento geo-satellitare e connesse direttamente e
automaticamente ai computer della sede centrale che funzionano sui dispositivi cellulari.
Pure se con strumenti del mestiere diversi da quelli usati dai loro predecessori, le nuove
“leve” di acquaioli svolgono le stesse mansioni che impegnavano i loro colleghi del passato
e il sistema di catalogazione e registrazione dei dati che raccolgono quotidianamente nelle
giornate di lavoro è rimasto invariato, anche perché i canali, le chiuse e i pozzetti sono gli
stessi da sempre. Invece a cambiare talvolta sono i proprietari dei terreni che il sistema
idrico artificiale attraversa e irriga, perciò che dirigenti, tecnici e addetti del Consorzio
devono consultare per ogni intervento che si renda necessario, spesso con urgenza, e per
farlo usano le testimonianze, cioè i registri, nel XIX e per la maggior parte del XX
secolo compilati e trascritti a mano, in cui sono riportate tutte le informazioni, con
annotazioni su ogni dettaglio, che riguardano tutte le pertinenze dei canali, principali e
secondari, in particolare su ogni chiusa che regola l'afflusso dell'acqua ai terreni.
Questo aspetto del lavoro degli acquaioli a me è stato spiegato dal padre del compagno di
calcio di mio figlio mostrandomi copie di testimonianze del 1915 che suo padre aveva
diligentemente conservato in casa, un "casotto" di controllo su un canale. Notando che le
distanze sono calcolate in "passi", ho avuto l'idea di proporre itinerari turistici "al passo"
delle testimonianze, ovvero percorsi esperienziali di camminate nelle risaie e lungo i canali
che le attraversano con i documenti d'epoca come mappe e guide turistiche.
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LE MAPPE CONCETTUALI DEL GENIUS LOCI
STRUMENTI COGNITIVI, DIDATTICI E OPERATIVI
La documentazione raccolta per l’occasione dell’evenTour del 2 GIUGNO 2018 descrive il
territorio evidenziandone diversi aspetti - geografici, ecologici, storici, antropologici,
archetipici, culturali, sociali, economici,… Illustrate metodologicamente, in materiali che le
presentano in modo sistematico e atto allo scopo, conoscenze che permettono di osservare
il luogo da vari “punti di vista”.
Gli strumenti di lavoro degli acquaioli hanno funzionalità molto versatili, in particolare
per l’osservazione della morfologia di risaie e canali realizzata da plurime
prospettive cognitive e percettive tramite pratiche esperienziali: la comprensione tecnica
dei principi scientifici applicati nei metodi di agricoltura e nei sistemi irrigazione tramite la
sperimentazione “sul campo” del loro impiego; la visualizzazione geo-storica del luogo,
tramite la visione sinottica della sua odierna conformazione e delle sue dinamiche
evolutive; l’introiezione antropologica del posto, tramite l’ascolto delle sue descrizioni fatte
da chi ci ha vissuto e operato nel passato (testimonianze) e, congiuntamente, dei resoconti
e racconti (story-telling) narrati di persona da chi ci abita e lavora adesso.
Contenendo molte spiegazioni dettagliate sulle vicende, alcune biografie di personaggi
locali, come Mario Maratelli, offrono indicazioni utili con cui focalizzare l’attenzione sul
ruolo dell’operato umano a conservazione e modifica dell’ambiente e tramite le quali
rilevare particolari in cui si evidenziano alcune specificità paesaggistiche e architettoniche
della località, perciò sono funzionali mappe concettuali di orientamento nel territorio
con comprensione del suo genius loci.
