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Tabelle fu un antico feudo ricadente in territorio di Nardò (Le). Come spesso accade e nonostante il ruolo storico avuto nei secoli passati, molti luoghi spariscono dalla memoria comune diventando parte dei ricordi obliati. Questo è ciò che potrebbe accadere anche per Tabelle ma il lavoro di Riccardo Viganò rappresenta uno dei primi contributi importanti per riportare alla luce le vicende di un feudo già attivo dall’XI secolo. Lo studio si propone per essere una guida ma dagli spunti e dalle riflessioni dell’autore si ha la netta sensazione di leggere la prima parte di un vero e proprio saggio microstorico. Difatti è lo stesso autore a sollecitare ulteriori indagini, specialmente dal punto di vista archeologico, le quali potrebbero dare certezza alle tante ipotesi che il Viganò formula nel corso dell’esposizione. “Genesi, storia e archeologia di un feudo”, pertanto, sono da considerarsi gli spazi d’indagine nei quali l’autore si è mosso non superando mai il limite di ciò che può essere documentato. È proprio questo rigore scientifico utilizzato nella ricerca che permette di dare peso alle presupposizioni formulate. Chi comprende l’importanza del nostro vivere quale propagazione di ciò che la storia ha promosso per l’avvenire di una certa società, non è solo sensibile alla ricostruzione del passato locale ma, soprattutto, è fortemente intenzionato a far rivivere, attraverso la narrazione, quei luoghi dove il passato è lo sfondo di una umanità della quale noi conserviamo i retaggi. È questa, credo, la filosofia del “fare” ricerca microstorica ed è la stessa che si sposa con l’irrefrenabile passione del Viganò ovvero quella di scrutare nei meandri del tempo al fine di rimuovere la polvere dei secoli. La microstoria non è nuova a indagini che abbracciano un lungo periodo pur evadendone le periodizzazioni fondamentali, com’è evidente in tale guida, e l’importanza di questo lavoro risiede proprio nella volontà di voler ricostruire minuziosamente la storia di una piccola comunità che sfuggendo alla storia di vasta scala è comunque effetto di essa. Molti elementi contenuti nel testo si rivelano indizi minimi, a volte casi individuali, ma se interpolati con le conoscenze storiche che già si possiedono dei nostri luoghi, sarà facile confermare l’esistenza di un fenomeno dal carattere generale che proviene dalla grande storia e si realizza, secondo precisi schemi e modelli sociali, nel locale. Lo studio del Viganò, dunque, apre la strada ad un ampio studio microstorico che potrà portare a conoscere molto meglio il territorio di Tabelle e ciò sarà fattibile solo se il territorio sarà investigato sia dal punto di vista archeologico e statistico-quantitativo, sia da quello storico-sociologico. L’intersezione delle notizie assunte con quelle forniteci dalla storia “tradizionale” potrà allora dare l’effettiva dimensione della portata di quei fatti che tanto influirono sulla vita della comunità di Tabelle.
Citation preview
RICCARDO VIGANÒ
Genesi, storia e archeologia di un feudo neretino in Terra d’Otranto
EBOOK
GRATUITI
PICCOLA GUIDA ALLA
STORIA DI TABELLE
Culturasalentina.it
Prefazione di Vincenzo D’Aurelio
2
3
Prefazione
Tabelle fu un antico feudo ricadente in territorio di Nardò (Le).
Come spesso accade e nonostante il ruolo storico avuto nei secoli
passati, molti luoghi spariscono dalla memoria comune diventando
parte dei ricordi obliati. Questo è ciò che potrebbe accadere anche
per Tabelle ma il lavoro di Riccardo Viganò rappresenta uno dei
primi contributi importanti per riportare alla luce le vicende di un
feudo già attivo dall’XI secolo.
Lo studio si propone per essere una guida ma dagli spunti e dalle
riflessioni dell’autore si ha la netta sensazione di leggere la prima
parte di un vero e proprio saggio microstorico. Difatti è lo stesso
autore a sollecitare ulteriori indagini, specialmente dal punto di
vista archeologico, le quali potrebbero dare certezza alle tante
ipotesi che il Viganò formula nel corso dell’esposizione. “Genesi,
storia e archeologia di un feudo”, pertanto, sono da considerarsi gli
spazi d’indagine nei quali l’autore si è mosso non superando mai il
limite di ciò che può essere documentato. È proprio questo rigore
scientifico utilizzato nella ricerca che permette di dare peso alle
presupposizioni formulate.
Chi comprende l’importanza del nostro vivere quale propagazione di
ciò che la storia ha promosso per l’avvenire di una certa società,
non è solo sensibile alla ricostruzione del passato locale ma,
soprattutto, è fortemente intenzionato a far rivivere, attraverso la
narrazione, quei luoghi dove il passato è lo sfondo di una umanità
della quale noi conserviamo i retaggi. È questa, credo, la filosofia
del “fare” ricerca microstorica ed è la stessa che si sposa con
l’irrefrenabile passione del Viganò ovvero quella di scrutare nei
meandri del tempo al fine di rimuovere la polvere dei secoli.
La microstoria non è nuova a indagini che abbracciano un lungo
periodo pur evadendone le periodizzazioni fondamentali, com’è
evidente in tale guida, e l’importanza di questo lavoro risiede
proprio nella volontà di voler ricostruire minuziosamente la storia di
4
una piccola comunità che sfuggendo alla storia di vasta scala è
comunque effetto di essa.
Molti elementi contenuti nel testo si rivelano indizi minimi, a volte
casi individuali, ma se interpolati con le conoscenze storiche che già
si possiedono dei nostri luoghi, sarà facile confermare l’esistenza di
un fenomeno dal carattere generale che proviene dalla grande storia
e si realizza, secondo precisi schemi e modelli sociali, nel locale.
Lo studio del Viganò, dunque, apre la strada ad un ampio studio
microstorico che potrà portare a conoscere molto meglio il territorio
di Tabelle e ciò sarà fattibile solo se il territorio sarà investigato sia
dal punto di vista archeologico e statistico-quantitativo, sia da
quello storico-sociologico.
L’intersezione delle notizie assunte con quelle forniteci dalla storia
“tradizionale” potrà allora dare l’effettiva dimensione della portata
di quei fatti che tanto influirono sulla vita della comunità di Tabelle.
Vincenzo D’Aurelio Società di Storia Patria per la Puglia
sez. del Basso Salento “N. G. De Donno”
Maglie, 22 settembre 2014
5
RICCARDO VIGANÒ
PICCOLA GUIDA ALLA STORIA DI TABELLE
Genesi, storia e archeologia di un feudo neretino in Terra d’Otranto
Galatone (LE), 2014
6
Referenze
Foto: Fernando Spirito, n. 6-7-8-18-26 Massimo Negro (per gentile concessione),
Riccardo Viganò, Carlo Rizzo n. 1.
Rilievi: Leonardo Beccarisi, Riccardo Viganò.
7
“La storia nostra è storia della nostra
anima; e storia dell'anima umana è la
storia del mondo”.
(Benedetto Croce, La storia come
pensiero e come azione, 1938)
8
ABBREVIAZIONI:
ACVN: ARCHIVIO CURIA VESCOVILE NARDÒ
ADO: ARCHIVIO DIOCESI DI OTRANTO
APG: ARCHIVIO PARROCCHIALE GALATONE
ASDN: ARCHIVIO STORICO DIOCESANO NARDÒ
ASL: ARCHIVIO DI STATO LECCE
c: CARTA
cc: CARTE
f: FOGLIO
ff: FOGLI
9
1. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E FISICO
Il sito dove una volta sorgeva il casale medievale di Tabelle1 è
geograficamente posto a tre chilometri a Nord Est dall’odierno
abitato di Galatone, nella provincia di Lecce, e diviso per la sua
estensione dai territori comunali della stessa Galatone e il territorio
comunale della città di Galatina.
Quello che rimane a noi è solo una piccolissima parte dell’antico
casale e coincide in parte con le masserie li Doganieri e Monacelle.
L’originale estensione del feudo, allo stato delle nostre conoscenze
attuali, è difficilmente calcolabile. I pochi dati ci indicano che
territorialmente confinava con i feudi di San Cosma, Seclì e
Fulcignano fino ai limiti del territorio di Collemeto. Facevano parte
del territorio di Tabelle le contrade Padulaci, Tardii, Spina, Rutti,
Macarlama e le masserie Doganieri, Caserosse, Malevindi,
Monacelle, Latronica e Spina.2
Il casale era diviso, in alcuni punti, da limiti territoriali ricadenti nel
feudo di Fulcignano, nel “Limes Noncupato” - conosciuto anche
come Limitone delle zuse -, nel feudo di Tabelluccio con il Paretone
e con la motta medievale - ora non più esistente - e la “Specchia di
Mosco”3.
