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volume 10 Numero 2 – anno 2008 SIPEF SOCIETÀ ITALIANA DI PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE www.sipefitalia.net PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE

PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE · Rivista di Psicologia dell’Educazione e della Formazione 2008, Vol. 10 n. 2, 5-46 5 La dispersione universitaria: indicatori nazionali

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volume 10

Numero 2 – anno 2008

SIPEFSOCIETÀ ITALIANA DI PSICOLOGIA

DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONEwww.sipefitalia.net

PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

E DELLA FORMAZIONE

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SIPEF

Società Italiana di Psicologia

dell’Educazione e della Formazione www.sipefitalia.net

PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE

E DELLA FORMAZIONE

Direttore responsabile: Giancarlo Tanucci Università degli Studi di Bari

Direttore scientifico: Felice Carugati Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Comitato scientifico: P. Boscolo Università di Padova G.V. Caprara Università di Roma Sapienza Bianca De Bernardi Università di Verona Anne-Nelly Perret-Clermont Università di Neuchâtel Guido Sarchielli Alma Mater Studiorum Università di Bologna Vega Scalera, Università di Roma Tor Vergata Patrizia Selleri Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Segreteria di redazione: Roberto Baiocco Università di Roma Sapienza Michela Cortini Università di Bari Laura Palmerio Università di Roma Tor Vergata Valeria Tortora Università di Roma Tor Vergata Alessandro Stirpe SIPEF [email protected]

Editore: Aracne Editrice s.r.l. Via R. Garofalo, 133 a-b 00173 Roma

Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 12/2009 del 16/01/2009 ISSN: 1128-6881 ISBN: 978-88-548-2320-4 Covered by PsycINFO

PER ISCRIVERSI ALLA SIPEF

Per iscriversi alla SIPEF è necessario inviare il proprio curriculum vitae a [email protected] all’attenzione del Presidente Nazionale o del Presidente Regionale di pertinenza. Dopo l’approvazione da parte del Consiglio Scientifico si potrà pagare la quota associativa annuale. € 50,00 per i nuovi iscritti € 78,00 per i rinnovi L’iscrizione comprende: - Abbonamento annuale alla rivista “Psicologia dell’Educazione e della Formazione” Aracne Editrice - Newsletter della SIPEF con contributi realizzati dai Soci e dalla Redazione Bonifico bancario n. 15958/31 intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'Educazione e della Formazione (SIPEF) c/o Banca di Roma Tesoreria Universitaria “La Sapienza” P.le Aldo Moro - 00185 Roma Codice ABI 3002 Codice CAB 03371 Conto corrente postale n. 89459002 intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'Educazione e della Formazione (SIPEF) Via dei Marsi, 78 c/o Dip. Psicologia Sviluppo e Socializzazione - 00185 Roma Per ricevere la newsletter della SIPEF dopo aver provveduto al versamento della quota, inviare una mail con i propri dati (indirizzo al quale si vuole ricevere la rivista ed email per la newsletter) a: [email protected]

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INDICE

volume 10 numero 2 anno 2008

Guido Benvenuto Giuseppe Carci

La dispersione universitaria: indicatori nazionali e modelli di analisi longitudinale alla Sapienza, Università di Roma

Pag. 5

Emanuela Ingusci, Giancarlo Tanucci

Job Search Behavior e Networking Comfort: messa a punto di uno strumento di indagine

47

Gisella Paoletti Podcast e Note-Guidate: uso ed efficacia dei materiali on-line nella didattica universitaria

69

Riccardo Giorgio Zuffo Massimiliano Barattucci

L'approccio fenomenografico e la Student Learning Perspective nella valutazione dei contesti universitari

87

Materiale informativo SIPEF 107

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Rivista di Psicologia dell’Educazione e della Formazione 2008, Vol. 10 n. 2, 5-46

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La dispersione universitaria: indicatori nazionali e modelli di analisi longitudinale alla Sapienza, Università di Roma Guido Benvenuto Giuseppe Carci Dipartimento di ricerche storico-filosofiche e pedagogiche, Sapienza, Università di Roma

I diversi ordinamenti universitari di questo ultimo decennio hanno puntato a rilanciare l’offerta formativa, per contrastare i vecchi mali di scarsa produttività dell’università italiana: dispersione studentesca, basso tasso di laureati, scarso collegamento con il mondo del lavoro.

In questo contributo si presenta un quadro di sintesi degli indicatori di dispersione universitaria, elaborati a livello nazionale dal Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU), illustrando i valori raggiunti dal fenomeno nei corsi di vecchio e di nuovo ordinamento a livello nazionale e per la Sapienza, Università di Roma. Si discutono poi le metodologie di analisi della dispersione, confrontando modelli basati su dati aggregati e modelli longitudinali. Solo questi ultimi, utilizzati finora solo in alcuni studi di singoli atenei, garantendo maggiore affidabilità, consentono di distinguere la mobilità studentesca dalla fuoriuscita dagli studi universitari. Il sistema dei CFU permette e facilita oggi una maggiore mobilità tra i corsi di laurea, le facoltà e gli atenei, determinando percorsi meno lineari, da studiare sia nell’ottica della dispersione sia in quella del riorientamento positivo.

* Il contributo è frutto del lavoro comune dei due autori. Per quanto riguarda la stesura, i

diversi capitoli sono stati redatti come segue: Guido Benvenuto, cap.1 e §§3.1-3.2; Giuseppe Carci, cap.2 e §§3.3-3.4.

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La dispersione universitaria: il cambio di ordinamenti come contrasto alla scarsa “produttività”

La scarsa "produttività" dell’università è un tema ricorrente. Dietro tale espressione si annidano un po’ tutte le questioni attinenti alla dispersione studentesca, al basso tasso di laureati, allo scarso collegamento con il mondo del lavoro. L’università per lungo tempo è stata indicata come "fabbrica di disoccupati" se non come "area di parcheggio" e il dibattito su questi temi ha attraversato gli anni ’80 e ’901 portando ad una riorganizzazione generale degli studi universitari.

Il DM 509/99 e il 270/2004 sono, difatti, da considerare come una risposta ordinamentale alle “dispersioni” che il sistema precedente presentava. Essi contengono sostanzialmente indicazioni e regolamentazioni relative a: l’organizzazione più flessibile/modulare dei corsi, il sistema dei crediti, l'accesso all'istruzione universitaria, l'orientamento, le funzioni didattiche e di ricerca dell'università stessa. Tali dispositivi, possono essere intesi come dimensioni riorganizzative del sistema per arginare e recuperare gli elementi distorsivi e facilitare il raggiungimento dei titoli di studio previsti al termine dei percorsi. Si ricordi che a fine anni ’90, a livello nazionale, gli studenti fuori corso erano aumentati in percentuale fino a raggiungere il doppio degli studenti immatricolati, a segnalare sempre maggiori difficoltà nel completare il corso di studi nel periodo legale prescritto.

Il cambiamento avvenuto in tutta Europa nel passaggio da un’università d’élite ad un’università di massa (aumento considerevole della domanda di formazione) e il cambiamento dell’attuale assetto universitario in risposta alle esigenze e alle sollecitazioni che da più parti vengono rivolte ai sistemi universitari (politica, mondo del lavoro, componenti accademiche) fanno da sfondo al valore centrale assunto dalla dispersione come indicatore di efficacia/inefficacia del sistema universitario.

Il fatto che la qualità e l’efficienza dei sistemi formativi siano due tra i fattori determinanti per lo sviluppo sociale ed economico di un Paese spiega la crescente rilevanza assunta dai temi dell’Università e della formazione in generale negli ultimi anni a livello europeo.

Per comprendere a pieno la centralità dell’interesse rivolto alla qualità e all’efficienza dei sistemi formativi si richiamerà brevemente l’avvento, all’interno delle società industriali più avanzate, della knowledge society che 1 Per una ricostruzione del dibattito si vedano: de Francesco, Trivellato, 1985; de Francesco, 1986, 1988; Cavalli, 1991; Simone, 1993, 1995; Moscati, 1983, 1990, 1997, Benvenuto, Serpente, 1998.

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LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA

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investe in modo determinante i processi socioeconomici e culturali, per poi concentrarci sulle ricerche e dimensioni della dispersione universitaria.

L’avvento della knowledge society e la centralità della formazione universitaria

Negli ultimi decenni l’Università europea ha visto un numero sempre maggiore di cittadini, di diverse tipologie, accedere ad un sistema di istruzione e formazione che potesse rispondere ai propri bisogni e alle proprie attese. Tale problematica è legata al processo che ha portato al passaggio da un’università d’elite ad un’università di massa, spinto sia dall’alto (dall’economia e dalla politica) e sia dal basso (la domanda di istruzione delle famiglie). In riferimento a tale fenomeno bisogna porre in evidenza come l’università si trovi ad affrontare una duplice sfida: da un lato assicurare un livello di istruzione medio alto ad una quota tendenzialmente maggioritaria della popolazione giovanile, dall’altro lato formare la minoranza di coloro che dovranno ricoprire le posizioni di vertice nei diversi settori della società. Queste spinte ad un nuovo adattamento e ad un cambiamento costruttivo vanno inquadrate e legate alle esigenze poste dalla “società della conoscenza”.

