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IL MENSILE DELL’EDUCAZIONE INTERCULTURALE 1|2015 gennaio www.cem.saverianibrescia.it ® Le dipendenze. Sogni rovesciati Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM) dei Missionari Saveriani di Parma con sede a Brescia Poste Italiane S.p.A. - Sped. D.L. 353/03 (conv. L. 27/02/04 n. 46) Art. 1 - Comma 1 - DCB Brescia - Anno LIV - n. 1 - Gennaio 2015 - Via Piamarta 9 - 25121 Brescia IL LESSICO GIOVANILE L’INTERCULTURA NELL’ERA DEI BES STORIE SUI MURI

IL LESSICO GIOVANILE L’INTERCULTURA NELL’ERA DEI ......Registrazione Tribunale di Parma, n 401 del 7/3/1967 Editore: Centro Saveriano Animazione Missionaria - CSAM, Soc. Coop

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Page 1: IL LESSICO GIOVANILE L’INTERCULTURA NELL’ERA DEI ......Registrazione Tribunale di Parma, n 401 del 7/3/1967 Editore: Centro Saveriano Animazione Missionaria - CSAM, Soc. Coop

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STORIE SUI MURI

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Page 2: IL LESSICO GIOVANILE L’INTERCULTURA NELL’ERA DEI ......Registrazione Tribunale di Parma, n 401 del 7/3/1967 Editore: Centro Saveriano Animazione Missionaria - CSAM, Soc. Coop

Registrazione Tribunale di Parma, n° 401 del 7/3/1967

Editore: Centro Saveriano Animazione Missionaria - CSAM, Soc. Coop. a r.l., via Piamarta 9 - 25121 Brescia, reg. Tribunale di Brescia n° 50127 in data 19/02/1993.

Grafica: Orione. Cultura, lavoro e comunicazioneDisegno di copertina: Silvio BoselliStampa: Tipografia Camuna - Brescia

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 250 del 7 agosto [email protected]

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IL LESSICO GIOVANILE

L’INTERCULTURA NELL’ERA DEI BES

STORIE SUI MURI

editorialeE pensare che c’era il pensiero... 1Brunetto Salvarani

questo numeroa cura di Federico Tagliaferri 2

l’altroeditorialeL’intercultura nell’era dei Bes 3Alessandra Albini

faqPerché se la crisi è finita, 4nessuno ce lo dice?Gianni Caligaris

Sommarion. 1 / gennaio 2015

Non uccidere 23È davvero un comandamento universale?quinta puntata

a cura di Antonella Fucecchi, Antonio Nanni

ascuolaeoltre

bambine e bambini

Regole d’oro per potenziali «bucket filler» 6Sebi Trovato

ragazze e ragazzi

Una trincea di genere 8Sara Ferrari

generazione y

Un aggiornamento del lessico giovanile 10Stefano Curci

in cerca di futuro

L’innovazione possibile: avanguardie 12educativeAluisi Tosolini

mumble mumble

I filosofi come bene comune. 13Intervista a Fabio MinazziChiara Colombo - Fiorenzo Ferrari

educazione degli adulti

Bacha posh 14Rita Roberto

saggezza folle

Ritornare alla natura? 16Marco Valli - Osel Dorje

agenda interculturale

I funamboli 33Alessio Surian

saperi religiosi nelle scuole del mondo

Europa. 34Marco dal Corso (prima parte)

seconde generazioni

Cari signori, diffidate dei bravi ragazzi 36Lubna Ammoune

domani è accaduto

La scuola frantumata e i futuri possibili 37a cura di Dibbì

spazio CEM

Summerhill Scuola di democrazia 38

app-grade

Flipping together! 39Maria Maura

crea-azione

Identità. Rassegna di teatro interculturale 40Nadia Savoldelli

mediamondo 41nuovi suoni organizzati

Robert Plant 43Luciano Bosi

saltafrontiera

Storie sui muri 44Lorenzo Luatti

cinema

Le due vie del destino 45La ragazza del dipintoLino Ferracin

i paradossiEucaristia, segno di contraddizione 47Arnaldo De Vidi

la pagina dei girovaghi 48Massimo Bonfatti

Le dipendenze 17Sogni rovesciati Riccardo OlivieriMaria Elisabetta Minniti

Pinocchio nel paese 18dei bisogniRiccardo Olivieri

Pinocchio nel paese 27dei balordiMaria Elisabetta Minniti

Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM)dei Missionari Saveriani di Parma, con sede a Brescia

Direzione e RedazioneVia Piamarta 9 - 25121 Brescia tel. 0303772780 - fax 030.3772781

DirettoreBrunetto [email protected]

Condirettori Antonio Nanni ([email protected]) Lucrezia Pedrali ([email protected])

Segreteria e sitoMichela [email protected]

Redazione Federico Tagliaferri (caporedattore)[email protected]

Lubna Ammoune, Daniele Barbieri, Mas-simo Bonfatti, Silvio Boselli, Luciano Bosi,

Gianni Caligaris, Patrizia Canova, Chiara Co-lombo, Stefano Curci, Marco Dal Corso,Gianni d’Elia, p. Arnaldo De Vidi, FiorenzoFerrari, Sara Ferrari, Lino Ferracin, AntonellaFucecchi, Lorenzo Luatti, Maria Maura, RitaRoberto, Nadia Savoldelli, Elisabetta Sibilio,Alessio Surian, Aluisi Tosolini, Sebi Trovato,Laura Tussi, Marco Valli-Osel Dorje

Collaboratori CEM dell’annata 2014-2015Lara Albanese, Paola Bonsi, FrancescoCaligaris, Giacomo Caligaris, Anna Catta-neo, Agnese Desideri, Alessandra Ferrario,Francesca Galloni, Adel Jabbar, FrancescoMarrella, Clelia Minelli, Roberto Morselli,Maria Claudia Olivieri, Roberto Papetti,Luciana Pederzoli, Candelaria Romero,Oriella Stamerra, Alessandro Valera, Ma-risa Villagra, Martina Vultaggio

Hanno collaborato a questo numero: Alessandra Albini, Maria Elisabetta Minniti

Direttore responsabileMarcello Storgato

Amministrazione - abbonamentiCentro Saveriano Animazione MissionariaVia Piamarta 9 - 25121 Brescia Telefono 030.3772780 - Fax 030.3774965 [email protected]

Quote di abbonamentoCopia singola cartacea € 5,00Cartaceo 10 numeri - annuale € 30,00On line 10 numeri - annuale € 20,00Abbonamento triennale € 80,00Abbonamento d’amicizia € 50,00

Abbonamento CEM / esteroEuropa € 60,00Extra Europa € 70,00

Per le modalità di abbonamento consul-tare il sito www.saverianibrescia.it

www.cem.saverianibrescia.it

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Romano Prodi, quando - in un’intervista che comparenel volume di Deaglio - afferma che è stata tutta la societàcivile italiana, con rare eccezioni aggiungo io, a essersidimostrata assai debole; e che l’intero sistema ha ac-cettato il campo e le regole del gioco dell’ex cavaliere,il quale ha trasformato sempre più la distruzione dellapolitica in un continuo spettacolo, allargando progressi-vamente la sua influenza sulla società intera. Così, ilmetro della politica è diventato il suo aspetto scenogra-fico, e contemporaneamente i contenuti sono totalmentescomparsi di fronte allo spettacolo. Sulle ragioni di questaderiva si dovrebbe, e si dovrà, riflettere a lungo: ivi com-presa, e non da ultimo, la resa (quasi totalmente) incon-dizionata offerta al riguardo dalla chiesa cattolica italiana.Che ha accettato di esporsi a una tentazione abbastanzasingolare, quella di vedersi offrire rispettabilità civile eaudience sociale, a patto che l’esperienza di fede si ri-ducesse a religione civile: ipotesi che, evidentemente,ha fatto comodo non solo alla chiesa stessa, ma anchead una società secolarizzata come la nostra, sofferentenel suo bisogno di recuperare quella perdita di sensoche è un risultato inevitabile della strutturazione dei rap-porti attorno ai valori dell’efficienza economica, della te-nuta del sistema, della sicurezza. Un tema, si badi, chesi è manifestato come tentazione perché sembra(va) ri-spondere a un cruccio storico delle chiese cristiane neltravaglio della postmodernità, cioè nel loro rapporto conlo statuto dilagante della secolarizzazione.Da qui, l’augurio che vorrei fare per l’anno che si apre,e che si porta dietro speranze sempre più stanche e af-fievolite, è di riprendere a pensare. Un augurio a noi delCEM, che per la verità abbiamo continuato a farlo intempi non sospetti, e all’Italia tutta. Ricordando GiorgioGaber, che vent’anni fa ironizzava sulla diffusa «pigriziadella mente», oltretutto annegata in «un mare di parole».Ne va del nostro futuro, ma anche del presente. nnn

E pensare che c’erail pensiero...

E pensare che c’era il pensieroche riempiva anche nostro malgrado le teste un po’ vuote.Ora inerti e assopiti aspettiamo un qualsiasi futurocon quel tenero e vago sapore di cose oramai perdute.Va’ pensiero su l’ali dorateva’ pensiero su l’ali dorate.

Giorgio Gaber«E pensare che c’era il pensiero», 1994

La politica è servizio? O addirittura la forma piùalta della carità, come sosteneva Paolo VI, unaconsiderazione rilanciata a più riprese dal cardinal

Martini, grande pastore e guida morale di una Milanoinquieta e tormentata? L’ultimo ventennio, difficile negarlo,mentre cominciano a comparire testi che cercano di sti-larne un bilancio il più possibile disincantato (penso aEnrico Deaglio, Indagine su un ventennio, Feltrinelli2014, a Piero Ignazi, Vent’anni dopo, Il Mulino 2014, percerti versi a Salvatore Natoli, Antropologia politica degliitaliani, La Scuola 2014), ha di fatto disintegrato questaipotesi, fino a farci sorridere alla domanda: sdoganandol’idea che la politica sia, in primo luogo, tutela a tutti icosti di interessi particularissimi, slegata da ogni di-mensione etica e da ogni senso del bene comune e dellacomunità. È andata così, e credo che oggi sia necessariointerrogarsi su come sia potuto accadere, nella consa-pevolezza che resta ancora da dimostrare che il ventennioche abbiamo alle spalle si sia realmente concluso. Ementre, ormai, sono in minoranza i nostri connazionaliche decidono di recarsi alle urne in occasione di elezionipolitiche (ultimi casi, clamorosi, le regionali di novembrenella mia Emilia-Romagna e in Calabria). Personalmente, sono convinto che il predominio berlu-sconiano sia stato molto più culturale che esclusivamentepolitico: ed è da lì, comunque lo si voglia valutare, valea dire da un’auspicabile rinascita culturale, che dovrem-mo ripartire. Ben sapendo che non sarà facile né imme-diato, che occorrerà tempo, e fatica. Perché ha ragione

brunetto salvarani | direttore [email protected]

editoriale brunetto salvarani | direttore [email protected]

T @BSalvarani

editoriale

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Il nuovo anno di CEM (non l’annata 2014-2015, che come i nostri lettori sanno segue l’anno scolastico!) si apre nel solco

della riflessione che la rivista ha avviato sul tema «Amare questo tempo. Alfabeti per la cura delle relazioni», con un

dossier a cura di Riccardo Olivieri e Maria Minniti dedicato alle «dipendenze» di vario genere che condizionano sotto

profili diversi la vita di molte persone. «Oggi la dipendenza non è più veicolo di esclusione - scrive Olivieri -, ma diviene una

porta d’accesso alla rete sociale; la droga protagonista assoluta di quest’era è la cocaina, vero e proprio simbolo dello stile

performativo, supporto dell’immediatezza e della velocità dei ritmi di vita. La cocaina non emargina ma include,

permette il mantenimento di ritmi lavorativi ele-

vati, l’allungamento delle giornate e lo sprint

nel tempo libero. La sostanza non è più fine ul-

timo del piacere ma diventa mezzo, amplifica-

tore delle prestazioni, per ottenere soddisfazioni

e benefit che marchiano la propria inclusione

sociale, la propria vittoria nella competitiva ga-

ra alla scalata/accettazione sociale». «Ora po-

seremo lo sguardo del nostro mestiere di edu-

catori - aggiunge Maria Minniti - sulla “relazio-

ne”, soggetto principale della “dipendenza e

delle dipendenze” che con il loro moltiplicarsi

sembrano a torto o a ragione mettere in crisi

diversi sistemi che ci circondano. Molti campi

della conoscenza e delle attività umane sono

coinvolti quando si ragiona di dipendenze, mol-

ti sistemi diversi s’intersecano: la legislazione,

la politica, la medicina, la ricerca scientifica, la psicologia, la sociologia, l’economia, la storia, la geografia, la cultura, la re-

ligione». Il dossier offre una panoramica brillante ed originale di uno degli aspetti antropologici chiave della nostra epoca.

L’inserto centrale del «dossier», della serie ««Deka-Logous» (10 parole). Quale etica per l’umanità?», curata da Antonio Nanni

e Antonella Fucecchi, è dedicato a «Non uccidere. È davvero un comandamento universale?», un precetto che richiede un’in-

cessante attualizzazione ed una continua traduzione storica.

Segnaliamo altresì, nella prima parte della rivista, la rubrica «Generazione Y», che ci presenta il «Social dizionario», uno

strumento per aiutarci a capire il linguaggio digitale di giovani e giovanissimi. Nella terza parte, proponiamo, nella rubrica

«App-grade», «Flipping together! Insegnamento capovolto nell’era digitale», di Maria Maura. nnn

Cari lettori, vi ricordiamo che potete seguire le attività di CEM sul nostronuovo sito internet www.saverianibrescia.itSiamo inoltre presenti su Facebook f all’indirizzo cem.mondialita

Questo numero

a cura di Federico [email protected]

Matteo CattaneoLe illustrazioni di questo numero sono state realizzate da MatteoCattaneo, che ringraziamo di cuore. Ecco una sua breve presentazione:

«Coltivo la passione del disegno sin da bambino. In effetti, non horicordi di me senza una matita in mano. Da sempre mi affascina ilmondo fantasy e il mio stile ne è sempre stato influenzato. Genere chemi permette di conservare un disegno realistico. Ciònonostante, sonoriuscito a spaziare su molti fronti grazie alla formazione ricevuta allaScuola del Castello Sforzesco di Milano. Sto lavorando in uno studio difashion design e come assistente professore di disegno anatomico.In cantiere ho nuove proposte di collaborazione per una visione a 360°del mondo del disegno».

Per [email protected]

2 | cem mondialità | gennaio 2015

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Oggi la scuola italiana,realisticamente, deve fare i conticon la grande sfida dei Bisognieducativi speciali. La sigla Besidentifica i bisogni educativi dialunni con disabilità, con Dsa e/odisturbi evolutivi specifici, consvantaggi socio-economici,linguistici e culturali. Tra questiultimi rientrano anche le difficoltàlinguistiche legateall’appartenenza a culture o alingue diverse dall’italiano. La normativa sui Bes puntal’attenzione sul concetto di inclusione e accoglienza.

I l punto di partenza dev’essere l’analisi della classee la creazione di un progetto educativo didatticoche cerchi di andare incontro a tutti i bisogni edu-

cativi. In caso poi di problematiche gravi e specificheil Piano didattico personalizzato (Pdp) diventa unostrumento che si collega al progetto di classe, pensatoper supporti individuali ma collegati alla classe.All’interno di questa impostazione, gli alunni con diffi-coltà linguistiche, in quanto stranieri, possono usciredalla riserva e divenire oggetto e soggetto di un Pdpin evoluzione, temporaneo e mirato al recupero dellepotenzialità complessive dell’alunno.Non è più possibile oggi pensare ai bambini neoarrivatinella nostra comunità, lasciati continuamente nei labo-ratori di prima alfabetizzazione che, se protratti a tempibiblici, rischiano di essere ghettizzanti. Supportare ibisogni linguistici degli alunni non italofoni rispondespesso anche a difficoltà comuni ad altri alunni italofoni:è necessario quindi procedere lungo la linea di un’edu-cazione linguistica che potenzi le competenze espres-sive e di costruzione del pensiero e del linguaggio af-finché diventi più funzionale alla comunicazione e allaformulazione di pensieri... e questo per tutti!Un progetto di classe e un eventuale Pdp basato su si-mili criteri consentirebbe anche di condividere alcunelinee educative con le famiglie su un terreno d’incontro

operativo che cerchi di superare le difficoltà di comu-nicazione legate alla lingua.Un discorso approfondito a parte meriterebbero poi leagenzie educative del territorio, che dovrebbero colla-borare con la scuola nella costruzione di una societàinclusiva, grande obiettivo comune.Nell’era dei Bes, il concetto di intercultura è chiamatodunque a cambiare per rientrare in quello, più generale,di inclusione. All’interno di una didattica inclusiva nonesistono separazioni nelle diverse tipologie di problemi.Lavorare in modo inclusivo significa utilizzare strategiedidattiche di qualità, con mediazioni speciali per l’ap-prendimento, personalizzato ma significativo, finalizzatoallo sviluppo delle potenzialità di ciascuno. Si pensi auna scuola in grado di attuare una speciale normalità,con proposte e sollecitazioni per agganciare il maggiornumero possibile di alunni.Gli insegnanti dovrebbero mettere in atto competenzepedagogico-didattiche che difficilmente si acquisisconouna volta per tutte; è indispensabile, quindi, prevedereuna formazione continua che valorizzi e diffonda com-petenze specifiche e buone prassi che, in molti casi, giàsi vedono quotidianamente a scuola e che purtroppospesso vanno perse. Questa nuova normativa sui Bes èuna scommessa e una prova che può portare a due ri-sultati molto diversi: il primo è un’ulteriore etichettaturadei problemi e la continua rincorsa a procedure tropporigide, indifferenti alle reali esigenze degli alunni; l’altrorisultato è un cambio di prospettiva in cui la scuola simette in gioco con la sua offerta formativa, utilizzandogli strumenti a sua disposizione per un’educazione re-almente inclusiva. Alla Buona scuola la scelta... nnn

l’altroeditoriale

L’intercultura nell’era dei Bes

alessandra [email protected]

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Questo numero

a cura di Federico

Perché se la crisi è finitanessuno ce lo dice?

NUMEROSI SETTORI, SOPRATTUTTO NELLEPICCOLE E MEDIE IMPRESE, FATICANO A

TROVARE PERSONALE (QUI BISOGNEREBBEAPRIRE UN LUNGO DISCORSO SUI RAPPORTI FRA

SCUOLA, UNIVERSITÀ E MONDO DEL LAVORO, MANON C’È SPAZIO).

LA TENDENZA AL RISPARMIO CALA (BADATE: NON ILRISPARMIO, MA LA TENDENZA AL RISPARMIO) IL CHEÈ TIPICO DEI MOMENTI DI FIDUCIA CRESCENTE.

Il titolo contiene una buona dose di provo-cazione e credo che ben pochi di coloro

che trattano professionalmente questi ar-gomenti lo sottoscriverebbero, soprattuttonella proposizione d’apertura. Ma io sonoun dilettante allo sbaraglio e non ho repu-tazioni da difendere, così oso.Tuttavia, vi chiedo di valutare attentamentele mie parole. Affermare che la crisi è finitanon significa che ne siano cessate le con-seguenze, che ci trascineremo ancora perun po’. Non vuole neppur dire che sia ces-sata la «sindrome da crisi», uno dei suoieffetti più devastanti. Mi ci soffermo un at-timo. In questi anni sono state duramentecolpite alcune categorie: chi ha perso il la-voro, i precari, i disoccupati, gli artigiani edi piccoli commercianti, le professioni chechiamo «indifese» perché ritenute un lusso,

le piccole imprese. Ma un’aliquotanon inferiore di concittadini non

ha sofferto in modo partico-lare. Gli occupati a tempo

indeterminato, i dipenden-ti pubblici, i pensionati,insomma tutti i percettoridi reddito fisso garantito.Anzi, hanno visto anni di

inflazione calante fino al-l’attuale deflazione, ovvero

4 | cem mondialità | gennaio 2015

prezzi in ribasso. Chi oggi volesse comprarecasa troverebbe prezzi depressi e tassi suimutui irrisori rispetto a cinque o sei annifa. Poi è ovvio che con 800 o 1000 euro almese si fa fatica, ma la si faceva anche pri-ma della crisi. Ma tutti ci siamo comportati,e ci stiamo comportando, come se fossimomorsi anche noi. È questa che io chiamo«sindrome». Ciò si riverbera su altre cate-gorie, contraendo i consumi ed alimentandola spirale depressiva. Forse è la paura chele cose possano peggiorare ulteriormente,ma è la paura che ci fa bere ogni cicuta co-me se fosse tisana di miele e lavanda. I comportamenti sociali generano raramen-te processi lineari; essi producono fenomenia spirale, evolutiva o involutiva. Sarebbe orache chi può spezzasse la spirale involutiva,altrimenti il gorgo inghiottirà anche lui.

VENENDO AL SODO, PERCHÉ OSO AFFERMARE CIÒ CHE AFFERMO?LA MIA È UNA SCOMMESSA FATTA SU SEGNALI DEBOLI.

L’occupazione sale, calano gli inattivi, masale il tasso di disoccupazione; il dato, ap-parentemente contradditorio, significa cheaumentano le persone che lavorano ma au-mentano anche quelle che cercano attiva-

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gennaio 2015 | cem mondialità | 5

gianni [email protected]

nali, coloro che erano già border liner anchein tempi normali. Il sistema ne esce pienodi cicatrici, come Moby Dick, ma più forte. Purtuttavia, la stampa continua ad asfaltarele prime pagine con titoli di compunto scon-forto, soprattutto basati sulle previsioni divari autori sull’andamento (sempre stimato)del Pil. Ma il Pil è un fumogeno (v. il numerodi novembre 2014 di «CEM Mondialità», pp.4-5). Perché?

QUINDI TORNIAMO AL TITOLO. SE LAPROPOSIZIONE D’APERTURA È VERA,PERCHÉ NESSUNO CE LO DICE?