L’area archeologica è topograficamente suddivisa sia nell’attuale
territorio dei comuni di Galatina sia in quello di Galatone. Vi erano
presenti, inoltre, numerosi feudi e casali oggi non più esistenti4.
1 Il feudo era conosciuto anche con altri nomi come Tauella, Tavelle,
Tanelle. 2 V. ZACCHINO, Galatone antica, medioevale, moderna. Congedo Ed.,
Galatina 1990, p. 59. 3 Archivio Storico Diocesano Nardò, da ora ASDN, Acta 1578, f.129.
4 I casali tutti nell’odierno territorio galatonese erano conosciuti con i
seguenti nomi: Fulcignano, Corillo, Morice, Renda, San Cosma con
l’importante abazia di san Nicola di Pergoleto.
10
Traccia di essi rimane solo nella denominazione dei toponimi mentre
gli originali impianti strutturali si sono evoluti in edifici o masserie5.
Tra questi, escluso Nardò, il solo centro di Galatone è presente nella
forma evoluta di un centro urbano moderno.
In passato, come ancor oggi, il casale era attraversato dal canale
dell’Asso ovvero da uno di quei corsi d’acqua più importanti del
Salento leccese6.
Geograficamente il bacino dell’Asso occupa una superficie di 280
kmq e comprende i centri abitati di Collepasso, Aradeo, Neviano,
Seclì, Galatone e Nardò attraversando i territori comunali di
Cutrofiano, Galatina e Santa Barbara. A nord-est passa dal Villaggio
Resta e dalla Masseria dell’Alto per correre, poi, lungo le serre
Campilatini, Fiusco e Sant’Eleuterio.7
Con una direzione in senso nord ovest - sud est, il ramo principale è
drenato da una serie di canali, principalmente dal Colaturo e dal
Sirgole - da cui ha origine - i quali raccolgono le acque pluviali di
altri due fossi presenti: il Ruga ed il Fontana. Il canale dell’Asso,
dopo aver attraversato il territorio di Nardò, convogliato
artificialmente termina a Nord presso la voragine naturale presente il
contrada Parlatano dove le acque vengono disperse nelle falde.
Geograficamente il nostro canale, attraversando il casale di Tabelle,
costeggia la linea di demarcazione tra i comuni di Galatina e
Galatone.
La presenza di questo canale fu uno dei fattori principali che permise
del casale. Le acque trasportate dall’Asso, che in alcuni punti si
impaludava, potevano assicurare la nascita di un ambiente capace al
paesaggio macchioso e boschivo, ricco di fauna e tipico del Salento,
alla nascita di un insediamento umano. Anche la toponomastica è
indicativa di tale ambiente, sia paludoso con i toponimi come
5 V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit., pp. 60 e segg.
6 Il “Canale” fu conosciuto attraverso le documentazioni d’archivio del
XVIII secolo come Raschione o anche Reale. 7 G. LAGNA, Gestione dei bacini Idrici: il torrente Asso, sta in «Atti del
convegno: difesa del suolo e gestione delle acque pubbliche nel Salento»,
Galatone 25 maggio, 1996, p. 13.
11
Padulaci e Macarlama8, che carsici come il toponimo li rutti che
testimonia la presenza nel territorio di inghiottitoi naturali o “vore”.
La composizione del terreno è argillosa e molto fertile, dovuta a
continue esondazioni stagionali, con roccia affiorante che ne
caratterizza il paesaggio. La natura calcarenitica di età pleistocenica
del sito influenzerà la vita del feudo in periodo moderno con la
presenza di importanti attività estrattive subito dopo la scomparsa del
casale.
Un altro fattore topograficamente importante è la strategica posizione
dello stesso casale all’incrocio di antichi ed importanti assi viari
pubblici9, sia medievali e sia moderni, con importanti direttive come
Nardò, Galatina, Cutrofiano, Otranto e S. Maria di Leuca.
1. Galatone, Canale Asso
8 V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit. p. 59. Cfr. R. VIGANÒ, Contrada
Monacelle: La cripta De Giorgi, ”Il Giornale di Galatone” n°28 luglio-
agosto 2000. 9 CODICE GALATONESE 5, c.43: « […] nel feo di Tabelle in loco de Via
Tabelle, iuxta le terre di Cola di Tabelle per tramontana, e dui vie publice
per girocco e tramontana […]».
12
2. Tabelle nel Salento
13
3. Veduta aerea del sito del canale Asso e del sito di Tabelle. In rosso la viabilità medievale
2. GENESI E MORTE DI UN CASALE MEDIOEVALE
Nel caso di Tabelle si riscontrano tutte le peculiarità che distinguono
un casale medievale. Questi era un insediamento stabile, dotato di
tutti quegli strumenti assolutamente necessari per la conservazione e
la trasformazione dei prodotti agricoli, con un’economia
fondamentalmente chiusa in un periodo dove ogni contatto era
limitato solo alle comunità strettamente circonvicine. Fatti salvi i
diritti dei feudatari, il prodotto fondamentalmente serviva alla
sussistenza interna degli abitanti dello stesso casale. In linea di
massima il casale medievale aveva un territorio di sua pertinenza ben
delimitato, con la presenza di uno o più luoghi di culto, più luoghi
per la sepoltura della popolazione, granai, recinti, stalle per gli
animali, pozzi e cisterne per immagazzinare stagionalmente le
riserve idriche. Questa sommaria descrizione di una casale medievale
rispecchia in pieno quello che era l’impianto del casale di Tabelle.
14
La prima e più antica testimonianza scritta del casale medievale
risale a un documento del 1092 quando il normanno Goffredo, conte
di Conversano e signore di Nardò, donava all’abate del monastero di
Santa Maria di Neritono, il benedettino Everardo, i casali di Tabelle,
Arneo e Lucugnano.10
Altre attestazioni precedenti sono inesistenti
considerata anche la carenza di documenti d’archivio relativi al
periodo Altomedievale.
Nel 1092 il nucleo insediativo doveva essersi già formato. Non
sappiamo quanti e quali tipi di costruzioni vi fossero nel casale non
essendo stati ancora effettuati degli scavi archeologici. Un qualche
indizio su di esse, però, ci può venire dalle numerose buche,
ipoteticamente da palo, di forma circolare e ricavate nel banco
roccioso. Esse farebbero pensare a delle strutture, probabilmente in
legno e laterizi o materiale deperibile come copertura, destinate ad
uso abitativo11
.
Del tutto sconosciuta, invece, l’origine del casale. Come già è stato
affermato in passato12
, i ritrovamenti di superficie e le tante cavità
naturali fanno attribuire l’inizio della frequentazione umana dell’area
adiacente al canale dell’Asso ad un periodo compreso tra l’età del
bronzo e il periodo protostorico.
«In più casi chiese (e villaggi) medievali sembrano occupare lo stesso
luogo di insediamenti apparentemente databili all’Età del
Bronzo. È possibile che qualche fattore, come la presenza di
acqua sorgiva, la localizzazione di questi siti, forse anche
come luoghi di culto associati all’acqua».13
Si può quasi certamente affermare un’origine bizantina che in prima
analisi verrebbe confermata dai nomi dei santi legati strettamente alla
10
ASDN, Doc. n. XXVI. 11
R. VIGANÒ, Il caso archeologico esemplare di Contrada Monacelle, “Il
Giornale di Galatone”, n°24 novembre-dicembre 1999. 12
V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit., pp. 59-60 13
P. ARTHUR, Verso un modellamento del paesaggio rurale dopo il Mille
nella Puglia meridionale, sta in «Archeologia Medievale», XXXVII, 2010,
pp. 215-228.
