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Pagina 1 Historic Car Club Sile Porsche 911 La Porsche 911 è un auto nata tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Nacque dall’esigenza di sostituire l’ormai vetusta 356, direttamente derivata dalla Volkswagen (Auto del popolo) Maggiolino, giunta al limite del suo sviluppo iniziato nel 1948; era quindi il momento di mettere in cantiere una vettura in linea coi tempi. La progettazione fu quasi interamente familiare dato che la meccanica fu sviluppata da Ferdinand “Ferry” Porsche e il design da Ferdinand “Butzi” Porsche, rispettivamente padre e figlio; “Ferry” e “Butzi” erano figlio e nipote del capostipite Ferdinand (il quale in patria e non solo era considerato un vero e proprio genio, difatti nel corso della sua vita progettò e aiutò a progettare di tutto e di più, come ad esempio la “Semper Vivus Lohner -Porsche” del 1900, prima autovettura ibrida della storia nonché prima trazione integrale, oppure durante la Seconda Guerra Mondiale sotto gli ordini di Hitler, sviluppò i carro armati Panzer Tiger ed Elefant, nonché la mamma della futura 356, il Maggiolino per l’appunto e i suoi derivati militari Kubelwagen e Schwimmwagen. Dopo essere scappato in Austria a Gmund per evitare i bombardamenti, venne arrestato dai francesi con l’accusa di collaborazionismo. Durante la prigionia durata quasi due anni sembra abbia collaborato allo sviluppo della Renault 4cv, fino a che Piero Dusio, fondatore della Cisitalia (Compagnia Industriale Sportiva Italia), con il tramite impersonificato da Karl Abarth allora Direttore Sportivo Cisitalia e conoscente della famiglia Porsche, ne pagò la cauzione in cambio di svariati progetti tra i quali una avveniristica Formula 1, che si sarebbe chiamata Cisitalia 360. Una volta libero tornò a Gmund dove nel giugno 1948 fondò l’azienda omonima per poi trasferirsi agli inizi degli anni ’50 di nuovo in Germania, a Zuffenhausen, appena fuori Stoccarda, azienda che alla sua morte nel 1951, fu fatta proseguire dagli eredi. Questo in breve l’inizio della storia Porsche). Ma torniamo alla 911, la quale venne anticipata nelle linee dal prototipo “Tipo 7”, oggi conservato nel museo Porsche, che risultava sgraziato nelle linee al posteriore a causa di studi sulla ricerca dell’abitabilità per quattro posti. Fu proprio in seguito a questi studi portati avanti con la “Tipo 7” che la vettura presentata al Salone di Francoforte del 1963 era una 2+2, con i sedili posteriori presenti ma sacrificati per favorire le linee della vettura che risultarono incredibilmente equilibrate, apparendo quasi una moderna evoluzione della 356. Questa vettura, dotata di un nuovo motore a 6 cilindri contrapposti (boxer) 1991 di cilindrata, posizionato posteriormente a sbalzo (si definisce fuoribordo o a sbalzo un motore posizionato

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Historic Car Club Sile

Porsche 911

La Porsche 911 è un auto nata tra la fine degli

anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Nacque

dall’esigenza di sostituire l’ormai vetusta 356,

direttamente derivata dalla Volkswagen (Auto

del popolo) Maggiolino, giunta al limite del suo

sviluppo iniziato nel 1948; era quindi il

momento di mettere in cantiere una vettura in

linea coi tempi. La progettazione fu quasi

interamente familiare dato che la meccanica

fu sviluppata da Ferdinand “Ferry” Porsche e il

design da Ferdinand “Butzi” Porsche,

rispettivamente padre e figlio; “Ferry” e “Butzi” erano figlio e nipote del capostipite Ferdinand (il

quale in patria e non solo era considerato un vero e proprio genio, difatti nel corso della sua vita

progettò e aiutò a progettare di tutto e di più, come ad esempio la “Semper Vivus Lohner-Porsche”

del 1900, prima autovettura ibrida della storia nonché prima trazione integrale, oppure durante la

Seconda Guerra Mondiale sotto gli ordini di Hitler, sviluppò i

carro armati Panzer Tiger ed Elefant, nonché la mamma della

futura 356, il Maggiolino per l’appunto e i suoi derivati militari

Kubelwagen e Schwimmwagen. Dopo essere scappato in

Austria a Gmund per evitare i bombardamenti, venne arrestato

dai francesi con l’accusa di collaborazionismo. Durante la

prigionia durata quasi due anni sembra abbia collaborato allo

sviluppo della Renault 4cv, fino a che Piero Dusio, fondatore

della Cisitalia (Compagnia Industriale Sportiva Italia), con il

tramite impersonificato da Karl Abarth allora Direttore Sportivo

Cisitalia e conoscente della famiglia Porsche, ne pagò la

cauzione in cambio di svariati progetti tra i quali una

avveniristica Formula 1, che si sarebbe chiamata Cisitalia 360. Una volta libero tornò a Gmund

dove nel giugno 1948 fondò l’azienda omonima per poi trasferirsi agli inizi degli anni ’50 di nuovo in

Germania, a Zuffenhausen, appena fuori Stoccarda, azienda che alla sua morte nel 1951, fu fatta

proseguire dagli eredi. Questo in breve l’inizio

della storia Porsche). Ma torniamo alla 911, la

quale venne anticipata nelle linee dal prototipo

“Tipo 7”, oggi conservato nel museo Porsche,

che risultava sgraziato nelle linee al posteriore a

causa di studi sulla ricerca dell’abitabilità per

quattro posti. Fu proprio in seguito a questi studi

portati avanti con la “Tipo 7” che la vettura

presentata al Salone di Francoforte del 1963 era

una 2+2, con i sedili posteriori presenti ma

sacrificati per favorire le linee della vettura che

risultarono incredibilmente equilibrate, apparendo quasi una moderna evoluzione della 356.