Il motivo è forse banale. Nessuno ce lo diceperché la crisi è un attrezzo troppo utile peressere riposto con eccessiva fretta. Può es-sere usato come una clava o come un col-tellino svizzero, per i lavori di fino. È utile allo Stato in tutte le sue ramificazioni,dal governo centrale all’ultimo comune,perché autorizza a ridurre, tagliare, negare,posporre, tassare. Ma la fame di soldi delloStato non dipende dalla crisi, dipende dadecenni di finanza pubblica impudica, man-giatoia di clientele, inutili opere faraoniche,tangenti e via sperperando. Serve per far

dimenticare che una delle concausedell’impoverimento della classe me-

dia è il «cuneo fiscale», ovvero ladifferenza (fatta di imposte, onerie contributi) fra il netto che unlavoratore intasca e quanto co-

mente un lavoro; nei tempi di crisi esse ca-lano per scoraggiamento.Numerosi settori, soprattutto nelle piccolee medie imprese, faticano a trovare perso-nale (qui bisognerebbe aprire un lungo di-scorso fra i rapporti fra scuola, universitàe mondo del lavoro, ma non c’è spazio).La tendenza al risparmio cala (badate: nonil risparmio, ma la tendenza al risparmio)il che è tipico dei momenti di fiducia cre-scente.Dopo una lunghissima crisi, il mercato del-l’auto è in ripresa da quattordici mesi.L’export fuori dalla Ue sostiene l’Italia: sur-plus a 28 miliardi in nove mesi (La Repubblica17 novembre 2014), l’avanzo della bilanciacommerciale a settembre scorso è stato di2 miliardi (+ 0,7 miliardi a settembre 2013).Nel 2013 è stata ancora positiva la bilanciaturistica dei pagamenti (ONT 16 maggio2014), ha riportato nel 2013 un avanzo di12.755 milioni di euro a fronte degli 11.543milioni registrati l’anno precedente(+10,5%). Nessuna delle crisi di grandiaziende (Alitalia, Indesit, Acciaierie di Terni)è dovuta a fattori riconducibili alla crisi.Tutto ciò può significare, sia pure con voceancora flebile, almeno due cose. La primaè che siamo in un sistema vitale, soprattuttonelle sue eccellenze, che ha «tenuto botta»,negli ultimi difficilissimi anni. La secondaè un po’ più triste, anche se inevitabile. Difatto, le grandi crisi economiche sono pro-cessi evolutivi, nella logica darwinistica. Neltravaglio soccombono i più deboli, i margi-

sta al datore di lavoro, pubblico o privatoche sia. Il quale cuneo è il più alto d’Europa,certo non a causa della crisi. È utile a buonaparte della politica, per cui il torbido è lazona di pesca ideale. È utile al sistema delleaziende, in tutti i settori, preziosa foglia difico che autorizza tutto il peggio: ricatto oc-cupazionale, delocalizzazioni, espulsionedegli «esuberi», svuotamento della con-trattazione collettiva, ricorso agli ammor-tizzatori sociali (tipo cassa integrazione, cheva a succhiare dalle casse dell’Inps).Fa comodo ai sindacati (lo dico da iscrittoche ha quarant’anni di tessere alle spalle)poiché senza crisi non se li filerebbe piùnessuno, dato che la «coscienza di classe»è morta di consunzione come le pallide eroi-ne del romanticismo ottocentesco.Infine, sta bene anche al sistema bancario,che nella procella se la cava come quellebarchette col bilanciere del sud del Pacifico,che vanno dove vogliono le onde ma non sicapovolgono mai. I pochissimi casi di criti-cità nel panorama bancario italiano sonoderivate da sciagurate scelte gestionali,principalmente dall’auto intossicazione contitoli spazzatura e/o da spregiudicate ope-razioni finanziarie. Loro stanno lì, vendonoil denaro a poco, ma lo pagano ancor meno,stringono il credito per ridurre i rischi, au-mentano il numero dei servizi sui quali lu-crano commissioni, riducono un po’ i divi-dendi agli azionisti e alla fine conteggianogli utili, come certi mercanti cinesi col pal-lottoliere nei film su Chinatown. Nessunocapisce come fanno, ma loro conoscono ilrisultato, ed è ciò che conta. E chi voleteche molli questo utensile così versatile eprezioso?Bene, registrate quanto letto alla voce «far-neticazioni da verificare fra un po’». Ricordosolo che il farneticante, non molto tempofa, affermò forse proprio su questa rivistache (memore del suo imprinting keynesiano)la politica del rigore, dell’austerity era de-pressiva. Ora lo dice Draghi, presidente dellaBce, facendo arrabbiare la Merkel: «Draghi:ripresa a rischio per austerity e scarse ri-forme» (La Repubblica 17 novembre 2014).Gli lascio il copyright, io farneticavo! nnn

FA COMODO AI SINDACATI(LO DICO DA ISCRITTO CHEHA QUARANT’ANNI DITESSERE ALLE SPALLE)POICHÉ SENZA CRISI NONSE LI FILEREBBE PIÙNESSUNO, DATO CHE LA«COSCIENZA DI CLASSE» È MORTA DI CONSUNZIONECOME LE PALLIDE EROINEDEL ROMANTICISMOOTTOCENTESCO

STA BENE ANCHE ALSISTEMA BANCARIO,

CHE NELLA PROCELLASE LA CAVA COME

QUELLE BARCHETTECOL BILANCIERE DEL

SUD DEL PACIFICO, CHEVANNO DOVE VOGLIONO

LE ONDE MA NON SICAPOVOLGONO MAI. I

POCHISSIMI CASI DICRITICITÀ NEL

PANORAMA BANCARIOITALIANO SONO

DERIVATE DASCIAGURATE SCELTE

GESTIONALI

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Il libro rivelacome anchela più breveinterazione

possa influiresu amicizie,produttività,

salute elongevità

bambine e bambinisebi [email protected]

ascuolaeoltre

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Il libro di Tim Rath insegna, utilizzando la metafora del secchio, del coperchio e del mestolo (sviluppata in 50 anni di ricerca) come incrementare i momenti positivi della vita, riducendo quelli negativi.

Regole d’oro per potenziali«bucket filler»

con secchi pieni che signifi-cano salute mentale, emozio-nale e sociale.

Da dove iniziare?

Il problema è da dove iniziare,ma Tom e gli insegnanti chelo seguono hanno trovatouna risposta per tutto e lo te-stimonia la raccolta di espe-rienze che potete trovare di-gitando su Google «sebi tro-vato Pinterest School stuffs»ed altre cartelle, come «Be-havior».Occorre anzitutto prendersidel tempo per riempire il pro-prio secchio, perché un do-cente deve partire carico dipazienza e di molto altro; sevolete, potete farlo leggendovile simpaticissime teachingquotes che sul mio Pinteresthanno una loro board: vi sen-tirete compresi dal resto delmondo docente e non è poco. Occorre che rammentiateche, sebbene voi per primiabbiate bisogno di amore edincoraggiamento, è impor-tante amare ed incoraggiaregli altri, altrimenti il vostrosecchio non sarà mai pieno;ed anche che è necessario es-sere consapevoli che si puòriempire o svuotare il propriobucket anche da soli, ma, perfortuna, ormai dovreste co-noscervi al punto da saperecome tenerlo pieno.Il passaggio successivo è in-segnarlo ai bambini e qui viservono mani abili per co-struire secchi, tanta fantasia

zeria, dei suoi colleghi. È coluiche ci guadagnerà prima ditutti nel partecipare a questametafora, perché il primo sec-chio che riempirà sarà il suo.Basta che segua le istruzioniper il «bucket filling», che, co-me va di moda oggi chiamarele linee guida, è un protocollodi comportamento con obiet-tivi che vanno dal lungo ter-mine a quelli a medio o im-mediato:

crea in classe un ambientesicuro, cordiale, rispettoso,dove i bambini siano prontiad apprendere; una vera co-munità dove possano crescere

«How Full is YourBucket?» («Quan-to è pieno il tuo

secchio?»), scritto da TomRath, ha una versione perbambini, ma anche una peradulti. Con i grandi, Rathesordisce chiedendo come sisentono dopo la più recenteinterazione con un’altra per-sona: il consorte, la miglioreamica, il collega, o anche unestraneo ha riempito il suo«bucket» facendolo sentiregratificato? Il libro rivela co-me anche la più breve inte-razione possa influire su ami-cizie, produttività, salute elongevità. Insegna, utilizzan-do la metafora del secchio,del coperchio e del mestolo(sviluppata in 50 anni di ri-cerca) come incrementare imomenti positivi della vita,riducendo quelli negativi. Ric-co di esempi, strategie daadottare ed aneddoti, puòispirare il cambiamento anchenegli adulti. Un insegnante può essere il«bucket filler» degli alunni,dei loro genitori, ma anchedella cassiera del supermer-cato, del cameriere della piz-

fiduciosi, elastici, attenti aglialtri e responsabili; un luogodi lavoro che sappia suppor-tare le diverse necessità; costruire, dunque, un ha-bitat ed un modo di viverlonel rispetto delle individualità,

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bambine e bambini

gennaio 2015 | cem mondialità | 7

ed anche una LIM, perché il web vi tro-verà gli esempi e le storie che non aveteancora immaginato: ad esempio, pin-guini e formiche che dimostrano la for-za del lavoro di gruppo, niente di nuovosotto il sole, intendiamoci, tranne il fat-to che qui si sta mettendo davvero afuoco l’argomento e si sta sviluppandoun coerente e comune progetto di la-voro e non una serie di tentativi a ca-saccio.

I più giovani dipendono dagliadulti per riempire il secchio

Non dimenticate che molti bambinihanno il secchio vuoto, sebbene nonne abbiano colpa ed anche che i piùgiovani dipendono dagli adulti perriempire il loro secchio; il fatto, in sé,non è una novità, ma grazie ad un pro-tocollo, diventa indimenticabile nellanostra quotidianità. È importante ca-pire l’altro per poterlo accettare nellesue diverse sfumature!Visto che il «bucket» rappresenta la pro-pria autostima, e che le vostre paroleed i vostri incoraggiamenti possonoriempire quello degli altri, si deve fareattenzione al fatto che, ogni volta cheil proprio secchio è vuoto, si scateni unautomatico bisogno di svuotare l’invi-sibile secchio del primo che ti viene atiro; lo mostrerete costruendo un cuorein carta velina e poi stropicciandolo conla mano: «Prima di parlare, pensate eusate la vostra intelligenza: è difficileriparare un cuore stropicciato». Ancorpiù visualizzabile è lo svuotare un tu-betto di dentifricio o il rompere un uovodavanti agli alunni: compiuto il gesto,è impossibile tornare indietro. Sono pic-cole dimostrazioni che rendono il con-cetto indimenticabile.

Come raccontare le esperienzedi «bucket filling»

È importante raccontare le proprie espe-rienze di «bucket filling» trovando le pa-role giuste, in modo da spiegare ai bam-bini che cosa riempie il proprio secchio,ma anche chiedere cosa riempia il loro;

puntualizzate: «tu hai riempito il miosecchio ascoltandomi, aiutandomi,ecc.», e, per correggere un alunno, chie-detegli solo se pensa di stare riempiendoo svuotando un secchio; sembra stupi-do, ma se hanno seguito il percorso dicui sopra, saranno loro i primi a giudi-care le azioni usando la metafora. I videodi Little Mandy Manners: Honesty, Sha-ring e Behaving, anche se in inglese, viaiuteranno nelle discussioni.Insegnare che cosa riempie il secchio ecome ci sentiamo quando il nostro sec-chio è pieno può avvenire per contrasto,seguendo l’animazione Well Being-Bepolite. Chiedete ai bambini come si sen-tirebbero nei panni di Harry: il secchiosarebbe pieno o vuoto? Aiutateli a ca-pire come qualcuno potrebbe svuotareil loro secchio e cosa fare per gli altri:sottolineate, quindi, gentilmente, cheil loro mestolo non deve svuotare altrisecchi; mostrate il «bucket filling» gior-nalmente in classe usando sticker, cuori,stelle da inserire nei secchi che avete co-struito o nei quaderni. È bene che ognu-no possieda il proprio secchio, almenodi carta, o un vasetto dello yogurt, incui mettere i riconoscimenti; all’inizio, iprimi tentativi di riempimento dei secchipossono essere premiati con bolle disapone o altro di molto festoso, poi sipuò dilazionare premiando il «bucketfiller» del mese o dell’anno, facendo at-tenzione che vincano tutti; fate in modoche i bimbi imparino a riempire un sec-chio altrui scrivendo dieci cose belle suquella persona: potrebbe essere un com-pito da leggere a voce alta il giorno do-po. nnn

Fornire un esempiocontinuoL’importante è fornire unesempio continuo,dedicando a ciascunoattenzione edincoraggiamento ognigiorno. Ogni finesettimana, prima diandare a casa, chiamateil genitore il cui figlio hamostrato miglioramentie raccontaglieli.Insegnare ad unbambino a diventare unabrava persona èun’impareggiabilelezione di vita che serviràper tutta la suaesistenza, ma occorresaper affrontare tutte lesfumature: possonoaiutarvi i PBIS video suyoutube, che analizzano,drammatizzati dascolari, i comportamentinell’uso dei bagni dellascuola o nelle diversesituazioni in città: dalcortile alla caffetteria,all’autobus, alcamminare per strada,nei momenti diricreazione… non è veroche non lo sappiamo eche non lo diciamo, ilfatto è che troviamodifficile insegnarlo. Nelweb si trova l’aiuto checi serve.Se saprete manteneretutti i «bucket» pieni, seavrete insegnato davverocome essere un buonamico e a come nonessere mai il gregario diun prepotente,probabilmente saretel’insegnante che nondimenticheranno!

L’importante èfornire un

esempiocontinuo,

dedicando aciascuno

attenzione edincoraggiamento

ogni giorno

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senti in aula (una professo-ressa di lingua e uno di in-formatica) che, discretamen-te, prendono posto in aula,io li accolgo in aula chieden-do loro di non intervenire per-ché l’eventuale dibattito pre-vede le classi come protago-niste. La prima parte su pa-role, immagini e stereotipi, èscivolata via piuttosto bene,una certa rigidità era preve-dibile: battutine, sguardicomplici, il fare gruppo, il so-stenersi a vicenda, l’identifi-carsi (compiaciuto) in alcunistereotipi; poi nella seconda,quella che riguardava la que-stione della violenza di genereè cambiato tutto. Mentreproiettavo i dati della violenzadegli ultimi anni e illustravoalcuni modelli di cicli dellaviolenza, il docente accoltoin aula ha cominciato a scuo-tere la testa in segno di dis-senso in modo molto visibile,metà dei ragazzi mostravanonon solo insofferenza, ma an-che un atteggiamento ag-gressivo nei confronti dei datie di ciò che stavo mostrandoloro. Davanti mi si è accam-pato l’inganno consueto: ov-vio che fossero compagni, ex-compagni, familiari, ecc., gliassassini, sono loro quelli checonoscono le donne, le don-ne non uccidono solo perchénon ne hanno la forza, bastacon queste cose, le sappiamo,noi non siamo così, lei si faun sacco di problemi perniente.

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ragazze e ragazzisara [email protected]

ascuolaeoltre

L’unico vero pensiero che mi dava consolazione era: alle medie non sono così le mie ragazze e i miei ragazzi! A 18 anni pregiudizi e preconcetti, sono talmente rigidi e persistenti che non si riescono più a scalzare.

Ho deciso che ero unafemminista e la cosa non mi è sembratacomplicata. Ma le mierecenti ricerchemi hanno fattoscoprire chefemminismo è diventata unaparolaimpopolare. [...]Perché questaparola è cosìscomoda?

Emma WatsonDiscorso alle NazioniUnite21 settembre 20141

Una trincea di genere

Q uest’ultimo periodomi ha vista impegna-ta in varie tipologie

di trincee, ma da entrambeesco più forte e più sicura, so-prattutto esco viva. Amo legrandi sfide, o quelle piccolema impossibili, eppure noncredevo che l’avventura chemi accingevo a intraprendere,un tranquillo martedì, miavrebbe così ferita.

Antefatto. Una cara amica,una cena, parliamo delle coseche stiamo facendo, io le dicoche mi sono appassionata aitemi dell’educazione di ge-nere, lei scatta sulla seggiolae mi dice: «Bellissimo Sara,dai, facciamo qualcosa insie-me...» e si parte: io penso auna cosa, ma lei ad un’altra,poi va bene, ci sta, possiamoprovare. Ci rivediamo, lei michiede di essere un po’ menoprolissa sul linguaggio e diintrodurre invece il 25 no-vembre, la giornata contro laviolenza sulle donne. Va be-ne: dagli stereotipi alla vio-lenza di genere. Argomentoconcordato.

A parlar di femminicidioagli uomini

Luogo: istituto tecnico infor-matico, in una città a me stra-niera, classe 4a e 5a, sei percento di presenza femminile.«Altro che trincea, - dice miomarito la sera prima - un ka-mikaze avrebbe più succes-so». Dopo il permesso del pre-side al mio intervento, la miaamica ha informato il consi-glio di classe e, credo per pu-dore, non mi ha confessatole reazioni peggiori, ma hointuito che qualche collega sifosse preoccupato di sapereda quale punto di vista ioavessi intenzione di trattarel’argomento. Kamikaze!Entro in classe, appoggio unpaio di scarpe rosse sulla cat-tedra, saluto i docenti pre-

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ragazze e ragazzi

Le reazioni peggiorile ha scatenate

la parola«femminicidio»

Eppure venivo in pace

Il gruppo mi aveva scagliata intrincea e voleva che io restassilì. Nemica, sì, perché io perloro ero la nemica daallontanare, il simbolo di ungenere che li accusava inquanto appartenenti(perlopiù) al genere maschile;non cercavano dialogo, mascontro, tanto che le mierisposte non venivano deltutto ascoltate e i ragazzi e leragazze, lanciate le bombe amano, si giravano perlopiù aparlare tra di loro. La collegadi lingua è intervenuta, mi èsembrata un respiratoregiunto al momentoopportuno, quando misentivo mancare l’aria. Mifermo qui, non aggiungo altroperché ho ancora un senso divergogna tanto radicato in meche credo di provare unamillesima parte di quello cheprova una donna ferita eumiliata perché è donna,dopo aver sopportatol’ennesima domanda «Erapieno giorno... avevi laminigonna... non sei proprioriuscita a respingerlo…?».Anch’io mi sono messa incrisi, mi sono domandata cosaavevo sbagliato, è unmeccanismo perverso. L’hosperimentato.Suona la campanella, saluto,ripongo le scarpe nella borsa(non una domanda in merito),ma qualcuno ha provato adialogare con me e mi haarricchita. Poi, attaccata alrespiratore, sfamata da unpiatto di lasagne e dissetatada un bicchiere di vino,cercavo di mantenere unaspecie di dignità, ma ilcervello andava a mille, el’unico vero pensiero che midava consolazione era: allemedie non sono così le mieragazze e i miei ragazzi!L’operazione, sebbene

pacifica, sebbene informativa,sebbene introdotta comemattinata per decostruire glistereotipi e informare sui datidei femminicidi in Italia,sebbene io fossi venuta inpace e con tanti video eimmagini per alleggerirel’argomento... ecco, hosbagliato congiunzione, non«sebbene», ma «proprio perquello» che ho detto sonostata aggredita. Nonabbastanza per uscirne mortae defunta, ma con qualchediversa abilità sì e ferma in mela convinzione che 20 anni diregime mediatico e dipersuasione-sessualizzataabbia dato i suoi frutti e chequindi dobbiamo insistereancora di più. In che cosa? Inquello che anche su questepagine in diversi hannotrattato2: l’educazione digenere, la discriminazione. Senon ora quando? No, se nondalla scuola dell’infanziaquando? A 18 anni pregiudizie preconcetti, sono talmenterigidi e persistenti che non siriescono più a scalzare3. E oraditemi voi se non dobbiamoparlare ogni giorno di questiargomenti, altrimenti, siamosolo femministe di...

«Non parliamo spesso diuomini imprigionati daglistereotipi di genere ma iovedo che lo sono, e chequando ne sono liberi, lecose cambiano diconseguenza anche per ledonne. […] Se smettiamo didefinirci l’un l’altro conquello che non siamo,possiamo iniziare a definircicon quello che siamo -possiamo tutti essere piùliberi». Emma Watson

2 Rita Roberto, articoli pubblicati sul nu-mero di ottobre 2014 (pp. 14-15) e di no-vembre 2014 (pp. 14-15) di «CEM Mon-dialità»3 Lo conferma anche Rita Roberto nel suoarticolo pubblicato sul numero di novem-bre 2014 di «CEM Mondialità».

Le reazioni peggiori le ha scatenate però la pa-rola femminicidio: ho letto le definizioni tratteda due dizionari, ho riportato anche il com-mento dell’Accademia della Crusca relativo allanecessità di usare una parola nuova per un cri-mine storico. Ho letto, ho tentato di spiegare...il docente ha chiesto la parola ed io - mostrandoun certo fastidio - l’ho lasciato intervenire e,come una guida, è stato seguito dai suoi ra-gazzi: «Non c’è bisogno di usare parole nuovee specifiche, si porta tutto all’enfatizzazionedel fenomeno come si fa in televisione, doveviene tutto trattato a un livello basso (infatti era-vamo a scuola e si tentava di alzare il livello sequel docente, e non lo chiamo educatore, perchéle parole sono importanti, non si permetteva diabbassarlo, di ruinarlo), se le donne volevanoessere uguali accontentiamoci di omicidio (unaragazza), bisogna insegnare il rispetto della vitain generale perché scendere nel particolare? Sonoi soliti discorsi da femministe, l’emancipazionefemminile la dobbiamo al fascismo mica al fem-minismo...». nnn

1 https://www.youtube.com/watch?v=kk7Rmz32OQM

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generazione ystefano [email protected]

ascuolaeoltre

Tutto questo bisogno di esibizionismo mediatico, di mostrarsi agli altri sempre e comunque, forse nasconde una nuova forma di narcisismo.

Un aggiornamentodel lessico giovanile

Tra le sezioni del portale, è de-gno di interesse il «Social di-zionario» che il sito offre. Lascelta di valorizzare l’aspettosocial si deve a un dato di fatto:gli adolescenti filmano tutto elo inseriscono online, diventan-do visibili in un istante a mi-gliaia di visitatori e partecipantie creando un effetto contagio.Nell’arco di poche ore le modeimpazzano nel web e giovanidi tutto il mondo si filmano, sifotografano, creano e postanosui social network. In pochissi-mo tempo i like e gli utenti au-mentano. Tutto questo accadeperché i più giovani, che cer-cano modelli di riferimento peridentificarsi, sono molto sensi-bili a comportamenti di imita-zione e competizione. L’utilitàdel «Social dizionario» è checerca di individuare i compor-tamenti più a rischio che carat-terizzano questa situazione.Scorrendo le varie voci ottenia-mo un agile ripasso dei termininuovi che chi si occupa di ado-lescenti deve conoscere. Rag-gruppo le pratiche indicate daldizionario in tre gruppi: quelleinnocue, quelle borderline,quelle pericolose.

Le tendenzepericolose

riguardanospesso

l’abbracciosempre piùstretto tra igiovani e

l’alcool

La psicoterapeuta Mau-ra Manca, studiosa delmondo giovanile e au-

trice di diversi studi sul bulli-smo e sull’autolesionismo, di-rige un portale online in cuianalizza le tendenze e i disagidegli adolescenti (www.ado-leScienza.it). Non si tratta diun lavoro nozionistico, madel tentativo di dare alle fa-miglie strumenti per leggerei segni e prevenire gli eccessi.Il sito è nato nello scorso mar-zo ed è già molto frequenta-to, al punto che la curatriceha dichiarato a Il Messaggerodi «aver scoperchiato il vasodi Pandora».