15
stessa liturgia bizantina e ai quali erano titolati i nove luoghi di culto
appartenenti a tale feudo14
. Ma tale attribuzione, soprattutto, viene
attestata dalla ceramica di quel periodo, precisamente VIII sec.,
ritrovata in loco15
. La nascita del nostro casale, dunque, sarebbe
legata alla civiltà greco-bizantina ascrivibile ad un periodo compreso
tra i secoli VII e IX secolo. Il casale, pertanto, è un esempio specifico
della ristrutturazione agraria bizantina che segna il passaggio dalla
agricoltura latifondistica romano-tardoantica ad una cultura
autarchica strettamente legata ai vari nuclei familiari. Difatti:
«[…] la coincidenza, in alcuni casi, tra insediamenti rurali
esistenti in età bizantina e piccoli insediamenti rurali di età
tardo antica (principalmente fattorie?) potrebbe indicare
anche qualche forma di continuità fondiaria, ancora tutta da
esplorare. Per esempio, il villaggio medievale abbandonato di
Apigliano (è da notare il toponimo cosiddetto prediale), già in
via di formazione durante il corso del VII secolo secondo le
datazioni ottenute al 14C, insiste su una piccola area di
frammenti fittili di età tardo romana che, per la sua ristretta
distribuzione, è stata interpretata come i resti di una possibile
fattoria monofamiliare. Il villaggio di Quattro Macine,
anch’esso esistente dall’età bizantina (VII o VIII secolo),
giace a pochi metri di distanza da un’altra ristretta area di
frammenti fittili databile all’età tardo antica. Ancora, il
villaggio bizantino in loc. Sant’Elia (Corigliano d’Otranto) si
è sviluppato nelle vicinanze di un insediamento (villaggio?)
caratterizzato da ceramica databile principalmente tra IV e VI
secolo. Il villaggio bizantino stesso sembra essere stato
abbandonato entro il IX o gli inizi del X secolo […]»16
14
In particolare S. Nicola di Myra, S. Eleuterio, S. Costantino, S. Demetrio,
S. Onofrio; ZACCHINO V., Galatone antica op. cit., p. 59. 15
v. G. RESTA, Il palazzo marchesale di Galatone: note storiche ed
architettoniche contestualizzate sino all’anno 2002, Congedo Ed., Galatina
2003; R. VIGANÒ, Il caso archeologico art. cit.; R. VIGANÒ, La cripta De
Giorgi art. cit.; R. VIGANÒ, I materiali archeologici quotidiani di Contrada
Monacelle, ”Il Giornale di Galatone” n°30 novembre dicembre 2000. 16
P. ARTHUR, Verso un modellamento del paesaggio rurale art. cit., pp.
215-228.
16
Sicuramente il casale di Tabelle non era l’unico ad essere interessato
da questo fenomeno perché, se si esclude il casale di Fulcignano17
,
ve ne erano certamente altri. D’altronde vi furono molti altri casi del
genere nel Salento ed essi non dovettero essere solo villaggi ma:
«[…] altri esempi di siti con apparente continuità insediativa,
vale la pena notare anche alcuni centri monastici noti dalle
fonti documentarie di età basso medioevale, che presentano
abbondante ceramica di età bizantina e che giacciono sopra o
nelle vicinanze di sostanziali insediamenti di età tardo antica.
È il caso almeno di San Nicola di Casole (Otranto), la cui
fondazione è stata tradizionalmente assegnata all’età
normanna, di San Nicola di Pergoleto (Galatone) e di San
Giovanni Malcantone (Otranto). Viene il sospetto che alcuni
di questi erano fondazioni monastiche tardo antiche, come nel
caso del monastero dei SS. Cosma e Damiano, identificato nel
sito di Le Centoporte a Giurdignano, e che forse
rappresentano la punta dell’iceberg di un paesaggio
monastico esistente ben prima del Mille. Nel contesto della
continuità insediativa, possiamo, infine, osservare come il
Salento detiene un’alta presenza di toponimi prediali,
stimabili intorno al 36% degli attuali toponimi comunali.» 18
La riorganizzazione territoriale portò alla predilezione di siti con le
caratteristiche fisiche precedentemente descritte come, ad esempio,
la presenza di acqua, la fertilità del suolo, visibilità e, soprattutto,
furono prediletti quei siti dove era presente una buona viabilità che,
generalmente, era stata realizzata in periodi storici precedenti e
garantiva una buona possibilità di movimento.
«[…] è verosimile che pure una parte della rete stradale
secondaria (le vie di campagna) è stata in buona parte
tracciata durante il Medioevo per collegare i villaggi e per
17
Nell’area in cui sorgeva il casale di Fulcignano non sussistono, al
momento, dati archeologici che attestino delle preesistenze di periodo
romano o tardo antico. 18
P. ARTHUR, Verso un modellamento del paesaggio rurale art. cit., pp.
215-228.
17
fornire accesso ai campi e ad altre aree di risorse disponibili
nel territorio (sorgenti, boschi, cave, approdi, ecc), nonché per
articolare la rete commerciale e di mercato. Anche in questo
caso in questo caso, possiamo ipotizzare una certa misura di
continuità dall’età romana, visto anche gli stretti rapporti
intercorrenti tra confini e viabilità. Come è stato dimostrato,
alcune tracce della centuriazione impiantata nel II secolo a.C.
rimangono a tutt’oggi visibili nel paesaggio. Le linee di
demarcazione fra le centurie dovevano essere spesso tracciate
da viottoli campestri di accesso agli appezzamenti agricoli. Le
tracce sopravvissute presumibilmente indicano una continuità
d’uso dei percorsi, mentre quelle non più visibili
indicherebbero il loro abbandono.»19
In questo periodo così scarno di fonti, non ci si può esonerare
dall’ipotizzare che il casale di Tabelle non abbia condiviso il destino
del territorio neretino e dell’intera regione ovvero il tempo delle
conquiste da parte degli arabi dalle quali passò illeso. Tra la seconda
metà del IX secolo, difatti, con la fondazione dell’emirato di Taranto
(840) fino alla seconda metà dell’XI secolo, il territorio soffrì le
conseguenze delle guerre endemiche tra gli Arabi intenti a costituire
una stabile colonia continentale e i Bizantini protesi a difendere i
propri territori in modo efficace.20
«[…] Secondo le cronache dello storico Ibn al-Athīr, il
principe aglabita ‘Abd Allah, fautore della guerra sacra e
figlio del più feroce Ibrahim Ibn Ahamad, dopo l’impresa
della distruzione delle mura di Messina e la conquista di
Taormina, “ il 20 Luglio del 901 d.C. si recò poi a Naritinu, e
se ne insignorì alla fine di ragàb. Ei diè esempi di giustizia e
di buona condotta verso i sudditi”. Non mancarono altre
incursioni: le cronache di Lupus Protospatarius narrano che
Nardò fu presa d’assalto nell’anno 924 d.C. da una
19
P. ARTHUR, Verso un modellamento del paesaggio rurale art. cit., pp.
215-228. 20
G. D. DE PASCALIS, Nardò il centro storico, Besa, Nardò 1999, pp. 19-20.
18
spedizione tra le maggiori che uno stato musulmano lanciasse
nel nostro Mezzogiorno […]»21
Durante tale periodo i Normanni approfittarono della situazione di
confusione politico-militare, scaturita dalle continue rivolte anti
bizantine in Puglia, per conquistare quei territori. La caduta nel 1056
di Otranto, ultima roccaforte, portò all’inevitabile insediamento al
potere dei conquistatori e con essi, di conseguenza, al mutamento
politico-strutturale ed alla trasformazione agraria del Salento
medievale. I Normanni, come nuovi e incontrastati padroni,
stabilirono istituzioni feudali del tutto inesistenti nell’assetto
politico-sociale precedente le quali cambiarono radicalmente il
regime delle terre, i rapporti di produzione e le relazioni sociali. Nel
Salento, partendo dalla nascita delle contee di Lecce e Nardò, vi fu
una ridistribuzione della proprietà terriera, una diffusa ed estesa
feudalità laica e la nascita di grandi signorie ecclesiastiche.
L’investitura di Nardò a contea trasformava questo centro nella
principale entità territoriale locale divenendone il centro maggiore.
Dunque la contea, tra le altre22
, esercitava la sua giurisdizione su
Tabelle e sul confinante casale di Fulcignano, e sottoposta al governo
di Goffredo, signore di Nardò e conte di Conversano, il quale donava
Tabelle, come anticipato, al monastero di Santa Maria di Neritono.
Le fonti continuano a fare menzione del nostro casale durante il
periodo svevo. In un documento dell’agosto 1223, fatto transuntare
nel 1695 dal vescovo neretino Orazio Fortunato, l’imperatore
Federico II di Svevia concedeva al medesimo monastero il casale di
Tabelle23
.
Divenuta Tabelle signoria fondiaria della chiesa abbaziale di Nardò,
quest’ultima ne esercitò sia la cura animarum sia la riscossione delle
prestazioni decimali ad essa dovute. Questa tassazione viene
confermata da alcuni documenti come il “Registro delle
Obbedienze”, compilato dell’abate Federico, e da un successivo atto
21
G. D. DE PASCALIS, Nardò op. cit., pp. 19-20. 22
La contea aveva un territorio di pertinenza che andava dall’Arnèo a
Lucugnano e da qui sino a Matino e Racale. 23
ASDN, Doc. n XXVII, Pergamena 143.