Questa vettura, dotata di un nuovo motore a 6 cilindri contrapposti (boxer) 1991 di cilindrata,

posizionato posteriormente a sbalzo (si definisce fuoribordo o a sbalzo un motore posizionato

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dietro o davanti l’asse delle ruote a seconda

che sia posizionato al posteriore o

all’anteriore, nel primo caso ci sono esempi

come per l’appunto la 911 o le Fiat 600 e 500,

nel secondo caso gli esempi possono essere

le Fiat Topolino o la Renault Fuego) e

raffreddato ad aria, sviluppava una potenza di

130 cv a 6100 giri/min il quale, abbinato ad un

cambio a cinque rapporti e un peso a vuoto di

1080 kg le permetteva prestazioni degne di

nota con il tutto completato da un impianto

frenante a disco sulle quattro ruote. Gli interni

risultavano ben rifiniti ma alquanto semplici,

con un volante a quattro razze e un cruscotto

dotato di cinque elementi circolari con quello centrale dedicato al contagiri, dettaglio che

sottolineava le velleità sportive della vettura. Diversamente da quanto si potrebbe pensare il nome

dell’auto presentata a Francoforte non era 911 ma 901; nome che avrebbe distinto i primi 82

esemplari e che fu poi modificato in 911 a causa di un reclamo di Peugeot che era depositaria dei

numeri a tre cifre con lo “zero” centrale. La gamma avrebbe vissuto con la sola 901/911 fino

all’aprile 1965, e fu un periodo non facile per le critiche che piovvero dagli affezionati del marchio

soprattutto per due motivi; il prezzo eccessivamente

elevato e una instabilità che affliggeva la vettura nella

guida sportiva. Fu per questo che per ovviare per lo

meno al primo cruccio venne presentata la 912, auto

esteticamente uguale alla sorellona non fosse che i

materiali usati per gli interni erano decisamente più

economici, con il cruscotto che aveva solo tre elementi

circolari e il motore che era un 4 cilindri boxer da 1584

centimetri cubici dotato di 90 cavalli, preso da quella

che fu l’ultima 356, la SuperCarrera. Per il 1967 oltre

ad un affinamento ai motori con l’adozione dei carburatori Weber in luce dei Solex

precedentemente utilizzati per motivi di maggior facilità di messa a punto, le due versioni finora

descritte vennero affiancate dalla più prestante 911S, esteticamente riconoscibile da quelli che poi

sarebbero diventati uno dei simboli distintivi Porsche, ossia i cerchi a petali Fuchs, ed era dotata

del motore da 1991 centimetri cubici ma affinato a tal punto da farle raggiungere quota 160 cavalli.

Per cercare poi di limare ulteriormente l’instabilità della vettura che con 30 cavalli extra non poteva

far altro che aumentare, fu introdotta una barra

antirollio al posteriore. Le 911/912 in versione

coupè, furono affiancate poi da una versione che

era in fase di studio fino dagli albori della 901.

Dotata di un robusto roll-bar posto subito dietro i

sedili anteriori, di un tettuccio rigido e asportabile e,

solo nelle primissime versioni, di un lunotto in tela

asportabile che poi sarebbe divenuto rigido, venne

chiamata Targa, in onore delle vittorie che la casa

della cavallina aveva ottenuto negli anni in Sicilia,

alla Targa Florio. Nel 1968 le modifiche alla 912

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furono minime e riguardarono la sola introduzione del cruscotto a cinque elementi circolari come

sulla 911, mentre su quest’ultima la gamma venne per così dire semplificata identificando le varie

versioni con una lettera alfabetica. Venne così identificata come T (Touring) la versione base,

dotata della versione da 110 cavalli del 1991 centimetri cubici, mosso da un cambio a quattro

velocità e, vista la scarsa potenza, priva della barra antirollio. In cima alla gamma c’erano due

versioni, una dedicata a chi

preferiva le rifiniture lussuose

e l’altra dedicata a chi

prediligeva le prestazioni.

Entrambe dotate di barra

antirollio, la prima venne

identificata come L (Lusso),

dotata anch’essa del motore

2000 che in quest’occasione

esprimeva 130 cavalli e

aveva i suoi cavalli di

battaglia nella maggiore qualità delle rifiniture interne, e in optional come il cambio “Sportomatic” a

cui bastava un tocco della leva per cambiare marcia senza l’uso della frizione. L’ultima nuova

versione era la S (Sport) dotata sempre dello stesso motore, ma in quest’occasione nella versione

da 160 cavalli che prediligeva per l’appunto le prestazioni, sottolineate anche dai cerchi da 15

pollici e dagli ammortizzatori Koni in luce dei Boge. 1969, nuovo anno altra piccola rivoluzione;

innanzitutto per ovviare ulteriormente al problema dell’instabilità che evidentemente l’introduzione

della barra antirollio non risolse del tutto, fu allungato il passo di tutte di 6 centimetri, dai precedenti

221 ai nuovi 227 centimetri mentre per quanto riguarda i modelli rimasero invariate la 912 e la 911

T, al contrario delle versioni al top di gamma dove venne messa in disparte la L per far posto alla E