Pratiche innocue

Le tendenze innocue sono laBaby Nomination, la moda dipostare su Facebook foto del-la prima infanzia, nominandoi propri amici per fare la stes-sa cosa: è una moda innocua,come la Duck Face, la fotocon la bocca stretta e gli occhispalancati. Sempre più è pos-sibile incontrare la pratica delCosplay, soprattutto tra gliappassionati di Manga giap-ponesi: si tratta di vestire etruccarsi come il proprio per-sonaggio di fantasia preferito,e poi incontrare altri appas-sionati in eventi e raduni. An-che il celeberrimo Selfie è ca-talogato, e ne viene indicatacomunque una conseguenzanegativa: dato che è una fotoin primo piano, chi scatta nonha modo di nascondere gliaspetti meno prestanti del suocorpo, con possibili conse-guenze sull’autostima degliadolescenti. Infatti l’Ugly-Sel-fie, la moda di condividerescatti con smorfie, sembra iltentativo di evitare il problemasdrammatizzando la ricercadi perfezione.

Pratiche «borderline»

Ci sono tendenze meno in-nocue e più borderline, comeil Bikini bridge, che consistenel selfie delle ragazze che,in costume, si fotografano ilponte disegnato dal pezzoinferiore del bikini che do-vrebbe appoggiarsi sulle ossadel bacino: è ambiguo perché

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generazione y

Pratiche pericolose

Le tendenze pericolose riguardano spesso l’abbracciosempre più stretto tra i giovani e l’alcool. Qualchetempo fa su Facebook impazzava il Neknominate, ilfilmarsi mentre si beve nominando gli amici per farealtrettanto. Ma la moda è degenerata e alcuni l’hannocondita con la tendenza a fare cose pericolose insieme.Ci sono pratiche che favoriscono l’alcolismo precoce: adesempio Alcolpops è la pratica di bere bevande che,contenendo percentuali di alcool tra il 5 e il 7% eavendo un sapore dolce e fruttato, non vengonopercepite come alcoliche. L’uso di lattine esteticamentepiacevoli e colorate contribuisce a realizzare una speciedi iniziazione alcolica mascherata. L’energy drinkrichiama l’abitudine di bere bevande analcoliche cheperò contengono caffeina e taurina, abbinate al berealcool: l’effetto energizzante del primo tipo di bibitaattenua la sensazione di ubriachezza e quindi favoriscele bevute esagerate. Sullo stesso tema e molto piùinsidioso è il binge drinking, l’ingurgitare molto alcoolin breve tempo, con le sue conseguenze in termini diperdita di coscienza e di futura dipendenza. Infine le tendenze più violente e pericolose: ilBalconing, l’azione di tuffarsi in una piscina dallefinestre mettendo tutto online. Poiché è stato tentatoda ragazzi alterati da alcool e sostanze, ha giàprovocato varie vittime. Dagli Stati Uniti arrivano modesempre più idiote e pericolose come il car flipping (il ribaltamento delle auto parcheggiate, anche qui convideo sui social network) e il car surfing (uscire dalfinestrino dell’auto in movimento e salire sul tettocome se si facesse surf). E i telegiornali ci hanno fattosapere che anche in Italia si registrano adepti delknockout game, il filmarsi mentre si stende con unpugno un ignaro passante per strada. Dal punto di vista educativo siamo ancora di fronte alladifficoltà dei ragazzi di operare la distinzione tra realtàe finzione. E tutto questo bisogno di esibizionismomediatico, di mostrarsi agli altri sempre e comunque,forse nasconde una nuova forma di narcisismo che èmassima chiusura agli altri proprio nel momento in cuisembra rasentare la massima apertura. Dobbiamoseguire i nostri ragazzi quando si dedicano a questemode che nascono dalla collettività virtuale,consapevoli che nella rete rivelano la loro doppia vita,offrendoci immagini di sé sconosciute a genitori einsegnanti. Da lì deve partire la nostra opera di letturadei loro segnali e il nostro tentativo di accompagnarlieducativamente. nnn

Il «Socialdizionario» è

molto utileperché cerca

di individuaregli

atteggiamentipiù a rischio

dei piùgiovani

focalizza eccessivamente l’at-tenzione sulla magrezza (al-trimenti il ponte non si crea).Simile è il Thigh gap («spaziotra le cosce») misurato in pie-di con gambe e piedi attac-cati o sdraiate con ginocchiaalzate, che le ragazze foto-grafano e postano in rete inattesa del consenso sociale.Più diffuso, perché più ma-scherato, è Hotdog legs, lafoto delle proprie gambe di-stesi su un lettino al mare.Tutte pratiche che introduco-no un’idea di magrezza=bel-lezza e possono favorire lanascita di disturbi nella con-dotta alimentare. Ci spostia-mo verso le pratiche più ne-gative con la Toilette-Selfie, ilfotografarsi dentro il bagno,che può essere casuale e in-nocente o, se in forma menodiscreta, dimostra che il sensodi privacy e intimità è semprepiù in crisi.

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in cerca di futuroaluisi [email protected]

ascuolaeoltre

Nella storia delle idee(e non solo) le avan-guardie hanno sem-

pre rappresentato un mo-mento di rottura del paradig-ma dominante. Si trattasse dipittura o di mondo scientifi-co, le avanguardie hannomesso in discussione il cuoredel pensiero del tempo met-tendolo in crisi. Mostrandoche esistono altri modi di di-pingere, fare ricerca, pensare,concepire la realtà.Ed è proprio questa l’idea difondo a cui si è ispirato l’In-dire (Istituto nazionale di do-cumentazione, innovazione ericerca educativa) raggrup-pando una ventina di istitu-zioni scolastiche italiane perlanciare il movimento «Avan-guardie Educative».Un movimento di innovazio-ne che porta a sistema leesperienze più significative ditrasformazione del modelloorganizzativo e didattico dellascuola. Un movimento apertoalla partecipazione di tutte lescuole italiane che lavoranoogni giorno per trasformareil modello tayloristico di unascuola non più adeguata alla

nuova generazione di studen-ti digitali e disallineata dallasocietà della conoscenza.Il movimento intende utiliz-zare le opportunità offertedalle ICT (tecnologie dell’in-formazione e della comuni-cazione) e dai linguaggi di-gitali per cambiare gli am-bienti di apprendimento e of-frire e alimentare una «galle-ria delle Idee» che nasce dal-l’esperienza delle scuole,ognuna delle quali rappre-senta la tessera di un mosaicoche mira a rivoluzionare l’or-ganizzazione della didattica,del tempo e dello spazio del«fare scuola».Come tutte le avanguardiestoriche che si rispettino, ilmovimento ha elaborato unManifesto dove sono sinte-tizzati i 7 orizzonti che riguar-dano il ripensamento strut-turale del «fare scuola» in ter-mini di Tempo, Spazio e Di-dattica, in modo da scardi-nare il modello trasmissivodel sapere sfruttando le op-portunità offerte dalle ICT e

«Avanguardie Educative» è un movimento aperto alla partecipazione di tutte le scuole italiane che lavorano per trasformare una scuola non più adeguata alla nuova generazione di studenti digitali e lontana dalla società della conoscenza.

12 | cem mondialità | gennaio 2015

ascuolaeoltre

L’innovazione possibileavanguardie educative

dai linguaggi digitali per cam-biare gli ambienti di appren-dimento:

trasformare il modello Tra-smissivo della scuola; sfruttare le opportunità of-ferte dalle ICT e dai linguaggi

digitali per supportare nuovimodi di insegnare, appren-dere e valutare; creare nuovi spazi per l’ap-prendimento; riorganizzare il tempo delfare scuola; riconnettere i saperi dellascuola e i saperi della societàdella conoscenza; investire nel «capitale uma-no» ripensando i rapporti(dentro/fuori, insegnamentofrontale/apprendimento trapari, scuola/azienda, ecc.) promuovere l’innovazioneperché sia sostenibile e tra-sferibile

Il movimento nasce dal bassoed è aperto all’adesione ditutte le scuole. Aderire al Ma-nifesto significa quindi deci-dere di cambiare la scuolarealizzando uno o più degliorizzonti e favorire il poten-ziale creativo che sta dentrola scuola e che prende nuoveforme attraverso la cultura di-gitale. Per scegliere e proget-tare insieme l’interazione tradocenti, studenti e loro fami-liari e il dialogo costante conenti locali, imprese e mondodel lavoro.Un movimento dal basso, chenasce dalla consapevolezzache se un futuro esiste per lascuola, questo sta proprionella volontà e capacità di in-novare. nnn

Per saperne di piùavanguardieeducative.indire.it

Il movimento«AvanguardieEducative» ha elaboratoun Manifestodove sonosintetizzati i sette orizzonti delripensamentostrutturale del«fare scuola»in termini di Tempo, Spazio e Didattica

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CEM Mondialità sta metten-do a tema i beni relazionali.Come prendersi cura di questibeni, che non sono facilmen-te tangibili e quantificabili?Cambiando radicalmente latradizionale mentalità che re-puta che solo ciò che sia«quantificabile» abbia dirittoad essere considerato e valu-tato. Per farlo occorre riflet-tere, in modo innovativo, sul-la stessa immagine dell’og-gettività. L’oggettivo non puòcoincidere, automaticamen-te, con il «misurabile», pro-prio perché occorre rispettarel’autonomia disciplinare diciascuna disciplina la quale,per dirla con una classica for-mula di Bartolo da Sassofer-rato, superiorem non reco-gnoscens. Ma se questo valeper ogni disciplina, ne con-segue, allora, che gli stessibeni relazionali devono essereindividuati e tematizzati conapposite e specifiche meto-dologie critiche, non neces-sariamente riducibili alla meramatematizzazione.nnn

Qual è il legame tra la filoso-fia e i beni comuni?Se si guarda alla cultura giu-ridica egemonica la rispostaè presto detta: nessuno. Perquesto pensiero i «beni co-muni» non possono che coin-cidere con beni materiali co-me l’acqua, l’aria et similia.Tuttavia, è legittimo prenderele distanze da questa idea ericordare che il «bene comu-ne», per sua natura intrinse-ca, non ha necessariamentea che fare con un oggettomateriale, perché può e deveanche riferirsi ad un patrimo-nio, sia conoscitivo e cultu-rale, sia civile ed istituzionale,che va al di là della mera ma-terialità fisica. L’esistenza diuna «società aperta» è o nonè un «bene comune»? E il di-ritto al sapere non costituisceforse un «bene comune» chenon può essere negato?

Lei propone di considerare an-che la memoria come un be-ne comune. Secondo LuiginoBruni un bene comune è talese conteso ed esauribile. È co-sì anche per la memoria?La memoria costituisce unorizzonte intessuto di dimen-

I filosofi come bene comuneintervistaa Fabio Minazzi

«È necessario ricordare che il “bene comune”, per sua natura intrinseca, non ha necessariamente ache fare con un oggetto materiale, ma va al di là della mera materialità fisica» Fabio Minazzi

ascuolaeoltre

ticanze. Occorre senz’altroabbandonare una visione po-sitivista del sapere (e anchedella memoria) per riconqui-stare una visione più critica,sofisticata e dialettica. Unavisione che ci consenta, à laSocrate, di comprendere chela linea di demarcazione traconoscenza ed ignoranza (tramemoria e dimenticanza) èpiù complessa e sottile diquanto si pensi. Conoscenzaed errore, come ricordo eoblio, si intrecciano costan-temente: più conosciamo/ri-cordiamo più dovremmo es-sere consapevoli della nostraignoranza/dimenticanza. An-che il «bene comune» scatu-risce da un plurale contrastostorico di beni e di mali (nondel bene e del male).

mumble mumblechiara colombo | fiorenzo [email protected]

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Fabio Minazzi(Varese 1955),ordinario diFilosofia teoreticadell’Università degliStudi dell’Insubria,dirige il CentroInternazionaleInsubrico e la rivistadi filosofia e culturaIl Protagora(fondata nel 1959da Bruno Widmar).Promotore, da seianni, del progettodei GiovaniPensatori, dedicatoalla filosofia qualediritto dicittadinanza, harecentementecollaborato alvolume collettivoScienza benecomune (Jaca Book,Milano 2013). Haedito una novantinadi volumi(monografici o asua cura) e circacinquecento saggi estudi.

«Occorreabbandonareuna visionepositivista del sapere (e anchedellamemoria) perriconquistareuna visionepiù critica,sofisticata edialettica»Fabio Minazzi

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anni fa in Afghanistan e inPakistan, anche se poco si sadella sua storia precisa o pre-valenza esatta. È interessante,comunque, notare che laprassi è iniziata prima del-l’ascesa dei talebani, il regimefondamentalista che oppri-meva la popolazione femmi-nile dell’Afghanistan. Tuttonasce dalla credenza che unafamiglia non è completa senon ha un figlio maschio. Me-glio uno finto che nessuno!Se una donna non partoriscefigli maschi, infatti, viene vista

Bacha posh

educazione degli adultirita [email protected]

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Jenny Nordberg non immaginava che esistessero bambine che vivono e vestono come maschi fino a quando raggiungono la pubertà. Trasformare una figlia in un figlio diventa una necessità e una liberazione per la madre.

La realtà di alcune con-dizioni femminili nelmondo non finirà mai

di sorprendermi… Leggendoil numero di ottobre 2014 diInternazionale, mi sono im-battuta in un interessante ar-ticolo della giornalista e scrit-trice di origini svedesi, JennyNordberg, intitolato «Neipanni di un maschio». Lagiornalista, premio Pulitzer, èstata per lunghi periodi in Af-ghanistan proprio per raccon-tare questa realtà, ma quelloche ha scoperto durante lericerche non se lo sarebbemai aspettato. Non immagi-nava che esistessero bambineche vivono e vestono comemaschi fino a quando rag-giungono la pubertà e pos-sono di conseguenza esseremaritabili. Se all’inizio pensa-va si trattasse di qualche casosporadico, con il passare deltempo, spinta dalla curiosità,si è accorta di essere di frontea una pratica talmente diffusache esiste un termine specifi-co con cui vengono chiamatequeste ragazze nascoste edè bacha posh, che letteral-mente significa «vestita da

maschio». Da questa scon-volgente esperienza è natoun libro per raccontare le lo-ro storie, «Le ragazze segretedi Kabul», pubblicato da Edi-zioni Piemme, 2014.

La condizione delle donne in Afghanistan

Il libro ci apre gli occhi suquella che è la reale condi-zione delle donne in Afgha-nistan: «Chiuse in casa, conscarsi rapporti con la società,spesso analfabete e alla mer-cé dei mariti [...] In molte pro-vince i burqa sono ancora lanormalità, e raramente ledonne lavorano o escono dicasa da sole. [...] Qui le donnemuoiono dandosi fuoco conolio da cucina per sfuggirealle violenze domestiche e lefiglie sono ancora una valuta

informale usata per pagaredebiti o regolare dispute». Ba-stano queste poche righe perrendersi conto di quanto l’es-sere donna in Afghanistan siasinonimo di sofferenza e di-suguaglianza. Questa diffe-renza è alla base degli svariatimotivi che spingono una ma-dre a trasformare la propriafiglia in un figlio, anche seper un periodo limitato ditempo. Ma quali sono le ori-gini di questa pratica? Bachaposh è un’usanza che risalead almeno un centinaio di

In Afghanistanil clima sta

cambiando,ma ci

vorranno piùgenerazioni

prima di vedere la

vera parità trai due sessi

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Il problema per queste bam-bine sopraggiunge con la pu-bertà quando la finzione nonè più sostenibile: tornanosemplicemente ad essere ra-gazze pronte per essere ma-ritate convenientemente perla famiglia e, se nel frattemponon è nato un fratello, il te-stimone passa alla sorella piùpiccola. Una ragazzina che sisviluppa deve essere protetta,deve restare vergine per il fu-turo matrimonio. A quel punto quindi la ma-schera va gettata. Ma a volteè troppo tardi. Il ritorno allostatus femminile non può la-sciare indifferenti e se per al-cune ragazze la parentesi ma-schile diventa un’esperienzadi libertà dalla quale tornareindietro felici per il fatto stes-so di averla provata, per altrediventa impossibile rinunciarea quella serie di diritti acquisitinel periodo di finzione tantoda decidere di non tornareindietro e, con il consenso delpadre, non sposarsi e conti-nuare a vivere da uomo.Il ritorno al femminile raffor-za tragicamente la disugua-glianza di genere tra ragazzie ragazze in Afghanistan an-che se attualmente il climasta cambiando, ma ci vorran-no più generazioni prima divedere la vera parità tra i duesessi. nnn

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e si vede come difettosa, in-capace, non determinata. Sipensa che se nascono solofemmine è perché la madrenon ha desiderato con abba-stanza convinzione un ma-schio. Quando una donnamette al mondo una femminapotrebbe essere lasciata senzamangiare per parecchi giorni,essere picchiata e relegata nel-la stalla a dormire con gli ani-

mali come castigo per avercaricato la famiglia di un altropeso. Trasformare una figliain un figlio diventa allora unanecessità e una liberazioneper la madre che riacquistadignità oltre ad essere di buonaugurio per concepire un ma-schietto in un rincorrersi dipratiche e rimedi ai limiti dellacredenza magica.

Nascondere la propria identità

I bacha posh sono segreta-mente accettati dalla societàafghana, dove amici, parentie conoscenti accettano lasciarada. Sono complici per-ché il bisogno è comprensi-bile ma la pratica diventacontroversa quando arriva lapubertà. La Nordberg scrivea tal proposito: «Le bachaposh si trovano in famigliericche o povere, istruite oanalfabete, appartenenti aqualsiasi gruppo etnico del-l’Afghanistan. [...] Secondo

Due spunti di riflessione

Jenny Nordberg non si limita a raccontare lestorie incredibili di queste ragazze: alla fine dellibro indica due spunti di riflessione moltoimportanti. Per prima cosa invita i lettori ariflettere su quante differenze ci siano tra ilmascherarsi da uomo in Afghanistan e nelcosiddetto Occidente: «Qualcuno potrà definiretragico il fatto che alle donne non sia concessodi essere donne e che siano costrette adadottare l’aspetto e l’atteggiamento degliuomini. Ma questo è ciò che la maggior partedelle donne, nella maggior parte dei paesi, hadovuto sacrificare per infiltrarsi in territoriomaschile. Chiedete alle manager aziendali, alleavvocatesse e alle operatrici di Wall Streetquanta femminilità possono permettersi diesibire quotidianamente».Il secondo punto su cui invita a interrogarsiriguarda il metodo per permettere alle donneafghane di iniziare un percorso diemancipazione: perché questo avvenga èanzitutto necessario che vi siano sicurezza euno stato di diritto, e ciò è possibile solo intempo di pace. È inoltre fondamentalecoinvolgere gli uomini in tutti i progetti sullaparità di genere: bisogna educarli al rispetto eall’uguaglianza delle donne, perché essidetengono il potere. «Gli uomini sono la chiaveper sovvertire il patriarcato».

gli insegnanti, le ostetriche ei dottori afghani, non è inu-suale trovare una  bachaposh in ogni scuola o in ognifamiglia allargata. [...] L’unicoelemento in comune è la ne-cessità delle famiglie di avereun figlio maschio. La maggiorparte delle donne afghane -nonostante i progressi rag-giunti dopo la caduta dei ta-lebani nel 2001- resta in unacondizione di inferiorità ri-spetto agli uomini. Nascon-dere la propria identità diven-ta così una scelta forzata, perpoter conformarsi a una so-cietà che garantisce diritti,privilegi e libertà soltanto agliuomini». Ma come vivonoquesto cambiamento le ra-gazze nascoste? Per le bam-bine delle famiglie più poverediventare maschi significa so-stanzialmente lavorare permantenere la madre e le so-relle con il rischio di esserescoperte e compromettere lapropria reputazione. Quelleprovenienti da famiglie bene-stanti invece acquisiscono be-nefici e vantaggi che altri-menti non avrebbero. Azita,uno dei contatti dell’autricein Afghanistan, racconta:

«Volevo mostrare alla miafiglia più piccola com’è lavita dall’altra parte. Inquella vita puoi far volareun aquilone, correre arotta di collo, riderefragorosamente, saltellareperché ne hai voglia, saliresugli alberi e provarel’emozione di lasciartidondolare. Puoi guardarela gente per strada.Guardarla negli occhi».Così Azita chiese a suafiglia se volesse vestirsi damaschio, giocare a calcio,andare in bicicletta. Labimba accettò. Si tagliò icapelli, si mise pantaloni emaglietta e diventòMehran.

ascuola

eoltre

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po’ sporche e ammaccate, lostesso la frutta... Per fortunami hanno detto che tra pococostruiranno un nuovo centrocommerciale, era ora! Alme-no se piove posso portarci ilbambino, così usciamo unpo’ di casa. Anche per l’estateil centro commerciale è unarisorsa impagabile, almeno lìdentro fa fresco! Certo cheperò arrivare al centro com-merciale in periodo di ven-demmia è una vera noia! Tutti

saggezza follemarco valli - osel [email protected]

ascuolaeoltre

Se vogliamo tornare a vivere nella natura, siamo noi che dobbiamo adattarci alla sua realtà e aisuoi ritmi e non cercare di adeguarla ai nostri desideri o comodità.

Che bella la campagna,mi piacerebbe viverci!In campagna si respi-

ra aria buona! In campagnaci sono graziosi animaletti efiorellini! In campagna si fauna vita sana! La vita in cam-pagna è più a misura d’uo-mo! Ho deciso, scappo dallacittà e vado a vivere in cam-pagna! Prima di tutto la casa.Magari una bella cascina ri-strutturata, ma chissà quantocosta e poi una casa singolache spese di manutenzioneavrà! Senza considerare il fat-to di vivere isolati, magari èanche pericoloso... Megliouna villetta a schiera. Ho vistoun bel posto non ancora benattrezzato dal punto di vistadella viabilità perché raggiun-gibile solo da una carraia, mastanno provvedendo ad asfal-tarla!Finalmente la casa è no-stra, è finita e ci possiamotrasferire. Certo che fare laspesa è una perdita di tempo.Un sacco di piccoli negozi,distanti l’uno dall’altro epoi… che scelta limitata! Lefragole le trovi solo in giugnoe in luglio, ma non è possibi-le! E le verdure sono tutte un

Ritornarealla natura?

questi trattori per strada chevanno come lumache... mahanno già messo in cantiereuna tangenziale, così si tagliafuori il paese e si arriverà inun attimo! E questi insetti re-pellenti? E i topi in cantina?Bisognerà chiamare l’Asl perla disinfestazione… non sene può più!Quante volte abbiamo sentitoquesti discorsi? Troppe direi…denotano una schizofreniadiffusa ove il sogno del con-tatto con la natura (quella delMulino Bianco) si scontra conl’incapacità di modificare abi-tudini e stili di vita innaturali(frutto della città ) e con l’im-possibilità di riconnetterci, ria-bitando i luoghi, con il respirodella Vita.Certo le comodità modernenon sono da sottovalutare,però dobbiamo chiederci checosa è veramente essenziale

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per la nostra vita e che cosanon lo è. Se vogliamo tornarea vivere nella natura, siamonoi che dobbiamo adattarcialla sua realtà e ai suoi ritmie non cercare di adattarla ainostri meschini desideri o co-modità.Se il ritorno alla natura e allacampagna ha un senso, èquello di restituirci altri ritmi,accogliendo quella biodiver-sità che, ovviamente, com-prende anche topi, insetti,ecc. La natura è una grandemaestra, ma è una maestrasevera, dura ed esigente, cidà molto ma ci chiede molto.Non possiamo pensare di ri-cevere i suoi doni senza pa-gare il nostro pegno, in adat-tabilità, disponibilità, ascoltoe accoglienza…Gary Snyder, uno dei padridell’ecologia profonda (oltreche maestro zen e poeta), ri-corda che l’esperienza del ria-bitare i luoghi naturali è unapratica spirituale collegata alsuperamento dell’ego, conl’andare oltre gli schemi abi-tuali per ritrovare la nostravera natura , quel famoso vol-to che avevamo prima che inostri genitori s’incontrasse-ro. Da sempre i mistici e ipoeti ci dicono che Dio ci par-la nella natura, o che la na-tura ci parla del Mistero ulti-mo dell’essere, però dobbia-mo ascoltare, fare silenzio eumilmente porci in ascolto…non riproporre la città , i suoirumori, le sue distrazioni, lesue «comodità» in mezzo allacampagna! nnn

Gary Snyder,uno dei padridell’ecologia

profonda,ricorda chel’esperienza

del riabitare iluoghi naturali è

una praticaspirituale

collegata alsuperamento

dell’ego

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TROVARE L’ALBA DENTRO L’IMBRUNIRE. ARTE PASSIONE INTERCULTURA

LE DIPENDENZESOGNI ROVESCIATI

RICCARDO OLIVIERI - MARIA ELISABETTA MINNITI

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AVETE PRESENTE QUEI BEI LIBRI ILLUSTRATI PER BAMBINI CON BELLE TAVOLE CHE ACCOMPAGNANO LA

STORIA? BENE! NOI ABBIAMO SCELTO LA STORIA DI PINOCCHIO ADATTATO AI NOSTRI TEMPI! ABBIAMO SCELTO

LUI, IL BURATTINO INVENTATO DA COLLODI E REINTERPRETATO DA CAPAREZZA NEL BRANO CITATO A PAG. 27,

PER FARCI ACCOMPAGNARE IN QUESTO VIAGGIO ATTRAVERSO IL MONDO DELLE DIPENDENZE.