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Il programma per il 2 GIUGNO 2018 è delineato dal percorso concettuale sviluppato con la
ricerca di documenti storici e storiografici e il loro studio con elaborazione dei contenuti
finalizzata alla produzione di materiali informativi, didattici e operativi per
l’occasione e, in prospettiva, fruibili da molteplici utilizzatori, in particolare guide
turistiche, docenti e ricercatori. La predisposizione di tali strumenti infatti delinea un
itinerario per gite turistiche, anche scolastiche e di interesse professionale per tecnici
esperti in molti campi, non solo dell’agricoltura. Un format che costituisce uno specifico e
innovativo modello di attività turistica economica, ecologica e sostenibile il cui
svolgimento è profittevole per varie imprese locali (strutture ricettive - ristoranti, alberghi,
b&b e agriturismi, inoltre aziende agricole, laboratori, parchi e musei) e incentivante lo
sviluppo di professionalità nel campo di un settore emergente, il turismo a “basso impatto”
ambientale e “alto profilo” socio-culturale, che inoltre offre l’opportunità di sfruttare
proficuamente sul campo le perizie delle risorse umane territoriali e per l’impiego in loco
di giovani alle prime esperienze lavorative e adulti disoccupati.
Il tour organizzato sul modello di tale percorso concettuale rende concretamente possibile
l’attuazione di pratiche con cui fare conoscenza ed esperienza delle tradizioni, in
particolare delle produzioni agroalimentari e della cultura gastronomica, delle
TERRE DI RISAIA, un mondo “di” risicoltori, acquaioli, mondine... tanti lavoratori. Perciò
per la sua inaugurazione ho considerato adeguata, e ideale, la giornata del 2 GIUGNO
2018: oltre che forma innovativa della classica gita festiva, anche idonea a contrassegnare
il finissage della mostra TAVOLE A TAVOLA – che venerdì 11 maggio, verrà presentata al
Salone del Libro di Torino – e come iniziativa che, nella data in cui la ricorrenza si svolge
in concomitanza con l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale e l’Anno del Cibo Italiano,
si realizzerebbe come emblematicamente celebrativa della Festa della Repubblica.
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In considerazione di ciò, per il percorso della “passeggiata al passo delle testimonianze” ho
valutato due opzioni: nei pressi della cascina Valassa, registrata nei documenti del 1915 che
mi ha mostrato l’acquaiolo e dove sia in passato che recentemente è stato coltivato il riso
Maratelli, oppure nei pressi del mulino dell’Antica Riseria San Giovanni, un sito museale
di particolare interesse archeologico ed etnografico circondato da risaie e prospiciente al
Po, una struttura storica che sorge in un’area circoscritta nel comprensorio del Parco
Regionale locale e limitrofo a Lucedio, cioè al “centro” delle terre d’acqua e nel “cuore” del
Monferrato. Inoltre, ho ipotizzato che le guide turistiche del tour “nei luoghi d’origine della
coltivazione del riso” siano i lavoratori delle TERRE DI RISAIA: agricoltori, acquaioli e
addetti nelle riserie, coinvolti anche nella pianificazione del percorso e, soprattutto, nella
sua sperimentazione come iniziativa celebrativa del 2 GIUGNO, ricorrenza di cui sono i
principali protagonisti insieme a chi mantiene viva la memoria storica di figure ora
scomparse nel “mondo del riso”, come gli stallieri, i mugnai e, in particolare, le mondine.
Oltre a tante persone, anche moltissime “cose” nel mondo delle TERRE DI RISAIA vercellesi e
alessandrine raccontano della storia e della cultura della nazione, in particolare della sua
cultura popolare. A raccontare della storia e della cultura italiana nel mondo delle risaie è
anche la natura, con ogni suo elemento: terra, acqua e aria, oggi purtroppo molto
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inquinate, e fuoco, come si vede d’autunno quando, nonostante i divieti, nell’orizzonte dei
campi si innalzano i falò. Accanto ai personaggi storici e alle persone che oggi lo abitano, le
TERRE DI RISAIA sono la dimora di una fauna variegata: i buoi che nel passato trascinavano
gli aratri e trainavo i carri, la popolazione selvatica autoctona - tra cui spiccano poiane,
rondini, corvi, garzette, cicogne, “carabinieri”, libellule, farfalle, api, vespe, lepri, faine,
topi, bisce, rane, pesci, gamberetti,… e le fastidiose zanzare - e animali che sono immigrati
nel territorio, varie tipologie di aironi che si sono armoniosamente integrati nell’habitat e
le nutrie che invece devastano i campi e insidiano la fauna autoctona. E a illustrare le
caratteristiche del luogo è soprattutto il paesaggio, con la flora spontanea, ma curata, e le
distese di piantagioni d’alberi e campi, coltivati soprattutto a riso, di molteplici varietà,
ognuna con una propria storia e una, il riso Maratelli, con una storia molto particolare.
