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CSeRMEG Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale XVII CONGRESSO CSERMEG 22-23 ottobre 2004 “QUALITA’ IN MEDICINA GENERALE INDICATORI, SCENARI, TRAPPOLE.” COSTERMANO – Hotel Poiano (Lago di Garda, Verona) PROGRAMMA – LIBRO DEGLI ABSTRACTS a cura di Guido Danti, Tiziana Galopin, Paolo Biasioli

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CSeRMEG Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale

XVII CONGRESSO CSERMEG 22-23 ottobre 2004

“QUALITA’ IN MEDICINA GENERALE INDICATORI, SCENARI, TRAPPOLE.”

COSTERMANO – Hotel Poiano (Lago di Garda, Verona)

PROGRAMMA – LIBRO DEGLI ABSTRACTS

a cura di Guido Danti, Tiziana Galopin, Paolo Biasioli

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XVII congresso CSERMEG – programma, libro degli abstracts 2

presentazione

Come si può qualificare, giudicare, valutare o autovalutare la pratica medica? E per quali scopi? I medici di medicina generale sono abituati a molti diversi termini attinenti alla valutazione della loro pratica. Dal punto di vista clinico, una buona pratica dovrebbe essere innanzitutto “evidence-based”; tuttavia effettu-are un intervento di documentata efficacia non implica automaticamente che esso sia il migliore nel caso specifico, cioè che l’intervento giusto sia stato fatto al momento giusto, con la persona giusta, o che interve-nire sia meglio di non fare nulla. Più recentemente si è diffuso anche il concetto di appropriatezza - in verità piuttosto vago - il cui fascino è offuscato dall’ampio uso che se ne è fatto, come sinonimo di “spesa contenu-ta”. E’ proprio la spesa (in particolare farmaceutica) l’unico “indicatore” su cui viene finora valutata la medi-cina generale, senza peraltro mai correlare la spesa al prodotto, per costruire almeno un rapporto costo-efficacia anziché un mero computo di uscite, come se fosse tutto in perdita. E le prospettive per il futuro non sono rosee: mentre si lascia mano libera a chi ha il potere e la possibilità di gonfiare domanda, liste e consu-mi, manca la capacità di comprendere, premiare e promuovere l’autonoma e specifica professionalità del medico di medicina generale, “terzo” rispetto ai due poteri che si contendono il campo: il mercato e le istitu-zioni sanitarie statali e regionali. Che genere di qualità si richiede alla medicina generale?

Il nuovo contratto dei medici di medicina generale inglesi ha portato anche in Italia a nuove ed origi-nali riflessioni sulla qualità in medicina generale, ed è la prima volta che un contratto sottoscritto all’estero ha tanta risonanza da noi. Probabilmente lo stretto rapporto che c’è tra definizione di qualità e identificazio-ne di ruolo, identità e compiti, evoca ai medici di medicina generale il miraggio di una via per ritrovare se stessi e la propria immagine professionale in un momento molto difficile per la medicina generale italiana. Tuttavia il modo di intendere la qualità nel contratto dei General Practitioners inglesi è a doppio taglio: si tratta di indicatori di performance clinica, fortemente orientati alla patologia, con scarsa considerazione degli aspetti più specifici della medicina generale, come ad esempio quelli identificati dalla recente Definizione Europea della Medicina Generale della Wonca.

“Qualità” è un termine sempre più al centro dell’attenzione in medicina. Quante qualità esistono? La qualità richiesta, la qualità esperita, la qualità percepita, la qualità attribuita, la qualità desiderata… I criteri per definirla possono cambiare a seconda del punto di vista del paziente, delle istituzioni o dei medici stessi? Il XVII Congresso dello CSeRMEG vuole riprendere ed allargare questo dibattito: qualità visibile e misura-bile, con indicatori ben definiti, o qualità invisibile e intangibile, “specifica” della medicina generale e del suo particolare rapporto col paziente e con i suoi bisogni? Gli indicatori proposti nel contratto inglese sareb-bero considerati validi anche da uno specialista del campo, ma il medico di medicina generale deve assumer-ne lo stile e i metodi? E se non deve invece rinunciare ad un suo stile professionale e ad un metodo più cen-trato sul paziente, che rapporto si costruisce tra questo e la performance clinica? Quali “indicatori” specifici per la medicina generale si possono pensare ed elaborare? Se ne può dimostrare l’effettivo rapporto con una pratica di qualità, che sia interesse dei pazienti, ma anche dei medici e delle istituzioni? L’obiettivo del Centro Studi è innanzi tutto la necessità di salvaguardare l’autovalutazione compiuta dal me-dico con la riflessione sulla propria esperienza, quale strumento efficace nel cambiamento in senso migliora-tivo della pratica professionale sensato e non fine a se stesso, avvalendosi anche dell’individuazione di crite-ri, indicatori e standard, laddove possibile. Questo obiettivo rischia di essere sopraffatto dalla tentazione di seguire modelli di certificazione della medicina generale da parte di esterni, e dal coinvolgimento in progetti aziendali in cui la medicina generale si trova sempre più spesso ad essere inserita (anche suo malgrado) con fini di mero contenimento della spesa.

Il XVII Congresso dello CSeRMEG intende promuovere un confronto con altre Società Scientifiche e con tutti i partecipanti, ai quali si darà ampio spazio per presentare esperienze originali sul tema della quali-tà. Lo scopo è quello di dare ai medici di medicina generale strumenti e metodi idonei a rinforzarne la pro-fessionalità, le capacità di autovalutazione, la consapevolezza di ruolo e lo spirito di appartenenza ad una comunità scientifico-professionale di dimensione europea. Siamo convinti che solo difendendo i propri valori e elaborando propri progetti di sviluppo (ricerca, valutazione di qualità, peer-review, audit, formazione, ela-borazione teorica) la medicina generale italiana possa avere ancora delle prospettive nell’ambito del Servizio Sanitario. Ciò significa che è principalmente compito degli stessi medici di medicina generale costruire il proprio futuro.

La qualità “…deve essere uno stile, un metodo di lavoro, un atteggiamento culturale: non va raggiunta, ma va praticata…” (E.Parma).

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programma definitivo

Venerdì 22 ottobre 2004

I sessione: ore 9-10,30

Lo scenario della qualità. (moderatori: G.Danti, T.Galopin)

Lo scenario della qualità, gli indicatori e le trappole. M.Tombesi

La performance dei medici e la responsabilità verso il sistema sanitario – Il contratto dei GPs inglesi. Dr. Stephen M. Campbell (Università di Manchester, UK)

ore 10,30-11: pausa caffè II sessione: ore 11-12,30

Interventi preordinati. (moderatore G.Collecchia)

Il questionario SWOT. P.Longoni Lo studio EUROPEP. M.Milano Lo studio R&P. V.Caimi

Comunicazioni libere. (moderatore G.Collecchia)

Il valore del simbolo tra metafora e metonimia. Dal panopticon alla verifica di qualità. We hade a dream. A.Recusani, D.Randi, G.Montagna

Il posto delle qualità inespresse in Medicina Generale. F.Benincasa

Analisi delle possibili metodologie di misurazione della relazione clinica in Medicina di Famiglia. E.Giordano, A. Matellicani

ore 12,30-14: pausa pranzo III sessione: ore 14-15,30

La qualità in pratica: dalla valuta-zione agli obiettivi formativi. (moderatori: G.Danti, T.Galopin)

L’esperienza della MG. M.Baruchello, N.R.Laurora L’osservatorio CSERMEG. F.Valcanover Il modello formativo. G.Parisi

ore 15,30-16: nel corso della pausa caffè

Visita guidata ai posters. (moderatori: M.Bosisio, M.Milano, N.Sartor)

Benzodiazepine e Medicina di Cure Primarie. A.Del Carlo, P.Franceschi, G.Collecchia, G. Gavirani

Impact of PACE on Physical Activity Mediators in Overweight/Obese Italian Patients. C.R.Nigg, M.Bolognesi, M.Massarini

La produzione di un data base per il rischio cardiova-scolare nelle cartelle cliniche dei Medici di Medicina Generale aderenti ad una cooperativa del Distretto di Carpi (Modena). P. Malavasi

IV sessione: ore 16-18,30

Interventi preordinati. (moderatore G.Collecchia)

Il feedback di MEDIMAX. L.Caraceni Il progetto GIANO. M.Nejrotti e G.Giustetto La formazione e l’audit a VERONA. R.Rossi Net-audit: self audit in rete. M.Grassi

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XVII congresso CSERMEG – programma, libro degli abstracts 4

Venerdì 22 ottobre 2004

IV sessione: ore 16-18,30

Comunicazioni libere. (moderatore G.Collecchia)

Forme Associative e Qualità in Medicina Generale. M.Bussini

Ricerca come formazione nella diagnosi di cefalea in MG. P.Franceschi, A.Del Carlo

La classificazione dei problemi in medicina generale: proposta di un percorso classificativo per i problemi osteomioarticolari. S.Giovannoni, L.Polenzani, A.Bussotti, E.Messina

Il linguaggio ambiguo della “qualità”. Ricadute sul contratto dei GP del NHS britannico. A.Donzelli, D.Sghedoni

Un progetto orientato al miglioramento continuo della qualità in Medicina: il PICENUM study (Perfor-mance Indicators Continuous Evaluation as Neces-sity for Upgrade in Medicine). V.Landro, P.Misericordia, G.Olimpi, P.Simoni

Il programma di miglioramento continuo della qualità dell’assistenza farmaceutica nella Provincia di Go-rizia. L.Crapesi, R.Della Vedova, G.Latella, G.Pilati , S.Visintin

Un progetto dellaRegione Emilia-Romagna: Progetto pilota di decentralizzazione della gestione della T.A.O. a Parma. G.Ercolini, A.Manotti, P.Schianchi, C.Manotti, C.Pattacini

Linee guida in endoscopia digestiva per la Medicina Generale. A.Cefalo, D.Sghedoni, F.Carelli, G.Banchini, P.Moser, F.Cosentino

Le linee guida come strumento di promozione dell’Evidence-Based Health Care l’esperienza in un distretto di Milano. S.Chirchiglia, P.Pane, F.Sinchetto

dopo cena: ore 21,15

Il salotto del Centro Studi: ”i conflitti di interesse in medicina.”

conversazione con Marco Bobbio

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XVII congresso CSERMEG – programma, libro degli abstracts 5

Sabato 23 ottobre 2004

I sessione: ore 9-10,30

La qualità nella pratica. (moderatori: G.Danti, T.Galopin)

La qualità in medicina generale. V.Caimi La performance dei medici e la responsabilità verso i

singoli pazienti. Prof. Jan De Maeseneer (Univ. di Ghent, Belgio)

ore 10,30-11: pausa caffè II sessione: ore 11-12,30

Medicina generale e ricerca. Tavola rotonda. (moderatori: G.Danti, T.Galopin)

Un obiettivo per la ricerca: costruire un ponte tra na-tura e cultura. introduzione a cura di S.Bernabè

conversazione con: Prof. Jan De Maeseneer S.Bernabè V.Caimi G.Parisi G.Visentin

ore 12,30-14: pausa pranzo III sessione: ore 14-15,30

La qualità perseguita: il ruolo delle società scientifiche della medicina ge-nerale. (moderatore M.Tombesi)

interventi preordinati a cura di: SIMG N.R.Laurora SIQUAS-VRQ M.Baruchello SNAMI e AIMEF F.Zizzo ASSIMEFAC E.Mola SIMEF F.Corti CSERMEG L.Gambarelli

e del Centro Regionale di Riferimento per la Medicna Convenzionata Regione Veneto B.Gorini

ore 15,30-16: pausa caffè IV sessione: ore 16-18,30

La qualità amministrata. Tavola rotonda. (moderatore V.Caimi)

La qualità in medicina generale: un obiettivo comune. introduzione a cura di G.Danti

conversazione con: Dr. Nello Martini direttore generale dell’Agenzia Ita-

liana del Farmaco Dr. Paolo Peduzzi direttore del dipartimento dei servi-

zi sanitari di base ASL Prov.Milano 3 Dr. Giampietro Rupolo dirigente regionale Direzione

Piani e Programmi Socio-Sanitari, Regione Veneto Dr. Roberto Satolli direttore della rivista ‘Occhio Cli-

nico’ Dr. Marco Tam consigliere regione Lombardia, mem-

bro della Commissione Sanità della Regione

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relatori e autori Dr. Campbell Stephen M, research fellow, Università di Manche-

ster, UK Prof. Jan De Maeseneer, Università di Ghent, Belgio Dr. Banchini Gabriele, medico di medicina generale, Milano Dr. Baruchello Mario, medico di medicina generale, Tezze sul

Brenta, VI Dr. Benincasa Francesco, medico di medicina generale, Torino Dr. Bernabè Sergio, medico di medicina generale, Pianezza, TO Dr. Bobbio Marco, cardiologo, 'ospedale Molinette, Torino Dr. Bolognesi Massimo, medico di medicina general,Cesena Dr. Bosisio Marina, medico di medicina generale, Monza, MI Dr. Bussini Marco, medico di medicina generale, Soresina, CR Dr. Bussotti Alessandro, medico di medicina generale, Sesto Fio-

rentino, FI Dr. Caimi Vittorio, medico di medicina generale, Monza, MI Dr. Caraceni Luciano, medico di medicina generale, Macerata Dr. Carelli Francesco, medico di medicina generale, Milano Dr. Cefalo Alberto, medico di medicina generale, Milano Dr. Chirchiglia Saverio, Direttore di Distretto - ASL Città di Mi-

lano Dr. Collecchia Giampaolo, medico di medicina generale, Massa,

MS Dr. Corti Fiorenzo, medico di medicina generale, Milano Dr. Cosentino Felice, Direttore del Servizio di Endoscopia Dige-

stiva, Ospedale San Paolo, Milano Dr. Crapesi Lucia, medico di medicina generale, Gorizia Dr. Del Carlo Alessandro, medico di medicina generale, Viareg-

gio, LU Dr. Della Vedova Roberto, medico di medicina generale, Gorizia Dr. Donzelli Alberto, Direttore Servizio Educazione Sanitaria,

Milano. Dr. Ercolini Giuseppe, medico di medicina generale, Parma Dr. Franceschi Pierlorenzo, medico di medicina generale, Massa-

rosa, LU Dr. Galopin Tiziana, medico di medicina generale, Verona Dr. Gambarelli Lino, medico di medicina generale, Scandiano,

RE Dr. Gavirani G., medico di medicina generale, Massarosa, LU Dr. Giordano Egidio, medico di medicina generale, Lauria, PZ Dr. Giovannoni Stefano, medico di medicina generale, Prato Dr. Giustetto, medico di medicina generale, Torino Dr. Gorini Brunello, direttore del Centro Regionale di Riferimen-

to per la Medicna Convenzionata, Regione Veneto Dr. Grassi Marco, medico di medicina generale, Santarcangelo,