19
datato 1373 e intitolato le “Rationes Decimarum”24
. Quest’ultimo ci
informa che il protopapa della chiesa di Santa Lucia di Tabelle era
soggetto al pagamento di una ratio decimarum pari a due ducati25
.
Dopo il XIV la signoria di Tabelle, sino allora appartenuta alla sola
della chiesa abbaziale di Nardò, viene frammentata in diverse
proprietà e ciò a causa di diverse donazioni fatte a favore della
piccola nobiltà terriera e laica. Ipoteticamente una delle cause di
questa frammentazione fu la seconda scomunica (1239) inviata a
Federico II dal pontefice Gregorio IX. Scomunica che portò
sicuramente a pesanti ritorsioni da parte dell’imperatore verso la
chiesa e, principalmente, verso i suoi possedimenti presenti nel
Regno dello Svevo. Proprio nell’anno 1239, Tabelle è infeudata da
Guido Sambiasi26
e nel 1316 a Vinciguerra e a suo figlio Guido. La
signoria laica del territorio continuò fino al XVI secolo con Giovanni
de Sancto Blasio27
. Sarà di questo periodo la costruzione di due
piccole fortificazioni ai due estremi e opposti confini del casale che
assolveranno, come si vedrà in seguito, alla funzione di controllo sia
del territorio e sia della viabilità di Tabelle.
Oltre i documenti prima citati vi è anche la “Cedula Taxationis” del
1276 – una tassazione voluta in Terra d’Otranto da Carlo I D’Angiò
per la circolazione della nuova moneta di denari – che indica come
abitati i casali di Tabelle, di Fulcignano e di Galatone e San Cosma.
Lo scomparso cedolario angioino28
racconta, inoltre, che nel
24
Registro delle Obbedienze dell’abate Federico (1149-170): Summarium,
Roma, 1737, p. 23. 25
Rationes Decimarum, Italiae nei Sec XII e XIV: Apulia, Lucania,
Calabria, Domenico Vendola (a cura di), Città del vaticano 1939, rist. 1970,
p.123. 26
v. A. FOSCARINI, Armerista e notiziario delle famiglie nobili, notabili e
feudatarie di Terra d'Otranto estinte e viventi, Lecce 1903, (rist. an.) Forni
Ed., Bologna 1987, I. 27
M.A. VISCEGLIA I materiali archeologici quotidiani di Contrada
Monacelle, ”Il Giornale di Galatone” n°30 novembre dicembre 2000, p.
263. 28
Documento perduto ma trascritto dal Coco. A. P. COCO, Cedularia
Terrae Idronti (1378) con note di geografia, demografia e paleontologia
20
territorio di Nardò solo 20 casali, tra cui Tabelle29
, risultano ancora
abitati nonostante fosse già iniziato, secondo alcune ipotesi, uno
spopolamento dei centri agricoli a causa della trasformazione agraria
in atto nel feudo di Nardò. Lo spopolamento, però, avvenne con
buona probabilità in epoca successiva a differenza di quanto
precedentemente scritto30
. Difatti l’ipotesi cozza pesantemente con i
risultati di ricognizioni sistematiche avvenute negli ultimi anni sul
sito del casale. Tra le cause scatenanti l’abbandono si deve
considerare sì considerare la crisi agraria del Duecento31
ma anche
l’oppressione fiscale perpetuata dal regnante sulla popolazione. La
recessione, dovuta alle scelte politico-economiche della feudalità
legata alla monarchia Sveva, aveva orientato l’economia agricolo-
rurale verso la monocultura estensiva di cereali e verso l’allevamento
perché richiedevano un più basso uso di manodopera. La minor
richiesta di forza lavoro, pertanto, portò la popolazione a cercare
impiego oltre il feudo e quindi si verificò una sorta di migrazione
che, conseguentemente, svuotò l’insediamento. In aggiunta, la
fiscalità penalizzava sempre più la popolazione rurale e ciò portava i
contadini a cercare rifugio verso altri casali e verso le cosiddette
“Terre chiuse” limitrofe. Centri di tale genere, difatti, potevano
garantire un rifugio sicuro e, forse, una maggior stabilità economica.
Inoltre, si aggiungano le continue guerre e le scorrerie ad esse legate
che martoriarono nella prima metà del XV, il regno di Giovanna II.
Negli atti che riguardano la Visite Pastorali svolte dai vescovi
neretini De Pennis e De Giustinis, rispettivamente negli anni 1452 e
1485, Tabelle assieme a numerosi casali non compare.
linguistica di terra d'Otranto nei secoli XIII e XIV, Lodeserto Ed., Taranto
1915, pp.16 - 28. 29
Otto casali in meno di quelli riportati nel documento del 1273. 30
Si ipotizzava un iniziale spopolamento del casale e la dispersione dei
contadini che iniziò dalle repressioni operate nel 1156 da Guglielmo il Malo
contro le rivolte antinormanne. V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit., p.
62. 31
v. C. D. POSO, Nardò e il suo territorio nel basso medioevo, sta in
«Annali del dipartimento delle scienze storiche e sociali (Università di
Lecce), VI(1988-1989), Lecce 1990.
21
«È possibile che alcuni villaggi furono abbandonati per via
della nuova ondata di peste che colpì il territorio nel 1481, ma
per questo non abbiamo molti dati. Altri, nelle vicinanze di
Otranto, potevano essere scomparsi per via delle scorrerie
turche in seguito alla presa della città nel 1480 da parte delle
forze ottomane.»32
4. Galatone, Masseria Doganieri, veduta dell'antico sito del casale
32
P. ARTHUR, Verso un modellamento del paesaggio rurale art. cit., p. 226.
22
3. TABELLE: VIABILITÀ E LUOGHI DI CULTO
Nel Medioevo il centro dell’abitato di Tabelle era attraversato da vie
ritenute importanti sia per i commerci verso i centri come Lecce,
Copertino, Nardò, San Pietro in Galatina, Cutrofiano e Otranto sia
per il passaggio dei tanti fedeli che si recavano in pellegrinaggio
verso il principali luoghi di culto del Salento come, ad esempio,
Santa Maria di Leuca.
«La nostra terra salentina era soggetta a questa rete di percorsi
obbligati, dal vicino oriente e dalla terra santa, dal Gargano e
a Roma e viceversa. Si spiega così l’esistenza di Ospedali,
Ospizi, Xenodochia. A Galatone, a dimostrazione dell’antica
posizione nodale sui percorsi pellegrini e commerciali, ne
rimangono tracce di varie epoche, più o meno conservate, a
Fulcignano, presso la chiesa di Odegitria, in via Ospedale, nei
dintorni del santuario del SS. Crocefisso, e nei vari conventi
maschile e femminili.»33
Il viaggiatore, in qualunque direzione si muovesse era, difatti,
obbligato ad attraversare l’interno del casale di Tabelle. Lungo
questa interna via del casale, difesa dalla piccola fortificazione del
Doganieri, si costruirono cinque delle dieci chiese di Tabelle le quali
erano, con la chiesa archipresbiteriale di Santa Lucia, sub titolo di
Santa Maria, San Nicola di Myra, San Marco, Sant’ Eleuterio, San
Costantino, San Demetrio, Sant’ Onofrio, San Vito della latronica34
,
San Pietro di Tabelle. La presenza di questi edifici religiosi fa
ipotizzare all’esistenza di una vera e propria rete ospedaliera e infatti:
«La creazione e lo sviluppo della rete ospedaliera medievale
derivavano da un concetto di assistenza assai diverso da
quello moderno: non un luogo di cura, ma un edificio dove
33
G. RESTA, Il palazzo marchesale di Galatone op. cit., p. 32. 34
T. VANNA, Il regno delle due Sicilie descritto e illustrato, Napoli 1854,
p. 44, alla voce “Galatina”; V. ZACCHINO Galatone antica op. cit., p. 61
nota 142.
23
veniva offerta ospitalità temporanea a poveri e pellegrini e
dove erano esercitate, all’occorrenza, rudimentali pratiche
mediche svolte nell’ambito della carità cristiana.»35
La presenza della chiesetta di San Nicola di Myra è testimoniata da
quanto scritto nel “Codice Galatonese 5”, compilato tra il 1501e il
1526, in cui si legge: «[...] l’ecclesia de santo Nicola di tabelle extra
moenia dictae terrae, diruta […]»36
. Nella visita pastorale effettuata
dell’arcivescovo di Otranto nel 1538, il quale su di essa vantava una
collatio che fu causa di uno scontro con il primate di Nardò, è ancora
descritta come “diruta”37
.
