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Provincia di Piacenza Settore sistema scolastico ed educativo. Istruzione e Università. Servizi alla Persona e alla Comunità. PROGETTO PEDAGOGICO E STRUMENTO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DEL COORDINAMENTO PEDAGOGICO PROVINCIALE DI PIACENZA Giugno 2012 1

PROGETTO PEDAGOGICO E STRUMENTO DI VALUTAZIONE … · valutazione della qualità. Scopi e finalità delle Linee Guida per la valutazione dei Servizi Educativi per la prima infanzia

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Provincia di PiacenzaSettore sistema scolastico ed educativo.

Istruzione e Università.Servizi alla Persona e alla Comunità.

PROGETTO PEDAGOGICO E

STRUMENTO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITA’

DEL COORDINAMENTO PEDAGOGICO PROVINCIALE DI

PIACENZA

Giugno 2012

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INDICE

PREMESSA• Significati del Sistema di valutazione nei servizi educativi• Presentazione del Progetto Pedagogico

IL PROGETTO PEDAGOGICO: VALORI E FINALITA’ DEI SERVIZI

• Parte prima: i valori e gli orientamenti che definiscono l’identità dei servizi educativi del territorio piacentino.

• Parte seconda: declinazione degli intenti educativi dei servizi alla luce dei valori dichiarati per corrispondere ai bisogni dei bambini e delle famiglie

• Parte terza: indice delle dimensioni e dei criteri di qualità del Progetto Pedagogico.

LO STRUMENTO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DEI SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA DEL TERRITORIO PIACENTINO

• Descrittori di valutazione.• Strumento di rilevazione del giudizio.• Report finali

ALLEGATI

• Organizzazione del lavoro del coordinatore pedagogico e del Coordinamento Pedagogico Provinciale

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PREMESSA

SIGNIFICATI DEL SISTEMA DI VALUTAZIONE NEI SERVIZI EDUCATIVI

L’assessore regionale Marzocchi nel 2010 ha dato mandato per l’elaborazione di una ipotesi di

Direttiva Regionale sull’Accreditamento dei servizi educativi per la prima infanzia istituendo un

gruppo tecnico di lavoro composto dai Tutor dei CPP provinciali.

Contestualmente ha costituito un secondo gruppo tecnico, composto da funzionari e rappresentanti

di enti gestori, con il compito di fornire indicazioni per rivedere la direttiva 646.

Ad entrambi i tavoli di lavoro ha espresso mandato di corrispondere a tre esigenze essenziali per il

futuro: mantenere la qualità, perseguire la sostenibilità, incentivare la semplificazione.

Entrambi i gruppi tecnici hanno concluso il loro lavoro e consegnato all’assessore regionale una

proposta di Linee Guida (sperimentali) per la valutazione dei servizi per l’infanzia, ed una proposta

di Revisione della Direttiva sui requisiti strutturali ed organizzativi.

Ora parte l’iter politico istituzionale, con il coinvolgimento delle diverse rappresentanze, che

dovrebbe condurre nell’arco di 2-3 mesi ad una revisione leggera della Legge regionale 1/00, alla

modifica della direttiva 646 ed alla Deliberazione di Giunta Regionale che da avvio alla

sperimentazione del Sistema di Valutazione della Qualità.

In sede locale si ritiene necessario informare le Amministrazioni e tutti gli Enti Gestori dei servizi

per la prima infanzia sul lavoro svolto fino ad ora, sulle caratteristiche del Progetto Pedagogico del

Coordinamento Pedagogico Provinciale di Piacenza e sul coinvolgimento dei servizi educativi che

dal prossimo settembre inizieranno una formazione ed una sperimentazione dello strumento di

valutazione della qualità.

Scopi e finalità delle Linee Guida per la valutazione dei Servizi Educativi per la prima

infanzia.

Il gruppo dei Tutor ha prodotto ( con la supervisione del Prof Gariboldi) nel corso di questi due anni

un documento che prevede, prima di diventare normativa, una fase di sperimentazione e di

coinvolgimento di un numero esteso di servizi implicati sia sul tema dell’autovalutazione che

dell’eterovalutazione, al fine di verificare se l’impianto proposto è sostenibile ed efficace. Solo in

seguito a questa verifica si elaborerà la direttiva sull’accreditamento.

Per elaborare questa ipotesi di Sistema di Valutazione della qualità ci si è fondati su alcuni punti

fermi:

• Si è partiti lavorando sui principi di qualità irrinunciabili che devono appartenere a

TUTTI i servizi per l’infanzia del territorio regionale.

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• Questi principi di qualità costituiscono il fulcro del Progetto Pedagogico declinato su un

indice di valori di riferimento, condiviso da tutti i soggetti coinvolti, e su una traduzione

operativa congruente e rispettosa dei valori dichiarati.

• Un sistema di valutazione che prende in esame non i valori, che appartengono ai principi

specifici di ogni ente gestore, ma la corrispondenza coerente tra quanto dichiarato e

quanto praticato.

Le caratteristiche specifiche di questa proposta di Sistema di Valutazione/Accreditamento sono:

• È stato il frutto del coinvolgimento e della riflessione di tutti i coordinatori pedagogici dei

vari CPP regionali;

• Intende coinvolgere e tenere insieme tutti i profili dei vari servizi dei diversi Enti Gestori,

• Ha caratteristiche prettamente Formative, tendenti ad aumentare la consapevolezza e la

qualità interna del servizio;

• Persegue la qualità negoziata poiché coinvolge in prima persona il gruppo di lavoro ed il

coordinatore pedagogico, e prevede anche il coinvolgimento dell’utenza;

• Non è escludente e non ha intenti classificatori, poiché consegna al CPP l’onere di

sostenere gli eventuali servizi che possano avere problemi per il mantenimento della qualità;

• È affidato al CPP il compito di mantenere i collegamenti con tutti i servizi, programmando

i tempi per gli eventuali allineamenti dei servizi che dovessero avere aree di miglioramento

della qualità ed ha inoltre il compito di predisporre il piano formativo conseguente;

• Non è troppo oneroso, poiché di norma la fase dell’autovalutazione è interamente

sostenuta con risorse interne ai servizi;

• Deve essere utile, non formale, ma utilizzabile per migliorare la professionalità degli

operatori.

L’obiettivo di fondo di questo processo è di consolidare e diffondere le idee di qualità ritenute

irrinunciabili per tutti i servizi del territorio regionale, elaborando un sistema di valutazione

che non ha una logica di controllo, ma di sviluppo ed innovazione riflessiva.

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PRESENTAZIONE DEL PROGETTO PEDAGOGICO

Il Coordinamento Pedagogico Provinciale di Piacenza, per elaborare le linee di fondo del Progetto

Pedagogico dei servizi per l’infanzia del territorio piacentino, concentra la propria riflessione su due

aspetti da chiarire per realizzare quel rinnovamento sociale e culturale che è indispensabile ai

servizi di oggi per rispecchiare le nuove realtà familiari.

Si è consapevoli che oggi occorre:

• Definire il nuovo ruolo sociale dei servizi oggi,

• Definire le nuove coordinate pedagogiche dei servizi.