Rimini Dr. Landro Vincenzo, medico di medicina generale, Ascoli Pice-

no Dr. Latella Giuseppe, medico di medicina generale, Gorizia Dr. Laurora Nicola Renzo, medico di medicina generale, Venezia Dr. Longoni Paolo, medico di medicina generale, Milano Dr. Malavasi Paolo, medico di medicina generale, Modena Dr. Manotti Andrea, medico di medicina generale, Parma Dr. Manotti Cesare, centro emostasi, azienda ospedaliera, Parma Dr. Martini Nello, direttore generale dell’Agenzia Italiana del

Farmaco Dr. Massarini Massimo, research center, Technogym srl, Gam-

bettola, Cesena Dr. Matellicani A, filosofo, Tortora, CS Dr. Messina Emanuele, medico di medicina generale, Firenze Dr. Milano Maria, medico di medicina generale, Pianezza, TO Dr. Misericordia Paolo, medico di medicina generale, Ascoli Pi-

ceno Dr. Mola Ernesto, medico di medicina generale, Lecce Dr. Montagna Giuseppe, medico di medicina generale, Parma Dr. Moser Pamela, medico di Sanità Pubblica della ASL Città di

Milano

Dr. Nejrotti Mario, medico di medicina generale, Torino Dr. Nigg Claudio R., research center, Technogym srl, Gambetto-

la, Cesena Dr. Olimpi Giovanni, medico di medicina generale, Ascoli Pice-

no Dr. Pane Patrizia, Responsabile Unita Operativa Assistenza Sani-

taria Primaria - ASL Città di Milano Dr. Parisi Giuseppe, medico di medicina generale, Trento Dr. Pattacini Corrado, centro emostasi, azienda ospedaliera,

Parma Dr. Peduzzi Paolo, direttore del dipartimento dei servizi sanitari

di base ASL Prov.Milano 3 Dr. Pilati G., direttore sanitario ULSS 17 Este – Monselice, GO Dr. Polenzani Loretta, medico di medicina generale, Prato Dr. Randi Daniela, medico di medicina generale, Parma Dr. Recusani Angelo, medico di medicina generale, Parma Dr. Rossi Renato, medico di medicina generale, Verona Dr. Rupolo Giampietro, dirigente regionale Direzione Piani e

Programmi Socio-Sanitari, Regione Veneto Dr. Sartor Norma, medico di medicina generale, Trento Dr. Satolli Roberto, direttore della rivista ‘Occhio Clinico’ Dr. Schianchi Paolo, medico di medicina generale, Parma Dr. Sghedoni Donatella, Responsabile UO Orientamento Clinico

e Sanitario, Milano Dr. Simoni Paolo, Responsabile U.O.C. - Unità Operativa di

Medicina B - ASUR Marche – Zona 11 di Fermo, AP Dr. Sinchetto Flavio, medico di medicina generale, Milano Dr. Tam Marco, medico di medicina generale, Sondrio, consi-

gliere regione Lombardia Dr. Tombesi Massimo, medico di medicina generale, Macerata Dr. Valcanover Fabrizio, medico di medicina generale, Trento Dr. Visentin Giorgio, medico di medicina generale, Dueville, VI Dr. Visintin S., farmacista servizio della farmaceutica aziendale

ASS 2 Isontina, Gorizia Dr. Zizzo Filippo, medico di medicina generale, Milano

SEGRETERIA SCIENTIFICA

Vittorio Caimi, tel 338 758 6441, [email protected] Giampaolo Collecchia, 333 471 7774, [email protected] Guido Danti, tel 337 707 0581, [email protected]

Tiziana Galopin, tel 348 262 5062, [email protected] Massimo Tombesi, tel 338 600 2371,

[email protected]

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA

Clara Cafaro [email protected] Tiziana Galopin, tel 348 262 5062, [email protected]

Paolo Longoni, tel 348 550 3244, [email protected] Maria Milano, tel 335 600 0050, [email protected]

SEDE DEL CONGRESSO

Hotel Residence Poiano Via Fioria 7 – 37016 Costermano (VR)

Tel 045 720 0100, fax 045 720 0900 www.poiano.com

i crediti formativi proposti dalla Commissione Nazionale ECM sono 7 (sette)

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Venerdì 22 ottobre 2004 – abstracts I sessione: ore 9-10,30

LO SCENARIO DELLA QUALITA’. moderatori Guido Danti, Tiziana Galopin

relatori Massimo Tombesi: Lo scenario della qualità, gli indicatori e le trappole. BIOGRAFIA Dal 1981 è medico di medicina generale a Macerata. Membro del Consiglio Direttivo dello CSeRMEG, si occupa di clinica ed aspetti teorico-epistemologici della Medicina Generale, epidemiologia, ricerca e formazione. E’ autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative su riviste di Medicina Generale italiane e straniere, e dei volumi "I fattori di rischio cardiovascolare in medicina generale ", (C.I.S. Milano, 1995), e per UTET Periodici scientifici, di "Prevenzione in medicina generale" (1997), "Gli interventi inutili in Medicina Generale" (2000), "Gli esami strumentali in medicina generale" (1999) e curatore del manuale “Medicina generale” (assieme a V. Caimi) edito da UTET (2003). Collabora stabilmente con le riviste "Ricerca & Pratica" e "Occhio Clinico". E’ membro del Comitato Scientifico dell’edizione italiana di Clinical Evidence e chairman del Comitato Scientifico che cura l’organizzazione del congresso del 2006 di Wonca-Europa. ABSTRACT La qualità sul palcoscenico della medicina generale italiana. Il nuovo contratto inglese ha suscitato anche in Italia un ampio ed inedito dibattito. La MG italiana attraversa un periodo molto critico non solo sul piano economico e normativo, ma anche per una crisi di identità e ruolo, almeno in parte per non aver avuto dal Sistema sanitario finanziamenti, riconoscimenti e attribuzioni professionali paragonabili ad altri paesi. L'idea di valutare la qua-lità su indicatori di performance clinica può essere visto come un modo di rilanciare il proprio ruolo e immagine profes-sionale, ma questo rischia di caricare gli indicatori di qualità di significati eccessivi e impropri. Gli indicatori non sono la qualità; essi si limitano ad indicare la qualità desiderata, e perciò chiedersi se rappresentino la "vera" qualità è una domanda sterile. E' possibile che incentivare il raggiungimento di determinati standard di performance clinica trasformi gli indicatori in obiettivi, mettendo in ombra altri aspetti importanti di una professionalità che si definisce olistica e cen-trata sul paziente anzichè sulle patologie. Tuttavia anche non perseguire buone performance cliniche ha effetti avversi importanti, e indicatori appropriati permettono almeno di realizzare un self-audit mantenendo il controllo del proprio operato. Non è chiaro - almeno in Italia - quanto e se la qualità testimoniata da standard elevati di performance clinica sia la il genere di qualità desiderata dai pazienti, ma se una buona performance clinica in alcuni ambiti di grande impat-to sulla salute è assunta come responsabilità da parte dei MMG (e l'alternativa sarebbe solo la delega agli specialisti), il raggiungimento di quegli standard deve passare inevitabilmente attraverso un processo di condivisione con il paziente, alla ricerca di una qualità concordata che tenga conto di tutte le variabili, le aspettative e gli interessi in gioco. Questo processo si realizza necessariamente mediante strumenti molto qualitativi, personalizzati e flessibili. Ciò richiede una elevata professionalità, la cui qualità è perseguibile ma può essere probabilmente solo descritta e confrontata più che misurata. Spetta ai MMG definire - se ritenuto utile - indicatori di qualità pertinenti alle proprie specificità, che spaziano dall'ambito relazionale a quello dell'enablement del paziente, fino alla gestione dei problemi acuti, sempre tenendo con-to che non tutto ciò che ha senso è misurabile e non tutto ciò che è misurabile ha senso. Nell'insieme, questi processi non vanno visti tanto con l'entusiasmo per la possibilità di ritrovare ruolo e identità (che sarebbe ancora una volta auto-centrato), quanto con la curiosità (e la prudenza) del ricercatore: la medicina è un vasto e perdurante esperimento natu-rale in cui non ci si può limitare a contemplare gli eventi.

Dr. Stephen M. Campbell: La performance dei medici e la responsabilità verso il sistema sanitario. Il contratto inglese. BIOGRAFIA Dr Stephen Campbell is a Research Fellow at the National Primary Care Research and De-

velopment Centre, University of Manchester, United Kingdom. He is a health services researcher and not a clinician. His research focuses on the definition, assessment and improvement of quality of care in general practice, both clinical and non-clinical – in particular the development and application of quality indicators.

ABSTRACT This presentation focuses upon defining and evaluating the quality of primary health care using quality indicators. It will suggest a method of defining quality of care and also define quality indicators and stan-dards. It will then present data from various projects, which have used indicators to measure quality of care in terms of clinical care, practice management and inter-personal care. The presentation will then consider some strengths and weaknesses of quality indicators including how indicators can highlight the responsibilities of doctors, before describing the new GP contract in England and presenting some data on what GPs think of this new contract.

SLIDES - (Slide 1) Thank you very much for inviting me to speak at this conference. My presentation is about defining and evaluating the quality of primary health care using quality indicators. (Slide 2) I want to begin by describing one method of defining quality of care, as well as defining quality indicators and standards. I shall then present data from various projects, which have used indicators to measure quality of care. I shall then consider some strengths and weaknesses of quality indicators before describing the new GP contract in England and what GPs think of this new contract.

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XVII congresso CSERMEG – programma, libro degli abstracts 8

(Slide 3) What is important is to firstly define quality. Then to define care. Then to combine the two in to a definition of quality of care. Quality can be defined generically as a key phrase, such as in this slide, by the Institute of Medicine. However, the difficulty in defining quality in one phrase, is compounded by the fact that it may be assessed according to different perspectives (such as doctor, patient or manager) or dimensions (such as efficiency or access), which ge-neric definitions cannot cover. As Donabedian stated in 1985 “A clear definition of quality is the foundation upon which everything else is built”. As such most definitions of quality focus on dimensions of care, such as those suggested by Maxwell in 1992 – for example, access and efficiency. Such approaches recognise that quality is composed of multi-ple components or dimensions. Each individual dimension provides a partial picture of quality when viewed on its own, but taken together produce a framework with which to define quality. Quality becomes the sum of the disaggregated parts In my view there are two crucial dimensions of quality. These are access and the effectiveness of clinical and in-ter-personal care. (Slide 4) Donabedian suggested his famous triad of structure – process – outcome in 1980, which has been used fre-quently as a basis for defining quality of care.A distinction must be made between components of “quality” and compo-nents of “quality of care”. Outcome is not a component of quality or of care but a consequence of care. Similarly, struc-ture is neither a component of care or of quality, but the building blocks of care, which are used in the provision and re-ceipt of care. Only processes constitute actual care. (Slide 5) Using the Structure-process-outcome model one can create a taxonomy of domains – dimensions and compo-nents. In this definition there are two key domains of structure – physical characteristics and staff characteristics. Physi-cal characteristics include dimensions such as resources and management. Staff characteristics include the dimensions of skill-mix and teamworking. Within each of these dimensions there are components of care such as buildings and equipment for physical resources. It is within these components that individual indicators can be developed, which I shall come on to in a moment. (Slide 6) In the same way process can be seen as having two key domains – clinical care and inter-personal care. For example, within clinical care there are two dimensions – problem/needs definition and problem/needs management. Within problem/needs management, there are components such as prescribing and referral. Again it is within these components that individual indicators can be developed. This framework can be applied equally to modalities of care – acute, chronic and preventive. (Slide 7) Finally, outcome has two key domains. Firstly, health status including the dimensions of freedom from disease and comfort, and the components of symptom relief and functional status. Secondly, user evaluation, what patients think, including satisfaction and health related quality of life. (Slide 8) Having defined quality as consisting of the two key dimensions of access and effectiveness, and identified the components of care within structure-process and outcome, it is possible to combine them to create a definition of quality of care. This slide shows such a definition for individual patients. For example, within process there are two aspects of effectiveness – the effectiveness of clinical and inter-personal care. (Slide 9) The same framework can be developed for a definition of quality of care for populations. However, there are the additional dimensions of equity and cost, which are activated because quality of care for populations involves com-parisons between individuals. (Slide 10) In this way, quality of care can be reduced to three key questions. Can people access the care they need? When accessed is care effective? Does care lead to desired outcomes? (Slide 11) I want to now move on to the concept of the quality indicator. This has been defined as a systematically de-veloped, defined and measurable item of care, for which there is evidence and/or consensus that it can be used to assess quality. There are three key aspects of this definition. Firstly, a defined aspect of care. So this returns us to the domains, dimensions and components of structure, process and outcome, and identifying specific aspect of care. Secondly, a measurable aspect of care. For example, is there reliable data available?. Thirdly, is there consensus or evidence? For example, has the indicator been based on scientific evidence, or developed using a consensus technique, such as the RAND Appropriateness Method? (Slide 12) This slide shows some examples of indicators within the dimension of the effectiveness of clinical care. They are diabetes indicators, such as whether a patient with diabetes has a blood pressure recorded, in his or her notes, within the last 15 months. In order to assess care a standard needs to be attached to an indicator. (Slide 13) A standard refers to the level of compliance with an indicator. There are two types of standard. A target standard is set prospectively, and stipulates a level of care that providers must strive to achieve (e.g. 85%). An achieved standard is measured retrospectively, and details the level of care that was actually achieved (e.g. 80%). (Slide 14) Before I move on to presenting some data based on quality indicators, I just want to emphasise that quality of care means different things to different people. Perhaps of most importance is that there are different stakeholders within health care, such as managers, doctors and patients. Each of these groups, and indeed individuals within each group, may value aspects of quality of care differently. So, for example, many patients emphasise the importance of in-ter-personal care and being listened to, whereas many managers focus on value for money and hitting targets. (Slide 15) I ‘d now like to focus on evaluating quality of care using indicators by presenting data from research I’ve been involved with. (Slide 16) This first slide simply shows how indicators can be used individually, to show whether patients are receiving necessary aspects of effective clinical care. These data are based on 3000 patients across 60 general practices in Eng-land. The first indicator shows that 74% of patients with angina are prescribed aspirin, or that 26% are not. The second, that only 50% of patients with asthma have a record of peak flow technique, in the last 5 years. The third shows that