Anche nello “Inventario dè Benefici eclesiastici” del 1678, ovvero
centoquaranta anni dopo la visita pastorale, è indicato che la
«Ecclesia S. Nicola di Tabelle […] ad presens diruta»38
. Un
importante documento notarile rogato nel 1775 dal notaio neretino
Bona Nicola, non solo ci puntualizza che l’edificio è ancora esistente
ma, soprattutto, ci fa conoscere il sito dove la chiesa insisteva. L’atto
ci indica che il famoso faenzaro neretino Domenico Perrone
possedeva «orte due di terra [in] feudo Tavelle in loco detto Santo
Nicolicchio prope ecclesia iuxta massaria col nome di Santo
Nicolicchio»39
. La visita pastorale del 1538, aggiunge oltre
all’esistenza della chiesa di San Nicola, anche la chiesetta di San
Pietro di Tabelle “totaliter diruta” e quella di Santa Maria che, al
contrario della precedente, in quegli anni era ancora in piedi e,
35
M. AURORA – M. LAVORINI, All’ostello del Pellegrino, in “Medioevo”,
1(2002). 36
Archivio Parrocchiale Galatone, da ora APG, Codice Galatonese 5, c. 53. 37
Archivio Diocesano Otranto, da ora ADO, Visitatio Hidruntynae Diocesis
facta anno 1538, f. 55v. L’arcidiocesi idruntina vantava la collatio sulle
chiese di San Nicola e di Santa Maria. L’arcidiocesi si spinse ad accusare di
usurpazione la chiesa di Nardò; V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit., p.
63. 38
APG, Inventario dè Benefici eclesiastici 1678, c. 29. 39
ASL, sezione notarile Nardò, Protocollo 66/27, notaio Bona Michele,
anno 1775, c, 160 r/v. Il toponimo sembra coincidere con la masseria
Monacelle. L’ipotesi è suffragata anche da testimonianze orali.
24
secondo lo storico locale Vittorio Zacchino, ancora tale sino metà
dell’Ottocento40
.
Attualmente la cripta denominata De Giorgi41
, ricadente nel territorio
di Galatina, è di diversa conformazione rispetto alle altre cripte
presenti nell’area salentina. Originariamente era un inghiottitoio
carsico molto simile alla cripta della “Madonna della Grottella”
presente in Nardò. L’aspetto della cripta galatinese fu sicuramente
modificato intorno ai secoli XI-XII per essere destinata ad un uso
cultuale. Di forma tronco-piramidale, l’antica copertura a blocchi
piatti e bandati42
è stata negli anni Ottanta del secolo scorso
sostituita con copertura in cemento.
Vi si accede attraverso una rampa di gradini e si sviluppa per una
lunghezza massima di ventidue metri terminante con un cunicolo
naturale di circa novanta cm che prosegue fino al distacco della
volta. Le ridotte dimensioni dell’ambiente e dell’iconostasi fanno
pensare ad una cripta ad uso privato. Le maestranze che hanno
scavato l’originale cavità carsica per ricavarne un luogo di culto,
hanno sfruttato il più possibile le caratteristiche naturali del banco
roccioso per la suddivisione dello spazio sacro.
L’iconostasi presenta palinsesti o affreschi sovrapposti, di cui il più
recente parrebbe ascrivibile al tardo XV secolo, mentre il più antico
mostra caratteri bizantineggianti e in particolarmente nelle corone dei
santi e nei tratti dei panneggi. L’interrompersi dell’iconostasi con
taglio e stacco netto all’ingresso su parte delle strutture murarie della
cripta fa ipotizzare un edificio di culto costruito sub Divo perché al di
sopra della cripta e, contestualmente, dirimpetto a un’importante
strada del casale stesso. Successivamente all’abbandono dell’abitato
medioevale e alla trasformazione in cave di una buona parte di esso,
la rimanente cripta divenne riparo per pastori e cava monti sino alla
definitiva occlusione effettuata con gli scarti delle stesse cave.
40
V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit., p 61. 41
R. VIGANÒ, La cripta De Giorgi art. cit. 42
AA.VV., Un’indagine conoscitiva sulla campagna di Galatone, sta in
«Antiqua», VIII, 28(1983), pp. 29-32.
25
La disostruzione avvenne attorno agli anni 1940-43 quando gli
attuali proprietari la utilizzarono come rifugio antiaereo43
.
Le funzioni religiose di questi edifici dovettero sicuramente essere
raccolte nella rimanente chiesa archipresbiteriale di Santa Lucia di
Tabelle. Attualmente sconsacrato, questo edificio religioso è l’unico
ad essere sopravvissuto in alzato. Esso è il risultato di continue
modifiche e di ristrutturazioni operate tra il XVI e XVII secolo. Si
presenta come una costruzione di piccole dimensioni con volumi
semplici e volta a botte e pertanto molto diversa dalla struttura
quadrata originaria con una tettoia lignea a doppio spiovente.
Dell’antica chiesa, tuttavia, rimangono conservate solo due facciate
ossia quella laterale sinistra e quella posteriore. La prima mostra una
piccola porta architravata, ora tamponata, sormontata da un archetto
cieco a tutto sesto e nella cui lunetta sono presenti tracce di affresco:
un aura perlata e un piatto con gli occhi della santa titolare. Il tutto è
dipinto secondo il gusto bizantineggiante. Straordinariamente di
questa porta si trovano confronti con la cappella della masseria del
Crocefisso a Lecce44
ed con la più vicina chiesa galatonese della
Madonna dell’Odegitria.
Il secondo lato è in corrispondenza di un’abside interna non
sporgente con una monofora interna non strombata ma, attualmente,
decentrata anche se doveva un tempo costituire, insieme all’altare ed
alla porta frontale, l’asse simmetrico del precedente edificio sacro.
In seguito la struttura ha subito, grazie alle numerose e pesanti
ristrutturazioni, un accorciamento del corpo di fabbrica che ha così
trasformato l’originale pianta quadrata in quella rettangolare
attualmente visibile. Lungo il lato dell’antica parete, ora mancante, si
notano, affioranti dal terreno, alcuni conci di fondazione. La facciata
destra è stata, quindi, ricostruita ex novo, ravvicinata al lato parallelo
ed inspessita per ottenete una nuova volta la cui forma a botte ha reso
ceca la monofora laterale.
43
R. VIGANÒ, I materiali archeologici art. cit. 44
C. MARTINO, Nuovi confronti per la cappella extra urbana di masseria
del Crocefisso, sta in «Quaderni del Museo della Ceramica di Cutrofiano»,
Congedo Ed., Galatina, 12(2009), pp.96-106.
26
La chiesa è curata sia nei dettagli e sia nella scelta del materiale
costruttivo – nello specifico è stata utilizzata calcarenite carparina
estratta da cave dell’immediate vicinanze – ma presenta nelle
strutture posteriori una grande grossolanità nell’esecuzione muraria.
Ciò, probabilmente, fu dovuto alla necessità di fare una veloce
ricostruzione per restituire il luogo di culto alla numerosa
popolazione di pastori, contadini e cavamonti presenti nelle masserie
vicine.
L’essenzialità del prospetto frontale, risalente alla seconda fase
ricostruttiva, evidenzia fortemente un unico elemento decorativo
corrispondente all’architrave dell’ingresso ricavata da un blocco
calcareo scolpito sulla superficie esterna.
Il rilievo, ormai corroso dal tempo, si sviluppa in senso orizzontale,
con un motivo a denti di sega e sotto al quale vi sono otto figure
scolpite. Cinque di questo sono di chiara simbologia vegetale mentre
le restanti altre suggeriscono stemmi e volti regali oltre ad una croce
greca45
; il tutto sembrerebbe essere legato al potere temporale.
Guardando l’insieme si può notare il senso di estraneità
dell’architrave e dell’ingresso, erroneamente ritenuto come accesso
originario, con la semplicità della restante facciata. Ciò conferma
l’ipotesi del riutilizzo di questo pezzo proveniente da un altro
edificio pubblico oppure dal portale originale. All’interno la chiesetta
mostra una struttura a vano unico, semplice ed essenziale, con
pavimentazione in coccio pesto. È in gran parte distrutta da atti
vandalici che ne hanno sconvolto le eventuali stratigrafie interne.
L’altare di fattura barocca, anche questo in gran parte distrutto,
conserva sottostrati di scialbature di calce e tracce di affresco. Dietro
si trova una nicchia che appartiene alla fase più antica dell’edificio,
anch’esso coperto da una spesso strato di calce, e mostra tracce di
affresco nelle tonalità giallo e rosse raffiguranti tralci .
Una volta sconsacrata, la chiesa diviene abitazione stagionale e
deposito di tabacco, in tempi recenti un fienile e ciò fino agli ultimi
anni ottanta quando, per interessamento dell’Archeoclub locale, la
45
V. ZACCHINO Galatone antica op. cit., p. 61
27
struttura venne sottoposta ad alcuni interventi di restauro volti a
garantirne la staticità46
.
