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METODO DI SCOMPOSIZONE DI RUFFINI
Il metodo di Ruffini è una procedura di scomposizione dei polinomi
introdotta dal matematico Paolo Ruffini (non è quello della TV!) nel
XVIII secolo, grazie alla quale è possibile effettuare la scomposizione
di polinomi di grado qualsiasi sotto opportune ipotesi espresse
dall'omonimo teorema di Ruffini.
L'importanza del metodo di Ruffini riguarda il fatto che esso funziona
anche laddove le tecniche di scomposizione derivanti dai prodotti
notevoli falliscono.
Perché studiare il metodo di Ruffini?
Il metodo di Ruffini, sebbene spesso sia considerato quasi un incubo
dagli studenti delle superiori, è uno dei metodi più sicuri e meccanici
per scomporre i polinomi.
Consideriamo un polinomio P(x) scomponibile e di grado n. La regola
di Ruffini consente di ottenere una scomposizione in fattori di P(x)
del tipo:
���� = ���� ∙ ���� (1)
dove A(x) e B(x) sono polinomi rispettivamente di grado 1 (ovvero
dove la x compare con esponente pari a 1) e (n-1).
In pratica con questo metodo riuscirete, ad esempio, a scrivere:
� un polinomio di 2° grado come il prodotto fra due di primo grado;
in questo caso Ruffini ha un rivale agguerrito: il metodo del
trinomio speciale (vedi dispensa dedicata);
� un polinomio di 3° grado come il prodotto fra uno di primo grado
ed uno di 2°; dal grado 3 in su “Ruffini non ha rivali”;
� un polinomio di 4° grado come il prodotto fra uno di primo grado
ed uno di 3°;
� un polinomio di 5° grado come il prodotto fra uno di primo grado
ed uno di 4°;
� un polinomio di 6° grado come il prodotto fra uno di primo grado
ed uno di 5°;
2
� """""""""""""".e così via.
La morale è questa: se avete un polinomio scomponibile di grado
abbastanza alto (da 3 in su) e dovete scomporlo, Ruffini vi fornirà un
metodo infallibile. Pur trattandosi di un metodo sicuro, ci sono però
due avvertenze da tenere in considerazione:
1. Ruffini non conviene per i polinomi scomponibili di grado 2,
perché tutte le altre tecniche di scomposizione (riconoscimenti
prodotti notevoli quando è possibile, trinomio speciale); dunque
non spariamo al topolino con il cannone;
2. se individuate un'alternativa a Ruffini, usatela. Se vi prefiggete
l'obiettivo di scomporre un polinomio scomponibile e di grado
maggiore o uguale a 3, e se individuate un altro metodo per
effettuare la scomposizione, preferite sempre quest'ultimo. Ruffini
è una macchina da guerra e funziona sempre, ma è un metodo
certamente più dispendioso rispetto alle altre tecniche di
scomposizione.
Fatte queste premesse, come si scompone un polinomio con Ruffini?
Andiamo per gradi.
Teorema del resto
Torniamo alla (1):
���� = ���� ∙ ����
E scriviamo qualcosa di simile utilizzando dei semplici numeri:
16 = 2 ⋅ 8
Tale operazione è vera, tant’è che, a riprova, siamo in grado di
scrivere:
3
16 : 2 = 8
Ma le cose, anche con i numeri, non vanno sempre così lisce.
Supponiamo di avere un’altra divisione:
15 : 2
La domanda è: è possibile scrivere il risultato di quest’ultima
divisione senza chiamare in causa numeri decimali o frazioni. La
risposta è si ed il risultato si scrive così:
15 : 2 = 7 R=1
chi è R? Lo conosciamo dalle elementari. È il resto della divisione e
ci dice che il numero 15 non è divisibile per 2. Di conseguenza non
sarà possibile scrivere il numero 15 come semplice prodotto fra i due
numeri 7 e 2. Occorrerà aggiungere un dettaglio:
15 = 2 ⋅ 7 + 1
RESTO
Mentre, nel caso precedente, il resto era zero:
16 = 2 ⋅ 8 + 0
RESTO
Siete un po’ tornati ai tempi d’oro delle elementari, vero? Quando
nessuno vi “rompeva l’anima” più di tanto?
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Adesso però sveglia! Torniamo alle nostre cose. Riscriviamo la (1):
���� = ���� ∙ ����
Notate come, abbiamo scritto che il polinomio P(x) è scomponibile
nei due polinomi A(x) e B(x). Cioè, come accadeva poco fa al
numero 16, è possibile scrivere P(x) come prodotto tra A(x) e B(x).
