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Periodico di animazione missionaria degli Amici del S. Anna - Anno XXIV - N. 59 - Aprile 2017 Quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 2 DCB - Roma Il tuo sguardo di Luce, figlio del mio Signore, ridarà Luce al mondo, che Luce non ha più. 59-NuovaLuce2016_53 07/03/17 09:07 Pagina 1

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Periodico di animazione missionaria degli Amici del S. Anna - Anno XXIV - N. 59 - Aprile 2017

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Il tuo sguardo di Luce, figlio del mio Signore,ridarà Luce al mondo, che Luce non ha più.

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N. 59 - Aprile 20172

Editoriale

Abbiamo chiesto in tutto il nostro mondo di dirci, che volto hanno gli ultimi di cui si occu-pano ogni giorno, le storie che bucano loro il cuore, e fanno muovere le gambe, le mani, le idee,o più spesso le ginocchia per piegarsi ed implorare il Padre di tutti dove altro non possiamo fareperché gli ultimi non siano più dimenticati ...

Ne sono venuti fuori quadri diversi a volte confusi, a volte limpidi, tra i quali non ci siamopermessi di scegliere perché sono tutte “vicende vissute”, sofferte, cui vorremmo porre doman-de, vorremmo chiedere il “poi”, quando già un’altra storia sta riempiendo il cuore dei missionarie il loro sguardo si protende in avanti verso altre urgenze non ancora raccontabili, e ci torna inmente la parola del vangelo: “non sappia la sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3) e vediamopassare come in un film (ma sappiamo per esperienza quanto tutto ciò sia pane quotidiano a vol-te duro, ma molto, molto nutriente per lo spirito missionario) e ve lo offriamo così com’è.

Scoprirete, sfogliando queste pagine, “detenuti” che si rivelano contemplativi, (cf. USA p. 30),Bambini definiti “delinquenti” ma che si rivelano più innocenti che pericolosi (cf. INDIA p. 17).“Infelici” che sprizzano gioia, (cf. PERU p. 27). “Periferie degradate” in cui fioriscono miracoli diamore (cf. MESSICO p. 23). “Figli disperati” che, vedono in Cristo Crocifisso il senso della loro vita (cf. CAMEROUN p. 7), “Ragazze qualunque” rese cieche dal clima di “indifferenza globalizza-ta” che respiriamo un po’ tutti, e che improvvisamente, in una notte di questo freddo inverno,ricevono il dono della “Visione” (cf. ITALIA p. 21).

“Suorine paurose” che, nel momento del bisogno, si ritrovano ad essere samaritani provvi-denziali e affidabili (cf. BRASILE p. 5). “Impoveriti” dai disastrinaturali o dagli errori umani cui però nessuno può rubare la spe-ranza (cf. FILIPPINE p. 12).

In una parola “poveri” che in ARGENTINA (p. 3) e ovunque,danno a noi, con la loro amicizia, il senso della nostra vita.

Possa questo “Mistero Pasquale” che ci avvolge con la sua gra-zia, penetrare sempre più i vostri cuori e colmarli di speranza!

Auguri a tutti, con grato animoSr. Irma SSA

IL DECALOGO DELLA MISSIONE

VIII COMANDAMENTO

Il Missionario, ricordando che Gesùha privilegiato gli ultimi,

in una società, sovente indifferente,si accorge subito di loro.

Cari Amici,in questo numero, cerchiamo di fare nostro lo sguardo che contraddistingue il discepolo di Ge-

sù, missionario per definizione, e che con tanta forza, papa Francesco non cessa di raccomandarci:

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N. 59 - Aprile 20173

Argentina

Contributi all’umanitàSr. Berta Alicia Martínez González SSA

Nella città di Santa Rosa della Pampa, la Fondazione “Contributi per l’umanità” aiutale persone che vivono per le strade con cibo, istruzione e formazione professionale.Quando Papa Francesco, nel corso della prima udienza pubblica del suopontificato, ha invitato le migliaia di persone riunite in Piazza San Pietro ad “uscire verso la periferia per andare a incontrare gli altri, quelli che sono più lontani,i dimenticati, il nostro amico Mario de la Torre si è sentito messo in discussione.Prese per sé il messaggio del pontefice argentino e, con un gruppo di amici e vicinidi casa, nella città di Santa Rosa a La Pampa, lo ha messo in atto. Così è nata il 3 ottobre 2014, la Fondazione “Contributi all’umanità” (FundaAlHum);una organizzazione non-profit che si propone di soddisfare le esigenze di uomini e donne che vivono in strada. Nel comedor popolare, nutre ogni giorno più di 200persone che vengono per un pasto, ma oltre a ciò essi ricevono da lui e dal suo gruppo di volontari: affetto, accoglienza e il supporto necessario perchépossano completare gli studi, o ricevere la formazione professionale per avereaccesso al mercato del lavoro. “Il nostro lavoro ha diversi obiettivi concatenati. In primo luogo l’alimentazione,l’assistenza materiale condizione necessaria più urgente per tutto il resto. Poi l’istruzione, per avere la possibilità di avere un titolo di studio, per lo più acompletamento di quello già iniziato. Infine, la formazione professionale attraverso

una serie di corsi come elettricità, sartoria,pittura etc. Vogliamo anche dare lezionispeciali ai genitori per accompagnare i lorofigli nel processo di scolarizzazione,vogliamo essere e vicini aiutarli non soloper ottenere occupazione, ma anche peressere genitori migliori, in modo dalasciare un segno positivo sullagenerazione più giovane”. spiega lo stessoMario de la Torre.[in piedi a destra, nella foto]

Attualmente, Funda AlHum si concen-tra per ampliare le sue offerte per creareuna “banca del lavoro”, un servizio di in-termediazione con le imprese della zonain modo che i beneficiari possano essereinseriti più velocemente nel mercato dellavoro del corso seguito.

Nel 2015, anno della Vita Consacrata,Mario de la Torre, amico della comunità, daquando le sorelle sono arrivate alla Pampa,ci ha fatto l’invito a sostenerlo nel suo lavo-ro, al fine di mostrare l’amore misericordio-so, proprio del nostro carisma, ai più picco-li che ogni giorno frequentano la sua opera.

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N. 59 - Aprile 20174

Senza pensarci troppo, abbiamo deci-so di offrire il nostro servizio due giornialla settimana come volontarie; la primaad andare volontaria fu Sr. Ann Celine[nella foto della pag. precedente] e nel-l’anno della misericordia abbiamo avutoquesta grazia Sr. Valsa ed io. [a dx qui sopra, l’autrice].

drogato c’è il volto sfigurato di un ferito.Bambino maltrattato e abbandonato mol-te volte anche dai propri genitori, quasitutta la sua vita l’ha vissuta per strada, va-gando da un posto all’altro. Finalmentequi trova un po’ di pace, in questo luogosi cerca di farlo sentire degno di vivere,evitiamo di giudicarlo, con il team di vo-lontari si cerca di interrompere il circolovizioso che li incatena, credendo in loroli induciamo a credere in se stessi e di an-dare avanti.

Una delle cose più belle che mi è suc-cessa grazie a questo servizio in questoposto è che ora i poveri si consideranoamici delle suore e della comunità, nonimporta il luogo in cui ci incontrano sem-pre ci salutano festosamente, siamo sem-pre accolte, a volte in piazza mentre si of-frono di lavare i vetri della macchina o perle strade, mentre fanno qualche commis-sione, all’intersezione dei viali dove fan-no “giochi di destrezza” per intrattenere ipassanti e racimolare qualche spicciolo,sanno che sono valutati nella loro dignitàdi persone e questo li riempie di gioia.

È anche molto bello andare per contodella Fondazione a visitare gli anziani chenon riescono a procurarsi il cibo, perchésono costretti a letto e vivono praticamenteda soli in un minuscolo monolocale, dovec’è a malapena un letto, un tavolo e unastufa. Gli anziani apprezzano sempre la vi-sita e dicono che attraverso la nostra pre-senza scoprono la bontà di Dio che li assi-ste e li sostiene nella loro solitudine.

Per parte mia ringrazio Mario de laTorre che mi dà un vivido esempio dellavita di opere di misericordia in tutti i cam-pi e per averci invitate a sostenerlo per-ché attraverso il nostro servizio in questoluogo possiamo vivere la ragione per cuiDio ci ha inviato in mezzo ai più poveri epiccoli di Santa Rosa.

Siamo grate a Dio per questa espe-rienza, che è stata un’occasione di in-contro ravvicinato con i più poveri qui aSanta Rosa, soprattutto per me, perché lapovertà in questa città è nascosta in mol-ti modi e sembra esserci una condizionesociale media e alta, mentre ci sono tantipoveri che non si rivelano, li vede propriosolo chi li cerca.

Ora, dopo un anno di vita con questepersone ho potuto entrare nel loro mon-do, ho sentito molte madri che sono stateabbandonate dai loro mariti e non hannoabbastanza per vivere e come grazie a ciòche offriamo nel comedor possono rin-graziare Dio per quello che ricevono dal-la Provvidenza. Ho incontrato giovani chesono coinvolti nella droga e sono esclusidalla società ... sono temuti perché ruba-no, perché sono stati molte volte in car-cere; la gente non ne conosce la causa,per cui li giudica senza pietà.

Questa società non sa che dietro quel

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N. 59 - Aprile 2017

Brasile

Se stiamo a ciò che Dio vuole,Lui agisce in noi

Sr. Márcia Aparecida Marques SSA

dal Messaggio del Santo Padre Francesco per La XXIV Giornata Mondiale Del Malato 2016

“...Possiamo chiedere a Gesù misericordioso, attraverso l’intercessione di Maria, Madre sua enostra, che conceda a tutti noi questa disposizione al servizio dei bisognosi, e concretamentedei nostri fratelli e delle nostre sorelle malati. Talvolta questo servizio può risultare faticoso,pesante, ma siamo certi che il Signore non mancherà di trasformare il nostro sforzo umano inqualcosa di divino. Anche noi possiamo essere mani, braccia, cuori che aiutano Dio a compierei suoi prodigi, spesso nascosti. Anche noi, sani o malati, possiamo offrire le nostre fatiche esofferenze come quell’acqua che riempì le anfore alle nozze di Cana e fu trasformata nel vinopiù buono. Con l’aiuto discreto a chi soffre, così come nella malattia, si prende sulle propriespalle la croce di ogni giorno e si segue il Maestro (cfr Lc 9,23); e anche se l’incontro con lasofferenza sarà sempre un mistero, Gesù ci aiuta a svelarne il senso”.