La declinazione di questi aspetti di cambiamento fanno da sfondo all’analisi ed alla ricerca dei

fondamenti che definiscono il Progetto Pedagogico dei servizi piacentini, perciò nel corso degli

ultimi due anni tutto il personale è stato coinvolto in un processo formativo che ha consentito di

definire:

• Le caratteristiche dell’infanzia ed i bisogni evolutivi dei bambini oggi;

• Le caratteristiche delle famiglie e le domande che rivolgono ai servizi;

• Le caratteristiche della professionalità delle operatrici per sostenere la crescita dei bambini e

supportare le famiglie.

Dal confronto scaturito tra il CPP e gli operatori per l’infanzia dei servizi si è arrivati a maturare

alcune consapevolezze condivise, che portano sinteticamente a dichiarare le premesse del progetto

pedagogico del CPP di Piacenza.

Definizione del nuovo ruolo sociale dei servizi

• Contribuire a supportare e garantire l’accesso al lavoro delle donne, riformulando sia

l’approccio culturale che, per quanto possibile, gli assetti organizzativi dei servizi;

• Elaborare una forte identità ed idea di qualità dei servizi sugli aspetti ritenuti essenziali ed

irrinunciabili, governando la rincorsa alla domanda/e;

• Ritenersi servizi per l’intera comunità e non solo per gli utenti, documentando e diffondendo

le idee di costruzione sociale della cultura educativa.

Definizione delle nuove coordinate pedagogiche dei servizi

• La costruzione dell’Identità dei bambini, le funzioni genitoriali per sostenerla e le

competenze professionali degli educatrici;

• La costruzione del principio del Limite nei bambini, le funzioni genitoriali per svilupparlo e

le competenze professionali delle educatrici;

• Lo sviluppo delle Competenze dei bambini, le funzioni genitoriali per supportarle e le

competenze professionali delle educatrici.

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IL PROGETTO PEDAGOGICO: VALORI E FINALITA’ DEI SERVIZI

Parte Prima: i valori e gli orientamenti che definiscono l’identità pedagogica dei servizi per l’infanzia del territorio piacentino

Secondo il coordinamento pedagogico provinciale le finalità ed i principi valoriali che devono

guidare i servizi educativi della prima infanzia del territorio piacentino dovrebbero fondarsi su tre

principi guida: il bambino come persona, la famiglia come soggetto, la competenza

professionale degli operatori.

IL BAMBINO

Ogni bambino è al centro della progettualità educativa del Nido e la valorizzazione delle singole

individualità viene declinata secondo valori e finalità che tendono:

- ad accompagnare e dare a ciascuno l’opportunità di esprimere se stessi, per diventare

persone autonome, con proprie identità, senza omologazioni;

- a promuovere l’educazione al limite intesa come esperienza di tenerezza e contenimento che

l’adulto offre per indirizzare e sostenere;

- a garantire il rispetto per le espressioni del sé spirituale e materiale, affiancandolo nella

costruzione delle competenze cognitive, sociali ed emotive, con adeguate azioni di cura ed

educazione.

LA FAMIGLIA

La famiglia intesa come nucleo allargato di adulti che si occupa quotidianamente del bambino e che

entra come soggetto nel servizio, portando la propria specifica cultura educativa, a cui il servizio

deve garantire:

- una accoglienza delle singole esperienze e scelte educative su cui andare a concordare, in

modo paritario, le modalità di traduzione e di continuità nel nido;

- la ricerca di un confronto ed ascolto alla famiglia per poter esplicitare le scelte condivise in

azioni convergenti a seconda dei principi comuni adottati, che portino dalla collaborazione

alla coprogettazione, in uno sforzo costante di esplicitazione e documentazione.

LE EDUCATRICI / IL PERSONALE

La professionalità del personale che opera nei servizi rappresenta uno dei valori di fondo per

garantire qualità e cultura educativa, pertanto si promuove:

- la riflessione e la ricerca costante di consapevolezza professionale in quanto sono le basi per

dare significato, rendere esplicito e condividere con le famiglie (ed i bambini ) l’agire

quotidiano come traduzione delle teorie educative in pratiche congruenti;

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- la disponibilità alla costruzione di una cultura educativa come cultura di comunità educante

in cui i servizi collaborano alla diffusione di opportunità per tutti e di contrasto alla

solitudine delle famiglie.

Queste tre linee valoriali non sono elencate in ordine gerarchico di priorità, ma costituiscono la

trama su cui si fonda il progetto pedagogico del servizio.

La traduzione operativa, cioè le organizzazioni e le pratiche quotidiane, di queste linee valoriali

devono essere rivisitate e riformulate alla luce dei cambiamenti sociali e culturali degli ultimi tempi,

per poter Ri- Rappresentare i principi educativi dei servizi.

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Parte Seconda: declinazione delle intenti educativi dei servizi, alla luce dei valori dichiarati, per corrispondere ai bisogni dei bambini e delle famiglie

PER I BAMBINI

Si ritiene che i servizi educativi debbano fondare il Progetto Pedagogico andando a sostenere nelle

loro pratiche educative tre principi di fondo, in coerenza con i valori dichiarati: il sostegno

all’Identità, la costruzione del principio di Limite, il supporto alle Competenze.

Nei servizi affermiamo che uno dei principi educativi fondanti è il sostegno alla costruzione

dell’Identità dei bambini; come atto necessario per diventare persone autonome, consapevoli,

critiche, sicure di sé.

Ma l’idea di Identità è radicalmente cambiata.

In pedagogia L’Identità si snoda su due polarità: la Distinzione ed il Riconoscimento.

Se l’articolazione sociale dell’idea di Identità si sta trasformando, possiamo tuttavia ritenere che il

suo processo di costruzione si fonda ancora sull’alternanza tra la possibilità di distinguersi e quella

di essere visto \ confermato nella propria distinzione. L’impasto costitutivo dell’identità è dato dalla

danza tra la somiglianza e la differenza agli altri, tra l’avvicinamento e l’allontanamento tra me ed il

fuori di me.

La costruzione dell’identità è un processo di allontanamento dall’Altro per potersi riconoscere e per

conoscere l’altro, l’appartenenza è una faccia della medaglia, l’altra è la separazione e

l’opposizione. Ma oggi, epoca delle passioni tristi e dei legami deboli, le appartenenze sono fragili e

temporanee, così come le opposizioni. Quasi nessun legame impegna l’intero Io delle persone, che

preferiscono giocarsi nelle relazioni tra uguali in modo da avere conferme anziché dubbi.

Tuttavia l’Identità giocata sull’uguaglianza non ricerca né riconosce l’Altro, ma in questo modo non

consente nemmeno di costituirsi, di autodefinirsi.

Occorre pertanto domandarsi di quali supporti educativi abbiano bisogno oggi i bambini per

costruire Identità solide in un mondo che richiede flessibilità ai cambiamenti e sfugge al

riconoscimento dell’altro come valore.

Rispetto al passato i bambini, immersi precocemente in contesti sociali molto ricchi di relazioni

interpersonali, hanno maggiori opportunità di confronto ed incontro con l’alterità, ma

contemporaneamente hanno meno supporti e guide da parte degli adulti all’interpretazione del senso

di queste differenze, perciò se da un lato sono avvantaggiati perché hanno innumerevoli occasioni

di definirsi in relazione alle tante alterità che incontrano, dall’altro hanno meno sostegni negli adulti

che non sanno svelare il significato delle differenze per capirsi ed identificarsi. Adulti più inclini a

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confermarli e rassicurarli sulle somiglianze o sull’uguaglianza delle possibilità, piuttosto che artefici

del confronto, della sfida e del conflitto per comprendere se stesso in relazione agli altri.