(Einspriztung, ossia iniezione) e rimase la S. Ancora entrambe col motore da 2 litri ma evoluto con

una nuova iniezione meccanica Bosch erano dotate rispettivamente di 140 e 170 cavalli. Nel 1970

uscì di scena la 912 sostituita nella gamma dalla 914 a motore centrale, mentre il resto della

gamma rimase pressoché invariato fino al 1972 e rappresentato sempre dalle T, E ed S, non fosse

per le cilindrate e le potenze che variarono una prima volta nel 1970 dai 1991 ai 2195 centimetri

cubici con rispettivamente 125 cv per la T, l’unica a carburatori, 155 cv per la E e 180 cv per la S

ed una seconda volta nel 1972 ove la cilindrata crebbe da 2195 a 2341 centimetri cubici con 130

cavalli alimentati da carburatori per la T, 165 cavalli per la E e 190 cavalli per la S entrambe ad

iniezione. L’escalation di cilindrate e potenze era oramai iniziata e ci si rese conto che nella

gamma mancava una vera e propria vettura “derivata dalle corse”, fu così che nel 1973 fu

affiancata alla consueta gamma anche la 911 RS 2.7; la vera punta di diamante disponibile

esclusivamente in configurazione coupè. La definizione RS, assai usata nei nomi delle auto

tedesche di stampo sportivo, ha un significato ben preciso ossia RennSport, il che tradotto significa

“Corsa Sport”, giusto per far capire le

intenzioni. Esteticamente riconoscibile

per lo spoiler anteriore maggiorato

(disponibile anche sulla versione S, atto

a migliorarne la stabilità) e per quello

posteriore a forma di becco d’anatra

(Ducktail) che divenne successivamente

uno dei simboli della storia 911, oltre

agli sticker “Carrera” (nome usato per la

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prima volta sulla 356, omaggio alla storica corsa Carrera Panamericana), posti sulla fiancata e in

tinta con i cerchi Fuchs allargati al posteriore così come i passaruota. Ovviamente le modifiche non

erano limitate al solo lato estetico ma pure l’anima ne fu stravolta alleggerendo inizialmente il tutto

assottigliando le strutture non portanti e sostituendo cofani e porte con elementi in alluminio.

Proposta in tre versioni, Touring, Sport e Rennen, le prime due montavano il classico 6 cilindri

Boxer aumentato di cilindrata fino a 2687 centimetri cubici per 210 cavalli di potenza massima che,

con un peso di 980 kg le permetteva uno scatto 0-100 in 5,8 secondi per una velocità massima di

240 km/h. La RS 2.7 Touring aveva lo stesso allestimento interno della 911 S, con alcuni accessori

come tetto apribile e vetri elettrici optional, mentre la Sport era decisamente più spartana

internamente con sedili da corsa, vetri alleggeriti e paraurti in vetroresina. La Rennen o RSR infine,

altro non era che la versione pronto corsa, realizzata in una decina di esemplari, completamente in

allestimento da corsa, con sospensioni sportive, freni a disco ventilati e passaruota allargati per

contenere gli pneumatici da corsa che servivano a scaricare a terra la potenza accreditata di 308

cavalli del 6 cilindri Boxer portato al limite dei regolamenti a 2.8 litri di cilindrata. Dopo un po’ di

anni ove la gamma rimase senza grosse modifiche, il 1974 fu sinonimo di piccola grande

rivoluzione e il motivo di ciò fu il mercato statunitense, trainante nelle vendite della 911 e da

sempre più difficile nelle normative rispetto a quello europeo. La nuova gamma era composta da

tre versioni, la 911, la 911 S e la 911 Carrera, tutte e tre disponibili sia in versione coupè che

Targa. Esteticamente la vettura subì la prima vera evoluzione sin dai tempi della sua nascita a

causa dell’adozione dei nuovi paraurti ad assorbimento d’urto, molto più grandi dei precedenti che,

anche se in tinta con la vettura ne appesantirono la linea ma non riuscirono a snaturarla, grazie

anche ai nuovi fanali posteriori, uniti da lato a lato da una fascia trasparente che aiutò ad affilarne i

lineamenti. Tutte e tre erano dotate di un nuovo volante più imbottito e ad assorbimento di energia

ed erano equipaggiate sempre col 6 cilindri Boxer portato a 2.7 litri di cilindrata con potenze di 150

cavalli per la 911, 177 cavalli per la 911 S e 210 cavalli per la 911 Carrera seguendo il trend di

escalation di potenza. Fu aggiornata anche la RS con la nuova configurazione estetica visto che

furono costruiti 109 esemplari equamente distribuiti tra “stradali” e “rennen” con 230 cavalli per la

prima e 310 cavalli per la RSR. Il 1975 vide il ritorno di una vecchia conoscenza e di una novità

assoluta, ma andiamo per ordine; la vecchia conoscenza rispose al nome di 912 per la quale fu

necessaria la reintroduzione anche se solo nel mercato statunitense, visto l’aumento delle potenze

delle sorelle maggiori. Il suo nome completo in realtà era 912 E in quanto Einspritztung, ossia

alimentata ad iniezione e con un 4 cilindri Boxer da 2 litri che erogava 86 cavalli. Sempre

disponibile come coupè e Targa, queste ultime, sia 911 Targa che 912 Targa subirono un piccolo