Nei sentieri a noi sconosciuti e che, perscelta personale, magari non oseremmo attra-versare, Gesù si manifesta e chiamandoci a se-guirlo, li, ci dà la possibilità di concretizzare lanostra missione come non ci saremmo potutiimmaginare. È così che ci sentiamo dopo avertrascorso l’anno di 2016, nella nostra comunitàdi Barretos/SP – Brasile, dove la principale at-tività è l’ospitalità ai pazienti e ai loro familia-ri che arrivano dalle varie parti del Brasile perfare trattamento oncologico all’ospedale permalati di cancro di Barretos.

Da sette anni realizziamo questa missione,

ma per l’alternarsi sia delle sorelle che la-vorano in questa comunità, sia degli ospiti,ogni anno è una realtà nuova. La sfida pernoi che ci trovavamo qui all’inizio del 2016era dare continuità al lavoro realizzato pre-cedentemente dalle sorelle, accogliendocome l’albergatore del “Buon samaritano”,coloro che desiderano essere accolti nellanostra “locanda”. Abbiamo accettato contrepidazione la missione a noi affidata, perla quale ci sentivamo del tutto incompetentie, secondo l’esempio della nostra carissima

fondatrice, Giulia di Barolo, abbiamo cercatodi lasciare che “il cuore fosse il nostro maestro”.

La sfida più grande era passare da una pre-senza solamente fisica a una presenza effettiva,affettiva e spirituale, di modo che la nostra “lo-canda” fosse realmente un luogo accogliente,casa di preghiera e di speranza. Non importa iltempo che il paziente rimane con noi, abbia-mo capito che è sempre qualcuno che ha bi-sogno del nostro sostegno morale e spirituale,molto più che delle nostre “mura”.

L’esperienza fatta con una nostra sorella, Sr.Marlene, colpita dalla Sclerosi Laterale Amio-

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trofica (SLA) dall’anno di 2009 e chiamata allaCasa del Padre nel mese di novembre del 2016,dopo praticamente un anno in questa nostracomunità, ci è servito da tirocinio sia nel con-tatto con gli ospedali, sia nel comprendere qua-li sono le esigenze degli ammalati e dei loro fa-miliari che vengono ospitati da noi.

Ultimamente abbiamo accolto una giova-ne di 22 anni venuta dallo Stato del Pará, unoStato del Nord del Brasile. Lei accompagnavala sua mamma, in cura a causa di un tumore al-la testa. Appena l’ospedale ha dato la disponi-bilità per il necessario intervento chirurgico,hanno passato il Natale con noi, e il 1° gennaiola mamma fu ricoverata per l’intervento che èstato effettuato due giorni dopo. La ragazza è ri-masta sola con noi, e senza nessun altro fami-liare, per cui sapevamo di essere per lei l’uni-co punto di riferimento in quel momento. L’ac-compagnavo all’ospedale negli orari di visita ea casa, come se facesse parte della comunità,mangiava con noi suore, era così triste e smar-rita che avevamo paura si ammalasse anche lei.

Preoccupante e delicato è stato il mo-mento in cui, dopo l’intervento, i medici gra-dualmente cominciarono a diminuire i seda-tivi ma la mamma non si risvegliava. La ra-gazza sarebbe rimasta sempre davanti allaporta dell’Unità di Terapia Intensiva, anchese solamente per poco tempo di sera la face-vano vedere sua madre. Le stavo vicina, cer-cavo di incoraggiarla, qualche volta sono riu-scita a convincerla a venire a casa per man-giare e riposare un poco. Siccome la situa-zione peggiorava, lei ha chiamato sua sorel-la che anche se con sacrificio per la distan-za, è venuta. Quando la sorella è arrivata, ilgiorno seguente, la mamma è morta.

Quel giorno, ho capito che la mamma eramorta perché hanno chiamato dall’ospedalein un orario che non era di visita, ho accom-pagnato le ragazze immediatamente senzatuttavia dire loro il mio timore. Arrivando là,ci hanno subito detto di entrare, ma io cre-devo che si riferissero a loro e che io dovevorimanere fuori, perché non ero effettivamen-te membro della famiglia. Ma per mia sor-presa mi hanno chiesto di entrare con loro.

Mio Dio, le gambe mi tremavano... ma, ec-comi accanto a loro.

Che momenti difficili, ma che momenti digrazia! Poter essere strumento di Dio checonsola e sorregge in ogni momento. Sonorimasta con loro tutto il tempo necessario perrisolvere i problemi di documentazione e tra-slazione del corpo nella loro città, mi mo-stravo efficiente, una che risolve, e pensareche mai mi ero trovata a svolgere tali fun-zioni. Ritengo che questo sia stato un regalodi Sr. Marlene, perché prima io ero partico-larmente resistente a ciò che si riferiva a ma-lattia e ospedale.

La nostra missione è stata confermata dalleparole di ringraziamento delle figlie e anche diun’altra signora, dello stesso Stato che con-temporaneamente era ospite nella nostra casa.Più commovente ancora e fonte di confusioneera sentire che mentre ringraziavano noi, espri-mevano gratitudine al Signore per l’esistenzadelle Suore di Sant’Anna e pensare che questepersone erano di altra religione!

Anche noi ringraziamo il Signore che purconoscendo i nostri limiti ci chiama e ci con-ferma nella missione di essere strumenti delSuo amore provvidente per tutti.

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Cameroun

Rendo omaggio alle donne d'africaMaurizio Casadei

Alle donne che risalgono dal lago allesei del mattino, con la gerla già piena disabbia bagnata, con cui riempire un fustoper una casa in costruzione. Capaci di al-zare la testa da sotto il peso e salutare conun largo sorriso, i primi spiccioli dellagiornata. Poi via, per i campi lontani dal-la città, scalze, la gerla con la zappa sul-le spalle. E magari anche l’ultimo nato, dadeporre all’ombra, mentre si chinano sot-to il sole a coltivare.

Rendo omaggioalle donne al lavoronei campi, spazio dilibertà e creativitàove far crescere emoltiplicare la vita:che raccolgono esbucciano la manio-ca, ne riempiono lacesta e tornano in-sieme liete, cammi-nando per chilome-tri, sotto il sole delledue. E poi il fuoco daaccendere, il cibo dapreparare per tutti, ilprofumo che inondal’aia e tutti che atten-dono da loro.

E vederli mangia-re tutti con gioia eorgoglio. E finalmente sedersi lei stessa, dopo tutti, a mangiare.

Rendo omaggio alla loro intelligenzavolta a proteggere la vita, al loro provve-

dere ad ogni cosa. Alle donne al merca-to, finalmente sedute, che vendono il so-vrappiù per procurare un poco di pesce,di sale, un vestito ai figli e magari anchequalcosa di bello per loro. Basta così po-co perché facciano festa.

Rendo omaggio alla loro bellezza lu-minosa, regale, ignorata, che la fatica spe-gne presto, ma solo in apparenza. Rendoomaggio a queste donne, che trovano il

tempo per prendere ilquaderno ed andaread imparare a scrivere,e capire così che non èvero che sono menointelligenti, alla festa dileggere le prime paro-le, il libro dei canti, leletture in chiesa.

Rendo omaggio aqueste donne, reginead ogni maternità. Chesanno chiamare Désiré(Desiderato) anche ilnono figlio.

Rendo omaggio al-le donne morte nel da-re la vita, con sempli-cità, come un’avven-tura di cui sapevano

da sempre il prezzo.

Rendo omaggio a queste donne per leumiliazioni nascoste, i tradimenti subiti,le speranze deluse, la capacità di stare per

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amore dei figli. Per le volte che qualcunoha detto loro che erano inferiori, serve, in-capaci, per tutte le decisioni subite senzaessere interpellate.

Rendo omaggio a loro, soprattutto perquesti lunghi anni di guerra, a loro che por-tano il peso dell’impresa, quasi impossibi-le, di nutrire la famiglia. Al coraggio delleloro riunioni clandestine in città, non in no-me di chissà quali alternative politiche, madei loro figli e dei loro mariti, resi merce discarto dall’arruolamento forzato, dalla man-canza quotidiana di cibo. A loro che han-no per mesi rifiutato di mandarli a scuola.A loro che si sono vestite a lutto, che han-no scioperato da ogni attività, che vendonole merci in casa per non pagare al mercatola tassa dello “sforzo di guerra”, la guerracontro il loro popolo.

Rendo omaggio ai loro piedi che fannochilometri e chilometri per trovare da qualcheparte del cibo o dell’acqua per i loro figli.

Rendo omaggio alle loro mani calloseche conoscono fin da piccole il lavoro,che sanno condividere con la vicina ilniente che hanno.

Rendo omaggio al loro grembo offesoda una guerra fatta contro di loro per

uccidere il futurodi un popolo.Rendo omaggioalle donne spessoscientemente in-fettate di HIV co-me tecnica di guer-ra. Rendo omaggioalle ragazze umi-liate alla stessa manieramentre an-davano al-l’acqua o alcampo e dicolpo diventatesolo buone per la strada. A queste don-ne usate e umiliate. A quelle che hannopreferito morire atrocemente pur di nonessere violate.

Rendo omaggio alla loro capacità didanzare, malgrado tutto, alla nascita delfiglio della vicina o negli incontri liturgi-ci, ultimi spazi di libertà rimasti. Alla lo-ro capacità di ridere, mai del tutto spen-ta. Rendo omaggio alla loro fede nel Dioquotidiano che lotta con loro e medianteloro per proteggere la vita, armata debo-le ed enorme della vita contro gli eserciti

di morte.

Rendo omaggio a COLUI che le hainventate per dire oggi che la vita si gua-dagna, si difende, si protegge, con la vi-ta. A questa Eucaristia continuamente daesse celebrata nella fatica di una vita da-ta. Le loro storie, chi mai le racconterà?Ma da qualche parte un libro è scritto,che conosce ogni loro passo. Non sonotutte sante. Ma conoscono che l’amoreè fatica, l’amore fa male, come dicevaMadre Teresa.

(in internet, ripreso da molti blogger)

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Cameroun

Eccomi!...Il Signore ascolta il grido

dei poveri, di coloro che Lo invocano

dal loro cuore. Cfr. Sl. 130.

da una relazione di Sr. Felicitas NgumNengtoh,

(tradotta e liberamente adattata in redazione)

Circa 20 anni fa, le nostre sorelle ave-vano avuto modo di conoscere la famigliadi Mr. Kenne originario di Mbouda (all’o-vest del Paese, a circa 400Km da Yaoundé)che si era stabilito a Yaoundé vicino al Vil-laggio di Messamendongo ove la nostra co-munità aveva da poco aperto una scuolamaterna. Considerando le condizioni eco-nomiche di questa famiglia di emigrati con4 figli, le sorelle hanno preso i bambini ascuola avvalendosi del supporto offerto dalPAD. Bachemon, Mimosette, Cedric e perpochissimo, anche il 4°che è morto neona-to, seguito dopo pochi mesi dalla mamma,sono entrati, in tempi diversi nel gruppo deinostri bambini adottati e due di loro ci so-no ancora. Questa famiglia è precipitata al-la morte della madre in condizione di estre-ma vulnerabilità tanto più che il padre, stor-piatosi per un incidente sul lavoro non riu-sciva ad assicurare neppure il cibo per i fi-gli. Da allora le suore sono state in cammi-no con questa famiglia che ricorre a loroper tutto nella gioia come nei momenti dolorosi.