Il Limite è un principio organizzatore della mente che permette la costruzione dell’identità,

pertanto è uno degli elementi essenziali all’educazione dei bambini.

È una rappresentazione, un concetto simbolico che si struttura con le esperienze di separazione

fisica, infatti senza graduali e progressive prove di allontanamento e differenziazione non si può

fare esperienza e perciò comprendere di avere un corpo separato e diverso, che col tempo costruisce

una mente separata ed autonoma.

Il concetto di limite si definisce declinando due versanti: uno psichico, perciò personale; ed

uno sociale, perciò relazionale e comunitario. Significa che i due versanti debbono essere

elaborati e rappresentati entrambi perché il concetto di limite abbia il suo valore completo; è come

una medaglia a doppia faccia, da un lato l’esperienza personale e dall’altro l’appartenenza al

sociale.

Posandosi su due pilastri, uno interno e l’altro esterno, esso si alimenta della forza delle due

principali istituzioni che costituiscono la società umana: la famiglia e lo stato. Da un lato occorre

l’educazione al limite in termini pedagogici, dall’altro serve una comunità-stato che “costringa” i

confini dell’individualità per connetterla con le altre individualità, garantendo spazi e tutele a tutti.

Per avere cognizione dell’importanza del limite occorre pensarlo come indispensabile per la persona

e per il cittadino, come unità inscindibile, proprio per questo famiglia e società sono reciprocamente

implicate, e grazie a questa alleanza si può reggere la fatica del conflitto e della costrizione che sono

aspetti intrinseci al limite. Se manca uno dei due pilastri l’impalcatura vacilla, ed oggi con i genitori

affettivi e materni e lo stato squalificato e disconosciuto il concetto di limite è a rischio e le

conseguenze sono percepite come catastrofiche: manca senso di responsabilità, moralità, senso

civico e di appartenenza. Pur rendendoci conto dell’importanza di avere limiti e regole ci riesce

difficile trovare le risorse per riproporlo e valorizzarlo.

Abbiamo visto che questo organizzatore mentale si struttura grazie all’impegno ed alla

responsabilità genitoriale e sociale. Tuttavia sappiamo che oggi entrambe queste istituzioni sono in

crisi, ed in nome della realizzazione di sé, senza vincoli ed inciampi, si è perso il senso simbolico, il

significato profondo, sia psicologico che sociale, del limite.

Sul piano psicologico significa dare guida, conforto ed appoggio ai bambini che, in balia di ogni

desiderio ed impulso, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a mettere ordine e li sostenga nella

realizzazione di traguardi possibili, facendo salutari esperienze di autostima, grazie a regole e

costrizioni che ne facciano apprezzare il valore ed il merito della conquista..

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Il limite non è un vuoto, una sottrazione di opportunità, una perdita. Ha origine da una perdita,

l’illusione di essere una persona sola tra mamma e bambino, ma è l’inizio del percorso di

costruzione di sé come persona. Come tale è faticoso e doloroso ma ineludibile, perciò si diventa

persone proprio grazie ai limiti ed alle separazioni che si incontrano strada facendo.

Nei servizi educativi occorre lavorare per sostenere tutte le Competenze dei bambini.

Spesso tuttavia utilizziamo il termine Competenza senza aver chiaro cosa significhi ed andandola a

declinare per somiglianza ai termini di abilità, intelligenza, capacità ecc. Nel bambino spesso viene

confusa con furbizia, vivacità, socievolezza: tutti termini che possono dare un contributo

all’attribuzione di senso del concetto di competenza ma che non chiariscono completamente il suo

significato ed anzi a volte lo semplificano e banalizzano.

Le componenti essenziali della Competenza sono fondate sul doppio binario della

consapevolezza di sé e del riconoscimento del contesto di avere spiccate capacità. Essere

competenti significa sapere e saper fare molto bene una cosa, essere coscienti di questa competenza,

ed avere riconosciuto dagli altri questa competenza.

Esiste una combinazione virtuosa tra aumento delle competenze, integrazione sociale e

realizzazione personale.

Oggi avere chiaro questo aspetto, in particolare in educazione, è importantissimo, perché l’aumento

esponenziale delle fonti di informazioni e l’accesso alle conoscenze attraverso una moltitudine di

scambi e relazioni, può far credere che si traduca per l’individuo in aumento automatico delle

competenze.

La conoscenza ha sempre origine dall’incrocio tra la capacità del soggetto di cogliere stimoli

ambientali e relazionali e la ricchezza e produttività del contesto che lo circonda; per intendersi

serve un soggetto attivo e curioso e serve un contesto ricco e stimolante, all’incrocio dei quali si

genera il circuito virtuoso della conoscenza; ma questo è solo la base su cui si incardina

l’acquisizione della competenza. La competenza richiede identità consapevoli delle proprie

conoscenze: esercitate, messe alla prova, rielaborate ed approfondite ed infine porte all’esterno, agli

altri soggetti che vengono chiamati a condividere queste conoscenze, a valutarle ed a convalidarle,

rimandando all’individuo la consapevolezza che è competente non solo perché lo crede ma perché il

contesto sociale glielo conferma. La competenza è sempre patrimonio individuale e sociale insieme,

ed è per questo che “ la competenza non lascia mai soli ”.

Troppo spesso parliamo di bambini competenti, senza cogliere completamente il significato di

questo concetto, insieme vero e non vero. La competenza del bambino, ed in particolare del

bambino piccolo, si evidenzia quando molto presto diventa consapevole che le sue interazioni

producono esiti e reazioni negli altri e nel mondo, e ripete queste conoscenze fino ad averne il

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controllo mettendo in relazione cause con effetti, perciò utilizzandole intenzionalmente ed

attendendo la conferma dagli adulti e dal contesto.

La sua competenza non è innata, ma intrinseca alle capacità umane di stare in relazione, perciò non

è compiuta, magicamente presente fin dal primo istante, ma al contrario costruita dalla sua volontà

di mettersi in gioco e dalla capacità /possibilità degli altri di stare al gioco.

Un aspetto che oggi non viene sufficientemente sottolineato è che il bambino, e l’essere umano in

genere, costruisce la sua competenza dalle esperienze che vive. Ogni pensiero prodotto dalla mente

ha origine dai sensi che, cogliendo gli stimoli ambientali, trasformano in esperienza prima ed in

conoscenza dopo ciò che viene colto dal corpo come interessante e perciò utile per orientarsi nel

mondo. Ciò che siamo dipende da ciò che sappiamo e quello che sappiamo dipende dall’esperienza

che abbiamo avuto, dagli stimoli che abbiamo ricevuto e rielaborato fino a farli diventare

informazioni e pensieri. Il sapere ha origine dal corpo perciò pensare di stimolare i bambini

solamente attraverso le parole e le immagini non consente loro di strutturare conoscenza, e

nemmeno competenza. La prima fonte del sapere è nell’esperienza fatta con i sensi che, ripetuta nel

tempo, assimilata e rielaborata, diventa tramite per relazionarsi col mondo e con gli altri.

