Psicologia - Il Disturbo Ossessivo Compulsivo - Tesi - Francesca (eBook - Med - Ita)

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Universit degli studi di Padova Facolt di Psicologia

TESI DI LAUREA

DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO: UNAPPLICAZIONE CLINICA DEL TEST DI RORSCHACH SECONDO IL SISTEMA COMPRENSIVO DI EXNER

Relatrice: Prof.ssa A. Lis

Laureanda: Francesca Sogne Matricola: 413208

A.A. 2001 - 2002

INTRODUZIONEIl Disturbo Ossessivo Compulsivo stato considerato per lungo tempo uno dei disturbi mentali pi difficili da trattare. Negli ultimi ventanni i progressi delle terapie comportamentali e farmacologiche hanno reso la prognosi molto pi favorevole, contribuendo cos alla nascita di un nuovo interesse da parte dei ricercatori verso lo studio di questa sindrome. Il primo capitolo della ricerca dedicato allanalisi e alla descrizione di questa patologia secondo i criteri diagnostici sia del DSM IV sia dell ICD 10. Lanalisi del disturbo viene fatta senza seguire una teoria o unipotesi specifica, ma, al contrario, tenendo in considerazione ipotesi eziopatogenetiche e terapeutiche caratteristiche di filoni di pensiero molto diversi tra loro: psicoanalitico, comportamentale, cognitivo e biologico. Con il secondo capitolo intendiamo semplicemente fare una presentazione di quello che sar il nostro strumento di ricerca: il Test di Rorschach. Dopo una breve introduzione al test come tecnica proiettiva, laccento viene subito spostato sullo specifico sistema di siglatura da noi utilizzato: il Sistema Comprensivo di Exner, caratteristiche psicometriche, fa del Test di Rorschach uno strumento di ricerca valido e fedele. Il terzo capitolo consiste in una panoramica sugli strumenti utilizzati per lindividuazione e la valutazione del Disturbo Ossessivo Compulsivo. Per ogni strumento vengono evidenziati gli scopi principali (individuazione dia- gnostica del disturbo, valutazione della gravit dei sintomi, ecc...), le modalit di utilizzo e soprattutto le caratteristiche psicometriche di validit e fedelt. Con il quarto capitolo si entra nel vivo della ricerca. Vi sar una descrizione della situazione sperimentale, specificando sia le modalit di reperimento dei soggetti, 15 pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo, sia il quale, grazie alle sue

Disturbo Ossessivo Compulsivo: unapplicazione clinica del Test di Rorschach secondo il Sistema Comprensivo di Exner

la composizione dei campioni utilizzati, sperimentale e di controllo, nonch una spiegazione degli aspetti metodologici seguiti, come le modalit di som- ministrazione del test seguite e le analisi statistiche utilizzate. Lultimo para- grafo riguarda le ipotesi che guideranno successivamente la ricerca. Il quinto capitolo contiene i risultati delle analisi statistiche applicate, suddivise in base ai confronti tra campioni: si avr una prima analisi riguar- dante il confronto tramite Chi Quadro e intervallo di fiducia tra campione sperimentale e campione di controllo costituito da 700 soggetti normali, una seconda inerente alluso della distribuzione Chi Quadro tra soggetti con DOC e 315 soggetti Depressi e un ultimo confronto tra i nostri pazienti e i 440 outpatient di Exner. Infine, un ultimo breve capitolo viene dedicato alle considerazioni conclusive dei risultati emersi, considerazioni fatte sulla base delle ipotesi di partenza, in modo tale da avere un profilo generale della struttura di personalit dei soggetti con DOC cos come emerso dai nostri protocolli: situazione di stress acuto, modulazione degli affetti incontrollata, percezione autosvalutativa del s, difficolt relazionali e numerosi problemi nella sfera percettiva e dellideazione.

II

INDICE1 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 IL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO Brevi cenni storici Inquadramento diagnostico Presentazione del disturbo Fenomenologia Diagnosi differenziale Eziopatogenesi 1 1 2 6 8 9 14 14 23 25 30 32 32 34 35 38 41 41 42

1.6.1 Lipotesi psicoanalitica 1.6.2 Le ipotesi comportamentali 1.6.3 Le ipotesi cognitive 1.6.4 Le ipotesi biologiche 1.7 Trattamento

1.7.1 La terapia psicoanalitica 1.7.2 La terapia farmacologica 1.7.3 La psicoterapia cognitivo-comportamentale 1.7.4 Altre terapie 2 2.1 2.2 2.3 IL TEST DI RORSCHACH Introduzione alle tecniche proiettive Il test di Rorschach Il test di Rorschach secondo il sistema comprensivo di Exner

44

Disturbo Ossessivo Compulsivo: unapplicazione clinica del Test di Rorschach secondo il Sistema Comprensivo di Exner

2.3.1 Brevi cenni storici 2.3.2 Il Sistema Comprensivo 2.3.3 Standardizzazione e fondamenti psicometrici 2.3.4 Il modello di scoring del protocollo 2.3.5 Il sommario strutturale 2.3.6 Scopi clinici del Rorschach 2.3.7 Critiche al Metodo Comprensivo 3 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 STRUMENTI DELLASSESSMENT

44 45 48 50 51 52 54 57

Maudsley Obsessional-Compulsive Inventory (MOCI) 58 Padua Inventory (PI) Leyton Obsessional Inventory (LOI) Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (Y-BOCS) The Obsessive - Compulsive Inventory Multidimensional Perfectionism Scale (MPS) The Overvalued Ideas Scale (OVIS) Compulsive Activity Checklist (CAC) Obsessive Thoughts Checklist (OTC) 61 63 65 67 69 70 71 72

LOCCWG: L Obsessive Beliefs Questionnaire (OBQ) e l Interpretation of Intrusions Inventory (III) 72 75 78 81 81

3.11 3.12 4 4.1

Questionari di tipo cognitivo Altri questionari per il DOC LA RICERCA Scopo della ricerca

IV

Indice

4.2

La situazione sperimentale

81 83 86 87 87 91

4.2.1 Il campione sperimentale. 4.2.2 Il campione di riferimento 4.3 4.4 5 5.1 Metodologia della ricerca Le ipotesi I RISULTATI

La statistica del Chi Quadro: Campione Sperimentale vs Campione Normativo 91 93

5.1.1 Discussione 5.2 LIntervallo di Fiducia: Campione Sperimentale vs Campione Normativo 5.2.1 Profilo medio del Campione Sperimentale 5.3

98 101

La Statistica del Chi Quadro: Campione Sperimentale vs Campione Depressi 108

5.4

La statistica del Chi Quadro: Campione sperimentale vs Campione degli Outpatient 109 113

6 6.1

DISCUSSIONE DEI RISULTATI Conclusioni: Campione Sperimentale vs Campione Normativo 6.2 Conclusioni: Campione Sperimentale vs Campione Depressi 6.3 Conclusioni: Campione Sperimentale vs Campione Outpatient 6.4 Conclusioni finali

113

115

116 117

V

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7 7.1 7.2

BIBLIOGRAFIA Libri ed articoli Siti Internet

119 119 121

VI

1 IL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO1.1 Brevi cenni storiciI pensieri ossessivi e i comportamenti compulsivi da sempre affliggono molte persone. Nellantichit essi erano considerati espressione di una possessione soprannaturale e in epoca medioevale erano temuti come manifestazioni di poteri demoniaci. Alcuni riferimenti e descrizioni del passato hanno consentito di riconoscere le caratteristiche del disturbo, senza tuttavia che ad esso venisse attribuita una minima connotazione clinica-psicologica, per la quale invece necessario ricondursi alla scuola francese dellOttocento. La prima descrizione in termini scientifici viene attribuita ad Esqirol (1838), che defin il disturbo come un delirio parziale delire partiel, nel quale una forza involontaria ed irresistibile spingeva lindividuo a compiere azioni che la co- scienza respingeva ma che la volont non riusciva a sopprimere. Tra la seconda met dellOttocento ed i primi del Novecento si assiste dapprima ad un progressivo e netto distacco concettuale del disturbo ossessivo dalle forme deliranti, per giungere ai primi del Novecento alla composizione del quadro delle nevrosi, suddivisa nelle forme di nevrastenia, isteria, psica- stenia.Nonostante linserimento nel quadro nevrotico il disturbo ossessivo non era per ancora distinto da altre forme cliniche come lagorafobia, le fobie, il disturbo di panico, i fenomeni vasomotori e i vari sintomi somatici, tale distin- zione avvenne solo in seguito. Nonostante il disturbo ossessivo non costituisse ancora la categoria diagnostica odierna, i suoi aspetti caratteristici apparivano gi ben chiari e so-

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no rimasti invariati fino ad oggi: il disagio e/o malessere, la coscienza di malattia, linsorgenza improvvisa, landamento fluttuante e parossistico, una sintomatologia ad espressione variabile, lincapacit ad opporsi e vincere lidea o limpulso di compiere unazione, la ripetizione di idee o gesti non voluti, la riduzione momentanea della tensione a seguito della compulsione e la difficolt di trattamento. Grazie a questi elementi si poi potuto trovare un comune terreno di lavoro basato sullosservazione clinica e su validi criteri identificativi condivisi uniformemente. Attualmente, nonostante lappartenenza a differenti scuole, le caratteristiche salienti del DOC sono rimaste le stesse, rientrando nei criteri classificatori internazionali come Disorders (DSM IV). lIntenational Classification Disease, 10th Edition (ICD10) ed il Diagnostic and Statistical Manual of Mental

1.2

Inquadramento diagnosticoLe manifestazioni essenziali di questo disturbo, classificato come Di-

sturbo dAnsia, sono ossessioni o compulsioni ricorrenti, abbastanza gravi da causare una marcata preoccupazione, da costituire una notevole perdita di tempo, o da interferire significativamente con la normale routine della persona, col funzionamento lavorativo, con le abituali attivit sociali o le relazioni interpersonali. Sebbene i criteri diagnostici per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo della terza edizione, rivista, del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-III-R) siano stati largamente mantenuti nel DSMIV (Tab. 1.1), sono state apportate delle modifiche nelle definizioni di ossessione e compulsione. Mentre il DSM-III-R definiva le ossessioni some pensieri e le compulsioni come azioni, il DSM-IV introduce losservazione clinica che i

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1 Il Disturbo Ossessivo Compulsivo

pensieri (cio atti mentali) possono essere sia ossessioni sia compulsioni, a seconda del fatto che essi aumentino lansia (ossessioni) oppure la riducano (compulsioni). Il DSM-IV inoltre modifica la definizione di ossessione per evitare il termine ego-distonico e privi di senso precedentemente usati, poich entrambi sono difficili da definire e da rendere operativi. Il DSM-IV e- limina anche la definizione delle compulsioni come atti finalizzati e inten- zionali, dal momento che i pazienti spesso riferiscono che le compulsioni non sono n finalizzate n intenzionali. Il DSM IV definisce le ossessioni come idee, pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e/o persistenti che insorgono improvvisamente nella mente del soggetto (temere di danneggiare qualcuno, o contaminarsi, porsi degli in- terrogativi, scene mentali); questi, vengono percepiti come intrusivi, fastidiosi e privi di senso; provocano disagio, ansia o malessere, ed il paziente tenta in ogni modo di ignorarli, sopprimerli o neutralizzarli (mediante un pensiero o unazione) riconoscendoli egli stesso come prodotto della propria mente e non imposti dallesterno. Le compulsioni rappresentano invece atti mentali (covert), come ad esempio contare, pregare, ripetere parole o frasi, etc., o comportamentali (o- vert) ad esempio controllare, pulire, riordinare etc., ripetitivi, finalizzati e in- tenzionali (effettuati in modo eccessivo e irragionevole), messi in atto in risposta ad unossessione, seguendo regole precise e stereotipate, allo scopo di neutralizzare e/o prevenire un disagio o malessere e un evento e/o una situazione temuta. Il manuale specifica anche che le ossessioni e le compulsioni devono interferire in modo significativo con il funzionamento psicosociale del soggetto, linterferenza con il quotidiano viene valutata nella perdita di almeno unora al giorno a causa dei sintomi.