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25% of patients with type 2 diabetes have not had their cholesterol checked in the last 5 years. These individual indica-tors are very powerful and show that patients are not receiving necessary care. Off course, while patients may not be doing so because of poor care by a doctor or nurse, there may also be many reasons, outside the control of the doctor and nurse. Ideally, the care specified in an indicator, must be 100% under the control of the individual or organisation being assessed. This is not always the case. For example, a patient may not attend appointments or have poor com-pliance with medication. (Slide 17) Indicators can also be combined to create condition quality scores (such as all indicators for angina). This slide shows the quality scores of 60 practices in England for angina, asthma and diabetes. For each condition data were collected using evidence based indicators for 20 patients. The slide shows that for diabetes the practice scores ranged from 31% to 84%. So, in the worst practice, only 31% of necessary care was being received by patients. The key mes-sage is that quality of care varies. (Slide 18) This message is repeated throughout the world. This slide shows quality scores by modality (acute, chronic and preventive), across many practices and many clinical conditions, in America and the UK. For example, in both countries patients with chronic conditions were not receiving necessary care in 40% of cases. (Slide 19) This slide shows quality scores for inter-personal care by patients in 60 practices in England. This also shows significant variation in quality of care. While some patients have rated their doctor’s inter-personal care highly, others have rated it is poor. (Slide 20) Indicators can also be used to evaluate the quality of practice management. This slide shows data from 6 countries taking part in a European Practice Assessment Project. These are Belgium, France, Germany, Netherlands, Switzerland and UK. Data were collected in 30 practices in each country, across a range of indicators. The % figure is the % of practices that met the indicator. For example, while a patient complaint procedure is compulsory in the UK, and present in most practices in the Netherlands, it is a rarity in the other countries. This slide also shows that some drugs in doctors’ bags were past their expiry date – 24% in the UK. However, this raises a key question. What does this data actually tell us? Does it reflect real differences in quality, or different ways of doing things in different countries? (Slide 21) I’d like to focus now on some strengths and weaknesses of indicators, beginning with some benefits of using indicators. (Slides 22) Indicators are most valid when they show adherence to key characteristics. These include identifying the re-levant stakeholders, defining the issues to be evaluated, and identifying all available evidence. Indicators must also be acceptable, to both those being assessed and the assessors, there must be data available that is reliable, and evidence of validity. (Slide 23) Providing these characteristics are met, indicators can show evidence of variation in care, where patients are not receiving necessary clinical care or good inter-personal care, or where patients cannot gain access. This data can be used to direct more resources where needed, or highlight where education and training, or better teamwork, are re-quired. (Slide 24) Such data can also highlight the responsibilities of doctors to provide a minimum quality of care. For exam-ple, in terms of diagnosis and treatment within clinical care, and ensuring that their patients feel that they are being lis-tened to. Indicators also help health professionals, teams or organizations to reflect on their current quality, and to set future quality improvement targets. (Slide 25) However, while I am a big fan of indicators they have weaknesses. For example, can every aspect of quality of care be measured using quality indicators? It is much easier to identify indicators for medicalised issues, such as heart disease and diabetes, than for more psychosocial issues such as mental health. Perhaps most importantly is the concept of unintended consequences. By focusing upon care defined by an indicator, does a health professional or or-ganization provide poorer care for issues that are not being evaluated? (Slide 26) Moreover, simply measuring something will not automatically improve it. Quality improvement requires a team based strategy. Finally, there needs to be a balance between checking-up on people using indicators and trusting people to get on with their jobs. (Slide 27) Another current weakness of clinical indicators is that they tend to focus on individual conditions (such as asthma). But this doesn’t reflect real life where, particularly among elderly people, most people have more than one condition. We know little about how having multiple conditions affects the care patients receive for each individual condition. This is currently one of my key research interests. (Slide 28) It is also important to emphasise that just because an organisation is found to be poor for one aspect of quali-ty of care , such as asthma, it is not automatically poor at other aspects of care, such as access. This slide shows that single-handed or solo practices, in green on the left hand access graph, scored highly for access but low for asthma on the right hand graph. And vice versa for larger practices in red. (Slide 29) I want to emphasise three key challenges to using quality indicators. The first is that while quality of care is often measured using a clinical indicator, what often matters to patients is quality of life. So while a clinical indicator might focus, correctly, on lowering cholesterol, patients might want a lifestyle that makes them happier. The second, is that while most indicators are reported on a population level, they must reflect individual patient contexts and circums-tances. Thirdly, it is crucial to see things through the eyes of patients - not just to offer a clinical perspective. (Slide 30) The final part of my talk focuses upon the new GMS contract in England (Slide 31) As of 1 April this year, GPs in England now have a new contract. Rather than an individual contract it is a practice based contract, so if there are 4 doctors in a practice, then they share a practice contract. Up to 30% of practice income now relates to financial incentives for achieving 146 indicators, across 4 domains of quality. These domains are:

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Clinical Organisational Patient experience (which involves undertaking a patient survey) Additional services - such as cervical screening. Practices can earn up to a 1000 points (550 of which relate to clinical care). The process of earning points involves a complicated formula, that takes into account the size of the practice, and the prevalence of each condition at the practice. More points mean more money. Doctors can exclude patients that they feel are inappro-priate, for example if the patient has a terminal illness. (Slide 32) All practices are expected to provide essential services, such as the management of patients who are ill, or believe themselves to be ill. Practices can opt-out of the additional services but will receive less money. Practices can be asked to provide enhanced services, such as the treatment of drug abuse, for which they will receive extra money. By the end of the year, the responsibility for 24 hour care will be made voluntary, rather than compulsory, and the vast ma-jority of doctors plan to opt-out. (Slide 33) The indicators in the quality and outcomes framework cover many aspects of chronic care, such as asthma and diabetes, but many other aspects of care are not included, such as acute care (colds, minor illness etc), elderly care, care of children, as well as inter-personal care, co-ordination or patient advocacy. But what do GPs think of the quality indicators in the new contract? (Slide 34) Interviews with GPs that I have done, show that they think that the incentivised quality indicators, will result in many benefits, such as improvements in care in the incentivised areas, such as in preventing cardiovascular events, new staff, improved data capture and more clinics. As one GP stated “unlike previous contracts it will hopefully reward the better GPs”. The literature also suggests that financial incentives change doctors’ behaviour. (Slide 35) However, GPs also fear that the indicators mean that they are being checked-up on, that their clinical free-dom will be undermined by the standardisation of procedures, and that both continuity of care and generalism will be undermined. They also fear that care may get worse for non-incentivised areas. As another GP said “It will improve the management of chronic disease but it will not improve the care for the whole person”. (Slide 36) So in conclusion, quality of care can be defined and measured using quality indicators. However, quality in-dicators have both strengths and weaknesses. These must be made explicit before one starts the process of evaluation. Indicators must be used as part of a wider quality improvement strategy, which includes education and training. Thank you.

II sessione: ore 11-12,30

ESPERIENZE ORIGINALI: INTERVENTI PREORDINATI. moderatore Giampaolo Collecchia

relatori Paolo Longoni: Il questionario SWOT. BIOGRAFIA Dal 1983 è medico di medicina generale a Milano. Membro del Consiglio Direttivo dello

CSeRMEG, fa parte del Comitato di Redazione di “Occhio Clinico” e di “Ricerca & Pratica”. Ha pubblicato numerosi lavori su tematiche della Medicina Generale, in particolare sul self audit come strumento di valutazione professionale, sulla organizzazione del lavoro del medico di medicina generale, e sulla telemedicina. E’ autore di alcuni capitoli del manuale “Medicina Generale” edito da UTET, 2003. Ha collaborato come ricercatore in diversi trial clinici nell’ambito della Medicina Generale, dal 1999 è membro del Comitato Etico dell’Ospedale Luigi Sacco, Milano.

ABSTRACT L’analisi SWOT (acronimo di Strenght=forza; Weakness=debolezza; Opportunity =opportunità; Threats=minacce) è uno strumento di valutazione professionale sviluppato originariamente in ambito a-ziendale. Solo successivamente ha trovato spazio all’interno di practice di general practitioners, specialmente in Nuova Zelanda e Australia. Scarsi sono comunque i contributi pubblicati su riviste mediche, mentre su Internet è possibile re-perire vario materiale sul tema. Tuttavia, per la sua semplicità di utilizzo, riteniamo che la tecnica SWOT possa essere utilizzata in modo sistematico anche nel contesto professionale della medicina generale nel nostro Paese. L’esperienza che viene riportata è stata condotta in due ambiti particolari : da una parte un gruppo più sostanzioso di partecipanti all’ultimo seminario di Primavera del Centro Studi, dall’altra un gruppo di MMG partecipanti ad un progetto di ricerca incentrato sulle bronchiti croniche riacutizzate. C’è quindi la possibilità di un bias di fondo, ma riteniamo che sia co-munque interessante raccontare i risultati del lavoro. Ai medici è stato sottoposto un tipico questionario SWOT incen-trato sulla domanda : “descrivi la tua practice secondo lo schema SWOT”, alla quale bisognava dare risposte libere. Il questionario riportava una parte iniziale descrittiva della tipologia di medico, che ha permesso di focalizzare meglio il gruppo dei colleghi testati. I 60 questionari raccolti sono stati poi esaminati individuando nove aree tematiche mag-giormente rilevanti assimilabili secondo criteri semantici e analogie lessicali, a loro volta raggruppate mediante una e-videnziazione cromatica che ne ha consentito una analisi più dettagliata. In ordine di citazione , le aree più rilevanti so-no state : l’organizzazione (45%), la privatizzazione del SSN (12%), il rapporto coi colleghi (11%), la relazione col pa-ziente (8%), le competenze professionali, l’aggiornamento e la formazione, il ruolo professionale (tutte al 4%), la buro-cratizzazione, i problemi finanziari e la medicalizzazione (tutti al 2%). Ognuna di queste aree è stata “raccontata” dai MMG nei diversi aspetti suggeriti dall’analisi SWOT : in alcune aree prevalgono ad esempio le citazioni in senso posi-tivo (punti di forza e opportunità), in altre quelle in senso negativo (punti di debolezza e minacce), in altre ancora c’è un sostanziale equilibrio. Le conclusioni sono che l’analisi SWOT può essere confermata come strumento di analisi de-scrittiva adatto a piccoli gruppi di professionisti e che il gruppo testato, accanto ad alcune certezze “forti” presenta punti di criticità che proprio uno strumento come l’analisi SWOT può fare emergere compiutamente. Bibliografia: Van Mar-

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vijk H. How to improve mental health competency in general practice training ? A SWOT analysis. Eurpean Journal of General Practice, 10, june 2004; 61-65 ; J. Brooks, I. Borgardts. La qualità totale in medicina generale. Centro Scientifi-co Editore, Torino, 1998.

Maria Milano: Lo studio EUROPEP-ITALIA. BIOGRAFIA Dal 1992 è medico di medicina generale a Pianezza, Torino. Membro del Consiglio Diret-

tivo dello CSeRMEG. Fa parte del nucleo operativo aziendale per la formazione dell’Asl 6 di Torino per la quale ha contribuito alla organizzazione di numerosi corsi di formazione. Nel 2004, collabora alla traduzione italiana di EURO-PEP, lo strumento di valutazione della soddisfazione dei pazienti, realizzato da EQUIP per Wonca Europe. Coordina il Gruppo collaborativo Studio Europep-Ita CSeRMEG-AssCuMI-Istituto Mario Negri Sud che conduce lo studio di vali-dazione del questionario Europep-Ita.

ABSTRACT EUROPEP è uno strumento multidimensionale realizzato da Equip-Wonca, permette un confronto sull'assistenza primaria in Europa e fornisce un feedback al MMG per migliorare relazione e comunicazione, assistenza sanitaria, informazione e supporto, continuità e condivisione, attrezzature e servizi, disponibilità e accessibili-tà, indipendentemente dal contesto organizzativo. EUROPEP è stato validato in 16 paesi e tradotto in 15 lingue tranne in Italia. OBIETTIVI: traduzione in italiano del questionario; validazione; ritorno ai singoli medici per realizzare un cir-colo di qualità. METODI La Traduzione è stata realizzata come da protocollo EUROPEP. 25 MMG hanno arruolato 52 pazienti, di età >18 anni. Ognuno ha ricevuto in studio il questionario che ha compilato a casa e spedito alla Segreteria. Per rimarcare la centralità del paziente ne è stata valutata la salute secondo la sua percezione, con la scheda Coop-Wonca. Ogni medico ha compilato un questionario EUROPEP-Ita, immaginando di essere un proprio assistito e, per ogni paziente, una scheda Coop-Wonca. L’analisi dei dati è stata realizzata presso l’Istituto Mario Negri Sud. Ogni MMG ha ricevuto il riepilogo delle risposte dei propri pazienti. Si verificherà tra un anno la realizzazione di un circolo di qualità. RISULTATI EUROPEP-Ita è stato compilato da 983 pazienti. La percentuale di risposte ad ogni singola do-manda è stata in genere >90%. La percentuale di pazienti che ha indicato il massimo livello di soddisfazione supera il 50% per la maggior parte delle domande, difficoltà sono emerse solo su quella relativa ai tempi di attesa (11%). L’analisi psicometria è stata eseguita sul due scale “Clinical behaviour” (domande 1-16) e “Organization of care” (do-mande 17-23). La correlazione domanda-scala è risultata più che buona per tutte le domande di entrambe le scale (0.53-0.80), così il coefficiente alpha di Cronbach (0.95 e 0.88). Tra i risultati di COOP-Wonca ed EUROPEP-Ita vi sono cor-relazioni significative fra la soddisfazione per il “clinical behaviour” e tutte le dimensioni esplorate. Per l’ ”organization of care” vi è una significatività statistica solo per lo “stato emotivo” e per la percezione di un peggioramento nello stato di salute. Non sono emerse differenze significative di soddisfazione fra i due sessi. L’età dei pazienti è significativa-mente correlata con il clinical behaviour (r=0.08; p=0.04), mentre non è correlata con l’organization of care (r=0.04; p=0.40). CONCLUSIONI Le risposte ad EUROPEP-Ita sono state ottime e allineate ai risultati europei. Sono necessarie conferme su campioni più numerosi sia per quanto riguarda l’alta percentuale di “at ceiling” che le interessanti correla-zioni tra Europep e COOP-Wonca.

Vittorio Caimi: Lo studio R&P. BIOGRAFIA Dal 1979 è medico di medicina generale a Monza, Milano. È presidente dello CSeRMEG.

Dal 1999 membro del Comitato Etico dell'Ospedale S. Gerardo di Monza. Fa parte del Comitato di redazione delle rivi-ste Ricerca & Pratica e Occhio Clinico e del Comitato Scientifico di Clinical Evidence edizione italiana. Dall’anno ac-cademico 2002-2003 è Professore a contratto presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Monza per l’insegnamento di Medicina di famiglia. È autore di numerose ricerche pubblicate su riviste italiane e straniere, articoli, e dei volumi: "L'organizzazione del lavoro in medicina generale", UTET, 1997; "La ricerca in medicina generale", UTET, 2000; e cu-ratore del manuale “Medicina generale” (con a M. Tombesi) edito da UTET (2003).