PER I GENITORI

Un aspetto che viene ripreso perché ha bisogno di essere maggiormente chiarito è il principio

valoriale della CONDIVISIONE con le famiglie.

Il Progetto Pedagogico deve essere condiviso con i genitori e con l’intera comunità, chiarendo che il

termine condivisione non può essere confuso con informazione o discussione.

Una prima riflessione per provare a rispondere alle domande si declina sull’opportunità di

ESPLICITARE alle famiglie i principi di fondo, le teorie e le pratiche che si realizzano nel

quotidiano del nido. Un primo livello di condivisione consiste nel mettere in condizione i

genitori di capire, tradurre, esemplificare e ribadire ciò che è IMPLICITO nel sapere degli

operatori.

La tipologia delle nuove famiglie e l’espressione della responsabilità genitoriale, come abbiamo

visto durante la formazione, si esprime in modo molto differente dal passato, spesso si è privi di

modelli di riferimento, i vecchi saperi sono ritenuti superati, si sa poco del bambino e delle sue

necessità educative, si danno molti stimoli materiali ma vi è scarsa consapevolezza su valori

essenziali quali in contenimento, il limite, ecc. Perciò risulta fondamentale per avviare la

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collaborazione con le famiglie partire dal principio, non dare per scontato che educatori e genitori

condividano in modo uniforme il lessico ed il significato di parole e gesti fondanti per educare.

Durante la formazione abbiamo visto come spesso l’idea di educare senza sforzo e fatica privi i

genitori della giusta prospettiva, come se il semplice dichiarare ciò che il bambino dovrebbe fare

possa ritenersi sufficiente. Come se dire e fare fossero collegati spontaneamente ed istantaneamente,

quando invece necessitano di una lenta e costante manutenzione dei gesti quotidiani per potersi

realizzare. Spesso anche il personale pensa che spiegare ai genitori significhi cambiare, ma anche se

comprendono e vogliono sinceramente collaborare, la strada che collega le intenzioni con le azioni

è spesso disseminata di frane. Testimoniare ogni giorno la relazione tra gli intenti e le azioni di chi

educa è concreta possibilità di condividere il significato della fatica di educare, ma questa

testimonianza deve sempre essere affiancata ed anticipata da uno sforzo di spiegazione ed

esplicitazione dei propri intenti pedagogici.

Un altro elemento costitutivo della condivisione è la TRADUZIONE dell’Essere ( le scelte) con il

Fare (le azioni). Una reale possibilità di collaborazione, condivisione e responsabilità si

concretizza quando si mette in condizione i genitori di diventare artefici dell’educazione

quotidiana del proprio bambino, dando modo e spazio di avere un ruolo attivo.

Si può pensare lo scambio-confronto quotidiano fra famiglia e nido sul processo di crescita del

bambino come un esempio di: “Facciamo insieme, pensiamo insieme a possibili strategie per aiutare

il bambino a costruire la propria identità”, pur agendo ognuno il proprio ruolo ma pensando

insieme. Questo fare, aiuta la famiglia a sentirsi protagonisti e al tempo stesso ad assumersi

responsabilità, perché si diventa più consapevoli; per il nido aumenta la possibilità dell’incidenza

delle strategie educative sul bambino, accresce la professionalità in una dimensione più partecipata

o meglio più sociale dell’educazione. Infatti dalla progettazione comune dell’agito educativo c’è

spazio per maturare sia per la famiglia che per il nido, ed aumenta la consapevolezza

dell’educazione intesa come azione sociale e non solo come prodotto sociale, all’interno quindi di

un processo, pensato e governato prima.

Durante la formazione è emersa più volte l’indicazione di come gli scambi più significativi con la

famiglia si sviluppino nella quotidianità, nei momenti di scambio informale che avvengono giorno

per giorno e sugli aspetti educativi che i genitori segnalano come urgenti in quel momento.

L’approccio perciò dovrebbe ridisegnarsi sia sui momenti di confronto e collaborazione vissuti

come un flusso costante tra nido e casa, ma soprattutto rivisitati nella modalità di fondo che vede le

educatrici aprirsi ai temi senza prefigurare soluzioni, ma ri-vedendoli con la famiglia nel momento

in cui li pone, costruendo con lei la soluzione possibile.

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Si solleva il tema del CONFINE tra le funzioni ed identità dei servizi e quelle delle famiglie.

Un nuovo fronte su cui si gioca la condivisione oggi è la RAPPRESENTAZIONE dei valori sociali.

Ai servizi ed alle scuole spetta il compito di declinare e chiarire ai genitori la relazione tra io e

noi, l’inscindibile necessità di potersi definire solo in relazione agli altri, perciò del valore

dell’appartenenza ad un contesto sociale.

Ora non c’è più nessuno che si occupi della trasmissione del concetto di società ai bambini ed ai

ragazzi, si costituiscono microsocietà verso le quali si prova senso di appartenenza, che

temporaneamente si aggregano (es: mi sento appartenere al gruppo di coetanei che si vestono come

me, ai ragazzi della palestra, ai network etc). Talvolta tali microsocietà si connettono in reti. Queste

microsocietà temporanee non hanno particolare consapevolezza dei valori che le guidano come

accadeva in modo maggiormente consapevole nella società propriamente detta. La filosofia ci dice

che l’idea del globale verso cui si è mossa l’economia, la politica e il diritto è un’idea illusoria

poiché la legge così come la politica sono per loro natura applicabili in un territorio specifico che

abbia coordinate spaziali. Per questo i valori universali perdono pregnanza perciò si pensa che tutti i

valori si equivalgano. In questo contesto definire i principi di condivisione ed appartenenza è molto

difficile, ed i genitori ripiegano su posizioni privatistiche ed individualistiche, confondendo

l’individualismo con l’individuazione, giocando l’educazione sul momento presente senza

collegarla all’idea di futuro. La condivisione tra servizi e famiglie oggi mette in gioco un concetto

di educazione che non si declina solo sullo sviluppo delle competenze cognitive, ma anche e

soprattutto su quelle sociali e relazionali.

Soprattutto oggi si trova difficoltà a capire ed agganciare l’attenzione e l’interesse dei genitori, i

servizi sono alla ricerca di un PATTO DI MUTUALITA’ che leghi ed alimenti l’ispirazione ad un

fine comune che abbia la pregnanza di un valore sociale. Un valore in cui “credere” perché non

ancora realizzato ma nella cui realizzazione poniamo fiducia, recuperando così la dimensione

temporale del futuro. Evolvere significa muoversi da ciò che si è e che si conosce verso qualcosa

che ancora non si è, che non si conosce ma verso il quale si prova fede e fiducia. Educare è un atto

di fede, è la fiducia che il genitore ripone nel bambino che ha il potere di essere motore per la

crescita. La condivisione ha bisogno oggi di giocarsi anche sul piano emozionale. Emozione

come motore di cambiamento e di miglioramento, come piano su cui costruire relazioni di

sostegno e conferma reciproca.