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Il DSM IV permette anche al medico di specificare se il soggetto ha il tipo di Disturbo Ossessivo-Compulsivo con scarsa consapevolezza (insight), nel caso in cui lindividuo non riconosca Leccesso delle sue ossessioni o dei suoi comportamenti compulsivi. LICD-10 definisce il DOC come una sindrome e non come un disturbo, ma per il resto le due serie di criteri diagnostici sono abbastanza coincidenti. LICD pone in particolare evidenza la questione della resistenza, cio la ne- cessit, a scopi diagnostici, che il soggetto abbia cercato o cerchi di opporsi alle ossessioni e/o alle compulsioni. In genere per, come questo stesso manuale evidenzia, se il disturbo presente da un lungo periodo la resistenza pu essere minima, e in alcuni casi, anche nulla. I criteri diagnostici di questultima classificazione sono illustrati nella Tabella 2.

Tabella 1: Criteri diagnostici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo secondo il DSM-IV (APA, 1994; trad. it. Masson, Milano, 1995)F 42.8 Criteri diagnostici per il Disturbo Ossessivo-Compulsivo secondo il DSM-IV, (1994) A. Ossessioni o compulsioni: Ossessioni come definite da (1), (2), (3) e(4). (1) (2) (3) (4) pensieri, impulsi o immagini ricorrenti persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso, come intrusivi e inap- propriati e che causano ansia o disagio marcati; i pensieri gli impulsi o le immagini non sono semplicemente eccessive preoccupazioni per i problemi della vita reale; la persona tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni; la persona riconosce che i pensieri, gli impulsi o le immagini ossessivi sono un prodotto della mente ( e non imposti dallesterno come nellinserzione di pensiero). Compulsioni definite come da (1) e (2). (1) comportamenti ripetitivi (ad esempio lavarsi le mani, riordinare, controllare),o azioni mentali (ad esempio pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta a unossessione o secondo regole che devono essere applicate rigidamente; (2) I comportamenti l le azioni mentali sono rivolti a prevenire o ridurre il disagio o a prevenire alcuni eventi o situazioni temuti: comunque questi comportamenti o azioni mentali o non sono collegati in modo realistico con ci che sono designati a neutralizzare o a prevenire oppure sono chiaramente eccessivi. B. In qualche momento nel corso del disturbo, la persona ha riconosciuto che le ossessioni o le compulsioni sono eccessive o

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1 Il Disturbo Ossessivo Compulsivo

irragionevoli. Nota: Ci non si applica ai bambini. C. Le ossessioni o compulsioni causano disagio marcato, fanno consumare pi tempo (pi di unora al giorno), o interferi- scono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo (o scolastico) o con le at- tivit o relazioni sociali usuali. D. Se presente un altro disturbo di Asse I, il contenuto delle ossessioni o delle compulsioni non limitato ad esso (ad e- sempio preoccupazione per il cibo in presenza di un disturbo dellalimentazione; tirarsi i capelli in presenza di tricotillo- mania; preoccupazione per il proprio aspetto nel disturbo da dismorfismo corporeo; preoccupazione riguardante le sostanze nei disturbi da uso di sostanze; preoccupazione di avere una grave malattia in presenza di ipocondria; preoccupazione riguardante desideri o fantasie sessuali in presenza di una parafilia; o ruminazioni di colpa in presenza di un disturbo de- pressivo maggiore). E. Il disturbo non dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (ad esempio, una droga di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale. Specificare se: Con scarso insight: se, per la maggior parte del tempo, durante lepisodio attuale, la persona non riconosce che le ossessioni e compulsioni sono eccessive o irragionevoli.

Tabella 2: Criteri diagnostici per la ricerca della sindrome ossessivo-compulsiva secondo lICD-10 (WHO, 1993;trad.it. Masson, Milano, 1995).F42 Sindrome ossessivo-compulsiva (ICD-10, 1993). Criteri diagnostici per la ricerca A. B. Ossessioni e/o compulsioni sono presenti per la maggior parte dei giorni per un periodo di almeno due settimane. Le ossessioni (pensieri, idee o immagini) e le compulsioni (atti) condividono le seguenti caratteristiche, ognuna delle quali deve essere presente: (1) (2) (3) (4) Sono riconosciute come originatesi dalla mente del paziente, e non imposte da persone o influenze esterne. Sono ripetitive e spiacevoli e almeno una ossessione o compulsione riconosciuta eccessiva o irragionevole. Il paziente cerca di resistervi (ma se esse sono di durata molto lunga, la resistenza pu essere minima). Deve essere presente almeno unossessione o compulsione alla quale il soggetto ha tentato invano di resistere. Sperimentare i pensieri ossessivi o portare avanti gli atti compulsivi non di per s piacevole (per quanto possa comportare temporaneo sollievo dalla tensione o dallansia). C. Le ossessioni o le compulsioni causano sofferenza o interferiscono con il funzionamento sociale o individuale del soggetto, in genere provocando una perdita di tempo. D. Criteri di esclusione pi comunemente usati. Le ossessioni o le compulsioni non sono dovute ad altre sindromi psichiche, come la schizofrenia e sindromi correlate (F20-F29) o le sindromi affettive (F30-F39). La diagnosi pu essere ulteriormente specificata mediante le seguenti codifiche a quattro cifre: F42.0 Prevalenti pensieri e ruminazioni ossessive F42.1 prevalenti azioni compulsive (rituali ossessivi) F42.2 Associazioni di pensieri ossessivi e azioni compulsive F42.8 Altre sindromi ossessive-compulsive F42.9 Sindrome ossessivo-compulsiva non specificata

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1.3

Presentazione del disturboIl Disturbo Ossessivo Compulsivo la quarta pi comune

diagnosi psichiatrica negli Stati Uniti, dopo fobie, disturbo dovuto a sostanze e disturbo depressivo maggiore (Karno et al.,1998). Tra gli adulti, uomini e donne hanno lo stesso rischio di esserne affetti; tuttavia tra gli adolescenti i ragazzi sono pi facilmente colpiti dal disturbo rispetto alle ragazze. Let media di esordio di 20 anni circa, anche se la data dinizio varia a seconda del sesso, decisamente pi precoce nei maschi che nelle ragazze. La lentezza ossessiva sembrerebbe essere il principale problema per i maschi adulti, mentre nelle donne sembrerebbero pi diffuse le paure di contaminazione accompagnate da rituali di lavaggio e di pulizia. Da uno studio italiano abbastanza recente (Lensi et al., 1996), in cui sono stati analizzati 263 soggetti con DOC attraverso unintervista semistrutturata, sono emerse delle differenze significative tra uomini e donne: -uomini: un inizio pi precoce e pi frequenti storie di traumi perinatali, maggiore probabilit di non essere mai stati coniugati e una pi elevata frequenza di ossessioni sessuali, di precisione e di simmetria oltre che di rituali bizzarri. -donne: un inizio pi tardo del disturbo, maggiore probabilit di essere state sposate, tassi pi elevati di disturbo di panico associato dopo linsorgenza del DOC, maggiore frequenza di ossessioni aggressive allinizio del disturbo, minore associazione col disturbo bipolare. Per la maggior parte dei casi linsorgenza della sintomatologia progressiva e subdola, ma sono stati descritti casi ad insorgenza acuta. Generalmente alcuni elementi del disturbo sono gi presenti prima che esso divenga

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1 Il Disturbo Ossessivo Compulsivo

conclamato. Di solito i sintomi compaiono su base sporadica, sono di bassa intensit e non provocano disagio o appaiono tanto insignificanti da non attrarre lattenzione del soggetto. Sono indicati come fattori precipitanti difficolt sessuali e matrimo- niali, gravidanza e parto, malattie o morte di familiari e persone amiche, fru- strazioni ed eccessivo lavoro. Alcuni autori hanno osservato che in soggetti con disturbi di personalit sono sufficienti minori eventi stressanti per innescare il disturbo. Vanno distinti i fattori esacerbanti il disturbo da quelli che ne causano linsorgenza; infatti, nel corso di interviste frequente riscontrare, anche molti anni prima dellespressione eclatante del disturbo, la presenza di una sintomatologia ossessiva pi sfumata o circoscritta in un unico settore di comportamento, daltronde altres frequente lassociazione del disturbo con una sintomatologia ansiosa e depressiva che da alcuni viene interpretata quale conseguenza e da altri quale causa del disturbo. Mentre nei bambini si pu assistere a remissioni complete del disturbo senza lausilio di alcun trattamento (Berg et al. 1989), negli adulti il decorso della malattia sarebbe tendenzialmente cronico, con fluttuazioni dei sintomi senza per remissioni o deterioramenti ben definiti. In base ai pi vecchi studi retrospettivi e secondo quelli prospettivi pi recenti, la maggioranza dei pa- zienti con DOC continua nel tempo a soddisfare i criteri del disturbo o a man- tenere una sintomatologia paraclinica. (Eisen et al. 1995_Steketee et al.) Il disturbo noto per essere molto difficile da trattare e i pazienti che ne soffrono sono spesso poco gestibili, in seguito alla presenza di ira, ostilit e rigidit. In uno studio su 90 pazienti Kringlen (1965) nota che solo il 20% era migliorato da 13 a 20 anni dopo il trattamento. Al follow-up dopo 14 anni Grimshaw (1965) trova invece che il 40% del campione era migliorato ancora. 7

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Con lintroduzione dei metodi comportamentali e con la scoperta di farmaci efficaci nel trattamento di questo disturbo, oggi la prognosi risulta pi ottimistica. Steketee et al., (1983) ad esempio, notano che le tecniche comportamentali sono efficaci nel 70-80% dei casi.