I ragazzi più grandi, sebbene a fatica, so-no riusciti ad andare avanti negli studi, Mi-mosette a 10 anni ha imparato a fare damamma per i fratelli e da infermiera per il

padre, Bachemon andava al campo per luidopo la scuola, ma è riuscito ad assicurarsiuna qualifica di fabbro che può dargli lavo-ro, [speriamo!] Cedric era piccolo alla mor-te della madre e non si è reso molto contodella situazione, ora ha 17 anni ed è in pie-na ribellione come era prevedibile, maascolta le suore che lo amano, lo consiglia-no lo incoraggiano, anche Mimosette ha ten-tato ultimamente di sottrarsi al peso di talemiseria ma ora il nuovo tragico lutto (la mor-te del padre) ha ricompattato i poveri figli intorno al nido accogliente rappresentatodalla parrocchia e dal convento.

La famiglia Kenne, al suo villaggio di ori-gine non era cristiana, ma a Messamen-dongo, frequentando la scuola delle suoree sperimentando la carità e la fraternità rea-le esistente nella Chiesa, piano piano si so-no avvicinati fino ad iscriversi al catecu-menato. Il padre Agostino, desiderava il bat-tesimo ma si vergognava a frequentare lacatechesi con i figli, però vinse se stesso e

“ ”Andrò a cambiare le amare lacrime del dolore in dolci goccie di speranza.Venerabile Giulia Colbert di Barolo

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N. 59 - Aprile 201710

nella pasqua del 2009 ha ricevuto tutti i Sa-cramenti dell’iniziazione cristiana insiemeai figli e ad un suo amico adulto come lui.Il signor Kenne ha avuto sempre una salu-te fragile, ma la situazione è precipitata de-finitivamente il 20 dicembre 2016. La mat-tina del 26 era già morto lasciando i suoiquattro figli completamente orfani.

Racconta Sr. Felicitas – Appena saputodella tragedia siamo accorse dai “nostri fi-gli”. Li abbiamo trovati, come era prevedibi-le, devastati e confusi. Mimosette, diceva:Non so da dove cominciare. Eccoci qui, sen-za nessuno! Non abbiamo né zii né cuginiqui, né rapporti con quelli di Mbuda: Nostropadre era tutto per noi. Ora siamo lasciati so-li con nessuno a cui appoggiarsi. Ascoltan-do il suo profondo dolore e la frustrazione,non potevamo rimanere indifferente. Sr. Ju-lienne (la loro catechista) ed io (curatrice del-le adozioni) entrambe eravamo commossefino alle lacrime mentre l’ascoltavamo strac-ciarsi l’anima nel suo profondo dolore. Il fi-glio maggiore, che sente di dover assumerela responsabi-lità sui suoi fra-telli minori, èstravolto dalladisperazione diessere del tuttoimpreparato.Noi li abbiamosemplicementerassicurati cheDio è con loroe non li abban-donerà. Egli èpadre dei pove-ri e degli orfani.

Dopo la messa di veglia, del 27 dicem-bre 2016, la famiglia ha dovuto viaggiarecon la salma durante la notte per portarlaal villaggio natale come qui è ferrea tradi-zione per le sepolture, tanto che solo lapresenza delle tombe degli antenati docu-

menta efficacemente la proprietà di un fon-do in certi posti molto arretrati quanto a organizzazione civile.

La prima preoccupazione era aiutarli atrovare e custodire il documento di proprietàdella Terra che se fosse caduto in mani sba-gliate, (come è in gran parte il caso di orfaninel nostro Paese) non sarebbe più esigibile.

Quasi da non crederci, ma ciò che ave-vamo temuto stava già avvenendo, abbiamosaputo che qualcuno si era fatto avanti e bri-gava per farsi consegnare tale prezioso do-cumento. I ragazzi oscillavano tre la pauradi essere ingannati e il bisogno di farsi aiuta-re, noi non potevamo restare sedute a vederlispogliare del loro diritto di proprietà e dellapropria dignità.

Considerando il triste stato dei ragazzi, siè deciso che io andassi con loro per “stare”con loro in ogni difficoltà e fare loro com-pagnia, difenderli se necessario. Ho accetta-to l’ incarico come una missione speciale dasvolgere in timore e tremore.

[È necessario qui chiarire che, nell’as-senza di unalegislazionechiara, spessoi funerali tra-dizionali so-no occasionee di soprusi,vendette, as-sassinii impu-nibili speciedove non c’èun anziano adifendere il diritto dei piùdeboli-n-d-r]

Fatti i preparativi per il viaggio, alle 11 disera siamo partiti per Mbouda. Un viaggioche ha preso sette ore su piste spesso sterra-te e in condizioni terribili per ritrovare il luo-go nella la parte più interna del paese , infattisolo i ragazzi più grandi l’avevano visto un-

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N. 59 - Aprile 2017

dici anni prima nell’ora straziante del fune-rale della mamma, allora però, c’era il papàche pensava a tutto...

Arrivati finalmente, ci siamo resi subitoconto che I membri “notabili” del clan di ap-partenenza, che avevano atteso già a lungola salma, sembravano aver fretta di sbrigarei loro affari, iniziando a dare disposizioni sudove tumularla e non avevano previsto al-cuna funzione religiosa. Sapevo che la San-ta Messa era lontana dal loro programma eil loro interesse era soltanto nel patrimonioda accaparrarsi e le cose necessarie per faretutto secondo la tradizione: “palabra rituale”[una specie di processo in cui sono imputa-ti di questa morte i familiari stretti del defun-to e giudici gli anziani quindi, se tutto va be-ne, banchetto finale per placare eventualispiriti adirati!] secondo la tradizione. Dalmomento che tutto si stava svolgendo nellalingua locale, mi sono trovata in qualchemodo persa in mezzo a queste persone. Da-gli sguardi e altri linguaggi del corpo ho ca-pito che la mia presenza era indesiderata.Dopo alcuni momenti di turbamento, a po-co a poco la convinzione che ero lì per unamissione si è rafforzata nel mio cuore e misono detta che il Signore che mi aveva por-tata lì, si sarebbe manifestato.

L’amico del defunto, che aveva viaggia-to con noi, a questo punto fu determinan-te. Prese coraggio e disse in francese, (lin-gua che tutti conoscevano) che il defuntoera cattolico, che loro erano lì per testimo-niare e portare i documenti che comprova-vano la sua volontà di essere seppellito se-condo il rito della sua Chiesa. Ci fu un mo-mento di vera tensione perché i parenti era-no del tutto contrari a queste novità, ma gra-zie alla testimonianza dell’amico che esibì,la lettera del parroco di Yaoundé e, soprat-tutto, sottolineò la presenza della religiosache aveva accompagnato la salma, in quan-to “femme de Dieu”, questi riuscì a con-vincerli della opportunità della Messa di

suffragio per la pacificazione degli animi.Qui ho sentito la potenza di Cristo in lottacontro con quella dell’anticristo manife-starsi vincente. Ero molto consolata e gioio-sa. Un altro motivo per la mia gioia è statoquando ho visto come lo spirito di Dio ave-va lavorato nella vita di Agostino Pa spin-gendolo a diventare cristiano in tarda età efar sì che il suo funerale fosse occasione ditestimonianza cristiana. Stupore massimo,fu sentire che l’essere io una consacrata aDio (sebbene le donne in questi frangentinon significhino niente) fosse stato l’argo-mento vincente per onorare il corpo di unCristiano secondo la gloria del suo battesi-mo! Mi meravigliai della provvidenza diDio, che funziona così misteriosamentenella vita dei poveri che ripongono la lorofiducia in lui. Infatti, se le cose fossero an-date altrimenti, nessuno avrebbe fornito ra-gioni sufficienti a convincere la famiglia del-la necessità di una messa da Requiem. Que-sta esperienza è stata una grazia per me,perché ho capito che Dio si rivela nei mo-menti in cui non ci sembra di poter capirele sue vie. Alla fine inaspettatamente, sonostata chiamata dal Sacerdote, che final-mente aveva potuto celebrare la S. Messa,a benedire la salma ela fossa con il ritualeper la sepoltura deicristiani e non sonostati eseguiti sul cada-vere quei riti paganiche lui avrebbe rifiuta-to e che avrebberoamareggiato enorme-mente i ragazzi. Tornammo a Yaoundé,consolati e sereni,convinti più che maiche “tutto contribui-sce al bene di coloroche Dio ama”.

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N. 59 - Aprile 201712

Filippine

Non di solo pane...Da quando è stata fondata, 12 anni fa,

la casa famiglia “Barolo” di Cainta è statauna vera “casa” per molte ragazze povere.

L’obiettivo delle Suore per questo pro-getto è quello di aiutare le studenti pove-re a completare con un diploma o laureai propri studi e infine, poter trovare un la-voro. Questo si fa per tutte, e molte festedi diploma e storie a lieto fine abbiamogià ricordato da queste pagine, per graziadi Dio.

Tuttavia, ci sono alcune ragazze chehanno bisogno di qualcosa di più; qual-cosa che è al di là di un aiuto materiale efinanziario. Sono ragazze che portanodentro profonde ferite o, per lo più, a cau-sa di una famiglia distrutta, o della tossi-codipendenza, altre che hanno subito esono vittime di catastrofi naturali. Per co-storo la società in generale osserva e cer-ca di tamponare solo il livello superficia-le del problema ma il bisogno è più gran-de e solo un occhio veramente maternolo sa vedere...

Noi sorelle, a volte ci sentiamo inca-paci e impotenti per rispondere alle loronecessità, ma la grazia di Dio ci rende ca-paci di accoglierle e di farci loro compa-gne di viaggio camminando faticosamen-te al loro fianco mentre percorrono un lo-ro difficile calvario.

FIGLIA DI CONDANNATI A MORTEI genitori di MARIELLA DOMINGO si

sono separati quando era bambina. En-trambi si sono risposati e ora lei ha 8 fra-telli, che vivono sotto lo stesso tetto di pa-glia in una casa costruita in una zona dibaracche. Già da bambina, doveva men-dicare a destra e sinistra un piatto di riso

da parte dei vicini per sfamare se stessa ei suoi fratelli. Da adolescente, ha speri-mentato la estrema abiezione di andare araccogliere il cibo nella spazzatura.

Forse, come estremo rimedio a tantamiseria. la madre e il patrigno si sono la-sciati coinvolgere nel traffico della droga.