SÌ, PERCHÉ I TUNNEL, PER CONTINUARE CON LE CITAZIONI DEL RAPPER DI MOLFETTA, SONO TANTI.

ESPLORARE IL MONDO DELLA DIPENDENZA È IL NOSTRO COMPITO MA, IL PLURALE IN QUESTO CASO

È D’OBBLIGO, «LE DIPENDENZE» RISPONDE MEGLIO ALLA COMPLESSITÀ DEL TEMA (m.e.m.).

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dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

«C’ERA UNA VOLTA...».

«UN RE!», DIRANNO SUBITO I MIEI PICCOLI LETTORI.

NO, RAGAZZI, AVETE SBAGLIATO: «C’ERA UNA VOLTA

UN PEZZO DI LEGNO».

QUEL PEZZO DI LEGNO, BEN SI SA, DIVENTERÀ UN

BURATTINO COL NOME DI PINOCCHIO.

«Un burattino nelle mani del destino», direbbe Ca-parezza1, sottolineandone il paradigma della soli-tudine umana nei confronti della società delle ten-

tazioni, nel tentativo di raccontare il capolavoro di Collodi inchiave attuale, un po’ noir e un po’ tranchant.Pinocchio dunque potrebbe essere un 60enne pensionatoche passa le giornate in un bar, ipnotizzato dalle macchinetteslot. Alle volte, maledicendo la «sfortuna», si sposterebbe altabaccaio per tentare la sorte con qualche gratta e vinci, lotto,superenalotto, Snai. Pinocchio potrebbe essere un 40enne,separato, licenziato. Ha curato la tristezza post-catastrofe chiu-dendosi nella solitudine depressiva con dosi abbondanti dipsicofarmaci regolarmente prescritti dalla fatina. Da allora

non si allontanerebbe mai oltre i 500 metri dalla farmacia piùvicina. Pinocchio potrebbe essere un 20enne e non avere maipassato più di un’ora senza un dispositivo in mano; esserecresciuto con la play tra le dita, cellulare sempre accanto,possedendo almeno una dozzina di avatar che fanno bisbocciain rete, e migliaia di amici sui social network.Ma Pinocchio potrebbe essere anche un genitore ossessionatodal suo ruolo, un lavoratore abnegato perennemente concen-trato sui suoi «doveri» aziendali, un consumatore afflitto dalbisogno di possedere ogni oggetto, un uomo dedito alla rea-lizzazione del corpo perfetto; potrebbe essere ossessivamentee perennemente dipendente dai supporti tecnologici, potrebbeavere dipendenze da molte sostanze…Insomma c’è un Pinocchio in ognuno di noi o, forse, sarebbemeglio dire che c’è una dipendenza in ognuno di noi.Il Pinocchio 2.0 dell’era liquida risulta diverso e lontano dal-l’iconografia classica regalataci dagli ultimi decenni di finesecolo scorso, tempi ormai remoti, caratterizzati da Pinocchidi legno, sempre in bilico tra legalità e illegalità, dallo stileborderline, alle volte addirittura raccontati romanticamentecome easy rider. Soggetti che la dipendenza allontanava daltessuto sociale, emarginava, spesso costringendoli a ricrearsiun proprio tessuto connettivo tra pari. Pinocchi nello zoo diBerlino.

PINOCCHIO NEL PAESEDEI BISOGNIRICCARDO OLIVIERI

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dossierLE DIPENDENZE. SOGNI ROVESCIATI

Oggi la dipendenza non è più veicolo di esclusione,ma diviene una porta d’accesso alla rete sociale; ladroga protagonista assoluta di quest’era è la cocaina,vero e proprio simbolo dello stile performativo, sup-porto dell’immediatezza e della velocità dei ritmi divita. La cocaina non emargina ma include, permetteil mantenimento di ritmi lavorativi elevati, l’allunga-mento delle giornate e lo sprint nel tempo libero. Lasostanza non è più fine ultimo del piacere ma diventamezzo, amplificatore delle prestazioni, per otteneresoddisfazioni e benefit che marchiano la propria in-clusione sociale, la propria vittoria nella competitivagara alla scalata/accettazione sociale. Esattamentecome il doping per i ciclisti.Lo stesso uso di sostanze prende irrimediabilmentedue strade diverse e parallele: la dipendenza social-mente inaccettabile è solo quella facilmente identifi-cabile e universalmente condannata, stereotipata nellesostanze e nel vizio, che riconduce al topos universaledell’emarginazione e della condanna in pubblica piaz-za a percorsi curativi coercitivi. Ma parallelamente aquesta si è fatta strada una nuova genia di dipendenza,assolutamente mimetica e connaturata allo stile divita comune ed ai valori universalmente trasmessidel self made man. Lucignolo non è più nascosto nelle strade buie di pe-riferia, ma è perfettamente mimetizzato nel contesto,quando non addirittura modello di successo. La di-pendenza oggi travalica i confini della chimica delcorpo e assorbe la sfera dei desideri e dei bisogni,diventa l’essenza dell’esistenza; in questa nuova formanon solo non è illegale o socialmente inaccettabilema è conglobata al sistema nel quale viviamo; ne èparte integrante, strutturalmente voluta e predeter-minata dallo stesso.Viviamo nella società della crescita e dell’accumulo.In una società dominata da un’economia che tende alasciarsi assorbire dalla crescita fine a se stessa,obiettivo primordiale, se non unico, della vita. Il cuoreantropologico della società della crescita non puòche essere la «dipendenza» dei suoi membri.

LA COCAINA NON EMARGINA MA INCLUDE,

PERMETTE IL MANTENIMENTO DI RITMI

LAVORATIVI ELEVATI, L’ALLUNGAMENTO

DELLE GIORNATE E LO SPRINT NEL TEMPO

LIBERO. LA SOSTANZA NON È PIÙ FINE

ULTIMO DEL PIACERE MA DIVENTA MEZZO,

AMPLIFICATORE DELLE PRESTAZIONI, PER

OTTENERE SODDISFAZIONI E BENEFIT CHE

MARCHIANO LA PROPRIA INCLUSIONE

SOCIALE, LA PROPRIA VITTORIA NELLA

COMPETITIVA GARA ALLA

SCALATA/ACCETTAZIONE SOCIALE.

ESATTAMENTE COME IL DOPING PER I

CICLISTI

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dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

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Serge Latouche spiega il fenomeno da una parte con la lo-gica stessa del sistema, dall’altra con uno strumento privi-legiato della colonizzazione dell’immaginario, la pubblicità,detentrice della chiave psicologica che crea bisogno e de-siderio2. Per usare una metafora, siamo diventati «tossico-dipendenti» della crescita, che ha molte forme, poiché allabulimia dell’acquisto («siamo tutti turboconsumatori») cor-risponde il workaholism, la dipendenza dal lavoro. Unmeccanismo che tende a produrre infelicità, basato sullacontinua creazione di desideri che si sovrappongono e sisostituiscono ai reali bisogni. Ma il desiderio, a differenzadei bisogni, non conosce sazietà. L’homo oeconomicus, il soggetto dell’economia, l’individuocontemporaneo, possessivo e neutro, che vive in funzionedi decisioni basate su considerazioni di utilità marginale,diviene così «affetto» da un tipo d’invidia sconosciuto inepoca premoderna. L’antropologo e filosofo francese René Girard, partendodal suo esame comparativo di critica letteraria, prova a di-mostrare che «l’homo oeconomicus fa la sua apparizionesoltanto a partire dalla metà del XIX secolo, quando un in-dividuo comincia a desiderare solo ciò che vede desiderareagli altri»3. Per Girard il desiderio diventa mimetico o trian-golare nel momento in cui tra il soggetto e l’oggetto deldesiderio si insinua un mediatore, che costituisce il modellodel soggetto, in modo che il desiderio secondo sé si tra-sforma in desiderio secondo l’altro. Quindi l’invidia divienespiegabile solo se «si rinuncia a prendere le mosse dal-

l’oggetto della rivalità e si fa del rivale stesso, ossia delmediatore, il punto di partenza dell’analisi, nonché quellod’arrivo»4. Un bene è tanto più prezioso quanto più invidiato5. Una volta mascherata, la «brama mimetica» di un individuodiventa espressione della sua «identità».Dalle considerazioni di Girard prende vita il corposo lavorodi Ivan Illich sui bisogni indotti, mettendo in relazionequesto concetto d’invidia con la parallela istituzionalizza-zione della stessa nel sistema di bisogni indotti. Avvienequell’evoluzione dei bisogni basati su un «confronto invi-dioso con le aspirazioni altrui». L’individualismo «invidioso»è favorito e insieme mascherato dalle istituzioni produttivemoderne. Illich sostiene che «la moderna caratteristica ditali istituzioni consiste nella loro capacità di sviluppare pro-grammaticamente desideri mimetici, in tal modo produ-

NELLE SOCIETÀ AD ALTAINTENSITÀ DI MERCI ILBISOGNO È DIVENTATO LA PERCEZIONE E ILRICONOSCIMENTO DELLAMANCANZA DI UN BENEO DI UN SERVIZIO. I BISOGNI MERCIFICATI, IN UNA SITUAZIONE DI INTERDIPENDENZA COL MERCATO, SI UNIFORMANO, E LA STRAGRANDEMAGGIORANZA DELLEPERSONE È ORAMAISOTTOPOSTA ALLACONDIZIONE DICONSUMATRICE-UTENTE,LA CUI SODDISFAZIONEDIPENDEESCLUSIVAMENTE DALLA FORNITURAISTITUZIONALIZZATA DI BENI-SERVIZI STUDIATIAD HOC DA UN’ÉLITE DI SPECIALISTI

dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

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cendo istituzionalmente il presupposto della scarsità»6; contrariamente alleistituzioni del passato che, orientate alla sussistenza, cercavano di ridurree smascherare tali desideri.Nelle società ad alta intensità di merci il bisogno è diventato la percezionee il riconoscimento della mancanza di un bene o di un servizio. I bisognimercificati, in una situazione di interdipendenza col mercato, si uniformano,e la stragrande maggioranza delle persone è oramai sottoposta alla condi-zione di consumatrice-utente, la cui soddisfazione dipende esclusivamentedalla fornitura istituzionalizzata di beni-servizi studiati ad hoc da un’élite dispecialisti, detentori di conoscenze esclusive, insondabili e insindacabili. Il rapido ricambio dei prodotti, inoltre, rende i desideri vacui e informi. Sic-ché, paradossalmente, un forte consumo di massa derivato da bisogniindotti, genera nel consumatore una crescente indifferenza al desideriospecifico vissuto. Sempre di più i bisogni sono creati dallo slogan pubbli-citario e dalle prescrizioni del funzionario, dell’estetista, del ginecologo edi decine di altri diagnosti.La specificità e l’individualità dei bisogni non sono più la risultante diun’esperienza personale del soddisfacimento degli stessi, ma vengono so-stituite dalla necessità di essere istruiti sul modo di aver bisogno. A questopunto il consumatore non può che sostituire i bisogni sentiti con i bisogniappresi.I bisogni vengono frammentati in componenti sempre più piccole, ognunagestita da un apposito specialista, così che diviene difficile per il consu-matore integrare le disparate offerte dei suoi diversi tutori in una totalitàche abbia senso, che possa essere desiderata con piena cognizione dicausa e ottenuta con piacere7. Dall’alimentazione all’istruzione, dall’armoniaconiugale all’inserimento sociale, dalla dietetica alla meditazione, dall’ag-giornamento al riciclaggio; consulenti, esperti sono pronti a cogliere ogninuova possibilità di gestire la gente e offrire prodotti prefabbricati per ap-pagare ogni bisogno parcellizzato.

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LA FATA TURCHINA OGGI FAREBBE UN ACCURATO CHECK-UP

A PINOCCHIO E GLI PRESCRIVEREBBE UNA LISTA COMPLETA

DI OGGETTI, INTEGRATORI, DISPOSITIVI INFORMATICI,

NUMERO DI AMICI, ESPERIENZE DA VIVERE… PER DIVENTARE

UN BAMBINO VERO, PINOCCHIO DOVREBBE ANZITUTTO

SODDISFARE TUTTI I BISOGNI PRESCRITTIGLI DALLA FATINA.

dossierLE DIPENDENZE. SOGNI ROVESCIATI

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La fata turchina oggi farebbe un accurato check-up a Pinocchioe gli prescriverebbe una lista completa di oggetti, integratori,dispositivi informatici, numero di amici, esperienze da vive-re… Per diventare un bambino vero, Pinocchio dovrebbe an-zitutto soddisfare tutti i bisogni prescrittigli dalla fatina.Buon cittadino, in questo contesto, è colui che attribuisce ase stesso bisogni standardizzati, con tanta convinzione da sof-focare ogni altro possibile desiderio e, a maggior ragione,ogni eventuale idea di rinuncia. Un cittadino senza bisognisarebbe fortemente sospetto. L’individualismo invidioso pre-clude i legami sociali, fa sparire la comunità, sostituita da unanuova placenta composta di tubi che erogano assistenza pro-fessionale. Sottoposta a cure intensive permanenti, la vita siparalizza.Il filosofo Herbert Marcuse ha messo in luce come questo av-venga sia sul piano ideologico, con la costruzione di un sistemadi pensiero unitario e coerente, sia sul piano della prassi, conla creazione di un sistema di bisogni repressivi e di un nemicoesterno come garanzia di coesione sociale8.

dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

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Questo sistema di dominio risulta armonico ed efficiente nellamisura in cui espunge qualsiasi elemento che lo possa inva-lidare o che possa mettere in discussione le realizzazioni pra-tiche che da esso discendono; la critica perde diritto di citta-dinanza, le possibilità di un’alternativa storica all’esistentevengono confinate, quando va bene, nel regno della specula-zione astratta e della fantasia.Come direbbe il biologo, fisiologo, ornitologo Jared Diamond,gli uomini possiedono la capacità innata di curare, confortare,spostarsi, apprendere, costruirsi una casa e seppellire i proprimorti9. Ognuna di queste capacità risponde a un bisogno. Imezzi per soddisfare questi bisogni non mancano fin tantoche gli uomini dipendono da ciò che possono fare da sé eper sé, ricorrendo solo marginalmente a professionisti. Si sta-bilisce un monopolio radicale allorché gli uomini abbandonanola loro capacità innata di fare quel che possono per sé e pergli altri, in cambio di qualcosa di meglio che solo uno strumentodominante può procurare loro. Vivendo in questo sistema di bisogni indotti, oltre all’autonomiadelle persone, va scomparendo anche la solidarietà sociale,nel momento in cui i bisogni che fondano le relazioni inter-correnti tra cittadini si dissolvono. La naturale risultante diquesto impianto dominante è l’atomizzazione sociale, lo sfi-lacciarsi di relazioni sociali non mediate dall’interesse eco-nomico, la colonizzazione dell’immaginario. Come se Pinocchio avesse preso la residenza presso il paesedei balocchi, in forma perenne di ciuchino. Solo, in mezzo aduna moltitudine di solitudini, venerando la tecnocrazia delGatto ed investendo nelle speculazioni della Volpe. Drogatoe dipendente dai bisogni indotti dal proprietario del circo edal Mangiafuoco che «vende un mondo sano e generoso [...]M’incammino, curvo nel vestitino, occhio basso e capo chino,chi vuole come amico un burattino?»10.

VIVENDO IN QUESTO SISTEMA

DI BISOGNI INDOTTI, OLTRE

ALL’AUTONOMIA DELLE PERSONE,

VA SCOMPARENDO ANCHE

LA SOLIDARIETÀ SOCIALE,

NEL MOMENTO IN CUI I BISOGNI

CHE FONDANO LE RELAZIONI

INTERCORRENTI TRA CITTADINI

SI DISSOLVONO. LA NATURALE

RISULTANTE DI QUESTO IMPIANTO

DOMINANTE È L’ATOMIZZAZIONE

SOCIALE, LO SFILACCIARSI

DI RELAZIONI SOCIALI NON MEDIATE

DALL’INTERESSE ECONOMICO,

LA COLONIZZAZIONE

DELL’IMMAGINARIO

1 Caparezza (al secolo Michele Salvemini), Nel Paese dei Balordi, branocontenuto nell’album «Verità Supposte», 2003.2 S. Latouche, Fine corsa. Intervista su crisi e decrescita, con DanielePepino, Gruppo Abele, Torino 2013.3 R. Girard, Menzogna romantica e verità romanzesca, Bompiani, Milano1981.4 R. Girard, Il risentimento. Lo scacco del desiderio nell’uomo contempo-raneo, Cortina, Milano 1999; per un quadro complessivo della vasta ricercadi Girard su invidia e mimetismo suggeriamo La spirale mimetica. 12 studidi Girard, a cura di Maria Stella Barberi, Transeuropa («Girardiana» n. 3),2006.5 Abbiamo trovato illuminante, per rendere il concetto di Girard, il video re-peribile su You Tube Balasso testimonial Mercedes www.youtube.com/watch?v=oRJFyHRasOU 6 I. Illich, Per una storia dei bisogni, Mondadori, Milano 1981.7 Segnaliamo in merito il testo di Illich, Esperti di troppo. Il paradosso delleprofessioni disabilitanti, Erickson, Trento 2008.8 H. Marcuse, L’uomo a una dimensione, Einaudi, Torino 1967.9 J. Diamond, Armi, acciaio e malattie, Einaudi, Torino 1998.10 Caparezza, cit.

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per un nuovo patto tra le generazioni 1

«Dieci parole» dall’alleanza e dal patto in cui sono state

emanate come espressione di un accordo tra il Dio

unico e il suo popolo prediletto e prescelto per accogliere

una rivelazione destinata ad alterare le leggi naturali e

a rivoluzionare con il monoteismo il modo di figurarsi

il divino e di instaurare una relazione con l’entità su-

prema creatrice e provvidente. Soltanto all’interno di

tale scenario e di tale sistema valoriale il Decalogo as-

sume il significato originario di patto riservato: le «Dieci

parole» sono il suggello di un rapporto esclusivo, tota-

lizzante con il Dio geloso che non ammette deroghe e

non scende a compromessi.

In questa ottica non si può ignorare lo speciale signifi-

cato vincolante che il non uccidere assume in primis

per gli ebrei, con tutte le domande implicite che com-

porta. Non uccidere, dunque, ma come deve essere cor-

rettamente inteso il divieto? Non uccidere, chi? Il fra-

tello, il vicino, il connazionale, lo straniero, l’ospite,

l’uomo giusto di qualunque nazione, l’innocente?

Secondo il cardinale Angelo Scola1, si può costruire una

risposta partendo dall’incessante lavoro di esegesi bi-

blica che nei suoi risultati più recenti tende a ridimen-

sionare la portata universale del non uccidere presente

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a cura di ANTONELLA FUCECCHI - ANTONIO NANNI1720

NON UCCIDEREÈ DAVVERO UN COMANDAMENTOUNIVERSALE?

Delle dieci parole, questa è la più ricca di impli-cazioni e di ricadute storiche e filosofiche: in-fatti, nonostante la sua validità permanente

e la sua perentorietà assoluta, che l’ha resa il più uni-versale degli imperativi etici, esige una serie di chiaviinterpretative necessarie per essere correttamente ap-prezzata, in primo luogo perché assume validità e rilievodiversi se inserita all’interno di una cornice religiosa eteologica o se avulsa da tale contesto e considerata inun’ottica metastorica laica non connessa con la dimen-sione trascendente. Anche per le altre parole si poneuna questione analoga, ma qui essa si fa più urgenteperché una prescrizione così radicale muta aspetto esignificato a seconda dei punti di osservazione e delleepoche storiche. Nella nostra riflessione vogliamo in-terrogarci soprattutto sul valore e sul peso che il nonuccidere può assumere in un contesto postmoderno.

NON UCCIDERE COME PAROLA DI DIO

Non è possibile prescindere dunque dal contesto storicoin cui il Decalogo è stato concepito, né separare le

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in Esodo legata ad una radice che indica esclusiva-mente l’uccisione ingiustificata. Secondo commen-tatori recenti, infatti, soltanto le riprese del coman-damento presente in altri libri biblici (Re 1,21-19 oIsaia 1,21) che si servono di altre radici rendonopossibile intendere il divieto nella sua accezione piùampia e completa come astensione dal versare san-gue umano «perché egli ha creato gli esseri umaniperché lo riconoscano e lo onorino in ogni modo».La prescrizione vale solo per le parti che si impe-gnano nel patto ed etnicizza il divieto impedendo diuccidere il proprio fratello ebreo mentre potrebbeammettere l’uccisione del nemico, in una guerra?O potrebbe essere legittima se si giustifica giuridi-camente come pena capitale?Tali numerosi interrogativi, secondo Scola, consen-tono di sgombrare il campo da una ricezione equi-voca del non uccidere che lo svincola con eccessivaleggerezza dalla contestualizzazione storica che loha partorito: è opportuno guardarsi dal «liberare ilcomandamento da una visione astorica che fa rife-rimento a un universale astratto in omaggio allaconvinzione assai diffusa a partire dall’Illuminismo[…] che ogni radicamento religioso di un principio- e i comandamenti lo sono in modo oggettivo - le-gandolo alla storia lo “religionarizzerebbe” facen-dogli perdere la sua forza universale». A questo pro-posito occorre non considerare il Decalogo come«un insieme di precetti fuori dal tempo, come unset di leggi divine immutabili». In realtà il Decalogodeve essere inteso nella sua radicalità come un pattooriginariamente destinato al solo popolo ebraico lacui estensione di validità e la cui progressiva uni-versalizzazione è garantita in Cristo e in lui soltanto:il valore vincolante per il resto del genere umano èsancito da Gesù stesso che apre il patto all’interafamiglia umana. Così intese le «Dieci parole» richie-dono un’incessante attualizzazione ed una continuatraduzione storica dal momento che sono espres-sione di una relazione con il divino destinato a rin-novarsi per garantire la tenuta ontologica dell’uomoattraverso un dialogo costante con il suo creatore.Pertanto il Decalogo «non può essere in alcun modostralciato dall’insieme dell’azione divina in cui èstato dato». Relazione con Dio ed etica sono in questomodo indissolubilmente congiunte.