Nel Rapporto mondiale dell’Unesco, Vers les sociétés du savoir, del 2005, si fa riferimento al passaggio dalla società dell’informazione alla società dei saperi: per lo sviluppo umano di tutti gli abitanti della terra, le società contemporanee sono invitate a diventare sociétés apprenantes e a trasformare i sistemi di formazione “vers l’éducation pour tous tout au long de la vie”. In questo contesto l’insegnamento universitario e la ricerca scientifica svolgono un ruolo propulsivo centrale: qualité et pertinence, excellence et innovation sono i primi criteri informatori della formazione e della ricerca universitaria.

A livello europeo la realizzazione della Knowledge Society è uno degli obiettivi primari delle strategie di lifelong learning. Attraverso una serie di incontri e dichiarazioni nel tempo, l’Unione Europea promuove e chiede agli stati membri la realizzazione e il consolidamento di uno Spazio Europeo di apprendimento lungo il corso della vita per assicurare ai cittadini il raggiungimento di una conoscenza competitiva negli attuali scenari della globalizzazione. L’università in particolare è chiamata a realizzare lo Spazio Europeo della Formazione Superiore per realizzare lo Spazio Europeo delle conoscenze e delle competenze più avanzate.

Il disegno europeo degli studi universitari intende coniugare diversità e unità dell’offerta formativa superiore. Questo è possibile adottando criteri

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comuni che poi possono articolarsi in soluzioni distinte dettate dalle politiche nazionali e dall’autonomia di Ateneo.

In altri termini, i cambiamenti che hanno riguardato l’Università italiana vanno analizzati alla luce delle trasformazioni socio-economiche e culturali del mondo contemporaneo. Tali trasformazioni sono da attribuire ad una serie di fenomeni: l’innovazione tecnologica, lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, l’avvento della globalizzazione, che ha determinato (con effetti giudicati non unanimemente positivi) l’aumento degli scambi economici, delle informazioni, del confronto/scontro tra diverse culture. Tutto questo ha dato l’avvio a quella che è stata definita “l’era della complessità”, periodo storico in cui il problema essenziale delle persone è diventato quello di affrontare e dominare la complessità economico-sociale e di saper rispondere alle esigenze del mondo del lavoro, caratterizzato sempre di più da attività che richiedono conoscenze e competenze specifiche, flessibilità e autonomia. Per affrontare la “complessità” e rispondere alle richieste di nuovi saperi e nuove competenze è diventato necessario acquisire capacità di “gestione della conoscenza”.

Il passaggio all’università di massa

In Europa il fenomeno della dispersione ha assunto notevole rilevanza, in concomitanza con l’incremento della popolazione universitaria e con la diversificazione dei percorsi di formazione e di professionalizzazione.

Quello che è stato definito come “il passaggio da un’università dell’élite ad un’università di massa” si può far risalire a un preciso momento storico, gli anni Settanta (Trow, 1974), quando in tutta Europa il numero di studenti che si iscrivevano all’università aumentò notevolmente. Da allora tale fenomeno è diventato un problema centrale ed ancora attuale, causato da diversi fattori, come la democratizzazione, l’urbanizzazione, il miglioramento della vita, l’aumento del tasso di scolarizzazione.

Dall’analisi dei dati relativi all’intero sistema educativo europeo, si riscontra nel corso del XX secolo un progressivo innalzamento dei livelli di educazione della popolazione. Mentre agli inizi del 1900 in Europa è stato raggiunto un livello di istruzione primaria per tutti, alla fine del secolo l’istruzione generalizzata riguardava anche il secondo livello di istruzione: oggi in molti paesi europei il 90% dei giovani ottiene il diploma secondario.

In Italia si è assistito ad una vera e propria esplosione della domanda di istruzione universitaria. Per quanto riguarda le iscrizioni all’università, si è passati da un 10% di iscritti sulla coorte di età degli anni Cinquanta ad un

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25% a fine secolo, fino all’esplosione del tasso di iscrizioni che porta la percentuale di iscritti al 45% . I dati sulle immatricolazioni e sul numero di iscritti in totale sono chiari: tra il 1965 e il 1970 si è registrato un aumento del 40% delle iscrizioni (402.938 a 681.731 studenti iscritti), dopo il 33% di aumento nel precedente quinquennio. Tabella 1: per i dati di vecchio ordinamento (fino al ’95), Fonte: ISTAT con elaborazione di D'Aprile (1998) e per i dati di nuovo ordinamento, Fonte: Ministero dell'Università e della Ricerca - Ufficio di Statistica. Indagine sull'Istruzione Universitaria (2000-2007)

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1999-00 992.683 -11.1 692.309 +21.7 1.684.992 -0.1 161.484 +43,7 2000-01 1.080.253 +8,8 642.204 -7,2 1.722.457 +2,2 171.806 +6,4 2001-02 1.132.538 +4,8 635.757 -1,0 1.768.295 +2,7 201.118 +17,1 2002-03 1.157.386 +2,2 656.662 +3,3 1.814.048 +2,6 234.939 +16,8 2003-04 1.097.732 -5,2 722.489 +10,0 1.820.221 +0,3 268.821 +14,4 2004-05 1.121.206 +2,1 702.680 -2,7 1.823.886 +0,2 301.298 +12,1 2005-06 971.308 -11.8 824.962 +17.9 1.796.270 -0.2 300.735 -0,2 2006-07 967.014 -0.5 813.729 +1.4 1.780.743 -0.9

Su tale crescita ha inciso in modo determinante la liberalizzazione degli

accessi nel 1969, quando appunto furono liberalizzati per legge gli accessi a

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tutte le facoltà universitarie. Indipendentemente dal diploma di istruzione secondaria posseduto, da quel momento gli studenti poterono iscriversi in qualsiasi facoltà.

La crescita è evidente se si analizza il numero di immatricolazioni nel triennio successivo alla liberalizzazione con un passaggio da 143.000 a 214.000 studenti. Segue poi un periodo altalenante, in cui la crescita si fa più discontinua e meno netta, che dura sino alla metà degli anni ‘80, quando le immatricolazioni riprendono a crescere in modo significativo, fino a superare la soglia delle 300.000 annue, all’inizio degli anni 90. Tale ripresa di crescita incide anche sul numero totale di iscritti che passa da 1.113.175 del 1985-86 all’1685.403 del 1995-96. A partire da questo anno accademico, l’aumento di iscritti diventa più graduale ma resta abbastanza costante, arrivando oggi a sfiorare la quota di 2 milioni di iscritti (grafico 1).

Oltre al dato quantitativo bisogna registrarne anche uno qualitativo, che riguarda la tipologia di iscrizioni: l’emergere di una popolazione studentesca sempre più variegata e diversificata (studenti lavoratori, fuori-sede, disabili, stranieri, ecc.), portatrice di interessi e aspettative assai diverse.

L’aumento e la diversificazione della domanda ha provocato grandi cambiamenti a livello universitario e ha sollecitato una maggiore attenzione a nuovi aspetti di sistema:

- problemi di equità in ordine a come garantire gli accessi; - offerta di corsi efficaci e di qualità e nello stesso tempo un’offerta

diversificata e flessibile rispetto ai diversi bisogni dell’utenza e della società;

- un governo efficiente del sistema nel suo complesso e delle singole istituzioni;

- reperimento delle risorse finanziare; - incoraggiamento e la selezione di programmi innovativi di ricerca.

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Ricerche sulla dispersione universitaria Le numerose ricerche condotte sulla dispersione in ambito statunitense ed

australiano a partire dagli anni ’70 (Spady, 1970; Tinto, 1975; Pascarella, Terenzini, 1979; Astin, 1971; Bean, 1980), hanno posto in chiara evidenza come l’abbandono del corso di studi, il ritardo nel conseguimento della laurea, i passaggi da un corso ad un altro durante il primo anno e le altre forme di attrition2, dipendono, significativamente, dalla qualità e dagli esiti dei processi d’integrazione sociale ed accademica che caratterizzano le esperienze fatte nei primi mesi di vita universitaria.

La maggior parte delle difficoltà e degli insuccessi nel corso degli studi si verifica nel primo anno di esperienza universitaria (McInnis James, 1995; Williams, 1982), periodo in cui si possono verificare le incongruenze tra le attese dallo studente al momento della scelta e la realtà universitaria sperimentata.

In Italia il fenomeno dell'abbandono degli studi universitari fino agli anni ’90 aveva dimensioni elevatissime: "Negli ultimi 30 anni oltre 6 milioni e mezzo di giovani sono entrati in contatto con l'università; solamente il 40 per cento ha portato a termine gli studi; gli altri hanno abbandonato l'università. Di questi, oltre 1 milione e mezzo ha resistito al massimo un anno, non rinnovando l'iscrizione al secondo anno. [...] i drop-out possono essere considerati come il costo che la nostra società sostiene per effettuare l'orientamento e la selezione agli studi universitari" (Catalano, Silvestri, 1997).

Gli studi empirici in ambito italiano sugli abbandoni e sulla dispersione universitaria sono complicati dal fatto che non sono disponibili adeguati data-set nazionali con tutti i dati sugli studenti. Da molti decenni, statistici, economisti e sociologi hanno cercato di esaminare l’incidenza dell’abbandono degli studi universitari in Italia (Martinotti, 1969; de Francesco e Trivellato, 1978).

Tuttavia in tutti i lavori vengono utilizzati i dati aggregati sugli studenti e in questo modo le analisi considerano esclusivamente gli abbandoni espliciti, solo una parte della reale consistenza del fenomeno di abbandono.

