Prezzolini Codice Della Vita Italiana

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Giuseppe

Prezzolini

CODICE della vita italiana1917

Giuseppe Prezzolini Codice della vita italiana

Prima edizione: Rivista di Milano, 1917. Questa edizione: Quaderni della Voce, serie III, n. 45, Firenze 1921.

Quando n la guerra, avevo fatto altre conoscenze. Ero stato negli uci militari imboscato. Ero tornato in una zona di guerra dopo Caporetto. Avevo istruito truppe nelle retrovie. Avevo acquistato una maggior esperienza. Il frutto era stato Il codice della vita italiana. Mi dicon che se noccuparon una volta in seduta dei ministri i capi del fascismo, indecisi se farmi bastonare, o lasciar andare, senza permettere una seconda edizione. Non ce ne fu bisogno. Pochi lo comprarono. Giuseppe Prezzolini, Litaliano inutile, 1954

Capitolo I. Dei furbi e dei fessi 1. I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi. 2. Non c una denizione di fesso. Per: se uno paga il biglietto intero in ferrovia, non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istruzione ecc.; non massone o gesuita; dichiara allagente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi un fesso. 3. I furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta. 4. Non bisogna confondere il furbo con lintelligente. Lintelligente spesso un fesso anche lui. 5. Il furbo sempre in un posto che si meritato non per le sue capacit, ma per la sua abilit a ngere di averle. 6. Colui che sa un fesso. Colui che riesce senza sapere un furbo. 7. Segni distintivi del furbo: pelliccia, automobile, teatro, restaurant, donne.

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8. I fessi hanno dei principi. I furbi soltanto dei ni. 9. Dovere: quella parola che si trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro. 10. LItalia va avanti perch ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la gura di mandare avanti lItalia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono. 11. Il fesso, in generale, stupido. Se non fosse stupido avrebbe cacciato via i furbi da parecchio tempo. 12. Il fesso, in generale, incolto per stupidaggine. Se non fosse stupido, capirebbe il valore della cultura per cacciare i furbi. 13. Ci sono fessi intelligenti e colti, che vorrebbero mandar via i furbi. Ma non possono: 1) perch sono fessi; 2) perch gli altri fessi sono stupidi e incolti, e non li capiscono. 14. Per andare avanti ci sono due sistemi. Uno buono, ma laltro migliore. Il primo leccare i furbi. Ma riesce meglio il secondo che consiste nel far loro paura: 1) perch non c furbo che non abbia qualche marachella da nascondere; 2) perch non c furbo che non preferisca il quieto vivere alla lotta, e la associazione con altri briganti alla guerra contro questi. 15. Il fesso si interessa al problema della produzione della ricchezza. Il furbo soprattutto a quello della distribuzione.

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16. LItaliano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino allammirazione di chi se ne serve a suo danno. Il furbo in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che litaliano in generale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, lesempio e la dottrina corrente che non si trova nei libri insegnano i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che lha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per unaltra occasione. La didenza degli umili che si riscontra in quasi tutta lItalia, appunto leetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei pi si andata corazzando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non suciente, per, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli. Capitolo II. Della Giustizia 17. In Italia non esiste giustizia distributiva. Ne tiene le veci lingiustizia distribuita. Per cinque anni il Sindaco (oppure il Deputato, il Prefetto, il Ministro) del Partito Rosso perseguita gli uomini del partito nero e distribuisce cariche o stipendi agli uomini del partito rosso. La situazione sarebbe intollerabile se dopo cinque anni, essendo salito al potere il Sindaco (c.s.) del Partito Nero, questi facesse le cose giustamente. chiaro che lascerebbe almeno una met dellingiustizia antecedente. Perci il Sindaco (c.s.) del partito nero fa tutto il rovescio dellaltro; distribuisce cariche e stipendi agli uomini del partito nero e perseguita gli uomini del partito rosso. Cos lingiustizia rotativa tiene luogo della giustizia permanente. 3