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NON UCCIDERE E MORALE RAZIONALE UNIVERSALE

Nel corso della modernità, ma anche a partire dal volonta-rismo tardo medioevale, le «Dieci parole» sono state sepa-rate dal loro alveo originario ed interpretate come «impe-rativi di un’autorità assoluta, verticale, ed esteriore», estra-polati come frammenti autonomi, progressivamente sepa-rati dall’alleanza e dalla loro cornice di senso. In realtà

IL NON UCCIDERE SI BASA SUALCUNI PRESUPPOSTIESSENZIALI CHE RIGUARDANOL’INDISPONIBILITÀ DELLA VITAPROPRIA ED ALTRUI, CHE NONPUÒ ESSERE SFRUTTATA,REIFICATA, BARATTATA

l’essere umano è dotato di una coscienza morale razionaleche ha anche la capacità di costruzione di un giudizio etico,indipendente dalla dimensione religiosa, sia essa giudai-co-cristiana, sia riferita a sistemi valoriali di altro orienta-mento, come prova la filosofia antica e moderna. In questola quinta parola, anche se avulsa dall’alleanza sinaitica,conserva tutto il suo valore così come le altre parole relativeal rispetto della proprietà altrui e della dignità e attentealla qualità delle relazioni interpersonali, familiari e col-lettive per nulla in contrasto con il sentire morale comune.Anzi, il divieto di uccidere attraverso la mediazione dell’Il-luminismo e anche grazie al contributo dei pensatori lom-bardi come Cesare Beccaria, autore del testo Dei delitti edelle pene, è stato ampiamente recepito e si è tramutatonel vessillo di una battaglia per l’affermazione del dirittoalla vita anche per chi, colpevole di gravi reati, è stato con-dannato alla pena capitale. In questo contesto in Italia varieassociazioni di orientamento ed ispirazione diversa, comela comunità di Sant’Egidio, Nessuno tocchi Caino ed Am-nesty International, hanno promosso e sostenuto la cam-pagna intrapresa sin dal 1994 e coronata da successo solo

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come capostipite dell’intera umanità, dato che il suoseme e non quello di Abele, il buono, avrà una discen-denza: siamo in questo tutti cainidi.

NON UCCIDERE E LA BIOPOLITICA

Eppure le sfide della complessità cui i nostri tempi ciespongono aprono ulteriori interrogativi in campi ineditinon esperiti prima, né immaginati dalla filosofia, comequello della biopolitica che ci costringe per la primavolta nella storia dell’umanità e riformulare l’interro-gativo di fondo legato al valore che il comandamentointende salvaguardare: cos’è la vita da non uccidere?Quando comincia e quando termina?Tali interrogativi sorgono perché il progresso tecnologicoha consentito di entrare nel laboratorio segreto, nell’of-ficina della vita, aprendo scenari impensabili e operandosfondamenti e sconfinamenti la cui ricaduta è impreve-dibile e inattesa. La varie tecniche di fecondazione, ilprolungamento della vita stessa oltre i limiti che la naturale avrebbe imposto se la scienza non avesse approntatosoluzioni tecnologiche, pongono dubbi etici estremi: l’em-brione congelato può essere considerato vita umana? Ilsuo essere in potenza sarà infinito se non interverrà unfattore umano a decidere se attecchirà in un utero everrà al mondo; nel caso in cui questa eventualità non siverifichi, il divieto di uccidere lo manterrà in questa con-dizione per sempre, ma fino a quando? È chiaro, nota lafilosofa Adriana Cavarero, che si è in presenza di una al-terazione del quadro «che garantisce abitualmente ilsenso»2. Il senso del vivere, del limite e del confine, maanche la tenuta ontologica della specie umana Sopprimere embrioni significa uccidere? Staccare laspina ad un malato in stato vegetativo da anni è ucci-dere? Praticare aborti selettivi in caso di alterazioni ge-netiche del feto è uccidere? In cosa consiste il vivere?L’assunzione di una responsabilità crescente procededi pari passo con il progresso scientifico e rilancia in-terrogativi etici ineludibili: esistono casi in cui privarequalcuno della vita sia etico o eticamente giustificato?La vita è divenuta oggetto di un controllo minuzioso daparte del potere, che decide quando e fino a che puntoessa è degna di essere vissuta o di essere interrotta, ilche già presuppone una statalizzazione del biologico. È

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nel 2007, riuscendo a far approvare all’Onu la moratoriasulla pena di morte che impone la sospensione delleesecuzioni capitali, in vista di una definitiva abolizione.Tra gli stati che si sono opposti e non hanno aderito visono Cina, Giappone e Stati Uniti.Le «Dieci parole», ed in particolare la quinta, non limitano,ma consentono il dispiegamento pieno della propria uma-nità perché ancorate ad una verità morale evidentementeancora condivisa e condivisibile, tanto da costituire ilfondamento di un’etica universale che ha il suo centronella ragione. Il non uccidere si basa su alcuni presuppostiessenziali che riguardano l’indisponibilità della vita pro-pria ed altrui, che non può essere sfruttata, reificata,barattata, come invece accade nella stessa narrazionebiblica: uccidere e provocare la morte è un atto costitutivodella natura umana e una costante antropologica cheopera immediatamente nei figli dei progenitori Adamoed Eva: il fratricidio commesso da Caino ai danni di Abeleinaugura addirittura il vivere associato, visto che l’omi-cida, caratterizzato da un segno che lo rende riconoscibile,sarà un fondatore di città. Anzi Caino subentra ad Adamo

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necessario dimostrare che esiste un diritto alla vita ina-lienabile? Le tentazioni autoritarie, totalitarie, sono pre-occupanti ed allarmanti per le ricadute che possonoavere allungando la propria sfera di azione sulla vita:eugenetica, programmazione di esseri umani, mercifi-cazioni, schiavitù, selezione del tipo biogenetico perfettoo creazione in vitro di simbionti evocano scenari possibilila cui traduzione in realtà può essere regolata ed im-pedita esclusivamente da limiti etici, senza i quali ancheil concetto di qualità della vita rischia di tramutarsi inun insieme di parametri che «misurano» il reale valoredi ogni vita umana. Il rischio di tale scelta risulta evi-dente anche solo attraverso l’indicazione dei parametri:si è persone umane complete solo se si è capaci di au-tocoscienza, razionalità, senso morale. Il valore dellapersone perciò dipende dalla facoltà di provare piaceree sentire dolore e di calcolarne il quoziente3. Se questiparametri non vengono rispettati, allora quella vitacessa di essere degna e può essere soppressa in modoritenuto eticamente corretto. Il rischio di tale soggetti-vismo è quello di ripristinare il primato di un oggetti-vismo naturalistico fondato sull’opposizione dolore/pia-cere, cioè un vitalismo delle funzioni e delle capacità.Se vengono meno alcuni presupposti etici essenziali,come l’assunzione di responsabilità e la gestione dellalibertà di ricerca, l’impossibilità di ridurre la personaumana a una «cosa», poiché le persone sono date leune alle altre non come oggetti di cui disporre, macome soggetti con cui parlare e da rispettare4, questorischio si trasforma in certezza.

NON UCCIDERE IL PIANETA

Ma è possibile in tempi post moderni anche una riletturaaggiornata ed allargata del quinto comandamento che,scalzando l’homo dal suo abituale antropocentrismo,consideri il divieto divino esteso a tutta la creazione ein ultima analisi al cosmo stesso: non uccidere secondoaltri universi religiosi o secondo la coscienza animalistaed ecologista non ha un valore solo antropologico e nonriguarda esclusivamente spargimento di sangue umano,ma indica anche la necessità di non operare una deva-stazione sistematica di tutta la creazione o del cosmocosì come ci è stato dato. Il comandamento si fa più ra-dicale ed estremo: non troncare la vita, non compiere

atti distruttivi che ne pregiudichino l’esistenza. In talsenso anche gli animali rientrano nella categorie di es-seri il cui sangue non va crudelmente disperso e il pia-neta stesso è titolare di diritti che il suo parassita piùviolento, l’essere umano, dovrebbe rispettare. Stabi-lendo un sostanziale riallineamento dell’uomo all’internodel cosmo, secondo l’intuizione di Panikkar, il divieto disprecare vite e risorse si estende a tutti i viventi e atutte le fonti energetiche. Poiché la vita è essenzialmente«data» e poiché tutto il cosmo è soggetto ad un processodi entropia che ne consuma l’energia senza garantireun approvvigionamento di ulteriore ricarica, la gestione,la custodia, la cura dell’esistente in tutte le sue forme,da praticare con atteggiamento ispirato ad empatia, èil fondamento dell’etica umana.

1 A. Cavarero, A. Scola, Non uccidere, Il Mulino, Bologna 2011.2 A. Cavarero, A. Scola, op. cit., p. 99.3 Cfr. P. Singer, Etica pratica, Liguori, Napoli 1989.4 Cfr. R. Spaemann, Persone. Sulla differenza tra qualcosa e qualcuno,Laterza, Roma-Bari 2007.

BIBLIOGRAFIA

A. Cavarero, A. Scola, Non uccidere, Il Mulino, Bologna 2011

G. Fornero, Bioetica cattolica e bioetica laica. Con un poscritto2009, Milano 2009

H. Küng, W. Jens, Della dignità del morire, Rizzoli, Milano 2010

P. Singer, Etica pratica, Liguori, Napoli 1989

P. Singer, Ripensare la vita. La vecchia morale non serve più, IlSaggiatore, Milano 1996

R. Spaemann, Persone. Sulla differenza tra qualcosa e qualcuno,Laterza, Roma-Bari 2007

D. Tarizzo, La vita, un’invenzione recente, Laterza, Roma-Bari 2010

LE TENTAZIONI AUTORITARIE,TOTALITARIE, SONOPREOCCUPANTI EDALLARMANTI PER LERICADUTE CHE POSSONOAVERE ALLUNGANDO LAPROPRIA SFERA DI AZIONESULLA VITA

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PINOCCHIO NEL PAESE DEI BALORDIMARIA ELISABETTA MINNITI

A vete presente quei bei libri illustrati per bambini con belletavole che accompagnano la storia? Bene! Noi abbiamoscelto la storia di Pinocchio adattato ai nostri tempi! Ab-

biamo scelto lui, il burattino inventato da Collodi e reinterpretatoda Caparezza nel brano citato in apertura, per farci accompagnarein questo viaggio attraverso il mondo delle dipendenze. Sì, perchéi tunnel, per continuare con le citazioni del rapper di Molfetta,sono tanti. Esplorare il mondo della dipendenza è il nostro compitoma, il plurale in questo caso è d’obbligo, «le dipendenze» risponde

meglio alla complessità del tema. Ora poseremo lo sguardo del nostro mestiere di educatorisulla relazione, soggetto principale della dipendenza e delle

dipendenze che con il loro moltiplicarsi sembrano a torto o a ra-gione mettere in crisi diversi sistemi che ci circondano. Molticampi della conoscenza e delle attività umane sono coinvolti quan-do si ragiona di dipendenze, molti sistemi diversi s’intersecano: la

«… UN BURATTINO NELLE MANI DEL DESTINO... LUCIGNOLOL’ARTISTA S’AGGIUSTA UNA PISTA DI COCA COL MIGNOLO, SIRIEMPIE LE TEMPIE DI NUBI EMPIE, PARE UN COMIGNOLO,PRIMA SI FA POI SI FA SERIO, SCRIVE DUE CAZZATE SULDIARIO, È UN VISIONARIO. “PER QUESTA ROBA C’HO LASTIMA DELLA GENTE”... CONTENTO PER TE, MA PER ME SEIDAVVERO UN DEFICIENTE. ALTRO CHE MATTO, MEO AMIGO,COM’È CHE UN FATTO SUI GRADINI È SOLO UN FATTO E SU DIUN PALCO È SEMPRE UN FIGO?...»11. CAPAREZZA

dossierLE DIPENDENZE. SOGNI ROVESCIATI

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dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

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dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

legislazione, la politica, la medicina, la ricerca scientifica, la psi-cologia, la sociologia, l’economia, la storia, la geografia, la cultura,la religione12.Non c’è un campo che non sia coinvolto quando si ragiona di di-pendenze, come fortemente influenzate sono la comunicazioneed i mass media.

La musica e la cultura contribuiscono a costruire l’immagine deltossicodipendente, dall’artista strafatto e maledetto degli anni‘60-‘70 al broker di oggi. Due immagini tratte dall’immaginarioiconico, il film Christiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino(1981) e Il lupo di Wall Street (2013) sono la rappresentazionedel divario culturale che separa i due mondi. In mezzo sta la tra-sformazione del nostro contesto culturale ed antropologico nelPaese dei Balocchi, dove il mercato e la rappresentazione con-tinua sono il nuovo tessuto sociale che permea tutto. Due mondiche si sono trasformati completamente: le immagini ci permettonodi cogliere immediatamente il cambiamento che c’è stato inquesti ultimi 30 anni. Il sistema educativo familiare e la scuola sono anch’essi a granvoce chiamati in causa, e sembrano costituire al contempo ilproblema e la soluzione, a seconda di come li si guardi. La presenza di tutti questi aspetti fa cogliere la mancanza di unapproccio laico e scientifico in questo dibattito, spesso giocatotra visioni del mondo e preconcetti rispetto al fenomeno ed allacorretta interpretazione dei dati statistici, rimanendo nella con-fusione tra i vari concetti in funzione dei propri scopi. Fa parte dell’esperienza dei professionisti constatare che l’ar-gomento diventa ben presto un tabù sociale. Una mina vaganteche volentieri si delega agli «esperti». Paura della complessità efacili semplificazioni si rincorrono tra la negazione del problemao la sua esasperazione sui media, a scuola o in famiglia. Ci proponiamo di fare un po’ di chiarezza, senza la presunzionedi essere esaustivi. Partiamo da dati statistici: la dipendenza èper fortuna una realtà contenuta, ci sono diverse modalità di con-sumo, dall’uso occasionale all’uso socio-ricreativo. Ma di quale

I SERVIZI PUBBLICI HANNO AMPLIATO L’OFFERTA DI CURA

DELLA DIPENDENZA ED HANNO RIDEFINITO I SETTORI D’INTERVENTO,

INCLUDENDO LA DIPENDENZA DA SOSTANZE LEGALI QUALI IL FUMO E L’ALCOL,

ACCANTO ALLA DIPENDENZA DA SOSTANZE ILLEGALI CHE ERA L’OGGETTO

PRINCIPALE DEI PERCORSI DI TRATTAMENTO. I SERVIZI SI SONO INOLTRE

DOTATI DI GRUPPI DI LAVORO ED AMBULATORI PER LA PRESA IN CARICO DELLA

DIPENDENZA DA COMPORTAMENTI COME IL GIOCO PATOLOGICO.

IL SISTEMAEDUCATIVO FAMILIAREE LA SCUOLA SONOANCH’ESSI A GRANVOCE CHIAMATI INCAUSA, E SEMBRANOCOSTITUIRE AL CONTEMPO IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE, A SECONDA DI COMELI SI GUARDI.

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tipo di dipendenza stiamo parlando? Di quella da so-stanze illegali come eroina, cocaina e cannabis, odalle nuove smart drugs, o di quella dall’alcol, o diquella dalle nuove tecnologie?I dati statistici sul fenomeno sono specifici per tipo-logia di consumo, ma iniziamo con la definizione delcampo d’indagine. Il fenomeno della dipendenza siè diversificato con la comparsa di nuove forme dirapporto compulsivo con «oggetti» che vanno dallesostanze legali ed illegali, al gioco, alle tecnologie,al sesso, al lavoro, allo shopping, e quant’altro si puòdestinare a questo scopo. I servizi pubblici hanno ampliato l’offerta di curadella dipendenza ed hanno ridefinito i settori d’in-tervento, includendo la dipendenza da sostanze legaliquali il fumo e l’alcol, accanto alla dipendenza dasostanze illegali che era l’oggetto principale dei per-corsi di trattamento. I servizi si sono inoltre dotati digruppi di lavoro ed ambulatori per la presa in caricodella dipendenza da comportamenti come il giocopatologico. A fronte di un notevole ridimensionamento delle ri-sorse messe a disposizione dal sistema sanitario na-zionale per la «prevenzione, cura e riabilitazione dellatossicodipendenza»13, negli ultimi anni mantenere ilivelli di assistenza per le persone che si rivolgonoai servizi, ampliando la casistica delle problematichedi cui si occupano, è un elemento da considerarepositivamente.

dossierLE DIPENDENZE. SOGNI ROVESCIATI

QUANTI SONO I LUCIGNOLO?

Diamo un po’ i numeri… Quanti sono i nostri Luci-gnolo? Pinocchio sbarca nel Paese dei Balocchi e

poi scappa, qualcuno resta Ciuchino per sempre. I dati statistici ci dicono che per fortuna la dipendenzaè una realtà contenuta, bisogna tenere conto che ci sonodiverse modalità di consumo che vanno dall’uso occa-sionale, all’uso socio-ricreativo, all’uso problematico.Facciamo riferimento a due dimensioni, quella nazionalee quella locale di una parte della città di Torino, duequartieri della periferia che possono rappresentare uncampione significativo. È stata realizzata a Torino unaricerca sui consumi dei giovani dai 15 ai 19 anni, deno-minata Street Monkey, che riprende la ricerca sui con-sumi giovanili condotta dal Cnr di Pisa, che sottoponeun questionario Espad ai ragazzi di cinquemila scuoledel paese. Come sottolineato anche nelle nostre pre-messe, la diffusione dei dati delle ricerche riportate daigiornali tendono a drammatizzare ed interpretare insenso allarmistico la fotografia che emerge, che è benpiù complessa da interpretare.I questionari sono stati somministrati a 251 soggetti in-tercettati nei contesti della quotidianità dei giovani didue quartieri di Torino. Il campione dichiara di aver uti-lizzato almeno una volta nella vita cannabinoidi nel 43%dei casi, cocaina e crack nel 3.2 % dei casi. Nella nostra ricerca torinese il dato sui consumi di can-nabinoidi è più alto rispetto alla media nazionale 43% vs21%. Alla domanda sull’uso di cannabis negli ultimi 30gg., il 25% vs 14% (dato ricerca Espad); il dato è più altodi quello nazionale anche per il consumo di cocaina ederoina. Vi sono due ipotesi di lettura: chi usa in modooccasionale tende con il tempo a cessare l’uso o a ri-manere costante; chi usa frequentemente tende a rima-nere agganciato alla sostanza, adottando uno stile diconsumo. Negli istituti professionali la curiosità per lesostanze stupefacenti risulta maggiore. Inoltre la ricercanazionale comprende vari contesti socio economici,mentre nella ricerca torinese il contesto è quello urbanoe periferico per uno dei due quartieri.

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dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

C’È QUALCUNO? PINOCCHIO ED I SUOI NEURONI

Pinocchio è un pezzo di legno e vuole diventare un ragazzo, iragazzi del paese dei balocchi diventano a poco a poco dei ciu-

chini. Cosa succede dentro la testa di Pinocchio e dei suoi amici, c’èqualcuno? Quali sono i confini tra un comportamento dettato dal-l’abitudine e la dipendenza?Alla base della sensazione di piacere c’è un meccanismo biologico:alcuni centri nervosi, in determinate condizioni liberano una molecola,la dopamina, la cosiddetta molecola del piacere. Alcune sostanze,la nicotina, l’alcol, gli oppiacei, la cocaina ed i cannabinoidi, agisconoin modo potente sul sistema della gratificazione. Queste sostanzeprovocano, se assunte, la liberazione massiccia di dopamina e quindiuna sensazione di piacere molto intensa, più di quella che derivadagli stimoli naturali come il cibo e l’attività sessuale. Se l’assunzionedi droga si ripete con una certa frequenza in un certo tempo, nel cer-

vello avvengono cambiamenti e adattamenti. Accanto a queste mo-dificazioni funzionali, i neuroni modificano anche la loro architettura.Questi cambiamenti avvengono dopo alcuni mesi di uso continuo didroghe. Si può dire quindi che cambia l’anatomia del cervello.La definizione scientifica della dipendenza è quindi diventata «pato-logia cronica recidivante con coartazione dei sistemi che procuranopiacere …»14. Questa definizione contiene in sé un nuovo paradigma,il concetto di malattia, emerso dagli anni ‘80 grazie a ricerche suimeccanismi neurofisiologici alla base del comportamento dipendente.Ricordiamo che prima di questo cambiamento culturale nel mondoscientifico, la dipendenza veniva comunemente vista come un vizioed una debolezza del carattere e della volontà, andando ad accre-scere ulteriormente lo stigma sociale molto diffuso. Come Pinocchio che decide di saltare sul carro, nonostante la pro-messa fatta alla fata Turchina, ci ricorda che la dipendenza s’instauraquando la voglia di provare o riprovare la sensazione piacevole egratificante, non riesce più ad essere contenuta, anche di fronte atutti i problemi che si instaurano, relazionali, legali o lavorativi.La persona dipendente tende a ripetere quel comportamento chegli procura sollievo e piacere, che gli permette un equilibrio com-plessivo somato-psichico15. La dipendenza è una condizione bio-psi-co-sociale per il combinarsi delle componenti biologiche e personalidel soggetto, in relazione con l’oggetto della dipendenza e in relazionecon l’ambiente che lo circonda.

dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

PINOCCHIO E LEQUATTRO MONETE D’ORO «VUOI VENIRE CON NOI? FRA MEZZORA SEI LÀ: SEMINISUBITO LE QUATTRO MONETE: DOPO POCHI MINUTI NERACCOGLI DUEMILA E STASERA RITORNI QUI COLLETASCHE PIENE. VUOI VENIRE CON NOI (… NELLA CITTÀCHIAMATA “ACCHIAPPA-CITRULLI”)?».

