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LE PERSONALI DI ST ART ANNO I - N° 4 Gennaro Blasi LA PITTURA E LA SCULTURA... Note critiche di MICHELE MISCIA

Personale di St.Art

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Personale sul pittore e scultore Blasi

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I - N° 4

Gennaro BlasiLA PITTURA E LA SCULTURA...

Note critiche di MICHELE MISCIA

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Ogni artista è un astro che brilla di luce propria!Colui il quale si chieda come mai il Demiurgo abbia collocato le stelle alla distanza di anni luce, sappia che se esse entrano in contatto sono destinate allo scontro e alla deflagrazione.La metafora è sufficientemente esplicativa della scelta che abbiamo operato di trattare, in queste pagine, le singolarità individuali degli artisti.A nostro giudizio, infatti, non ha alcun senso porre in essere dei confronti tra quanti operano nella contemporaneità: il fiore di pesco non è senza dubbio meno bello di quello del ciliegio, ma essi sono semplicemente diversi. Quello di individuare parallelismi, di rintracciare riferimenti culturali ed artistici, di decidere se un artista debba essere inserito in questa o quella corrente, è compito essenziale della Storia dell’Arte, ma anche della critica, che non può astenersi da un approccio di ricerca multidisciplinare, che tenga conto dell’intero percorso dei singoli autori, che ne segua le tracce del percorso evolutivo in perenne mutamento, che cesserà, in un remoto futuro, soltanto quando l’ultima pennellata non sarà stata stesa sull’ultima tela. Non a caso il Goya ebbe a dire, alla veneranda età di ottanta anni: “Sto ancora imparando!”

Editoriale di Michele Miscia

LE PERSONALI DI ST ART•

Anno I - Gennaio 2010Numero 4Gennaro BlasiISBN 978-88-6436-073-7

Direttore ResponsabileNicola Scontrino

Direttore EditorialeMichele Miscia

GraficaMarco Mazzariello

RedazioniCattedra di Storia dell’ArteContemporaneaUniversità degli studi di SalernoProf. Nicola Scontrino

Via delle Rose, 1 - LacedoniaResponsabile - Dr. Michele MisciaCell. 338 [email protected]

Via Firenze, 1 - GrottaminardaResponsabile - Dr. Silvio SallicandroTel. 0825 [email protected]

Centro perl’emersione

e la promozionedell’Arte

Gennaro BlasiLA PITTURA E LA SCULTURA...

Note critiche di MICHELE MISCIA

Page 3: Personale di St.Art

Ogni artista è un astro che brilla di luce propria!Colui il quale si chieda come mai il Demiurgo abbia collocato le stelle alla distanza di anni luce, sappia che se esse entrano in contatto sono destinate allo scontro e alla deflagrazione.La metafora è sufficientemente esplicativa della scelta che abbiamo operato di trattare, in queste pagine, le singolarità individuali degli artisti.A nostro giudizio, infatti, non ha alcun senso porre in essere dei confronti tra quanti operano nella contemporaneità: il fiore di pesco non è senza dubbio meno bello di quello del ciliegio, ma essi sono semplicemente diversi. Quello di individuare parallelismi, di rintracciare riferimenti culturali ed artistici, di decidere se un artista debba essere inserito in questa o quella corrente, è compito essenziale della Storia dell’Arte, ma anche della critica, che non può astenersi da un approccio di ricerca multidisciplinare, che tenga conto dell’intero percorso dei singoli autori, che ne segua le tracce del percorso evolutivo in perenne mutamento, che cesserà, in un remoto futuro, soltanto quando l’ultima pennellata non sarà stata stesa sull’ultima tela. Non a caso il Goya ebbe a dire, alla veneranda età di ottanta anni: “Sto ancora imparando!”