ABSTRACT In generale la ricerca è formazione, significa anche valutare e migliorare il proprio lavoro. La ricerca è dunque uno degli strumenti più interessanti ed efficaci per perseguire la qualità, e lo studio R&P presenta alcune peculiarità al riguardo. Accanto all’obiettivo di valutare l’efficacia degli n-3 PUFA nella prevenzione cardiova-scolare, si propone parallelamente di ottimizzare le strategie preventive e di verificarne la reale praticabilità nella medi-cina generale. Per fare questo il contributo originale di R&P è quello di considerare il negoziato e la condivisione col paziente di tali scelte parte integrante del protocollo di ricerca: viene infatti richiesto al medico di identificare ed esplici-tare le priorità personalizzate per ogni assistito incluso, frutto di tale negoziato, e di definire gli obiettivi condivisi da raggiungere. Con scadenza annuale si cercherà poi di valutare quanto è stato possibile raggiungere e gli eventuali motivi di fallimento. Parallelamente allo studio principale, è stato poi di recente proposto a tutti i medici partecipanti un proto-collo aggiuntivo opzionale, in cui si intende studiare nei dettagli un altro momento negoziale che fa da premessa al pre-cedente: il momento di presentazione dello studio e della decisione di partecipare alla ricerca (consenso informato). Si cercherà di studiare gli eventuali problemi incontrati da medico e paziente in questa fase, i motivi degli eventuali rifiuti, e di narrare le cose curiose, interessanti che hanno colpito il medico quando ha presentato la ricerca. In conclusione, se la definizione di qualità è frutto di un processo negoziale, il contributo originale di R&P è quello di considerare tale processo come parte integrante del protocollo di ricerca, in modo che, alla fine, non si solo sarà in grado di fornire “da-ti”, ma anche, almeno in parte, informazioni su “come” e “perché” sono stati generati.

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ESPERIENZE ORIGINALI: COMUNICAZIONI LIBERE. moderatore Giampaolo Collecchia

1. Angelo Recusani, Daniela Randi, Giuseppe Montagna (medici di medicina generale, Parma) Il valore del simbolo tra metafora e metonimia. Dal panopticon alla verifica di qualità. We hade a dream. ABSTRACT Non è irrelevante domandarsi chi stabilisce le priorità, la pertinenza degli oggetti che vogliono essere

analizzati dal versante della qualità attraverso peraltro misure quantitative. Gli autori MMG erranti tra la scienza della natura e le culture, vogliono affrontare il tema della complicità che banalmente ci fa scivolare ad essere medici-strumento passivo ed attivo dell’ideologia totalitaria, che non riconosce l’alterità, e perciò è intrinsecamente violenta. Sussiste un carattere illusorio ed opaco di ogni costruzione culturale non solo umanistica ma anche scientifica, affer-mando il primato della relazione simbolica con la realtà. Il problema non solo per la medicina, ma per tutta l’umanità, non risiede in un difetto di razionalità, bensì in un eccesso di realtà. Abbiamo sognato una pratica della MG che attuasse continuamente operazioni di sottrazione dagli eccessi della realtà medica, per concedere a noi ed ai pazienti la capacità di riconoscere i codici sensoriali del corpo, la capacità di compiere operazioni di costruzione di senso. L’eccesso di re-altà richiede un potere disciplinare, pervasivo di ogni ambito del reale. La forma fisica del potere disciplinare, descritta in Foucault, è stata creata nel 1791 da Bentham attraverso l’ideazione del panopticon come dispositivo di controllo co-stante della realtà, attuando una condizione per cui si è esposti continuamente allo sguardo di qualcuno. Il potere disci-plinare o la verifica di qualità “verte non tanto sull’errore, sulla colpa o sul danno, bensì sulla potenzialità del compor-tamento”. Il potere disciplinare esclude da sé la categoria del piacere ed ha a che fare con la categoria del falso. Quali le possibili vie di soluzione ad una cultura che ha escreto la relazione simbolica che le persone intrattengono con i corpi, le esperienze e le cose? Non è solo vitale il recupero del valore dell'ordine simbolico, ma è di un certo valore compiere al-cune riflessioni sulle due direttrici di tale ordine: quella metaforica e quella metonimica. Poiché la MG è sulla direttrice metonimica può contribuire all'inversione del punto di vista dal metaforico al metonimico, dal totalitarismo al ricono-scimento dell'alterità. Sarà anche, di grande valore, svelare la mistificazione delle operazioni che hanno la finalità di “verificare” (verum facere), vale a dire di costruire le prove evidenti ed assolute del vero, la finalità di perseguire la produzione di copie sempre identiche a se stesse, talis-qualis, attraverso i calchi della qualità.

2. Francesco Benincasa (medico di medicina generale, Torino) Il posto delle qualità inespresse in Medicina Generale. ABSTRACT La qualità si può misurare o definire anche dal grado di interesse e pre-occupazione che il paziente sente

di ottenere al di là delle abilità che il curante è in grado di riconoscere a sé stesso. I pazienti colgono o considerano ele-menti di qualità fattori che viceversa il professionista può ritenere superflui o di scarso significato. Se si riflette sul fatto che il materiale su cui il MMG lavora in prevalenza è il linguaggio collocato nel tempo e nello spazio del corpo, va considerato che gli umani vivono in un mondo a sei dimensioni e che il pensiero raggiunge le concettualizzazioni più astratte attraverso una strutturazione metaforica del linguaggio a partire dall’esperienza concreta del corpo; il cervello quindi percepisce ed esprime nella comunicazione metafore delle categorie di tempo e di spazio. Anche nell’ambito cli-nico non ci si relaziona tramite regole formali, ma usando metafore; non si tratta di artifizi retorici, bensì di una forma attraverso cui il pensiero si struttura e il mondo si categorizza, in analogia al modo in cui i bambini imparano a parlare dai genitori. Il dottore, da parte sua, diventa attraverso il linguaggio Agente di rispecchiamento, Fornitore di legame, Induttore di capacità narrativa. Egli si offre inconsapevolmente come testimone svolgendo una funzione genitoriale, biologica, evolutiva, fortemente ricercata in qualunque relazione. Sono elementi taciti di qualità le capacità di progetta-re, pianificare, ricordare, immaginare, sviluppare nel tempo o ritornare al passato attraverso una memoria condivisa; of-frire, accogliere e scambiare metafore, sono altre qualità inespresse che i pazienti colgono qualora li si lasci parlare, si ascolti con attenzione neurobiologica il loro discorso e si ammettano le loro metafore. I pazienti definiscono tacitamente la qualità anche in base alla capacità del curante di fornire significato concordando di volta in volta il legame tra la co-noscenza del mondo e le parole. La co-costruzione di narrazioni biografiche ha una solida base biologica che ha effetti sulla modulazione delle emozioni e su un’organizzazione del Sé coerente e adattiva. Il linguaggio può essere compreso, descritto, interpretato, misurato dal punto di vista fonologico, lessicale, grammaticale, sintattico, ma è ancora difficile quantificare metafore, senso, significato. E’ necessario impegnarsi a fare incontrare il qualitativo delle descrizioni e del-le narrazioni metaforiche, con la misurabilità rigorosa di un’analisi scientifica delle metafore concettuali, cariche di ri-sonanze emotive e di senso.

3. Egidio Giordano*, A. Matellicani° (*medico di medicina generale, Lauria (PZ); °Dott.ssa in Filosofia, Tortora, CS) Analisi delle possibili metodologie di misurazione della relazione clinica in Medicina di Famiglia. ABSTRACT La teoria della conoscenza, sia essa culturale che scientifica,non può, in ambito clinico, dare per “sconta-

ta” la relazione tra medico e malato. Gli autori ritengono che gli aspetti relazionali hanno una valenza sia culturale che naturalistica e pertanto meritano una attenzione particolare al pari del corretto monitoraggio delle funzioni biologiche (febbre,glicemia, pressione arteriosa e ecc ). Gli Autori vogliono sottolineare l'importanza della relazione clinica e con-centrare l’attenzione sulle sue dinamiche evolutive nella pratica quotidiana mediante un progetto di ricerca con conno-

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tati sperimentali. La routine quotidiana fatta di consuetudine tende a non considerare gli aspetti dialogici e le possibili dinamiche sperimentali e di ricerca ontologica implicate nella relazione clinica. Inoltre la letteratura scientifica concen-tra le attenzioni sulle tecniche di comunicazione prescindendo dalla valutazione dei processi di costante innovazione culturale e biologica che intervengono negli aspetti relazionali umani. La relazione clinica si ritiene che debba avvalersi di un processo incessante di ricerca per cui gli autori analizzano le possibili metodologie d’indagine intellettuale e scientifica con il filtro delle competenze della Medicina Generale per proporre una ipotesi di lavoro che non si limiti a considerare in Medicina solo gli aspetti statistico - propabilistici

III sessione: ore 14-15,30

LA QUALITA’ IN PRATICA: DALLA VALUTAZIONE AGLI OBIETTIVI FORMATIVI. moderatori Guido Danti, Tiziana Galopin

relatori Mario Baruchello, Nicola Renzo Laurora: Qualità: l’esperienza della medicina generale in Italia. La ricerca della eccellenza: utopia individuale o obiettivo della professione? M.BARUCHELLO – BIOGRAFIA Dal 1975 medico di medicina generale a Tezze sul Brenta, Vicenza. Dal

1985 occupato in attività Formative con Training specifici in Pedagogia Medica e dell’adulto presso istituzioni pubbli-che Internazionali (W.H.O., Università Italiane, Istituto Superiore Sanità). Ha promosso lo sviluppo di Associazioni Scientifiche in campo Nazionale (S.I.V.R.Q./ Soc.It. Qualità dell’Assistenza, S.I.Me.C., S.I.Me.Fa.C./ Soc. It. Di medi-cina di Famiglia e di Comunità ) rivestendovi ruoli dirigenziali. Ha una attività editoriale in pedagogia medica e management sanitario, metodologia clinica, ricerche epidemiologiche, etica medica. Ha partecipato a gruppi di lavoro per la redazione di linee guida locali e nazionali:in campo chirurgico/ anestesiologico, gastroenterologico, di medicina generale, pneumologico. Esperto di organizzazione sanitaria ha fatto parte di un Gruppo di Lavoro del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri in sinergia con la iniziativa “Cento Progetti al Ser-vizio dei Cittadini”.

NICOLA RENZO LAURORA – BIOGRAFIA Dall'81 è medico di famiglia a Murano. Dopo un'esperienza sin-dacale (Fimmg) segue le orme del collega Fusello nei corsi di formazione e management in Simg.

ABSTRACT Il lavoro del MMG è profondamente cambiato degli ultimi anni, a seguito dell’evoluzione sociale e della conseguente modificazione della richiesta individuale di salute ma anche in relazione ai mutamenti del sistema organizzativo nella sanità con cui ci dobbiamo confrontare. Questa evoluzione ha reso il nostro lavoro di MMG più impegnativo e con un deciso aumento di compiti e responsabilità, richiedendo competenze trasversali ag-giuntive di tipo relazionale, gestionale ed economico precedentemente meno rilevanti. Studi recenti di data base nazio-nali e anche survey di piccoli gruppi di medici hanno confermato l’incremento dell numero dei contatti fra medico e paziente: oltre all’aumentato accesso riferibile a carico burocratico si rileva anche un segnale positivo di un passag-gio da una medicina di “risposta” nel qui e ora ad una medicina “d’iniziativa” attenta alle malattie croniche, agli stili di vita, alla prevenzione dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e del metabolismo. L’idea che sia necessario applicare anche in sanità i Principi della Qualità è stata introdotta agli inizi del secolo XIX° da un chirurgo americano ma ha fatto molta fatica a interessare la Medicina Generale, vista la difficoltà di convincere i medici che valutare il proprio lavoro è indispensabile. Solo applicando i principi della Qualità alla pratica di tutti i giorni, gli Autori ritengono che il lavoro di MMG possa essere affrontato come lavoro complesso, come è di fatto, ma non complicato, come po-trebbe diventare . Una autovalutazione compiuta dal medico con la riflessione sulla propria esperienza quotidiana , con strumenti efficaci di audit possono essere una scelta vincente nella esperienza italiana e condurre verso un cambia-mento in senso migliorativo della pratica professionale Le società scientifiche italiane dell’area della medicina gene-rale dovrrebbero unire a questo scopo i loro obiettivi portando così alla individuazione di criteri, indicatori e standard non imposti da terzi. Dopo una disamina dei vari strumenti che la Sanità ha importato dal mondo dell’industria (TQM, VRQ, CQI, EFQM, BSC) sono stati presi in esame in modo più specifico quelli che sembrano al momento avere più at-titudine ad essere utilizzati in MG ed esempi di esperienze di qualità applicata finora condotte in Italia su proposta di Fondazioni o di Società Scientifiche in particolare su stimolo della Società Italiana per la Qualità della Assistenza sani-taria.

Fabrizio Valcanover: L’osservatorio CSeRMEG. BIOGRAFIA biografia Dal 1980 medico di medicina generale a Trento. Membro del Consiglio Direttivo

dello CSeRMEG per il quale è responsabile organizzativo del settore formazione, si occupa di psichiatria, information technology e management, formazione e ricerca. E' del Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale (CSeRMEG). Collabora alla rivista Occhio Clinico. È autore di diverse pubblicazioni nel campo dell'organizzazione in Medicina Ge-nerale (tra cui "L'Organizzazione in medicina generale" con G. Parisi in: Sviluppo & Organizzazione, n 148, 1985), del-la relazione medico-paziente (tra cui “La continuità relazione in medicina generale” con G.Parisi, V.Caimi. L’Ospedale Maggiore 94, (3): 275-280, 2000), e dell'informatica, (tra cui il libro "Computer e reti in medicina generale", Utet Mi-lano 1999) e diversi capitoli nel libro “Medicina Generale” edito nel 2002 da Utet, a cura di Massimo Tombesi e Vitto-rio Caimi. Dal novembre del 2000 è Direttore della Formazione Specifica in Medicina Generale della Provincia Auto-noma di Trento.