Tra i quadri che ci dà Pinocchio, questa immagine è perfettaper tratteggiare una delle forme odierne che la società

dei consumi e delle illusioni presenta ai cittadini-consumatori.Prendiamo in esame la realtà dei più giovani per restare inarea educativa. La ricerca Espad condotta dall’Istituto di fi-siologia clinica del Cnr di Pisa, che ogni anno analizza il con-sumo di droghe e i comportamenti a rischio su un campionedi 45 mila giovani tra i 15 e i 19 anni, rileva che più di unmilione di giovanissimi ha provato giochi vietati. Si tratta a

volte di dipendenza vera e propria e altre volte della promo-zione di uno stile di vita e di condotta basato sull’azzardo edil pensiero magico. Gratta e Vinci, Poker Texano e Lotto sonoi giochi preferiti dalle ragazze; le scommesse sulle partite dicalcio, il poker ed il Totocalcio quelli preferiti dai maschi. Sichiama Gap (Gioco d’azzardo patologico) ed è riconosciutodall’Organizzazione mondiale della sanità come una malattia,che presenta sintomi precisi. I servizi per le dipendenze sonotenuti ad organizzare ambulatori e gruppi di lavoro specializzatinella prevenzione e nel trattamento di tale patologia. I com-portamenti a rischio si intersecano con le possibilità offertedalle nuove tecnologie, il tempo ed il denaro si annullanonelle loro dimensioni reali. La mancanza delle ore di giocoprovoca vere e proprie crisi d’astinenza. È più facile connettersiper giocare nella propria camera che all’esterno, dove i divietie gli adulti possono indurre un senso di disagio e di vergogna. Lo Stato autorizza ed incentiva il gioco, consentendo il proli-ferare di sale scommesse, di una cultura che punta alla fortunaed all’azzardo piuttosto che alla qualità ed al merito. Gli ope-ratori che si occupano di azzardo concordano che è in corsoun vero e proprio processo di istigazione al gioco attraversoi messaggi pubblicitari, i giochi che simulano i giochi d’azzardocome le slot ed i nuovi videogiochi dove vinci se spendi. Trale tante nuove app per gli smartphone molte si rivolgono aibambini dai quattro agli otto anni. E gli adulti: cosa fanno Geppetto e la Fata Turchina? E il GrilloParlante?Gli adulti sono assenti o non consapevoli dei rischi, non op-pongono divieti, non è diffusa l’abitudine di mettere filtri al

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La dipendenza è una malattia che trasforma gli individui nellamodalità di essere, perché determinata dall’uso compulsivo diuna sostanza o di un comportamento oggetto di desiderio, percui il soggetto mette in atto comportamenti istintivi e incoercibili.Trasforma l’individuo perché modifica lo stato del sé, l’umore dibase, attiva, calma, dà sensazioni forti e/o ottundimento delleemozioni. La dipendenza ha specifiche manifestazioni globali siadi natura fisica, sia psichica, sia comportamentali. La dipendenza provoca assuefazione, tolleranza, sindrome d’asti-nenza, craving-desiderio irrefrenabile, e comportamento di recidivaanche a distanza di anni. La ricaduta nella ripetizione del com-portamento è una caratteristica importante della dipendenza edun campanello d’allarme sempre attivo, perché il soggetto, perdecidere di smettere di usare sostanze/comportamenti, deve ri-nunciare al suo equilibrio e fare i conti con l’assenza della sostanzastupefacente, difficile da tollerare e da gestire. Ci si ricollega allora all’esigenza iniziale di ampliamento del con-cetto di tossicodipendenza, di sua fondazione scientifica che losottragga agli stereotipi correnti16. La presenza di comportamentiantisociali, il disadattamento, la povertà e la devianza non sono ifattori centrali della dipendenza. Questa è stata definita come«una condizione patologica, correlata ad una alterazione del si-stema di gratificazione, caratterizzata da craving e da una coar-tazione delle modalità e dei mezzi con cui il soggetto si procura

piacere» (Bignamini et al., 2001); il craving rappresenta per l’in-dividuo un forte ed inevitabile desiderio di assumere una sostanzao più in generale di soddisfare un bisogno. (G. F. Kobb, 1998). Questa definizione è indipendente da tutti i modelli interpretativiche abbiamo visto in precedenza e si adatta a tutti i tipi di dipen-denza, sia da sostanze sia da comportamenti, come il gioco d’az-zardo, il lavoro, il rischio, lo shopping. Si adatta quindi ad essereaccolta in modo multidisciplinare dai vari operatori, tiene insiemel’elemento biologico con l’elemento psicologico, con l’influenzadell’ambiente. Il modo di procurarsi piacere, che nella dipendenzaè fortemente limitato, diventa un elemento centrale, sia della dia-gnosi sia del successivo intervento, aprendo le porte a diversi ap-procci possibili, sociologico, psicologico, filosofico, medico e pe-dagogico. La trasformazione indotta nell’individuo dall’esperienzadella tossicomania, che modifica il cervello e il comportamento lascala dei bisogni e dei valori, è il meccanismo fondamentale datenere sempre presente, da spiegare alle persone coinvolte nelproblema, ai loro familiari e, in contesti sociali più ampi, per pro-muovere un processo di comprensione della realtà.Questo spiega anche la difficoltà della rinuncia definitiva alla di-pendenza, alla stretta unione che si crea tra la cosiddetta carenzapsicologica e fisica, alle continue ricadute, alle spesso lunghefasi di ambivalenza («vorrei smettere ma non riesco a smettere»)che rendono a volte drammatico il percorso terapeutico.

dossierLE DIPENDENZE. SOGNI ROVESCIATI

«LEVATEMI UNACURIOSITÀ, BABBINO: MA COME SI SPIEGA TUTTOQUESTO CAMBIAMENTOIMPROVVISO?», GLI DOMANDÒ PINOCCHIO SALTANDOGLI AL COLLO E COPRENDOLO DI BACI.«QUESTO IMPROVVISOCAMBIAMENTO IN CASA NOSTRA È TUTTO MERITO TUO»,DISSE GEPPETTO.«PERCHÉ MERITO MIO…?».

computer per impedire l’accesso ai siti di giochi online. Trale motivazioni del comportamento a rischio si ritrovano i bisognidegli adolescenti di sentirsi grandi, di sondare i propri limiti,di vedersi accettati nel proprio gruppo di riferimento. Le nuovedipendenze da web e da gioco d’azzardo ben si associanoalla sfida che spesso gli adolescenti fanno al mondo degliadulti con l’uso del tabacco, dell’alcol e altri comportamentirischiosi. Il tutto condito con la convinzione di poter vincereper rifarsi delle perdite, o di smettere quando si vuole, o dinon riportare conseguenze serie sul piano della salute; ilsenso dell’onnipotenza in questa fase della vita per fortunaprotegge da paure e timori eccessivi. Ad oggi, i paletti che proibiscono il gioco d’azzardo ai mino-renni e stabiliscono sanzioni per chi li lascia entrare nelle salegioco o usare le slot dei bar sono contenuti nel decreto Bal-duzzi, datato settembre 2012. Ma non bastano. La campagnanazionale contro i rischi del gioco d’azzardo «Mettiamoci ingioco» (mettiamociingioco.org), firmata da trenta associazioni,avanza maggiori richieste: che ogni forma di gioco sia acces-sibile solo dopo aver presentato la tessera sanitaria, con datadi nascita; che si mettano in atto iniziative di prevenzione nellescuole, promosse dal ministero della salute e delle politichesociali; che si vietino pubblicità in fasce orarie protette, sumezzi pubblici e vicino a luoghi frequentati da giovani. Alcuni comuni hanno adottato regolamenti che disciplinanosia le sale giochi sia l’installazione delle slot e la distanza dailuoghi sensibili, in attesa di provvedimenti nazionali menoambivalenti rispetto a questo problema che interessa un nu-mero sempre crescente di adulti e di ragazzi.

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dossierALFABETI PER LA CURA DELLE RELAZIONI

PINOCCHIO DENTRO LA BALENAPER FORTUNA DI TUTTI I PINOCCHIO E LUCIGNOLO CI SONO I NEURONI … SPECCHIO.

A llora mio caro Pinocchio! Adesso che abbiamo capito che nonpuoi fare a meno di dire bugie, di scappare, di usare gli altri,

e di incappare ogni tanto nei carabinieri preferendo i piaceri im-mediati, prendendo a martellate ogni Grillo Parlante, e rischiandodi perderti prima tra i fili di un Mangiafuoco e poi nelle visceredella Balena, cosa può ancora succedere? Per fortuna ci sono ineuroni specchio, e la possibilità di sintonizzazione e cura con l’altronella sua veste educativa e terapeutica. I neuroni che ci fanno pro-vare e sentire quello che vediamo negli altri. I neuroni specchio cipermettono di scegliere la soluzione migliore per noi, una volta chela condizione di dipendenza sia vissuta come non più adeguata amantenere il nostro equilibrio17. Insomma bisogna stare un po’ ditempo nella pancia della Balena per ritrovare la propria autostima,ritrovare il babbo e le sue regole e con esso la via per ritornare acasa. Il campo della prevenzione o meglio della promozione dellasalute, è il terreno d’incontro della scuola e dei servizi per le dipen-denze attraverso progetti diffusi su tutto il territorio nazionale voltialla promozione di stili di vita e comportamenti protettivi nei confrontidi sé e della propria salute. Ad esempio, il programma nazionale«Guadagnare salute in adolescenza» racchiude diverse esperienzedi prevenzione basate su linee guida internazionali per favorire l’ado-zione di stili di vita che non mettano a rischio la propria integritàfisica e psicologica. Gli interventi sono mirati alla scuola secondariadi primo grado e di secondo grado, nonché al divertimento notturno.Per ognuno di questi ambienti, le indicazioni europee ed internazionalifanno riferimento ad alcuni principi fondamentali: informare sui rischinon basta, occorre educare e potenziare le life skills per incideresulle credenze e sui comportamenti dei ragazzi. Gli interventi devonoessere prolungati nel tempo e rivolti direttamente sia ai giovani siaagli adulti che con loro passano molto tempo ed hanno influenza af-fettiva e sociale (genitori, insegnanti, animatori). Sono più efficaci imessaggi che vengono trasmessi per via orizzontale, ed alloraoccorre investire sul lavoro di formazione dei pari (peer education)per organizzare progetti efficaci con i ragazzi in età adolescenziale.Bisogna saper attrarre l’attenzione dei ragazzi ed adottare stili co-municativi che li raggiungano; sono indispensabili attrezzi del me-stiere: la media education e l’uso delle nuove tecnologie, la presenzasui social network, per progetti di tipo educativo e sanitario di pro-mozione della salute. Nel novembre del 2014 è stato approvato ilPiano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 del Ministero della sanitàcontenente le indicazioni e le linee guida per la predisposizionedei piani regionali e locali, e, considerato che queste attività sonoora classificate Lea (Livelli essenziali di assistenza), la speranza èdi uscire dal volontarismo delle realtà locali che attivano progettie collaborazioni a scuola e sul territorio, e di avere maggior coerenzae integrazione tra le iniziative. nnn

RICCARDO OLIVIERI

BARESE DI FORMAZIONE, TORINE-

SE DI ADOZIONE. DA QUALCHE AN-

NO IMMAGINA, INVENTA E CO-

STRUISCE ATTIVITÀ FORMATIVE SUI

TEMI DELLA CITTADINANZA ATTIVA,

PARTECIPAZIONE E DEMOCRAZIA

DIRETTA. DOPO UNA SIGNIFICATIVA

ESPERIENZA CON I «MINORI A RI-

SCHIO» BARESI E L’INSEGNAMENTO

NEI CORSI EDA, OGGI LAVORA COME

COORDINATORE, EDUCATORE E

FORMATORE PRESSO LA RETE DEI

«SENZA DIMORA» DEL COMUNE DI

TORINO ED È FONDATORE DELLA

LU.PO. (LUDOTECA POPOLARE) DI

TORINO. È MEMBRO DELL’ALLEGRO

GRUPPO CEM DAL LONTANO 2003.

[email protected]

MARIA ELISABETTA MINNITI

EDUCATRICE PROFESSIONALE E

COUNSELOR, LAVORA IN UN SER-

VIZIO PER LE DIPENDENZE DI

UN’ASL TORINESE. ATTIVA IN ASSO-

CIAZIONI PER LO SVILUPPO DI RETI

DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE,

FORMATRICE DEL GRUPPO DI EDU-

CAZIONE ALLA PACE DEL CENTRO

SERENO REGIS DI TORINO.

[email protected]

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11 https://www.youtube.com/watch?v=CHcTt_3qabE12 L. Grosso, P. Rigliano, Ritrovare la complessità nelle dipendenze,in «Animazione Sociale», n. 281/2014 pp. 22 -33. 13 V. legge 309/90 .14 Definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità. 15 L. Grosso, F. Randazzo (a cura di), Atlante delle Dipendenze,Edizioni Gruppo Abele, Torino 2014.16 E. Bignamini, L. Arcieri, M. M. Damiani, R. Giulio, M. E. Minniti, S.Zazza (a cura di), La dipendenza da sostanze. Un’introduzione perla comprensione dell’intervento, Edizioni Publiedit, Cuneo 2006.17 L. Cozolino, Cervello Sociale. Neuroscienze delle relazioni uma-ne, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008.

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agenda interculturale

I FUNAMBOLILASCIARE LA COMUNITÀ TERAPEUTICA TRA DIFFICOLTÀ E SPERANZE

ALESSIO SURIAN | [email protected]

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Solitudine. Rimane questo il rischio macroscopicoche accompagna la condizione di «diversità»del disagio psichico. Quali sono i modi per af-frontare questo isolamento? A Roma e dintornile sociologhe Donatella Barazzetti e AntonellaCammarota mostrano come il lavoro di Basagliaresti una fonte d’ispirazione. «Mio figlio avevafinito il suo percorso terapeutico riabilitativo

presso la comunità La Reverie di Capena (RM), dove erastato sette anni - racconta Antonella. - Stava meglio, manon si poteva definire guarito, doveva uscire, ma per andaredove? La comunità non aveva una proposta adatta a lui enemmeno il Centro di Salute Mentale da cui dipendevamo.Allora ho visto le cose da un altro punto di vista, non solopersonale ma anche sociale e politico». Dalla ricerca per-sonale e politica nasce l’incontro con l’associazione Solarise con l’approccio Recovery dello psichiatra Antonio Maoneper inserire alcuni pazienti in uscita dalla comunità in ap-partamenti autonomi. Per Maone si tratta di favorire «l’eser-cizio dell’autodeterminazione, la scelta, il controllo su ciòche riguarda la propria vita. Ciò stimola la responsabilizza-zione e fa sì che tutta una serie di «bisogni assistenziali»possano trovare risposte autonome o soluzione attraversoil ricorso a risorse esterne al servizio».

Rispetto alla casa-famiglia, Maone preferisce promuovereil co-housing, mettere la persona nelle condizioni di poterdecidere rispetto alla propria abitazione, dalla gestione delproprio spazio vitale alla scelta dei coinquilini, «un’iniezionedi identità e di padronanza della propria esistenza», unapproccio che, con il progetto «Le chiavi di casa», ha regi-strato ventuno successi su ventitré casi di dimissioni conindipendenza abitativa. Unendo questa prospettiva all’espe-rienza maturata con i gruppi di psicoanalisi multifamiliareguidati dal dottor Andrea Narracci, è cominciato nel 2009nel II Municipio di Roma il percorso «In Cammino», rispon-dendo al primo bando «Prevenzione mille», per l’inclusionesociale, della Provincia di Roma. La collaborazione fra leassociazioni Tininiska e Solaris e la comunità Reverie è fo-tografata ne I funamboli. Lasciare la comunità terapeuticatra difficoltà e speranze, curato perAltrEconomia da Donatella Barazzettie Antonella Cammarota, che mostracome con questo spirito si possanoinventare percorsi pragmatici. Peresempio: incontrando le attività dellaComunità cristiana di base di SanPaolo («Sosta» e la scuola d’italianoper rifugiati organizzata da Asinitas):ai rifugiati politici afghani si offre lacondivisione di momenti di quotidia-nità in cambio dell’ospitalità. Ma an-che: identificare opportunità per ungraduale inserimento lavorativo, co-me una biblioteca e un archivio au-diovisivo. E poi: promuovere corsi di formazione per vo-lontari nel settore psichiatrico in collaborazione con ilCentro Servizi per il Volontariato. E soprattutto: favorirel’interazione con il mondo esterno, a partire da tre laboratoriintegrati, in grado di riflettere, elaborare e narrare le diffi-coltà che comporta questo passaggio e le risposte concrete,favorendo la partecipazione sia di soggetti con sofferenzapsichiatrica sia di persone «non sofferenti»: un laboratoriodi scrittura creativa, uno di conoscenze informatiche perla quotidianità, uno di fotografia. l

agenda interculturale

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MARCO DAL CORSO | [email protected]

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saperi religiosi nelle scuole del mondo

EUROPA

PARADIGMA POLITICO-CONCORDATARIO

In Grecia si conserva un insegnamento«teologico» obbligatorio, in Russia si èaperta la possibilità di scegliere tra uncorso di «Fondamenti della cultura or-todossa» e uno di storia delle religioni,mentre in Bulgaria lo Stato non ha an-cora dato avvio a corsi «religiosi». Questiriferimenti geografici segnalano che an-che per il mondo ortodosso europeo ilsapere religioso a scuola si dibatte tradifesa dell’identità confessionale e of-fensiva della secolarizzazione (come èavvertita dai responsabili ecclesiastici).Anche in Germania la triplice confessio-nalità (della dottrina, dell’allievo e del-l’insegnante) è in crisi e spinge ad uninsegnamento almeno bi-confessionale,tenuto conto del mondo protestante ac-canto a quello cattolico. Ed in Belgio,infine, la diversità religiosa odierna si ac-

PREMESSA

Volgendo lo sguardo alVecchio Mondo, dopoaver accolto le esperienzedel Nuovo, vediamo con-fermato, parlando di reli-gione a scuola, il proble-ma: non si tratta, vistodalla scuola, della trasmis-

sione religiosa del religioso, ma dellatrasmissione culturale del religioso.Sono due temi diversi, due trasmis-sioni diverse1. Se la prima competealle comunità religiose, la seconda,invece, deve interessare la scuola. Oc-corre, insomma, arricchire la forma-zione alla cittadinanza alfabetizzandoal fatto e al problema religioso glialunni, rendendo così servizio alla lorodifferenza culturale. Perché, ancorauna volta di più, a scuola non si edu-cano credenti, ma cittadini (che, al-fabetizzati sul mondo religioso, po-tranno scegliere di essere credenti eforse lo saranno in maniera migliore!).Difficile, tornando all’Europa, dareuna visione uniforme circa gli inse-gnamenti e i saperi religiosi delle scuo-le europee. Due sembrano essere, sot-tolinea Pajer, i fattori accomunanti:l’esistenza, anche nelle aree storica-mente più laiche e secolarizzate del

continente, dell’insegnamento reli-gioso nelle scuole e l’estrema diversitàdi forme e approcci. Esistono, cioè,molti e diversi curricoli scolastici inmateria di religione che variano dapaese a paese, quando non all’internodella stessa nazione. Per questo, in-vece di passare in rassegna i singolicasi è interessante offrire alcune ti-pologie riassuntive. I paradigmi concui descrivere le esperienze di inse-gnamento della religione in Europasono «forniti» dalla storia dei singolipaesi: laddove, ad esempio, una dataconfessione cristiana è (o è stata) pre-valente, il sapere religioso è letto inchiave confessionale e gestito in unamodalità politica-concordataria. Altripaesi hanno scelto, invece, di presen-tare i saperi religiosi nelle università,proponendo una lettura oggettiva ecomparativa del fenomeno religioso,intendendo sviluppare l’insegnamen-to delle religioni in funzione cognitiva;altro ancora è il modello che tenta dirispondere alla realtà di società euro-pee post-cristiane ed interreligiose:qui i saperi religiosi sono insegnati infunzione della coesistenza sociale. Proviamo a delineare, in questo arti-colo, il primo dei tre diversi paradigmi,rimandando ad altri interventi la pre-sentazione dei restanti.

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evidente è rappresentato dall’abbandonodi un programma di studio catechisticoe da una proposta didattica di tipo cul-turale. Questo non solo perché gli alunninon sono più i parrocchiani, ma ancheper stare nelle finalità e metodologiescolastiche. Rimane confermato, in ognicaso, l’impianto concordatario che in-terpreta l’insegnamento della religionea scuola in chiave confessionale. Questoparadigma sembra reggere. Porta in suadifesa, infatti, una motivazione forte: sela religione a scuola non serve più permotivare a credere, essa è necessaria perriconoscere il patrimonio culturale edetico della tradizione cristiana in Occi-dente. In questa revisione concordataria,l’insegnamento della religione conserva,quindi, un certo carattere confessionale,i contenuti del programma vengono re-datti da responsabili della relativa chiesae gli insegnanti sono dichiarati idonei. Ilparadigma interpreta la laicità dello Statoattraverso la facoltatività dell’insegna-mento. E mentre precedentemente taleopzionalità era più virtuale che reale,succede che, in tempi di pluralismo reli-gioso, la proposta confessionale dell’in-segnamento religioso viene sempre piùdisattesa, senza essere sostituita conun’alternativa. Questo è evidente soprat-tutto nel contesto italiano, che ben rap-presenta questo primo paradigma. Conil risultato che non avvalersi significa fre-quentare «l’ora del nulla». Con buonapace dei firmatari del concordato di quie di là del Tevere. Resta aperta la sfida diripensare l’intero impianto e non sologli adeguamenti pedagogici. l

FINE PRIMA PARTE

1 Le note degli articoli della rubrica che riguardanol’Europa sono liberamente tratte dalla ricerca di FlavioPajer. Cfr. in particolare Europa, scuole, religioni, Sei,Torino 2005 e Scuola e università in Europa: profilieducativi dei saperi religiosi nella sfera educativa, in A.Melloni (a cura di), Rapporto sull’analfabetismo religiosoin Italia, Il Mulino, Bologna 2013, pp. 59-97. La pre-sentazione dei paradigmi circa l’insegnamento religiosonelle scuole europee è offerta da quest’ultima ricerca,alla quale rimandiamo.

compagna alla storica triplice diversitàlinguistica, motivando, accanto ad altreragioni, i responsabili a pensare a pro-grammi di alfabetizzazione religiosa met-tendo in second’ordine il carattere spe-cificatamente cristiano dell’insegnamen-to della religione nelle scuole. Insomma,se de iure l’impostazione confessionalesembra mantenere le sue ragioni, de fac-to essa, anche in paesi con forti tradizioniconfessionali come quelli descritti, è mes-sa in discussione. Siamo chiamati a ri-pensare il modello politico-concordatariodescritto dalle esperienze citate. E perdiscuterlo, conoscerlo.Come afferma Pajer, «in principio fu lareligione di Stato». La traduzione storicadell’assioma cuius regio eius religio è

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saperi religiosi nelle scuole del mondo

servita a formare l’identità civile e reli-giosa insieme. Lo strumento operativodi questa identità civil-religiosa è stato,quindi, quello concordatario, dove l’in-segnamento della dottrina religiosa è vi-sto come «fondamento e coronamentodell’istruzione pubblica» (concordato ita-liano del 1929). Evidentemente, oggi èin campo un cambio di prospettiva siagiuridica sia pedagogica circa le ragionie le modalità della presenza della reli-gione nella scuola. Il cambiamento più

Sintesi del paradigmapolitico-concordatario

ragion d’essere dell’IR nella scuolapubblica: la religione come radicestorica e componente etica dellacultura nazionale contesto socio-culturale ereligioso: società monoculturale echiesa prevalente base legale e testi normativi:accordi o intese Stato-chiese base epistemologica: scienzeteologiche, bibliche e pastorali tipi di approccio didattico:approccio confessionaleobiettivi: conoscenza ecomprensione del patrimoniosimbolico storico-religioso dellanazione insegnante: testimone qualificato,formato in facoltà teologiche alfabetizzazione religiosa:riconoscersi nell’identità di cittadinie credenti secondo la tradizionereligiosa del paese casi nazionali: 1) IR confessionalesu base costituzionale (Austria,Belgio, Cipro, Danimarca, Grecia,Irlanda, Romania); 2) IR confessionale su baseconcordataria (Spagna, Ungheria,Italia, Lituania, Lussemburgo,Malta, polonia, Portogallo,Slovacchia); 3) IR in scuole libereconfessionali: scuole paritarie inItalia, etablissements sous contratin Francia, centros concertados inSpagna, enseignement libre inBelgio, Church schools in GranBretagna...

da F. Pajer, «Scuola e università in Europa»,op. cit., vedi nota 1.