IL MONDO DEL NOVECENTO NELL’INNO DELLE MONDINE E NEL FILM RISO AMARO
La storia delle mondine è stata raccontata al mondo intero dal film RISO AMARO, girato
nelle risaie vercellesi, con il set ambientato in una cascina ora purtroppo diroccata, e
interpretato da un cast di attori tra cui, accanto alle celebrità italiane, c’era anche una star
americana, al cui seguito durante le riprese erano presenti Cesare Pavese e Robert Capa.
Un’opera considerata capostipite del neo-realismo, il genere cinematografico che ha
documentato la storia italiana durante la seconda guerra mondiale e negli anni della
ricostruzione del paese dopo il 1945 e nella seconda metà del Novecento.
Alle donne che in passato lavoravano nelle risaie era dedicata attenzione nell’evento
pianificato per l'inaugurazione della mostra TAVOLE A TAVOLA, progettato come celebrativo
dell'8 MARZO, festa della donna. Per la presentazione delle opere artistiche di Cecilia
Prete infatti avevo proposto il tema ARTE E CUCINA, UN BINOMIO "AL FEMMINILE",
argomento della tavola rotonda svolta invece il 7 aprile a cui, insieme all’artista e alla
gallerista Maria Palumbo Sormani con le donne Giovanna Ceccherini e Vittorina Maratelli
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intervennero anche Luigi Bruni, autore delle ricette illustrate dai disegni in esposizione, e
l’editore che ha pubblicato la serie di libri in cui sono raccolte.
Per la conversazione programmata nella data dell’8 marzo avevo prevista una "colonna
sonora", la canzone Son la mondina. Scritta nel 1950 dal sindacalista vercellese Piero
Besate in occasione del congresso di Federbraccianti, è un testo elaborato sulla melodia
di un canto corale che scandiva il ritmo del lavoro in risaia e diventato inno
d'emancipazione delle donne italiane, e di tutto il mondo: le sue parole infatti sono ispirate
a contenuti e storia della giornata (non "festa") della donna. Nel febbraio 1908 sulla
rivista The Socialist Woman l'americana Connie Brown scrisse che il Congresso del partito
non avrebbe avuto «alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare
per la propria liberazione» e lo ribadì quando, per l'assenza dell'oratore ufficiale designato
alla conferenza tenuta ogni domenica nel Garrick Theater, il 3 maggio intervenne
all'assemblea del Partito socialista di Chicago, e così la riunione si concluse
raccomandando a tutte le sezioni locali “di riservare l'ultima domenica di febbraio 1909
all'organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile”. La prima
ufficiale Women's Day negli Stati Uniti fu celebrata il 23 febbraio 1909 e nello stesso anno
il 22 novembre ventimila camiciaie di New York cominciarono uno sciopero che durò fino
al 15 febbraio 1910 e la domenica successiva, il 27 febbraio, alla Carnegie Hall confluirono
tremila donne della città. Sull'esempio delle americane, l'8 marzo 1917 (il 23 febbraio
secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia) a San Pietroburgo le donne
guidarono una grande manifestazione che propugnava la fine della guerra. Il canto italiano
SON LA MONDINA infatti recita: « c'è molto fango nelle risaie, ma non porta macchia il
simbolo del lavoro ... noi lotteremo per il LAVORO, per la PACE, il PANE e per la LIBERTÀ ... e
creeremo un MONDO NUOVO di GIUSTIZIA e di nuova CIVILTÀ ... dal vercellese al molinella
alla testa della nostra GIOVENTÙ ... se qualcun vuol far la guerra, tutti quanti uniti noi la
fermerem: vogliam LA PACE SULLA TERRA e più forti dei cannoni noi sarem ».