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aggiornamento con il rollbar che ottenne una colorazione nera in luce della precedente color

alluminio. La novità assoluta invece rispondeva al nome di 930, la quale nonostante fosse sempre

una 911, ne fu stravolto a tal punto il progetto di base che in fabbrica fu modificato il numero

progettuale. Nata in seguito all’entusiasmante esperimento che Porsche fece nelle competizioni

con la 911 RSR Carrera Turbo da 2.1 litri, venne deciso di trasferire anche nella produzione di

serie quel generatore di emozioni chiamato Turbo. In un’epoca in cui la parola “downsizing”, ossia

riduzione di cubatura che oggi tanto va di moda, era considerata quasi offensiva, il motore scelto

per essere sovralimentato era un

2994 centimetri cubici, sempre a 6

cilindri Boxer, realizzati in Nikasil

con basamento in alluminio che,

mosso da un cambio a quattro

velocità, sprigionava la bellezza di

260 cavalli e le permetteva uno 0-

100 km/h in 6,5 secondi e una

velocità massima di 251 km/h.

Mentre internamente la vettura era

pressoché uguale alla 911 Carrera,

esternamente il tutto venne

adeguato alle rinnovate prestazioni,

spoiler anteriore e posteriore (con

funzione di convogliamento aria

all’aspirazione) maggiorati che la

rendevano facilmente riconoscibile, passaruota allargati atti ad ospitare nuovi pneumatici dalla

maggior impronta a terra, barre stabilizzatrici maggiorate, ammortizzatori a gas e freni della 911

Carrera top di gamma. Prodotta solo in versione coupè, in 2819 esemplari totali, si fece conoscere

come un’auto estremamente difficile soprattutto a causa di un evidente turbolag, ossia il ritardo di

risposta del turbo in accelerazione, il quale una volta entrato in coppia dava un impressionante e

difficilmente gestibile “colpo” di potenza. Il tutto condito da un impianto frenante non all’altezza di

tali prestazioni, la rese un’auto per pochi, ma per quei pochi una vettura esaltante ed

indimenticabile. Veniamo ora al 1976, anno in cui uscì definitivamente di scena la 912 E, sostituita

dalla nuova 924 a motore anteriore, mentre nella gamma 911 l’unica a venir aggiornata fu la

Carrera nella quale il motore 2.7 fu

sostituito da uno nuovo da 3 litri,

direttamente derivato dalla 930

Turbo anche se non sovralimentato.

Accreditato di una potenza massima

pari 200 cavalli, poteva esser mosso

da un cambio manuale con 4 o 5

rapporti o dal cambio automatico

Sportomatic a 3 rapporti che le

garantivano, nella versione più

sportiva a 5 rapporti, prestazioni di

accelerazione nello 0-100 km/h in

6,1 secondi per una velocità

massima di 236 km/h. Nel 1977

Porsche avviò una rivoluzione in

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ottica della riduzione nella gamma 911, in quanto oltre alla sopra citata 924, fu introdotta pure la

928 che nelle intenzioni future della Casa Madre doveva essere il modello che avrebbe

gradualmente sostituito la 911. Con queste intenzioni le 3 versioni ad aspirazione naturale furono

sostituite da un'unica versione chiamata 911 SC, ossia SuperCarrera. Da sottolineare che ad oggi,

questa rivoluzione rende la 911 Carrera 3.0, prodotta nel solo 1976 estremamente rara e ricercata.

Sempre prodotta sia in versione coupè che Targa, la SC aveva ancora il motore da 2994 centimetri

cubici erogante 180 cavalli, una potenza intermedia ma ottima per una vettura globale che le

permetteva una velocità massima di 223 km/h con uno 0-100 in 6,3 secondi. La gamma si

compose delle sole SC e Turbo fino al 1984 anche se di anno in anno vennero entrambe

rinnovate; cominciò la Turbo nel 1978 che venne modificata nelle aree dove la 3 litri risultò debole.

Il motore innanzitutto fu portato a 3.3 litri di cilindrata, come se il precedente 3.0 non fosse

abbastanza, per una potenza di 300 cavalli

e tutto l’insieme fu potenziato in funzione

delle migliorate prestazioni iniziando dai

freni, vero tallone d’Achille della prima

Turbo, che vennero sostituiti da un

impianto derivato dallo Sport-Prototipo 917

con giganteschi freni a disco ventilati,

proseguendo con lo spoiler posteriore che

fu ingrandito per ospitare il nuovo

intercooler aria-aria per aumentare le

prestazioni del rinnovato 6 cilindri. La nota

negativa fu che il peso aumentò in

proporzione all’aumento delle nuove

componenti, ossia 155 chili in più rispetto

alla 3.0; tuttavia la messa a punto del

motore e del cambio (sempre a 4 marce) fu così efficace da regalarle una velocità massima di 258

km/h per uno 0-100 in 5,2 secondi. Per quanto riguarda la SuperCarrera un primo aggiornamento

al motore avvenne nel 1980 dove la potenza venne aumentata a 188 cavalli, ed un secondo

nell’anno successivo, il 1981, dove la rinnovata potenza arrivò a 204 cavalli, mentre bisogna

arrivare al 1983 per vedere finalmente la gamma 911 perdere completamente la testa. Immutata a

livello meccanico la 911 SC cabriolet era dotata di un tetto in tela con struttura in metallo, apribile

solo in modo manuale e dotata di un

lunotto asportabile grazie ad una

cerniera. Tuttavia la SC cabriolet durò

ben poco perché nel 1984 venne

rivoluzionata nuovamente la gamma con

l’introduzione della Carrera 3200. La

nuova Carrera 3.2 sostituì in toto la serie

SC presentandosi da subito nelle tre

versioni coupè, Targa e cabriolet ed

esteticamente quasi invariate non fosse

per i fendinebbia anteriori integrati nello

spoiler, ma dotate di un nuovo motore

da 3164 centimetri cubici erogante 231

cavalli e alimentato da una nuova

iniezione elettronica in luce della

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precedente meccanica. Da sottolineare la possibilità di avere come optional, il pacchetto Turbo-

look dotato di freni, parafanghi, cerchi e pneumatici identici alla Turbo 3.3. La Carrera 3.2 e la