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ABSTRACT Negli ultimi quindici anni il ruolo, le competenze e l'organizzazione del medico di medici-na generale hanno avuto cambiamenti qualitativi e quantitativi, delineando una nuova figura professionale. Diversi fat-tori (la prevalenza di una generazione nata dopo la riforma sanitaria e quindi marginalmente coinvolta nell'esperienza mutualistica, il processo di de-ospedalizzazione rapida di pazienti acuti e cronici assieme ad altre necessità del SSN di ridefinizione degli assetti organizzativi al fine di governare i costi, la crescita di una nuova identità professionale, la cre-scita contemporanea della medicina generale europea e mondiale, ecc.) hanno mutato lo scenario lavorativo ed anche organizzativo del medico di medicina generale. La presentazione articola un percorso che colloca l'area organizzativa nella pratica professionale del medico di medicina generale, soffermandosi su alcuni aspetti costitutivi ed alcuni aspetti critici che stimolano riflessioni sulla buona pratica organizzativa. L'aspetto organizzativo, con un occhio alla qualità, considera il medico di medicina generale nel suo duplice aspetto di manager della sua organizzazione professionale e di attore in reti organizzative più vaste (da quella associativa a quella aziendale). Il programma didattico del modulo "sull'Organizzazione del Medico di Medicina Generale" nella Formazione Specifica in Medicina Generale di Trento, si propone di stimolare riflessioni su un approccio integrato alla dimensione in ambito organizzativo suggerendo come l'approccio alla qualità nella professione medico di medicina generale può e deve essere un approccio globale (olistico) e culturalmente pervasivo per non cadere nel vuoto procedurale, nella autocelebrazione narcisistica delle proprie capa-cità cliniche, nel controllo fine a se stesso o nel controllo su commissione (Azienda, Regione, Assicurazioni, ecc..). I ri-ferimenti culturali e di metodo in ambito organizzativo si rifanno soprattutto a quegli autori che si sono occupati di or-ganizzazione nei servizi, di orientamento al cliente, di qualità totale ed hanno spesso usato la metafora dell'organismo vivente con le sue capacità di "costruire" almeno in parte la realtà per descrivere gli assetti organizzativi; in campo an-tropologico il riferimento è al filone culturalista che sostiene, tra l'altro, che la medicina è un dispositivo creato dall'uomo per alleviare la sofferenza del vivere e l'angoscia della morte. Viene fornita in formato PDF una raccolta di slide più ampia di quella presentata e discussa, oltre al programma dettagliato dell'Unità Didattica sull' Organizzazione in Medicina Generale relativo al programma del 2001-2003 della Formazione Specifica in Medicina Generale della Provincia Autonoma di Trento e ad alcuni materiali di riflessione sul servizio e la soddisfazione del cliente che traggono ispirazione dai lavori di R. Norman (La gestione strategica dei servizi) e V.A.Zeithaml, A. Parasuraman, L.L. Berry (Servire qualità).

Giuseppe Parisi: Il modello formativo. BIOGRAFIA Dal 1981 è medico di medicina generale a Trento. Membro del Consiglio Direttivo dello

CSeRMEG per il quale è responsabile organizzativo del settore formazione. Progetta e svolge attività formativa rivolta ad operatori in campo sanitario e socio-assistenziale sugli aspetti psicologici e relazionali della loro attività e corsi pro-pedeutici alla tutorship dei professionisti della salute. È attualmente consulente didattico della scuola di formazione specifica in medicina generale della Provincia di Trento. Collaboratore della rivista “Occhio Clinico”, ha pubblicato numerosi articoli sulle proprie esperienze nel campo della formazione, su aspetti teorici della psicoanalisi, sul service management nell'ambito delle organizzazioni sanitarie, su progetti di miglioramento della qualità dell’assistenza e di ri-cerca-intervento in medicina generale. Ha curato il libro “Il malato di cancro in medicina generale” Utet, 1998 ed è stato autore di numerosi capitoli del manuale di Medicina Generale edito dalla UTET nel 2003. È membro del Comitato Scientifico e chairman l’Advisory Board che curano l’organizzazione del congresso del 2006 di Wonca-Europa.

ABSTRACT È intuitivo che il sistema formativo è uno degli elementi di struttura della qualità. Per si-stema formativo si intende non solo il processo di formazione di base e di educazione continua, ma anche le disposizio-ni legislative e l’organizzazione generale del sistema, dalla selezione dei candidati alla valutazione certificativa, in altre parole il dispositivo. Nello specifico però non è facile identificare quali competenze sono determinanti per erogare un’assistenza di qualità. Si possono distinguere: 1. Competenze necessarie per avere una sensibilità e un’attenzione par-ticolare alla qualità (capacità di apprendere dall’esperienza, di cambiamento, di disapprendere le pratiche anche se con-solidate quando nuove prove indicano necessario il cambiamento, capacità di autovalutare e di valutare la propria prati-ca). Le vere sfide, come dice Quaglino sono oggi apprendere ad apprendere, apprendere a cambiare, apprendere da sé. Saper apprendere è la competenza vincente in un mondo in cui il sapere consolidato ha vita sempre più breve. 2. Com-petenze necessarie a fornire un’assistenza di qualità: sono competenze orizzontali che permeano tutte le competenze cliniche ma che debbono essere identificate basandosi sulle capacità che tutti gli stakeholders (dal paziente al terzo pa-gante, dal professionista agli altri operatori) ritengono importanti per una buona prestazione. Le competenze attese e le metodologie per raggiungerle sono l’oggetto del curriculum, intendendo per curriculum la descrizione complessa di un’esperienza di apprendimento pianificata, e non la mera enumerazione di materie di studio o di obiettivi d’intento. Il metodo per la costruzione del curriculum orientato alla qualità si deve rifare al modello descrittivo situazionale di Mal-com Skilbeck, che tiene conto degli stakeholder, del contesto, dei programmi già provati e delle tendenze culturali in at-to, le competenze auspicate per il medico di medicina generale europeo, quelle desiderate da pazienti, dalla società e dal servizio sanitario e dai paganti. Rispetto al metodo e agli obiettivi formativi si suggerisce di non dare un modello di qualità agli specializzandi e, seguendo un approccio non normativo, dare elementi di metodo per la conoscenza e la ri-cerca, ricordando che il nucleo della qualità non è il suo raggiungimento ma il metodo per raggiungerlo. Rimane aperto il problema della valutazione formativa e certificativa di competenze di metodo, problema che si ripresenta poi nella va-lutazione della qualità nei setting lavorativi.

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Sessione POSTER: ore 15,30 –16

ESPERIENZE ORIGINALI. moderatori Marina Bosisio, Maria Milano, Norma Sartor

1. Alessandro Del Carlo*, Pierlorenzo Franceschi°, Giampaolo Collecchia^, G. Gavirani’ (medici di medi-cina generale: *Viareggio, °Massarosa, ^Massa, ‘Massarosa) Benzodiazepine e Medicina di Cure Primarie. ABSTRACT Le benzodiazepine sono farmaci molto prescritti nell’ambito delle cure primarie nonostante sia ancora

aperto il dibattito sul loro uso razionale; dalla letteratura internazionale si ricava, infatti, un atteggiamento critico nei confronti dei MMG riguardo all'appropriatezza d'uso di tali farmaci. Il consumo di benzodiazepine in Italia è stimato in 50 DDD/1000 abitanti/die. Complessivamente, il 5% della popolazione generale italiana (circa 3 milioni di persone) fa uso cronico di benzodiazepine[i]. I dati di vendita mostrano una sostanziale stabilità nel nostro paese mentre in altri paesi europei è documentato un netto calo. Obiettivi dello studio: descrivere le prescrizioni di benzodiazepine (BDZ) e identi-ficare, utilizzando un metodo percettivo di diagnosi, le principali patologie psichiatriche e i gruppi di sintomi. Disegno: studio osservazionale. Metodi: un gruppo di 18 MMG ha reclutato, in un periodo di due settimane, 266 pazienti (198 femmine e 67 maschi) ai quali era stata prescritta una BDZ e hanno identificato, con metodo percettivo, le corrispon-denti diagnosi o sintomi. Risultati: i MMG sono risultati primi prescrittori nel 64.5% dei casi, mentre gli psichiatri lo sono stati nel 23.4%. Nel 54.5% dei casi le BDZ sono state prescritte per un periodo più lungo di tre anni, sia dai MMG che dagli specialisti psichiatri. Nel 68% dei casi le BDZ erano usate in modo continuativo e nel 31.9% al bisogno. Nel 51.7% dei casi le BDZ erano usate in monoterapia. Le patologie più frequentemente riscontrate all’origine della pre-scrizione di BDZ sono l’ansia, la depressione e l’insonnia. La comorbilità con la maggiore prevalenza è stata tra l’ansia e la depressione. La più alta percentuale di ricorso alla consulenza psichiatrica è stata per la depressione (50.9%), per disturbi somatoformi (36.8%) e per attacchi di panico (34.2%). Conclusioni: lo studio conferma i MMG come primi prescrittori di BDZ, anche a lungo termine. Il metodo della diagnosi percettiva ci sembra valido anche se dobbiamo ri-conoscere un difetto di coerenza e precisione nell’associare descrizioni sintomatiche e vere e proprie patologie codifica-te. Ulteriori sforzi sono necessari al fine di migliorare la qualità della prescrizione, attraverso un affinamento della dia-gnostica e un sempre più efficace rapporto tra MMG e specialisti psichiatri.

2. Claudio R.Nigg*, Massimo Bolognesi°, Massimo Massarini* (*research center, Technogym srl, Gam-bettola, Cesena; ° medico di medicina general,Cesena) Impact of PACE on Physical Activity Mediators in Overweight/Obese Italian Patients.

3. Paolo Malavasi (medico di medicina generale, Modena) La produzione di un data base per il rischio cardiovascolare nelle cartelle cliniche dei Medici di Medicina Generale aderenti ad una cooperativa del Distretto di Carpi (Modena). ABSTRACT È in corso a Carpi dal 2001 il progetto sul Rischio Cardiovascolare, prodotto da una collaborazione tra i

MMG con la Direzione del Distretto Sanitario e delle Cure Primarie, la Direzione del Dipartimento di Medicina Interna ed il CeVEAS. Obiettivi dello studio Migliorare la pratica clinica, assicurando che il maggior numero possibile dei MMG del distretto disponga, nel proprio data base, dei dati necessari per una valutazione del rischio cardiovascolare. La completezza di tali dati nella maggioranza delle cartelle cliniche non è scontata, ed è preliminare ad ogni valutazione del rischio, sia “implicita”, sia esplicita (usando l’algoritmo di una carta del rischio). Costruire un registro dei pazienti ad alto rischio. Sono accennati gli ulteriori studi possibili sui dati completi, oltre a quelli già effettuati in corso di pro-getto (due articoli accettati per la pubblicazione su riviste internazionali, frutto dell’elaborazione dei dati del primo an-no) nel campo della conoscenza dei dati epidemiologici locali, dell’organizzazione delle attività ambulatoriali, della programmazione degli interventi sanitari. Setting Esclusivamente quello della Medicina Generale. Metodi Tra le carte del rischio disponibili al momento di inizio dello studio, è stata scelta, per la decisione sugli items da raccogliere, la va-riante “New Zealand” del protocollo di Framingham. I MMG attuano una strategia “opportunistica”, annotando i dati concordati nelle cartelle cliniche degli assistiti, in forma codificata, nel triennio 2001 – 2003, e gli eventi cardiovascola-ri maggiori fino al 2005. Gli stessi dati sono aggregati e messi a disposizione per tutte le elaborazioni statistiche. L’azienda sanitaria riconosce ai MMG un incentivo economico per la completezza di questi dati, conservati nelle cartel-le cliniche. Risultati Il 55.2% delle cartelle cliniche dei residenti del distretto tra i 40 ed i 69 anni contiene tutti i dati previsti dal progetto. Le valutazioni di ordine epidemiologico sulle schede di rischio prodotte sono in corso, ed al 31 di-cembre 2005 saranno disponibili i dati di esito (resi anonimi ma associati al profilo di rischio precedente) per l’elaborazione di una carta del rischio cardiovascolare locale, di consistenza numerica pari al numero di schede prodot-te. Conclusioni I MMG di Carpi collaborano con l’organizzazione sanitaria, ottenendo un aiuto per migliorare la pratica clinica del più vasto numero di colleghi. Raccolgono dati qualitativamente e quantitativamente adeguati per studi epi-demiologici locali significativi. Per ottenere questi strumenti, importanti per il governo clinico, l’azienda locale ha inve-stito senza chiedere di agire sulla spesa sanitaria

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IV sessione: ore 16-18,30

ESPERIENZE ORIGINALI: INTERVENTI PREORDINATI. moderatore Giampaolo Collecchia

relatori Luciano Caraceni, Massimo Tombesi: Il feedback di Medimax (self-audit sulla qualità al PC). BIOGRAFIA Dal 1998 è medico di medicina generale a Macerata. È segretario amministrativo della se-

zione SIMG provinciale di Macerata e consigliere provinciale FIMMG. È stato relatore e organizzatore in qualità di a-nimatore SIMG in numerosi convegni scientifici e collaboratore ed autore nella pubblicazione del testo :”Gli esami strumentali in Medicina Generale” UTET 1998.

ABSTRACT Questo lavoro è nato per la curiosità di valutare, sulla base degli indicatori del nuovo con-tratto dei GPs inglesi, la performance di 6 MMG che disponevano del medesimo sistema informatico per la gestione delle cartelle cliniche, nonché l’applicabilità degli indicatori ai dati registrati. Metodo: E’ stata eseguita, utilizzando le funzioni del SW gestionale Medimax2000, un valutazione su 6 database contenenti 8.151 assistiti. L’analisi è stata limi-tata a diabete mellito (425 pazienti) ed ipertensione arteriosa (1.372 pazienti), ed effettuata in tre tempi: basale (febbraio 2004); dopo 3 mesi (maggio 2004); dopo 7 mesi (settembre 2004) per studiare l’andamento e le modifiche nel tempo degli standard raggiunti. Risultati: I risultati ottenuti hanno mostrano: 1) l’utilizzabilità e l’interesse per il self-audit di indicatori di processo e di performance (rispetto ad end point surrogati), integrati in un SW gestionale ed aggiornati in tempo reale, da parte di medici di medicina generale; 2) una buona performance dei medici di medicina generale rispet-to agli indicatori usati e un miglioramento degli standard raggiunti, almeno in tempi brevi; 3) la necessità di porre mag-giore attenzione alla registrazione di dati che vengono spesso raccolti ma non riportati nel database; 4) la difficoltà di correlare indicatori di performance clinica alla effettiva qualità della cura complessiva dei pazienti (specialmente in rapporto alle specificità della MG). Conclusioni: Il sistema degli indicatori usato nel contratto dei GPs inglesi ha destato molto interesse nel gruppo di colleghi partecipanti all’indagine, perché è stata vista come metodologia praticabile e im-mediata per valutare il proprio operato. Tuttavia gli indicatori risultano principalmente centrati sulla patologia e posso-no essere implicitamente assunti come obiettivi, orientando su di essi l’attività clinica, anziché testimoniarne la qualità. Alcuni indicatori possono essere inappropriati per alcuni sottogruppi di pazienti, e dovrebbero prevedere una maggiore articolazione.

Mario Nejrotti, Guido Giustetto: Il progetto GIANO. Gestione dell’Ipertensione Arteriosa Nuovi Orizzonti. Sono appli-cabili le linee guida nella medicina generale di oggi ? M.NEJROTTI – BIOGRAFIA Dal 1979 è medico di medicina generale a Torino. Socio della Società Italia-

na di Medicina Generale (SIMG) e socio fondatore della Scuola Piemontese di Formazione SIMG. È responsabile di Redazione della rivista "Il Medico Generale" e membro del Comitato Scientifico di “Medico e Paziente”. È coordinato-re del Comitato Tecnico Scientifico della Conferenza Provinciale sulla Salute della Provincia di Torino e coordinatore di Progetti Strategici sulla salute per conto dell'Assessorato alla Sanità e Assistenza della Provincia di Torino. È coau-tore dei seguenti volumi di Medicina Generale: “Il caso della Signora Danielle: il problema delle Gambe Gonfie”, “Il Mistero del Colpo di Tosse” Volume I e II, 1992-3, pubblicati dalla Scuola Piemontese SIMG di Medicina Generale; “Sintomi Paziente Diagnosi”, 1995, Edito dalla Officina Grafica la Collina; “Segni Sintomi Diagnosi”, 1997, Edito da Edizioni Libreria Cortina Torino; “European Textbook of Family Medicine”, in pubblicazione, Passoni Editore.