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CARI SIGNORI, DIFFIDATEDEI BRAVI RAGAZZI

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LUBNA AMMOUNE | [email protected] generazioni queste sconosciute

NON SEMPRE VALE LA MASSIMASOSTENUTA DA POPPER(E NON SOLO) RIGUARDO LA TELEVISIONE CATTIVA MAESTRA.NEGLI ULTIMI MESI IN DUETRASMISSIONI TELEVISIVE HO RITROVATO INTIMAMENTECONNESSE E RICCHE DI SIGNIFICATODUE BELLE RIFLESSIONI CENTRATESUI GIOVANI, ARGOMENTO CHE IN QUALCHE MODO RIENTRANELLE TEMATICHE DI YALLA ITALIA.

Le due riflessioni sono statesuggerite rispettivamente daVauro, ospite della trasmis-sione «Glob - Diversamenteitaliani», condotta dal comicoe conduttore televisivo EnricoBertolino, e dal filosofo RemoBodei in un’intervista rilascia-

ta alla giornalista Lilli Gruber nel corsodella trasmissione «Otto e mezzo». Vauro ha espresso il suo pensiero riguar-do ai giovani che abbiamo al governoconfidando in realtà che ancora non sen’è fatto un’idea ben precisa. La doman-da e la risposta, a onor del vero, sonstate un pretesto (ottimo, a parer mio)

per spiegare quanto sia rischiosa la dif-fusa dialettica per la quale le azioni deigiovani sono sempre da giustificare ap-punto in virtù dell’espressione ricorrente«Ma lasciali pure fare (e quindi sbagliare)che tanto son giovani». Riferendosi poialla sua attività di vignettista, ha anchesuggerito come sia disorientante e in uncerto senso pericoloso definirli bravi ra-gazzi, quasi a intendere che i bravi ra-gazzi non disturbano, sono ben educatie stanno buoni al loro posto. Bravi ra-gazzi che seguono a bacchetta gli ordinidalla generazione che li ha preceduti eche vivono passivamente senza spiritopropositivo e di rinnovamento. Bodei, invece, ha posto l’accento sullasinergia che può esserci tra le generazionie su quanto sia importante per i più gio-vani imparare la preziosità e il valoredell’esperienza dai più grandi. Il con-nubio delle considerazioni delle duepersonalità mi è sembrato inevitabilenella mia mente e il fulcro dellasua sintesi ben rappresentaquanto ha animato e anima ilnostro impegno a Yalla Italia.Spesso col professor Brancaabbiamo ragionato sul-

l’espressione «musulmani moderati» esulla rigidità delle gerarchie, in primisquella anagrafica, molto sentita nelle so-cietà di origine dei nostri genitori. Noistessi siamo stati definiti «musulmanimoderati» per rassicurare diverse cate-gorie di addetti ai lavori e non solo perpoi renderci conto di quanto sia scredi-tante nei nostri confronti tale apparen-temente educato appellativo, anche sela percezione non è poi così immediata.Moderati nel senso che, come prima,non danno fastidio e non intervengononel dibattito pubblico per non esporsieccessivamente. E se lo fanno, allora,talvolta se ne teme la consapevolezza equindi si riduce il loro contributo pas-sando a definirli «ragazzetti». Perciò, cari signori, oltre a temere attri-buti come «integralista», «estremista» etsimilia, diffidate piuttosto dei bravi ra-gazzi e dei moderati! l

da www.yallaitalia.it

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Si fa ma non si dice. Per esempio la divisione dellescuole in serie A (funzionali alle aziende-sponsor)e B (dequalificate perché prive di mecenati). Pro-viamo, con l’aiuto della buona fantascienza a ve-dere cos’altro ci aspetta. Tenendo conto di unacupa osservazione lanciata nel 1989 dallo scien-ziato-scrittore Isaac Asimov: «Nel 1920 Wells disse:la storia umana diventa sempre più una gara fra

l’istruzione e la catastrofe. E nei 69 anni trascorsi da allorasembra che l’istruzione stia perdendo la gara». Dopo quei 69mi pare che vada persino peggio. Vediamo tre futuri fra i tanti. Torna utile un vecchio romanzo di Robert Sheckley, Gli orrori diOmega (titolo originale: The Status Civilisation). Si studia inclassi chiuse e nessun adulto riesce a ricordare cosa ha imparato;impossibile entrare nelle aule per disposizione della Polizia segreta.Nelle ultime pagine, il protagonista (fuggito da Omega, piane-ta-prigione) scopre chi lo ha accusato per un delitto mai com-messo ma solo pensato: lo spione è… lui stesso, perché in quelleclassi segregate si insegna a essere poliziotti dei propri pensierie dunque a denunciarsi anche per crimini solo sognati.Ed ecco il racconto La professoressa marziana di Lloyd Biggle.Gli studenti seguono le lezioni da casa, grazie alla tv. «Comeverificare i progressi?» si chiede la signorina Boltz che viene daMarte e non è aggiornata sulla pedagogia terrestre. Le vienerisposto: «Ogni due settimane eseguiamo un migliaio di son-daggi. Se tutti i campioni seguono le lezioni, il Trendex del pro-fessore è 100… Un buon insegnante è all’incirca sul 50. Se ilTrendex scende sotto il 20, il professore viene licenziato perscarso rendimento». Per capire come mai la lezione della collegaMarjoire McMillan (quinto anno di inglese) abbia sempre unsuperlativo Trendex, la Boltz si piazza davanti alla tv. «Alle duein punto comparve sul video. Scarpe e calze erano posate inbell’ordine sul pavimento. L’insegnante stava sbottonandosi lacamicetta…». In succinto bikini la McMillan spiega che unafrase è composta da soggetto, verbo e complemento oggetto.Non male per un quinto anno, vero? Il finale del racconto è ot-

LA SCUOLA FRANTUMATAE I FUTURI POSSIBILI

timista: la Boltz rifiuta di inserire nei suoi programmi «Gual-drappe e pistole» puntando invece su Shakespeare, ma soprat-tutto ottiene un successo imprevedibile quando ripristina l’in-segnamento diretto e dialoga davvero con ognuno dei ragazzi. Le relazioni umane possono sconfiggere la tv: una scopertasensazionale. Su almeno un puntola «vecchia» scuola è insuperabile.Lo spiega Asimov in un celebre rac-conto, Quanto si divertivano. Nelmaggio 2155 Margie annota nelsuo diario che «Tommy ha trovatoun vero libro». Sfogliandolo i ra-gazzi commentano: «Che spreconi.Quando un libro era letto non re-stava che buttarlo. Invece la tv pas-sa non so quanti libri e lo schermoserve sempre». I ragazzi sfoglianoil volume e scoprono che parla del-la scuola. La sorpresa è che, neitempi antichi, avevano sì un mae-stro ma era un essere umano. Quando cominciano le lezioni -lo schermo è acceso e spiega le frazioni - inevitabilmenteMargie ripensa a quella scoperta: «Tutti i bambini del quartiereuna volta arrivavano a scuola, ridendo e piangendo […] impa-ravano le stesse cose e così potevano discuterne e aiutarsi neicompiti… Chissà quanto si divertivano!». l

gennaio 2015 | cem mondialità | 37

DIBBÌ | [email protected] è accaduto

Se volete leggermi sul mio blog: http://danielebarbieri.

wordpress.com

«CHI NON SPERA QUELLO CHE NON SEMBRA SPERABILE NON POTRÀ SCOPRIRNE LAREALTÀ, POICHÉ LO AVRÀ FATTO DIVENTARE, CON IL SUO NON SPERARLO, QUALCOSA CHENON PUÒ ESSERE TROVATO, E A CUI NON PORTA NESSUNA STRADA». ERACLITO

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Un graziespeciale a Renzo La Porta per aver

organizzato e reso

possibilel’iniziativa.

The Summerhill SchoolScuola di democraziaIn collaborazione con l’Associazione Lucertola-Ludens di Ravenna

Incontro ricco di testimonianze ed esperienze quello conMichael Newman, docente della Summerhill School (GranBretagna), tenutosi a Brescia il 15 dicembre scorso, cheha offerto l’opportunità di conoscere e confrontare modellieducativi diversi.La Summerhill School, infatti, fondata oltre un secolo fa, sipone ancor oggi come modello per una scuola non autori-taria, improntata a principi di reale democrazia nella gestione,in cui alunni e insegnanti hanno lo stesso potere decisionale.Grande interesse da parte dei presenti, che hanno apprez-zato la proiezione e i filmati su Summerhill, e bombardatoMichael con domande e curiosità.

www.summerhillschool.co.uk

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app-grade

Ese gli studenti insegnasseroai compagni? Gli insegnantidiventerebbero superflui?Non esattamente! Le tecno-logie digitali suscitano entu-siasmi e scetticismi da piùparti, ma ciò che appare piùevidente è che han dato una

bella scossa, fornendo nuovi spunti aldibattito sull’educazione, la didattica el’apprendimento. La flipped classroom(«classe capovolta») non sarebbe così fa-cile da realizzare senza internet e la gran-de diffusione di device digitali.La classe capovolta è una declinazioneinteressante dell’apprendimento attivoportato ad estreme conseguenze. Nelmodello tradizionale gli studenti in classeascoltano la lezione e a casa fanno eser-cizio. Nella flipped classroom gli inse-gnanti assegnano ai ragazzi un argo-mento di studio a casa che spesso con-siste nella visione attenta e attiva di unpodcast (video-presentazione, video-le-zione, mp3) oppure nella consultazionedi materiali via Dropbox o Google Drive.Ciò che i ragazzi iniziano ad imparare acasa viene poi consolidato in classe, at-traverso lavori di gruppo, lezioni tenuteda studenti agli altri compagni nell’otticadel cooperative learning. L’insegnantenon è più colui che trasmette le nozionie poi interroga, ma colui che orchestral’attivazione delle dinamiche d’appren-dimento facendo leva sulla molla più ef-ficace: la motivazione.Apprendimento attivo, peer instruction,feed back e mastery learning, problembased learning sono alla base di questoparticolare approccio didattico-educativo.

Secondo la Teoria del carico cognitivo(Cognitive load theory, prof. Ramsay Mu-sallam) la preparazione che precede l’ap-prendimento agisce da facilitatore, infattii ragazzi preparandosi a casa sono piùcoinvolti e hanno un approccio più criticoe creativo nel lavoro in classe.

Il sito ufficiale per la promozione delladidattica capovolta http://flipnet.it/ con-tiene numerosi materiali utili a compren-dere meglio le dinamiche e le motivazionidell’insegnamento flipped.Nel prossimo articolo vi racconterò piùnello specifico come creare podcast peril vostro flipped teaching!

MARIA MAURA | [email protected]

CODICE QR DA INQUADRARECON IL PROPRIO SMARTPHONEPER GUARDARE UN VIDEOSINTETICO SULL’INSEGNAMENTOCAPOVOLTO

FLIPPING TOGETHER!INSEGNAMENTO CAPOVOLTONELL’ERA DIGITALE

FLIP PUÒ ESSERE ANCHE UN ACROSTICO:

F come Flessibilità, devicedigitali e internet permettonoun ambiente d’apprendimentoflessibile che va oltre le murascolastiche coinvolgendostrumenti che aumentano;

L come Lavorare insieme,promuovendo l’apprendimentocome qualcosa di multiforme,che utilizzando diversilinguaggi, diversi supporti ediversi approcci permette diapprodare ad una costruzionecomune e collaborativa dellaconoscenza;

I come Inclusione,l’apprendimento tramitepodcast audio o video favoriscel’inclusione degli alunni BES,poiché se hanno bisogno di piùtempo per prendere appunti ochiarire un concetto possonomettere in pausa, o riascoltare,mentre chi è più veloce ecurioso può approfondire;

P come Professionalità deldocente, il ruolo del docentenon è per nulla sminuito dalprotagonismo dei ragazziperché gli orientamenti e ifeedback dell’insegnanterestano centrali per l’autovalutazione del lavoro svoltodagli alunni e per ottenererisultati di qualità e centrati suitraguardi di competenzaprevisti.

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«IL TEATRO NON È INDISPENSABILE.SERVE AD ATTRAVERSARE LE FRONTIERE FRA TE E ME»JERZY GROTOWSKI

La rassegna nasce nell’ambitodel Festival del Teatro dei Po-poli a cura di Piccolo TeatroPatafisico, Teatro Atlante e laFondazione Con il Sud. Il Pic-colo Teatro Patafisico si trovaall’interno delle Comunità Ur-bane Solidali, uno spazio-pro-

getto polivalente che occupa un padi-glione dell’ex manicomio di Palermo: èun progetto d’innovazione sociale perla creazione di nuove reti solidali con efra le diverse comunità culturali di Pa-lermo. È un luogo, laico, promotore eproduttore di nuove pratiche culturali,inclusive e partecipative. «Identità» rac-coglie spettacoli che raccontano e pro-pongono viaggi, incontri, vite, la ricercadi nuove forme di identità che non èpossibile catalogare con le parole a cuici hanno abituati: immigrato, extraco-munitario, diverso, straniero. La rassegnaci ricorda quanto siamo tutti diversi equanto questa diversità sia ciò che cirende umani.

Il programma, avviato ad ottobre 2014,con spettacoli di compagnie provenientidal Marocco e dal Senegal, il 24 e il 25gennaio 2015 riprende con lo spettacoloAll’ombra dei giganti, liberamente ispi-rato a I giganti della montagna di Piran-dello ed all’opera poetica di W. Szym-borska, con la collaborazione di Jaja AlTahib e la regia di Emilio Ajovalasit. Itemi pirandelliani dell’incomunicabilità,del sogno, del rapporto fra realtà e fin-zione, rivivono in questo spettacolo natoda un lungo percorso di laboratori escambi con artisti e comunità migrantipresenti nel territorio palermitano.

IDENTITÀ RASSEGNA DI TEATRO INTERCULTURALE

crea-azione

40 | cem mondialità | gennaio 2015

Per la segnalazione di eventi interculturali

scrivere [email protected]

PER SAPERNE DI PIÙINFO.TEATRO ATLANTE

366.5010982PICCOLO TEATRO PATAFISICO

339.8649301www.comunitaurbanesolidali.org

A CURA DI NADIA SAVOLDELLI | [email protected]

Il 31 gennaio ecco lo spettacolo Ancoraprigionieri della guerra di Daniele Bar-bieri (Roma) che è una lettura a duevoci di Agata Marchi e dell’autore, cheben conosciamo come curatore dellarubrica «Domani è accaduto» su questarivista: si entra nelle bugie che si dicono,ancora cent’anni dopo, sul macellochiamato «prima guerra mondiale» esulle verità come i massacri nelle rivolte,i pescecani che si arricchivano, con le«tregue spontanee», le pratiche di «de-cimazione» e gli stupri di massa... etutto ciò che scompare nelle comme-morazioni. Un esercizio di memoriacontro il militarismo e i nazionalismiche, come avvoltoi, si riaffacciano aigiorni nostri. Il 21 e il 22 febbraio la rassegna si con-clude con Zugzwang. Quando sei ob-bligato a muovere, spettacolo scrittodalla Compagnia Artisti Aquilani, natanel post-sisma 2009: presenta perso-naggi alla deriva che, esibendosi in varieattrazioni, si raccontano attraverso ilinguaggi della danza, la musica, il co-mico, il teatro di figura nel contestodecadente e ironico di un dark cabaret.È l’allegoria di una realtà che racchiudein sé la scandalosa necessità di stupireper esistere. La compagnia ha scelto didare «scaccomatto alla crisi» (zugzwangè una termine delle mosse di scacchi)tramite il crowdfunding come praticadi micro-finanziamento. Le peculiaritàdella compagnia sono la versatilità conun mix di tecniche e tradizioni artistiche(dal clown alla danza classica indiana)e il bisogno di far dialogare la forma-zione permanente e il lavoro, con lavita e la storia. l

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Amos OzGiudaFeltrinelli, Milano 2014, pp. 336, euro 18

Oz come sempre riesce a stupirci con questo nuovo romanzo il cui tema fondamentale è il tradimento,non tanto il tradimento affettivo/sessuale, ma il tradimento come strumento di crescita e di creazionedi nuovi equilibri e/o di compromessi. Tre sono i personaggi principali del romanzo: un giovane, unvecchio e una donna ancora attraente che nel corso di un lungo inverno impareranno faticosamentea conoscersi e in qualche modo ad amarsi. Sullo sfondo la figura di Gesù e la tormentosa domanda:se gli ebrei lo avessero accettato come sarebbe stata la storia? Ad intersecarsi con i temi psicologicie religiosi la realtà politica di Israele con la sua guerra infinita con i palestinesi… un dialogointerculturale che non vuole decollare a causa della miopia di tutti e due i popoli. Oz non risparmiale critiche ai suoi connazionali, esprimendosi con coraggio e puntualità. Sicuramente un libro chefarà discutere e che è fra i più belli che questo autore ci ha donato negli ultimi anni. (Marco Valli)

Franco BattiatoAttraversando il BardoLibro+dvd, Bompiani, Milano 2014, pp. 72, euro 22

«Tutti, più o meno, siamo prigionieri delle nostre abitudini, paure, illusioni. Le sofferenze dovrebberoindurci ad abbandonare l’ego, che chiude la strada del ritorno alla nostra natura divina». Questo è ilsucco del viaggio che Battiato compie fra la Sicilia e il Nepal seguendo le suggestioni del BardoThodol, il libro tibetano dei morti, alla ricerca di una prospettiva differente sulla morte.Incontri con lama tibetani, con psicologi come Grof, filosofi, ecc., fra oriente e occidente, cercandouna ars moriendi che alla fine ci doni pace e illumini il nostro vivere. Una testimonianza della fededell’autore nell’infinità della vita, oltre i limiti temporali di questa esperienza esistenziale egoica,una vita eterna in cui tutto ciclicamente ritorna. Un’opera inusuale e intrigante che percorre stradeintercultuali e interreligiose in modo inedito, riconfermando l’originalità e la creatività di questoartista. (m.v.)

Henning Mankell L’occhio del leopardoMarsilio, Venezia 2014, pp. 336, euro 18

Mankell, noto scrittore di romanzi gialli (è autore della serie del commissario Wallander, propostaanche in un serial tv) ci offre un romanzo maturo e profondo, una spietata analisi sulla difficoltà nel-l’incontro fra culture radicalmente differenti. Un romanzo sull’Africa e sulle sue contraddizioni, maanche un romanzo sulla difficoltà di immergersi in culture e mondi altri… Figlio di una donna chenon ha mai conosciuto e di un tagliaboschi con l’anima del marinaio, dal nord della Svezia HansOlofson è arrivato nello Zambia inseguendo un sogno altrui. Profondamente colpito dalla bellezzadell’Africa, decide di fermarsi, convinto di avere trovato una nuova casa. Per la fattoria che ha rilevatoa Lusaka insegue ambiziosi piani di rilancio, ma in quella terra ignota, priva di punti di riferimento eproprio per questo così seducente, impara presto a conoscere il disprezzo dei bianchi e il sospettodei neri, mentre la tensione e le minacce continuano a crescere intorno a lui. Un giorno, anche i suoi

mediamondo

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I LIBRI POSSONO ESSERE RICHIESTI ALLA LIBRERIA DEI POPOLI CHE FA SERVIZIO DI SPEDIZIONE POSTALE, CON SCONTO DEL 10% PER I POSSESSORI DELLA CEM CARD.VIA PIAMARTA 9 - 25121 BRESCIA - TEL. 030.3772780 - FAX 030.3772781 - WWW.SAVERIANIBRESCIA.IT - [email protected] CEM

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vicini vengono barbaramente uccisi, e Olofson comincia ad avere paura, assalito dalla stessa impotenzache provava da bambino, quando il gelo faceva gemere le travi della sua casa vicino al fiume. Neglianni, il sogno africano si trasforma in una lotta per la vita. Intrecciando passato e presente, dai campighiacciati della Svezia alla soffocante calura dei tropici, «L’occhio del leopardo» è un viaggio non sen-timentale alla scoperta di due culture inconciliabilmente diverse, un romanzo psicologico che scavanella mente di un uomo perduto in un mondo sconosciuto. (m.v.)

Niccolò AmmanitiThe Good LifeLibro+Dvd, Feltrinelli, Milano 2013, pp. 16, euro 9,90

Come spiega Ammaniti nel libretto che accompagna il dvd, pur non avendo egli mai avuto unagrande passione per la spiritualità, durante un viaggio occasionale in India vari anni fa, avevaincontrato alcuni italiani che avevano fatto la scelta di vivere nel sub-continente cercandovi unarisposta al disagio esistenziale e trovando un modo di vivere più autentico. Anni dopo Ammaniti rac-conta di questi incontri ad un produttore televisivo che decide di sponsorizzare un documentario. IlDvd raccoglie tre storie di italiani che hanno cercato e trovato la buona vita in un paese ed in unacultura altra senza però perdere del tutto la propria italianità. Tre storie forti e coraggiose che ci in-terrogano profondamente su ciò che è diventata la nostra cultura e la nostra nazione e sull’eternaricerca di senso dell’uomo. Forse la buona vita non si trova solo in India, ma certo bisogna cercarlae crearne le condizioni… un documentario da guardare con attenzione e su cui riflettere. (m.v.)

Tommy WieringaQuesti sono i nomiIperborea, Milano 2014, pp. 336, euro 17

Un romanzo totale, profondo e avvolgente che punta direttamente al cuore delle cose, una metaforadello straniamento dell’uomo contemporaneo, privato delle proprie radici e identità, alla continuaricerca di un senso. La tradizione ebraica riscoperta, ma anche presa a simbolo delle radici ancestrali,il viaggio come simbolo del peregrinare umano e poi il deserto luogo per eccellenza del perdersi edel ritrovarsi. «Questi sono i nomi dei figli di Israele». Così comincia il libro dell’Esodo, ma i setteprofughi che vagano nella steppa sconfinata dell’Asia centrale non hanno nome. Non ricordano daquanto camminano, scaricati da un camion, divorati dagli stenti, sanno solo che devono andareverso occidente, che l’uomo di Asgabat comanda e la donna è costretta a ubbidirgli, che il bracconiereconosce i segni della terra e il ragazzo quelli dei sogni, e che il negro viene da un altro mondo e portacon sé l’ignoto. Nel frattempo a Michailopoli, cadente città di frontiera, tra furti, mazzette e slot ma-chine, il commissario Pontus Beg cerca di dare un senso alla sua vita con le massime di Confucio, at-tendendo quella notte d’amore che la domestica, con ferrea disciplina, gli concede una volta almese. Finché un vecchio rabbino, ultimo ebreo rimasto, gli rivela le sue vere radici. Il percorso di Begper trovare se stesso e uscire dalla sporcizia del mondo si dovrà incontrare con quello dei profughinel deserto… Un libro avvincente fino all’ultima pagina e che ci costringe a riflettere in modo spietatosulle nostre identità (o mancanza d’identità). (m.v.)