[Come sappiamo il nuovo presidentedelle Filippine aveva basato tutta la suacampagna elettorale sulla promessa disradicare il narcotraffico ed ora il suo pu-gno di ferro è inesorabile n-d-r]. e la no-stra Mariella ne è stata una delle prime vit-time. Al 30 giugno 2016 la madre e il pa-trigno sono stati arrestati e messi in pri-gione in attesa di giudizio. Lei e i suoi fra-telli sono stati “distribuiti” come oggetti,tra le case di alcuni parenti.

La zia di Mariella però, già dall’annoprecedente, l’aveva raccomandata alleSuore di Sant’Anna perché potesse com-pletare la scuola nel loro ostello.

In un primo momento, queste pensa-vano che, come le altre ragazze, lei si sa-rebbe preoccupata solo di studiare il piùpossibile, ma col passare dei giorni, si ma-

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nifestarono gli altri, ben più gra-vi, problemi, che disturbavanoanche la sua applicazionescolastica. Lei piangeva e sisentiva depressa. Era preoc-cupata per la madre e il pa-drigno imprigionati, e avevasentito notizia della misera-bile situazione dei suoi fratel-li. Non tutti i parenti che avreb-bero dovuto prendersi cura diloro sono infatti così gentili e premurosi.

Inoltre, si sente in imbarazzo a condi-videre la sua situazione con le altre ra-gazze del convitto di Casa Barolo. È unagrande vergogna per lei avere i genitoricondannati ... e teme così tanto per la ma-dre a causa “della guerra totale contro ledroghe”, con le notizie quotidiane che legiungono di uccisioni extra-giudiziali...regolarmente impunite...

Il paziente e costante accompagna-mento delle Suore la incoraggia moltoperò. Trovano il tempo per ascoltarla osolo per essere lì, con lei e per lei se nonvuole parlare... Ha trovato una famigliache le dimostra di darle il sostegno emo-tivo tanto necessario. L’atmosfera e i mo-menti formativi della Casa favoriscono lariconquista della propria autostima e lafiducia nella vita. Sì, lei si vergogna di

ciò che è accaduto ai suoi genitori, maora è in grado di tirarsi su.

Le Suore spesso accompagnano Ma-riella a visitare i suoi fratelli nel quartieree genitori in carcere, portando cibo e al-tri aiuti come il latte per il fratellino di so-li 2 anni. Questo solleva Mariella dallasua angoscia e l’aiuta a ritrovare l’atten-zione necessaria per i suoi studi, mante-nendo la speranza per un futuro più lu-minoso.

SOPRAVVISSUTI AL SUPERTIFONEMary Cristo Gonzaga è da Leyte, il

luogo devastato da super-tifone Hainan,l’8 novembre 2013. Molti dei suoi paren-ti sono morti e la loro provincia è stata

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N. 59 - Aprile 201714

completamente devastata da questa ondadi tempesta. Al culmine del tifone, MaryCristo e la sua famiglia hanno dovuto la-sciare la loro piccola casa e rifugiarsi inquella più grande del loro vicino. Quan-do la tempesta cessò, non potevano cre-dere che erano ancora vivi.Molti dei vici-ni erano mor-ti. La fame, lasete e la scos-sa ricevuta daltifone hannoquasi sconvol-to la mente diMary.

Nonostantela povertà, leiprima, avevagrandi sogni edera stata a servi-zio per 5 anni alfine di raccogliere fondi perla sua istruzione universita-ria. Era determinata a otte-nere l’iscrizione per l’annosuccessivo, ma il tifone hamandato in frantumi tutti isuoi sogni. Doveva aiutarela sua famiglia ad iniziaredi nuovo a costruire unapiccola casa e trovare ilmodo persopravvivere. Non poteva-no dipendere per sempre dalla razione dicibo elargita dal Governo e l’assistenza fi-nanziaria o l’aiuto occasionale dei parenti.

Qualche settimana dopo però, sentìparlare delle Suore di Sant’Anna che of-frono borse di studio e cibo gratis con al-loggio ai giovani sopravvissuti al tifone.Sr. Bernadette e suor Nora erano andatea Leyte per presentare con il Vescovo lo-cale, l’aiuto concreto che la Casa Barolo

avrebbe potuto offrire. Nel giugno del2014, Mary Cristo divenne un’ospite del-la Casa famiglia e studia per diventare in-segnante. Ben presto però, le suore si re-sero conto che la ragazza non aveva solobisogno di aiuto materiale, ma di un ac-compagnamento costante, al fine di su-

perare il suotrauma.

Hanno co-minciato adare moltaattenzione

alla sua ten-denza alla

malinconia,e quando èstato neces-sario, han-no dovutoconsultare

gli specialisti che si occupano di personetraumatizzate.

Mary Cristo ancora grida ogni voltache racconta il suo calvario, ma lei diceche grida di gioia perché: lei è stata sal-vata, grazie alle Suore di St. Anna chehanno allungato la mano verso di lei, percercare e afferrare la sua che annaspavanel vuoto.

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N. 59 - Aprile 201715

Filippine

Facendo qualcosadi non convenzionale

meditazione di una missionaria, sul filo della memoria

Sr. Angelita Abrea SSA

Gli amici del paralitico hanno fattoqualcosa di non convenzionale per avvi-cinare quel malato a GESÙ. Mi piacepensare che erano amici del paralitico(anche se il vangelo non lo dice) perosare tanto per lui. Altri avrebbero potu-to semplicemente ignorarlo. Chi avrebbemai pensato di salire sul tetto e abbassa-re un uomo malato, attraverso le tegole?

Solo chi è molto vicino al paralitico puòpensare una cosa simile. Ovviamente, ilgrande desiderio di avere il loro amicoguarito da Gesù ha fatto pensare lorol’impensabile.

Abbiamo fatto anche noi, qualchevolta, qualcosa di non convenzionaleper i nostri amici o per qualcun altro?

Mi tornano alla memoria molte espe-rienze che “danno Vita” al mio viaggiodella vita, ma anche qualche esperienzanon convenzionale c’è stata. Due eventiin particolare mi vengono ora in mente.

AMICIZIA CON GLI ZINGARIDa giovane suora, ho avuto la felice

occasione di lavorare con gli zingari.Uno dei nostri impegni apostolici da ju-niores, era andare negli accampamentidi gitani ogni domenica. In dicembre cidavamo da fare perché era sempre pro-grammata una festa prenatalizia con loroe volevamo rendere memorabile questoevento soprattutto per i bambini del

“in uno di quei giorni, siccome Gesù stava insegnando, c’erano i farisei e gliinsegnanti della legge seduti accanto a Lui, venuti da ogni villaggio della Galilea e Giudea e da Gerusalemme; e la potenza del Signore era con lui a guarire. Ecco, quattro uomini portavano su un letto un uomo che era paralizzato, e cercavano di portarlo dentro ma non trovando un modo per riuscire a passarea causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono con il suo letto attraverso letegole in mezzo alla stanza davanti a Gesù che vedendo la loro fede, disse: “uomo, i tuoi peccati sono perdonati.” (Lc. 5: 17-20)

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N. 59 - Aprile 201716

campo. Già sempre le loro mamme ri-correvano a noi per avere abiti usati erifornimento alimentare per i loro bimbima per la festa ci volevano veri doni!poiché non avevamo niente abbiamodeciso di chiedere per carità vestiti nuo-vi e giocattoli per loro nei negozi dellazona. Siamo andate in giro per negozidiversi, a volte percorrendo chilometriinutilmente. Alcuni proprietari generosa-mente hanno dato cibo, giocattoli e ab-bigliamento, alcuni erano indifferenti al-la nostra presenza mentre altri ci hannodetto parole offensive.

Abbiamo accolto con buon viso tuttociò che ci è venuto addosso e, alla fine,la festa è stata davvero memorabile!

CONTAGIO DI AMOREIn uno di quei giorni freddi di dicem-

bre, ho portato un sacco pieno di vestitiper un mendicante che sedeva sulle sca-le d’ingresso alla Pontificia Universitàdove ho studiato. I miei compagni diclasse, la maggior parte di loro erano sa-cerdoti, mi guardavano incuriositi mauno apostrofandomi con ironia mi disse:“Angelita, hai una lavanderia qui?”.

La settimana seguente due del miocorso preti e compagni di classe (un ita-

liano e un tedesco) mi hanno detto “An-gelita, abbiamo dei regali per voi”. Hodue borse piene di vestiti invernali, gio-cattoli e medicinali. Uno di loro avevachiesto ai suoi parrocchiani i vestiti egiocattoli, l’altro aveva chiesto a suo fra-tello che possedeva una farmacia le me-dicine. Lo stesso giorno, un messicanocompagno di classe ha offerto la suascheda telefonica, in modo che quel po-vero, che veniva dalla Romania, avrebbepotuto almeno chiamare a casa per Natale.

L’accattonaggio non è mai stato facile.Ma vedere i sorrisi degli zingari e dei vaga-bondi era abbastanza per sapere che vale-va la pena farlo.

Chiedere l’elemosina è stato umiliante,ma la trasformazione di alcuni dei mieicompagni di classe mi ha ripagata al cen-tuplo del dolore e la fatica provati.

Gli amici del paralitico hanno fatto qual-cosa di non convenzionale, in modo chelui potesse incontrare Gesù e avere l’espe-rienza di guarigione. Erano veri amici!

Cosa possiamo offrire ai nostri amici oalle persone che abbiamo messo alla peri-feria della nostra vita e di cui quasi non ciaccorgiamo?

Se tutto va bene, è qualcosa che portasorrisi sui loro volti, pace interiore e guari-gione.

Sentirai, allora, nel cuore anche tu:“veramente ti dico, qualunque cosa

avrai fatto per uno dei più piccoli di questimiei fratelli e sorelle, lo hai fatto per me.”(Mt. 25,40)

Possa dunque fare anche tu un viaggiodella vita significativo, grazie ai gesti nonconvenzionali che avrai il coraggio di compiere!

Sr. Angelita, oggi, con “gli ultimi” di Manila

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IndiaSui passi di Juliette

a cura di Sr Anitta Francis-SSA

I nostri cuori erano pieni di sentimenti di-versi, quando abbiamo visitato il carcere mi-norile di Sanivarapetta il 16 ottobre 2016.

Per tutte noi era la prima volta che po-tevamo visitare la ‘prigione’. Quando lo ab-biamo deciso nella Comunità, ci è sembra-to bello perché l’abbiamo presa come unapossibilità di seguire le parole di Gesù e difare un’esperienza come la nostra Fonda-trice Giulia.