1.4

FenomenologiaLe ossessioni sono unesperienza comune, non sono caratteristiche so-

lo dei pazienti clinici (Rachman e De Silva 1978). Ci che differenzia unossessione non patologica da una patologica che questultima presenta una pi elevata soglia di accettabilit, pi difficilmente allontanabile, ha maggior durata ed pi vivida; inoltre le ossessioni patologiche provocano un pi acuto disagio, sono pi frequenti ed egodistoniche, inducono maggiore re- sistenza, pi probabile che abbiano un inizio conosciuto e producono pi impulsi da neutralizzare. Le ossessioni sono caratterizzate dal fatto che i soggetti si rendono conto dellassurdit delle proprie paure e ripetizioni, ma al contempo sanno anche di non poterne fare a meno. In letteratura vengono riportate nel 20-30% dei casi sole ossessioni e raramente solo compulsioni (Welner et al., 1976), mentre circa il 50% dei pazienti presenta pi ossessioni contemporaneamente ed il 9% pi compulsioni (Akhtar et al., 1975). Attualmente sembra esservi un generale accordo circa la categorizzazione dei differenti tipi di comportamenti compulsivi come il lavare, il controllare, il ripetere e lordinare, mentre i tentativi di riordino delle ossessioni hanno prodotto minori consensi; Foa e Steketee (1979) hanno suggerito quattro categorie: paura di causare danno a s stessi o agli altri, paura di perdere il controllo, dubbi invadenti, paure sessuali o religiose.

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1 Il Disturbo Ossessivo Compulsivo

Il modo in cui si presentano le ossessioni e le compulsioni diverso negli adulti, nei bambini e negli adolescenti; i sintomi del singolo paziente possono sovrapporsi e cambiare col tempo, ma il Disturbo Ossessivo- Compulsivo ha quattro maggiori modalit sintomatologiche: la configurazione pi comune caratterizzata da unossessione di contaminazione seguita dallatto di lavarsi o accompagnata dallevitamento compulsivo delloggetto che si presume contaminato. La seconda pi frequente modalit sintomatologica unossessione di dubbio, seguita da una compulsione a controllare. Il dubbio patologico rilevato anche da Rapaport (1989) che suggerisce che gli ossessivi abbiano perso la capacit di sapere se sanno qualcosa. La terza configurazione pi comune quella che presenta solo pensieri ossessivi invadenti, senza una compulsione. Generalmente tali ossessioni consistono in pensieri ripetitivi di qualche aggressione o atto sessuale repren- sibile per il paziente. La quarta pi comune configurazione sintomatologica il bisogno di simmetria e precisione, che pu portare ad una compulsione di lentezza. Lipercoscienziosit porta i soggetti ad impiegare un tempo eccessivo a ese- guire compiti che normalmente ne richiederebbero molto meno. Tale caratteri- stica prende il nome di lungaggine ossessiva.

1.5

Diagnosi differenzialeLa diagnosi differenziale si pone con tutti i disturbi che, in grado va-

riabile, manifestano una sintomatologia simil ossessivo-compulsiva e che, comunque, possono non esprimere le caratteristiche complessive del disturbo DOC, o se queste sono presenti, le cause risultano rintracciabili e specifiche (organiche, intossicazioni, traumi, demenza, etc.) e ne escludono

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lappartenenza al DOC pur; oppure nelle loro manifestazioni mostrano solo alcune caratteristiche del disturbo come ripetitivit o difficolt di controllo (dismorfofobia, tricotillomania, cleptomania, etc.). Il DOC deve essere distinto dal disturbo dansia dovuto ad una condizione medica generale e da quello indotto da una sostanza, a questo scopo bisogna accertarsi che il disturbo non sia dovuto ad una specifica condizione organica o alluso di specifiche sostanze psicoattive. Lansia senza dubbio una caratteristica tipica del DOC, che oltretutto viene per questo classificato tra i Disturbi dAnsia. Lansia pu forse essere un po meno comune nelle compulsioni di controllo, che tendono ad essere caratterizzate da uno stato emotivo pi diffuso, ma comunque i casi di DOC senza ansia sono estremamente rari, risulta presente in pi del 75% dei soggetti (Farid, 1986). Proprio per questo motivo il Disturbo OssessivoCompulsivo deve essere distinto dal disturbo generalizzato dansia, che caratterizzato da preoccupazioni eccessive per circostanze della vita reale, e non, come nelle ossessioni, per problemi considerati inappropriati dal soggetto stesso. La depressione invece la complicazione pi frequente del DOC, il rapporto fra questo disturbo e Disturbi Depressivi sempre stato cos stretto da indurre alcuni autori del secolo scorso a confonderli, e altri autori pi o- dierni a considerare il DOC come un disturbo dello spettro affettivo piuttosto che un disturbo dansia. Lincidenza di una depressione significativa fra i pazienti con DOC varia, a seconda degli studi, da una percentuale del 17% (Vaughan, 1976) a una del 66% (Salyom et al., 1971). Welner e Horowitz (1976) notano che la depressione tre volte pi probabile in seguito allinizio di un Disturbo Osses- sivo-Compulsivo lesacerbazione delluno incrementa anche laltra. Oltre alla frequente comorbilit, fra i fattori in grado 10 piuttosto che prima di esso, per

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di associare i due quadri vi sarebbe la condivisione di anomalie biologiche come la risposta negativa al test di soppressione col desametazone e il fatto, che i soggetti con DOC rispondono ad alcune classi di antidepressivi. La pratica attuale permette la diagnosi concorrente di depressione maggiore e di DOC, per si considera primario il disturbo comparso per primo. In queste depressioni secondarie primeggiano i temi e le ideazioni sulle limitazioni delle libert, la prospettiva della disoccupazione, i conflitti dome- stici, la perdita dellautostima e la susseguente visione pessimistica del futuro. Per quanto riguarda le fobie in generale, Rachman e Hodgson (1980) sottolineano che esiste un elevato grado di associazione fra le fobie e il DOC; basti pensare alla paura dello sporco, della contaminazione e delle malattie, che porta i soggetti ossessivi a estesi comportamenti di elusione. Quando i comportamenti di neutralizzazione falliscono, divengono evidenti i comporta- menti di fuga mirati a eliminare o comunque allontanare il segnale di pericolo. Seguendo questa linea di ragionamento il DOC potrebbe addirittura essere considerato una sottoclasse delle fobie. Anche Marks (1987) identifica il DOC come un tipo di fobia partendo dalle somiglianze esistenti tra i comportamenti di evitamento delloggetto temuto che si scatenano in entrambi i tipi di pazienti, tuttavia bisogna sottolineare, come gi messo in evidenza da Foa et al. (1985), che mentre gli stimoli fobici possono essere facilmente evitati dal sog- getto, ci non vero per i pensieri ossessivi, la cui peculiarit proprio quella di essere particolari ed imprevedibili. Il disturbo ossessivo inoltre accompagnato da un pi alto livello dansia generale e di umore disforico, di auto- dubbi, di ambivalenza e di danneggiamento sociale, il comportamento rituali- stico degli ossessivi infatti frequentemente necessario anche in assenza di un vero e proprio contatto con lo stimolo fobico. 11

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Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo va anche distinto dal disturbo di Gilles de la Tourette (DT), caratterizzato dalla presenza, anche non contemporanea, di tic multipli vocali e motori, i quali possono presentarsi in maniera discontinua per un periodo superiore ad un anno. Attualmente si considera es- servi una forte associazione tra il DOC e il DT, sono infatti riportate percen- tuali di DOC in Tourette che variano da 11% al 60-70%, mentre le percentuali di DT negli ossessive sarebbero del 25%. Cumming & Frankel (1985), valutando le somiglianze fra la sindrome di Tourette e il DOC, trovarono che queste includevano let di insorgenza (in genere precede i 20 anni), il decorso tendenzialmente cronico, le oscillazioni sintomatologiche, linvolontariet, lintrusivit, comportamenti ed esperienze ego-distoniche, il peggioramento causato dallansia e dalla depressione e una certa familiarit. Nonostante tutte queste somiglianze bisogna specificare che, rispetto a una compulsione, i tic e i movimenti stereotipati sono meno complessi e soprattutto non sono finalizzati a neutralizzare unossessione. Inoltre la condizione dei soggetti ticcosi sembrerebbe essere causata da una tensione muscolare o da un impulso fisico pi che dai pensieri ossessivi e dallansia che precedono solitamente i comportamenti compulsivi. Nei soggetti che presentano sintomi di entrambi i disturbi entrambe le diagnosi possono essere giustificate. Nonostante i nomi siano molto simili, il DOC va distinto anche dal Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalit. Questultimo non caratteriz- zato dalla presenza di ossessioni e compulsioni ego-distoniche, ma, al contrario una modalit pervasiva di preoccupazione per lordine, il perfezionismo e il controllo, modalit vissuta dal paziente come ego-sintonica, cio in sintonia con il proprio carattere e la propria volont. Alcuni dei tratti del DOCP (indecisione, perfezionismo, scrupolosit) sono anche tratti caratteristici del DOC, mentre altri, come lincapacit a rinunciare ad oggetti e la tendenza ad accu12

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mularne differiscono in specificit dal momento che nellossessivo vengono strutturati per evitare un danno o perch spinto da un impulso a raccogliere oggetti, mentre al contrario nel soggetto affetto da DOCP questi comporta- menti sono una tendenza a livello caratteriale a tenere per s. In passato si pensava che il DOC e il DOCP condividessero alcuni tratti premorbosi comuni di personalit, attualmente invece si considerano come due disturbi distinti, nonostante la possibile copresenza. Si riconosce nei DOC una percentuale o- scillante dal 4,4 al 10% di DOCP ed unelevata associazione (40%) con altri tratti e disturbi di personalit (dipendente, istrionica, evitante, schizotipica, passiva-aggressiva) (Black, 1974; Jaffee et al., 1988; Mavissakalian et al., 1990; Steketee, 1990). Unulteriore distinzione va fatta fra DOC e disturbi psicotici. Sebbene in questo secolo il DOC sia stato quasi invariabilmente considerato una nevrosi, una piccola ma significativa percentuale di soggetti schizofrenici presenta sintomi ossessivo-compulsivi, Insel & Akiskal indicano la presenza di schizofrenia nel 12,5% dei casi (1986), mentre Regier (1998) indica unincidenza che varia dall1% al 6%. Clinicamente la distinzione tra ossessioni non psico- tiche e psicotiche si rintraccia nella presenza di angoscia soggettiva, consape- volezza dellassurdit dei propri pensieri, identificazione soggettiva interna e presenza di resistenza alle ossessioni nei pazienti con DOC, mentre nello schi- zofrenico si associano ai sintomi tradizionalmente presenti (allucinazioni, deliri, appiattimento affettivo, deterioramento delle funzioni sociali) i rituali indotti da una forza estranea, i comandi impartiti da una voce al di fuori di s. In alcuni individui possibile associare entrambe le diagnosi, sia di schizofrenia che di DOC, bisogna per specificare che pochissimi pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo sviluppano schizofrenia; la probabilit che ci avvenga 13

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sembra compresa fra lo 0% e il 3,3% (Black, 1974). Il DSM IV permette

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limpiego dello specificatore con scarso insight, utile nelle situazioni di confine tra ossessioni e deliri. La diagnosi differenziale va inoltre fatta con una serie di altri disturbi, come lipocondria, se i pensieri ossessivi sono esclusivamente rivolti alla paura di avere una malattia; il disturbo di dismorfismo corporeo, nel caso in cui le ossessioni e le compulsioni si riferiscano solo allaspetto corporeo; Il disturbo dellalimentazione e compor- tamenti altri disturbi nel etc. pu controllo degli essere considerato impulsi, nei di natura quali leccessivo dedicarsi a comportamenti come mangiare, scommettere, sessuali, compulsiva. Anche traumi al capo e unepilessia del lobo temporale possono infine causare una sintomatologia molto simile a quella del DOC.