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18. Non vero, in modo assoluto, che in Italia, non esista giustizia. invece vero che non bisogna chiederla al giudice, bens al deputato, al Ministro, al giornalista, allavvocato inuente ecc. La cosa si pu trovare: lindirizzo sbagliato. 19. In Italia non si pu ottenere nulla per le vie legali, nemmeno le cose legali. Anche queste si hanno per via illecita: favore, raccomandazione, pressione, ricatto ecc. Capitolo III. Del Governo e della Monarchia 20. LItalia non , democratica n aristocratica. anarchica. 21. Tutto il male dellItalia viene dallanarchia. Ma anche tutto il bene. 22. In Italia contro larbitrio che viene dallalto non si trovato altro rimedio che la disobbedienza che viene dal basso. 23. In Italia il Governo non comanda. In generale in Italia nessuno comanda, ma tutti si impongono. 24. Per le cose grosse non si cade mai, per quelle piccine spesso. Ci corrisponde al carattere italiano che subisce le grosse ingiustizie, ma intollerantissimo per le piccole. 25. LItaliano non dice mai bene di quello che fa il Governo, anche se fatto bene; per non c italiano il quale non

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aderebbe qualunque cosa al governo e non si lagni perch il Governo non pensa a tutto. 26. I ministri non sono scelti perch persone competenti nellagricoltura, nei lavori pubblici, nelle nanze, nelle poste e telegra, bensperch piemontesi, liguri, lombardi, toscani, siciliani, abruzzesi, o perch appartenenti al gruppo a, b, c. Si ministri non per quel che si fatto, ma per il dialetto che si capisce, per il gergo parlamentare che si parla. Questo deriva in gran parte dal concetto della ingiustizia distribuita (cap. II). 27. Il valore degli incarichi non corrisponde sempre alla realt. Molto spesso il piantone conta pi del colonnello, lusciere ne sa pi del ministro, il segretario pu quello che il cardinale non osa, e cos via. Nelle piazze e nei salotti la conoscenza di questo annuario segreto delle potenze, forma uno dei punti indispensabili per poter fare carriera. Rivolgersi al principale senza passare per la succursale, uno dei pi comuni errori di tutti i novizi della vita italiana. 28. Lautorit del grado non conta. Litaliano non si inchina davanti al berretto. Nulla lo indispone pi delluniforme. Ma obbedisce al prestigio personale ed alla capacit di interessare sentimentalmente o materialmente la folla. 29. Luomo politico in Italia uomo avvocato. Il dire niente in molte parole stata sempre la prima qualit degli uomini politici; che se hanno sommato il dire niente al parlare orito, hanno raggiunto la perfezione.

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30. La Monarchia resiste in quanto non esiste. I repubblicani non esistono in quanto non esiste loggetto della loro lotta. Non si pu combattere un Re che non meno noioso di un presidente di repubblica, poich non crea nemmeno la dicolt di farsi eleggere. 31. Il Re ha rinunciato ai diritti che esercitava, e non esercita pi quelli che gli son rimasti. 32. La piazza il vero Governo italiano, che decide la guerra o fa cessare lo sciopero dei tranvieri. Da parecchi anni impiegati, produttori. operai, e ormai anche militari, sanno che non si ottiene nulla dal governo, se non si scende in piazza. Forse per questo che siamo i discendenti dei Romani, che decidevano le questioni politiche nel Foro. Capitolo IV. Della geografia politica 33. LItalia si divide in due parti: una europea che arriva allincirca a Roma, e una africana o balcanica, che va da Roma in gi. LItalia africana o balcanica la colonia dellItalia Europea. Capitolo V. Della famiglia 34. In Italia luomo sempre poligamo. La donna poliandra (quando pu). 35. La famiglia la propriet del capo di famiglia. La moglie un oggetto di propriet. Se abbandona si pu ucci-

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dere. Viceversa non ammesso che possa uccidere, se la si abbandona. 36. La moglie ha la sua posizione sociale segnata fra la serva e lamante. Un po pi in su della serva e un po pi gi dellamante. Fa le giornate da serva e le notti da amante. 37. I gli sono propriet del padre. Devono fare onore, non a se stessi, ma al padre. Capitolo VI. Delle leggi 38. In Italia nove decimi delle relazioni sociali e politiche non sono regolate da leggi, contratti o parole date. Si fondano sopra accomodamenti pratici ai quali si arriva mediante qualche discorso vago, una strizzatina docchio e il tacito lasciar fare no a un certo punto. Questo genere di relazioni si chiama compromesso. Non ci sono mai situazioni nette tra marito e moglie, tra compratore e venditore, tra governo e opposizione, tra ladri e pubblica sicurezza, tra Quirinale e Vaticano. 39. Tutto ci che proibito per ragioni pubbliche si pu fare quando non osta un interesse privato. Nei vagoni dove proibito fumare tutti fumano nch uno non protesta. 40. In Italia nulla stabile fuorch il provvisorio. 41. La mancia la pi grande istituzione tacita dItalia, dove gli usi contano pi delle leggi, e le consuetudini pi dei regolamenti. Per far procedere una pratica come per ottenere un 7