Ci avevano detto che c’erano 130 ragaz-zi da 8 a 18 anni. Quando abbiamo saputoche bambini così piccoli erano stati messi incarcere ci siamo sentite tristi e confuse: qua-li misfatti potrebbero aver fatto per essere por-tati via dalle loro famiglie alla loro tenera età?!

Abbiamo iniziato a organizzarci per pre-parare e vivere questa mezza giornata in mo-do significativo e fruttuoso. Noi della comu-nità orientativa delle aspiranti delle Suore diS. Anna siamo in 20, ci siamo quindi divisein 4 gruppi per preparare e condurre alcunigiochi adatti all’età dei bambini e degli ado-lescenti di quella casa. Ci avevano anche av-vertite che i premi per i vincitori dei giochiavrebbero dovuto essere forniti da ciascuna dinoi prendendoli dalle cose migliori che pos-

sediamo. Non ci saremmo mai aspettate didare in dono delle cose nostre e siamo statesorprese chiedendoci a che servirebbe e qua-le cosa preziosa avremmo trovato da offrire?Dopo la discussione sui giochi ci siamo con-centrate sulla caccia al premio ... Con nostrasorpresa abbiamo trovato molte cose utili trale nostre cose, semplici ma significative. An-che se non è stato molto facile separarcene,ce l’abbiamo fatta e abbiamo trovato veragioia quando sono stati offerti ai bambini me-no fortunati di noi.

Le 6 suore della comunità a loro voltahanno speso il proprio tempo ed energie, pre-parando alcuni snack e imballarli separata-mente per ogni pacchetto, tenendo conto del-la gioia di ogni bambino che riceverà quelpacchetto preparato appositamente per lui.

Quando tutte e 26 abbiamo raggiunto ilcarcere, il cancello è stato chiuso alle nostrespalle. Allora un senso di paura è entrato intutte noi aspiranti. Ci si è gelata la schiena enon osavamo guardarci l’un l’altra non sa-pendo se anche chi ci stava vicino provava lastessa sensazione. Eravamo però esitanti adandare avanti. Le suore, accortesi della no-stra improvvisa paura, ci hanno animate a essere coraggiose e gioiose nella ricerca di

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Gesù in quei piccoli meno fortunati. Così cisiamo lanciate, infine, per questa nuova espe-rienza. Lentamente la nostra paura e la ten-sione sono scomparse e abbiamo iniziato concanzoni mimate poi, giochi di gruppo, gareecc. Abbiamo dimenticato noi stesse e ci sia-

essendo al di fuori del carcere, siamo prigio-nieri delle nostre inclinazioni, dei pensieri ne-gativi e della tristezza, detenuti per la nostrapigrizia e irresponsabilità, ai nostri sbalzi d’u-more e all’indifferenza, ecc.

Al nostro ritorno, quando ci è stato chie-sto di fare una valutazione e riflettere su tut-to ciò che avevamo vissuto dalla preparazio-ne fino alla fine, siamo state davvero grate aDio che ci ha dato questa possibilità che hacontribuito alla nostra crescita personale eprofessionale, che ci ha fatto pensare in mo-do diverso e cambiare alcuni dei nostri at-teggiamenti e comportamenti. Più di quelloche abbiamo potuto dare, è importante ciòche abbiamo ricevuto da loro.

Abbiamo imparato che possiamo esserecontente di ciò che facciamo, invece di la-mentarci di ciò che non abbiamo. Quei pic-coli ci hanno insegnato a mescolarci con tuttie a prenderci cura degli altri, particolarmentedi coloro che sono più piccoli di noi. Essi so-no stati sottratti ai loro cari e alcuni non sannonemmeno chi siano né dove siano i loro geni-tori, ma ancora sembrano essere felici e liberi.Alcuni di quelli più grandi, durante la nostravisita, sono stati tenuti nelle celle chiuse in pu-nizione per i reati commessi e ripetuti. Le no-stre suore sono andate da loro e ci hanno det-to che la loro situazione è patetica, ma un rag-gio di luce c’è nei loro occhi, perché quei ra-gazzi non hanno ancora perso, la speranza nel-la vita, nell’amore e nel perdono di Dio.

Ringraziamo infine Sr. Soly, la Superiora etutte le sorelle della nostra Comunità che ci gui-dano con diligenzae ci aiutano a sco-prire e discernere lanostra vocazione at-traverso varie espe-rienze e attività.

Aspirants, Gnanadeepalaya

St. Ann’s Novitiate,Eluru

mo pienamente coinvolte con loro nel daredel nostro meglio. Abbiamo trovato facileparlare con loro siccome loro stessi si avvici-navano a condividere i loro problemi, le ra-gioni per cui erano lì, il desiderio di esserefuori da quella prigione, i loro sogni per il fu-turo, ecc.

Tutto sembrava un incubo ma c’è volutopoco tempo per convincerci che era la realtà.C’erano anche bambini di 4 anni abbando-nati o orfani e “Linea Bambino” li ha portatilì. Altri sono stati portati dalla polizia perqualche furtarello o violenza fisica o morale.

Alla fine della giornata abbiamo distribui-to gli snack e pregato insieme come ci han-no chiesto di fare. Le persone che erano in-caricate di loro si sono unite a noi nella pre-ghiera. La scena della partenza fu la più toc-cante, perché non abbiamo mai pensato chesi sarebbero così attaccati a noi. Hanno chie-sto alle nostre sorelle di mettere le loro manisu di loro e pregare per loro. I loro piccoli occhi erano chiusi nella fede, le mani giuntein preghiera e i cuori sono stati sollevati nel-la speranza che Dio li può ancora salvare eassicurare loro un futuro luminoso.

Abbiamo sentito chiaro che a volte, noi

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India

Celebrazione della Giornata delle Bambine

Sr Premila SSA

Per essere “ultimi”, in India, come in tante altre parti del mondo, basta ancorasoltanto essere donna. Sebbene equiparata in tutto all’uomo nella Costituzione eprotetta sempre meglio nella legislazione corrente, è ancora fatalmentediscriminata dalla cultura locale, soprattutto nei villaggi più arretrati. Per questo si è dovuto persino istituire una “giornata della bambina” per convincere queste ultime di essere non un “errore della natura”ma una persona di pari dignità rispetto ai maschietti.

“Forza e dignità sono il suo manto, ed ella va fiduciosa incontro all’avvenire” (Prov 31:25)

L’8 settembre, giorno in cui si celebrail compleanno della nostra Madre Cele-ste, è vissuto qui in India, anche comeGirl Child Day. Per l’occasione, noi suo-re della comunità formatrice dallo junio-rato interprovinciale di Asha Kiran, ab-biamo invitato le bambine dei villaggi vi-cini per una serata di solidarietà, di di-vertimento e di formazione. Dato che leragazze qui sono tenute per lo più nellecase da sole, dopo la scuola elementare,questa è stata una opportunità per loro

non solo di mostrare il proprio ta-lento attraverso varie competizioni,ma anche per scoprire il valore spe-cifico di essere “bambina”, aumen-tare la propria autostima, essere fi-duciose e felici del loro “esserci” co-sì come sono.

Questa festa è iniziata in anticipocon i preparativi dei giorni prece-denti che le juniores hanno fatto per-

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ché le bambine potessero partecipare agare di disegno, danza, recitazione e can-to mimato in diversi gruppi secondo le ca-pacità di ciascuno. Il giorno stabilito alle2:00 pm lentamente, le bambine hannocominciato entrare nel campus, che sem-brava essere più luminoso con la loro pre-senza colorata. Alle 2:30 circa 120 ra-gazzine erano arrivate e così le abbiamoportate in cappella per una breve pre-ghiera, per implorare la grazia di Dio nel-la propria vita e quella di tutte le bambi-ne del mondo.

Quindi le abbiamo radunate nella sa-la per il programma. I padri del DhyanAshram, P. Giuseppe e P. Daniel, si sono

uniti a noi per questa giornata. L’e-vento è iniziato con una danza dipreghiera fatta dalle nostre ragazzedella classe di sartoria. Abbiamo poiproceduto alle competizioni. Tutteerano molto entusiaste e hanno da-to il loro meglio per ogni numeroche hanno presentato. La gioia sulvolto di ogni bambina è stata mol-to evidente e contagiosa. Fr. Giu-seppe ha detto poche parole ispi-rate e illuminanti sulla necessità di

una educazione alla vita di ogni bambinae ragazza e che ognuno dovrebbe fare losforzo per esprimere e far sbocciare il me-glio di sé. Questo, ha detto, porterebbe adun futuro luminoso. In seguito Sr. Animaancora una volta ha mostrato attraversouna storia la necessità di ogni ragazza diessere istruita per essere in grado di starein piedi sui suoi stessi piedi.

[Bisogna ricordare a questo propositoche la tendenza all’abbandono scolasticotra le femmine è ancora molto forte per-ché sono influenzate dalla mentalità an-cestrale che pensa che per essere unabuona sposa e madre non occorre anda-re a scuola e quindi non sono motivate asforzarsi intellettualmente e alla prima

difficoltà restano a casa in attesa diessere date in sposa anche moltoprecocemente- n-d-r]

La giornata si è conclusa con lacerimonia della distribuzione deipremi. Non solo le vincitrici dei con-corsi sono state premiate, ma tutte lepresenti hanno ricevuto un regalo.Tornarono a casa con bocche zuc-cherate, spiriti alzate e la gioia di essere una bambina, figlia preziosa diDio.

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Italia“La Caritas è la carezza della Chiesa al suo popolo”. Papa Francesco

Un sms che ti cambia la vita

Avevo sentito parlare tante volte delloSNI. Ma per me era solo un acronimo tra itanti che capita di sentire. Un giorno hoscoperto che dietro quella sigla si celava ilServizio Notturno Itinerante. Lì per lì nonho capito bene di cosa si trattasse e per unlungo periodo dopo di allora per me lo SNIè rimasto solo una sigla. Poi un giorno horicevuto un messaggio, (chi è parte della re-te di Caritas Roma sa che capita di ricever-ne e può trattarsi delle cose più disparate,dalla partecipazione ad un convegno, al-l’invito a teatro, alla donazione di un’oradel proprio tempo a mensa etc etc.) Era però

Appuntamento presso la sede della Cit-tadella della Carità – Santa Giacinta1 alle20.30 di sera: ad essere sincera non sape-vo cosa mi aspettava e se davvero avrei

1 Cittadella della Carità – Santa Giacinta. Via Casilina Vecchia, 19 – 001825 RomaTel. 06 888.150

la prima volta che ricevevo un messaggioche chiedeva supporto ai volontari per del-le uscite serali finalizzate a distribuire co-perte e sacchi a pelo. Per me ha avuto ini-zio in questo modo l’avventura con lo SNI.

potuto essere d’aiuto in una situa-zione completamente ignota. Sape-vo però che in un modo o nell’altrome la sarei cavata. Tutto è diventa-to più chiaro quando – dopo averconosciuto gli altri compagni diviaggio, volontari e operatori esper-ti della Caritas – ci siamo divisi lezone da perlustrare, abbiamo pre-so i sacchi a pelo e il necessarioper annotare i nostri incontri e sia-

mo saliti in macchina.

www.caritasroma.it – 6 feb- 2017 - 11.36

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N. 59 - Aprile 201722

In quel momento mi è venuto in men-te quante volte mi era capitato di trovar-mi in macchina per strada a quell’ora enon aver fatto assolutamente caso a chi, inquello stesso momento, poteva aver po-sto un cartone per terra e formato un pic-colo giaciglio dove passare la notte. Pra-ticamente tutte.