1.61.6.1

EziopatogenesiLipotesi psicoanalitica In campo psicoanalitico bisogna innanzitutto distinguere tra manife-

stazioni ossessive, nevrosi ossessiva e carattere ossessivo. Per manifestazioni ossessive si intendono delle espressioni di meccanismi adattivi universali usati di eccesso in caso di circostanze stressanti. Queste manifestazioni possono essere presenti in qualsiasi tipo di psicopatologia, cos come possono far parte della psicopatologia della vita quotidiana e delle normali fasi di sviluppo. Quando si parla di nevrosi ossessiva si fa invece riferimento ad una particolare organizzazione psichica di carattere patologico che teoricamente potrebbe sussistere anche in assenza si veri e propri sintomi ossessivi. Il ter- mine viene definito sulla base della tipicit del conflitto psichico, dalla specificit della vita pulsionale e delle difese, dalla particolare struttura superegoica

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o da quella degli oggetti interni, dalla modalit relazionale e dalla strutturazione egoica. Infine, con il concetto di carattere ossessivo intendiamo degli aspetti egosintonici propri della patologia caratteriale, del disturbo di personalit, caratterizzati dalla presenza di difese rigide e difficilmente controllabili. La cosiddetta nevrosi ossessiva fu a lungo trattata da diverse scuole e studiosi di psichiatria, fu per solo con gli studi di Sigmund Freud che questo tipo di patologia mentale ha finalmente acquistato caratteri di comprensibilit: ideazione e comportamenti prima considerati assurdi appaiono ora dominati da un rigoroso finalismo inconscio. La teoria di Freud sulla nevrosi ossessiva il frutto di una lunga e complessa elaborazione e non nata subito in forma chiara e ben delineata. La nevrosi ossessiva, come entit nosografica, nasce ad opera di Freud nel 1895, quando egli dona unaffezione autonoma a questo disturbo mentale isolando le ossessioni dalla degenerazione mentale e dalla nevrastenia, a differenza degli altri autori dellepoca, che facevano rientrare tali sintomi nel quadro delle entit nosografiche suddette. Probabilmente il contributo pi famoso di Freud a questo riguardo ci dato da il caso de luomo dei topi, in cui lo studioso, oltre a esporre il trattamento analitico di un paziente affetto da grave nevrosi ossessiva, formula anche importanti considerazioni teoriche sulla patologia: il ruolo centrale dellambivalenza, la regressione allo stadio anale, i meccanismi di difesa ca- ratteristici e limportanza del pensiero magico. Secondo la teoria tradizionale freudiana i sintomi della nevrosi ossessiva deriverebbero dagli impulsi istintuali deformati dalle forze difensive o espressi direttamente ma privati della loro carica affettiva, oppure sarebbero espressione delle forze difensive in azione contro gli impulsi istintuali. Il sin-

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tomo nel decorso pu trasformarsi da difesa a soddisfazione mascherata dallimpulso: il significato di compromesso tra Io e Super-Io assunto dal sintomo finisce per manifestarsi apertamente: gli atti proibiti possono essere eseguiti per comando o sotto forma di punizione. Per nevrosi ossessiva Freud ha inteso un quadro psicopatologico espresso a livello clinico da sintomi coatti: idee ossessive, coazioni, cerimoniali e rituali, tendenza alla rimuginazione, ai dubbi, alla coscienziosit eccessiva e caratterizzato da determinati meccanismi di difesa come la formazione reattiva, isolamento, lannullamento retroattivo, lo spostamento dellaffetto, da una regressione allo stadio sadico anale, da un rapporto con gli oggetti marcata- mente ambivalente e da una forte tensione esistente tra lIo e un Super-Io par- ticolarmente crudele. In una prima teorizzazione Freud credette che la causa del disturbo fosse da ricercare in un trauma sessuale subito, in maniera attiva, dal soggetto; successivamente riformul questa ipotesi sostenendo che la causa della nevrosi fosse da rilevare in un arresto dello sviluppo psicosessuale dellindividuo, in una fissazione allo stadio anale. A questo punto di fissazione il soggetto regredirebbe ogni qualvolta si trovi ad affrontare dei conflitti, in particolar modo langoscia di castrazione del periodo edipico. Oltre che dalla fissazione la re- gressione allo stadio anale sarebbe causata anche da una debolezza dellorganizzazione fallica e dallesistenza di un Io che, sviluppatosi precoce- mente, usa dei metodi difensivi primitivi e arcaici. Gli effetti della regressione sono diversi: da una parte lostilit edipica si combina con il sadismo della fase anale e c un aumento dei compiti difensivi dellIo; daltra parte gli scopi sessuali cambiano sotto linflusso dellerotismo anale, caratterizzato da bisessualit e ambivalenza.

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Secondo la teorizzazione freudiana tradizionale lorientamento pulsionale della nevrosi ossessiva caratterizza un tipo particolare di personalit, contraddistinto dalle qualit dordine, parsimonia, ostinazione, le quali costitui- scono le prosecuzioni dirette o formazioni reattive o sublimazioni delle ten- denze sadico-anali. La nevrosi ossessiva sarebbe caratterizzata, oltre che dalla regressione, da altri specifici meccanismi di difesa: lisolamento del contenuto ideativo dal corrispondente investimento emotivo, lo spostamento dellinteresse da un e- lemento principale ad uno secondario (con conseguente sublimazione o for- mazione anche reattiva), la lannullamento, ma razionalizzazione e

lintellettualizzazione. Tutti questi meccanismi di difesa secondo Freud sarebbero orientati sia verso lEs e le sue pulsioni, sia verso il Super-Io sadico e arcaico. La regressione comporta la presenza di una struttura superegoica con modalit di funzionamento particolarmente primitive e automatiche, che la- sciano poco spazio al giudizio consapevole e non permettono una valutazione distaccata, obiettiva, delle decisioni, delle azioni e dei desideri. Questo SuperIo risulta comunque corruttibile mediante azioni espiatorie e mediante la ricerca dellapprovazione sociale. Diversi anni pi tardi Fenichel (1945), spiegher la bifasicit e lambivalenza di molti comportamenti degli ossessivi proprio rifacendosi al concetto di Super-Io Linvincibile e debilitante dubbio di questi pazienti deriva dallimpossibilit di decidere tra il desiderio di essere cattivo e lobbligo di essere buono. La costante oscillazione tra i due atteggiamenti, quello dominato dalla colpa e quello imposto dalla rabbia, rende la vita dellossessivo apparentemente incoerente. 18

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Unaltra caratteristica individuata in questi pazienti, e che ancora una volta indotta dalla regressione allo stadio anale dello sviluppo, luso di un pensiero magico e superstizioso. Lossessivo tenta di usare il pensiero e la parola per isolare le emozioni, ma questo tentativo non riesce cosicch i conflitti tra lIo e lEs riemergono esprimendosi sotto forma di dubbi astratti ossessivi; alla fine il soggetto finisce cos per essere dominato proprio dal suo pensiero. Dopo la prima definizione di Freud, numerosi contributi alla studio della nevrosi ossessiva derivarono da altri studiosi di ambito psicoanalitico. Abraham unorganizzazione (1924) considerava la nevrosi in ossessiva contrasto come con sadico-anale particolare,

lorganizzazione caratteristica della melancolia. Le tendenze conservative di origine anale e sadica (trattenere e dominare) si combinano luna con laltra come le tendenze distruttive ad espellere e ad annientare loggetto, anchesse sempre caratteri- stiche dello stadio sadico-anale. La differenza tra la nevrosi ossessiva e la me- lancolia starebbe proprio qui: mentre lossessivo maggiormente caratterizzato dalle tendenze a trattenere e a dominare, il melancolico invece dominato da tendenze distruttive e di annientamento. Abraham suddivide quindi la fase sadico-anale in due stadi, il pi arcaico, dominato dalle tendenze distruttive e di annientamento, quello al quale regredisce il melancolico; il secondo, pi tardo, dominato da tendenze conservative, quello invece a cui regredisce lossessivo. Al confine tra i due stadi evolutivi si pone un cambiamento decisivo nella relazione dellindividuo con il mondo oggettuale: lamore oggettuale inizia proprio a questo confine, poich dora in avanti prevale la tendenza alla conservazione delloggetto. Melanie Klein sviluppa ulteriormente gli spunti contenuti nelle opere di Abraham, integrandoli nella propria teoria sugli stadi precoci dello svilup19

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po. La Klein individua in una disposizione sadico-anale particolarmente intensa ed in uno sviluppo troppo rapido dellIo rispetto alla libido i fattori determinanti di questa nevrosi. Ella ritiene che la nevrosi ossessiva sia un tentativo di guarigione dalle condizioni psicotiche che si nascondono dietro di essa, che rappresenti un mezzo per modificare le situazioni di angoscia pi arcaiche e che il Super-Io terrificante che si manifesta sia il Super-Io non modificato pro- prio degli stadi pi precoci dello sviluppo. Coerentemente con la sua teoria, la Klein considera i meccanismi ossessivi come dei mezzi usati per difendersi dalle angosce persecutorie rielaborazione. Le mani- festazioni proiezione, anche di quelli esterni. Il meccanismo ossessivo opera partendo da fissazioni precoci a livello anale e dalla regressione verso di esse, la fissazione anale per pu avvenire a due livelli, come gia proposto da Abraham: ad una fase sadico-anale, caratterizzata da tendenze violente e distruttive, oppure ad una fase anale tardiva, in cui sarebbe presente la tendenza alla cura e alla ritenzione delloggetto; se la fissazione avviene nella prima fase allora i meccanismi ossessivi nascondono in realt unorganizzazione di tipo psicotico. Il Congresso Internazionale di Psicoanalisi del 1965 servito a fare un punto della situazione riguardo alle diverse teorie della nevrosi ossessiva. I punti salienti emersi dal convegno sono stati successivamente raccolti da Anna Freud. Anna Freud ricorda che per nevrosi ossessiva si intende una particolare costellazione psichica, che pu corrispondere ad una situazione di sintonia con lIo quasi normale oppure a una grave nevrosi al confine con la schizofrenia. e depressive e dalla loro costituiscono cos dei ossessive

meccanismi di controllo nei con- fronti degli oggetti interni, e, con la

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1 Il Disturbo Ossessivo Compulsivo