Editoriale di Michele Miscia

LE PERSONALI DI ST ART•

Anno I - Gennaio 2010Numero 4Gennaro BlasiISBN 978-88-6436-073-7

Direttore ResponsabileNicola Scontrino

Direttore EditorialeMichele Miscia

GraficaMarco Mazzariello

RedazioniCattedra di Storia dell’ArteContemporaneaUniversità degli studi di SalernoProf. Nicola Scontrino

Via delle Rose, 1 - LacedoniaResponsabile - Dr. Michele MisciaCell. 338 [email protected]

Via Firenze, 1 - GrottaminardaResponsabile - Dr. Silvio SallicandroTel. 0825 [email protected]

Centro perl’emersione

e la promozionedell’Arte

Gennaro BlasiLA PITTURA E LA SCULTURA...

Note critiche di MICHELE MISCIA

Page 4: Personale di St.Art

Alcun albero può nascere laddove non vengano piantati dei semi. E le sementi da gettare nel terreno della pittura sono quelle, a mio avviso, della conoscenza dell'evoluzione cui è stata oggetto tale Arte nel corso dei secoli, oltre che la perizia nel porre in essere le disparate tecniche pittori-che. Questo, a mio avviso, è uno dei tratti distintivi della produzione di Gennaro Blasi, che non è affatto aliena dalla grande storia dell'arte, specialmente quella palesatasi al principio del ventesimo secolo, cui egli attinge, consapevolmente e dichiaratamente, a piene mani, fiero di esserne in qualche maniera continuatore, pur seguendo linee personali in funzione di una originali-tà che ne renda l'opera riconoscibile. Lontano, infatti, da tentazioni concettuali e astrattiste, minimaliste o eccessivamente pop, egli privilegia l'immediatezza della lettura dei suoi dipinti, il cui messaggio deve giungere, nei suoi auspici, diretta-mente al cuore dell'osservatore. Per questo la sua azione pratica muove

tale armonia si raggiunge soltanto equilibrando luci ed ombre, innanzi-tutto – e vale in questo caso un'affermazione di Eduard Manet che ammoniva: “In una figura, cercate la grande luce e la grande ombra, il resto verrà da sé”- e quindi le disparate tonalità cromatiche, tenendo presente che l'armonia, però, è fatta di assonanze ma non di meno, cone anzidetto, di piacevoli dissonanze. Sotto il profilo della poetica non v'è dubbio alcuno che nei suoi quadri vive una sorta di nostalgia per un mondo che va scomparendo, e che egli vuole perpetuare per il tramite della raffigurazione di un ambiente

4LA PITTURA

nel senso di un figurativismo personalizzato, che, in linea con quanto riteneva Platone, che affermava “il bello è lo splendore del vero”, non snaturi troppo il reale, ma lo reinterpreti e ne riproduca le apparenze, pur filtrate dalla lente della sensibilità e del gusto soggetti-vo.Insegue dunque un ideale estetico Blasi, nell'accezione dell'aggettivo che richiama il concetto di “bellezza”, perché sembra esser convinto, come reputava Eugene Delacroix, che “la prima virtù di un dipinto è essere una festa per gli occhi”.Tale obiettivo è perseguito e spesso raggiunto per il tramite della manipolazione sapiente dei colori, talvolta accostati in maniera inusuale, in un impasto sapiente di freddi e caldi, veri ossimori cromatici atti a produrre, però, effetti eleganti e piacevoli allo sguardo.Tra i suoi riferimenti stilistici va innanzitutto citato Georges Braque, almeno per ciò che concerne la produzione di paesaggi urbani

urbano offeso, spesso, dall'uso di cemento e catrame, che va a

sottoposta alla mia attenzione. Non possono sfuggire affinità con taluni dei bellissimi dipinti del grande pittore francese, specialmente quelli del periodo di transito dalla prima adesione al “fauvismo”, caratterizza-ta da un disinvolto utilizzo dei colori, sfruttati in funzione delle loro capacità espressive piuttosto che per la loro aderenza al reale, ed il cubismo, che innovò il mondo dell'arte, stravolgendo i canoni impostisi a partire da Rinascimento, scomponendo il reale in piani e forme geometriche elementari e sintetizzando in un'unica composi-zione punti di vista diversi, che nella realtà non potrebbero essere inquadrati simultaneamente. Fatto è che Blasi, però, si guarda bene dal perseguire estremismi formali portando alle estreme conseguenze questa o quella tecnica artistica. Egli infatti è alla ricerca di un sostanziale equilibrio stilistico, che armonizzi il tutto, così come affermava Arturo Graf: “La realtà è un frastuono di cui l'arte deve saper fare un'armonia”. E