L’utilizzo dei dati aggregati, pur costituendo una garanzia di riservatezza, impedisce l'impiego di procedure di analisi statistica che richiedono la

2 Berge, Z.L., Huang, Y.(2004) così definiscono l’attrition, “la diminuzione, rispetto al numero iniziale, degli studenti di un corso o di un programma, o di una istituzione universitaria” L’attenzione viene rivolta ai fattori di criticità che coinvolgono il rapporto studente-università e, in generale, all’individuazione dei fattori predittivi ed esplicativi del fenomeno.

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disponibilità di informazioni a livello individuale, disponibili solo presso i sistemi informativi dei singoli atenei. Soltanto armonizzando i sistemi informativi degli atenei si potrà ottenere la comparazione dei dati a qualsiasi livello di aggregazione e l’analisi longitudinale delle carriere degli studenti (Benvenuto, 1998).

È in questa prospettiva che riprenderemo nella seconda parte di questo contributo le analisi sulle dispersioni universitarie. In questi ultimi anni, difatti, ci sono stati una serie di studi che hanno utilizzato dati, a diverso livello di aggregazione e con disegni longitudinali, di studenti di particolari università. Ad esempio, Gori e Rampichini (1991), Bulgarelli (2002) e Ferrari e Laureti (2004a, 2004b) hanno condotto diverse analisi sulle performance degli studenti nelle università di Firenze; Staffolani e Sterlacchini (2001) nell’Università delle Marche; Checchi (2000) e Checchi et al. (2004) all’Università di Milano-Bicocca. Ma oltre all’analisi dei flussi, di iscrizione, dispersione e laurea, sempre più studi si concentrano sulle possibili e differenti forme di disuguaglianza nell'università italiana. Questi studi analizzano i dati in relazione: a) ai precedenti livelli del sistema formativo; b) alle caratteristiche degli utenti dell'istruzione universitaria; c) all’estrazione sociale o retroterra familiare (background) dell’utenza.

Che nei percorsi scolastici, nelle scelte formative, nella transizione tra scuola e università e nel raggiungimento della laurea persista l’incidenza del retroterra familiare è un dato largamente accertato e monitorato, con una varietà di approcci e differenti procedure di analisi3. Schizzerotto (2002) in un suo recente testo ha così brillantemente sintetizzato: “nonostante la crescita del tasso di scolarità, costante nel corso del secolo scorso, e nonostante le riforme del sistema scolastico improntate a principi egualitari, l´influenza della classe di origine sulle chance di proseguire la propria formazione dopo la scuola media non è sostanzialmente mutata nel corso del XX secolo”. E a dirla tutta la selezione aumenta con il crescere della scolarizzazione, tanto da rilevare una maggiore diseguaglianza 3 Si vedano tra gli altri: Barbagli (1972), Statera (1977), Gattullo (1989), Benadusi (1996), Checchi, D. (1997), Cavalli, Facchini (2001), Schizzerotto (2002), Benvenuto, G., Giacomantonio, A. (2004), Ballarino, Checchi, (2006), Bottani, Benadusi (2006), Fasanella, Tanucci (2006), Fasanella (2007). Dei (1996) raccoglie una serie di ricerche sulla dispersione tra gli studenti dell'università italiana e compila una lista di "fattori che influenzano" il fenomeno del ritardo e dell'abbandono degli studi universitari: "I fattori cruciali che le ricerche hanno messo a fuoco comprendono attributi di tipo strutturale (sesso, età, residenza, estrazione socio-familiare), caratteri che definiscono la situazione dell'individuo relativamente al corso di studi passato e presente (tipo di secondaria superiore frequentata, voto del diploma, facoltà e corso di laurea frequentato), attributi soggettivi di tipo psicologico (le motivazioni rilevate dalle surveys), caratteri dell'offerta di istruzione (le risorse immesse nel processo educativo)" (cit. p.277).

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all´Università, se si considera la bassa percentuale di iscritti e quindi dei laureati appartenenti ai ceti più bassi della società (cfr. Schizzerotto, Barone, 2006).

I cambiamenti e le innovazioni negli ordinamenti e nei sistemi di istruzione hanno proprio lo scopo di contenere l’incidenza delle determinanti sociali e di offrire al di là dell’uguaglianza di opportunità quella dei risultati e della loro ricaduta nel mondo del lavoro. La dispersione degli studenti nei percorsi universitari può quindi essere analizzata solo tenendo conto delle modifiche ordinamentali che in questi recenti anni hanno allargato il quadro dell’offerta e sostanzialmente riorganizzato il sistema di istruzione superiore per seguire il processo di internazionalizzazione e omogeneizzazione dei sistemi a livello comunitario.

Il riordinamento dei percorsi universitari Con il DM 509/994 (ministro Zecchino) si apre un nuovo scenario per la

formazione superiore. I “Nuovi Ordinamenti” si propongono di sostituire gradualmente i “Vecchi ordinamenti”, quelli che per anni hanno dimensionato gli studi superiori con Corsi di Laurea di durata legale di 4 o 5 anni, per migliorare i livelli di produttività del sistema. L’obiettivo della riorganizzazione ordinamentale è quello di realizzare l’autonomia didattica a livello universitario (di cui all'articolo 11 della legge 19 novembre 1990, n. 341)5. Ecco allora che le università sono chiamate a disciplinare gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio per rilasciare due tipi di titoli di primo e di secondo livello: a) laurea (L), b) laurea specialistica (LS). La riforma vuole sostanzialmente offrire due tipi di percorsi, distinti e componibili, il primo di tre anni e il secondo di due (in breve: 3+2). Si introducono concetti e terminologie per permettere quel processo prima ricordato di omogeneizzazione a livello sovra-nazionale: il sistema dei crediti formativi universitari (CFU), la definizione degli obiettivi formativi

4 Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei. Pubblicato nella G.U. n. 2 del 4 gennaio 2000. 5 Legge 19 novembre 1990, n.341: "Riforma degli ordinamenti didattici universitari." Art. 11.Autonomia didattica - 1. L'ordinamento degli studi dei corsi di cui all'articolo 1, nonché dei corsi e delle attività formative di cui all'articolo 6, comma 2, è disciplinato, per ciascun ateneo, da un regolamento degli ordinamenti didattici, denominato "regolamento didattico di ateneo". Il regolamento è deliberato dal senato accademico, su proposta delle strutture didattiche, ed è inviato al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica per l'approvazione. Il Ministro, sentito il CUN, approva il regolamento entro 180 giorni dal ricevimento, decorsi i quali senza che il Ministro si sia pronunciato il regolamento si intende approvato. Il regolamento è emanato con decreto del rettore.

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LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA

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qualificanti e delle attività formative. La riorganizzazione del sistema si propone come antidoto ad alcuni dei mali atavici del sistema universitario nazionale: forte selezione ai primi anni, permanenza nel sistema oltre la durata legale (eccesso di fuori corso), scarso numero di laureati. Difficile non sintetizzare le problematiche qui richiamate con le espressioni, spesso riprese nei dibattito nazionale e internazionale, di selezione sociale nel sistema universitario, dispersione e abbandono degli studi superiori.

Con il DM 270 nel 20046 (ministro Moratti) e i successivi decreti attuativi7 (ministro Mussi) la riforma universitaria viene nuovamente rivista apportando non poche modifiche. Tra le principali: • è previsto un numero massimo di 20 esami nei corsi di laurea di primo

livello (triennali), mentre nei corsi di laurea di secondo livello (magistrale) è previsto un massimo di 12 esami,. Di conseguenza,per ridurre il numero degli esami previsti dalla riforma 509, è necessario far sì che più moduli vengano aggregati al fine di raggiungere uniche prove finali e ottenere una minore frammentazione didattica;

• è garantito, agli studenti che nell'ambito di una stessa classe di laurea si trasferiscono da un'università a un'altra o da un corso di laurea a un altro, il riconoscimento di almeno la metà dei crediti accumulati fino a quel momento in virtù della riconoscibilità delle competenze acquisite in canali formali diversi;

• è previsto che, almeno la metà dei docenti dei nuovi corsi di laurea, sia di ruolo nelle materie che costituiscono il corso di laurea stesso. La diminuzione del numero di esami per evitare l’eccessiva

parcellizzazione dei saperi e promuovere l’aggregazione e integrazione dei moduli di studio, una maggiore “riconoscibilità” dei crediti nei trasferimenti e passaggi tra corsi e “trasferibilità” per quelli maturati in ambito professionale, diventano quindi alcuni fra gli strumenti adottati dalla nuova riforma per contrastare i fenomeni di selezione, dispersione e possibile iniquità di sistema.

Considerati i tempi di discussione necessari, si tratta di una riorganizzazione degli ordinamenti universitari ancora in corso. Con la penultima legislatura (Mussi), si è reso indispensabile accompagnare il rispetto delle norme con un piano di valutazione e di monitoraggio dei

6 La riforma secondo il D.M. 270/2004, definitiva entro il 2010/2011, propone la ridefinizione delle nuove classi di laurea e laurea magistrale e, conseguentemente, dell'offerta formativa nel suo complesso.

7 In particolar si vedano: Decreto 16 Marzo 2007 (Determinazione delle classi di lauree universitarie Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 06 Luglio 2007 n. 155 - Supplemento Ordinario n. 153) e Decreto Ministeriale 26 luglio 2007 (linee guida 1,2,3, per l'istituzione e l'attivazione, da parte delle Università, dei corsi di studio.