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vagone. per avere notizia di una sentenza. come per far scaricare un piroscafo, occorre sempre la mancia. Il modo di darla variabile ed esige un noviziato non breve, una conoscenza della graduatoria sociale e dei sistemi in uso. Essa va dal volgare gruzzoletto posto nella mano dellautorit da commuovere, e dalla bottiglia fatta stappare in onore dellaare che si conclude, no alla bustarella, in uso negli uci di Roma ed ai contratti tariati degli agenti ferroviari del settentrione, o al vezzo di perle per la signora e la compartecipazione ad unemissione di azioni per il grosso aarista o giornalista. 42. La pena di morte non abolita in Italia. Essa colpisce, in generale, gli innocenti che si trovano a passare sotto la traiettoria dei moschetti della Regia Guardia o dei Reali Carabinieri, oppure nel cerchio delle bombe a mano lanciate da socialisti o da fascisti. Capitolo VII. Delle Ferrovie 43. In Italia si viaggia gratis in prima classe; con riduzione, in seconda. In terza si paga la taria intera, proporzionalmente pi alta di quella che pagherebbero le altre classi, se le altre la pagassero mai interamente. Capitolo VIII. Dellideale 44. C un ideale assai diuso in Italia: guadagnar molto faticando poco. Quando questo irrealizzabile, subentra un sottoideale: guadagnar poco faticando meno.

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45. La scuola fatta per avere il diploma. E il diploma? Il diploma fatto per avere il posto. E il posto? Il posto fatto per guadagnare. E guadagnare? fatto per mangiare. Non c che il mangiare che abbia ne a se stesso, sia cio un ideale. Salvo in coloro, in cui ha per ne il bere. Capitolo IX. Del guadagno 46. In generale in Italia nessuna professione suciente per vivere, da sola. Perci si vede linsegnante che fa anche il giornalista; limpiegato che fa il rappresentante di case commerciali; il ragioniere dello Stato che va a curare la sera aziende private; il giornalista che scrive commedie. Un solo impiego non basta a sbarcare il lunario. Con due ci si riesce. Con tre si vive bene. Bisogna essere furbi per averne quattro. Se fra questi ve n uno almeno da trascurare, la preferenza vien fatta a quello dello Stato, in base al principio che segue. Capitolo X. Della propriet collettiva 47. La roba di tutti (uci, mobili dei medesimi, vagoni, biblioteche, giardini, musei, tempo pagato per lavorare, ecc.) roba di nessuno. Capitolo XI. DellItalia e degli Italiani 48. LItalia il giardino del mondo. LItalia un paese naturalmente povero, senza carbone, con poco ferro, molto scoglio, per tre quarti malarico e troppo popoloso. Esso dipende e dipender sempre economicamente dagli stranieri. Lindipendenza dellItalia il mito pi infondato e dannoso che un italiano 9

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possa nutrire. C una sola consolazione: che nessun paese economicamente indipendente. 49. Litaliano un popolo che si fa guidare da imbecilli i quali hanno fama di essere machiavellici, riuscendo cos ad aggiungere al danno la bea, ossia linsuccesso alla disistima, per il loro paese. Da molti anni il programma degli uomini che fanno la politica estera sembra riassumersi in questo: mani vuote, ma sporche. 50. I veri italiani sono pochissimi. La maggior parte di coloro che si fanno passare per italiani, sono in realt piemontesi, toscani, veneti, siciliani, abruzzesi, calabresi, pugliesi e via dicendo. Appena fuori dItalia, litaliano torna ad essere quello che : piemontese, toscano, veneto ecc. Litaliano sar un prodotto dellItalia, mentre lItalia doveva essere un prodotto degli italiani. 51. Lammirazione degli stranieri per tutte quelle cose che ci urtano nella vita italiana (il lazzaronismo, lindisciplina, il sentimentalismo, la musica da serenate, la statueria ecc.), indica che in tutti questi difetti c qualche cosa di gradevole e di simpatico. Ma per chi va a fondo delle cose, vede che si tratta di una permanente insidia al carattere italiano, gi inclinato a ci che pi gradevole, ma meno pericoloso per gli stranieri. Essi vedono volentieri gli italiani prendere il mandolino in mano e far serenate alla luna, e li carezzano gettando un obolo, con la simpatia e il disprezzo che si ha per una cortigiana, o la sottintesa superiorit che si mostra verso un cagnolino.