Rione Fratta - 1998 Ariano Irpino (Av) - 1998

Rione Fratta - 1997

Ariano Irpino (Av) - 1998

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Alcun albero può nascere laddove non vengano piantati dei semi. E le sementi da gettare nel terreno della pittura sono quelle, a mio avviso, della conoscenza dell'evoluzione cui è stata oggetto tale Arte nel corso dei secoli, oltre che la perizia nel porre in essere le disparate tecniche pittori-che. Questo, a mio avviso, è uno dei tratti distintivi della produzione di Gennaro Blasi, che non è affatto aliena dalla grande storia dell'arte, specialmente quella palesatasi al principio del ventesimo secolo, cui egli attinge, consapevolmente e dichiaratamente, a piene mani, fiero di esserne in qualche maniera continuatore, pur seguendo linee personali in funzione di una originali-tà che ne renda l'opera riconoscibile. Lontano, infatti, da tentazioni concettuali e astrattiste, minimaliste o eccessivamente pop, egli privilegia l'immediatezza della lettura dei suoi dipinti, il cui messaggio deve giungere, nei suoi auspici, diretta-mente al cuore dell'osservatore. Per questo la sua azione pratica muove

tale armonia si raggiunge soltanto equilibrando luci ed ombre, innanzi-tutto – e vale in questo caso un'affermazione di Eduard Manet che ammoniva: “In una figura, cercate la grande luce e la grande ombra, il resto verrà da sé”- e quindi le disparate tonalità cromatiche, tenendo presente che l'armonia, però, è fatta di assonanze ma non di meno, cone anzidetto, di piacevoli dissonanze. Sotto il profilo della poetica non v'è dubbio alcuno che nei suoi quadri vive una sorta di nostalgia per un mondo che va scomparendo, e che egli vuole perpetuare per il tramite della raffigurazione di un ambiente

4LA PITTURA

nel senso di un figurativismo personalizzato, che, in linea con quanto riteneva Platone, che affermava “il bello è lo splendore del vero”, non snaturi troppo il reale, ma lo reinterpreti e ne riproduca le apparenze, pur filtrate dalla lente della sensibilità e del gusto soggetti-vo.Insegue dunque un ideale estetico Blasi, nell'accezione dell'aggettivo che richiama il concetto di “bellezza”, perché sembra esser convinto, come reputava Eugene Delacroix, che “la prima virtù di un dipinto è essere una festa per gli occhi”.Tale obiettivo è perseguito e spesso raggiunto per il tramite della manipolazione sapiente dei colori, talvolta accostati in maniera inusuale, in un impasto sapiente di freddi e caldi, veri ossimori cromatici atti a produrre, però, effetti eleganti e piacevoli allo sguardo.Tra i suoi riferimenti stilistici va innanzitutto citato Georges Braque, almeno per ciò che concerne la produzione di paesaggi urbani

urbano offeso, spesso, dall'uso di cemento e catrame, che va a

sottoposta alla mia attenzione. Non possono sfuggire affinità con taluni dei bellissimi dipinti del grande pittore francese, specialmente quelli del periodo di transito dalla prima adesione al “fauvismo”, caratterizza-ta da un disinvolto utilizzo dei colori, sfruttati in funzione delle loro capacità espressive piuttosto che per la loro aderenza al reale, ed il cubismo, che innovò il mondo dell'arte, stravolgendo i canoni impostisi a partire da Rinascimento, scomponendo il reale in piani e forme geometriche elementari e sintetizzando in un'unica composi-zione punti di vista diversi, che nella realtà non potrebbero essere inquadrati simultaneamente. Fatto è che Blasi, però, si guarda bene dal perseguire estremismi formali portando alle estreme conseguenze questa o quella tecnica artistica. Egli infatti è alla ricerca di un sostanziale equilibrio stilistico, che armonizzi il tutto, così come affermava Arturo Graf: “La realtà è un frastuono di cui l'arte deve saper fare un'armonia”. E