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risultati effettivi e della qualità dei progetti formativi delle università. I giudizi valutativi e il monitoraggio devono essere resi pubblici e, come recitano le Linee guida relative alla progettazione delle classi di laurea primo e secondo livello8, vi sono obiettivi specifici da conseguire da parte degli atenei, sulla base dei quali verrà condotto uno specifico monitoraggio:

a) una riduzione complessiva dell’offerta di corsi di studio, particolarmente se non sostenuta da una adeguata domanda studentesca, per assicurare il contributo di un numero maggiore di docenti, un più solido impianto, una migliore qualità dell’offerta formativa e una effettiva stabilità nel tempo dei percorsi;

b) una maggiore articolazione in curricula dei percorsi formativi, in particolare di secondo livello, utile a garantire che l’offerta formativa rimanga ampia e variata e che l’accesso ad un medesimo corso di laurea magistrale risulti possibile a laureati provenienti da più corsi di laurea, anche afferenti a classi diverse, con effetti positivi anche quanto a valorizzazione dell’interdisciplinarità. (…)

c) una effettiva e realistica definizione degli obiettivi formativi di ciascun corso di studio, anche attraverso l’utilizzo degli strumenti concordati in sede europea in termini di apprendimento atteso (i cosiddetti “descrittori di Dublino” del dicembre 2004);

d) la collaborazione con il mondo del lavoro e delle professioni nella progettazione dei percorsi formativi e, se necessario o opportuno, nella messa in opera di parti del percorso medesimo; collaborazione in questo senso è stata assicurata a livello nazionale e locale dalle associazioni imprenditoriali, con impegni formali;

e) una chiara e coerente configurazione degli indirizzi generali dei progetti formativi riguardo alla loro collocazione al primo o al secondo livello, in modo da evitare la ripetizione delle medesime attività formative e collocando di norma gli insegnamenti di carattere più avanzato/specialistico al secondo livello; (…)

f) una equilibrata distribuzione degli impegni didattici dei docenti in funzione di un’offerta formativa proporzionata agli organici effettivamente a disposizione, con un pieno utilizzo del tempo-docenza previsto per i docenti dalla normativa vigente, (…);

g) l’introduzione di forme organizzative della didattica più compatte, anche attraverso soluzioni che prevedano una effettiva cooperazione di più docenti su aree di insegnamenti coordinati, con un'unica verifica conclusiva

8 Cfr. Allegato 1, Linee guida per la progettazione dei nuovi ordinamenti didattici dei corsi di laurea e di laurea magistrale, Decreto Ministeriale 26 luglio 2007.

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che comporti l’acquisizione di un numero congruo di CFU entro il limite massimo di esami stabilito dalla nuova normativa;

h) il riconoscimento delle conoscenze, delle competenze e abilità professionali o di esperienze di formazione pregressa solo in termini rigorosamente individuali e attraverso puntuali procedure di accertamento e certificazione, entro i limiti fissati;

i) il raccordo con i percorsi formativi della scuola secondaria nell’ambito degli obiettivi indicati dalla legge n. 1/07 e dei relativi decreti di applicazione;

l) la sperimentazione di metodi didattici più avanzati e più interattivi, anche sulla base di una riflessione teorica e della diffusione delle migliori pratiche, che sarà oggetto di specifiche azioni del Ministero; tra le azioni da incentivare, va prevista la diffusione di corsi di studio e singoli insegnamenti in lingua straniera, in particolare in inglese.

I cambiamenti e i correttivi da sviluppare hanno la finalità di semplificare e qualificare l’offerta formativa. E in termini di risultati l’obiettivo diventa quello di laureare più studenti in meno tempo di quanto mediamente avveniva in passato, contenendo la dispersione a questo livello di istruzione, nelle accezioni di riduzione: a) del numero di abbandoni (nel vecchio ordinamento in media circa il 60-

65% degli iscritti abbandonava, sostanzialmente al primo anno o nel passaggio tra il primo ed il secondo)

b) del ritardo nel conseguimento del titolo (solo una bassissima percentuale si laureava nel corso legale previsto). Accanto ad un calo di iscrizioni, il numero di fuori corso è cresciuto negli anni.

Questi “antichi” e specifici problemi universitari si inquadrano in quelli che a livello sovranazionale sono indicati come benchmark dei sistemi di istruzione, tesi a contrastare il quadro delle dispersioni di sistema. Il terzo rapporto annuale sui progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona (Progress towards the Lisbon Objectives in Education and Training - 2006 Report) evidenzia che, nonostante alcune positive tendenze in determinati settori, i progressi in generale sono ancora troppo lenti e insufficienti per raggiungere gli obiettivi nel 20109. Il benchmark che riguarda direttamente l’istruzione universitaria fa riferimento al numero di laureati (in età 20-29 anni) in materie scientifiche (matematica, scienze e tecnologia), che dovrebbe raggiungere il 15% in più rispetto al dato nazionale del 2000. Per l’Italia siamo ancora decisamente in ritardo: rispetto al 5,7% dei laureati in materie scientifiche nel 2000 si è passati al 12,2% del 9 Vedi Presidenza del consiglio dei ministri: Strategia di Lisbona Piano Nazionale di Riforma, Secondo rapporto sullo stato dia attuazione, Roma, 23 ottobre 2007.

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2006, con una marcata differenza a livello territoriale (Centro-Nord, 14,8%; Mezzogiorno, 8,4%).

La rilevazione della dispersione a livello istituzionale In Italia la principale fonte di rilevazione dati sugli studenti universitari è

l’annuale “Indagine sull'Istruzione Universitaria”, curata fino al 1997 dall’ISTAT e successivamente dall'Ufficio di statistica (URST) del MIUR, riguardante gli iscritti e gli immatricolati al 31 luglio, i laureati/diplomati, gli esami e i corsi post-laurea.

L'Indagine ha l’obiettivo di fornire elementi a supporto delle attività nazionali ed internazionali di monitoraggio e di valutazione del sistema universitario. I dati trasmessi dagli Uffici Statistici di ciascun Ateneo al MIUR-URST vengono pubblicati sul sito web del MIUR e messi a disposizione del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU) che li utilizza per la costruzione degli indicatori sull’intero sistema universitario.

Verso la fine degli anni Novanta la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiana) e l’Osservatorio per la valutazione del sistema formativo hanno collaborato all’individuazione di un insieme minimo di indicatori, proposto al CNVSU e ai Nuclei di valutazione di Ateneo, per poter disporre di una rapida fotografia dei risultati e delle condizioni di funzionamento dei vari atenei.

Si è proposto di rappresentare un ateneo attraverso alcuni indicatori di risultato, tenendo conto delle risorse che ha a disposizione (indicatori di risorse), del modo con cui tali risorse sono trasformate in prodotti (indicatori di processo) e dell’ambiente in cui si trova ad operare (indicatori di contesto)10.

L’elaborazione degli indicatori avviene all’interno delle procedure “Nuclei”, in collaborazione con i Nuclei di valutazione di Ateneo, i quali sottopongono i dati del MIUR-URST ad analisi-revisione (entro il 30 aprile di ciascun anno) sulla base delle indicazioni del CNVSU. Il CNVSU si occupa della diffusione dei dati attraverso la pubblicazione dell’annuale “Rapporto sulla Stato dell’Università”.

Per la definizione degli indicatori di dispersione universitaria si rimanda al mancato raggiungimento da parte dello studente di almeno uno delle seguenti condizioni previste dal percorso di studi:

10 Per il modello teorico di riferimento cfr Stufflebeam, D. L. (1972, 1983, 1985).

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- continuità di iscrizione nel tempo: il rinnovo dell’iscrizione in ciascun anno accademico successivo;

- regolarità nei tempi di conseguimento del titolo (ad es. 3 anni per la laurea di primo livello) e conseguente regolarità nell’acquisizione dei crediti formativi per anno (60 cfu di media per ogni anno accademico);

- linearità di percorso (stesso corso di laurea per l’intero percorso di studi).

Il mancato raggiungimento di uno o più di uno di queste condizioni pone lo studente universitario in una situazione di dispersione, che si manifesta attraverso:

1. la mancata iscrizione ad anni successivi (corrispondente all’attrition anglosassone), dovute a: - l’abbandono degli studi (definitivo o temporaneo) dopo un

periodo breve o lungo di iscrizione ad un corso, attraverso un’uscita dal sistema universitario durante un anno accademico o nel passaggio all’anno di corso successivo; lo studente si definisce drop-out se l’abbandono è definitivo, mentre stop-out se il ritiro è momentaneo;

- il trasferimento da un corso di studi ad un altro (passaggio di Corso di Laurea, Facoltà o Ateneo); lo studente in questo caso corrisponde al transfer-out;

2. l’inattività (nessun credito raggiunto) o un eccessivo rallentamento nella produttività, misurata dal numero di crediti raggiunti; Sono considerati “inattivi” gli studenti (immatricolati o iscritti) che, nell'anno solare successivo a quello di riferimento, non sostengono alcun esame o non conseguono alcun credito (CNVSU, 2007);

3. l’iscrizione “fuori-corso”; il “fuori-corsismo” è un prolungamento del periodo di permanenza nel sistema formativo oltre la durata prevista dall’ordinamento didattico.

Rilevazioni della dispersione a livello nazionale

Per quanto riguarda i risultati delle analisi svolte dal CNVSU, sono

emerse alcune difficoltà nella valutazione degli esiti della riforma degli ordinamenti didattici (DM 509/99), in quanto il sistema non può ancora considerarsi a regime, data la presenza di corsi ad esaurimento (vecchio

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ordinamento) accanto a corsi del nuovo ordinamento e dati i passaggi di studenti dai corsi del vecchio a quelli del nuovo ordinamento11.