Turbo 3.3 sarebbe stata la gamma che avrebbe rappresentato la 911 fino al 1989 con poche

significative novità, se non l’introduzione delle versioni Targa e cabriolet anche per la Turbo 3.3 nel

1986 e la novità in luce del vecchio “915”, del nuovo cambio “G50” nel 1987, dotato di innesti più

precisi e di un’escursione più corta, che

migliorò sensibilmente il piacere di guida.

Nell’ultimo anno di produzione fu prodotto

un modello celebrativo chiamato

Speedster. Quest’ultima, meccanicamente

identica alla Carrera 3.2 fu omaggio alla

gloriosa 356 Speedster non solo nel nome

ma pure nelle linee, con un parabrezza

accorciato ed inclinato che si raccordava

aerodinamicamente con un guscio in

materiale plastico posto dietro i

poggiatesta che sovrastava la capottina in

tela. Il 1989 fu l’anno in cui venne

introdotto il cambio G50 a 5 rapporti anche

sulla Turbo, rendendolo così il primo e anche l’ultimo anno in cui venne commercializzata in questa

configurazione. Nel 1990 come accennato, uscì completamente di scena tutta la gamma

disponibile fino all’anno precedente, Turbo 3.3 compresa, perché già nel 1989 era stata introdotta

la nuova 911, rinnovata a tal punto da avere un nuovo numero progettuale interno alla Porsche,

ossia 964, numero che poi l’avrebbe distinta tra le altre 911. Ancora riconoscibile nei suoi tratti

distintivi sia all’interno, con la plancia razionale e il cruscotto a cinque elementi circolari, sia

all’esterno dove risultava molto simile alla precedente; presentava tuttavia nuovi paraurti

avvolgenti, una fanaleria posteriore a fascia unica da lato a lato, uno spoiler posteriore ad

attuazione elettronica che fuoriusciva oltre gli 80 km/h e rientrava sotto i 15 km/h e dei nuovi cerchi

in lega a 7 razze molto più adatti a quell’epoca. Sparirono le barre di torsione, vecchio elemento

elastico, che vennero sostituite da nuove molle elicoidali in un telaio che venne completamente

riprogettato anche per ospitare l’albero di trasmissione visto che la prima versione della 964 si

chiamava 911 Carrera 4, dove 4 stava ad indicare la trazione integrale al debutto assoluto nella

911. Il motore, rinnovato anch’esso pur mantenendo la filosofia del 6 cilindri Boxer, venne portato a

3.6 litri di cubatura con un sistema di

doppia accensione, ossia due candele

per cilindro che offriva 250 cavalli ed

era mosso sempre da un cambio a 5

velocità. L’anno successivo venne

completata la gamma della 964

introducendo innanzitutto la Carrera 2,

ossia la versione a trazione posteriore

spinta dallo stesso motore

precedentemente descritto, che poteva

esser mossa o dal manuale a 5 rapporti

o, a differenza della 4 ruote motrici che

non poteva adottarlo, anche del cambio

Tiptronic automatico-sequenziale a 4

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rapporti. Con l’introduzione della Carrera 2 si reintrodussero anche le versioni cabriolet e Targa per

entrambe le versioni. Tornò pure la Turbo che

esteticamente riprendeva gli stilemi classici della

sovralimentata seppur integrati con il nuovo design,

come spoiler anteriore e posteriore maggiorati,

quest’ultimo integrante l’intercooler, passaruota

anch’essi allargati per ospitare nuovi cerchi da 17

pollici a 5 razze con impronta a terra maggiorata e

specchietti di forma ovalizzata per favorire

l’aerodinamica. Incastonato nel nuovo telaio trovava

posto il vecchio 3.3, seppur aggiornato ed erogante

320 cavalli tutti sugli pneumatici posteriori grazie ad

un cambio a 5 rapporti. Il 1992 fu un anno all’insegna

della potenza, innanzitutto con l’introduzione della

911 Turbo S, che sarebbe stata prodotta in 86

esemplari, dotata sempre del motore da 3.3 litri

portato per l’occasione a 381 cavalli, che potevano

scaricarsi più agevolmente grazie ai 180 kg in meno

rispetto alla normale Turbo dovuti all’eliminazione del superfluo all’interno, a nuovi cerchi

componibili da 18 pollici e riconoscibile a colpo d’occhio per la presa d’aria posta sui parafanghi

posteriori atta a migliorare il raffreddamento dei freni. La seconda “potente” novità targata 1992

rispondeva al nome di RennSport, difatti venne presentata la Porsche 911 Carrera RS 3.6, modello

che derivava dalla Carrera 2 ma affinata in ogni sua componente, a partire dal motore, l’aspirato