È la globalizzazione dell’indifferenzadi cui ci parla spesso papa Francesco,quello stato fisico e mentale che ormai èparte fondante di ciascuno di noi, unacondizione normale del nostro essere cit-tadini della nostra epoca, troppo impe-gnati e focalizzati a seguire il nostro per-corso, ad arrivare in un certo luogo o adun certo obiettivo schivando letteralmen-te tutto ciò – o meglio – tutti coloro chenon ne fanno parte, specialmente in unagrande e complessa città quale è Roma.

Ecco ... essere toccati dallo SNI consen-te di capire meglio cosa significhi farsi pros-simo, buttando l’indifferenza in un cestino.Ma è anche un modo per riflettere su quan-to sia sociale (nel vero senso della parola,non quello dei social network) la propria vi-ta quando non siamo in famiglia.

Perché? Ad esempio perché per dueorette o poco più non esistono cellulari,se non per cercare una strada e già que-sta è una condizione anomala rispetto alvivere quotidiano. Pensatecibene: per quanto tempo riusci-te a non guardare il cellularesenza sentire l’impulso di far-lo? Io credo non oltre unamezz’oretta a meno di impegniurgenti e improrogabili. O an-cora ... perché permette di ve-nire a contatto con storie ina-spettate di persone con un vis-suto tutto da raccontare, pienedi dignità e orgoglio pur nellemolteplici difficoltà.

Nella vita di tutti i giorni,

quella che ci vede impegnati 10 ore algiorno sul posto di lavoro, quante sono leoccasioni per conoscere nuove personediciamo nell’arco di un mese? Ho riflet-tuto su questo: a meno di lavori a contat-to diretto col pubblico direi che per mol-ti mesi consecutivi la risposta sia la stes-sa, nessuna.

O infine, perché consente di scrutare gliocchi dei passanti – quelli che potrebbero es-sere i propri occhi – nel momento in cui ci siavvicina all’altro: occhi curiosi di sapere sesotto quelle coperte qualcuno possa esseremorto, o magari occhi pieni di stupore quan-do scorgono risate inaspettate, o ancora oc-chi discreti e pensierosi sul motivo per cuiuno si trova a dare una mano in quello stes-so momento.

Della mia prima esperienza con lo SNIavrei potuto raccontare delle meraviglio-se persone che ho conosciuto, ma ho pre-ferito testimoniare una piccola parte diquello che lo SNI è in grado di dare achiunque decida di trasformarlo da ano-nima sigla ad una esperienza che ti avvi-cina alla vita reale. Momenti di caloreumano e gentilezza e rispetto e garbo edempatia e gratuità che fanno gioire il pro-prio cuore e che rendono meno infelice esola anche per soli pochi minuti la seratadi qualcuno meno fortunato.

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N. 59 - Aprile 201723

Messico

GRAZIE MESSICO!

Ripeto sempre ai miei figli chenon devono smettere mai di

sognare ... che devono sempre “vo-lare alto” e … Questa volta ho spe-rimentato io stessa che i sogni siavverano e … ho volato in alto,molto in alto!!!

Sono volata in Messico al con-gresso LASA: i laici Amici diSant’Anna dell’America Latina.

Raccontarvi questa esperienzanon è facile, le emozioni si in-trecciano alle lacrime, alla gioia, alla spe-ranza che ho letto nei volti delle personeche ho incontrato.

La prima grande emozione è stata en-trare nella casa delle suore nella periferiadi Città del Messico: Suor Maddalena, Sr.Rosy e Sr. Mary.

Una cucina, una piccola sala comune,una camera con letti a castello, due picco-li bagni e ... una Cappella!!!

Piccola ma intensa: il Crocifisso nel-l’angolo è illuminato dalla luce che entradal soffitto; la Luce del Padre che illuminai figli!!

Tre sorelle nell’Amore per Gesù che vi-vono povere tra i poveri con l’attenzione

rivolta a chi ha più bisogno, vestite di ac-coglienza e calore.

In quella piccola casa mi sono sentita“a casa”.

GRAZIE PER AVERMI RICORDATO COSA SIGNIFICA ACCOGLIERE!!!

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N. 59 - Aprile 201724

Un’altra tappa importante è stata la visitaall’ospedale, dai bambini malati di tumore.

Il dottore, la dottoressa, le mammedei bimbi ... la loro gentilezza mi ha di-sarmata.

Il sorriso dei bambini nel ricevere i pic-coli regali arrivati da Montemerano … miha fatto sentire “tanto picola”.

La grande dedizione di Suor Giuliettami ha riempito il cuore.

GRAZIE PER QUESTA GRANDE LEZIONE DI AMORE GRATUITO!!!

Ho conosciuto persone meravigliose,ho visto posti bellissimi, colorati e pieni dicalore umano, ma il mio cuore ha sceltouno su tutti: Luis Fernando.

Un bambino operato di tumore, rifiuta-to dalle altre scuole e accolto da quelladelle suore.

Due grandi occhi che raccontano ilsuo dolore, la povertà della sua famiglia,l’imbarazzo nell’accettare ciò di cui ha bi-sogno dalle suore.

Ho consegnato a lui il pacchettino chemi aveva dato Luca (un mio bambino delcatechismo) e allora ho visto i suoi occhi il-luminarsi perché c’era qualcuno che avevapensato proprio a lui, non alla sua malattiao alla sua fame, ma a lui: il bambino!!!

GRAZIE LUIS PER LA TUA LEZIONEDI UMILTÀ!!!!

Non ti dimenticherò!Silvia Tanilli

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N. 59 - Aprile 201725

MessicoLa ComunitàCumbres III

a cura del “Gruppo missionario Carlos e Julia” del Messico

Questa comunità si trova alla periferiadella città di Aguascalientes, ed é purtrop-po emarginata, priva di servizi pubblici dibase. Ha la presenza preziosa del sacerdo-te, Miguel Angel Romano, parroco dellaParrocchia di S. Edvige, che però è lontanadalla comunità di Cumbres III, 20 minuti diauto. Padre Miguel si prende grande curaspirituale dei fedeli, è vicino a loro e moltopaterno, ma la domanda di lavoro nella suaparrocchia è troppa, e lui non può rispon-dere a tutte le esigenze come vorrebbe.

C’è una cappella, dedicata a San Julio Al-varez, martire del tempo della persecuzionecristera. Padre Miguel vi celebra l’Eucaristianel pomeriggio della Domenica e si lascia aiu-tare per tutto il resto dalle Suore e dalla fami-glia laica del sant’Anna LASA che ha presoparte al ministero di evangelizzazione in que-sta comunità per la prima volta nella Settima-na Santa del 2014. Da quell’anno il gruppo“Missionari Carlos e Julia”, composto da 10famiglie, ha visto la necessità di andarvi al-meno mensilmente per soddisfare le loro mol-teplici esigenze. Il loro motto è: “la mia fa-miglia a servizio della famiglia”. ll loro pro-posito è quello di essere pronti a servire il più

possibile le famiglie di cui conoscono le esi-genze specifiche.

E queste sono tante perché, visitandole, sitrova: estrema povertà, solitudine, malattia,emarginazione, alcolismo, tossicodipenden-za, criminalità, madri, bambini e anziani ab-bandonati, analfabetismo e soprattutto lamancanza di conoscenza e vicinanza del no-stro Signore e Salvatore Gesù Cristo-Dio.

Dopo l’esperienza della Pasqua, queste fa-miglie hanno implorato a non lasciarle più so-le, hanno tanto bisogno di essere ascoltate,hanno assaggiato che un mondo senza “in-differenza” è possibile e vogliono entrarci.

Racconta un missionario che si reca in co-munità il terzo sabato di ogni mese:

Verso le 16 ci ritroviamo in cappella.Cominciamo con la preghiera del gruppomissionario poi ci organizziamo in diverse

squadre e andiamo a visitare le famiglie.Successivamente, porgiamo l’invito a ve-nire in cappella e, mentre Padre Migueloffre il Sacramento della Riconciliazione,noi offriamo formazione liturgica, coro ecatechismo.

La nostra attività si conclude intorno20:00. Attraverso le visite alle famiglie si ar-riva a stabilire un vincolo di unità molto for-te con loro: in particolare con i bambini, e lepersone più vulnerabile per malattia o per bi-sogno sia materiale che morale e spirituale.

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Abbiamo avuto molte esperienze che cihanno segnato come gruppo missionario, vo-gliamo condividere solo alcune di esse: Sonostati segnalati casi estremi come la signoraPatricia, madre abbandonata con 7 bambinitra i 14 e 1 anno di età, che viveva in una ca-panna costruita con i rifiuti. Coperte, cartone,stagnola. Nel mese di aprile 2015 le è statodiagnosticato un cancro al seno. Come sup-porto missionario il gruppo ha preso l’impe-gno di assisterla durante la sua malattia fino aquando Dio l’ha chiamata nel dicembre del-lo stesso anno. Avremmo voluto continuare aseguire i bambini, ma non è stato possibileperché il papà li ha presi e divisi tra i nonnimaterni e paterni. Un’altra situazione che ciha segnato è quello di Jesica e i suoi figli Mi-guel e Alfonso di 6 e 3 anni, rispettivamente.Vivono in una capanna in prestito, tra i rifiu-ti, già che la mamma è pepenadora [personeche sopravvivono traendo dalle discariche dirifiuti il necessario per vivere] e il papà quan-do è chiamato fa l’operaio. Entrambi sono tos-sicodipendenti. I bambini hanno difficoltà diapprendimento e del linguaggio; Inoltre nonhanno la necessaria attenzione (scuola, l’i-giene, il cibo). Continuiamo a visitare e so-stenerli durante le nostre visite terzo Saba-to di ogni mese.

Abbiamo anche ricevuto molte prove checi motivano come modelli di vita coniugale,come nel caso di tre coppie in particolare:

Don Aurelio e Doña Sofía con oltre 50 an-ni di matrimonio, Lui nonostante la malattia,ha sempre avuta come centro della sua vita lamoglie fino al punto di lasciare tutto quandoera malata (lavoro, apostolato e effetti perso-nali) solo per essere al suo fianco, sostenen-dola fino alla fine. Attualmente don Aurelio siè restituito al suo apostolato come catechistanella comunità.