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52. Se per ingegno si intende la facilit nelle cose facili, larte di esprimersi con abbondanza, la capacit di intendersi senza troppo precisare, la vernice di tutti i talenti esterni, il canto piacevole, la poesia sonora, larrivare dun colpo a comprendere le cose senza sforzarsi, dopo, di compiere un passo pi avanti per approfondirsi in ci che si imparato, litaliano un popolo intelligente. Se per ingegno si intende invece. . . 53. Il perfetto italiano giudica lingrandimento dellItalia dellallargamento chilometrico, la grandezza dei quadri dalla supercie della tela, la bellezza della poesia dalla sonorit delle rime e quella delle donne dalla quantit della ciccia. Il buo che molti di questi valori plastici sono entrati anche nella zucca degli stranieri, che ammirano il nostro parlar sonoro, le nostre donne carnose, i quadroni dal Rinascimento in poi, e qualche volta anche laumento dei chilometri quadrati. 54. La storia dItalia la storia di Spagna e di Francia, dAlemagna e dAustria, e in fondo, storia dEuropa. Lo sforzo degli storici per creare una storia dItalia dimostra come si possa spendere molto ingegno per una causa poco ingegnosa, come accade a quei capitani che si fanno valorosamente ammazzare per una causa infame. 55. LItaliano di tanto inferiore al giudizio che porta di se stesso di quanto superiore al giudizio che ne danno gli stranieri. Le sue qualit migliori sono le ignorate e i suoi difetti peggiori sono i pubblicati da tutta la fama.

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56. La famiglia lunico aggregato sociale solido in Italia. Il comune lunico organismo politico sentito in Italia. Tutto il resto sentimento generico di classi intellettuali, come la patria; o astrattismo burocratico, come la provincia; o mito vago, che nasconde spinte economiche molto ristrette ed egoistiche, come linternazionale. 57. Alcune massime e parole italiane hanno una origine dialettale e regionale, che signica che una qualit particolare duna data gente s andata allargando a tutta lItalia. Per esempio: tira a camp massima eminentemente romana; non ti compromettere precetto squisitamente toscano; fare fesso pratica particolarmente meridionale; per tutti gli italiani ormai le capiscono e i furbi le hanno adottate come regola di vita sociale. 58. Il tempo la cosa che pi abbonda in Italia, visto lo spreco che se ne fa. 59. Tutto in ritardo in Italia, quando si tratta di iniziare un lavoro. Tutto in anticipo quando si tratta di smetterlo. 60. Non vero che lItalia sia un paese disorganizzato. Bisogna intendersi: qui la forma di organizzazione la camorra. Il Partito come la religione, la vita comunale come la economica prendono inevitabilmente questo aspetto. Non manca disciplina ma la disciplina propria della camorra, lultra disciplina che va dal fas al nefas.

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61. Tutti i principali difetti degli italiani, e soprattutto i pi vergognosi: la mancanza di parola, il servilismo, lindividualismo esagerato, labitudine dei piccolo inganno e della corruzione, derivano dalla povert italiana, come la sporcizia di tanti loro paesi dalla mancanza di acqua. Quando in Italia correr pi denaro vero e pi acqua pulita, la redenzione dItalia sar in buona parte compiuta. Capitolo XII. Senza titolo riassuntivo indispensabile 62. LItalia una speranza storica che si va facendo realt.