L'inno delle mondine esprime le idee delle donne dei primi decenni del Novecento e anche
i principi fondamentali sanciti nella Costituzione Italiana, in particolare che l'Italia è una
nazione che "ripudia la guerra" (Art. 11) e nella cui repubblica "fondata sul lavoro" (Art.1) i
cittadini, tutti e ciascuno, senza nessuna discriminazione, hanno "pari dignità sociale ...
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali" - Art. 3). Inoltre la cui legge è atta a "promuove lo sviluppo
della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione" (Art. 9) e, premettendo che "È compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
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dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese" (Art. 3), richiama ogni cittadino al dovere morale di "concorrere al progresso
materiale o spirituale della società" (Art. 4).
MILLE ANNI DI STORIA ITALIANA NELLE BIOGRAFIE DI ALERAMO E MARIO MARATELLI
Come evidenziato da Bruno Gambarotta, la storia del riso Maratelli è «paradigmatica del
nostro tempo»: la vicenda della portentosa spiga diversa da tutte le altre, unica tra miriadi
di piantine simili, e dell’agricoltore che l’ha notata, raccolta e coltivata è affascinante, e una
chiave di lettura che dischiude al “senso” di avvenimenti e dinamiche epocali, perciò una
“mappa” che permette di rilevare nella realtà attuale le tracce del passato in paesaggi,
edifici, opere e tradizioni, e così di interpretare il significato dei segni sedimentati in vari
“campi” del patrimonio culturale italiano e capire la valenze dei simboli che evidenziano il
valore artistico, archeologico ed etnografico dei beni ambientali e storici locali e, insieme e
indissolubilmente, delle produzioni enogastronomiche e artigianali tipiche dei territori.
Sorprendentemente, anche per una curiosa “coincidenza” nella genetica del racconto e
nella genealogia dei suoi protagonisti: la vita di Mario Maratelli infatti è molto simile a
quella di Aleramo, antenato della dinastia di marchesi che dal X al XVI secolo dominò in
Monferrato, trasformando le paludose terre d’acqua in prosperose TERRE DI RISAIA e le
colline selvatiche in “esultante di castella e vigne suol d’Aleramo” descritto da Giosuè
Carducci nell’ode Piemonte, pubblicata nella raccolta Rime Nuove composta tra il 1861 e il
1887, dal 2014 l’area degli infernòt nel sito seriale UNESCO Paesaggi Vitivinicoli.
Ambedue erano orfani, neonati abbandonati dai genitori biologici che vennero allevati da
famiglie adottive: sulle origini di Aleramo la leggenda narra che nacque in Italia, figlio di
nobili germanici che, nel viaggio sulla via Francigena per andare in pellegrinaggio a Roma,
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lasciarono il bimbo in custodia a una balia del posto, ma non fecero più ritorno; l’atto
anagrafico del municipio di Vercelli riporta che Mario Maratelli nacque il 20 novembre
1879 all’ospedale di Vercelli da una donna nubile e residente nel circondario che “non
consente di essere nominata”. Ambedue da giovani svolsero mestieri umili: Aleramo
come carbunin in località indicate sulle colline del Monferrato e alle pendici degli
Appennini al passo del Turchino, di cui poi divenne marchese; Maratelli come bracciante
nei campi di Francesco Degrandi, fratello della madre adottiva, Gilda Cirio, le risaie che poi
ereditò. Ambedue compirono “grandi” imprese, che li hanno resi celebri, sostenuti dalle
mogli e aiutati dagli suoceri: secondo la leggenda, Aleramo fu insignito del feudo a
“riparazione” della fuga d’amore con una principessa, in realtà divenne marchese nel 962,
con la nomina imperiale che riconosceva i suoi titoli sui feudi che aveva ricevuto dai re