Nel riepilogare i punti salienti emersi durante il congresso, A. Freud si sofferma su: Il rapporto madre-lattante e i danni derivati da un rapporto disturbato, specificatamente implicanti nellinsorgenza della nevrosi: danno della funzione sintetica, della fusione tra amore e odio, contrasto tra amore oggettuale e amore di s, perdita oggettuale che conferma la credenza del bambino di esserne stato la causa con i propri desideri di morte; Il collegamento tra il sadismo anale e la sua matrice precedente: si visto che un fallimento nelle relazioni oggettuali nella fase antecedente pu provocare un aumento dellanalit e linsorgenza di una nevrosi ossessiva; Il concetto di uno stile cognitivo e percettivo generale dellIo tipico di questi pazienti che si estende a tutto labituale modo di comportarsi (cio allarea libera del conflitto oltre a quella del conflitto); Linfluenza reciproca tra Es e Io sia circa i rapporti tra pulsione e difesa, per cui sono state formulate diverse ipotesi, sia circa i rapporti tra regressione pulsionale e regressione dellIo. Si sottolineata la necessit di distinguere la regressione pulsionale da quella dellIo, te- nendo conto dellinterazione tra le due, e si distinta nella nevrosi os- sessiva una regressione dellIo strutturale (riduzione dei livelli, delle richieste ecc.) e funzionale (ripresa del processo primario, del pensiero magico, diminuzione del test di realt); II rapporti tra nevrosi ossessiva e fobia: la prima implica luso di una difesa basata sulla manipolazione del pensiero anzich su una azione motoria e richiede un maggiore controinvestimento e dispendio energetico;

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-

I tentativi di evitare la patologia ossessiva, mediante atteggiamenti che sminuiscono i propri sentimenti oppure mediante la e la trasformazione di una sessualizza- zione dellangoscia

fonte di pericolo in piacere masochistico; Gli aspetti benefici e nocivi della nevrosi ossessiva: tra i primi, leffetto stabilizzante, larresto della regressione alla fase anale, che impedisce il progresso della patologia; tra i secondi, danno per lattivit dellIo e deformazione dellintera personalit; I fallimenti e i limiti delle difese ossessive: esse non impediscono il ritorno delle fantasie di evirazione rimosse e non riescono a padroneggiare alcune angosce, che richiedono difese pi forti (scissione, proiezione). Nel suo resoconto, A. Freud sottolinea limportanza dei fattori costituzionali, compresi quelli ereditari, nella genesi del disturbo ossessivo, piuttosto che dei fattori ambientali, sarebbero i fattori costituzionali i responsabili della intensit delle tendenze sadico-anali, come lei si espresse, e della preferenza da parte del paziente per un certo meccanismo di difesa, cosa che poi determina il quadro sintomatologico. Secondo la Freud le fissazioni e le regressioni alla fase anale sarebbero dovute allintensit costituzionale di determinate ten- denze libidiche. Questo di A. Freud stato uno degli ultimi contributi ufficiali riguardo lo studio della nevrosi ossessiva. Come afferma A.H. Esman (1989) sembra che negli ultimi anni nella letteratura psicoanalitica regni un disinteresse verso questo disturbo. Nagera (1978) esamina il problema della nevrosi ossessiva in un trattato che per si rif fortemente alla classica visone freudiana del disturbo, rimanendo ancorato ai familiari concetti di sandismo anale e di regressione.

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Salzman (1985) e Mallinger (1984) hanno enfatizzato leccessivo controllo di cui questi soggetti necessitano in tutti gli aspetti della loro vita. Salzman interpreta il dinamismo ossessivo-compulsivo come una metodologia dei pazienti per evitare che affiorino pensieri di colpa e di vergogna in presenza di sentimenti aggressivi, sessuali o di altro tipo. Questi autori identificano la nevrosi ossessivo-compulsiva come la diretta conseguenza di una incapacit da parte di difese pi adattive di far fronte alle situazioni, incapacit che obbligherebbe lindividuo a ripiegare su misure di sicurezza secondarie, ma patologiche. Lestrema necessit che questi soggetti hanno di controllare ogni aspetto della propria vita sarebbe la diretta conseguenza dello sforzo fatto dal soggetto durante linfanzia di far fronte a pericoli interpersonali, come lincongruenza e linaffidabilit dei genitori, e a altri pericoli esterni (Malliger, 1984). Pi recentemente Jean Bergeret (1987), ricollegandosi alle teorizza- zioni sia di Abraham che della Klein, ha inteso il meccanismo ossessivo sia come un fallimento del meccanismo nevrotico in un nevrotico, sia come un buon esito delle difese psicotiche in uno psicotico. Secondo questo autore Freud avrebbe conferito a questi meccanismi una finalit antisuperegoica col- legata ad un senso di colpa genitale (perci nevrotico), che per in realt in clinica non generalizzabile a tutte le situazioni ossessive. Bergeret afferma che un soggetto di questo tipo, attraverso i sintomi ossessivo-compulsivi, pu difendersi sia da unangoscia superegoica che deriva da un immaginario ince- stuoso insopportabile, sia da una realt che minaccia il narcisismo e che im- possibile da accettare. I soggetti di questultimo tipo cercano cos di sostituire il diniego della realt con un controllo di tipo anale, difendendosi cos da una inevitabile psicosi.

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1.6.2

Le ipotesi comportamentali Il modello animale inizialmente usato in ambito comportamentista fu

quello delle condotte stereotipate denominate risposte fissate, che possono essere indotte con varie tecniche. Una risposta considerata fissata quando lanimale incapace di modificarla, se la situazione viene trasformata da inso- lubile a solubile, in meno di 200 prove. Fonberg (1956), rifacendosi agli studi di Maier (1949; 1956), addestr dei cani ad evitare uno stimolo nocivo (un getto daria o una scossa) alzando la zampa anteriore; portato in seguito in una situazione di conflitto il cane manifest il tipico comportamento nevrotico ma riapparve contemporaneamente anche la risposta di elusione (il sollevare la zampa anteriore) appresa nella prima parte dellesperimento. Da questo come da altri esperimenti di questo tipo, emerso che quando lanimale posto in una situazione difficile che non pu risolvere, esso riprende una risposta che fa gi parte del suo repertorio comportamentale felicemente sperimentata nel passato, anche se questa non ha alcuna rilevanza, utilit o attinenza con la situazione in corso. Metzer (1963) ha individuato tre fondamentali procedure sperimentali nelle quali le risposte condizionate, anzich estinguersi, si fissano e diventano compulsive. -una risposta positiva di avvicinamento pu fissarsi qualora divenga anche una risposta di elusione, in modo tale da ridurre anche lansia appresa, determinando cos un duplice effetto di rinforzo. -una risposta di elusione pu fissarsi in seguito a punizione. -un comportamento di elusione pu fissarsi in seguito alla presentazione di shock casuali, che non dipendono da un comportamento specifico dellanimale. Limprevedibilit della risposta porta a bloccarsi su di una rispo-

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sta, mantenuta anche se inutile, in quanto non possibile trovare modalit pi efficaci per affrontare il problema. In conclusione i rituali ossessivi non costituirebbero altro che un caso particolare di un comportamento di elusione, che provoca la diminuzione dello stato dansia esperito dal soggetto. E stato dimostrato che lansia indotta dai pensieri ossessivi in genere presenta un decadimento naturale dopo circa unora dal loro inizio (Rachman et al., 1976). Ci confermerebbe lipotesi comportamentale dei rituali e delle neutralizzazioni: qualunque atto compiuto dal soggetto dopo limpulso attivante pu essere considerato responsabile del graduale e reale sollievo dalla tensione e dal disagio, che invece frutto di un processo spontaneo autonomo. Tale fatto per induce un rinforzo dellatto compiuto aumentandone cos la successiva probabilit di attuazione. Rachman et al. (1996) hanno dimostrato che tale processo vale anche per le neutralizzazioni covert, cio effettuate solo mediante processi di pensiero. Queste neutralizzazioni, cos come accade per quelle che si esprimono tramite il comportamento manifesto (overt), servono a diminuire lansia esperita dal soggetto e, se vengono rimandate, lansia e limpulso ad eseguirle diminuiscono spontaneamente. Le idee e le ruminazioni ossessive vengono invece spiegate tramite una mancanza di abituazione del soggetto. Beech e Perigault (1974) hanno so- stenuto che questo fatto sia dovuto al fatto che i pazienti ossessivi presentano un arrousal elevato (e ci rende pi lenta labituazione) , accompagnato inoltre da una carenza dei processi di assuefazione, come viene dimostrato dallo studio del riflesso psicogalvanico. La pi classica e importante teoria comportamentale delle ossessioni quella di Rachman (1978). Rachman e De Silva (1978) hanno dimostrato che i pensieri di tipo ossessivo sono un esperienza comune anche in soggetti non 25

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clinici, ci che rende tali pensieri frequenti e intrusivi una predisposizione del soggetto, predisposizione data da una naturale vulnerabilit alla nevrosi o elevati livelli di autocritica derivanti da standard familiari troppo rigidi e severi. Solo in questo caso contenuti mentali di questo genere potrebbero, in momenti di stress o di umore disforico, diventare degli stimoli nocivi resistenti anche allassuefazione. Rachman inoltre ci fa notare che non solo le ossessioni sono resistenti allassuefazione, ma provocano anche una sensibilizzazione del soggetto per questi temi ricorrenti, sensibilizzazione che viene anchessa au- mentata da situazioni di stress e da stati depressivi. 1.6.3 Le ipotesi cognitive Una prima teoria a valenza senza dubbio cognitiva quella proposta da Carr (1974), fondata sulla cosiddetta valutazione anomala del rischio. Egli suggerisce che il paziente ossessivo ogni volta che si trova a dover valutare una situazione fa una sovrastima delle probabilit che si verifichi lesito sfavorevole. Poich un paziente ossessivo farebbe sempre una stima soggettiva a- normalmente elevata di questo tipo, se ne deduce che una qualunque situazione che presenti la seppur minima probabilit di minaccia diventi per questo soggetto una fonte dansia. Anche pi recentemente leccessiva stima del rischio stata considerata come nucleo fondamentale della Disturbo Ossessivo-Compulsivo (Rasmussen ed Eisen, 1991), bisogna per considerare che tale caratteristica riscontrabile in tutti i disturbi dansia, sono invece i dubbi che rappresentano il nocciolo della questione. Le pi importanti successive ipotesi cognitive si rifanno, invece, alle teorizzazioni della terapia cognitiva fondata soprattutto sui lavori di Aaron Beck e sui concetti di pensiero automatico, di credenze o convinzioni e di