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Lautore* Giuseppe Prezzolini (18821982), uno dei pi grandi scrittori italiani e animatori culturali del novecento, ha dato vita con Giovanni Papini al Leonardo nel 1903, in seguito ha fondato La Voce, rivista dellidealismo militante con simpatie nazionaliste. Con Lacerba di Papini e Soci stata la pi rivoluzionaria rivista del primo novecento italiano. Nato nel 1882 a Perugia, Prezzolini muore centenario in Svizzera, a Lugano. Nel settembre 1922 pubblica su La Rivoluzione Liberale di Piero Gobetti il celebre articolo Per una societ degli Apoti in cui teorizza lisolamento degli intellettuali (coloro che non bevono le bugie della politica). Dal 1923 al 1950 visse in America e insegn letteratura italiana presso la Columbia University. Approdatovi come segretario di un istituto culturale delle Nazioni Unite, lo scrittore aveva imparato a conoscere, apprezzare e osservare con occhio critico quel Paese. Pubblic tra il 37 e il 39 i primi due volumi di un Repertorio bibliograco della storia e della critica della letteratura italiana dal 1933 al 1942. Ritornato in Italia, con frequenti interventi giornalistici ha continuato a svolgere il suo ruolo di intellettuale indipendente, con un orientamento politico marcatamente di destra. Nella elegante prosa che in ogni articolo regala ai lettori, Prezzolini aronta i pregiudizi che gli italiani hanno nei confronti degli americani, quindi le varie dicolt*

Tratto dal sito http://superuomo.blogspot.com/.

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di comunicazione tra i due popoli: cos gli pare utile parlare ai propri connazionali di vizi e virt di quel grande Paese, aprendo, attraverso la conoscenza, un utile e pi consapevole dialogo. Prezzolini in giovent riteneva lAmerica un paese sostanzialmente barbaro la cui produzione intellettuale rivelava uno stato danimo infantile, senza ssit, senza tradizione, con tutti i caratteri della goaggine smaniosa e della selvaggeria brutale dei periodi primitivi. Quando la conobbe si ricredette. Adesso nella democrazia americana ritrova quei caratteri positivi venuti ormai meno in Italia e di cui ormai era un assiduo fustigatore dei costumi. Proprio per questo motivo Prezzolini viene etichettato spesso come lantiitaliano da coloro che ne sarebbero invece a pieno titolo meritevoli. Prezzolini, da sempre intellettuale indipendente, svincolato da partiti politici, non sostenne mai il fascismo pur ammirando Mussolini; da sinistra veniva considerato fascista e da destra venne di fatto ignorato. Facendo un bilancio della sua vita nella sua celebre autobiograa Litaliano inutile (1954) Prezzolini faceva notare come in America avesse trovato la sua dimensione lontano da quellItalia che lo aveva respinto e valorizzato poco rispetto a quanto meritasse. Fu allora che maccorsi che cera stato fra i miei compatrioti e me una incompatibilit di carattere in tutta la mia esistenza. tutta colpa mia, evidentemente; cinquanta milioni di Italiani han sempre ragione se nasce fra loro qualcuno che non continua la loro tradizione, che non sadatta alla loro maniera di vivere. Avrei dovuto capirlo prima dal fatto che ho dovuto recarmi allestero. In cinquantanni di vita letteraria italiana

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nessun giornale italiano mi ha creduto capace desser un corrispondente in qualche paese di fuori, o in qualche regione di dentro; nessun editore si mai sognato che potessi scoprir per lui degli autori o dirigere una rivista; nessun ucio si aperto per me, e non parliamo delle universit. Avrei potuto fare, mi pare, per il mio paese quello che ho fatto per altri paesi. Ho conosciuto parecchi Italiani corrispondenti, editori, consoli, direttori di riviste e di giornali, inviati misteriosi o palesi di organizzazioni, rappresentanti di commercio: non ero meno intelligente, non meno onesto, non meno colto, non meno capace di lavoro e di fedelt di quelli che ho veduto. Ma, evidentemente, ero antipatico agli Italiani, o almeno a quella parte degli Italiani che contano di pi e che avrebbero potuto adoperarmi. C qualche cosa in me che non va aglItaliani. Alle volte mi meraviglio che non mi sia stata fatta la nomea di jettatore. Ma non ce mancato che quello. Non poso, ben inteso, a genio incompreso in patria: so di non esser un poeta, n uno scrittore, non un artista n un uomo politico; fui soltanto un uomo pratico, che avrebbe potuto esser utile in patria. Avrei desiderato desser utile al mio paese, ma non ci riescii mai. Che cosaltro volli con La Voce, nella Casa Italiana, come editore? [. . .] Sulla mia inadattabilit al clima italiano ci son due teorie: una dei miei amici, ed una mia. La teoria dei miei amici e che io ho un caratterino, come dice qualcuno benevolo, o un caratteraccio, come dice qualche altro meno ben disposto. Son stato giudicato bizzoso, bastian contrario, pignolo, freddo, protestante, diamatore, non conformista, ipocondriaco, e lultimo che me ne disse una mi assicur che un peccato volermi bene. Ci devesser del vero davanti a un suragio cos