I LIBRI POSSONO ESSERE RICHIESTI ALLA LIBRERIA DEI POPOLI CHE FA SERVIZIO DI SPEDIZIONE POSTALE, CON SCONTO DEL 10% PER I POSSESSORI DELLA CEM CARD.VIA PIAMARTA 9 - 25121 BRESCIA - TEL. 030.3772780 - FAX 030.3772781 - WWW.SAVERIANI.BS.IT/LIBRERIA - [email protected] CEM

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mediamondo

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nuovi suoni organizzati

ROBERT PLANTL’ETERNO RINNOVARSIDELLE ALCHIMIE SONORE

Ben ritrovate e ben ritrovati.Spero di riuscire a comuni-care in poche righe quantosia splendido, prezioso edimmancabile Lullaby and…the ceaseless roar, l’ultimolavoro concepito da RobertPlant e dalla sua attuale

band, i Sensational Space Shifters, unasodale e creativa combriccola di musicisti,perlopiù polistrumentisti, coadiuvati dalleinusuali e suadenti sonorità strumentalie vocali del griot del Gambia, Juldeh Ca-mara. Robert Anthony Plant, nato in In-ghilterra, a West Bromwich il 20 agostodel 1948, non è e non sarà da ricordaresolamente per essere stato il cantante efront leader dei mitici Led Zeppelin, laband inglese tra le più amate e osannatedella storia del rock, attiva tra il 1968 eil 1980, che ha indiscutibilmente dato inatali all’hard rock e all’heavy metal; co-me non passerà ai posteri esclusivamentein considerazione della sua strabiliantevocalità o della sua invidiabile carrierada solista, che tra alti e bassi lo ha por-tato ad indiscussi riconoscimenti artistici,

LUCIANO BOSI

IL DISCORobert Plant and the SensationalSpace ShifterLullaby and... the ceaseless roarNonesuch Records, 2014

tra i quali sette Grammy Awards. Io cre-do che gli vada anzitutto riconosciuto ilmerito, abbastanza raro nel blasonatomondo della grandi star, di non essersifermato alla certezza di vivere sugli allori,tanto cara al mercato musicale e disco-grafico che da tempo sembra orientatoperlopiù a soddisfare l’insaziabile appe-tito di milioni di fan nostalgici di un mon-do sonoro che vorrebbero sempre ugua-le, e che porta facili guadagni. Certa-mente se lo può permettere, visti i suc-cessi del passato, ma a tale propositocredo valga la pena ricordare che RobertPlant ha ripetutamente respinto la pro-posta di una reunion dei Led Zeppelin,fino ad arrivare, nel 2008, a rifiutareun’offerta di 200 milioni di dollari cheun promoter gli offrì per rimettere involo il dirigibile per un tour mondiale.In compenso non ha mai smesso di cer-care e di stare sintonizzato con un mon-do che, diventando sempre più piccolo,oltre a dare la possibilità agli artisti giàaffermati di sfruttare il circuito omolo-gante del mercato, può anche fornire lapreziosa opportunità, per chi come lui

sa leggere tra gli interstizi, di coglieredall’enorme, prezioso e variegato bacinodelle diversità il non sentito, il non ba-nale, il non conformato, e di confrontarsicon il tanto diverso da sé per poi elabo-rare davvero qualcosa di nuovo. Lullaby and... the ceaseless roar, uscitoil 9 settembre 2014, rappresenta tuttoquesto, ed è la prova provata che ancoraè possibile elaborare qualcosa di nuovo;certo echi e reminiscenze del passato so-no ovviamente presenti, ma mai domi-nanti, perché ognuna delle undici traccecoglie il nostro sentire almeno un po’impreparato. Potremmo anche sostenereche questo lavoro sia frutto della matu-rità artistica di Plant, ma quest’analisi ri-sulterebbe banale e non rispettosa di ungrande cantante e musicista che non ènuovo a scompigliare l’ordine formalecostituito, come fece qualche decenniofa introducendo nel rock una vocalitàinnovativa, eterogenea e spiazzante. Lun-ga vita a Robert Plant e alla forza gene-ratrice che può scaturire dalla frequen-tazione delle terre di mezzo, dalle qualipiù volte ha tratto ispirazione in consi-derazione della sua dichiarata passioneper la mitologia nordica, nonché per lanota trilogia Il Signore degli Anelli diJohn Ronald Reuel Tolkien. Non perdeteviquesto capolavoro di poetica sonora de-stinato a diventare una pietra miliare.Buon ascolto a tutte e a tutti. l

«UNO STREGONE NON ÈMAI IN RITARDO, FRODO

BEGGINS. NÉ INANTICIPO. ARRIVA

PRECISAMENTE QUANDOINTENDE FARLO»

GANDALF

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saltafrontieraLORENZO LUATTI | [email protected]

Questo anniversario può es-sere l’occasione per fare unpo’ di storia e per parlare,anche a scuola, dei tantimuri, reali e immaginari,che ieri e ancora oggi se-parano popoli e persone.Sulla facilità di costruirne,

di muri, e sulle sofferenze che essi cau-sano e sulla fatica (ma anche sulla gioialiberatrice) poi nell’abbatterli. Possiamoavvalerci di alcuni libri di narrativa cheaffrontano esplicitamente la tematica:dove «muri» di vario genere, di fantasiae spesso reali e verosimili, vengono eretti,

STORIE SUI MURIl’elefantino Elmer, David McKee (la scrissenel 1985). I due mostri protagonisti del-l’albo non si vedono, non si sti mano,non fanno altro che insul tarsi. Ogni frasecat tiva viene inesora bil mente accom -pagnata da pie tre lan ciate con vio lenza.Rocce che ad ogni tiro diven tano piùgrandi: non passa molto tempo che lamon ta gna - l’unica casa dei due esseriliti giosi - viene smon tata. Ora i due sonocostretti a guar darsi in fac cia e l’aggres-sività, quasi per magia, scom pare. Nonc’è più la mon ta gna che li ripa rava, per-ché l’hanno but tata giù con la loro rab -bia. Final mente, sco pren dosi, fanno ami -ci zia. Del celebre «muro», quello di Berlino,parlano altri testi per lettori più grandi.Sono, per così dire, storie nella Storia: siparte dal caso di un singolo, per narrarela storia di tutti. Come si viveva oltre ilmuro in quegli anni? Cosa succedeva?Come si poteva fuggire? Quali stili divita comportavano? Tutto questo prendevita nelle pagine de Il muro. Cresceredietro la cortina di ferro (Rizzoli, p. 52)del grande artista Peter Sís, dove s’in-trecciano sapientemente più linguaggie dimensioni: iconica, autobiografica,storica e divulgativa (su questo magnificolibro ho parlato a suo tempo in questepagine). Una nota giornalista che del crollo delmuro fu testimone, Vanna Vannuccini,firma il romanzo Al di qua del muro.Berlino 1989 (Feltrinelli, p. 121) ambien-tato a Berlino Est nella stagione in cui laGermania cambiò volto e destino. At-traverso lo sguardo della tredicenne An-ne, siamo prima introdotti nella grigiaquotidianità della Ddr, tra i tetri ritualidell’alzabandiera, i negozi spogli, la Stasi(la polizia politica segreta) che s’insinuadappertutto. E quel terrifico enigma delMuro, la cui spiegazione ufficiale - «unvallo di difesa antifascista» - poco per-suade i ragazzi. Il mood della storia èdestinato a cambiare dopo una gita aPlauen - teatro di una grande manife-stazione contro Honecker - fino alla dataepocale del 9 novembre, tra pianti e ab-bracci senza più muri. l

C’È STATO UN TEMPO IN CUI UNA CITTÀ E UNANAZIONE ERANO SPEZZATE IN DUE DA UN MUROLUNGO 1378 KM. UN MURO CHE SEPARAVA LAGERMANIA IN DDR E REPUBBLICA FEDERALETEDESCA. UN MURO CHE DIVIDEVA L’INTERA EUROPAE CHE DIVISE IN DUE BERLINO PER 28 ANNI. IL 9 NOVEMBRE 1989, VENTICINQUE ANNI FA, QUEL MURO CADDE.

e poi finalmente abbattuti, a condizioneche tutti i protagonisti abbiano maturatouna nuova e diversa consapevolezzadell’altro, del «nemico», del proprio stareal mondo, del benessere comune.La casa edi trice Lapis riporta sugli scaf -fali delle libre rie Due mostri (pp. 32),una favola per i più piccoli sull’intolle-ranza e la paura rac con tata con l’ironiache da sem pre ci dispensa il padre del-

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IL REGISTAJonathan Teplitzky, regista, sceneggiatore eproduttore australiano, nasce a Sidney inuna famiglia ebraica non praticante;trasferitosi in Inghilterra, dopo essersiiscritto ad un corso sul cinema allaMiddlesex University, inizia la sua carrieradi regista nel 1989 dirigendo lavoripubblicitari e musicali. Nel 1993 vince ilprestigioso Bafta Award con undocumentario per la Bbc. Nel 1995,ritornato in Australia, realizza in unadecina di anni solo tre film, Better ThanSex (2000), Gettin’ Square (2003), BurningMan (2011) (nessuno dei quali però èuscito sugli schermi italiani), continuando alavorare con successo nel settorepubblicitario e musicale. gennaio 2015 | cem mondialità | 45

LINO FERRACIN | [email protected] cinema

RegiaJonathan Teplitzky

InterpretiColin Firth, Jeremy Irvine, NicoleKidman, Stellan Skarsgård, Sam Reid,Hiroyuki Sanada, Tanroh Ishida.

Australia, Regno Unito, Svizzera. 2013.116min. Koch Media

LA TRAMA. Il film è basato sull’omonimaautobiografia di Eric Lomax (Vallardi,2014) che, prigioniero dei giapponesidopo la caduta di Singapore nel 1942,fu portato a lavorare lungo la BurmaRailway, la «ferrovia della morte». Accu-sato di essere una spia, Lomax è più voltetorturato, alla presenza dell’interpretegiapponese Nagase. Tornato in Scozia,Lomax si ricostruisce una vita ma nonriesce a superare il trauma e l’incubo deiricordi, fino a quando la scoperta su unquotidiano che Nagase è ancora vivo efa da guida al campo di prigionia lo spin-ge a ritornare nel suo passato per ven-dicarsi. L’iniziale scontro di accusa e de-siderio di vendetta diventa incontro ecol tempo amicizia.

IL FILM. Lomax è un reduce che non parlamai della sua terribile esperienza, chenon riesce a dar voce al suo passato, mache grida comunque la sua ferita in ri-svegli notturni dopo incubi ricorrenti.

LE DUE VIE DEL DESTINOTHE RAILWAY MAN

Dopo la sconfitta delleMidway, i giapponesi deciserodi costruire una lineaferroviaria che collegasse laCina alla Birmania, da Bangkoka Rangoon. Lungo i 415 km delpercorso furono impiegati circa180 mila civili locali e 60 milaprigionieri di guerra britannici;il lavoro massacrante, lecondizioni di vita disumane ele violenze dei giapponesiprovocarono la morte di 90mila civili e di 12.399prigionieri di guerra.

il materiale per affrontare alcuni temi,come quello della solitudine del reduceimpossibilitato a dire fino in fondo la suastoria, a sopportare la fatica/colpa di es-sere tornato, a conciliare la nuova vitacon le ferite fisiche o psichiche che si por-ta dentro; il tema del bisogno di capirela bestialità dell’altro e una ragione delsuo agire così disumano; il tema dellapossibilità di perdonare e del diritto diperdonare anche per altri. Interessante,per cogliere i due diversi sguardi dei re-gisti nei rapporti con la Storia e i rispettivimessaggi allo spettatore, la possibilità diconfrontare questo film con Il ponte sulfiume Kwai, diretto nel 1957 da DavidLean con un grande Alec Guinness, uncolossal che vinse sette Oscar.

Sarà l’amore della moglie, un gesto ter-ribile del suo amico e soprattutto la fo-tografia del suo torturatore a riportarloin quel campo di prigionia e in quel lo-cale di tortura a farsi e a fare domande,per capirsi e capire.Il regista non vuole speculare né sulleviolenze, né sulla tragicità della vicenda,né su facili sentimenti di perdono e amoreverso tutti, ma offre invece allo spettatore

NOTA STORICA

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cinema

LA TRAMA. Siamo in Inghilterra alla fine delXVIII secolo, Dido Elizabeth Belle, figlia ille-gittima di un ufficiale della marina inglesee probabilmente di una schiava africana, èaffidata dal padre, in partenza per un viag-gio, allo zio William Murray, conte di Man-sfield, primo magistrato della Corona ingle-se. Cresciuta nel rispetto e nell’affetto ditutta la nuova famiglia, comunque forte-mente condizionata dalle rigide regole dellasocietà inglese dell’epoca (Dido non man-gerà mai alla tavola di famiglia) Dido riescegrazie all’eredità del padre, che l’ha resaeconomicamente indipendente, a costruirsiuna sua autonomia condizionando favore-volmente con il suo affetto, i suoi gesti e lesue parole il giudizio dello zio relativamentead un importantissimo processo tra una so-cietà di assicurazioni e la Zong, una navenegriera che aveva gettato a mare un cen-tinaio di schiavi e ne aveva richiesto il risar-cimento come perdita di merce.

IL FILM. La storia del film, con alcune licenzetipiche del cinema, è storicamente fondatae parte dal dipinto che ancora si trova nelladimora dei conti di Mansfield. Un film moltofruibile anche da un pubblico giovane e chesi presta alla riflessione ed alla ricerca su al-cune tematiche importanti: la condizionedella donna in una società rigidamente strut-turata sul piano culturale ed economico; laparticolare situazione delle donne prive diautonomia economica o come in questo casomulatte; le regole sociali come strumento dicontrollo di classe; la responsabilità del sin-golo di fronte ai valori e ai principi fondantila dignità umana; il commercio degli schiavicosì importante per l’economia inglese ed

europea, con i suoi risvolti di morti, soffe-renze e umiliazioni. Su questo tema in particolare Marcus Rediker,nel suo recente libro La nave negriera, Il Mu-lino 2014, ricorda che «quando la Gran Bre-tagna e gli Stati Uniti abolirono il commerciodegli schiavi, le navi negriere avevano giàportato nove milioni di persone dall’Africaal Nuovo Mondo, circa cinque milioni di per-sone erano morte in Africa, sulle navi e nelprimo anno di lavoro nel Nuovo Mondo. Nelsolo periodo che va dal 1700 al 1808 circa500 mila morirono nella marcia verso le navi,altri 400 mila a bordo e altri 250 mila pocodopo l’arrivo a destinazione». La sentenza di Lord Murray sarà un primoimportante passo verso la fine della schiavitùin Inghilterra e nelle sue colonie, fine sancitada due leggi del Parlamento nel 1807 e nel1833. l

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RegiaAmma Asante

InterpretiGugu Mbatha-Raw, Tom Wilkinson,Emily Watson, Sarah Gadon, Sam Reid,Miranda Richardson.

Gran Bretagna, 2013. 105min. 20th Century Fox.

LE PAROLE DELLA REGISTA«Sono stata ad una mostrasulla storia dei neri nell’arteeuropea dal 14° secolo in poi.Ci hanno presentati comeaccessori, molto sottomessi, ederavamo lì per sottolineare lostatus del protagonistaprincipale del dipinto, moltosimili ad animali domestici. Mail quadro che rappresenta Bellee la cugina Elisabetta è diverso:Dido non è un accessorio, lei èdavanti e al centro, e guardadritta il pittore, fatto davveroinsolito. Tutto spinge l’occhioverso di lei. Dopo aver visto ildipinto, mi sono resa conto diquanto fosse importante, e hodeciso di portare al pubblicoquella storia».

LA RAGAZZADEL DIPINTO BELLE

LA REGISTAAmma Asante, nata a Londranel 1969 da genitoriimmigrati dal Ghana, iniziabambina la sua carriera diattrice in alcuni serialtelevisivi; giovanissimafondatrice di una casa diproduzione realizza e scrive lasceneggiatura di due serietelevisive per la Bbc2, nel2004 dirige A way of life,racconto del difficilequotidiano di una giovanemadre in un quartieredegradato di Cardiff (Galles,UK). Ha ricevuto per la suaattività di produttrice e diregista diversi riconoscimentiufficiali. Il suo secondolungometraggio è Belle.

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Eucaristiasegno di contraddizione

Il recente sinodo straordinariosulla famiglia ha esaminato i complessi problemi nei qualisi dibattono le famiglie nella nostra «società liquida». Ma sui mezzi di comunicazione hannotrovato spazio solo i dibattitipiù conflittuali... comel’eventuale accesso allacomunione per le «coppie di seconda unione».

A ncora una volta, s’impone una riflessione tra cri-stianesimo-religione e cristianesimo-vangelo.Una «religione» decide norme di culto, precetti

ed esempi, ricorrendo a frasi bibliche come stampelle. Idifensori del cristianesimo-religione diranno che chi hadivorziato ed è passato a seconde nozze è in peccatomortale e quindi non può ricevere la comunione; rivederequesta prassi andrebbe contro la Bibbia e provocherebbeconfusione e cattivo esempio. In tal modo sono esclusidai sacramenti e dalla vita ecclesiale le persone che neavrebbero più bisogno.Se però consideriamo il cristianesimo come «vangelo»dobbiamo confrontarlo con la persona e con la vita diGesù. A Nazaret Gesù cresce nella riflessione del pianodi Dio che Egli vede ostacolato dai regni terrestri. Esceallo scoperto a trent’anni. Pieno di compassione, va al-l’incontro dei sofferenti per attenuarne i dolori, e spe-cialmente lancia la sua proposta di riscatto spirituale eumano, per gli individui e la società. Il popolo non deverassegnarsi a vegetare: è chiamato alla missione di rea-lizzare il piano di Dio, ovvero stabilire nel mondo il regnoche è giustizia, pace e gioia spirituale (Rom 14,17). Gesù percepisce che questa missione non sarà abbrac-ciata da molti e comincia a scegliere discepoli, prima

dodici e poi settentadue. È attraverso di loro che Egliarriverà a tutti (così spera) e ne eleverà il livello. Gesù sipropone non di fondare un’altra religione, ma di riformarlacon la provocazione del regno: rispettare e amare tutti,anche i nemici, perché figli e figlie di Dio. Nella società piramidale di allora, la proposta di Gesù èsovversiva. Gesù capisce che è in pericolo: se insistemorirà giovane. Ma Egli decide di continuare. Gli eventiprecipitano... Quando sente prossima la conclusione, econ in cuore la certezza che il suo sacrificio sarà premiatodal Padre, Gesù istituisce l’Eucaristia. Si tratta di unacena che già racchiude la pasqua e che Egli consegnaai suoi perché la ripetano-e-attualizzino in futuro (infattinon si può ripetere la morte-e-rissurrezione, ma si puòripetere una cena). Messa così, l’Eucaristia non è un atto di culto o un rito,ma un happening, un evento: è la cena di chi va a mori-re-e-risorgere per la causa della salvezza piena, della li-berazione, e che vuole stretti a sé, come tralci alla vite,coloro che continueranno la sua pericolosa missione.Dopo lo sconcerto iniziale, i discepoli si dedicano al-l’evangelizzazione e celebrano l’Eucaristia ogni primogiorno della settimana. Allora per chi è l’Eucaristia? Pergli habitué? Per chi è senza peccato? Per gli sposati inchiesa? Per i devoti all’ultimo santo o all’ultima appari-zione? Per chi appartiene a qualche movimento e... nons’immischia nel sociale? O non piuttosto per le comunitào i gruppi impegnati a fare che il mondo si trasformi nelregno? L’Eucaristia ci unisce a Cristo per la missionedel regno di Dio, immersi nella storia, per cui alla vitadel mondo noi non possiamo né essere estranei con ilpretesto della spiritualità, né ostacolati dalla paura. L’Eu-caristia è per tutti coloro che accettano di giocare la pro-pria vita per lo stesso ideale di Cristo, commensali dichi va a morire per trasformare l’umanità! nnn

arnaldo de [email protected]

i paradossi

gennaio 2015 | cem mondialità | 47

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dei girovaghila pagina Massimo Bonfatti è il creatore della serie dei Girovaghi,

una strampalata famiglia agli antipodi della famiglia modello:

una vera riflessione sul tema della diversità.www.massimobonfatti.it - [email protected]

dei girovaghila pagina Massimo Bonfatti è il creatore della serie dei Girovaghi,

una strampalata famiglia agli antipodi della famiglia modello:

una vera riflessione sul tema della diversità.www.massimobonfatti.it - [email protected]

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INCONTRI CON GLI AUTORILunedì 19 Gennaio 2015 - ore 17.00Giovanna BuonannoINSULTO, DUNQUE SONO. MODI E FUNZIONI DELLE INGIURIE RAZZISTENe discuterà Lucrezia Pedrali

Lunedì 26 Gennaio 2015 - ore 17.00Brunetto SalvaraniNON POSSIAMO NON DIRCI ECUMENICI. DALLA FRATTURA CON ISRAELE AL FUTURO COMUNEDELLE CHIESE CRISTIANENe discuteranno Lidia Maggi e don Fabio Corazzina

INTERCULTURADOVE VAI?

Un convegno di riflessione per ridefinire un termine essenziale

nella società contemporanea

Davide Zoletto Alessio Surian, Lucrezia Pedrali

Sabato 18 aprile 2015 ore 9.30-18.00

54oCONVEGNO NAZIONALE CEM22-26 Agosto 2015Trevi (Pg)

SIAMO TUTTI METICCI?

LE RELIGIONI NELLA DIASPORA POSTMODERNA

Convegno 2015 di “Missione Oggi” in collaborazione con “CEM Mondialità”

Sabato 9 maggio 2015ore 9.00-18.00

Per informazioni: [email protected]

missioneoggi.saverianibrescia.itf Missione-Oggi

Presentazioni di libri presso

i Missionari Saveriani

via Piamarta 9Brescia

Ampio parcheggio

gratuito

Sala Romanino dei Missionari Saveriani via Piamarta 9 Brescia

Ampio parcheggiogratuito

Hotel della TorreS.S. Flaminia km 147

Località MatiggeTrevi (Perugia)tel. 0742.3971

fax 0742.391200 [email protected]

Chiesa di San Cristo via Piamarta 9Brescia

Ampio parcheggiogratuito

Appuntamenti 2015

Missionari Saveriani

Per informazioni: tel. [email protected] - cem.saverianibrescia.itf cemsav  t CemMondialita

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