Tuttavia dopo sei anni accademici dall’introduzione del nuovo ordinamento didattico è possibile mettere a confronto alcuni indicatori di dispersione degli anni pre-riforma (fino all’a.a. 2001-2002) con gli anni successivi (CNVSU, 2007)12:

- iscrizione negli anni e regolarità; Gli studenti regolari sono oltre un milione, pari al 57,7% del “Totale iscritti corretto”. Letto dal punto di vista complementare, gli studenti fuori corso o ripetenti sono pertanto il 42,3% degli iscritti all’università italiana. Dopo un lieve incremento nei primi anni della riforma, questo tasso ritorna ai livelli precedenti la riforma. Per i corsi del vecchio ordinamento la percentuale di iscritti regolari sul totale iscritti corretto è molto diminuita: dal 44,4% del 2001/02 al 5,1% del 2005/06. Se si considerano solo i corsi del nuovo ordinamento, la percentuale è notevolmente più elevata per l’anno accademico 2005/06 (71%)13.

- iscrizione negli anni; le mancate iscrizioni al II anno, dopo una lieve flessione nei primi anni della riforma (da attribuire anche ai passaggi da vecchio a nuovo ordinamento), si attestano sempre intorno al 20%. Oltre ad una certa quota di abbandoni definita “fisiologica” (CNVSU, 2007), il dato indica la necessità di servizi di orientamento e tutorato ancora più efficaci, attraverso attività di orientamento prima che si concluda il periodo di studi pre-universitari e con informazioni di natura più strategica per le scelte del giovane e della sua famiglia;

11 Occorre ricordare che il DM. 26.7.2007, n. 386 sulle linee guida per la progettazione dei nuovi ordinamenti didattici e il DM 31.10.2007, n. 544, sui Requisiti necessari, hanno dato l’avvio alla ulteriore modifica degli ordinamenti didattici. Tutte le università stanno lavorando per tale revisione e quindi bisognerà attendere almeno un quinquennio per valutarne gli effetti. 12 Gli indicatori presentati sono quelli elaborati dal CNVSU sulla base della rilevazione annuale “Nuclei” e delle rilevazioni dell’Ufficio di statistica del MIUR I dati sono aggiorna ti fino all’anno accademico 2005/06 (e anno solare 2006). Nel periodo di riferimento, i laureati del primo ciclo di lauree triennali sono presenti dal 2004 (solo in minima parte nei due anni precedenti) e nel 2006 compaiono i primi laureati delle lauree specialistiche. 13 Per i corsi di vecchio ordinamento il CNVSU fa riferimento ai Corsi di Laurea (CDL) e ai Corsi di Diploma universitario (CDU) mentre i dati sui corsi di nuovo ordinamento comprendono i Corsi di laurea di primo livello (L1LV), i Corsi di laurea di secondo livello (L2LV) e i Corsi di laurea specialistica a ciclo unico (LSCU).

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Iscritti regolari su totale iscritti

44,4

33,9

56,3 56 55

5,18,5

22,2

85,482,3 74,7 71

87,7

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

1998/99 1999/00 2000/01 2001/02 2002/03 2003/04 2004/05 2005/06

a.a.

%

vecchio ord.

nuovo ord.

Grafico 2: Elaborazione sui dati del CNVSU (2007)

Mancate iscrizioni al II anno

45,9

1817,1

20,318,319,2

20,9 20,420,7

19,219,1

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

1998/99 1999/00 2000/01 2001/02 2002/03 2003/04 2004/05 2005/06

vecchio ord.

nuovo ord.

Grafico 3: Elaborazione sui dati del CNVSU (2007)

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- grado di “attività” nel percorso; per quanto concerne i cosiddetti studenti “inattivi” – iscritti ad un anno dall’immatricolazione o negli anni successivi che non hanno sostenuto alcun esame o acquisito crediti nell’ultimo solare – nel 2005-2006 la percentuale di immatricolati inattivi del nuovo ordinamento (15,5%) è la più bassa dall’avvio della riforma. La percentuale di iscritti inattivi, invece, è leggermente superiore a quella degli ultimi anni (21,1%), perché, per motivi ovvi, è cresciuta molto la quota di studenti inattivi dei corsi del vecchio ordinamento, mentre quella dei corsi del nuovo ordinamento si mantiene ancora su livelli bassi (15%) anche se cresciuta negli ultimi anni.

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20,8

26,2

27,8

24,9

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24

25,1

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19,2

15,5

19,5

16,4

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20

30

40

50

1998/99

1999/00

2000/01

2001/02

2002/03

2003/04

2004/05

2005/06

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23 LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA

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La dispersione universitaria alla Sapienza, Università di Roma

In questo paragrafo presentiamo i tassi di dispersione alla Sapienza, l’Ateneo con il maggior numero di iscritti in Italia.

Dall’analisi dei dati emerge che la situazione dell’Ateneo romano risulta più critica rispetto alla media nazionale, per quanto riguarda in particolar modo gli indicatori di regolarità e di produttività. Se analizziamo i dati relativi agli immatricolati e agli iscritti inattivi notiamo che il dato della Sapienza negli ultimi anni risulta sempre più alto di quello nazionale, sia per il vecchio sia per il nuovo ordinamento.

Lo scarto a svantaggio della Sapienza è più marcato negli ultimi due anni accademici di cui sono disponibili i dati (vedi tabelle 2 e 3). Per il nuovo ordinamento (tabella 3) la Sapienza ha valori superiori del 18,2% per gli immatricolati inattivi e del 10,3% per gli iscritti inattivi. Questa differenza potrebbe essere legata al ritardo nella registrazione degli esami, annoso problema legato alla numerosità della popolazione studentesca. La Sapienza è, per dimensione, il primo Ateneo europeo.

Discorso diverso, invece, se si analizzano i dati sulle mancate iscrizioni al secondo anno di corso e sulla percentuale di studenti in corso sul totale iscritti. In questo caso valori della Sapienza risultano in linea con i dati a livello nazionale. Tabella 2: Tassi di dispersione per anni accademici – vecchio ordinamento (Fonte: elaborazione su dati del portale CNVSU, http://nuclei.cnvsu.it, e VIII rapporto CNVSU)

Anno accademico

Iscritti regolari su totale iscritti

Mancate iscrizioni al II anno

Immatricolati “inattivi”

Iscritti “inattivi”

Italia Sapienza Italia Sapienza Italia Sapienza Italia Sapienza 1998/99 56,3 46,7 20,9 21,3 25,1 26,9 19,1 26,6 1999/00 56,0 46,7 19,2 18,1 24,0 28,2 18,3 28,9 2000/01 55,0 46,9 18,3 38,6 24,1 30,4 16,7 30,2 2001/02 44,4 38,4 ** ** ** ** 21,4 31,4 2002/03 33,9 31,0 45,9 49,8 27,2 45,6 23,4 31,8 2003/04 22,2 31,2 20,3 64,7 26,2 43,1 25,4 41,6 2004/05 8,5 9,8 18,0 48,8 27,8 24,4 31,7 38,8 2005/06 5,1 * 17,1 * 24,9 * 38,3 * * dati non ancora disponibili; ** dati non elaborati in quanto la transizione tra ordinamenti ha consentito una marcata mobilità per l’intero a.a.

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LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA

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Tabella 3: Tassi di dispersione per anni accademici – nuovo ordinamento (Fonte: elaborazione su dati del portale CNVSU, HYPERLINK "http://nuclei.cnvsu.it" http://nuclei.cnvsu.it, e VIII rapporto CNVSU)

Anno accademico

Iscritti regolari su totale iscritti

Mancate iscrizioni al II anno

Immatricolati “inattivi”

Iscritti “inattivi”

Italia Sapienza Italia Sapienza Italia Sapienza Italia Sapienza 2001/02 87,7 85,0 28,2 19,2 33,5 15,4 34,2 2002/03 85,4 82,5 19,1 17,4 20,8 25,4 14,1 22,1 2003/04 82,3 84,7 19,2 24,6 16,4 18,5 12,0 15,8 2004/05 74,7 65,9 20,7 20,3 19,5 37,7 14,6 24,9 2005/06 71,0 * 20,4 * 15,5 * 15,0 * * dati non ancora disponibili.

Alcune ricerche e indagini di natura longitudinale sulla dispersione nelle Facoltà e Corsi di Laurea della Sapienza

Le analisi di flusso, così come presentate nelle tabelle precedenti,

rischiano di fornire una lettura parziale, se non discutibile, del fenomeno della dispersione negli studi universitari e dell'effettivo conseguimento delle lauree. Per analizzare questi fenomeni con una metodologia più corretta è indispensabile seguire i percorsi delle singole generazioni (o coorti) nel tempo. Questo tipo di analisi è stata utilizzata in alcuni studi14 ma risulta essere maggiormente complessa in termini di tempi e di costi di attuazione. Le analisi longitudinali o approccio generazionale, permettendo di seguire individualmente i componenti di una stessa generazione di studenti (da intendersi qui come il gruppo complessivo di studenti immatricolatisi in un anno) per un certo numero di anni, riducono il rischio che i dati aggregati presentano e consentono:nel calcolo della dispersione, di discriminare tra i non riscritti ad un anno di corso gli studenti che abbandonano o che si trasferiscono altrove; nel calcolo dei laureati, di calcolare i tempi di percorrenza individuali (fino al conseguimento in tempi differenziati); nelle indagini di outcome, di seguire lo studente laureato o che ha abbandonato per indagare sulla ricaduta professionale o sulle motivazioni soggiacenti le singole scelte o condizioni. Abbiamo già riferito di quanto questi studi siano

14 Gli studi di Alì sono ormai letteratura in argomento: Alì, M. (1988). In mancanza di informazioni individuali longitudinali si è rivelato estremamente proficuo l'approccio adoperato da Gorelli per ricercare l'evoluzione delle generazioni di studenti nei dati aggregati forniti da rilevazioni ripetute sulla popolazione universitaria (Gorelli, S., 1995; Gorelli, S., Lazzerini, A., 1991).