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generale, ma come si spiega che ho passato cinque anni in un ambiente dicile come la Societ delle Nazioni, e venti anni in Columbia University, senza suscitar lavversione di cui godo in Italia? E che i soli che in America mi dettero dei fastidi furono i fuorusciti italiani o certi Italoamericani? Devo confessare che ho collaborato anche io con qualche pennellata a questo ritratto, una volta che mera stato creato, e con qualche successo, prendendo tutte loccasioni che mi si paravan davanti desser sgradevolmente sincero, anche quando non ce ne sarebbe stato di bisogno. Ho un incarto dove ho consegnato tutte le Letteracce che ho scritto in questi anni di morte, come se fossi nellaltro mondo, e quindi non avessi pi interessi terreni. Formerebbero un piccolo ma saporito volume di spazzolate, pettinate, graate dellalbagia, della retorica, della prepotenza, della vanit, della malafede di parecchi Italiani e di qualche Americano con i quali ho avuto a che fare. La mia popolarit non certo cresciuta: ma la soddisfazione fu grande. Un giornalista ed un diplomatico, che ne lessero una, me linvidiavano. Io son incerto. Lo stipendio e certe possibilit di potere, chessi avevano, e che io non ebbi, eran forse da preferire alle soddisfazioni di scriver una letteraccia. Son diventato didente degli ideali e degli eroismi: e lindipendenza un abito che costa caro. Diciamo dunque che ho il vizio dellindipendenza e, come alcuni che hanno dei vizi, son disposto a pagare quello che costa, perch non ne posso far a meno. Ma non voglio farmene un merito, e metterlo in mostra come una decorazione. La teoria mia sostiene che presso glItaliani scarso il senso sociale. Ognuno pensa ed agisce come se fosse solo al mondo. Il senso sociale dei pi arriva no alla famiglia ed fortissimo, ma tanto da non lasciar posto per altro. Questa mancanza di senso

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sociale dei pi si sente nelle piccole cose della vita come nelle grandi della politica. Per me diventato un esercizio dironia scoprirlo in parecchie piccole manifestazioni, dove forse sfugge ad altri. [. . .] Io, invece, sarei stato felice di poter lavorare in compagnia e di servire, ma con dignit. Sarebbe una grossa bestemmia dir che in Italia chi fa lavorare gli altri, in alto come in basso, adopera spesso maniere che non son conciliabili con il rispetto umano? E lo fa senza accorgersene, tanto gli par naturale e tradizionale? Quando trovai chi ne sapeva pi di me, e mi trattava con rispetto, non m parso vero di dedicarmi a chi chiedeva con autorit e con buona maniera. Trovai questo in Francia e in America. Ma da lontano provo unammirazione per lItalia e per i suoi geniali abitanti molto maggiore di quella che avrei se fossi abitatore. Quanto ingegno negli scrittori, quanta fantasia negli artisti, quanta abilit nei politicanti, quanta energia nel popolo che lavora, quanta capacit nel sorire, quanta vitalit nel procreare e nel riaversi dai colpi della fortuna! Cos vado dicendo a me stesso. I libri, le riviste che ricevo dallItalia mi presentano spesso delle pagine che leggo con avidit, le conversazioni che ho con qualcuno che si avventura a venir a cercarmi mi narrano vicende che mi colpiscono. Ho detto che non sono un genio incompreso, ma direi che son un innamorato respinto.

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Finito di stampare in proprio il 16 dicembre 2007.