Sappiamo che gli adulti oggi perseguono il benessere di sé e dei propri figli come valore assoluto,

dandosi obbiettivi di qualità di vita molto alti, non facili da realizzare. La ricerca della felicità è un

formidabile catalizzatore di interesse, ed i nuovi servizi potrebbero riformulare un loro patto di

solidarietà educativa con le famiglie mettendo in gioco un concetto più evoluto, maturo ed

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articolato di felicità, intesa come impegno a perseguire il meglio, come volontà di dar prova di sé e

delle proprie competenze, invece che di assenza di valori od impegni. Un concetto di felicità che

ristabilisca il ruolo dell’altro e della comunità come coprotagonista della felicità individuale.

PER GLI OPERATORI

Si esprime la necessità di sostenere ed incoraggiare un cambiamento di approccio culturale e di

impostazione mentale del personale, per realizzare quel coinvolgimento attivo delle famiglie che si

ritiene un valore fondamentale dei servizi. Questa competenza “complessa” si fonda sul patrimonio

della cultura dei servizi maturato in questi anni, ma anche della nuova consapevolezza che i contesti

sono e stanno radicalmente e velocemente cambiando, perciò anche il sapere pedagogico deve

rifondarsi nel confronto transdiciplinare.

Il lavoro del personale deve innanzi tutto concentrarsi sul DIRE /ESPLICITARE ai genitori il

perché del loro agire, in secondo luogo ACCOGLIERE BISOGNI e domande che le famiglie ed il

contesto segnala, ed infine nel PARTECIPARE lo specifico e personale percorso di crescita del

proprio bambino ai genitori.

Occorre che le pratiche e le abitudini consolidate degli operatori vengano ri-valorizzate, ma anche

ri-rappresentate sia al gruppo di lavoro che alle famiglie, poiché sono le scelte educative che

guidano le organizzazioni e non le tradizioni che si ritengono autocomprovate.

Questi tre passaggi: esplicitare l’agire secondo i principi educativi, analizzare le motivazioni ed i

bisogni dei genitori e dei bambini, costruire insieme un percorso di lavoro complementare;

garantiscono la possibilità di farsi capire senza dare per scontato saperi e comportamenti, ma anche

di fermarsi per comprendere le motivazioni, i punti di vista ed i saperi dei genitori. Solo

dall’incrocio di queste competenze, dissimili ma complementari, si può elaborare un progetto di

collaborazione che punta sul protagonismo attivo dei genitori attraverso la professionalità degli

operatori che lo valorizza, lo riconosce e gli lascia spazio. La consapevolezza delle proprie

competenze professionali si sostiene solo se diventa tramite per aumentare le competenze

genitoriali, credendo veramente che i genitori conoscano a fondo il loro bambino, sono consapevoli

e competenti seppur non “ Esperti”.

Le competenze degli educatori devono anche chiarire e chiarirsi sul concetto di CONDIVISIONE E

CONVERGENZA negli scopi di fondo dell’educazione, che non significa fare le stesse cose,

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comportarsi nello stesso modo, aderire ad indicazioni o prescrizioni, sia da parte del personale che

da parte dei genitori. Significa piuttosto trovare un PUNTO DI CONTATTO sui significati

educativi, lasciando ad ognuno la possibilità di agire con una certa discrezionalità.

In sostanza la competenza professionale degli operatori si gioca sulla traduzione e l’esplicitazione

dei significati educativi delle azioni e dei comportamenti dei bambini, astenendosi, o meglio

trattenendosi dalla prescrizione di soluzioni ed indicazioni per lasciare ai genitori il tempo e la

possibilità di esercitare la responsabilità genitoriale, nella consapevolezza che la relazione tra

educatrici e genitori genera sempre competenza sociale.

Lo scambio ed il confronto costituiscono sempre un avanzamento, anche se si procede con tempi,

stili e strategie differenti, utilizzando una molteplicità di strumenti che vanno dalle modalità di

scambio informali, da strategie comunicative e comportamentali che tendano all’inclusione ed

all’ascolto, la professionalità degli operatori si mette al servizio e non al di sopra delle famiglie.

Le competenze complesse che oggi si richiedono agli educatori si giocano sull’indispensabile snodo

del DARE E RIDARE SIGNIFICATO A CIO’ CHE SI FA NEL QUOTIDIANO, senza impliciti ed

automatismi, ma per esperienza e comprensione dei significati del proprio agire.

I saperi prodotti all’interno del servizio si devono disseminare nel contesto sociale, poiché la cultura

educativa deve diventare CAPITALE SOCIALE PER TUTTI, contribuendo a riequilibrare quelle

spinte alla individualizzazione, alla frammentazione ed al personalismo che stanno mettendo in crisi

le Comunità. Uno degli aspetti di maggiore rilevanza della professionalità degli operatori si

rintraccia nello SFORZO DI DOCUMENTAZIONE per farsi capire e leggere da tutti.

Per realizzare queste funzioni professionali complesse c’è bisogno di tempo, ma soprattutto c’è

bisogno di percorsi di studio e di formazione più consapevoli e strutturati, meno piegati sul fronte

delle tecniche, delle didattiche e delle organizzazioni, per rafforzare le teorie ed i principi valoriali

dell’educazione.

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Parte Terza: Indice delle Dimensioni e dei Criteri di qualità del Progetto Pedagogico.

Il Coordinamento Pedagogico Provinciale di Piacenza ritiene che l’indice del documento regionale,

prodotto dal gruppo di lavoro regionale sul monitoraggio della qualità educativa, rappresenti le linee

di qualità a cui fare riferimento, pertanto lo assume integralmente nel proprio Progetto Pedagogico.

3. PROGETTAZIONE E ORGANIZZAZIONE EDUCATIVA DEL SERVIZIO

La progettazione e l’organizzazione educativa di un servizio per la prima infanzia si fondano

sull’attività collegiale del gruppo di lavoro e dei coordinatori pedagogici.

Gli aspetti di seguito indicati vanno intesi come reciprocamente correlati.

3.1 Criteri e modalità di organizzazione del contesto educativo

Cura ed educazione sono dimensioni strettamente connesse la cui qualità è legata all’attenzione

progettuale del gruppo di lavoro.

La progettazione cura l’intreccio tra gli elementi di natura organizzativa e relazionale e connota il

contesto come luogo di relazioni significative, di apprendimenti, di scambi sociali, prendendo in

considerazione i nessi esistenti tra i seguenti aspetti:

- spazi;

- tempi;

- relazioni;

- proposte educative.

Spazi

L’organizzazione dello spazio educativo è legata alla necessità di coniugare il bisogno di

intimità/sicurezza emotiva del bambino con l’esigenza di esplorazione/scoperta. In questo senso lo

spazio si qualifica come luogo intenzionalmente connotato, accogliente, accessibile, leggibile e

differenziato funzionalmente. L’organizzazione dello spazio deve favorire e sostenere la

molteplicità e la qualità delle relazioni, valorizzare la dimensione del piccolo gruppo e attribuire

un’attenzione particolare alla possibilità che il bambino possa ricostruirvi una sua sfera privata e

personale.

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Tempi

L’organizzazione del tempo quotidiano è connessa all’esigenza di contemperare i tempi e i ritmi

del bambino con quelli dell’istituzione. La scansione temporale della giornata deve presentare una

struttura regolare che consenta al bambino di trovare dei punti di riferimento stabili e di situarsi in

un contesto temporale riconoscibile e prevedibile. L’attenzione per un tempo disteso, per una

graduale gestione delle transizioni e per la continuità e coerenza delle proposte, sono criteri che

devono essere considerati nell’organizzazione del tempo educativo.