Don Ramon e Doña Lupita che hanno go-duto con gioia il matrimonio, anche se Dionon ha mai dato loro il dono dei figli, sonostati una straordinaria cattedra di amore co-niugale fedeli al loro impegno e quando DonRamon è morto, a Doña Lupita, rimane la cu-ra della sua anziana e malata madre.

Don Chuy e Doña Petra, un altro esempiodi amore coniugale, lui è malato: dopo un at-tacco assassino di coltello subito da due deiloro figli, dove uno è morto e l’altro dopo untempo di recupero è fuggito, egli non ha le ne-cessarie cure mediche. Entrambi sono anzia-ni e a loro è affidato un nipote di 10 anni e so-no supportati finanziariamente con l’artigia-nato che lei fa. Attualmente continuiamo a so-stenerli secondo le nostre possibilità con col-lette in comunità, in particolare durante la vi-sita mensile procuriamo loro beni essenziali.

Siamo informati delle disgrazie che si ve-rificano nella comunità, dovute spesso al fuo-co (a causa della mancanza di servizi pubbli-ci, essi cercano di arrangiarsi e ciò è causa diincendi e incidenti di cui sono vittime in spe-cie i bambini).

Noi vediamo negli occhi dei nostri fra-telli più bisognosi Gesù Cristo stesso, e no-tiamo con grande gioia che Lui opera in es-si e trasforma con la Sua grazia una “peri-feria esistenziale” oltre che geografica (perdirla con papa Francesco) in “comunità so-lidale” dove la fede, la speranza e la caritàsi fanno sempre più strada. Le famiglie viavia aderiscono alle nostre iniziative e sonosempre presenti alla celebrazione eucari-stica, ciò dà loro tanta forza e a noi il co-raggio di andare avanti e di ringraziare il Si-gnore per le meraviglie che opera tra i suoipoveri.

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N. 59 - Aprile 201727

Perù

La “VIA CRUCIS” del poveroa cura di Sr. Sonia Laredo SSA

Abbiamo conosciuto la sua storia attraver-so una sua vicina che la vedeva quasi ognigiorno guardare dalla finestra mentre, per an-dare al lavoro passava davanti alla sua casa.La bambina rimaneva ore a guardare fuori dal-la finestra. Con il volto sempre sorridente,sembrava godere nel vedere la gente passaree cercava di salutare alzando con difficoltàuna mano, mentre con l’altra si aggrappavaalle sbarre della finestra. “Soffre di paralisi ce-rebrale, ha10 anni ma il suo sviluppo è quel-lo di un bambino di quattro”, spiegò la vicina.

Siamo corse a vedere, ma quando ci siamoincontrati a malapena ha pronunciato qual-che parola, non camminava se non con unaiuto e teneva la bocca sempre aperta in mo-do che non poteva trattenere la saliva che nefuoriusciva in continuazione, dandoci un’im-pressione molto penosa.

Anche se il suo volto era sempre sorriden-te, perché ignara di ciò che la menomava, lasua condizione era deprimente. La si vedevatrascurata e non nutrita adeguatamente. Lei ri-maneva sola in casa finché la matrigna nonrientrava alla sera tardi. Il padre sembrava chenormalmente non vivesse lì perché lo si ve-

deva assai raramente, come ancora ci spiegòla vicina che ci aveva guidate sul posto.

PATERNITÀ LATITANTECerchiamo di metterci in contatto con il pa-

dre ma ci sfugge. Se ne avvertono le autoritàcompetenti. Una vicina mossa a compassionecomincia a portare alla bambina un po’ di ci-bo e darle un po’ di assistenza igienica. Final-mente dopo tanta insistenza il padre è appar-so un giorno nella nostra casa e ha racconta-to una sua versione della storia di sua figlia.

MATERNITÀ DISPERATAQuando la madre si separò da lui, la bim-

ba era ancora in gestazione, datala alla luce,e viste le condizioni di grave handicap, la ra-gazza se ne andò con la piccola al Paese diorigine sulle montagne di Yauyos e l’affidò al-le cure della nonna materna dove crebbe conl’affetto di questa, sì, ma senza possibilità di ri-cevere alcuna cura sanitaria per cui la suacondizione si stava deteriorando sempre dipiù. Coloro che la conoscevano allarmaronola mamma vedendola trascinarsi quasi a car-poni dietro la nonna che cercava di darle qual-

““Jessica” è il nome della piccola che abbiamo scelto per dirvi come “il vedere Cristo negli ultimi” che la Provvidenza mette sul nostrocammino, “accogliendola nel cuore”,anche senza poterlo fare direttamentenella casa, può innescare una reazione a catena di bene e mostrare l’immensamisericordia di Dio Padre.

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N. 59 - Aprile 201728

cosa da mangiare vendendo cibo per la stra-da e la mamma, benché di nuovo incinta,tornò a prendersela ma, data la sua condizio-ne, quasi mai poté occuparsi sul serio dellasua salute.

LEGALITÀ ASTRATTA E CRUDELEIl papà apprese della situazione della pic-

cola quando ricevette una notifica dell’auto-rità che gli ingiungeva di prendersi cura dellafiglia perché né la madre né la nonna erano ingrado di farlo. Allora la prese e la portò in unospedale a Lima per una valutazione e cerca-re aiuto per le terapie necessarie, ma la di-stanza e l’incapacità di poterla portare con re-golarità ben presto lo fecero desistere. Ripre-se il suo lavoro come autista di autobus di lun-ghe tratte, per cui doveva assentarsi da casaper diverse settimane, lasciandola alla suanuova sposa, una giovane donna che avevagià un bambino suo di 8 anni e che per tuttoil giorno rimaneva fuori casa a lavorare al mercato.

MATRIGNACostei non aveva affet-

to per la piccola e piutto-sto la guardava con indif-ferenza e fastidio chieden-do al padre di riportarla al-la sua vera madre. Fu inquesta triste situazione cheil Signore portò noi nellavita di questa piccola, permanifestarle attraverso dinoi il Suo amore e la Suacura. Ritenevamo che, no-nostante il lavoro che ab-biamo con i nostri figli a Casa Hogar (semprein soprannumero!) avremmo potuto prender-la per restituire a Jessica l’amore e la cura chefinora le erano stati negati, ma anche questasperanza fallì per ragioni burocratiche, ciò no-nostante non volemmo smettere di interessar-cene, ormai ci era entrata nel cuore.

MADRI SPIRITUALIUn rapido appuntamento al San Juan de

Dios, (ospedale specializzato per questi casi aLima), non è stato facile da ottenere, e solo do-po molte chiamate siamo riuscite a comunica-re con la persona responsabile e con la graziadi Dio abbiamo ottenuto un appuntamento peril giorno successivo. Il viaggio fu un calvario.Non avevamo programmato una sedia a rotel-le, perché il papà aveva dichiarato che la bam-bina poteva camminare, ma una volta in stra-da, dovevamo fare alcune centinaia di metriprima di arrivare alla stazione degli autobus,sebbene piccola per la sua età, la sua dimen-sione la rendeva difficile da portare in braccioe, per farla camminare, si doveva sostenere perentrambe le braccia. Lei, nonostante ciò , erapiena di gioia e di emozione nel vedere postinuovi, cercava di saltare o camminare velocerendendo ancora più difficile il tragitto. Presol’autobus per Lima dopo un viaggio di due ore,(finalmente sedute) arrivammo all’ospedale esottoponemmo la bambina al neurochirurgo.

Questi, dopo averla esaminata,non ci diede una buona notizia:La paralisi cerebrale (forse da far-maci assunti dalla madre duran-te la gravidanza!) l’aveva colpi-ta non solo mentalmente ma an-che nel suo sviluppo fisico percui, secondo lui, non solo nonavrebbe mai parlato ma neppu-re camminato.

DA ERODE A PILATOUn po’scoraggiate dalla dia-

gnosi ricevuta volevamo sentireil parere di un altro specialista equalcuno ci indicò un medico

che aveva curato casi simili e persino accoltoin casa per un po’ i bambini malati provenien-ti dalla Provincia facendosi anche carico delleloro terapie. Non ci sembrava vero! La casa eralontano dall’ospedale a Chaclacayo, circa dueore di autobus, ma era una possibilità per la

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N. 59 - Aprile 2017

piccola che non potevamo perdere, così ci di-rigemmo lì. Arrivate sul posto, ci aprì la portaun bambino sorridente e dietro di lui altri pic-coli ci sbirciavano incuriositi. Quando abbia-mo chiesto del Dottore questi venne ad acco-glierci premurosamente, ma quando abbiamospiegato la situazione di Jessica, ha compresoche non era possibile lasciarla lì perché gli al-tri bambini erano in qualche modo autosuffi-cienti e lui non aveva personale adatto a casicosì gravi per assisterli. Apprezzammo la suaattenzione e stavamo per andare via quando cidisse che poco distante c’era una casa per bam-bini disabili delle Suore Vincenziane e ci in-coraggiò a fare loro visita.

CORSA CONTRO IL TEMPOErano quasi le ore 18.00 e si stava facendo

buio. Sentivamo però, che, nonostante alcuneporte si fossero chiuse, Dio continuava a gui-darci perché non perdessimo la speranza e ciavviammo all’indirizzo indicato. La macchinaci lasciò a due isolati dalla casa cercata ma Jessica sembrava felice di saltellare aggrappa-ta alle nostre mani verso questa nuova desti-nazione. Finalmente, quasi senza accorgerce-ne arrivammo.

Mentre stavo stendendo la mano per suo-nare il campanello, la porta si aprì e due so-relle uscirono in fretta per andare a Messa. Lepregammo di ascoltarci un attimo per spiega-re il motivo della nostra visita, una di loro erala responsabile della Casa. “Quanto è buonoDio!” ho pensato. Pochi minuti di ritardo, in-fatti, e non le avremmo incontrate. Ascoltòmolto attentamente e senza dire molte paroleci spiegò che la bambina avrebbe potuto es-sere accolta in casa senza alcun problema, maper l’ora tarda, saremmo dovute tornare l’in-domani con la documentazione richiesta.

GIOIA ...Tornammo a Cañete estenuate dall’andare

e venire di tutto il giorno, ma questa volta il sor-riso bello ed ampio di Jessica era anche sulle

nostre facce: lei potrà finalmente avere una ca-sa dove ricevere assistenza necessaria e curemediche. Il giorno dopo venne portata nellanuova casa. Qui rimase alcuni mesi meravigliosie in quel periodo fece molti progressi, riuscivagià a muoversi da sola con la sedia a rotelle,comprendeva molto di più quando le si parla-va e dimostrava capacità pratiche, come occu-parsi della pulizia della tavola, ed eseguire al-cune azioni richieste sentendosi utile e capace.