d’Italia tra il 930 e il 950 come vassallo di Rodolfo di Borgogna, Ugo d’Arles e Lotario II e
poi come marito di Gerberga, figlia di Berengario II, il marchese d’Ivrea sul trono italiano
dal 950 al 961; Mario Maratelli riuscì a coltivare le piantine e riprodurne le sementi dopo
aver fatto germogliare i chicchi della singolare spiga che nel 1914 aveva notato nella risaia
ereditata dalla famiglia adottiva e quando venne chiamato nell’esercito per la guerra, ad
occuparsi della tenuta e a coltivare il “portentoso” nuovo riso dal 1915 al 1918 fu suo
suocero Andrea Brusa, padre di Maria che aveva sposato nel 1908. A riconoscimento dei
loro “successi”, furono entrambi nominati cavalieri: Aleramo, nell’atto imperiale del 967
con cui fu conferito del titolo di marchese definito fidelis comes di Ottone e Adelaide,
secondo la leggenda fece “carriera” nell’esercito in cui si arruolò come stalliere, per il
coraggio mostrato in battaglia promosso paladino coppiere del re d’Italia; Mario Maratelli,
che, come sottolinea Bruno Gambarotta, «dopo essersi lasciato convincere a registrare con
il proprio cognome la varietà di riso, anziché vincolarla con un brevetto che l’avrebbe reso
milionario Mario, la mette a disposizione dei coltivatori di Asigliano, permettendo a tutti di
beneficiarne», dai compaesani grati per la sua generosità ripetutamente acclamato
presidente della Cooperativa Agricola Asiglianese, nel 1930 ricevette il Diploma di Gran
Merito con premio di £ 2˙000, a lui assegnato dalla Cattedra Provinciale di Agricoltura
vercellese come “Scopritore e selezionatore emerito della varietà di riso che porta il suo
nome”, e nel 1953 fu insignito Cavaliere al Merito della Repubblica italiana.
PERCORSO CONCETTUALE EVENTOUR 2 GIUGNO ● FESTA DELLA REPUBBLICA ITALIANA 2018
Maddalena Laura Maria Brunasti ~ 25 aprile 2018
PROGETTO di Maddalena Laura Maria Brunasti © 2018
ABSTRACT ~ sintesi info-grafica
MATERIALI
DOCUMENTALI
testimonianza della Custodia di San Germano Vercellese / 1915
voce “riso”, di N. Novelli - Enciclopedia Italiana Treccani / 1936
Costituzione della Repubblica Italiana (stampa edita da NovaCoop - 2016) / 1947
biografia di Mario Maratelli (Una storia importante di A. Maratelli - 2013) / 1879-1955
BIBLIOGRAFICI
Il dono del mio lavoro, di Eusebio Saviolo (1924) / 1937
Terre di risaia, fotografie (1960-70 circa) di G. Berengo Gardin e testi di A. Colombo / 2002
Terre d’acqua – I vercellesi all’epoca delle crociate, di Alessandro Barbero / 2007
Una storia importante di Augusto Maratelli con prefazione di Bruno Gambarotta / 2013
Terre selvagge, di Sebastiano Vassalli / 2014
Le vie del riso, di Alessandra Calzecchi Onesti con prefazione di Giovanna Ceccherini / 2015
Laudato Si’ - Enciclica per la Cura della Casa Comune di Francesco I (J. M. Bergoglio) / 2015
Alimentare l’umanità, di M. Brunasti e G. Ceccherini / 2016 < Gustolandia.it / 2015
Dieta Mediterranea e Laudato Si’ ⁄ Ecologia integrale di G. Ceccherini e M. Brunasti / 2016
Sulle strade dell’enoturismo, di Francesco Fravolini con prefazione di G. Ceccherini / 2016
Le giornate di Aleramo, di Maddalena L. M. Brunasti / 2017
La storia del marchesato in favole e gossip…, di Maddalena L. M. Brunasti / 2017
I piatti della cucina alessandrina, di Luigi Bruni con illustrazioni di Cecilia Prete - collana edita
da Soc. Coop. VICOLO DEL PAVONE / 2017-2018
ICONOGRAFICI gallery
AUDIO-VISIVI
SON LA MONDINA - Coro delle Mondine di Novi, Bentivoglio, Porporana e Nonantola / 2006
MARIO MARATELLI - documentario di Bruno Gambarotta / 2013
CAVALCATA DI ALERAMO - in “La Leggenda di Aleramo” di Roberta Romani / 2012
CORSA DEI BUOI ad Asigliano Vercellese - reportage di TeleMoranoPo / 2017