G.GIUSTETTO – BIOGRAFIA È medico di medicina generale in Piemonte. Tutor di Medicina Generale e docente per l’attività teorica seminariale del corso per la Formazione Specifica. Socio della Scuola Piemontese di Medi-cina Generale Massimo Ferrua con attività continuativa di produzione e presentazione Corsi di aggiornamento nell’ambito della Medicina Generale. Tutore del Corso Professionalizzante in Medicina Generale V-VI anno – Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Torino. CoAutore di vari manuali di medicina scolastica, di pro-grammazione e valutazione sanitaria e di medicina generale. Coordinatore del Gruppo di Lavoro Formazione della Rete Oncologica Regione Piemonte. Coordinatore scientifico del “Progetto Giano” (Gestione dell’Ipertensione Arteriosa: Nuovi Orizzonti).

ABSTRACT I medici sono oggetto di forti pressioni istituzionali, culturali, professionali e commerciali perché nella loro pratica quotidiana applichino le Linee Guida. Tra i medici di famiglia in particolare è comune la sen-sazione che sia molto difficile la loro introduzione nel normale setting di lavoro, sia rispetto alle modalità organizzative (controlli periodici, richiami dei pazienti, stratificazione del rischio…) sia rispetto al cosiddetto target terapeutico, posto sempre più in basso. Un gruppo di 10 medici di Torino e provincia dal 1999 ha voluto misurare l’impegno di lavoro ag-giuntivo che sarebbe richiesto dall’applicazione scrupolosa delle linee guida sulla gestione dell’Ipertensione Arteriosa ai propri pazienti. E’ stato preso come riferimento il documento del JNV VI, interpretato secondo un approccio che preve-de medicina di opportunità ed iniziativa. Per tale sperimentazione è stato affiancato al medico di famiglia, visti i suoi normali carichi di lavoro, un medico collaboratore, che ha svolto tutti i compiti previsti dalle linee guida, eccetto le de-cisioni terapeutiche (nuove terapie e aggiustamento per i pazienti non compensati) di competenza del medico titolare. Il costo della sperimentazione è stato sostenuto grazie al finanziamento della Provincia di Torino. I principali risultati a

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cinque anni dall’ inizio della sperimentazione sono i seguenti: Carico di lavoro: 2-2 ore e mezza in più al giorno per seguire 1000 assistiti secondo il JNC VI. Prevalenza dell’ipertensione arteriosa: 41,24%. Nuovi ipertesi trovati: 34.74% degli ipertesi -14.32% dei visitati. Ipertesi portati a compenso (140/90—130/85 per i diabetici e correlati) dopo 5 anni: 76,5 %. Costo/anno per paziente compensato: 610 €. Mortalità per malattie dell’apparato cardiocircolatorio tra gli assistiti che hanno partecipato al modello Giano inferiore di oltre la metà.

Renato Rossi: La formazione e l’audit a Verona. L'audit, ovvero "Verificare per migliorare”. BIOGRAFIA Dal 1980 è medico di medicina generale in provincia di Verona. Fa parte della commissio-

ne per la formazione dei medici di medicina generale dell’ASL 20 di Verona. ABSTRACT E' noto che uno dei problemi maggiori delle linee guida è la loro trasferibilità per l'esisten-

za di barriere (legate al medico, al paziente e al contesto). L'audit, una metodologia di lavoro che verifica e confronta quello che effettivamente si fa nella pratica con gli standard di comportamento ottimali ricavabili dalla letteratura, si pone lo scopo di esaminare le barriere e di studiare le soluzioni per superarle. Questa nostra esperienza pilota, svoltasi nella ASL 20 di Verona nei mesi di aprile e maggio 2004 e rivolta a oltre 300 medici di medicina generale, suddivisi in piccoli gruppi, si proponeva di fornire ai partecipanti i principi generali che governano l'audit, le sue modalità di attua-zione e i suoi scopi. Il corso era strutturato in due serate di quattro ore ciascuna gestito a rotazione dai cinque formatori designati. Nella prima parte veniva illustrata la filosofia dell'audit e le modalità pratiche con cui si attua partendo dalla identificazione dei bisogni. Come esempio è stato scelto lo scompenso cardiaco trattandosi di un argomento ben cono-sciuto dai MMG nelle sue implicazioni diagnostiche e terapeutiche Definito l'argomento il passo successivo era quello di impostare una metodologia di ricerca nel proprio archivio per identificare i pazienti scompensati e le modalità di ge-stione terapeutica (quanti scompensati ho e come li tratto?). Nel secondo modulo del corso venivano raccolti i dati , i-dentificate le barriere che si frappongono alla trasferibilità delle evidenze e proposte eventuali soluzioni per poter stabi-lire un obiettivo col quale confrontarsi in una successiva verifica. Pur trattandosi di un'esperienza per necessità di cose incompleta i dati raccolti permettono di affermare che i MMG gestiscono lo scompenso cardiaco in modo relativamente soddisfacente e comunque non molto diverso da quanto segnalato in letteratura. Il gradimento del corso è stato buono considerando che si tratta di concetti nuovi a cui i MMG non sono ancora preparati. Questo richiede uno sforzo per dif-fondere e implementare l'audit come naturale verifica della qualità dell'assistenza.

Marco Grassi: Net-audit: self audit in rete. BIOGRAFIA Romagnolo di Santarcangelo dove è nato nel 1955. Coniugato, 2 figli universitari (inge-

gneria e medicina). MMG da 1984, anno del convenzionamento. Svolge l'attività in Medicina di Gruppo a Santarcange-lo (Rimini).Socio SIMG di cui è attualmente presidente di sezione e segretario regionale. Interessi professionali: EBM, audit, informatica.

ABSTRACT Molti medici di medicina generale italiana hanno compiuto molti passi verso la moderniz-zazione dell’ambulatorio attrezzando l’ambulatorio con Personal Computer, cartella computerizzata di qualità e con-nessione ad Internet. Questa evoluzione informatica e tecnologica ha avuto però ripercussioni solo sulla più ordinata gestione dell’ambulatorio mentre è trascurabile da parte di molti MMG l’utilizzo delle potenti funzioni statistiche – presenti da anni nei migliori software – a scopo di audit e autovalutazione. Abbiamo assistito negli anni passati ad una attività scoordinata e non continuativa di self-audit condotta da singoli MMG con pubblicazione e disseminazione spo-radica dei risultati ma soprattutto una mancanza di ogni tipo di sostegno (economico, tutoraggio, peer-review) alle ini-ziative di audit e disinteresse istituzionale (SSN, regioni, Aziende sanitarie). Netaudit nasce nel 2001 come risposta a questi bisogni inespressi con l’obiettivo di: fornire una conoscenza preliminare dell'audit ai non iniziati ma interessati alla verifica e revisione della qualità delle cure prestate in Medicina Generale; costituire una risorsa per lo studio e l'au-toapprendimento coniugando la valenza pedagogica dell'audit con le finalità pratiche di miglioramento della performan-ce professionale; pianificare semplici Audit su argomenti clinici importanti per l’aggiornamento e per rispondere ai bi-sogni socio-sanitari emergenti ( vaccinazioni; malattie croniche, ecc); incentivare la partecipazione alla esecuzione di periodici studi di Audit dei colleghi disposti a confrontare la propria casistica clinica; sviluppare le abilità dei colleghi che intendono imparare gli elementi di base di metodologia della ricerca ( Ipotesi, Obiettivi, Variabili, Indicatori, Stan-dard, Bibliografia); discutere in gruppo ed in maniera orizzontale, in liste ad hoc, l’evoluzione del Protocollo (Evidence Based Medicine, traduzione del protocollo nella struttura di un questionario, Fase Pilota); disporre di strumenti pratici (descrizione di software, form da utilizzare, idee da sviluppare); offrire spunti di analisi e riflessione sul lavoro del Me-dico di Medicina Generale. Netaudit conta attualmente 132 Iscritti attivi suddivisi in 26 gruppi ed ha svolto dal 2001 ad oggi 11 audit.

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ESPERIENZE ORIGINALI: COMUNICAZIONI LIBERE. moderatore Giampaolo Collecchia

1. Marco Bussini:.(medico di medicina generale, Soresina, CR) Forme Associative e Qualità in Medicina Generale. L’esperienza del C.S.P. di Soresima ABSTRACT Con questa esposizione vogliamo portare l’esempio del nostro Centro Sanitario Polifunzionale, in cui un

anno fa abbiamo realizzato una forma associativa mista gruppo/rete fra nove medici di base operanti in un edificio ri-strutturato ad hoc e con spazi dedicati, attrezzati e informatizzati, dotati di personale amministrativo ed infermieristico, e valutare l’impatto sulla qualità del lavoro così organizzato. METODI: È stato così possibile organizzarci in modo da offrire una serie di servizi ai nostri pazienti; sono stati avviati degli ambulatori per patologia, dedicati ai pazienti diabe-tici e a quelli in terapia con anticoagulanti orali, collegati telematicamente con i centri specialistici; abbiamo altresì pre-so in gestione l’assistenza infermieristica domiciliare per i nostri assistiti con personale fornitoci dall’ASL: la presenza costante nella struttura centrale di cinque medici a rotazione ha reso possibile l’apertura degli ambulatori dalle ore 9:00 alle 19:30 e la continuità assistenziale per urgenze domiciliari dalle 8:00 alle 20:00. RISULTATI: I risvolti dal punto di vista della qualità offerta sono molteplici: gli ambulatori per patologia hanno migliorato l’assistenza, estendendola a persone che prima non erano seguite; l’adesione a PDTA concordati con gli specialisti e il dialogo e la collaborazione con questi ha ridotto lo spreco di risorse e la moltiplicazione degli interventi, oltre a ricondurre sotto la nostra supervi-sione patologie che ci erano state “espropriate” a volte con il nostro tacito consenso. Dal punto di vista del medico, in-negabili vantaggi sono venuti dallo sgravio di incombenze burocratiche trasferite al personale di segreteria, dal supporto infermieristico per medicazioni, educazione sanitaria, terapie iniettive, prelievi; è stato inoltre possibile riorganizzare le visite ambulatoriali lavorando su appuntamento per la maggior parte dell’orario di studio; migliorare la reperibilità tele-fonica centralizzando le telefonate per richieste di visite domiciliari; l’informatizzazione spinta del lavoro ha portato poi a usare archivi condivisi anche negli studi periferici e ci ha permesso di aderire in modo molto incisivo al progetto SISS della regione Lombardia, che ha sfruttato le nostre infrastrutture telematiche. Questo dovrebbe consentire anche un’ottimizzazione della spesa sanitaria (principale indicatore di qualità per gli amministratori della sanità italiana) senza portare a una riduzione dei livelli di assistenza. Innegabili sono poi i vantaggi di una condivisione delle conoscenze e capacità con arricchimento della propria esperienza professionale. Circa la qualità percepita dai pazienti, da noi sondata anche attraverso questionari da compilare in sala d’attesa, il riscontro è stato positivo: i pazienti hanno gradito la ridu-zione dei tempi di attesa e degli affollamenti grazie alle visite su appuntamento, la possibilità di trovare sempre un am-bulatorio aperto in caso di necessità, la condivisione degli archivi fra i medici; ma sono soprattutto gli ambulatori per patologia e l’assistenza domiciliare infermieristica che sono stati molto apprezzati per la comodità e l’efficienza del ser-vizio e che ci hanno enormemente riqualificato ai loro occhi dal punto di vista professionale. In generale, il lavoro in équipe e con personale di supporto in locali moderni e funzionali ci ha molto giovato anche dal punto di vista dell’immagine, aspetto secondario ma non del tutto trascurabile della qualità percepita. CONCLUSIONI: Il lavoro di gruppo in una struttura adeguata e con idonei mezzi migliora la qualità dell’assitenza fornita ad una popolazione. Que-sta esperienza è, comunque, ben lungi dall’aver espresso tutte le proprie potenzialità: ulteriori riscontri verranno con l’evolversi della situazione sanitaria italiana e con il sorgere di nuove esigenze.

2. Pierlorenzo Franceschi, Alessandro Del Carlo, et al. (medici di medicina generale, Viareggio) Ricerca come formazione nella diagnosi di cefalea in MG. ABSTRACT Le cefalee sono considerate dall’OMS al 19° posto fra le patologie disabilitanti. Tuttavia in Medicina

Generale si ritiene che siano non frequente motivo di consultazione. La letteratura specialistica si occupa in prevalenza di cefalee primarie (in particolare emicrania) mentre i MMG percepiscono una variegata presentazione di sintomi e quadri per i quali sono necessari precisi schemi di orientamento e rapide valutazioni diagnostiche. La presente indagine osservazionale è integrata con il programma di formazione obbligatoria della MG. Obiettivi. Descrizione del problema cefalea, solo o associato, in tre mesi attività ambulatoriale.Osservazione delle cefalee secondarie potenzialmente perico-lose o benigne, in particolare della cervicogenica.Valutazione dell’uso di un questionario strutturato (Copenaghen) nella diagnosi di Cefalea primaria. Metodi.Dopo un corso di formazione sulla nuova classificazione delle Cefalee IHS 2003, sono state raccolte adesioni alla ricerca osservazionale: è stato descritto l’uso della scheda rilevazione dati e del diario diagnostico Copenaghen. I dati sono stati elaborati con il programma Epiinfo. Risultati 31 adesioni iniziali, 24 ricercato-ri finali (77.4%); media di assistiti in carico: 1174.20; età media dei ricercatori: 50.5 anni. 306 schede raccolte (221 femmine e 85 maschi); età media: 44,3 anni; i pazienti sono stati stratificati in cinque fasce d’età: la fascia 35 - 50 è ti-pica del sesso femminile, mentre i maschi sono più divaricati in età giovanile e nella fascia più avanzata. La prevalenza di cefalea nel nostro campione, riferita alle visite nel periodo considerato (circa 23.000), è stata dell’1,56% (6% su base annua). 141 pazienti con problema cefalea (96 femmine; 45 maschi); 165 con altri problemi e cefalea associata (125 femmine; 40 maschi). Comorbilità più frequente: la patologia psichiatrica. Cefalee secondarie: 56.5%: più frequente la cervicogenica (18.3%). Cefalee primarie: 43.5%: tensiva 16.3%; emicrania con aura 6.2%; emicrania senz’aura 12.1%; cronica quotidiana 3.3%; cefalea a grappolo 0.7%; cefalea non classificabile 4.2%. Il questionario Copenaghen è stato utilizzato in 109 schede (35.6%). E’ altamente significativa (p<0,0002) la correlazione tra osteoartrosi e cefalea cervi-cogenica. Non c’è significatività statistica, invece, tra cefalea TT e osteoartrosi o fibromialgia. Conclusioni. La preva-lenza di cefalea, nel nostro campione, si attesta intorno al 6% ma molti casi non giungono all’osservazione medica. Il

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MMG è più impegnato a gestire le cefalee secondarie (da sinusite e parainfluenzali) ma anche le primarie (tensiva, emi-cranie) che talora assumono l’andamento di malattie croniche. Tra le secondarie spicca la elevata prevalenza della cer-vicogenetica. Non è stato possibile, per scarsità del campione, studiare a fondo le associazioni con altre patologie. Il questionario Copenaghen è stato utilizzato in una elevata percentuale di casi come supporto diagnostico nelle cefalee primarie. Un semplice studio osservazionale può essere un valido mezzo per approfondire un percorso formativo che i-nizia con l’acquisizione di linee guida, passa attraverso la loro applicazione pratica e si conclude con la discussione dei dati di ricerca.