Rione Fratta - 1998 Ariano Irpino (Av) - 1998

Rione Fratta - 1997

Ariano Irpino (Av) - 1998

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Luogosano (Av) - Agosto 2009

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Luogosano (Av) - Agosto 2009

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Nato a Grottaminarda il 19.05.1954, Gennaro Blasi fin dall'infanzia manifestò particolare propensione per l'arte, oltre a un'attitudine congenita alla raffigurazione per il tramite del disegno, al punto da intraprendere gli studi artistici che condurrà a termine, nel 1978, presso l'Accademia delle Belle Arti di Napoli sotto la guida di due grandi artisti: il pittore Armando De Sfefano e lo scultore Augusto Perez, nomi entrati di diritto nella storia dell'arte italica.Una intera esistenza, quella di Blasi, vissuta al servizio dell'Arte, che egli insegna nelle scuole statali: è infatti docente di discipline pittoriche.Tra le opere che lo rappresentano meglio è da citare, sicuramente, il “Cristo Morente”, per il quale egli ricevette una richiesta di acquisizione da rappresentanti del Vaticano, che, in coerenza con il suo profondo amore per la terra nativa, declinò, preferendo che qualcosa di suo restasse tra le antiche mura della cattedrale grottese.Non di meno, è stato protagonista di innumerevoli personali, che sarebbe lungo elencare, e di altrettante collettive, estem-poranee, manifestazioni artistico-sociali e via dicendo, coinvolgendo in tali importanti esperienze, molto spesso, i suoi allievi, la cui formazione artistica è il suo vero obiettivo.Molte delle sue opere arricchiscono collezioni private, ma anche strutture pubbliche.

GennaroBlasi

Casa natale di Ettore Scola - Trevico (Av) - Agosto 2009

Altavilla Irpina (Av) - Agosto 2009

Volturara (Av) - 2009

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Luogosano (Av) - Agosto 2009 - collezione D’Ambrosio

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Nato a Grottaminarda il 19.05.1954, Gennaro Blasi fin dall'infanzia manifestò particolare propensione per l'arte, oltre a un'attitudine congenita alla raffigurazione per il tramite del disegno, al punto da intraprendere gli studi artistici che condurrà a termine, nel 1978, presso l'Accademia delle Belle Arti di Napoli sotto la guida di due grandi artisti: il pittore Armando De Sfefano e lo scultore Augusto Perez, nomi entrati di diritto nella storia dell'arte italica.Una intera esistenza, quella di Blasi, vissuta al servizio dell'Arte, che egli insegna nelle scuole statali: è infatti docente di discipline pittoriche.Tra le opere che lo rappresentano meglio è da citare, sicuramente, il “Cristo Morente”, per il quale egli ricevette una richiesta di acquisizione da rappresentanti del Vaticano, che, in coerenza con il suo profondo amore per la terra nativa, declinò, preferendo che qualcosa di suo restasse tra le antiche mura della cattedrale grottese.Non di meno, è stato protagonista di innumerevoli personali, che sarebbe lungo elencare, e di altrettante collettive, estem-poranee, manifestazioni artistico-sociali e via dicendo, coinvolgendo in tali importanti esperienze, molto spesso, i suoi allievi, la cui formazione artistica è il suo vero obiettivo.Molte delle sue opere arricchiscono collezioni private, ma anche strutture pubbliche.