Ovvero, per parallelismo con i numeri, sarà possibile scrivere:
����: ���� = ���� (2)
In pratica capiamo come il termine “scomponibilità” di un polinomio, è
molto legata a quella che per i numeri chiamavamo “divisibilità”. Ed
anche qui diremo che scrivere la (1) (o, che è la stessa cosa, la (2)),
è come scrivere che il polinomio P(x) è divisibile per il polinomio
A(x). È se è divisibile vuol dire che il resto sarà “0”. Dunque la (1)
può così essere scritta:
���� = ���� ∙ ���� + �� = 0�
RESTO = 0
Ma non sempre ci va così bene. In generale, quando eseguiamo una
divisione tra polinomi, potrebbe scaturire un resto ≠0 (lo vedremo con
la Regola di Ruffini). In generale si avrà:
���� = ���� ∙ ���� + �� ≠ 0� (3)
RESTO ≠ 0
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Ed in tal caso P(x) non sarebbe divisibile né per A(x), né per B(x).
Chiaramente una scomposizione di questo tipo, dove compare un
“più” a secondo membro, a noi non sta bene. Vogliamo raggiungere
la perfezione, ossia la forma (1).
N.B.: Come detto, A(x) è un polinomio di primo grado, ovvero un
binomio completo in cui la x compare con esponente 1:
A(x) = x – a
In generale, la x può anche essere accompagnata da un coefficiente
≠1. Per i nostri discorsi, però, noi faremo riferimento al caso in cui il
polinomio A(x) è nella forma scritta sopra. Vedremo poi come
ricondurre le forme mx - a (con m≠1) alla precedente. Allora, la (3)
può così essere riscritta:
���� = �� − �� ∙ ���� + � (4)
Vediamo adesso di vedere chi è questo resto. Se alla x sostituiamo
proprio “a”, ovvero se calcoliamo P(a), otteniamo:
���� = �� − �� ∙ ���� + � = 0 ∙ ���� + � = �
Cioè otteniamo che il resto della divisione è proprio il valore che P(x)
assume per x = a:
� = ����
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Teorema di Ruffini
Riprendiamo la (4):
���� = �� − �� ∙ ���� + �
Abbiamo detto che P(x) è divisibile per (x - a) se R=0. In tal caso
può scriversi:
���� = �� − �� ∙ ����
Ed in tal caso si ha:
� = ���� = 0
Possiamo enunciare il Teorema di Ruffini:
Un polinomio P(x) è divisibile per (x - a) se e solo se P(a)=0
Questo teorema serve per sapere se P(x) è divisibile per (x – a)
senza dover eseguire la divisione.
Es. il polinomio:
���� = �� − 2��
è divisibile per (x – 2)? Per stabilirlo calcoliamo:
��2� = 2� − 2 ∙ 2� = 16 − 16 = 0
Poiché P(2) = 0, per il teorema di Ruffini P(x) è divisibile per (x – 2).
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Ricerca degli zeri di un polinomio
Il teorema di Ruffini ci porta a questo punto a ricercare quei binomi
del tipo (x - a), in cui “a” è un valore della x che rende nullo il
polinomio dividendo, ovvero:
P(a) = 0
Se ciò avviene, allora certamente il binomio (x - a) è un divisore del
polinomio P(x).
Dobbiamo dunque cercare quelli che chiamiamo gli “zeri” del
polinomio P(x).
Attenzione! Quando vi chiedo di trovare uno zero di un polinomio, non
vi sto chiedendo di sostituire al posto della x il valore “0”. Voglio quei
particolari valori di x che sostituiti nel polinomio, lo fanno diventare
nullo (cioè =0). Es.:
Verificate che i seguenti valori di x:
x = 0 - x = -3 - x = 3 - x = − ��
sono degli “zeri” per il seguente polinomio:
P(x) = 9x5 + 3x
4 – 81x
3 – 27x
2
Aiutatevi con la calcolatrice e sostituite alla x una volta “0”, una volta
“-3”, una volta “+3” ed una volta “− �� “, scrivendo:
P(0) =……….
P(-3) =……….
P(3) =……….
� �− 13� =……….
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E vedete che cosa salta fuori dal risultato. I 4 valori delle x date
all’inizio, sono effettivamente degli zeri per il polinomio P(x)?
Ma torniamo alla ricerca degli zeri di un polinomio e scriviamo la
seguente regola valida solo per la ricerca degli “zeri” numeri interi
(quindi non frazioni):
“Dato un polinomio con coefficienti interi, dobbiamo ricercare gli
zeri interi del polinomio fra i divisori del termine noto”.