Relazioni

Un contesto educativo per la prima infanzia si qualifica come tale quando si propone come luogo di

relazioni significative, intenzionalmente pensato per far sperimentare al bambino un clima di

benessere e sviluppare senso di sicurezza, fiducia e autostima. Un contesto relazionale significativo

è legato anche alla creazione di un clima sociale positivo tra gli adulti i quali devono essere capaci

di ascoltare e accogliere il bambino e sostenere la crescita delle sue capacità cognitive, emotive e

relazionali.

Proposte educative

La qualità delle proposte educative è legata all’organizzazione ed articolazione dell’ambiente, ai

tempi con cui si succedono e ai modi con cui vengono promosse e gestite dall’adulto. I momenti di

cura quotidiana e di gioco rappresentano occasioni educative egualmente importanti, che devono

essere pensate e modulate in relazione alle specificità dei bambini e nel contesto di un disegno

complessivo in cui ogni esperienza infantile possa trovare collocazione e significato. La varietà, la

coerenza, la continuità e la significatività delle esperienze formative devono essere garantite

nell’ambito di una progettazione delle proposte volte a promuovere autonomia e sviluppo del

bambino e ad arricchirne il patrimonio esperienziale.

3.2 Criteri e modalità di relazione e partecipazione delle famiglie e del rapporto con il territorio

I servizi educativi concorrono con le famiglie all’educazione dei bambini in un’ottica di comunità educante. E' necessario prevedere forme di confronto e condivisione con le famiglie e con le altre agenzie presenti sul territorio. Il gruppo di lavoro individua in maniera ragionata:

o gli obiettivi e le strategie relative alla partecipazione e alle modalità di rapporto con le famiglie, in un’ottica di promozione, sostegno e affiancamento della genitorialità.

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In particolare occorre definire le modalità di comunicazione, di informazione e di confronto, individuali e di gruppo, oltre che precisare gli organismi e le forme di partecipazione adottate;

o le modalità con cui si realizza il raccordo con la rete delle istituzioni del territorio, tenendo conto della più ampia programmazione dei servizi in esso presenti.

3.3 Criteri e modalità di funzionamento del gruppo di lavoro

Il gruppo di lavoro ha un ruolo centrale nell’organizzazione del contesto educativo e nella predisposizione della progettazione. Ad esso compete la definizione degli strumenti progettuali, con particolare riferimento all’osservazione dei bambini e alla documentazione, precisandone tempi e metodologie.Le risorse di cui il gruppo di lavoro educativo si avvale vanno indicate e riguardano:

o la formazione e l'aggiornamento, con le indicazioni relative ai tempi e alle modalità di realizzazione;

o la continuità con le altre istituzioni educative presenti sul territorio, precisando tempi e modalità di realizzazione;

o il coordinamento pedagogico.

3.4 Valutazione

La valutazione rappresenta un’attività strettamente legata alla progettazione, in quanto sostiene la revisione critica dell’operatività educativa, l’esplicitazione e la condivisione sociale dei significati e l’apprendimento riflessivo dalle pratiche. In questo senso la valutazione, qui intesa soprattutto come valutazione dei processi educativi, si caratterizza essenzialmente per la sua funzione formativa e per il suo carattere sistematico e continuativo; è volta ad alimentare una costante azione di ricerca all’interno del servizio promuovendo l’incremento dei livelli di consapevolezza pedagogica, la coerenza delle azioni educative e il miglioramento concordato e progressivo delle stesse. E’ importante definire le modalità, i tempi e gli strumenti di valutazione, nonché la documentazione e la condivisione del processo valutativo.

4. DURATA

Il Progetto Pedagogico ha durata triennale. Occorre che alla fine di tale periodo il progetto sia rivisto all’interno del gruppo di lavoro, condiviso con le famiglie utenti del servizio ed eventualmente aggiornato.N.B.) Le finalità e la struttura organizzativa del servizio devono essere coerenti con le linee metodologiche dichiarate ai punti 3.1, 3.2, 3.3, 3.4. Eventuali variazioni nella struttura organizzativa del servizio devono essere tempestivamente comunicate.

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LO STRUMENTO DI VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DEI SERVIZI EDUCATIVI PER L’INFANZIA DEL TERRIROTIO PIACENTINO

DESCRITTORI DI VALUTAZIONEI descrittori sono declinati sui tre valori di riferimento: bambino, famiglie, professionalità.

Poiché il CPP ritiene importante sottolineare l’attenzione costante a questi tre aspetti

valoriali, nella declinazione dei descrittori si può riscontrare una certa ricorsività di voci.

Sottodimensione SPAZICRITERI DESCRITTORIACCESSIBILITA’ • Si facilita l’uso spontaneo e

personalizzato degli spazi da parte dei bambini consentendo loro di autorganizzarsi.

• Si organizzano spazi deputati alla sosta ed al confronto con i genitori

• Il personale prevede la modificabilità degli spazi per garantire l’accessibilità e la fruibilità,diversificandoli in base all’età.

LEGGIBILITA’ \ RICONOSCIBILITA’ • Gli angoli ed i materiali disponibili sono tali da evitare la sovrabbondanza di stimoli e si predilige il materiale naturale.

• Si organizzano spazi per documentare e comunicare con i genitori.

• Il personale studia la suddivisione degli spazi del Servizio in modo da facilitare la comprensione e l’orientamento dei bambini.

DIFFERENZIAZIONE FUNZIONALE • È presente una pluralità e varietà di materiali( naturali, strutturati, di recupero ecc.), curando la differenziazione nel corso dell’anno e dell’età dei bambini.

• I genitori vengono informati delle motivazioni educative che sottendono la differenziazione di spazi e materiali.

• Il personale predispone gli spazi interni ed esterni in modo differenziato, evitando sovrapposizioni di proposte.

PERSONALIZZAZIONE • Gli spazi sono allestiti in modo che i bambini ne riconoscano facilmente l’uso personale od esclusivo.

• Si coinvolgono famiglie nell’allestimento e/o personalizzazione di alcuni spazi.

• Il personale prevede la presenza di oggetti personali e si predispongono piccoli spazi ad uso, anche temporaneo, esclusivo ed individualizzato.

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Sottodimensione TEMPI

CRITERI DESCRITTORIPREVEDIBILITA’ \ RICONOSCIBILITA’ • I tempi, in particolare durante il periodo

dell’inserimento, vengono organizzati per facilitare l’adeguamento lento e personalizzato dei ritmi dei bambini a quelli dell’istituzione.

• Si informano i genitori sui significati delle ritualità e sulla scansione della giornata al nido.

• Il personale per scandire i tempi della giornata utilizza ritualità che si evolvono con i bisogni e le competenze dei bambini.

PERSONALIZZAZIONE • Gli inserimenti dei bambini non vengono organizzati in modo standardizzato ed omologato.

• Si prevedono incontri personalizzati con i genitori.

• Il personale cura e rispetta i ritmi ed i tempi dei singoli bambini.

CONTINUITA’ E CAMBIAMENTI • Si organizzano momenti di accompagnamento e facilitazione al cambiamento tra istituzioni sia per gli adulti che per i bambini.

• Sono previste modifiche ai tempi di frequenza dei bambini in base ai cambiamenti od esigenze significativi del nucleo familiare.