GennaroBlasi

Casa natale di Ettore Scola - Trevico (Av) - Agosto 2009

Altavilla Irpina (Av) - Agosto 2009

Volturara (Av) - 2009

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Luogosano (Av) - Agosto 2009 - collezione D’Ambrosio

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Questo ebbe a scrivere il grande Vasari, ponendo una relazione stretta tra pittura e scultura, forme dell'espressione artistica gemelle, per quanto, con metafora semplice, “eterozigote”, perché generate entrambe nel ventre unico della capacità di costruire, nella mente e quindi sulla carta, un disegno, un progetto creativo.Taluno potrà obiettare che il Vasari ha formulato le sue teorie d'arte in un'epoca nella quale non si concepiva che un'espressione artistica figurativa; altri diranno che il secolo scorso ha di fatto spazzato via la forma reale dalla scultura, portando invero all'astrazione più estrema, alla ricerca di un “concet-to” non più espresso in maniera leggibile, ma frutto di una visione del tutto anamorfica della realtà; altri ancora tireranno in ballo le nuove tendenze, che si nutrono di improbabili e poco convincenti “installazioni”. A costoro io rispondo che da quando Duchamp, uno dei fondato-ri del Dadaismo, riuscì ad imporre un “orinatoio” nel panorama artistico coevo, inscrivendolo di fatto nella storia dell'arte contem-poranea, chiunque entri nel mondo dell'arte e faccia i “propri bisogni” si sente autorizzato a farli passare per opere d'arte.Non è questo il luogo per “piantare una grana “ polemica, per di più in controtendenza con le lobby

10LA SCULTURA

critiche nazionali ed internazionali, ma ciò che mi preme sottolineare è l'incontrovertibile verità che spesso tali “artisti”, consacrati da fior di firme critiche, non sanno reggere una matita tra le dita, ovverossia non hanno la minima idea di come impastare nella materia dei caratteri somatic i , o dei contenut i d'ambiente, in forme figurative.Non sono tendenzialmente contro l'astrattismo, ma penso che esso debba costituire non un punto di partenza ma di approdo tecnico – tematico da parte di persone che dovrebbero possedere competenza artistica anche in ordine al comunis-simo disegno figurativo, vero punto di partenza di ogni espressione artistica.In linea con quanto già affermato sulla pittura, Gennaro Blasi si muove, anche per quel che concerne la scultura, coerentemen-te con quello che costituisce una sua convinzione dai tratti inossidabi-li: l'opera, che deve innanzitutto appagare l'occhio, non deve aver bisogno di mediazioni concettuali e pertanto la leggibilità della stessa, che di fatto la rende accessibile all'altrui mente, in qualche maniera universalizzandola, deve essere privilegiata.Dunque anche quando maneggia l'argilla o talaltro materiale le sue mani si muovono alla ricerca di un equilibrio formale che richiami immediatamente la realtà, se pure,

come detto in precedenza, reinter-pretata, ma mai in forme che sovvertano completamente quello che è il comune sentire.Tra le opere, in realtà non moltissi-me, che ho avuto modo di osserva-re direttamente, una menzione particolare merita un “Cristo Morente”, che data al 1995, oggi conservato nella Chiesa Cattedrale di Grottaminarda, in provincia di Avellino.Come qualche critico, in passato, ha fatto notare, il Cristo di Blasi non muore in croce, ma è ritratto a mezzo busto, eretto, quasi nell'atto di adagiarsi al suolo. Al di là della evidente discrasia con quanto espresso dai Vangeli, la raffigurazio-ne, a mio giudizio, costituisce la metafora di una condizione, quella del sacrificio cristologico, che si perpetua ogni giorno, così come vuole la dottrina cristiana, che lo rinnova nella celebrazione della S. Messa.Cristo muore e risorge continua-mente: la sua sofferenza è generata soprattutto dalla temperie sociale, piuttosto orientata al male che al bene, la qual cosa costituisce mortale offesa, coacervo di ferite inferte a Colui il quale volontaria-mente scelse la morte peggiore, in maniera del tutto incolpevole, per la redenzione del genere umano.Questa, tra le linee interpretative praticabili, a me pare essere la più ragionevole e tale opinione trova