Facciamo direttamente un esempio:
Più in generale possiamo scrivere una regola valida per la ricerca
degli “zeri” numeri razionali (quindi anche le frazioni):
“Dato un polinomio con coefficienti interi, dobbiamo ricercare gli
zeri razionali (quindi anche le frazioni) del polinomio fra le
frazioni che hanno:
� un divisore del termine noto a numeratore;
� un divisore del coefficiente del termine di grado massimo a
denominatore;
Naturalmente se il coefficiente della x di grado massimo è 1 (quindi è
1 il denominatore delle frazioni), allora i possibili zeri da ricercare
saranno tutti interi
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Facciamo un esempio:
Dunque questo metodo di ricerca degli zeri di un polinomio, non è un
metodo che ci da direttamente le soluzioni, bensì ci suggerisce fra
quali “candidati” dobbiamo cercare. In quest’ultimo esempio, i
candidati possibili erano 8:
ma le uniche soluzioni buone erano 3:
x = -1
x = 2
x = ��
Si può dimostrare che gli zeri razionali di un polinomio possono
essere al massimo tanti quanti il grado del polinomio.
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Esempio
Partiamo da un esempio e vediamo ogni singolo passaggio della
regola generale. Consideriamo il polinomio:
���� = �� + 2� − 3
1) Ricerca di una radice (o “zero”, è la stessa cosa) per applicare la
regola di Ruffini
Cerchiamo una radice particolare del polinomio.
Il coefficiente della x di grado massimo (x3) è pari a 1 e quindi i
possibili zeri da ricercare saranno tutti interi. Facciamo allora la
ricerca solo tra i divisori del termine noto. Per quanto abbiamo visto
dalla regola sopra:
“Dato un polinomio con coefficienti interi, dobbiamo ricercare gli
zeri interi del polinomio fra i divisori del termine noto”.
In tal caso il termine noto è -3 ed i suoi divisori sono:
divisori di -3 = �−1, 1, −3, 3�
Come facciamo a capire quale di questi valori è una radice del
polinomio? Consideriamo il polinomio P(x) e sostituiamo,
separatamente e ad uno alla volta, i valori al posto di x. Se il risultato
del polinomio risulta essere “0”, allora avremo trovato uno zero (o una
radice); in caso contrario dovremo passare al valore successivo.
Nell'esempio abbiamo:
���� = �� + 2� − 3
e dunque proviamo sostituire al posto di x, uno alla volta, i valori:
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(-1, 1, -3, 3)
Se x = - 1, abbiamo:
��−1� = �−1�� + 2�−1� − 3 = −1 − 2 − 3 = −6
per avere una radice la valutazione del polinomio deve risultare zero,
quindi x = - 1 non è una radice del polinomio.
Proviamo con x = 1
��1� = �1�� + 2�1� − 3 = 1 + 2 − 3 = 0
dato che la valutazione di P(x) in x = 1 vale zero, abbiamo trovato
una radice:
x = 1
ed al momento ci fermiamo. Intanto una radice è trovata.
2) Applicazione del metodo: tabella di Ruffini
Ora procediamo con la regola di Ruffini: scriviamo una tabella fatta
nel modo seguente:
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Come vedete, nella prima riga compaiono i coefficienti dei termini del
polinomio ordinati per grado (1, 0, 2, -3). Nel nostro esempio
mancava il termine di grado 2, quindi abbiamo aggiunto uno zero. La
riga si conclude con il termine noto (-3), che scriviamo a destra della
barra di separazione verticale.
Nella seconda riga troviamo come primo elemento la radice del
polinomio (“1” rosso) che abbiamo trovato inizialmente (o anche il
termine noto a del polinomio divisore (x - a) cambiato di segno.
Fatto ciò possiamo dare il via all'applicazione della regola di Ruffini
completando la tabella appena disegnata.
Nella terza ed ultima riga riportiamo in prima posizione il coefficiente
del termine di grado massimo (“1” blu).
Procediamo poi con la compilazione della seconda e della terza riga.
Moltiplichiamo l'elemento della terza riga (“1” blu) per la radice (“1”
rosso) e riportiamo il risultato (“1” verde) nella seconda riga, sulla
colonna successiva. A questo punto, sulla seconda colonna,
sommiamo il coefficiente della prima riga (lo “0” arancio) con
l'elemento presente sulla seconda riga (“1” verde), e riportiamo il
risultato sulla terza riga:
Reiterando il procedimento arriviamo all'ultimo elemento a destra
sulla terza riga, che rappresenta il resto della scomposizione. Se
abbiamo effettuato i calcoli correttamente, allora questo termine deve
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valere necessariamente zero ed avremo una situazione come quella
rappresentata nella figura seguente:
3) Come si passa dalla tabella alla scomposizione del polinomio
P(x) = A(x) B(x) = (x - a) B(x)?
Ci viene in soccorso il teorema di Ruffini, il quale afferma che un
polinomio P(x) è divisibile per (x - a) se e solo se P(a) = 0, ovvero
se e solo se a è una radice (o uno “zero”) del polinomio.
Cosa vuol dire? Molto semplicemente che, se abbiamo trovato una
radice a del polinomio P(x), vuol dire automaticamente che esso sarà
divisibile per il binomio (x - a).