5. Viabilità medievale Nardò-Tabelle-Otranto ricavata sulla base del lavoro di A. Costantini
46
AA.VV., Un’indagine conoscitiva art. cit., pp. 29-32.
28
6. Tabelle, tracciato dell'antica viabilità
29
7. Tabelle, cripta De Giorgi, particolare dell'apparato decorativo
8. Tabelle, cripta De Giorgi, particolare dell’affresco con cavallo
30
9. Tabelle, cripta De Giorgi, particolare dei resti raffgurante una iconostasi
10. Vista della chiesa di Santa Lucia di Tabelle
31
11. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, particolare facciata est
12. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, particolare dell'ingresso originario
32
13. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, particolare della lunetta
14. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, vista facciata nord
33
15. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, particolare della monofora
16. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, fregio
34
35
36
17. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, particolare del fregio con decori vegetali
18. Chiesa di Santa Lucia di Tabelle, particolare del fregio con decori antropomorfi
37
19. Interno chiesa di Santa Lucia di Tabelle
20. Ingresso principale chiesa di Santa Lucia di Tabelle
38
21. Pianta della cripta De Giorgi a Tabelle
4. TABELLE IN PERIODO POST MEDIEVALE E MODERNO
Come prima anticipato, nei documenti della visita pastorale del 1485
effettuata dal vescovo neretino De Justinis, Tabelle non è
menzionato. Tuttavia, nonostante i limiti delle fonti documentarie, la
mancata attestazione può agevolmente indicare che, come avvenuto
in molti casali del territorio neretino, Tabelle subì un concreto
processo di spopolamento.
Il casale pur disabitato, però, continua ad essere sottoposto
all’esercizio della cura animarum da parte dell’archipresbiteriato
rurale. Certamente non si può assolutamente parlare di un totale
abbandono perché se vengono lasciate le abitazioni non è detto che
39
sono necessariamente abbandonate anche le terre che, quindi,
continuavano ad essere coltivate. Nel XVI secolo si determinò la
riattivazione dell’area sotto la fisionomia di impianto masseriale,
nuova espressione di una forma di utilizzazione del suolo e di ri-
organizzazione dell’abitato a carattere permanente. Il feudo di
Tabelle, certamente, non dovette rimanere a lungo abbandonato se
nella metà del XVI, essendo questi uno dei feudi più cospicui di
Nardò, attirò l’attenzione del vescovo Ambrogio Salvio il quale
promosse la riorganizzazione dell’assetto agrario ed economico.
«il Vescovo Ambrogio Salvio (1569-1577) estese la sua
accorta politica alla situazione agraria e patrimoniale di
tabelle, concedendo quelle terre in enfiteusi e concordando
con i contadini la rotazione delle colture e le decime dovute
alla mensa vescovile.»47
I successori del presule, seguendone l’esempio, continuarono a
interessarsi di Tabelle in funzione prevalentemente patrimoniale
lasciandone memoria negli atti delle loro visite pastorali come, ad
esempio, quelli compilati dai monsignori Bovio nel 157848
, Chigi nel
163649
e Sanfelice nel 1719.50
Nella documentazione riguardante la visita pastorale del 1637 svolta
dal vicario Granafei per conto di monsignor Fabio Chigi - il futuro
pontefice Alessandro VII - sono inseriti i “Capitoli della Bagliva”
che forniscono un quadro dettagliato della ruralità del periodo51
.
47
V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit., p.63: «Contro le decisioni dei
baglivi incaricati della sorveglianza del feudo si poteva ricorrere in appello
alla corte Marchesale di Galatone. Alla fine del cinquecento, un contenzioso
tra l’università di Galatone e il vescovo Fabio Fornari, in materia di decime
sulle olive, benne composto una transazione in virtù della quale l’università
si impegnava a versare la somma di venti ducati annui alla mensa
vescovile.» 48
ASDN, Acta 1578, f. 129 49
ASDN, Acta 1637, ff. 40-54 50
ASDN, Acta 1719, f. 35 51
ASDN, Acta 1637, ff. 40-54. I capitoli della Bagliva di Tabelle sono
contenuti all’interno del documento scritto su carta bambagina; V.
40
Altre carte del XVII sec., invece, ci informano sulla presenza, nel
territorio di Tabelle, di duecento quaranta coloni e i relativi censi da
loro dovuti. Tra questi documenti, compilati sempre dal Granafei, ve
n’è uno, transuntato nel 1778, nel quale viene riportata una preziosa
testimonianza relativa al pagamento delle decime sul vino e sul
mosto:
«Tenentur etium Coloni Habente Vinea in dicto Feudo ad
dictam decimam Vini Musti, asportandam per eos in Civitate
Neritonem intus cellarium […] vel in terra Galatone intus
cellarium Arrenditioni eiusdem feudi»52
.
Nella trascrizione dello stesso documento vi sono le testimonianze,
riportate anche in un atto notarile del 1778, di cinque cittadini della
terra di Galatone sulla inveterata e adusa modalità di pagamento
delle decime dovute per il vino e il mosto:
«[…] debbano j possessori del medesimo pagare la decima di
tutto il frutto del vino, che nasce dentro lo stesso feudo, qual
decima di vino gli stessi possessori debbano trasportarla a
loro spese nel cellaro del vescovo esistente in questa suddetta
terra di Galatone, e questo lo sanno perché qualunque anno
del tempo delle vendemmie il de cimatore, o sia l’affittatore,
del detto feudo l’anno essi confitati attestati per più, e più
anni veduto coi loro propri occhi assiso nella porta della
terra suddetta per ricevere dette decime, e farli dalli stessi
possessori, e conduttori trasportare nel suo cellaro, siccome si
è praticato sino all’anno passato nella guisa appunto, che suol
fare l’altro possessore di detta terra di Galatone, fando la
persona da lui destinata unitamente col detto affittatore del
detto feudo della Reverenda Mensa nella suddetta porta a
ZACCHINO, I Capitoli della bagliva di Tabelle, sta in «Studi linguistici
Salentini», 1(1965), Lecce 1970. 52
ASL, Scritture Atti Diversi, busta, Fascicolo 62/20, anno 1778.
41
recevere le suddette rispettive decime di jusso, e farlo portare
al di lui cellaro […]»53
La presenza di molte vasche o palmenti, di indubbia fattura moderna,
nell’area dell’ex casale indicano una grande produzione di vino e
mosti. Scavate nella roccia su vari livelli, esse venivano
impermeabilizzate con un rivestimento in opus signinum o coccio
pesto. Di questo rivestimento sono stati rinvenuti più di quattro strati
che ancora oggi garantiscono una buona impermeabilizzazione.
Alcune vasche presentano anche gradini all’interno ed all’esterno atti
a facilitare l’accesso ad una piccolissima fossa, di forma variabile,
posta in fondo e destinata a raccogliere l’ultima parte del mosto.
I “Capitoli della Bagliva” ci danno anche l’indicazione circa la
varietà e la quantità dei prodotti agricoli, come grano, orzo, fave,
avena, lino, cotone, avena e cipolle, coltivati dai coloni del feudo.
Inoltre nello “Inventario dei Beni” del defunto marchese Cosimo
Pinelli sono elencati i prodotti che nel territorio di Tabelle erano
soggetti a decima:
«Grano, orgio, fave, avena,lini, vini musti, lenticchia
zafarana, e ogli, ma anche cepolle, miloni, cocomeri, cucuzze,
ciciri, fasoli, dolica, bombace, pastinache.»54
Per la costruzione delle masserie, certamente, il casale medievale
dovette essere smantellato mutandone, di conseguenze, l’aspetto. Il
materiale derivante dalla demolizione dell’antico casale fu spesso
riutilizzato per l’innalzamento dei nuovi edifici. Ciò potrebbe essere
testimoniato da una lastra di pietra originariamente lavorata per
essere usata come tavola per il gioco del filetto e successivamente
reimpiegata per la costruzione di una struttura ad uso agricolo. Il
tavoliere è costituito da tre quadrati concentrici i cui lati sono tagliati
da un segmento che li lega tra loro. Caratteristica fondamentale di
questo manufatto è che non è graffito, come nella maggior parte
53
ASL, Scritture Atti Diversi, busta, Fascicolo 62/20, anno 1778. 54
Cfr. ZACCHINO V., I Capitoli della bagliva di Tabelle, sta in «Studi
linguistici Salentini», 1(1965), Lecce 1970.