3. Stefano Giovannoni*, Loretta Polenzani*, Alessandro Bussotti°, Emanuele Messina^ (medici di medici-na generale,*Prato, °Sesto Fiorentino (FI), ^Firenze) La classificazione dei problemi in medicina generale: proposta di un percorso classificativo per i problemi osteomioarticolari. ABSTRACT Le basi culturali di una disciplina che si definisce autonoma devono passare attraverso il riconoscimento,

l’accettazione e la condivisione di percorsi, procedure e azioni che possano trovare sintesi in una nosografia comune; se così non fosse, mancherebbe un supporto indispensabile alla Ricerca, strumento che da sempre contribuisce a definire l’autonomia culturale di una disciplina. Il cittadino che ha un problema di salute si rivolge al proprio medico di medici-na generale che ascolta la richiesta, legge, decodifica la domanda ed interpreta il bisogno; definisce/ridefinisce il pro-blema, lo contestualizza ed avvia il percorso assistenziale, che può concludersi nell’arco della stessa visita con una dia-gnosi clinica, di sospetto o più o meno probabile, oppure richiedere controlli clinici e conferme successive attraverso esami di laboratorio e strumentali o consulenze specialistiche. Il problema presentato può quindi risolversi spontanea-mente, oppure necessitare di un intervento terapeutico più o meno protratto, oppure ripresentarsi dopo periodi di benes-sere o cronicizzarsi, richiedendo un trattamento protratto nel tempo. La necessità di una lettura complessiva del proble-ma, agganciata ad un percorso temporale in evoluzione, e che non necessariamente si determina o si conclude con alte-razioni anatomo-patologiche e/o con un preciso danno d’organo, rende ragione della difficoltà che può trovare il MMG nel classificare il disturbo presentato secondo sistemi nosografici tradizionali, che a fronte di una ridondanza semantica di diagnosi, anche se spesso di analogo significato, non esprimono il concetto di alterata funzione, di rischio, né tanto meno sono capaci di classificare una temporalità di eventi, che sono tipici delle storie dei nostri pazienti. Il MMG ha notevoli difficoltà tutte le volte che deve collegare una serie di sintomi a segni clinici e magari a problematiche relazio-nali. E’ arduo collegare problemi ad un sistema di codifica che, pur rigoroso da un punto di vista classificativo, identifi-ca e riduce il “problema” a “diagnosi” e non tiene conto del paziente. Per questo, è utile e non più procrastinabile di-sporre di un sistema di codifica specifico per la medicina generale, sistema che abbia sicuramente link con i sistemi in-ternazionali di codifica accreditati, utile quindi per classificazioni e Ricerca, ma che preveda anche spazi per problemi, cioè esprima nel modo di classificare la peculiarità e la dinamicità della medicina “di primo impatto” rivolta all’Uomo/Funzione e non solo all’Organo/Lesione. Abbiamo cercato di dare un contributo per la nosografia della Medi-cina Generale, prendendo in esame i problemi osteo-mio-articolari, che costituiscono la causa più frequente di ricorso al medico di famiglia e nella maggioranza dei casi trovano risposte adeguate non in ambito specialistico ma all’interno della medicina generale, tanto che è di fatto indispensabile che la capacità di gestire e risolvere questo tipo di problemi siano parte fondamentale del bagaglio culturale e professionale del medico di famiglia. (troncato a 450 parole).

4. Alberto Donzelli, Donatella Sghedoni (Direttore Servizio Educazione Sanitaria e Responsabile UO O-rientamento Clinico e Sanitario, Milano.) Il linguaggio ambiguo della “qualità”. Ricadute sul contratto dei GP del NHS britannico . ABSTRACT Premessa - Il metodo scientifico ha risposto all’esigenza di introdurre un linguaggio non ambiguo, che

garantisce la possibilità di far passare informazioni tra uomini, nazioni e culture senza introdurre distorsioni. Il termine qualità non risponde ai requisiti del linguaggio scientifico e favorisce il nascere e perpetuarsi di equivoci nella comuni-cazione, per altro funzionali agli interessi di molti degli attori in gioco. Il punto di vista/interesse più ampio e pertinente in sanità è quello della Società e della comunità dei cittadini-assistiti, interessati al (recupero del)la salute, alla rassicu-razione/benessere e soddisfazio-ne/qualità percepita rispetto ai servizi ricevuti, a un costo sostenibile. Molti pensano che la qualità in sanità faccia riferimento a questo punto di vista, ma spesso i contenuti sottesi sono tutt’altro. Obiettivi dello studio – Esemplificare la tesi esposta in premessa con riferimento al nuovo contratto dei GP nel NHS. Setting e metodi – Analisi degli indicatori di qualità relativi a tre patologie (ipertensione, BPCO e diabete di tipo 2) nel contratto dei GP, distinguendo dagli altri quelli legati in maniera univoca e causale ad outcome di interesse per la comunità dei cittadini-assistiti. Risultati – Benché questo contratto rappresenti il più avanzato tra i tentativi in atto di legare la retribu-zione dei medici a risultati, una parte considerevole degli indicatori non è legata ad outcome riconoscibili o a dati di struttura di valore intuitivo. Selezionando erroneamente le proprie priorità/preferenze (con un punto di vista legato a in-teressi particolari) una practice potrebbe in teoria conseguire quasi il 60% del totale dei punti delle 10 aree cliniche, e ricevere i notevoli incentivi corrispondenti, senza avere prodotto nulla di rilevante per la salute dei propri assistiti. An-che dove si individuano outcome di interesse o processi ad essi causalmente associati in grado accettabile, parte degli indicatori sono disease oriented e non health oriented, né caratterizzati da un approccio comunitario. Una migliore sele-zione degli indicatori potrebbe meglio giustificare il protrarsi nel tempo di uno sforzo finanziario del NHS che molti giudicano di dubbia sostenibilità. Conclusioni – La confusione su ciò che si intende con qualità consente di perseguire obiettivi di categoria/personali facendo pagare alla comunità dei cittadini il costo di processi cui potrebbero non essere interessati.

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5. Vincenzo Landro, Paolo Misericordia, Giovanni Olimpi, Paolo Simoni* (medici di medicina generale della provincia di Ascoli Piceno; *Responsabile U.O.C - Unità Operativa di Medicina B - ASUR Marche – Zona 11 di Fermo) Un progetto orientato al miglioramento continuo della qualità in Medicina: il PICENUM study (Performance Indicators Continuous Evaluation as Necessity for Upgrade in Medicine). ABSTRACT Premessa. Sia la medicina territoriale che quella ospedaliera debbono disporre di modalità di analisi del-

la propria attività che consentano un efficace monitoraggio della stessa e l’orientamento ad un percorso di miglioramen-to continuo della qualità. Obiettivi. Utilizzare indicatori di performance (IP) in un sistema orientato al miglioramento continuo della qualità. Condividere tra MG e medicina ospedaliera (MO) un metodo di analisi e di lettura dei rispettivi IP. Dimostrare che l’attività della MG non deve essere valutata solo dagli “indicatori di consumo”. Intervenire secondo appropriatezza nei confronti del paziente affetto da patologia cronica. Setting. Ai database di 25 MMG della provincia di AP (software Millewin) e a 23 UU.OO. di Medicina Interna (MI) della Regione Marche (SDO) sono stati applicati IP “accreditati” riferiti alla gestione delle patologie croniche prevalenti. Metodi. Identificazione delle patologie prevalenti. Sono state selezionate le patologie croniche a maggior richiesta di impegno e risorse per la MG (su 11 MMG della pro-vincia di AP) e quelle prevalenti nelle 45 UU.OO. di MI della Regione Marche; le patologie croniche comuni alla MG e alla MO sono risultate: Asma, BPCO, Scompenso cardiaco, Cardiopatia ischemica cronica, Diabete mellito tipo 2, Iper-tensione arteriosa essenziale; sono state considerate inoltre le malattie cerebrovascolari (elevata prevalenza nella MO) e l’Ipercolesterolemia ed il fumo di sigaretta (a completare il rischio CV globale, per la MG). Selezione degli Indicatori di Performance. E’ stato selezionato un set di 52 IP, riferiti alle patologie citate, “accreditati” da Istituzioni e Società dedi-cate alla valutazione e alla ricerca della qualità in ambito sanitario. L’applicazione e la costruzione degli indicatori. Gli IP sono stati applicati ai database di 25 MMG e alle SDO di 23 UU.OO. di MI (che presentavano almeno 4 tra le 5 pato-logie prevalenti nelle diagnosi di dimissione). Le fasi previste. E’ prevista una lettura semestrale per i MMG ed annuale per le UU.OO. di MI dei rispettivi IP. Risultati Sono state eseguite una raccolta dati per UU.OO. di MI e due per la MG; tra la prima e la seconda rilevazione per la MG sono stati apprezzati miglioramenti sia nelle diagnosi registrate (+ 10%) sia nella adesione globale agli IP (+26,7%). Un esempio di dati rilevati è in Tab.1. Conclusioni .La selezione di IP “ac-creditati” e la loro periodica applicazione alle attività della medicina territoriale ed ospedaliera costituiscono uno stru-mento utile per un percorso di miglioramento continuo della qualità.

Tab 1. IP per la MG: Diabete Mellito DATI RILEVATI AL 01.03.04 (30.131 pz)

%di popolazione diabetica sottoposta a dosaggio dell’HbA1c nel precedente anno 54.9 1690 casi (5.6 %)

% di popolazione diabetica sottoposta a determinazione dell’assetto lipidico nei precedenti 2 anni 69.5 % della popolazione diabetica adulta sottoposta ad esame del FOO nel precedente anno 24.7 % della popol. diabetica adulta sottoposta ad esame obiettivo del piede nel precedente anno 6.9 % della popolazione diabetica adulta sottoposta a vaccinazione antinfluenzale 49.3 % di popolazione diabetica adulta con HbA1c sotto controllo 27.8 % di popolazione diabetica adulta con valori di pressione arteriosa sotto controllo 42.0

6. Lucia Crapesi*, Roberto Della Vedova*, Giuseppe Latella*, G. Pilati°, S. Visintin^ (*medici di medicina generale della Provincia di Gorizia, °direttore sanitario ULSS n. 17 Este - Monselice, ^farmacista servi-zio della farmaceutica aziendale ASS n. 2 "Isontina) Il programma di miglioramento continuo della qualità dell’assistenza farmaceutica nella Provincia di Gorizia. ABSTRACT Anche nei casi in cui vi sia una concordanza della letteratura scientifica, la variabilità di utilizzo dei far-

maci è uno dei fenomeni più ampiamente e sistematicamente documentati dalla ricerca sui servizi sanitari a livello in-ternazionale. Alcune delle motivazioni di questa variabilità sono la difformità di opinioni entro la professione medica, la mancanza di un ritorno d’informazione sull’esito delle scelte terapeutiche, la diversa attitudine dei pazienti a seguire le raccomandazioni del curante. Obiettivi: I medici di medicina generale della Provincia di Gorizia e l’ASS n. 2 “Isontina” hanno riconosciuto tali criticità e hanno sviluppato un programma finalizzato a minimizzazione le disomogeneità di ac-cesso alle migliori prestazioni da parte dei pazienti, ad individuare e eliminare gli eventuali casi di variabilità prescritti-va non dettata da effettive esigenze della popolazione e a rafforzare il ruolo dei medici di medicina generale e specialisti nella diffusione dell’informazione medico-scientifica indipendente. Setting: Azienda per i Servizi Socio-Sanitari n° 2 “Isontina”. Metodi: si è costituito un Comitato Locale per la Valutazione dei Farmaci indipendente, formato da medici di medicina generale, specialisti, farmacisti e rappresentanti del Tribunale dei Diritti del Malato. Il gruppo misto interdi-sciplinare, riunendosi con cadenza circa bimestrale, revisiona la letteratura scientifica secondo i dettami dell’EBM e produce dei pacchetti informativi, da proporre in riunioni di team ristretti (3-10 partecipanti) a tutti i medici di fami-glia.Inoltre, il Comitato elabora, valuta e diffonde dati originariamente raccolti per necessità amministrative cercando di ricavarne informazioni utili alla pratica clinica. Effettua incroci tra i dati di dimissione dal ricovero e prescrizioni far-maceutiche territoriali così da restituire ad ogni medico di medicina generale una reportistica che vada oltre i soliti dati di spesa farmaceutica: ad esempio, una lista dei propri pazienti con pregresso ricovero per scompenso cardiaco non in terapia con ACE-inibitori. L’idea è quella di offrire un sistema di supporto in grado di sostenere il curante nella scel-ta/rivalutazione della terapia più appropriata alle esigenze di ciascun paziente. Gli argomenti da trattare/aree di intervento sono selezionati sulla base dell’importanza della patologia, della disponibilità di buona documentazione scientifica, della possibilità di misurare/restituire i risultati dell’attività e dall’esistenza di uno scarto tra situazione attuale e quella desidera-

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bile. Risultati: i primi argomenti trattati sono stati lo scompenso cardiaco, l’ipertensione arteriosa, l’utilizzo dei FANS, e la somministrazione di acido folico nel periodo periconcezionale. Dopo poco più di un anno di lavoro si è registrato un au-mento della copertura con gli Ace-inibitori dei pazienti scompensati, un incremento dei diuretici minori nella terapia dell’ipertensione e un aumento dell’utilizzo dell’ibuprofene rispetto agli altri FANS. Conclusioni: l’attività svolta nella Provincia di Gorizia dimostra che la collaborazione tra medici di medicina generale e ASL può risultare in un sistema inte-grato ed efficace per promuovere l’utilizzo delle migliori terapie farmacologiche, arrivando ad offrire al medico di medici-na generale la possibilità di motivare i propri pazienti a utilizzare i medicinali di scelta in tutti i casi in cui ciò sia possibile e richiesto dalla presenza di una patologia a rischio.