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gli unici a garantire una lettura affidabile delle diverse manifestazioni della dispersione. Pochi purtroppo finora gli studi di questa natura e, per quanto riguarda l’Ateneo “Sapienza”, il contributo pioniere15 di Alì (1988) va ricordato sinteticamente prima di presentare quelli più aggiornati e concernenti percorsi di studio di nuovo ordinamento. Lo studio condotto da Alì sull'abbandono degli studi universitari ha riguardato l'Ateneo di Roma "Sapienza", analizzando gli iscritti all'università a partire dagli immatricolati nel 1976/77 fino al 1984/85. Con il termine abbandono si è inteso il caso dello studente che "cessa di rinnovare l'iscrizione all'Università prima di essere giunto alla laurea" e che quindi ha formalmente comunicato la sua interruzione, temporanea o definitiva (dopo otto anni di mancato rinnovo dell'iscrizione stessa). L'analisi si è svolta indagando per ogni gruppo generazionale (studenti immatricolatisi in un determinato anno) il comportamento dopo l'immatricolazione in termini di modificazione dei percorsi curricolari, come nel caso del passaggio ad altra Facoltà, corso di laurea o di trasferimenti ma anche le uscite dalla carriera universitaria, in termini di abbandoni o di lauree.

Ingressi ed abbandoni in 5 facoltà dell’Università di Roma “Sapienza” nel nuovo assetto didattico Il titolo di questo sottoparagrafo riprende testualmente il sottotitolo dello

studio condotto da Fasanella e Tanucci (2006) in quanto risponde analiticamente al discorso che stiamo sviluppando. Utilizzando un approccio generazionale, lo studio, maturato nell’ambito della Commissione Orientamento di Ateneo (COA), ha indagato su quanto “il nuovo assetto didattico non riuscisse ad incidere significativamente sui numeri, nel senso di una riduzione drastica degli annosi fenomeni della dispersione, del fuoricorsismo e del ritardo negli studi” (cit. p.9).L’ipotesi di inefficacia del sistema di Nuovo Ordinamento didattico “3+2” richiedeva uno studio empirico, pur premettendo che i dati di analisi riguardano ancora poche (e le prime) generazioni di studenti che hanno “sperimentato” i nuovi percorsi. A tal ragione, lo studio di tipo longitudinale ha proceduto ad una prima comparazione di dati, tra alcune facoltà dell’Università “Sapienza"16, relativamente agli studenti immatricolati negli aa.aa. 2001-2002 e 2002-

15 Nel corso di laurea in Sociologia sono stati condotti molti studi su dati di vecchio ordinamento, utilizzando l’approccio generazionale: cfr. Agnoli, Fasanella, 1999. 16 Le Facoltà interessate sono state: Sociologia, Psicologia 1 e 2, Scienze politiche e Giurisprudenza in quanto partecipanti ad un programma di ricerca di ateneo coordinato da Fasanella e Tanucci.

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2003. Quali i principali risultati emersi? Nel grafico 5 si riportano i valori di dispersione nel passaggio dal I al II anno per le diverse leve considerate nelle 5 Facoltà coinvolte nell’indagine. Spiccano i valori intorno al 50% per Scienze Politiche e Sociologia, mentre le altre Facoltà presentano valori quasi dimezzati. Per tutte le Facoltà sembra esserci un incremento di valori tra le due generazioni considerate, con valori minimi a Sociologia (circa il 2%) e massimi a Scienze Politiche (circa il 9%). Le percentuali riscontrate nel passaggio tra i primi anni di nuovo ordinamento possono essere confrontate con i valori registrati per generazioni di vecchio ordinamento. In tabella 4 riportiamo i dati registrati nei diversi anni considerati per le singole Facoltà coinvolte nell’indagine. Mentre per Giurisprudenza non sembra ci siano stati sostanziali ridimensionamenti della dispersione da trent’anni a oggi (ma bisognerebbe verificare gli andamenti anche negli anni intermedi), a Scienze Politiche negli ultimi dieci anni si assiste ad un incremento di circa il 14% (91-92: 36%; 2002-03: 50%) e, nello stesso arco di tempo, dell’8% a Sociologia (91-92: 43%; 2002-03: 51%).

Sulla base dei risultati emersi, Fasanella e Tanucci (2006) traggono alcune considerazioni sui primi effetti della riforma che, tuttavia, ritengono provvisori e da consolidare con più ampie e più sistematiche evidenze empiriche. I primi giudizi sulla riforma appaiono critici: “i mali atavici dell’università […] non pare abbiano trovato rimedio; nel migliore dei casi, almeno per il momento, si può parlare di riduzione del danno” (cit. p. 28) e riflettendo sull’auspicata semplificazione del sistema che ha accompagnato la riforma del “3+2”, i due autori sottolineano che “l’introduzione di nuovi ordinamenti non sia stata accompagnata, come avrebbe dovuto, da una parallela revisione logistica della didattica. In buona sostanza, le classiche attività di erogazione delle lezioni, di svolgimento degli esami, di assistenza e tutorato agli studenti tendono ad essere condotte secondo modalità tradizionali, già insufficienti rispetto alle esigenze dei vecchi studenti e probabilmente ancora meno rispondenti ai bisogni dei nuovi” (cit. p. 30).

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Drop-out al II anno

48,8

41

25,8

18,4

16,8

50,6

50,1

30,4

21,5

23,5

0 10 20 30 40 50 60

Sociologia

Scienze Politiche

Giurispudenza

Psicologia I

Psicologia II2002-03 ----03-04

2001-02 --- 02-03

Grafico 5 Tabella 4: Dispersioni nel passaggio dal I al II anno in 5 Facoltà nell’Università di Roma, Sapienza (fonte: Fasanella, Tanucci, 2006)

Sociologia 1991-92 →

92-93 1992-93 → 93-94

1993-94 → 94-95

1994-95 → 95-96

2001-02 → 02-03

2002-03 → 03-04

Dispersioni 42,8 35,9 36,2 33,8 48,8 50,6 v.a. (tot) 2.040 1.900 2.338 3.372 1.194 988

Scienze Politiche

1972-73 → 73-74

1981-82 → 82-83

1991-92 → 92-93

2001-02 → 02-03

2002-03 → 03-04

Dispersioni 47,8 37,5 30,3 41,0 50,1 v.a. (tot) 2.044 1.720 2.338 1.115 1.219

Giurisprudenza 1977-78 →

78-79 1981-82 →

82-83 2000-01 →

01-02 2001-02 → 02-03

2002-03 → 03-04

Dispersioni 29,0 28,9 16,7 25,8 30,4 v.a. (tot) 5.249 5.362 1.237 1.420 1.565

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Psicologia I 2001-02 → 02-03

2002-03 → 03-04

Dispersioni 18,4 21,5 v.a. (tot) 1.794 1.067

Psicologia II 2001-02

→ 02-03 2002-03 → 03-04

Dispersioni 16,8 23,5 v.a. (tot) 763 987

Uno studio longitudinale sulle mancate iscrizioni al secondo anno di corso all’Ateneo “Sapienza”: la mobilità come indicatore di dispersione e/o di riorientamento positivo

Abbiamo visto che l’indicatore di mancata iscrizione al secondo anno di

corso può nascondere realtà decisamente diverse: da un lato un possibile abbandono degli studi, dall’altro l’iscrizione ad un altro corso di laurea, facoltà o ateneo. Diventa quindi indispensabile poter discriminare la fuoriuscita dagli studi dalla mobilità interna ed evitare di sommare nel computo della dispersione sia gli studenti che intendono completare gli studi in un altro contesto (i passaggi) sia coloro che decidono di non portare a termine gli studi (gli abbandoni).

Da questa necessità di studio e di analisi nasce un preciso disegno di ricerca avviato da Carci all’interno del Dottorato di Ricerca in Pedagogia Sperimentale, Università di Roma “Sapienza”17.

Oltre alla necessità di indicare modalità di calcolo della dispersione più affidabili, con l’allestimento di una banca-dati che permetta di seguire longitudinalmente i singoli studenti iscritti, lo studio si muove con l’ipotesi di studiare il “passaggio” tra corsi e/o facoltà come possibile indicatore di:

- dispersione: qualora portasse a rallentamenti o alla fuoriuscita dal percorso di studi universitario;

17 La ricerca di Dottorato è ancora in corso. Attualmente si stanno elaborando i dati relativi ad una generazione di immatricolati (nuovo ordinamento) all’Ateneo “La Sapienza”. La popolazione di riferimento sono tutti gli studenti immatricolati per la prima volta ad un corso di laurea triennale nell’a.a. 2002-2003 presso “La Sapienza” di Roma (23.715 studenti). Per rendere omogenea la popolazione si è deciso di includere soltanto gli studenti iscritti per la prima volta all’università, in quanto una precedente esperienza di studio universitario avrebbe potuto influenzare sia il “ritmo” nell’acquisizione dei crediti, sia la decisione di proseguire o meno gli studi.