42
degli esemplari ritrovati nel Salento, ma scolpito nella lastra di
carparo e ciò fa di esso un unicum nel suo genere.55
Forse dalla fine del XVI secolo gran parte del territorio di Tabelle
divenne oggetto di importanti attività estrattive. Da un documento
notarile redatto il 16 luglio del 1606, si viene a conoscere che
l’oggetto di tale attività estrattiva era la cosiddetta pietra negra la
quale, probabilmente, corrisponde al nostro carparo56
. Per lo
svolgimento di tale attività, la viabilità del casale dovette essere
modificata totalmente comportando l’allargamento in alcuni punti e,
in tal modo, assunse le fattezze dell’attuale sistema stradale. Anche
le cisterne, ottimo indicatore cronologico discriminante, sono
coinvolte avendo anch’esse subito un notevole cambiamento. Se
quelle di più antiche risalenti al medievale erano di forma circolare,
piriforme in sezione, coperte con una vera lapidea quadrangolare,
scavate completamente nel banco roccioso e poi impermeabilizzate
con intonaco di calce idraulica, quelle costruite o riadattate nel
periodo successivo all’abbandono del casale (XV e XVII secolo),
sono di forma oblunga, con sezione tronco piramidale, profonde e
con la copertura fatta di grossi lastroni. Queste ultime, pertanto,
offrivano la possibilità di conservare più acqua rispetto a quelle più
antiche. Il riutilizzo di piccole cavità d’interstrato, caratteristica
presente in tutta l’area, generatesi in corrispondenza di un piano di
55
L’esemplare fu ritrovato nel 1983 dall’associazione culturale galatonese
“Archeoclub”, si tratta di un gioco molto diffuso nell’antichità conosciuto
anche come tris, smerelli o mulino. AA.VV., Un indagine conoscitiva art.
cit., pp. 29-32. Per un elenco del resto dei ritrovamenti nella zona Cfr. G.
GRAVILI, Il Gioco, sta in P. Arthur (a cura di) «Da Apigliano a Martano
(LE). Tre anni di archeologia medioevale (1997-1999)», Congedo Ed.,
Galatina, 1999. 56
ASL, Atti del notaio G. B. De Martinis. Il documento oltre le cave di
Tabelle menziona un'altra in contrada Vasce, nel feudo di Galatone.
D’altronde l’importanza di tale materiale nell’edilizia sacra oltre che civile,
estratto a Tabelle è riportato nell’atto di convenzione per il completamento
della chiesa dei frati conventuali di Nardò, redatto nel 1598, nella parte
riguardante il materiale di costruzione è riportata «(…)che lo carparo sia di
Tavelle(…)» (cfr. notaio Santoro Tollemeto di Nardò anno 1598, cc.64r-
69r. L’atto è già stato pubblicato).
43
strato e, soprattutto, lungo i piani di separazione tra un bancone e
l’altro come nei casi della grotta detta del Noce e di molte altre
presenti lungo le rive del canale dell’Asso, in gran parte vennero
precedentemente utilizzate come abitazioni e depositi per essere, poi,
riadattate a stalle per gli animali o a rifugi temporanei.
La scomparsa di Tabelle quale terra legata al sistema feudale
tradizionale diede luogo alla frammentazione del suo territorio e alla
costituzione di due aree ben distinte. Una di queste conservò l’antico
nome di Tabelle e l’altra fu detta Tabelluccio. Quest’ultima, dal XVI
secolo, fu infeudata da famiglie appartenenti alla nobiltà galatinese: i
De Magistris e, dal 1678, i Leuzzi che col titolo di barone la
detennero sino al 180657
. Una ulteriore parcellizzazione del feudo di
Tabelle si compì nei primi dell’Ottocento. Durante il decennio
francese nel Regno di Napoli, difatti, lo Stato dispose
l’incameramento dei beni ecclesiastici che, in parte, furono poi
acquisiti dalla ricca borghesia agraria.
57
V. ZACCHINO, Galatone antica op. cit., p. 64.
44
22.Tabelluccio, Galatina, Chiesa dell'Esaltazione della Croce o Cristo di Tabelle
23. Tabelluccio, Galatina, Chiesa dell'esaltazione della croce o Cristo di Tabelle, particolare del campanile
45
24. Tabelle Localitá "le Bonesere", viabilitá moderna
25. Tabelle, Antico palmento
46
26. Tabelle,interno grotta del noce
47
287. Tabelluccio, Galatina, Chiesa dell'esaltazione della croce o Cristo di Tabelle, interno, Affresco
Crocifissione
5. LE MASSERIE
5.1 - Masseria Monacelle o Munacèddhe
In alcuni documenti e nella memoria di pochi anziani, è conosciuta
anche col nome di Santu Nicolicchiu. L’attuale struttura, ormai
fatiscente, non è che una piccola parte dell’originario complesso
della masseria scampato da quella “furia” edificatoria che distrusse
anche il cimitero e le ultime evidenze della chiesa di San Nicola di
Myra. In particolare, resta di questo monumento solo il piccolo
nucleo centrale ed un arco ad ogiva. Con un’estensione pari a un
ettaro, Monacelle fu edificata su un pendio del canale Asso e
29. Particolare, Ecce Homo 27. Particolare Vergine Maria
48
recintata da un muro a secco aggettante, di cui si può ancora vedere
qualche rudere, la cui tecnica costruttiva è quella detta volgarmente
paralupi.
Vi è una cavità artificiale profonda la cui assenza di strutture in
superficie fa pensare che possa essere stata adibita a stalla per gli
armenti. Poco distante vi è un altro ipogeo che, probabilmente
adibito allo stesso uso della precedente, mostra un ambiente
campaniforme con una rampa d’accesso. La copertura della cavità
doveva essere costituita da grossi blocchi simili per tipologia a quelli
utilizzati, come prima descritto, per le coperture delle cisterne di quel
periodo. Attualmente la stanza è completamente distrutta.
5.2 - Masseria Doganieri
Posta ad occidente dell’antico casale di Tabelle, al di là del canale
dell’Asso, strategicamente il punto più alto del territorio e all’esatto
incrocio di due importanti vie di comunicazione, essa è
economicamente e strutturalmente più importante della precedente.
L’attuale nome de li Doganieri si potrebbe far risalire all’esistenza di
un luogo destinato a dogana o ad una abitazione di baglivi ovvero di
quegli addetti al controllo doganale ed alla riscossione dei dazi fiscali
sui pedaggi e sulle merci in passaggio su tali feudi.
Nonostante siano rare le fonti documentarie che ci possano
raccontare la nascita e la vita di questo impianto, quelle poche che
esistono forniscono preziose indicazioni.
Nel 1722 la masseria era nei possedimenti del conservatorio, eretto
dal vescovo Sanfelice, di Santa Maria della Purità di Nardò. Nel
catasto Onciario di Galatone, redatto nel 1745, l’impianto viene
registrato col prediale Donfederico e risulta di proprietà della
famiglia Castriota di Parabita. Viene così descritta:
«Massaria in Tabelle detta Donfederico, e parte in
Tabelluccio, consistente in curti ad uso de bestiami, casa
49
numero quattro, una per uso dei massari, altra per uso de
‘merci e due superiori, con stalle per uso de ‘bovi, cisterne
numero tre, aia e giardino murato.»58
La nascita dell’impianto destinato ad uso di masseria si deve
collocare in uno spazio temporale compreso tra la seconda metà del
XVI e il XVII secolo e, sicuramente, non prima dello spopolamento
di Tabelle quanto, invece, nell’ambito di quella trasformazione
dell’habitat rurale che subì il casale.
Il complesso edilizio è riferibile alla tipologia delle masserie con una
piccola e modesta costruzione unicellulare intorno alla quale si
sviluppa l’intero complesso59
. Simile a tale struttura è la masseria di
Nardò detta li Pagani.
Il nucleo centrale della costruzione consiste in una massiccia torre a
base quadrangolare. Questo edificio, come si osserva dall’interno del
cortile, è munito di una caditoia posta in asse con la porta di ingresso
del pian terreno. Probabilmente era un edificio destinato ad
accogliere merci.
La struttura è arricchita dalla presenza di un’elegante torre colombaia
a base quadrata, coronata da merli graziosamente disposti e databili
probabilmente ai primi anni del XVIII secolo.
Il piano terra del corpo centrale è composto da tre vani coperti da
volte a spigolo. Da essi si accede alla corte mediante un vano carraio
posto nella parte centrale dell’edificio. Anche il primo piano è
coperto da volte a spigolo, consta di un vano addossato alla torre
oltre ad altri quattro allineati e accoppiati.