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schemi cognitivi. Beck, nel 1976, ha individuato una serie di credenze disfunzionali che stanno alla base del ragionamento dei pazienti ossessivocompulsivi: pensare unazione equivale a metterla in pratica; non sforzarsi di evitare un danno a s o agli altri o non riuscire in tale tentativo comporta la stessa responsabilit negativa nellavere provocato il danno stesso; tale responsabilit assoluta e non vi sono circostanze attenuanti, come la bassa probabilit di verificarsi dellevento temuto; omettere il rituale riparativo o la neutralizzazione ha lo stesso significato morale di aver voluto provocare il danno; tutti hanno il dovere e la capacit di controllare i propri pensieri. McFall e Wollersheim (1979) tentarono di individuare le credenze o convinzioni disfunzionali che potenziano le anormali valutazioni di rischio ti- piche del DOC. Lesperienza di minaccia verrebbe mediata da processi cogni- tivi (Lazarus, 1964; 1966), vi sarebbe una prima valutazione mirata alla stima del pericolo personale e una secondaria, che riguarda lanalisi delle proprie ri- sorse di coping. La valutazione primaria nei pazienti con DOC verrebbe influenzata da credenze come certi pensieri e sentimenti sono inaccettabili e portano alla catastrofe e si dovrebbe venir puniti per averli, oppure si abbastanza potenti da iniziare o prevenire il verificarsi di esiti disastrosi mediante rituali magici o ruminazioni ossessive. Una volta effettuata questa prima valutazione, unalterata valutazione secondaria porterebbe a sottostimare le risorse di co- ping, cosicch il soggetto si troverebbe in una situazione di totale incertezza, ansia e di perdita di controllo. Secondo McFall e Wollersheim il paziente os-

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sessivo assume una posizione onnipotente di controllo per cui si ritiene responsabile di prevenire il verificarsi di potenziali disastri. Le convinzioni alla base del ragionamento dei pensieri ossessivi sono state pi recentemente riprese ed ampliate da Freeman et al., 1990. Le ultime elaborazioni hanno ipotizzato che questi pensieri inaccettabili siano attivamente contrastati dal soggetto affinch non arrivino alla coscienza, e che tale processo di soppressione potrebbe essere coinvolto nelleziologia del manteni- mento del pensiero ossessivo. Wegner (1987) scopr che i tentativi di soppri- mere un contenuto cognitivo possono portare ad un effetto di rebound, cio ad un incremento nel tempo della ricomparsa del contenuto precedentemente soppresso. Numerosissimi studi successivi hanno dimostrato la validit di questa scoperta: la soppressione ha una scarsissima efficacia come strumento di autocontrollo cognitivo. Come la soppressione, anche lespressione dei pensieri inaccettabili responsabile di un significativo aumento di pensieri intrusivi nei soggetti con DOC (Enright et al., 1995), queste scoperte sono ovviamente risultate importantissime nellorganizzazione del processo terapeutico. Secondo Salkovskis (1985, 1989), lambiente esterno presenta unampia gamma di stimoli potenziali in grado di indurre pensieri ossessivointrusivi, egodistonici e percepiti come irrazionali: la reazione del soggetto varia a seconda del significato che essi assumono per lui. Se il soggetto ritiene che il contenuto di tali pensieri sia in relazione con temi per lui importanti e reali, verranno innescati pensieri automatici la cui intrusivit, frequenza e potenza dipenderanno dalla forza delle convinzioni coinvolte nei processi interpretativi; tali convinzioni sono per a loro volta sottoposte allinfluenza dello stato dumore preesistente. La presenza di un disturbo dellumore potrebbe innescare cognizioni problematiche anche dinanzi a stimoli non propriamente

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specifici, ampliando la variet degli stimoli in grado di provocare intrusioni e quindi pensieri automatici negativi e incrementando il livello di attivit degli schemi disfunzionali preesistenti. Pi recentemente Salkovskis (1996a; 1996b; Salkovskis et al., 1997c) ha approfondito lo studio dellesagerato senso di responsabilit che affligge i pazienti con DOC. Questi soggetti si riconoscono responsabili di qualunque evento sul quale possano avere una qualsiasi influenza, inoltre, essi si giudicano responsabili sia di ci che fanno, sia di ci che non fanno per scongiurare un certo avvenimento. Risulta quindi naturale, sulla base di queste credenze, che i soggetti con disturbo ossessivo attivino numerosi e diversi comportamenti preventivi. Gli ossessivi tenderebbero perci ad attribuire solo a se stessi la responsabilit degli avvenimenti negativi, attraverso un processo di attribuzione interna, e a considerare ci come un processo definitivo (attribuzione stabile); tale processo potr poi essere applicato ad alcuni limitati settori esistenziali con un processo di attribuzione specifica caratteristico del DOC, oppure ad unampia gamma di campi della vita, attraverso unattribuzione globale, pi tipica per dei soggetti con Disturbo OssessivoCompulsivo di Personalit. Rheaume et al. (1995) hanno dato una definizione operazionale del senso di responsabilit: la convinzione per cui la persona possiede il potere fondamentale di provocare o evitare esiti negativi di rilevanza soggettivamente cruciale. Lopatka e Rachman (1995) dimostrarono che il senso di responsabilit eccessivo di questi soggetti una causa, e non una conseguenza, del loro disturbo. Essi dimostrarono che in pazienti con DOC, la diminuzione della responsabilit esperita dai soggetti comporta unimmediata diminuzione della sensazione di disagio e del bisogno di mettere in atto comportamenti compul-

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sivi. Shafran (1997) conferm questi risultati, trovando inoltre che questi erano validi per tutti i tipi di pazienti ossessivi-compulsivi, indipendentemente dai sintomi. La strettissima associazione tra la cognizione di responsabilit e la presenza di comportamenti compulsivi e neutralizzazioni dimostrata anche in uno studio condotto da Salkovsky et al. (2000), i quali trovarono che lattitudine alla responsabilit e la sua interpretazione su basi attribuzionali caratteristiche estremamente significativa nei soggetti ossessivi compulsivi non solo rispetto al gruppo di controllo non-clinico, ma anche rispetto a quello clinico dei soggetti ansiosi. Il senso eccessivo di responsabilit sarebbe perci caratteristico del Disturbo Ossessivo Compulsivo. Altri domini di credenze sono comunque risultati rilevanti per lo studio del DOC, questi sono stati ben riassunti dal Obsessive Compulsive Cognition Working Group (1997). Questo gruppo di studiosi ha cercato di in- dividuare e separare i contenuti e processi cognitivi responsabili del eziologia e del mantenimento di questo specifico disturbo, per poterli poi misurare. Sono stati cos individuati sei domini di credenze caratteristici del DOC, credenze che in parte ricalcano quelle gi sottolineate da Beck (1976): la percezione esagerata del senso di responsabilit; leccessiva importanza data al pensiero; credenze circa limportanza di controllare i propri pensieri; sovrastima della minaccia; lintolleranza per lincertezza; il perfezionismo. In conclusione, il timore di creare danno agli altri e un senso eccessivo di responsabilit (connesso con la fusione di pensiero e atto e con il pensiero superstizioso) hanno un ruolo importante nelle concettualizzazioni cognitive

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moderne del DOC, per questi aspetti possono spiegare solo alcuni elementi chiave del disturbo. Esistono infatti compulsioni fondamentalmente insensate e prive di collegamento specifico con pensieri di colpa e responsabilit, cosicch non si spiegano alcune caratteristiche rare ma possibili del DOC, ad esempio i rituali dordine e di simmetria, ossessioni di conti o di cifre o i comportamenti ripetitivi. 1.6.4 Le ipotesi biologiche I numerosi studi di genetica, farmacologia, neurofisiopatologia, neu- rochimica, e diagnostica per immagini, condotti in questi ultimi anni, concor- dano tutti nellevidenziare un forte substrato biologico per il DOC. Studi classici sulle famiglie e sui gemelli hanno evidenziato una chiara componente genetica del disturbo, anche il fatto che soggetti con Disturbo di Tourette (malattia quasi sicuramente a componente ereditaria ) abbiano unalta probabilit di avere anche il DOC (35%-50%) propende a favore di questa ipotesi. I nuovi farmaci antidepressivi inibitori selettivi e reversibili del reuptake della serotonina (SSRI), sono attivi contro i sintomi del DOC. Tali risultati hanno condotto alla formulazione dellipotesi serotoninergica della genesi del disturbo ossessivo, tantopi che un farmaco di prima scelta nella cura di questo disturbo proprio un SSRI, la clomipramina. La teoria classica (Yaryura-Tobias, 1977) sosteneva che il DOC fosse dovuto a una deficienza di serotonina, ma tale ipotesi non regge di fronte ai risultati di studi pi recenti, cos attualmente stato suggerito che a essere associato al disturbo sia non tento una deficienza del sistema serotoninergico quanto un aumento della sua responsivit (Zohar e Zohar-Kadouch, 1991).

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Laumento della responsivit serotoninergica dovrebbe produrre un peggioramento dei sintomi durante liniziale trattamento con gli inibitori selettivi del reuptake serotoninergico, in quanto essi causano un aumento del contenuto di serotonina nello spazio sinaptico prima che si verifichi una nuova regolazione verso il basso della sensibilit dei recettori. Tale previsione stata confermata dal contenuto dei diari dei pazienti trattati con tali farmaci e riportati da Zohar e Zohar-Kadouch (1991). Ad oggi, non possibile indicare con certezza un modello eziopatogenetico unico del DOC, anche se alcune informazioni messe in luce da alcune tecniche di Brain imaging (RMN, SPET, PET) appaiono inconvertibili, soprattutto in merito al coinvolgimento di alcune aree cerebrali, come quella prefrontale, il giro orbitale, il giro cingolato, il sistema limbico, lippocampo, lamigdale e i nuclei della base. Studi condotti con diverse tecniche di neuroimmagini hanno indotto gli studiosi a ipotizzare che la genesi del DOC risieda in unalterazione del circuito corteccia orbitofrontale e limbica, nuclei della base, talamo ventrolate- rale e corteccia orbitofrontale limbica. Tale circuito normalmente si attiva quando necessario focalizzare lattenzione su di un determinato stimolo, e- scludendo tutti quelli superflui, in modo tale che la stimolazione induca una risposta comportamentale adeguata. Lalterazione del meccanismo di controllo ( corticale) impedirebbe la normale disattivazione del circuito una volta cessato lo stimolo. Non sono stati identificati geni specifici per il DOC, ma recenti studi suggeriscono che, in alcuni casi, i geni hanno un ruolo nello sviluppo del disturbo. Quando un genitore affetto da DOC aumenta la probabilit che il figlio sviluppi lo stesso disturbo, sebbene il rischio continui a mantenersi basso. Comunque, quando si presentano pi casi DOC in una famiglia ci che viene

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ereditato non sono gli specifici sintomi ma la natura generale del disturbo, per cui un bambino pu avere rituali di controllo mentre sua madre rituali di lavaggio.