• Il personale promuove momenti di scambio tra bambini di diverse sezioni.

Sottodimensione RELAZIONI

CRITERI DESCRITTORIBENESSERE • I bambini sono impegnati nelle attività e

le situazioni di confusione o rumore sono tali da non creare disagio.

• I genitori al mattino ed alla riconsegna vengono accolti e salutati personalmente.

• L’equipe di lavoro dispone di tempi adeguati per superare e gestire le relazioni problematiche.

PERSONALIZZAZIONE • I bambini ricevono nell’arco della giornata momenti di attenzione e relazione personalizzati.

• Sono previsti incontri e colloqui personalizzati con i genitori.

• L’educatore è attento al comportamento

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del singolo bambino ed adatta il suo stile di interazione alle sue caratteristiche.

SOCIALITA \ APPRENDIMENTO • Gli spunti e le idee dei singoli bambini vengono valorizzate e rilanciate al gruppo.

• Si promuovono momenti di confronto a piccoli gruppi con i genitori sul tema delle competenzedei bambini.

• Gli educatori promuovono le relazioni sociali positive e sostengono la definizione dei limiti nei bambini.

Dimensione PROPOSTE EDUCATIVE

CRITERI DESCRITTORIINTENZIONALITA’ • Le proposte educative sono progettate in

base ai bisogni ed alle caratteristiche dello specifico gruppo di bambini.

• Si comunicano ed argomentano le proposte educative ai genitori.

• il personale sa motivare le finalità delle proposte educative.

SIGNIFICATIVITA’ E CONTINUITA’ • Le attività proposte vengono riprese e rielaborate con i bambini per un tempo sufficiente affinché assumano un carattere significativo.

• Si documentano ai genitori l’evoluzione delle competenze dei bambini.

• Il personale progetta percorsi e stimoli educativi significativi rispetto ai comportamenti evolutivi dei bambini.

VARIETA’ E COERENZA • I bambini hanno una varietà di proposte educative che stimolano una pluralità di aree di sviluppo.

• Si realizzano occasioni di incontro con i genitori per esplicitare le proposte educative documentandone la varietà e coerenza dei significati.

• Le educatrici sono coerenti nella realizzazione degli obiettivi educativi e si confrontano nella scelta delle proposte.

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Dimensione RELAZIONE E PARTECIPAZIONE DELLE FAMIGLIE

CRITERI DESCRITTORIPARTECIPAZIONE • Si realizzano occasioni di incontro

formali ed informali tra bambini, genitori e personale.

• I momenti di partecipazione sono organizzati secondo tempi e modalità che favoriscano la partecipazione delle famiglie.

• Il personale dedica specifici momenti di presentazione del Progetto Pedagogico del Servizio.

CULTURA DELLA GENITORIALITA’ • I bambini vengono educati ai valori del limite e della responsabilità.

• Con i genitori si affrontano i temi della responsabilità genitoriale.

• Il personale dedica momenti di formazione sui temi delle funzioni materne e paterne.

Dimensione RAPPORTO CON IL TERRITORIO

CRITERI DESCRITTORIAZIONI DI RACCORDO • Si promuovono incontri di confronto e

passaggio per i bambini con disabilità o disagio sociale.

• Si promuovono alle famiglie informazioni sulle agenzie culturali e sociali presenti sul territorio.

• Si riconoscono al personale percorsi formativi realizzati da agenzie territoriali.

CULTURA DELLA COMUNITA’ EDUCANTE

• Si attivano iniziative sui temi dell’Infanzia.

• Si coinvolgono anche le famiglie non utenti su iniziative riguardanti le responsabilità genitoriali.

• Il personale promuove la cultura dei servizi con iniziative di “ Nido Aperto”

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Dimensione FUNZIONAMENTO DEL GRUPPO DI LAVORO

Sottodimensione: COORDINAMENTO DEL GRUPPO DI LAVORO

CRITERI DESCRITTORICOLLEGIALITA’ • Il personale del servizio condivide i

contenuti e gli indirizzi educativi rivolti ai bambini.

• Il personale collabora alla realizzazione di incontri, attività e scambi rivolti alle famiglie.

• Il personale si distribuisce gli incarichi di lavoro e programma incontri di confronto e verifica per migliorare il servizio.

FORMAZIONE CONTESTUALIZZATA • La formazione viene elaborata a partire dall’osservazione dei bisogni dei bambini.

• Si ha cura di informare le famiglie sui percorsi di formazione svolti dal personale.

• La formazione viene proposta rilevando le esigenze del personale del servizio.

COORDINAMENTO PEDAGOGICO • Il coordinatore pedagogico programma il proprio lavoro prevedendo momenti di osservazione dei bambini per sostenere la coerenza degli interveti di progettazione educativa.

• Il coordinatore pedagogico dedica specifici momenti di confronto sul tema della relazione tra operatori e famiglie.

• Il coordinatore pedagogico programma momenti di confronto con tutte le diverse funzioni professionali degli operatori dei servizi.

RIFLESSIVITA’ • Il gruppo di lavoro dedica momenti di scambio sia formali che informali per riflettere sugli interventi educativi svolti.

• Il gruppo di lavoro organizza appositi momenti di confronto con i genitori sulle pratiche educative che si attuano.

• Il gruppo di lavoro si dota di strumenti per avere l’opportunità di confrontarsi e riflettere sul proprio lavoro.

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Sottodimensione : PROGETTAZIONE

CRITERI DESCRITTORIINTENZIONALITA’ E COERENZA • Si cura la coerenza tra il PP del servizio

ed i progetti educativi di sezione.• Si programmano momenti con i genitori

per esplicitare le intenzionalità educative delle progettazioni.

• I progetti educativi di sezione sono coerenti con il PP e frutto del confronto e della condivisione tra il personale.

CONTESTUALIZZAZIONE E FLESSIBILITA’

• I percorsi progettuali vengono articolati sulla base delle possibilità e dei vincoli del contesto di appartenenza, dell’utenza e delle caratteristiche del servizio.

• Si informano i genitori degli interventi educativi realizzati in sezione e si fa attenzione alle loro osservazioni ed indicazioni.

• Il personale utilizza e condivide strumenti di osservazione e documentazione per monitorare le progettazioni educative.

Sottodimensione: DOCUMENTAZIONE

CRITERI DESCRITTORISISTEMATICITA’ E COERENZA • Si documentano esperienze e progetti

avendo cura di rivolgerla sistematicamente anche ai bambini.

• È presente una pluralità di strumenti per documentare ai genitori la vita del servizio.

• Il personale dedica specifici momenti di lavoro per documentare in modo organizzato e compiuto i percorsi educativi

LEGGIBILITA’ • La documentazione è pensata e realizzata in funzione dei bambini delle diverse età.

• La documentazione è pensata e realizzata in funzione dei genitori del servizio.

• Il personale si impegna a produrre e diffondere documentazione in modo chiaro e leggibile per i colleghi, le famiglie ed i bambini.

Dimensione: VALUTAZIONE

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CRITERI DESCRITTORISISTEMATICITA’ • Si definiscono e si utilizzano

sistematicamente strumenti e procedure di valutazione della qualità delle proposte educative rivolte ai bambini.

• Si realizzano strumenti di valutazione per i genitori per raccoglierne i suggerimenti.