...ANCORA ANSIA Purtroppo il genitore non ha rispettato l’im-

pegno preso di seguire la figlia. Solo una vol-ta l’ha visitata e quasi mai ha telefonato. Io eroin contatto con le suore che l’avevano accol-ta e ci dissero che per due mesi non avrebbe-ro potuto tenerla perché la casa era chiusa du-rante le vacanze. Ciò è stato reso noto alla ma-trigna per farlo conoscere al padre. Alcunigiorni dopo questi si presentò a casa nostra fu-rioso. Spiegammo la situazione ci assicurò cheavrebbe provveduto a assumersi le sue re-sponsabilità, ma non fece altro che riportarela figlia a sua madre e questa alla nonna.

MA SEMPRE AMOREPoche settimane più tardi siamo state infor-

mate che Jessica ora è di nuovo in montagna,sappiamo poco di lei data la distanza del luo-go, ma preghiamo esperiamo che quan-do tornerà, quel belsorriso continuerà adilluminarne il viso elodiamo la grandebontà di Dio Padremisericordioso, chenon abbandona maile sue creature, inparticolare le più tra-scurate, quelle chenessuno vuole mache Lui ama di amo-re speciale.

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N. 59 - Aprile 201730

America

Ecco un assaggio della mia vita quotidia-na, in cui mi è particolarmente affidato il mi-nistero nelle carceri. (non posso accludere fo-to reali com’è ovvio ma solo foto di repertoriodella comunità e delle sue attività).

Nella Prigione Federale di Loretto unavolta al mese vado con il gruppo dei cur-sillisti (circa 10 di loro) per incontrare i cat-tolici della Prigione. Un gruppo di circa 25-30 prigionieri ci attende nella loro cappel-la seduti in circolo. Quando arriviamo so-no felicissimi della nostra visita. Dopo aver-li salutati uno per uno ci sediamo in mez-zo a loro. Cantiamo insieme dei canti reli -

giosi, preghiamo il santo rosario, preghia-mo la coroncina della Divina Misericordiaed altre preghiere per le loro intenzioni.

Dopo di che, uno di noi a turno, dà unmessaggio spirituale ed invita i partecipan-

Chi è il missionario? Il missionario è colui o colei che portaGesù ovunque, sia con la testimonianza di vita, sia conl’annuncio della “Buona Novella”. Gesù ha annunciato ilRegno del Padre a tutti, ma specialmente ai poveri, ai peccatori, alle prostitute, agli esclusi cui ha dimostratoaccoglienza e potenza di trasformazione del cuore. Gesù nonè stato indifferente di fronte alla sofferenza dei poveri e degliammalati sotto tutti gli aspetti. Egli non li ha giudicati, ma

amati. Dimostrando loro compassione e misericordia. Noi, suore di Sant’Anna, qui nella Delegazione degli Stati Uniti, come ovunque,cerchiamo di seguire l’esempio di Gesù avendo gli occhi ed il cuore aperto per scoprire coloro che hanno bisogno di attenzione particolare sia attraversol’insegnamento nelle scuole, sia nell’Insegnamento della dottrina della Fede,sia nel visitare gli ammalati portando loro la Parola di Dio e la Santa Eucaristia, sia pure servendo i poveri in centri caritativi e visitando i carcerati ed incontrandoindividualmente molti di loro per trasmettere l’amore e la misericordia di Dio.Inoltre, la nostra missione negli USA, fin dall’inizio ha avuto la missione di coscientizzare i ricchi in favore dei poveri e questo richiede profonda sensibilitàverso i poveri e coraggio per osare di chiedere l’elemosina pur di poterli beneficare.Molti pensano che negli Stati Uniti d’America non ci siano poveri, ma l’esperienza cidice che c’è molta povertà materiale, morale e spirituale e noi Suore, nel nostropiccolo, siamo chiamate ad essere attente a questi vari tipi di povertà.

Essere missionari in USAdi Sr. Letizia Lo Re

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ti a condividere le loro esperienze a riguar-do del messaggio. Un altro membro delgruppo guida la preghiera finale facendosintesi di tutto ciò che è avvenuto durantel’incontro e pregando per i bisogni espres-si dagli stessi partecipanti. Dopo circa treore d’incontro salutiamo ciascuno di loro iquali esprimono profonda gratitudine per lanostra presenza in mezzo a loro.

È molto bello vedere come i prigionieripreghino con fede. Confesso che ogni qual-volta m’incontro con loro ne esco arricchi-ta spiritualmente.

Nella prigione della Circoscrizione diCambria, vicino ad Ebensburg il lavoro èdiverso.

Tutti i lunedì sera dalle 15.30 alle 19:00insieme ad una signora mi reco in questaprigione dove incontriamo i prigionieri nel-la cappella divisi in gruppi. Generalmenteabbiamo 4 gruppi: 3 gruppi di uomini e 1di donne. La responsabile dei volontari cidà la lista di coloro che desiderano parlar-ci e che cosa dobbiamo fare con loro. Pri-ma di tutto ascoltiamo ciascuno di loro checi comunica le sue dolorose esperienze do-po di che con alcuni, che hanno già in-contrato il sacerdote e si sono confessati,facciamo la celebrazione della Parola diDio e distribuiamo la comunione, con altriche hanno chiesto d’imparare a pregare ilsanto rosario spieghiamo passo per passo

come pregarlo. Tutto questo prende circa45 minuti e quindi passiamo ad un altrogruppo ripetendo la stessa cosa.

Alcuni di loro chiedono d’incontrarsi conil sacerdote che va alla prigione una voltaalla settimana ed altri chiedono d’incontrar-si individualmente con me. Quindi quasiogni mattina vado alla prigione per incon-trare individualmente due o tre di loro.

Questo incontro individuale di circaun’ora è molto bello perché la persona puòesprimere liberamente la sua sofferenza, lasua esperienza di Dio ed il suo desiderio diritornare alla fede. Secondo i bisogni per-sonali porto loro del materiale da leggere,li incoraggio a pregare ed a leggere la Bib-bia (Diamo la Bibbia ed il rosario a tutti co-loro che lo chiedono).

Come ho detto prima, questo ministerocon i prigionieri mi aiuta a pregare con piùfervore per ciascuno di essi e ad essere piùbuona anche con le mie consorelle.

Ringrazio il Signore di questa bella espe-rienza che mi fa sentire in sintonia con lanostra fondatrice Giulia la quale ha dedi-cato gran parte della sua vita ai prigionieri.Da questa apertura di cuore, lei ha impara-to a superare le barriere di classe e di cen-so, divenendo una “venerabile” sorella uni-versale, che presto vedremo sugli altari per-ché il suo cuore ha scavalcato i secoli perseminare anche nel nostro arido tempo di“chiusura” (tanto spaventosa qui da noi al-meno!) germi indistruttibili di fraternità.

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PROG

ETTO

ADO

ZION

I A D

ISTA

NZA

Anno XXIV - N. 59 -Aprile 2017Quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. Sped. in Abb.Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)Art. 1 comma 2 DCB - RomaAut. Trib. di Roma N° 156/94 del 14.4.1994Redazione e AmministrazioneIst. Suore di S. Anna e della ProvvidenzaVia degli Aldobrandeschi, 100 - 00163 RomaTel. 06.66.41.81.45 - Fax. 06.66.54.11.14E-mail: [email protected] Responsabile: Annalisa RossiDirezione Editoriale: Sr. Fátima MarafonRedazione: Anna De Acutis - Sr. Irma de SantisFotografie: Archivio S. Anna - Internetwww.suoredisantanna.org

Stampa: Tip. Istituto Salesiano Pio XIVia Umbertide, 11 - 00181 Roma - Tel. 06.7827819Fax 06.7848333 - E-mail: [email protected] di stampare: Marzo 2016

Il sottoscritto, in data ........................................., chiede di poter adottare a distanza un bambino/bambina per � � � o più anni (barrare)

Cognome e Nome .................................................................................................

Via ........................................................................................................ N. ..............

C.A.P. ..................... Città ................................................... PR ...........................

Tel. ...................................... e-mail .......................................................................

Firma ............................................................................................................

N.B. Non inviare subito quote di adozione, attendere l’arrivo dei documenti comprovanti l’adozione avvenuta.

MODULO DOMANDA DI ADOZIONEAlla FAMIGLIA AMICI DEL S. ANNA - ONLUS

VIA DEGLI ALDOBRANDESCHI, 100 - 00163 ROMA

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Lo scopo dell’iniziativa è di aiutare la crescita umanadi bambini privi di famiglia o che si trovano in famiglienon in grado di farli vivere in condizioni economiche ededucative adeguate.L’adozione a distanza intende aiutare il bambino lascian-dolo nel suo ambiente naturale (possibilmente la sua fami-glia), pur stabilendo un rapporto particolare di conoscen-za, di affetto e di solidarietà con una famiglia italiana.

Come funziona. Gli adottanti non si attendono nientein cambio del legame che stabiliscono con il bambino ela sua famiglia o coloro che ne hanno cura. Essi si impe-gnano soltanto ad accompagnarlo nella sua crescita fino al raggiungimento dell’autonomia. Essi, pe-raltro, penseranno al bambino come parte integrante della loro famiglia ed aiuteranno così anche ilproprio nucleo familiare ad aprirsi a valori nuovi, rispondenti all’esperienza più profonda della visioneumana e cristiana della vita.

Un modesto contributo. Gli adottanti si impegnano ha versare per l’adozione a distanza all’associazio-ne Amici del S. Anna - Onlus, per un tempo da essi definito, la somma di almeno € 18 al mese (rateiz-zabili anche diversamente), destinate ad un determinato bambino, perché gli siano garantite le neces-sità primarie, in particolare l’educazione scolastica.

Ogni anno il resoconto. L’Associazione, tramite le suore missionarie, amministra le offerte, ne dà unrendiconto annuale, s’inpegna a fornire una scheda del bambino, con i suoi dati anagrafici, indirizzodella missione che lo assiste, foto e quanto altro può favorire la sua conoscenza, insieme ad aggiorna-menti sulla sua situazione che le missionarie invieranno all’ufficio.

ATTENZIONE• Non si impegna a fornire servizio di corrispondenza

privata tra adottanti e adottati• In alcuni casi può, proporre la sostituzione

del bambino divenuto irreperibile o non più in stato di necessità.

• Il 5% delle offerte copre le spese dell’organizzazione• Le offerte per il PAD sono deducibili

dalle imposte sul reddito

alla onlus Amici del S. Anna AMISA

Codice Fiscale: 97644190585

C/CP N. 1003514583

IBAN IT 21 H 02008 03298 00010 1779293

DONA IL 5XMILLE

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