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- riorientamento positivo: qualora portasse a medio o lungo termine ad un’accelerazione e recupero del percorso con conseguimento del titolo finale.

Il meccanismo di passaggio tra corsi o Facoltà è, nel sistema di nuovo ordinamento, molto meno dispersivo di quanto accadeva nel precedente sistema ordinamentale. Con il sistema di crediti, oggi, si può proseguire nel cambiamento di percorso con minor sprechi di tempo e con il riconoscimento di parte o della totalità dei CFU raggiunti. D’altro canto alcuni servizi di orientamento oggi svolgono funzione di informazione e sostegno in modalità più efficace rispetto al passato.

Un cambiamento di percorso, oggi, non è più un “cominciare daccapo” e qualora fosse frutto di forte motivazione, il terminare gli studi in un altro contesto potrebbe addirittura essere d’aiuto a raggiungere meglio e/o con minor tempo gli obiettivi educativi che ci si era posti al momento dell’immatricolazione. Lo studio di Carci intende quindi verificare gli esiti del passaggio sul percorso di studi in termini di ri-orientamento e ri-motivazione positiva, attraverso l’analisi della produttività dello studente prima e dopo il passaggio (calcolando i crediti raggiunti e la media voto negli anni) e dell’esito raggiunto a distanza di sei anni dall’immatricolazione (conseguimento del titolo o abbandono).

La doppia accezione del passaggio, dispersione o riorientamento, sarà quindi oggetto di analisi attraverso il confronto tra il profilo e percorso degli studenti che effettuano un passaggio e i “lineari”, cioè gli studenti che proseguono gli studi nello stesso corso di laurea di immatricolazione.

Dal punto di vista metodologico l’analisi di Carci riprende lo studio di Romano e Attanasio (2001) sugli indicatori di abbandono, che intende confrontare l’affidabilità degli indicatori di dispersione costruiti su dati aggregati (MIUR, CNVSU) e quelli costruiti su dati individuali longitudinali (seguendo la leva di immatricolati nel tempo). Questi autori hanno provato a correggere le distorsioni del tasso di abbandono approssimato, verificando per l’Ateneo di Pisa una serie di scarti a livello di corsi di studio.

La difficoltà di discriminare tra gli “abbandoni degli studi” (numero di studenti che hanno lasciato gli studi prima di conseguire la laurea) e gli “abbandoni della struttura” (la somma degli abbandoni degli studi e dei passaggi ad altri corsi/facoltà o atenei) ha spinto il CNVSU a sostituire l’indicatore di abbandono con quello di “mancata iscrizione al secondo anno di corso” (vedi formula in riquadro).

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Tabella 5: Il tasso di mancata iscrizione al secondo anno di corso con dati aggregati

Tasso di “mancata iscrizione al II anno” = (IMMa –ISCa+1)/ IMMa dove: IMMa è il numero di immatricolati nell’anno accademico a; ISCa+1 è il numero di iscritti nell’anno accademico a+1, immatricolati nell’anno a.

L’indicatore di mancata iscrizione all’anno successivo, tuttavia, mantiene degli elementi di criticità. Utilizzando i dati aggregati, la formula rapporta gli immatricolati di un particolare anno accademico con gli iscritti al II anno dell’anno successivo. Ma tra gli iscritti al II anno vi sono sia gli immatricolati del precedente anno che proseguono gli studi (studenti “stabili”), sia quegli studenti che provengono da altri corsi/facoltà e atenei (drop-in o mobilità in ingresso).

In modo analogo, le mancate iscrizioni comprendono sia gli abbandoni degli studi, sia i passaggi/trasferimenti in altri percorsi o contesti di studio (mobilità in uscita). Se non ci fosse mobilità (in ingresso e in uscita) o i valori di mobilità in entrata bilanciassero quelli in uscita, il tasso calcolato dal CNVSU sarebbe attendibile; negli altri casi questo tasso è meno affidabile perché, come abbiamo indicato, sovrappone i livelli di mobilità.

Per evitare queste evidenti distorsioni occorrerebbe utilizzare dati su serie storiche, come nelle modalità di calcolo del tasso di mancata iscrizione al secondo anno di corso di seguito presentate nei punti 2 e 3 e messe a confronto nelle tabelle 5 e 6 con la modalità che utilizza dati aggregati (punto 1):

Calcolo (1): tasso calcolato sui dati aggregati ricavabili dal portale del CNVSU.

Calcolo (2): tasso calcolato utilizzando i dati longitudinali forniti dal SATIS (Servizi, Applicazioni e Tecnologie Informatiche della Sapienza). Le mancate iscrizioni al II anno di corso sono calcolate sottraendo dal numero di immatricolati in un anno accademico (leva o coorte) soltanto il numero di studenti di quella leva che si iscrivono all’anno accademico successivo.

Calcolo (3): tasso calcolato utilizzando i dati longitudinali forniti dal SATIS escludendo i passaggi di corso e di Facoltà. Le mancate iscrizioni al II anno di corso sono calcolate sottraendo dal numero di immatricolati in un particolare anno accademico (leva o coorte) sia il numero di studenti di quella leva che si iscrivono all’anno accademico successivo, sia il numero di studenti di quella leva che hanno effettuato un passaggio di corso o di Facoltà.

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Tabella 6: Tassi di mancata iscrizione al secondo anno di corso (vecchio Ordinamento) secondo diverse modalità di calcolo

Mancate iscrizioni a.a. dati aggregati

CNVSU (1) dati

generazionali (2) dati generazionali senza passaggi (3)

1998/99 21,3 32,8 29,3 1999/00 18,1 32,5 29,3 2000/01 38,6 44,7 28,9 2001/02 -25,6 39,8 32,4 2002/03 49,8 23,9 16,7 2003/04 64,7 63,6 60,2 Tabella 7: Tassi di mancata iscrizione al secondo anno di corso (nuovo Ordinamento) secondo diverse modalità di calcolo Mancate iscrizione a.a. dati aggregati

CNVSU (1) dati

generazionali (2) dati generazionali senza passaggi (3)

2001/02 28,2 30,5 26,3 2002/03 17,4 30,7 26,2 2003/04 24,6 33,3 29,1

I sensibili scarti emersi utilizzando le diverse modalità di calcolo

rafforzano la necessità di far riferimento a dati longitudinali e con un maggiore livello di disaggregazione per una più affidabile metodologia di calcolo degli indici di dispersione. Le informazioni ricavate attraverso l’uso di una metodologia su dati longitudinali permettono di: a) avere una più chiara analisi dei flussi nei percorsi di studio (abbandoni, passaggi, trasferimenti); b) ottenere fotografie più precise della mobilità studentesca, senza confonderla con l’interruzione degli studi; c) programmare interventi di orientamento e di ri-orientamento più mirati.

Alcuni studi longitudinali nella Facoltà di Economia sulle dimensioni della dispersione nei nuovi ordinamenti

In questi anni recenti molte indagini sono state condotte sui flussi di

iscritti alla Facoltà di Economia. Tre le principali piste statistiche di lavoro da segnalare per il nostro discorso di analisi delle dispersioni universitarie, che si inseriscono all’interno del progetto di ricerca di Ateneo "Metodologie statistiche per la valutazione del sistema universitario" di cui Petrella è la responsabile :

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a) analisi delle variabili predittive del fenomeno dell’abbandono; b) valutazione dei tempi di laurea; c) analisi longitudinale dei crediti accumulati. Lo studio della probabilità di abbandono fa uso di modelli lineari

generalizzati ad effetti misti utilizzando per la stima un approccio non parametrico (cfr. Maruotti, Petrella, 2008). L'obiettivo è di indagare quali variabili tra quelle disponibili predicano la probabilità di abbandono da parte degli studenti della laurea triennale. Gli studenti che abbandonano in questo contesto, sono tutti quegli studenti che lasciano l’università o che si iscrivono in altre facoltà o che non si riscrivono al secondo e terzo anno. Il campione osservato è relativo alla Facoltà di Economia ed è dato dalla somma degli studenti iscritti negli anni accademici 2002-2003, 2003-2004, 2004-2005 per un totale di 5955 studenti. Per questi studenti le informazioni disponibili sono sesso, età, tipo di maturità, voto e data, residenza e recapito, corso di laurea a cui è iscritto, ISEE, esami universitari sostenuti con data, voto e numero di crediti fino al 2007 ed eventuale esame di laurea. I risultati ottenuti mostrano una sostanziale relazione tra il fenomeno degli abbandoni e il tipo di scuola secondaria scelta, il voto di maturità, il sesso, l’ISEE, il tempo intercorso tra il diploma e l’iscrizione all’università.

Lo studio sulle variabili che influenzano da un lato i tempi di conseguimento del diploma di laurea e dall’altro l’accumulo dei crediti da parte degli studenti nel corso della laurea triennale sono attualmente oggetto di indagine. I dati su cui si effettua l’analisi relativi agli studenti della Facoltà di Economia negli a.a. 2001-2002, 2002-2003, 2003-2004, 2004-2005 sono simili a quelli di cui sopra, solo che in questo contesto le variabili risposta sono rispettivamente la durata degli studi ed il totale dei crediti accumulati durante il primo anno, il secondo e nel terzo anno. L’analisi viene effettuata attraverso opportuni modelli statistici di sopravvivenza e di regressione, andando a valutare le differenze che esistono tra gli studenti più o meno bravi al variare delle variabili indipendenti relative ai singoli studenti. Il piano di monitoraggio della dispersione nella Facoltà di Filosofia

A completare le analisi sui piani di monitoraggio della dispersione a livello di Facoltà nell’Ateneo della Sapienza, presentiamo alcune ricerche e risultati relativi alla Facoltà di Filosofia.