• Il personale programma specifici momenti di riflessione alla valutazione della qualità del servizio.

FUNZIONE FORMATIVA • La valutazione verrà prioritariamente utilizzata per reindirizzare i progetti rivolti ai bambini al fine di potenziarli e migliorarli.

• Si realizzano strumenti di confronto con i genitori per riflettere sugli aspetti di miglioramento del servizio.

• Gli esiti della valutazione sono utilizzati dal personale al fine di realizzare percorsi formativi di miglioramento.

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STRUMENTO DI RILEVAZIONE DEL GIUDIZIO

La valutazione della qualità viene elaborata a partire dalle dimensioni e dai criteri scelti dal

gruppo di lavoro, declinati operativamente con i descrittori di qualità.

Tuttavia occorre definire anche le modalità di assegnazione del giudizio in riferimento ai

descrittori individuati. Ad ogni descrittore deve infatti corrispondere una valutazione in

termini di riscontro di grado di qualità della realtà osservata.

Nella fase di sperimentazione il CPP sceglie di proporre un modello semplificato al fine di

verificare l’efficacia e la pertinenza dello strumento utilizzato, andando in particolare a

leggere le fonti disponibili per supportare l’attribuzione del giudizio.

PER NIENTE POCO ABBASTANZA MOLTO

NOTE NOTE NOTE NOTE

Fonti di rilevazione da cui si desumono i giudizi__________________________________________________________________________________________________________________

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REPORT DI VALUTAZIONE

REPORT DI VALUTAZIONE FINALE DEL SINGOLO SERVIZIO

Realizzato dal coordinatore di servizio dopo il confronto con il gruppo di lavoro

• sintesi storia e descrizione di contesto del servizio,

• descrizione dell’ articolazione del processo di autovalutazione ,

• messa in evidenza delle convergenze e divergenze di valutazione del personale,

• messa in evidenza degli aspetti motivazionali sollevati dal processo di autovalutazione,

resistenze, problematiche emerse,coinvolgimento e discussione del gruppo,

• individuazione dei rilanci e delle priorità di intervento individuate per i progetti di

miglioramento.

PROCEDURE

- descrizione tempi, personale coinvolto, fonti ecc

- osservazioni di ogni educatore,

- osservazioni del coordinatore,

- momenti di lettura e discussione dei dati con il gruppo di lavoro,

- incontri di sintesi per trovare interpretazioni comuni ed individuazione di direzioni di

sviluppo.

REPORT DI VALUTAZIONE FINALE DEL COORDINAMENTO PEDAGOGICO PROVINCIALE

Lo schema di voci in cui si articola il rapporto finale di valutazione deve essere definito dal CPP e

rappresenta un riferimento obbligatorio per la documentazione della valutazione operata in tutti i

servizi del territorio. A titolo di esempio si riportano i punti che potrebbero essere oggetto di

trattazione nel rapporto:

• breve resoconto sulla storia e sulle caratteristiche dei servizii e presentazione della loro

organizzazione generale (punti che possono essere ripresi dal progetto pedagogico);

• risultati principali di eventuali precedenti operazioni di valutazione e descrizione sintetica

di eventuali interventi di miglioramento attivati negli anni passati;

• dati relativi all’autotovalutazione, mettendo in evidenza concordanze-discordanze di

valutazione e criticità e punti di forza rilevati;

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• resoconto sintetico del processo di analisi e discussione dei dati valutativi all’interno del

gruppo di lavoro (con riferimento anche alle dinamiche che hanno caratterizzato il

confronto e alle eventuali osservazioni critiche relative allo strumento di valutazione

utilizzato);

• priorità d’intervento identificate e possibili azioni di miglioramento progettate o da

progettare (elemento, quest’ultimo, che rappresenta la formalizzazione di un impegno).

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ALLEGATI

ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO DEL COORDINATORE PEDAGOGICO E DEL COORDINAMENTO PEDAGOGICO PROVINCIALE (CPP)

Nella fase di avvio della sperimentazione del sistema di valutazione della qualità dei Servizi

educativi si prevede, a partire dall’anno scolastico 2012/13 di realizzare:

• una Formazione unificata per TUTTO il personale dei servizi educativi, gestita ed

organizzata a livello provinciale e condotta dal CPP, sui temi dei significati dei principi di

qualità del Progetto Pedagogico e sul sistema di valutazione ipotizzato per tutti i servizi del

territorio. Il progetto formativo di 20 ore per ogni operatore prevede incontri plenari e di

sottogruppo.

• Una Sperimentazione del Sistema di valutazione elaborato dal CPP da realizzarsi in almeno

un servizio per ogni coordinatore pedagogico del territorio, per verificarne l’efficacia e la

sostenibilità.

• Un impegno sistematico di tutto il CPP nel corso dell’anno scolastico per supervisionare e

verificare il Progetto Pedagogico ed il Sistema di valutazione, al fine di offrire al tavolo

regionale dei Tutor il contributo del territorio piacentino all’elaborazione definitiva della

normativa per l’accreditamento.

Ipotesi ore per sperimentazione:1. 2/3 incontri di gruppo di lavoro con il Coordinatore Pedagogico per riprendere i significati e

le caratteristiche dello strumento. Ore di collettivo consuete.

2. 1/2 giornate di osservazione sia del personale che del Coordinatore Pedagogico. Ore di

lavoro in servizio

3. tempi per rilettura delle osservazioni a livello individuale, per realizzare autovalutazione

riflessiva. 2/3 ore per ogni educatrice coinvolta.

4. Il Coordinatore Pedagogico raccoglie tutti i report individuali delle educatrici e li rilegge e

sintetizza, sistematizza i contenuti della valutazione e li consegna a tutti gli educatori per

una restituzione individuale.

5. Almeno 2 incontri di collettivo per discutere nel gruppo di lavoro gli esiti della valutazione

espressa dal Coordinatore Pedagogico, analizzando sia i punti di forza che di debolezza, ma

anche il grado di condivisione nella lettura dei dati, le motivazioni e le resistenze ecc.

Inoltre si individuano le aree di criticità da trattare nel futuro. Ore di collettivo consuete

6. Un collettivo per progettare gli interventi di miglioramento. Ore di collettivo consuete.

7. Elaborazione del Coordinatore Pedagogico del Report di valutazione finale.

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8. Raccolta, analisi e stesura del Report complessivo in sede di CPP con individuazione aree

di miglioramento e sostegni formativi da realizzare.

Ipotesi ore per personale

• Tutto il personale ha 20 ore di formazione provinciale

• Le educatrici dei servizi sperimentali dovrebbero lavorare SOLO su questo progetto,

spendendo il loro impegno esclusivamente in orario di lavoro. Od al massimo riconoscendo

2/3 ore per l’elaborazione delle osservazioni.

Ipotesi ore per il Coordinatore Pedagogico

• 20 ore di formazione provinciale

• 40 ore di coordinamento pedagogico provinciale

• 4/6 ore di collettivi iniziali

• 1/2 giornate di osservazione nel servizio

• 4/5ore per raccogliere ed elaborare tutti i dati delle osservazioni

• 6 ore per i collettivi di lettura di sintesi ed individuazione delle aree di miglioramento.

• 2/3 ore per elaborare il report da inviare in CPP

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