Nel nostro caso il polinomio di grado 1 sarà (x - 1), ossia:
(x – lo zero trovato)
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mentre quello di grado (n-1), ovvero B(x) (nel nostro esempio 3-1=2),
ha come coefficienti i numeri che compaiono nella terza riga della
tabella:
1, 1, 3
Sappiamo che B(x) ha grado 2, quindi non può essere:
B(x) = 1⋅ x2 + 1⋅ x + 3
B(x) = x2 + x + 3
Siamo arrivati alla scomposizione che volevamo:
P(x) = x3 + 2x – 3 = (x - 1) (x
2 + x + 3)
E siccome siete bravi ad eseguire le moltiplicazioni fra polinomi,
provate ad eseguire la moltiplicazione:
(x – 1) (x2 + x + 3)
E vedrete che ri-otterrete il polinomio iniziale P(x).
4) Eventualmente reiterare Ruffini
In generale, dopo aver applicato Ruffini, ci ritroviamo con una
scomposizione
P(x) = (x - a) B(x)
Se il polinomio B(x) ha grado superiore al primo possiamo tentare
un'ulteriore scomposizione, applicando eventualmente Ruffini (per
polinomi di grado maggiore o uguale a 3) o qualsiasi altra tecnica di
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scomposizione a noi nota. Ciò ovviamente è possibile a patto che
B(x) sia un polinomio scomponibile.
5) Verifica del risultato (facoltativa)
Dopo aver scritto la scomposizione finale potete verificare
velocemente il risultato effettuando i prodotti tra i polinomi presenti
nella scomposizione. Se il risultato del prodotto coincide con il
polinomio dato inizialmente, allora lo svolgimento è certamente
corretto.
Dal canto nostro vi consigliamo di procedere con la verifica del
risultato nei primissimi esercizi che svolgerete, almeno fino a che non
avrete sufficiente dimestichezza con il metodo di Ruffini, e
naturalmente nei problemi delle verifiche.
Esempio di applicazione della regola di Ruffini
Consideriamo il polinomio
P(x) = x4 - 2x
3 – 8x + 16
e scomponiamolo applicando il procedimento secondo Ruffini. Per
prima cosa cerchiamo una radice o zero) del polinomio. E per
comodità cerchiamo ancora uno zero intero tra i divisori del termine
noto (+16). Essi sono:
divisori di +16 = �−1,1, −2,2, −4,4, −8,8, −16,16�
Riflettere come, quando il coefficiente della x di massimo grado (4 nel
presente caso) è pari a 1, gli zeri non possono essere frazioni, bensì
solo numeri interi.
A questo punto sostituiamo i valori al posto di x nel polinomio
cercandone uno che verifichi la condizione P(x)=0.
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Ad esempio, se consideriamo x = 2, si ha:
P(x) = x4 - 2x
3 – 8x + 16
P(2) = 24 – 2 ⋅ 2
3 – 8 ⋅ 2 + 16 = 16 – 16 – 16 + 16 = 0
Quindi x = 2 è una radice del polinomio. In particolare, il teorema di
Ruffini ci dice già che potremo scrivere P(x) come:
P(x) = (x - 2) B(x)
dove il polinomio di primo grado (x - 2) è individuato dalla radice che
abbiamo appena trovato, mentre B(x) è un polinomio di grado 4-1=3.
Per determinare B(x) mettiamo “in moto” la regola di Ruffini e
procediamo con la solita tabella:
Nell'ultima riga abbiamo ricavato i coefficienti (1, 0, 0, -8) del
secondo fattore della scomposizione, ovvero B(x), che sarà un
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polinomio di grado 3 (uno in meno rispetto a quello da cui siamo
partiti):
B(x) = 1 ⋅ x3 + 0 ⋅ x
2 + 0 ⋅ x - 8
B(x) = x3 - 8
Possiamo quindi scrivere la scomposizione in fattori di P(x):
P(x) = (x - 2) B(x) = (x - 2) (x3 - 8)
Per scomporre ulteriormente il polinomio potremmo applicare ancora
la regola di Ruffini a (x3 - 8), ma non conviene tanto. Anche se non è
frequente l’applicazione del prodotto notevole denominato
“differenza di cubi”, vale la pena in questa occasione andarsi a
rinfrescare un po’ la memoria (non riporteremo qui la formula
generale. Andate a ripassarla voi altrove):
x3 – 8 = (x - 2) (x
2 + 2x + 4)
da cui otteniamo la scomposizione finale del polinomio di origine:
P(x) = x4 - 2x
3 – 8x + 16 = (x - 2) (x - 2) (x
2 + 2x + 4)
E, come prima, vi consiglio di fare la verifica ri-eseguendo la
moltiplicazione fra polinomi ottenuta per ritornare al polinomio di
origine. Mi raccomando: moltiplicate i polinomi due alla volta.