conforto proprio nel fatto che la morte non atterra il Cristo, ma avviene quasi, come detto, in posizione eretta, a testimonianza del fatto che essa non è affatto definitiva, ma già contiene in se stessa la futura resurrezione. Sembra infatti che la figura emerga dalla sua base, che il corpo si materializzi dal suolo, affermando, in tal modo, la superiorità del Cristo, non solo del suo spirito ma anche della sua carne, rispetto alla terra che non può assolutamente avere ragione del suo Creatore. Anche i tratti distintivi del dolore fisico, a conferma, vengono di fatto annullati, lasciando il campo ad una mestizia, ad una tristezza generata evidentemente dalla consapevolez-za del male che avvince ed imprigio-na la sua creatura più amata, l'uomo.Per quel che concerne le altre sue opere, occorre dire che anch'esse muovono lungo sentieri figurativi, essendo in massima parte, e parlo di quelle da me visionate, busti o teste di persone, donne o fanciulli.Vivono anche in esse richiami dotti. In un busto femminile, appartenen-te alla collezione D'Ambrosio, ad esempio, evidente è il richiamo a Modigliani, nella raffigurazione di un capo che si protende su un collo oltremodo lungo, mentre un busto di infante richiama da vicino la poetica neoclassica, quella che si ispirava all'arte greca, pur ibridata con elementi attinti alla contempo-raneità.Vale, per la scultura, quanto già affermato per la pittura: siamo di fronte ad un artista poliedrico, che cerca le sue strade in maniera non affatto univoca, ma si nutre sempre e soltanto delle suggestioni e delle sensazioni attinte al momento creativo.

«Dico, adunque, che la scultura e la pittura per il vero son sorelle, nate di un padre che è il disegno, in un sol parto et ad un tempo!»

Giorgio Vasari

Volto di bimba - 2008

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Questo ebbe a scrivere il grande Vasari, ponendo una relazione stretta tra pittura e scultura, forme dell'espressione artistica gemelle, per quanto, con metafora semplice, “eterozigote”, perché generate entrambe nel ventre unico della capacità di costruire, nella mente e quindi sulla carta, un disegno, un progetto creativo.Taluno potrà obiettare che il Vasari ha formulato le sue teorie d'arte in un'epoca nella quale non si concepiva che un'espressione artistica figurativa; altri diranno che il secolo scorso ha di fatto spazzato via la forma reale dalla scultura, portando invero all'astrazione più estrema, alla ricerca di un “concet-to” non più espresso in maniera leggibile, ma frutto di una visione del tutto anamorfica della realtà; altri ancora tireranno in ballo le nuove tendenze, che si nutrono di improbabili e poco convincenti “installazioni”. A costoro io rispondo che da quando Duchamp, uno dei fondato-ri del Dadaismo, riuscì ad imporre un “orinatoio” nel panorama artistico coevo, inscrivendolo di fatto nella storia dell'arte contem-poranea, chiunque entri nel mondo dell'arte e faccia i “propri bisogni” si sente autorizzato a farli passare per opere d'arte.Non è questo il luogo per “piantare una grana “ polemica, per di più in controtendenza con le lobby

10LA SCULTURA

critiche nazionali ed internazionali, ma ciò che mi preme sottolineare è l'incontrovertibile verità che spesso tali “artisti”, consacrati da fior di firme critiche, non sanno reggere una matita tra le dita, ovverossia non hanno la minima idea di come impastare nella materia dei caratteri somatic i , o dei contenut i d'ambiente, in forme figurative.Non sono tendenzialmente contro l'astrattismo, ma penso che esso debba costituire non un punto di partenza ma di approdo tecnico – tematico da parte di persone che dovrebbero possedere competenza artistica anche in ordine al comunis-simo disegno figurativo, vero punto di partenza di ogni espressione artistica.In linea con quanto già affermato sulla pittura, Gennaro Blasi si muove, anche per quel che concerne la scultura, coerentemen-te con quello che costituisce una sua convinzione dai tratti inossidabi-li: l'opera, che deve innanzitutto appagare l'occhio, non deve aver bisogno di mediazioni concettuali e pertanto la leggibilità della stessa, che di fatto la rende accessibile all'altrui mente, in qualche maniera universalizzandola, deve essere privilegiata.Dunque anche quando maneggia l'argilla o talaltro materiale le sue mani si muovono alla ricerca di un equilibrio formale che richiami immediatamente la realtà, se pure,