3.6 che guadagnava 10 cavalli arrivando a quota 260, proseguendo per l’assetto, irrigidito ed

abbassato di 40 mm e finendo con i freni,

adottando all’anteriore l’impianto della 911

Turbo e al posteriore quello della Carrera

Cup che imperversava sulle piste di tutto il

mondo. Disponibile in 3 versioni, “Base”,

“Touring” e “Sport” in modo da offrire ad

ognuno la RS che preferiva e riconoscibili

dalla scritta RS al posteriore e dagli

specchietti a goccia come sulla Turbo, la

prima era spoglia di tutto il superfluo e priva di ogni optional, la seconda aveva un allestimento

classico molto simile alla Carrera 2 che puntava al comfort e la terza era la versione “pronto

corsa”, spoglia anch’essa del superfluo, con in più rollbar e sedili da corsa. Nel 1993 vennero

reintrodotte delle tipologie di carrozzeria già viste in passato come le versioni Turbo-look per

Carrera 2 e 4, dove le versioni più piccole potevano calzare parafanghi allargati uguali alla

sovralimentata e gomme con maggior impronta a terra, o come la 964 Speedster con parabrezza

accorciato e inclinato con una cover aerodinamica posta dietro i sedili anteriori. Venne poi

introdotta, per festeggiare l’allora 30° anniversario della 911 una versione speciale chiamata

Giubileo, basata sulla Carrera 4, con kit Turbo-look, ruote da 17 pollici e freni della Turbo, con

quest’ultima che dopo anni di onorata carriera, abbandonò l’ormai vetusto 3.3 litri per montare un

nuovo 3.6 litri sovralimentato direttamente derivato dall’unità montata sulle Carrera 2 e 4 e dotato

di 360 cavalli. 1994: anno di transizione nonché ultimo per la 964 che rimase in commercio solo

nelle versioni Carrera 2 cabriolet e Speedster, con la Turbo 3.6 nonché con la Carrera RS che

nell’ultimo anno di produzione guadagnò un nuovo motore da 3.8 litri di cilindrata da 300 cavalli di

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potenza massima. Il perché di tale taglio nella gamma 964 fu presto detto; le fu affiancata, per lo

meno nel primo anno, una nuova versione di 911, identificata dal numero progettuale 993. Derivata

direttamente dalla 964 si riconosceva immediatamente dalla cura a base di aerodinamica di cui fu

paziente il frontale, con i vecchi fanali orizzontali che lasciarono il posto a quelli nuovi, spioventi,

per i quali furono riprogettati e ridisegnati parafanghi, paraurti e cofano anteriori assieme a nuovi

specchietti retrovisori a goccia

e cerchi in lega a 5 razze di

nuovo disegno. Al posteriore

furono adottate nuove

sospensioni Multilink e il

motore rimase il precedente

3.6 litri portato però a 272

cavalli che poteva essere

mosso da un nuovo cambio

manuale a 6 rapporti o

dall’automatico-sequenziale

Tiptronic a 4 rapporti. Proposta

inizialmente nella sola versione Carrera 2 coupè e cabriolet in modo da dare ancora spazio alla

“vecchia” 964, nel 1995 conseguentemente alla definitiva uscita di scena del vecchio modello,

furono introdotti i modelli che mancavano a completare il tutto, a cominciare dalle “integrali”

Carrera 4 sempre in configurazione coupè e cabriolet, proseguendo con la Carrera RennSport,

sempre derivata dalla Carrera 2 anche se alleggerita il più possibile eliminando il superfluo

all’interno, con il cofano anteriore in lega leggera, spoiler anteriore e posteriore dedicati, cerchi

componibili, nonché un nuovo motore

da 3.8 litri di cilindrata, dotato di una

nuova tecnologia applicata ai condotti

di aspirazione che divennero a

lunghezza variabile, tecnologia definita

“Varioram”, fu determinante a

raggiungere la potenza di 300 cavalli

mossi da un nuovo cambio a 6 rapporti.

Il 1995 segnò il ritorno anche della

versione “turbata”; la 911 Turbo 993,

immediatamente riconoscibile nelle tradizionali forme “Turbo” con fianchi allargati, spoiler anteriore

e posteriore dedicato, con quest’ultimo comprendente l’intercooler, e il motore, il collaudato 3.6 litri

che guadagnava un altro turbo, divenendo bi-turbo e raggiungendo la ragguardevole potenza di

408 cavalli. Oramai in Porsche si erano convinti

che la potenza non era mai abbastanza quindi, in

edizione ultra-limitata da circa 55 esemplari

stradali, venne messa in produzione una

versione alleggerita e potenziata della Turbo,

chiamata GT2. Esteticamente sublime, con i

fianchi della Turbo ulteriormente allargati con dei

profili rivettati che aiutavano a calzare nuovi

cerchi componibili Speedline con gomme

dall’impronta a terra impressionante, un paraurti

anteriore con un profilo aerodinamico che aiutava

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a convogliare aria al posteriore, per finire

con l’enorme ala posteriore comprensiva di

due prese d’aria nei montanti atte a

raffreddare il 6 cilindri. Tale mole di lavoro

aerodinamico, unito al fatto che la vettura

subì un lavoro di alleggerimento in stile

Carrera RS, eliminando tutto il superfluo, e

che era equipaggiata anch’essa con il 3.6

litri bi-turbo erogante in questo caso 430

cavalli, le permetteva prestazioni

impressionanti con una velocità massima di

295 km/h e con uno 0-100 in 4,4 secondi.