1.71.7.1

TrattamentoLa terapia psicoanalitica Con la crescente evidenza che il Disturbo Ossessivo-Compulsivo

largamente determinato da fattori biologici la teoria psicanalitica classica non riscuote pi credito. Inoltre, poich i sintomi del DOC sembrano essere forte- mente refrattari alla psicoterapia psicodinamica e alla psicoanalisi, trattamenti farmacologici e comportamentali sono divenuti comuni. Tuttavia bisognerebbe tenere presente che fattori psicodinamici possono essere di notevole utilit per capire cosa determini gli aggravamenti del disturbo e nel trattare le forme di resistenza al trattamento, come la scarsa compliance con la sola terapia. Gli stessi sintomi ossessivo-compulsivi, non importa quanto biologicamente fondati, possono avere importanti significati psicologici, che rendono i pazienti riluttanti ad abbandonarli. Unesplorazione psicodinamica della resistenza dellindividuo al trattamento pu risultare in unaccresciuta compliance. I sintomi del DOC spesso producono straordinari problemi relazionali ai pazienti, la diagnosi di DOC infatti spesso associata con un rischio elevato di divorzio o di separazione (Zetin, Kramer, 1992). La terapia psicoanalitica pu dunque rappresentare lunica modalit efficace per affrontare le problema- tiche relazionali secondarie alla sintomatologia. La psicoanalisi nasce come tecnica specifica per il trattamento delle nevrosi, avrebbe perci dovuto essere la tecnica terapeutica di prima scelta anche nella cura della nevrosi ossessiva. Negli anni la tecnica psicoanalitica ha

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invece dimostrato le sue carenze e soprattutto la sua inadeguatezza nel trattamento di molti casi di Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Il problema sta nel fatto che, come gi proposto da Bergeret, spesso un Disturbo OssessivoCompulsivo non origina da una struttura di personalit di tipo nevrotico, terreno ideale per un trattamento di tipo psicoanalitico, ma poggia invece facilmente su di una organizzazione di personalit molto pi arcaica. La psicoanalisi non ha elaborato una tecnica per il trattamento specifico della nevrosi ossessiva. In genere gli analisti si sono trovati pi concordi nel descrivere il comportamento di questi pazienti nella situazione terapeutica pi che nel descrivere specifici accorgimenti tecnici da adottare nel loro trat- tamento, anche se non sono mancati suggerimenti in questo senso. Rosen (1963), per esempio, sottolineando la carenza di umorismo degli ossessivi, suggerisce di indurre il paziente, mediante una giusta dose di spirito ironico, a sorridere, affinch possa accettare pi facilmente uninterpretazione. Nacht (1966), invece, considerando le difficolt dellossessivo ad a- dattarsi alle novit, consiglia di introdurre improvvisi cambiamenti nel setting: modificare la frequenza delle sedute, chiedere al paziente di rimanere seduto, non interpretare. Egli ritiene che, cos facendo, si possano introdurre nel pa- ziente ossessivo alcune manifestazioni fobiche che vanno poi affrontate con la tecnica attiva consigliata da Freud (1918) per il trattamento dei fobici. Pi recentemente, Migone (1999), propone unipotesi che spiegherebbe il perch molte terapie dinamiche non risultano efficaci nei casi di Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Migone ipotizza che molte terapie dinamiche siano inefficaci in quanto si basano su una teoria della malattia insoddisfacente e, in alcuni casi, sorpassata. Lautore contesta sia la validit del setting psicoanalitico con soggetti di questo tipo, una terapia ritualizzata avrebbe infatti effetti

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deleterei sul paziente stesso, sia la pretesa di molti analisti di far scomparire un sintomo ossessivo semplicemente svelandone il significato simbolico inconscio. Migone suggerisce che il terapeuta dovrebbe svolgere una sorta di mo- dello alternativo alle figure genitoriali, aiutando il paziente a vivere una espe- rienza emozionale correttiva che gli serva poi per riprendere un percorso di maturazione psicologica e ad eliminare i sintomi. Questi accorgimenti terapeutici, ideati appositamente per il trattamento dei pazienti ossessivi, sono rimasti per degli episodi isolati. Oggigiorno, il fatto che i sintomi dei pazienti con DOC siano notoriamente refrattari alla psicoanalisi e alla psicoterapia orientata allinsight (Jenike et al., 1986; Nemiah, 1988; Perse, 1988; Zetzel, 1970) e, contemporaneamente, che i farmaci serotoninergici producano invece notevoli risultati nel trattamento di questo di- sturbo, ha portato ad enfatizzare la terapia farmacologica come terapia di prima scelta. Attualmente lapproccio maggiormente diffuso quello di una psichiatria integrata, una vera e propria psichiatria clinica, che tenga conto non solo degli effetti farmacologici sul paziente, ma anche del rapporto inter- personale col medico. cos come gli stessi e pensieri autocolpevolizzanti e dubbi ossessivi, abbiano uneziologia non psicologica, ma comunque indubbio che queste alterazioni biologiche provochino in secondo luogo una reazione con disturbi squisitamente psicolo- gici, ed anche a questi problemi che va indirizzata unadeguata psicoeduca- zione e effettiva interpretazione delle cause dei sintomi. 1.7.2 La terapia farmacologica Lefficacia della farmacoterapia nel DOC stata provata in molti studi clinici. 35 Come gi scritto da Migone, oggi possiamo ipotizzare che alcune delle tipiche difese del Disturbo Ossessivo-Compulsivo,

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I farmaci considerati di prima scelta nella terapia del DOC sono gli antidepressivi con azione prevalente o esclusiva sui sistemi serotoninergici e comprendono: farmaci triciclici, in particolare la clomipramina, o inibitori specifici della ricaptazione della serotonina (ISRS). Lapproccio standard di iniziare con un farmaco serotonino specifico, ad esempio la clomipramina,o con un ISRS e, in seguito, passare ad altre strategie farmacologiche se non si ottiene successo. I farmaci devono essere impiegati a dosaggi piuttosto sostenuti, superiori al quelli per il trattamento della depressione, e la terapia pu durare anche molto a lungo. I primi effetti possono manifestarsi anche dopo 3 o 4 settimane, ma occorrono spesso 6-12 settimane prima che il farmaco raggiunga il suo massimo livello di efficacia. La clomipramina costituisce oggi il farmaco di prima scelta nella cura del DOC, purtroppo per, essendo un farmaco ciclico, esso pu comportare fastidiosi effetti collaterali, quali sedazione, ipotensione, disfunzione sessuale ed altri effetti anticolinergici. In soggetti che non tollerano gli effetti collaterali della clomipramina, vengono usati come farmaci di prima scelta gli ISRS, come la fluoxetina e la sertralina. Se il trattamento con questi farmaci non ha successo, molti medici aumentano lefficacia degli antidepressivi aggiungendo il litio, talvolta a questo scopo possono anche venire usate basse dosi di neurolettici atipici (Risperdal, Zyprexa, Belivon, ecc). 1.7.3 La psicoterapia cognitivo-comportamentale Fino agli anni 1960/70, periodo in cui sono sorti nuovi modelli interpretativi e psicoterapeutici hanno condotto alle attuali conoscenze del disturbo, il DOC veniva considerato scarsamente trattabile, con lavvento della terapia cognitiva-comportamentale, invece, le cose sono notevolmente cambiate. 36

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Anche se di norma da un punto di vista teorico si effettua una distinzione netta tra terapia comportamentale e terapia cognitiva, risulta tuttavia difficile dimostrare che lazione si verifichi primariamente a livello de apprendimento o di elaborazione cognitiva, mentre probabile che ci avvenga simultaneamente; inoltre appaiono interessanti gli studi recenti che indicano una minore percentuale di ricadute con lutilizzo associato di entrambe le metodiche. La terapia comportamentale rappresenta una forma direttiva di psicoterapia che utilizza i principi del condizionamento operante (stimolo-rispostarinforzo), nella quale le situazioni terapeutiche vengono attivamente strutturate. A questo modello appartengono varie metodiche come la desensibilizzazione sistematica, il modeling, il condizionamento operante, il flooding e molte altre, ma soprattutto lesposizione in vivo con prevenzione della risposta (EPR), che quella che pi di ogni altra che ha dimostrato la sua efficacia cli- nica. Questultima ha come obiettivo lesposizione del paziente a situazioni che generano ansia inducendo e/o convincendo il soggetto a non attuare i ri- tuali sia comportamentali che mentali. I dati relativi allapplicazione dellEPR indicano percentuali di suc- cesso del 65-70%, con maggiore efficacia nellarea dei rituali che sulle osses- sioni. In generale comunque, tutte le tecniche comportamentali agiscono mag- giormente sulla sfera compulsiva pi che su quella ossessiva. La terapia cognitiva si basa invece sui processi cognitivi (pensieri, emozioni, sentimenti, sensazioni) e considera il comportamento dellindividuo quale risposta alle rappresentazioni cognitive (significati) che esso stesso con- ferisce allambiente, il terapeuta in questo caso ha cos il compito di aiutare il soggetto ad identificare e correggere i modelli cognitivi disfunzionali, aiutandolo a ridurre i pensieri catastrofici e lesagerato senso di responsabilit che 37