come detto in precedenza, reinter-pretata, ma mai in forme che sovvertano completamente quello che è il comune sentire.Tra le opere, in realtà non moltissi-me, che ho avuto modo di osserva-re direttamente, una menzione particolare merita un “Cristo Morente”, che data al 1995, oggi conservato nella Chiesa Cattedrale di Grottaminarda, in provincia di Avellino.Come qualche critico, in passato, ha fatto notare, il Cristo di Blasi non muore in croce, ma è ritratto a mezzo busto, eretto, quasi nell'atto di adagiarsi al suolo. Al di là della evidente discrasia con quanto espresso dai Vangeli, la raffigurazio-ne, a mio giudizio, costituisce la metafora di una condizione, quella del sacrificio cristologico, che si perpetua ogni giorno, così come vuole la dottrina cristiana, che lo rinnova nella celebrazione della S. Messa.Cristo muore e risorge continua-mente: la sua sofferenza è generata soprattutto dalla temperie sociale, piuttosto orientata al male che al bene, la qual cosa costituisce mortale offesa, coacervo di ferite inferte a Colui il quale volontaria-mente scelse la morte peggiore, in maniera del tutto incolpevole, per la redenzione del genere umano.Questa, tra le linee interpretative praticabili, a me pare essere la più ragionevole e tale opinione trova

conforto proprio nel fatto che la morte non atterra il Cristo, ma avviene quasi, come detto, in posizione eretta, a testimonianza del fatto che essa non è affatto definitiva, ma già contiene in se stessa la futura resurrezione. Sembra infatti che la figura emerga dalla sua base, che il corpo si materializzi dal suolo, affermando, in tal modo, la superiorità del Cristo, non solo del suo spirito ma anche della sua carne, rispetto alla terra che non può assolutamente avere ragione del suo Creatore. Anche i tratti distintivi del dolore fisico, a conferma, vengono di fatto annullati, lasciando il campo ad una mestizia, ad una tristezza generata evidentemente dalla consapevolez-za del male che avvince ed imprigio-na la sua creatura più amata, l'uomo.Per quel che concerne le altre sue opere, occorre dire che anch'esse muovono lungo sentieri figurativi, essendo in massima parte, e parlo di quelle da me visionate, busti o teste di persone, donne o fanciulli.Vivono anche in esse richiami dotti. In un busto femminile, appartenen-te alla collezione D'Ambrosio, ad esempio, evidente è il richiamo a Modigliani, nella raffigurazione di un capo che si protende su un collo oltremodo lungo, mentre un busto di infante richiama da vicino la poetica neoclassica, quella che si ispirava all'arte greca, pur ibridata con elementi attinti alla contempo-raneità.Vale, per la scultura, quanto già affermato per la pittura: siamo di fronte ad un artista poliedrico, che cerca le sue strade in maniera non affatto univoca, ma si nutre sempre e soltanto delle suggestioni e delle sensazioni attinte al momento creativo.

«Dico, adunque, che la scultura e la pittura per il vero son sorelle, nate di un padre che è il disegno, in un sol parto et ad un tempo!»

Giorgio Vasari

Volto di bimba - 2008

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Cristo Morente - 1995Cristo Morente - 1995 (particolare)

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Cristo Morente - 1995Cristo Morente - 1995 (particolare)

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Venustas - 1998 - collezione D’Ambrosio

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Venustas - 1998 - collezione D’Ambrosio

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