Quasi sicuramente il primo impianto della masseria fu di tipo
monocellulare, costruito ex novo sulle rovine di una precedente
costruzione basso medioevale che doveva consistere, probabilmente,
in una fortificazione. Se così fosse, questa doveva essere a capo dei
limiti geografici del casale, nello specifico sarebbe ricaduta nei pressi
del cosiddetto Paritone mentre, verso l’esterno, il confine del feudo
di Tabelle era rappresentato dalla specchia di Mosco.
58
ASL, Catasto Onciario Galatone, 1745, vol. II., f. 805. 59
A. COSTANTINI 1995, Le Masserie fortificate, Congedo Ed., Galatina,
1995 pp. 53.
50
Il nucleo originario della masseria era costituito probabilmente da
una recinzione fabbricata a secco con legno e pietre e conteneva una
piccola torre diversa da quella attuale perché eretta ex novo. I segni
dell’impianto medievale sono riconoscibili dalla cospicua presenza
di numerosi granai a grappolo e da una cisterna circolare. In tutta
l’area del casale sono riscontrabili strutture, nello specifico muri e
muraglie, spesso costituite da blocchi di riutilizzo. Il costone
roccioso, sul quale si erge massiccia la costruzione, presenta pesanti
interventi antropici i quali modificarono l’aspetto naturale del luogo
e ciò anche attraverso l’intercettazione di diverse cavità naturali che
furono in parte distrutte. In breve, quindi, la conformazione rocciosa
del costone subì una vera e propria squadratura che permise di
ricavare un corpo avanzato con pareti a spiombo. Ciò permise di
impiantare una grossa torre aggettante sul canale dell’Asso. A sud-
est vi è, invece, un possente muraglione lungo metri novanta e spesso
otto, rialzato dal piano su cui giace la campagna sottostante. Questi
fa corpo unico con il costone roccioso dal quale avanza per altri
settanta metri. Il canale dell’Asso, da parte sua, fungeva da struttura
difensiva rappresentando una sorta di fossato naturale. Inoltre, le
importanti arterie della viabilità di allora venivano fatte convogliare
negli immediati dintorni della torre e questo testimonia il costante
controllo sia del territorio in generale e sia dei flussi di uomini e di
merci.
In sintesi, dunque, dirigendosi verso Galatone o partirsi da esso
significava necessariamente passare da questo luogo recintato,
probabilmente, da un muro o da un’opera il legno oppure realizzato
con ambedue le tecniche costruttive come a formare quello che si
definisce un “bailey” cioè un cortile chiuso circondato da una
recinzione di legno e sormontato dalla torre ricavata sul promontorio
di roccia. È probabile che la fortificazione avesse più di un bailey; in
genere erano uno interno e uno esterno.
Delle antiche abitazioni non resta traccia anche per via dei successivi
lavori per la realizzazione della masseria i quali hanno arrecato molti
danni alla stratigrafia dell’area. Da qualche lacerto di muro ancora
esistente e dai molti buchi da palo realizzati nel banco roccioso, si
può comunque desumere che, per tipologia costruttiva, le case si
51
avvicinassero molto alle tecniche di realizzazione delle comuni
abitazioni del casale con le loro tettoie usate come copertura dei
granai.
La fortificazione, pertanto, venne realizzata sul punto considerato
strategicamente più funzionale al controllo dei tre punti fondamentali
della comunità ovvero un corso d’acqua, una strada e un agglomerato
urbano. Inoltre, insistendo di per sé sul luogo geograficamente più
alto dell’intero territorio del feudo, era inutile la creazione di un
terrapieno artificiale che, invece, fu necessario per innalzare la motta
tuttora visibile a Specchia di Mosco. Nella vicinissima Nardò, per
esempio, già durante il periodo normanno esistevano alcune motte,
come Specchia Normanna - ora in agro di Copertino – e, in
particolare, venne anche realizzato un enorme terrapieno nella stessa
città:
«La città di Nardò, per esempio, conserva ancora i resti di un enorme
terrapieno costruito sulle antiche mura nell’area dell’attuale
chiesa dell’Immacolata. Solo nel 1271 la motta sembra essere
stata definitivamente dismessa quando il terreno viene donato
dall’allora potente signore di Nardò, Filippo de Toucy (It.
Tuzziaco), ai monaci dell’ordine dei Francescani.»60
In ambito rurale la realizzazione di questi terrapieni non era cosa rara
poiché dalla loro altezza era garantita un’ampia visione del territorio
circostante e difatti:
«In ambito rurale, motte di dimensioni minori sono attestate
nell’area del Bosco di Belvedere e verso la sommità di una serra
che dominala pianura di Presicce, in località Pozzo Mauro. È
ipotizzabile che queste fortificazioni siano state uti-lizzate per
controllare le risorse del territorio come il Bosco di Belvedere
e la piana che collegava Gallipoli e Lecce con S. Maria di Leuca,
finibus terrae, ultimo punto delle penisola salentina ed importante
centro di pellegrinaggio. Altre motte probabilmente rimangono da
identificare o sono state distrutte, come Specchia dell’Alto ad Alliste,
che apparentemente sovrastava un sito di età romana, o le varie
60
P. ARTHUR, Verso un modellamento del paesaggio rurale art. cit., p. 226.
52
località che sono note con il toponimo “motta” a Vaste
(Poggiardo), Aurio (Surbo), Nociglia[…]»61
Non è noto sia stato l’artefice principale della prima fase costruttiva.
Tuttavia, pur non dovendo a priori il concorso degli abati di Nardò,
essa fu con buona probabilità eretta dai signorotti feudatari che la
ressero fino agli inizi del XVI secolo. A tal proposito è da ricordare
che proprio Tabelle fu infeudata per oltre due secoli da famiglie
neretine della piccola nobiltà terriera come, ad esempio, i Sambiasi, i
Vinciguerra e i Sancto Blasio.
«Questo tipo di fortificazioni, da un punto di vista meramente
politico possono distinguersi in diverse categorie: di quelli
che avendo il pubblico potere governa direttamente; quelli
che a grandi linee ha infeudato i suoi i suoi
sodales,ufficiali,vassalli,parenti,e fedeli; infine sono le
fortezze private, illegali,erette illecitamente o all’insaputa del
potere centrale o territoriale, da avventurieri, o come nel
nostro caso da potenti.»62
Le fortificazione, a causa dello spopolamento del casale, perderà poi
di importanza e proprio in questa fase inizia la trasformazione della
stessa in masseria. Questa dovette restare in uso fino agli inizi del
Cinquecento come testimonia la presenza di vasche, palmenti e
materiale ceramico databile proprio agli inizi del XVI secolo (dei
torchi non rimane altro che i contrappesi). In questi stessi anni,
quando l’abbandono del casale da parte dei suoi abitanti ebbe fu nel
culmine, determinò anche l’abbandono della fortificazione con
conseguente e immediato spoglio dei materiali edili da riutilizzare
per nuove strutture. Durante la seconda fase, ovvero quando
l’impianto abitativo della masseria si era sviluppato sul modello
monocellulare, avviene l’obliterazione e il totale smantellamento
della torre che, anche in questo caso, portò al riuso del materiale per
61
Ibidem 62
P. CONTAMINE P., La guerra nel Medioevo, Ed. Il Mulino, Bologna 2005,
pp. 73-74.
53
la realizzazione del nuovo impianto. Questo materiale lapideo di
reimpiego è tuttora visibile, oltre che nel muraglione, anche nelle
murature esistenti. Anche la fotografia aerea evidenzia tracce, non
ben visibili dal piano stradale, di tali strutture.
Un sapiente restauro ha permesso all’impianto di ritornare a
splendere e qui ancora oggi, come in passato, trova spazio la
cerealicoltura, l’olivicoltura e l’apicoltura. In quest’ultima sono stati
reimpiegati numerosi apiari antichi.
54
30. Masseria Doganieri, ricostruzione ipotetica della fortificazione medievale. In rosso il perimetro dell'area
fortificata
55
31. Masseria Monacelle vista dall'alto
32. Galatone, Masseria Monacelle o di San Nicolicchio, muro antilupo
56
33. Galatone Masseria Monacelle
34. Galatone Masseria Doganieri, ingresso principale
57
35. Galatone Masseria Doganieri, Casa dei massari
36. Galatone Masseria Doganieri, ovili
58
37. Galatone Masseria Doganieri, torre del XVII secolo, particolare caditoia
38. Galatone Masseria Doganieri, Particolare
59
60
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Si ringraziano i proprietari
dell’Azienda Agrituristica MASSERIA DOGANIERI di Galatone
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durante le ricerche oggetto di questo lavoro
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© 2014
RICCARDO VIGANÒ
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parziale e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta
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Il presente saggio è pubblicato sul sito www.culturasalentina.it
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