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essi provano. La terapia cognitiva, contrariamente a quella comportamentale, agisce soprattutto sulla sfera ossessiva. Le principali metodiche cognitive per il trattamento del DOC sono la Terapia Relazionale Emotiva (TRE) di Ellis (1987), e la Terapia Cognitiva di Beck (1976). La prima ha il compito di aiutare il soggetto a divenire consapevole delle proprie convinzioni irrazionali autolesive, per poi aiutarlo a sosti- tuirle con asserzioni positive di accrescimento; la seconda si prefigge invece di correggere le distorsioni cognitive mediante lidentificazione dei pensieri au- tomatici e degli schemi disfunzionali che determinano lerrata interpreta- zione della situazione e degli avvenimenti. Dati piuttosto recenti sulla Terapia Razionale Emotiva (Emmelkamp et al. 1988, 1991, 1993), hanno dimostrato una efficacia analoga alla tecnica di esposizione con prevenzione della risposta (EPR); la TRE comporterebbe una maggiore efficacia nel ridurre la depressione e le convinzioni irrazionali, mentre lassociazione fra TRE e EPR non comporterebbe effetti addizionali. Mentre circa il 25% dei pazienti rifiuta questa terapia, coloro i quali la portano a termine fanno registrare una riduzione dei sintomi del 50-80% dopo 20-30 sedute. Di importanza ancora maggiore per il fatto che i pazienti con DOC che rispondono al PCC (Terapia Cognitivo Comportamentale) stanno bene anche dopo anni. La PCC di estrema importanza anche nel mantenimento dei soggetti trattati con psicofarmaci, con questa terapia si previene infatti la loro ricaduta dopo linterruzione di tali medicinali. Per quel che riguarda la durata dellintervento, la PCC condotta ambulatoriamente, una volta a settimana, pu necessitare di tre mesi o pi per mostrare i suoi primi effetti significativi. Un trattamento intensivo invece, come quello condotto nelle situazioni di ricovero, che prevede oltre a 2-3 sedute set-

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timanali anche unassistenza giornaliera per aiutare il paziente negli esercizi di esposizione e prevenzione della risposta, il trattamento pi veloce per il DOC e d risultati molto buoni nellarco di un mese. Occorre associare una te- rapia farmacologica a dosaggio pieno, talora ricorrendo a trattamenti farmaco- logici complessi con li ERP (esposizione pi prevenzione della risposta) con- dotta quotidianamente su programma individualizzato e per durata prolungata. Ci ovviamente non toglie che la terapia debba continuare ambulatoriamente dopo il ricovero. Un protocollo di intervento specifico per i pazienti DOC resistenti o refrattari stato ideato dal prof. Davide Dttore e reso operativo dallaprile 2001 grazie alla disponibilit di una struttura privata convenzionata di Fiesole (Firenze). Esso consiste in un protocollo di intervento della durata prestabilita di 30 giorni, che , associando procedure psicoterapeutiche a orientamento cognitivo-comportamentale alla somministrazione di farmaci specifici, permette di ottenere risultati di significativa efficacia. Laspetto di rilevante novit, almeno in Italia, consiste nella supervisione continuativa al paziente, che garantisce una corretta esecuzione delle tecniche comportamentali, in una programmata e coordinata associazione dei trattamenti psicoterapeutici e farma- cologici, ove necessari, e nella presenza di numerosi interventi corollari, mirati a incrementarne lefficacia. 1.7.4 Altre terapie La terapia familiare spesso utile nel sostenere la famiglia, poich riduce i contrasti coniugali causati dal disturbo e costruisce unalleanza terapeutica con i suoi membri per il bene del paziente. La terapia di gruppo utile in alcuni casi come terapia di supporto.

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Per i soggetti che resistono persistentemente al trattamento si dovrebbero considerare la terapia elettroconvulsivante (TEC) e la psicochirurgia. Secondo lAmerican Psychiatric Association (1978) la terapia elettroconvulsivante non utile con il DOC se il paziente non presenta una depressione endogena. Gli studi riguardanti solo il DOC sono molto limitati e non danno chiare indicazioni in proposito. In una rassegna di 32 pazienti con Di- sturbo Ossessivo-Compulsivo , precedentemente trattati senza successo con te- rapia comportamentale, cognitiva e farmacologica, Maletzky et al. (1994) de- scrivono nella maggioranza di essi, dopo terapia elettroconvulsiva, considere- voli miglioramenti dei sintomi ossessivi, indipendenti per dai mutamenti nelle misure di depressione. La psicochirurgia, cingulotomia in particolare, rappresenta un estremo intervento terapeutico che porterebbe per a benefici evidenti nei casi pi gravi. Jenike (1992) sottolinea che, dopo lintervento di psicochirurgia, si ottiene nel tempo un progressivo miglioramento; inoltre sembra che dopo di esso i pazienti incomincino a rispondere meglio alla farmacoterapia e alla terapia comportamentale. Gli autori, in base alla bassa percentuale di complicazioni, ritengono la cingulotomia la procedura neurochirurgica delezione in caso di pazienti DOC intrattabili.; essa non comunque lunica forma di psicochirurgia appli- cabile a questi casi, abbiamo anche la leucotomia limbica e la capsulotomia anteriore.

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2 IL TEST DI RORSCHACH2.1 Introduzione alle tecniche proiettiveLa valutazione psicologica formale dellintelligenza e della personalit ha un ruolo essenziale nella pratica clinica. La valutazione di personalit fornisce informazioni sui punti di forza e debolezza del paziente, su come e perch situazione e Unapprofondita sulla della valutazione egli sua si trova nellattuale prognosi. pu fornire utili

personalit

informazioni sulla diagnosi; pu inoltre aiutare a valutare i progressi del paziente nel corso della psicoterapia o di altri programmi terapeutici. Per lo studio della personalit gli strumenti maggiormente utilizzati in ambito clinico accanto agli inventari di personalit sono le tecniche proiettive. Il termine proiettivo fu inizialmente usato da Freud (1894, 1896) per indicare un meccanismo di difesa mediante il quale lIo trasferisce allesterno pericoli sperimentati internamente, Murray diede successivamente al termine un significato pi ampio, indicando la proiezione come la tendenza del soggetto ad essere influenzato dai propri bisogni e interessi e da tutta la sua organizzazione psicologica nella interpretazione e ristrutturazione cognitiva di stimoli percettivi che abbiano un certo grado di ambiguit. Oggigiorno, grazie ai contributi della psicologia cognitiva e della psicologia della Gestalt, il termine proiettivo si ulteriormente esteso. Molti autori odierni considerano infatti il processo di risposta ad uno stimolo ambiguo non solo come influenzato dalla proiezione, ma anche da altri fattori. I metodi proiettivi sono quelle tecniche che consentono di giungere ad una indagine della personalit dal punto di vista della psicologia proiettiva; consistono nella presentazione di stimoli poco strutturati o ambigui ai soggetti,

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che hanno il compito di strutturarli o interpretarli rivelando cos caratteristiche della propria personalit. Le risposte dei soggetti vengono successivamente raccolte in protocolli. Le tecniche proiettive utilizzate al giorno doggi per lindagine della personalit sono molto numerose, se ne possono per individuare, sulla base delle loro finalit, due categorie principali: I test strutturali, che si prefiggono lindividuazione della struttura di personalit del soggetto e della sua organiz- zazione psichica (ad esempio il Rorschach), e i test tematici, che rivelano in- vece i contenuti significativi del dinamismo psichico della persona (ne sono un esempio il T.A.T. per gli adulti e il C.A.T. per i bambini). La pi grande critica rivolta alle metodologie proiettive la loro scarsa standardizzazione, ossia la loro soggettivit nelle caratteristiche di fedelt e validit. Effettivamente linterpretazione delle risposte fornite da uno strumento di questo tipo sempre mediata dalla mente del clinico e dalle informazioni che egli possiede sulla persona esaminata, laccuratezza dei test proiettivi varia quindi con labilit e lesperienza dellutilizzatore. I clinici dal canto loro difendono questi strumenti sostenendo la necessit, in una situazione clinica, non solo di misurare la persona, ma anche di osservarla, di comprendere la sua capacit di far fronte ai problemi che gli proponiamo,di dare un senso clinico al suo comportamento.

2.2

Il test di RorschachIl test di Rorschach il test proiettivo strutturale pi utilizzato nella

pratica clinica per la valutazione della personalit e del funzionamento psichico globale della persona. Questo strumento venne sviluppato agli inizi del 900 da Hermann Rorschach, uno psichiatra svizzero, e fu da lui utilizzato per lindividuazione

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2 IL TEST DI RORSCHACH

dei disturbi schizofrenici sulla base dello stile percettivo manifestato dai soggetti. Rorschach aveva formulato lipotesi che le risposte dei soggetti alle tavole si costituissero attraverso una integrazione di tracce di memoria con sensazioni generate dalle macchie-stimolo. Il soggetto sarebbe conscio del fatto che le macchie non sono identiche agli oggetti-engrammi conservati nella sua memoria, cercherebbe quindi di identificare lo stimolo, o parte di esso, integrando le sensazioni generate e associandole ad engrammi immagazzinati in memoria. Secondo lautore il processo di risposta costituirebbe quindi un processo di percezione e associazione. Il test costituito da 10 tavole standard raffiguranti macchie di inchiostro, cinque in bianco e nero, cinque a colori. Le tavole vengono mostrate al paziente seguendo un ordine ben preciso e fungono da stimolo per indurre le associazioni. Dopo questa prima fase in cui il clinico annota le risposte del soggetto, inizia la fase di inchiesta, che ha lo scopo di individuare gli aspetti rilevanti di ciascuna risposta, fondamentali per attribuire i successivi punteggi. Il modo nel quale ogni singolo soggetto organizza o struttura le macchie di inchiostro nel processo percettivo riflette gli aspetti fondamentali della sua dinamica psicologica. Le macchie di inchiostro si prestano a funzio- nare da stimolo perch sono relativamente ambigue o scarsamente strutturate; non sollecitano, cio, risposte apprese attraverso lesperienza ma permettono una grande variet di possibili risposte. Il Rorschach rappresenta un metodo che consente di raccogliere informazioni rappresentate nelle risposte fornite dai soggetti. Le varie tipologie di scoring, valutazione e interpretazione partono tutte dalle risposte fornite alle macchie, ma rappresentano delle tecniche di valutazione: per questo motivo il

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Rorschach, pi che come tecnica o test, dovrebbe essere definito come metodo, un metodo proiettivo per lindagine della personalit. Negli anni immediatamente successivi alla sua prima pubblicazione (1921), il test di Rorschach fu scarsamente utilizzato sia in ambito clinico che di ricerca. La morte di Herman Rorschach un anno dopo la pubblicazione della sua monografia Psychodiagnostik imped ovviamente allautore di comple- tare lo sviluppo della metodologia del suo strumento. Questo metodo conobbe un notevole successo solo a partire dagli anni 40, quando divenne uno dei test proiettivi pi universalmente noti e usati. Negli anni 60 il Rorschach conobbe invece un altro momento di difficolt a causa delle innumerevoli critiche rivolte alla sua validit, tanto che sembrava dovesse essere abbandonato anche come metodo clinico. Negli ultimi anni si assistito invece ad una rinascita dellinteresse per questo metodo sia per quanto riguarda luso clinico che per la ricerca. A parere di Lerner & Lerner, a rinnovare lattenzione di clinici e ricercatori, sono stati il lavoro empirico di Exner e dei suoi colleghi (Exner, 1974; 1978 ; Exner e Weiner, 1982; Viglione & Exner, 1983) insieme ai