Nel 1996 a livello meccanico le Carrera, sia 2 che 4, guadagnarono anch’esse il sistema Varioram

sopra descritto raggiungendo quota 285 cavalli mentre, a livello di versioni ritornò il grande

classico di casa 911 che per la 993 ancora mancava, la Targa; rinnovata e con un nuovo concetto

di tetto apribile, abbandonò il vecchio tettuccio asportabile per adottare un nuovo tetto in vetro che

poteva scorrere elettricamente giù verso il lunotto. Nello stesso anno Porsche rese disponibile,

inizialmente solo per la Carrera 4 e dal 1997 anche per la Carrera 2 la versione “S”, nome nuovo e

semplice per identificare la vecchia “Turbo-look”, difatti le versioni “S” potevano fregiarsi di

parafanghi e cerchi allargati come sulla Turbo. Questa fu la gamma che proseguì fino al 1998,

anno in cui fu affiancata alla 993 la nuova 996, che la soppiantò definitivamente l’anno successivo.

Finisce così l’epoca delle 911 di “interesse storico”, quelle che interessano a noi, e venne lanciata

l’epoca delle 911 mal digerite dai “puristi”, a partire proprio dalla 996 che introdusse i motori

raffreddati a liquido, fino ad arrivare alla 911 Model Year 2016, che ha definitivamente

abbandonato i motori aspirati per adottare in ogni sua versione (eccetto la GT3) dei propulsori

sovralimentati. Tuttavia, chiunque saprebbe riconoscere per strada una 911, anche chi di motori

non se ne intende, questo

perché oramai la sua linea è

diventata lo status symbol di

una vettura che rimanendo

fedele a se stessa ha saputo

rinnovarsi costantemente negli

anni fino ad essere ad oggi

una delle vetture più

tecnologiche ed avanzate sul

mercato nonostante sia nata

oltre 50 anni fa.

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LA PROVA

Sentir echeggiare nell’aria il nome 911 porta ad entrare in una sorta di buco spaziotemporale che

fa ripercorrere come un film nella testa oltre 50 anni di un’auto dalla poliedrica storia, che

nessun’altra al mondo può vantare. Quale auto può risultare l’ideale per situazioni così diverse

come brevi gite fuoriporta, lunghi viaggi, velocissime cavalcate sulle Autobahn tedesche oppure,

entrando nell’ambito competizioni, quale altra auto può vantare così tante vittorie assolute o di

categoria in gare così diverse tra loro come 24 Ore di Le Mans, Targa Florio, rally di Montecarlo e

pure la Dakar? Semplice, solo lei, la Porsche 911. L’auto iscritta all’Historic Car Club Sile e di

proprietà del nostro Socio Alfredo di cui parleremo è una vettura estremamente rara e dalla storia

a dir poco affascinante. L’appuntamento prefissato per fotografarla si è svolto in un grigio

pomeriggio primaverile e il pensiero che la pioggia fosse imminente e che avrebbe guastato il tutto

non lasciava certo tranquilli. Tuttavia è

bastato vedere l’auto una prima volta, li

ferma nel vialetto della casa di Alfredo

per capire che qualsiasi fosse stato il

tempo atmosferico, la giornata sarebbe

stata comunque splendida. L’auto in

questione è sì una 911 ma non una

qualsiasi; trattasi di una 930 Turbo 3.0,

una dei 2819 esemplari prodotti e chissà

quanti rimasti ai giorni nostri, vettura con

una fama che la precede. Splendida

nella sua colorazione Terra di Siena

metallizzato, si rivela una livrea ideale

per enfatizzare i muscoli che idealmente

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“anabolizzano” l’eleganza

classica della 911.

Fortunatamente il bello

doveva ancora venire, difatti

Alfredo confessa che anche

nei periodi in cui la usa

meno, cerca di metterla in

moto e muoverla almeno

ogni 15 giorni, e il caso volle

che erano più o meno 15

giorni che era ferma; a quel

punto l’invito ad andare a

fare un giro divenne una

formalità. L’emozione a quel

punto era forte; cosa

aspettarsi da una vettura

entrata a pieno diritto nell’Olimpo dell’automobile? Diciamo che già salendo a bordo si intuisce di

essere in un’auto di un’altra categoria; la teutonica razionalità della plancia, unita alla profusione di

pelle color biscotto sia per la plancia stessa che per la selleria induce quasi a rilassarsi, in quanto

la comodità e gli spazi interni risultano eccellenti. Tuttavia il momento dedicato al relax dura poco,

almeno fino a quando l’occhio cade sull’elemento centrale dello splendido cruscotto, dedicato al

contagiri (con la zona rossa poco prima dei 7000 giri/min) e alla pressione del turbo. Posto per

l’appunto al centro contribuisce non solo a tenere costantemente sott’occhio sia con la vista che

con tutti gli altri sensi l’elemento primario della vettura, ossia quel 3.0 Turbo da 260 cavalli posto

fuoribordo o a sbalzo a dir si voglia, ma riesce a creare quella nostalgica atmosfera profumata di

competizioni di una volta dove

il contagiri era fondamentale

per riuscire ad usare in

maniera perfetta il piede

destro come bisturi per un

equilibrio totale tra prestazioni

ed affidabilità. Nostalgia di

una volta che aumenta

quando il poderoso 6 cilindri

Boxer viene messo in moto

creando una perfetta colonna

sonora, molto presente ma

per nulla eccessiva, per la

chiacchierata tra appassionati

che si sarebbe svolta di lì a

poco. Perché appassionato

Alfredo lo è davvero, e lo si capisce da come la guida, da come la tratta con il massimo rispetto,

considerato, per fare un esempio, che nei periodi in cui riposa nel box viene sempre sollevata quel

tanto da lasciare le sospensioni libere da inutile affaticamento ed evitare l’ovalizzazione degli

pneumatici. La passione emerge pure da come ne parla visto che abbiamo approfittato di questo

bel giro per scambiare due chiacchiere sulla storia di questo esemplare; storia che la rende un

esemplare più unico che raro. Difatti questa 930 Turbo fu acquistata nuova dallo stesso Alfredo

alla concessionaria Volkswagen-Porsche Negro Automobili di Treviso, e con ogni probabilità

questa fu una delle prime, se non la primissima 930 acquistata da un cliente italiano tanto che,