A partire dall’introduzione della riforma degli ordinamenti didattici la Facoltà di Filosofia ha deciso di avviare uno studio e un monitoraggio dei flussi di immatricolazione, prosecuzione e dispersione degli studenti. Si tratta

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di rilevazioni annuali sulla posizione amministrativa degli studenti di ciascuna leva per quantificare le tipologie di posizioni degli studenti e valutare l’entità del fenomeno della dispersione18.

In particolare il Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione, fin dalla sua attivazione nell’a.a. 2001-2002, ha predisposto un piano di monitoraggio dei percorsi di ingresso e di studio degli studenti, con l’intento di disporre di informazioni utili al miglioramento dell’offerta didattica19. Più in particolare per attivare un processo di riflessione sull’offerta formativa e di funzionale riorganizzazione da parte degli organi competenti (Consiglio di Corso di Laurea, Consiglio di Facoltà) si è allestita una banca-dati che registrasse, nel tempo:

- l’anagrafica degli studenti in ingresso; - i flussi di percorso: per analizzare, rispetto alle differenti modalità di

iscrizione (matricole, passaggi, abbreviazioni, ecc) i tempi di conseguimento del titolo (lauree triennali) e la possibile dispersione (passaggi, e abbandoni);

- alcune dimensioni (variabili) specifiche degli studenti: per indagare le aspettative, gli atteggiamenti, le opinioni degli studenti nelle scelte operate e rispetto ai punti di forza e debolezza dell’offerta formativa.

Operativamente si è proceduto alla messa a punto di una banca-dati che a partire dalle informazioni sull’anagrafica degli studenti al momento dell’iscrizione e sulle loro aspettative e opinioni sul corso e sui servizi preposti alla “facilitazione” negli studi (tutor, mentori, segreteria didattica, ecc.) registra nel tempo i cambiamenti nel percorso di studio (numero esami, riorientamenti di percorso, completamento/abbandoni, ma anche opinioni e suggerimenti, ecc.) e ulteriori informazioni in base alle trasformazioni del corso di laurea e di specifiche esigenze di ricerca. In questi ultimi anni, ad esempio, sono stati aggiunti i punteggi alla prova di ingresso, resasi obbligatoria dall’a.a. 2003-2004, e i dati sull’attivazione dei percorsi di tirocinio, che gli studenti possono svolgere dal loro secondo anno di corso20.

Il piano di monitoraggio del corso di laurea mira in tal modo alla ricostruzione quantitativa dei flussi di immatricolazione, iscrizione, dispersione e di conseguimento del titolo. Accanto a tale metodologia di analisi il piano di monitoraggio prevede poi alcune “fotografie” più

18 Occorre sottolineare che il ritardo nella registrazione degli esami sostenuti dagli studenti ostacola l’estensione di tale monitoraggio agli aspetti legati alla produttività dello studente, ossia ai crediti conseguiti per anno e alla media voto per anno di ogni singolo studente. 19 cfr. Benvenuto, 2003. 20 cfr. Benvenuto, G. (2006c); Salerni A., Sanzo A., Sposetti P., Storchi M. N. (2007a) (a cura di); Salerni (2007b).

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analitiche: si analizzano in particolari alcuni fenomeni e dimensioni procedendo a modalità di contatto campionario per studiare ad esempio le modalità di studio, le tipologie di scrittura universitaria, le condizioni occupazionali, ecc.21

I dati di flusso raccolti sulla Facoltà di Filosofia oggi ci permettono di comparare le dimensioni della dispersione per la prima leva di nuovo ordinamento (2001/02) con quelle che rilevammo circa dieci anni fa su una leva di iscritti al Corso di Laurea in Filosofa della Facoltà di Lettere e Filosofia, della Sapienza di Roma, seguendone il flusso dal 1987/88 al 1996/97 (Benvenuto, 1998) 22.

Lo scopo di quella analisi era stato quello di rilevare la dispersione universitaria in un arco di tempo tale da seguire la quasi totalità dei percorsi individuali di una coorte di studenti. Per visualizzare il tipo di analisi utilizzammo due differenti modelli:

- tabelle di eliminazione: in cui i dati relativi alla coorte si succedono per eliminazione/cumulo (vedi in Appendice tab. 7 e 8); - grafici di flusso: in cui i dati relativi ad una coorte si rappresentano secondo una successione progressiva (vedi in Appendice fig. 8).

Utilizzando la stessa metodologia di analisi abbiamo oggi considerato la prima leva di studenti iscritti alla Facoltà di Filosofia (come aggregato di 3 corsi di laurea)23 per misurare i valori di dispersione sui primi aa.aa. di nuovo ordinamento.

Per l’analisi dei flussi abbiamo utilizzato dati individuali su serie storica24 e quindi abbiamo potuto ricostruire la percentuale di studenti che hanno lasciato la Facoltà o i singoli Corsi di Laurea, per un abbandono/sospensione degli studi o per “mobilità” interna/esterna, di coloro che risultano ancora iscritti, in corso o fuori corso, e la percentuale di chi consegue la laurea, nei tempi previsti dal corso di studi o con uno o più anni di ritardo.

In tabella 9 e 10, riportate in appendice, si ricostruisce il flusso della leva considerata a partire dal numero di studenti immatricolati, con gli eventuali

21 cfr. Benvenuto, G. (2006a, 2006b); Benvenuto, G., Carci, G. (2007). 22 L’analisi longitudinale, per la coorte di iscritti nell’anno ’87-88, è stata condotta grazie all’attiva collaborazione del dott. Palucci del Centro Elaborazione Dati dell’Università di Roma, La Sapienza. 23 Con la riforma dei nuovi ordinamenti e il decongestionamento dell’Ateneo “La Sapienza”, nasce nel 2001 la Facoltà di Filosofia, prima in Italia, presieduta da Marco Maria Olivetti. Essa prevede al suo interno tre corsi di Laurea: Filosofia, Teorie e tecniche della conoscenza, Scienze dell’educazione e della Formazione. 24 Il data-base ci è stato fornito dal dott. Bruno Sciarretta del SATIS (Servizi, Applicazioni e Tecnologie Informatiche della Sapienza).

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passaggi ad ogni anno accademico successivo, le prosecuzioni, gli abbandoni o il conseguimento della laurea (fino all’ultimo anno disponibile).

L’individuazione del numero e delle caratteristiche delle diverse tipologie di studenti consente di valutare l’efficacia e l’efficienza del corso di studi e, parallelamente, di porre le basi per indagini più specifiche sui diversi fenomeni universitari. Una volta individuati nel tempo i dispersi o i fuori corso, ad esempio, sarà possibile predisporre delle indagini sulle caratteristiche di questi studenti e sui fattori legati alla dispersione o al “fuoricorsismo” rivolte all’attivazione di azioni di contrasto a tali fenomeni critici. I grafici 6 e 7 di seguito riportati ci aiutano a sintetizzare il confronto. La leva di nuovo ordinamento ha tassi di laurea doppi, minor dispersione e, di conseguenza, meno studenti che sono fuori-corso di più di 3 anni oltre la regolarità di percorso. È vero che questa rilevazione confronta valori di flusso a distanza di tre anni fuori-corso, e quindi sostanzialmente registra ancora la presenza del problema di ritardi nella regolarità di percorso, ma è altrettanto vero che le differenze a vantaggio dei percorsi di nuovo ordinamento sono incoraggianti e lasciano sperare che tali percorsi possano progressivamente permettere risultati migliori. Se poi analizziamo il dettaglio dei valori di dispersione (graf. 7), si rileva nei percorsi di nuovo ordinamento una diminuzione del 15%, passando in 6 anni di percorso dal 62% al 41%. Disaggregando i valori in percentuale relativa, nei nuovi percorsi aumentano gli abbandoni (17,6% nel v.o. al 38,5 nel n.o.) e diminuiscono le rinunce formalizzate (63,7% nel v.o. e 44,6% nel n.o.). Una prima indagine questa che andrà ripetuta e seguita nel tempo, per verificare se e quanto l’andamento positivo dei nuovi ordinamenti si confermi o ritorni a valori critici come nel passato sistema ordinamentale. Certo è che per studiare e monitorare gli effetti delle riforme dovremmo disporre di dati assai più consistenti di quelli riportati fin qui. I giudizi finora raccolti sono provvisori e richiedono sistematiche evidenze da registrare nei prossimi anni.

Page 37: PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE · Rivista di Psicologia dell’Educazione e della Formazione 2008, Vol. 10 n. 2, 5-46 5 La dispersione universitaria: indicatori nazionali

LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA

37

Un confronto tra vecchio e nuovo ordinamento per "Filosofia":

analisi longitudinale dei flussi a 3 aa. Fuori Corso

23,1

61,9

15,0

13,3

47,1

39,6

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0

prosecuzioni

dispersione

Lauree

%

leva N.O. (2001/02) Facoltà

leva di V.O. (1987/88) Corso di laurea

Grafico 6

Le forme della dispersione: un confronto tra vecchio e

nuovo ordinamento

10,918,1

11,6

8

39,5

21

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

leva di V.O. (1987/88) Corso di laurea leva N.O. (2001/02) Facoltà%

abbandoni

passaggi/trasfer.

rinunce formalizzate

61,9

47,1

Grafico 7