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poco prima di consegnare la

vettura, e in un periodo in cui

era già intestata al suo attuale

proprietario, la Casa della

Cavallina decise di esporla al

56° Salone dell’Auto di Torino

del 1976 nel proprio stand,

con un fascia pubblicitaria sul

parabrezza che Alfredo

ricorda tutt’oggi con il sorriso,

ossia: “a 2/3 della sua

potenza massima il consumo

si attesta sui 10 km/litro”; cifra

che poi non si sarebbe

rivelata corretta tanto che in

un’utilizzo misto i consumi si

aggirano sui 6 km/litro. Un altro aneddoto che Alfredo racconta, riguarda una clausola che esso

stesso fece mettere nella stipula del contratto, la quale sentenziava che, nel caso di rincari del

prezzo nel tempo che sarebbe intercorso tra stipula di contratto e consegna della vettura, solo il

primo rincaro sarebbe stato pagato; tutto ciò perché prima di questa Turbo, Alfredo ebbe il piacere

di essere proprietario di altre due 911, dapprima una E del 1969 e poi una S Carrera del 1974, ed

entrambe nel periodo intercorso tra stipula del contratto e consegna, subirono più di un incremento

del prezzo. Ebbene, al momento della consegna della protagonista di questo articolo, nel

novembre del 1976, i rincari del prezzo furono addirittura 3, ma forte dell’esperienza passata, ne fu

pagato solo uno. A questo punto immersi in un fiume di ricordi emerge un’altra “avventura passata”

da sorriso sulle labbra. Poco dopo l’arrivo della vettura, Alfredo, assieme ad un amico ed alla 930

Turbo furono protagonisti di un

viaggio in Romania, a

Timisoara, dove pernottarono

lasciando la vettura

parcheggiata in strada dinanzi

l’albergo. Complice la grande

eco mediatica di cui questa

vettura fu protagonista in quel

periodo, all’uscita dall’albergo

l’indomani mattina, un

capannello di persone aveva

circondato la vettura, tra le

quali addirittura un fotografo

che le stava facendo un

servizio fotografico. Preso da

un misto di orgoglio e di paura

che in qualche modo rovinassero l’automobile, Alfredo decise fosse meglio prendere la Porsche ed

andarsene prima di un qualsivoglia risvolto negativo. In tutto questo tempo la vettura ha percorso

80 mila chilometri ed è sempre stata conservata con estrema cura, testimoniata anche dal fatto

che recentemente è stata esaminata da una commissione dell’A.S.I. per il conseguimento della

Targa Oro, riconoscimento che non ha avuto alcun problema ad ottenere, con la ciliegina sulla

torta rappresentata dalle lodi dei commissari. Nel frattempo il giro continua e tra una foto e l’altra il

motore ormai si è scaldato; Alfredo così inizia ad aumentare “l’allegria” sul piede destro, sempre

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nel rispetto dei limiti, ed è in quel momento che una delle “leggende” sulla 930 prende vita come

d’incanto. Già fino a quel punto la sensazione che l’auto spingesse bene era tangibile,

probabilmente accentuata dal fatto di non essere abituati a grossi spunti, tuttavia questa già citata

“allegria” iniziò ad essere correlata da un palese fischio al posteriore e dallo schiacciamento della

schiena nell’ottimamente sagomato sedile anteriore. Il tanto famigerato turbolag finalmente si era

palesato e il parametro di spinta improvvisamente si era innalzato. Ciò che fa impressione è il

turbo che entra in funzione molto tardi, a

causa delle dimensioni della girante del

sovralimentatore stesso, che essendo di

grosse dimensioni, richiede molta spinta dai

gas di scarico per entrare a regime, spinta che

arriva in modo adeguato solo sopra ad un

certo regime di giri. Impressiona perché fa

raggiungere velocità da straccio di patente in

un lasso di tempo estremamente ridotto, il

tutto correlato da un sorriso che difficilmente

può raggiungere dimensioni più ampie. Certo

che, passata la botta d’adrenalina si inizia a

riflettere e si capisce come una vettura del genere richieda esperienza, soprattutto nella guida

affilata, perché se una “botta” di potenza del genere dovesse venir generata nel pieno di una

curva, gli equilibri sarebbero compromessi e “perderla” sarebbe un attimo. Purtroppo questo bel

giro adrenalinico ahinoi volge al termine e dopo un’ultima piacevole chiacchierata giunge l’ora di

salutarsi. L’ultimo sguardo ricorda quasi malinconicamente il primo, con la 911 lì ferma nel vialetto

della sua casa che sembra chiamare per un altro adrenalinico giro, quasi come fosse una

Dantesca sirena, perché quello che lascia una vettura così è la voglia di provarla e riprovarla

ancora, per conoscere ogni dettaglio di un’auto dalla fama così difficile e per riuscire un giorno a

darle del tu, come riesce a fare Alfredo.

EMANUELE ROMANO