7. Giuseppe Ercolini, Andrea Manotti, Paolo Schianchi, Cesare Manotti*, Corrado Pattacini* (medici di medicina generale, Parma – *centro emostasi, azienda ospedaliera, Parma) Un progetto dellaRegione Emilia-Romagna: Progetto pilota di decentralizzazione della gestione della T.A.O. a Parma. ABSTRACT Attualmente i Medici di Medicina Generale (MMG) della provincia di Parma non hanno quasi alcun ruo-

lo nel monitoraggio della terapia anticoagulante orale (TAO) dei loro pazienti. Un gruppo di 11 MMG, scelti su base volontaria, adeguatamente preparati e attrezzati, hanno effettuato direttamente in ambulatorio sui propri pazienti, la de-terminazione dell'INR. E' stato messo a loro disposizione un software P.A.R.M.A (Programma Archiviazione Referta-zione Monitoraggio Anticoagulanti) che consente l'accesso via Internet al database del Centro Emostasi della Azienda Ospedaliera di Parma, limitatamente ai dati dei loro pazienti. Il MMG riceve istantaneamente il suggerimento della po-sologia e del prossimo appuntamento determinato con gli stessi algoritmi in uso presso il Centro Emostasi. E' così pos-sibile stampare la stessa prescrizione che il paziente avrebbe avuto al Centro Emostasi e consegnargliela direttamente. In casi particolari il MMG può recarsi al domicilio del paziente e lì eseguire l'INR; oppure la determinazione potrà es-sere effettuata da una infermiera in un ambulatorio o in un centro prelievi periferico e comunicata al MMG che potrà ef-fettuare la prescrizione in qualsiasi luogo si trovi dotato di collegamento al WEB. In ogni momento il paziente potrà re-carsi al Centro Emostasi dove potrà ricevere la prestazione abituale; il Medico del centro avrà a disposizione tutte le vi-site eventualmente effettuate presso i MMG. Una seconda fase, da poco iniziata, grazie all'accordo ASL -sindacati me-dici, estenderà il progetto a tutti i MMG della provincia di Parma che ne faranno richiesta. I benefici per i pazienti sono evidenti: potranno usufruire nell'ambulatorio del loro medico o nel centro prelievi più prossimo i controlli della TAO , rimanendo in un ambiente qualificato come il centro emostasi ma meno affollato e più vicino a casa. I MMG si riappro-prieranno della gestione del paziente in TAO e del prestigio conseguente.

8. Alberto Cefalo*, Donatella Sghedoni°, Francesco Carelli*, Gabriele Banchini*, Pamela Moser°, Felice Cosentino^ (*medici di medicina generale e °di Sanità Pubblica della ASL Città di Milano; ^Direttore del Servizio di Endoscopia Digestiva, Ospedale San Paolo, Milano) Linee guida in endoscopia digestiva per la Medicina Generale. ABSTRACT L’utilizzo inappropriato dell’Endoscopia Digestiva (ED) comporta fastidi e rischi inutili per i pazienti,

causa uno spreco di risorse e provoca un allungamento delle liste d’attesa. La condivisione di queste considerazioni tra Medici di Medicina Generale (MMG), Specialisti e Medici di Sanità Pubblica ha portato ad un tentativo di razionalizza-re l’accesso ai Servizi di ED della città di Milano. METODI. Con il coordinamento del Dipartimento dei Servizi Sanita-ri di Base della ASL Città di Milano, è nato un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da MMG, uno Specialista Ospedaliero e Medici di Sanità Pubblica. Il gruppo ha valutato le linee guida (LG) sull’ED esistenti, provvedendo a rie-laborarle ed adattarle alle necessità dei MMG milanesi. Sono state inoltre considerate le necessità di informazione dei pazienti. RISULTATI. E’ stato prodotto un documento nel quale sono state definite indicazioni e controindicazioni de-gli esami tenendo conto anche della normativa vigente, i criteri di urgenza, gli eventuali esami preliminari, le modalità prescrittive e di esecuzione (ambulatorio o day hospital), le modalità di ottenimento del consenso informato dai pazien-ti. Per questi ultimi sono stati prodotti anche due opuscoli informativi, da consegnare prima degli esami. I documenti sono stati presentati a tutti i Servizi di ED di Milano (pubblici ed accreditati); le eventuali proposte di modifica sono state recepite ove ritenuto utile. Il documento finale è stato approvato dal Comitato Aziendale, sottoscritto da 12/14 Servizi di ED, inviato a tutti i MMG e presentato in occasione di corsi di aggiornamento ad essi dedicati. Le LG prodot-te sono state adottate da 16/73 forme associative della MG milanese, che includono 88 medici (~ 100.000 pz.). DI-SCUSSIONE. Riteniamo che le LG prodotte possano costituire una prima base per arrivare ad una gestione integrata del paziente gastroenterologico, fornendo uno strumento utile nella pratica quotidiana di MMG e specialisti. Esse vanno intese come raccomandazioni e non come imposizione, ed hanno avuto il loro principale limite metodologico nella mancata revisione sistematica della letteratura, basandosi comunque sulle LG esistenti; non è stata così definita la “for-za” delle raccomandazioni. Le LG sono ancora lontane dal divenire uno strumento di lavoro quotidiano per il MMG. Nei progetti futuri sono quindi in programma la revisione delle LG sulla base delle nuove evidenze scientifiche e dello sviluppo della normativa, il loro adattamento in base alle esigenze pratiche emerse ed una loro semplificazione, in modo da poterne favorire l’utilizzo. E’ nelle intenzioni del gruppo di lavoro verificare anche il livello di implementazione del-le LG tra i MMG, in particolare tra le forme associative che le hanno adottate, valutando numero ed appropriatezza del-le prescrizioni.

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9. Saverio Chirchiglia*, Patrizia Pane°, Flavio Sinchetto^ (* Direttore di Distretto - ASL Città di Milano, ° Responsabile Unita Operativa Assistenza Sanitaria Primaria - ASL Città di Milano, ^ Medico di Medici-na Generale - ASL Città di Milano) Le linee guida come strumento di promozione dell’Evidence-Based Health Care l’esperienza in un distretto di Milano. ABSTRACT E’ noto che i servizi sanitari vengono utilizzati in modo molto diversificato non solo nell’ambito di aree

geografiche di grande estensione ma anche all’interno di territori di estensione molto più limitata,quali ad esempio i Di-stretti. L’ assenza di motivazioni cliniche che giustificano la variabilità delle prestazioni implica che alcuni pazienti ri-cevano un’assistenza sanitaria di qualità inferiore rispetto ad altri. La riduzione della variabilità, almeno per le patolo-gie più frequenti, potrebbe dare un grande contributo per il miglioramento della qualità del servizio sanitario. Le Linee Guida possono contribuire a ridurre la variabilità delle cure e rappresentare un valido strumento di promozione della E-vidence Based Health Care in quanto riescono a “distillare” i numerosi dati della letteratura in un formato facilmente u-tilizzabile dal medico. OBIETTIVI Elaborazione di raccomandazioni diagnostico-terapeutiche condivise per la gestione dell’Ipertensione arteriosa essenziale,della Lombalgia e delle Infezioni delle vie aeree in Medicina Generale. SETTING Al progetto hanno aderito oltre 50 MMG del Distretto, molti dei quali riuniti in associazione, aventi in carico più di 60.000 assistiti,Dirigenti Medici del Distretto 5 di Milano e Medici Specialisti. METODI Ricerca bibliografica e revi-sione delle principali LG esistenti con particolare attenzione a quelle più autorevoli secondo i principi della EBM. RI-SULTATI Elaborazione di LG condivise da MMG,Medici specialisti e Dirigenti Medici del Distretto. CONCLUSIONI Questo lavoro ha dimostrato la possibilità di una efficace collaborazione tra Medici di Medicina Generale,Medici Spe-cialisti e Distretto in un’ottica di miglioramento dell’attività clinica del MMG coniugata all’ottimizzazione delle risorse sanitarie. La qualità delle LG prodotte è progressivamente migliorata mentre richiedono ancora un ulteriore sviluppo le fasi di diffusione,implementazione e valutazione dell’impatto sulla qualità delle cure

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Sabato 23 ottobre 2004 – abstracts I sessione: ore 9-10,30

LA QUALITA’ NELLA PRATICA. moderatori Guido Danti, Tiziana Galopin

relatori Vittorio Caimi: La qualità in medicina generale. ABSTRACT Per parlare di qualità in medicina generale, un riferimento obbligato è rappresentato da due documenti pubblicati di recente: la Definizione Europea di Medicina Generale (Wonca 2002), e il nuovo Contratto di lavoro dei GPs inglesi (approvato per referendum nel 2003). Pur nella evidente diversità nella natura, e quindi negli o-biettivi e nel significato, dei due documenti, essi sembrano indicare una diversa, anche se non antitetica, concezione di qualità in medicina generale. Infatti il Contratto inglese, affermando che il sistema sanitario viene fondato sulla qualità delle cure fornite, fa esplicito riferimento a standard clinici basati sulle evidenze di letteratura, mentre nel documento Wonca, dove si affermano le caratteristiche “olistiche” del MMG, che fanno riferimento al paradigma bio-psico-sociale, quindi a una cura centrata sul paziente più che sulla malattia, sembra di leggere un concetto più ampio di qualità. C’è però da considerare che nel Contratto inglese, tra gli indicatori riferiti all’esperienza del paziente, viene data molta im-portanza anche alla durata della consultazione e alle inchieste sulle opinioni dei pazienti, che possono essere considerati indicatori indiretti di una qualità che comprende anche gli aspetti caratteristici della relazione medico-paziente e delle percezioni e attese di quest’ultimo. Se questo è il quadro internazionale, ci si può chiedere qual’è la situazione in Italia rispetto alla qualità dell’assistenza in medicina generale, identificando alcune aree che sembrano particolarmente criti-che. Fra queste vi è il “vissuto “ del medico, la Convenzione, la formazione alla medicina generale, la formazione del MMG, i rapporti con il Servizio Sanitario, alcuni terreni ad alto rischio (screening, mass media, dis-informazione sulla salute ecc.). Ma qualcosa si sta muovendo di molto significativo per migliorare la “qualità” della prestazione sanitaria del MMG, e ad esempio si può citare lo sviluppo delle forme associative, le diverse tappe verso la costruzione della MG italiana come comunità scientifica e professionale, la stessa proposta di inserimento della definizione Wonca nel pre-ambolo della Convenzione, la sempre più ricca trattatistica italiana sulla medicina generale, la scelta di pubblicare Cli-nical Evidence e il British National Formulary in edizione italiana e i diversi “position paper” della medicina generale su temi critici come lo screening prostatico e la terapia ormonale sostitutiva.

Prof. Jan De Maeseneer: La performance dei medici e la responsabilità verso i singoli pazienti. BIOGRAFIA Jan De Maeseneer (1952, °Gent) graduated as a Medical Doctor in 1977 at the University

of Ghent (Belgium). His research activities are focused on : epidemiology of general practice, functioning of GPs, pre-scription behaviour, medical decision making, medical education, health services research, telematics in health care, health outcome and health and poverty. In 1990-1991, he has been advisor on primary health care of the federal Minis-ter of Health. Since 1991, he is head of the Department of General Practice and Primary Health Care at Ghent Univer-sity, where he is involved in undergraduate and postgraduate teaching, training and research. He actually chairs the Educational Committee (since 1997) in charge of a fundamental reform of the undergraduate curriculum (from a disci-pline based towards an integrated patient-based approach). Since 1997, he is also a member of the Flemish Health Council. Prof. De Maeseneer has been involved in the development of various programs of international cooperation and student exchange (University of Cochabamba in Bolivia, University of Cape Town in South Africa and University of Yaounde I in Cameroon). He is promoter of the VLIR-Own Initiatives project on "Optimisation of family medicine training in Southern Africa".

II sessione: ore 11-12,30

MEDICINA GENERALE E RICERCA: TAVOLA ROTONDA. moderatori Guido Danti, Tiziana Galopin

introduce Dr. Sergio Bernabè: Un obiettivo per la ricerca: costruire un ponte tra natura e cultura. BIOGRAFIA Dal 1980 è medico di medicina generale a Pianezza, Torino. E’ membro del Con-

siglio Direttivo dello CSeRMEG. Si occupa di metodologia della ricerca, di processi decisionali, di neurobiologia. È docente per il tirocinio formativo in Medicina Generale presso l’Università di Torino. E’ coautore del libro: “Il giudizio clinico in medicina generale” UTET.

conversazione con Prof. Jan De Maeseneer

Sergio Bernabè

Vittorio Caimi

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Giuseppe Parisi ABSTRACT Si presenta il punto di vista della ricerca intervento, come metodologia dell’azione

che non tende a modificare normativamente le pratiche ma a stimolare in tutti gli attori coinvolti il cambiamento possi-bile di tali pratiche. Essa si basa su due assunti: 1. La ricorsività tra ricerca e azione è data per possibile, tenendo conto del contesto organizzativo e professionale in cui avviene. L’obiettivo del ricercatore è di conoscere la situazione con in-tento trasformativo e costruttivo. 2. Ognuno dei punti di vista sulla situazione è legittimo per comprenderla, in quanto il problema non ha mai una sola soluzione ma è luogo di conflitto e di sviluppo di soluzioni emergenti possibili. L’intento del ricercatore è il coinvolgimento di tute le parti in causa. Ne risulta una particolare definizione della Conoscenza come fenomeno relazionale che viene configurata dalla interazione tra persona e situazione. La conoscenza è valida nella mi-sura in cui è efficace come azione produttiva. La ricerca intervento si definisce quindi come metodologia che può co-niugare le istanze della ricerca empirica con l’attenzione alla qualità del servizio.

Giorgio Visentin BIOGRAFIA Dal 1983 è medico di medicina generale a Vicenza. Fa parte del Consiglio Diret-

tivo dello CSeRMEG, nel quale ricopre il ruolo di responsabile dei rapporti con l'estero. Dal 1992 rappresenta lo Cser-meg nel Wonca Council e nell’European Council, è membro del Working Party on Research della Wonca, e ha rappre-sentato la ricerca italiana nel meeting su invito di Kingston nel 2003. È membro del Comitato Scientifico e chairman del Comitato Organizzatore che curano l’organizzazione del congresso del 2006 di Wonca-Europa.

III sessione: ore 14-15,30

LA QUALITA’ PERSEGUITA: IL RUOLO DELLE SOCIETA’ SCIENTIFICHE DELLA MEDICINA GENERALE. moderatore Massimo Tombesi

intervengono Dr. Mario Baruchello (SIQuAS-VRQ – Società Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria) Dr. Fiorenzo Corti (SIMEF – Società Italiana Medicina di Famiglia) BIOGRAFIA Dal 1981 è medico di medicina generale. È presidente della “Medici a Milano scarl", edi-

tore dell’omonima rivista quadrimestrale. È responsabile nazionale FIMMG "Progetto Fumo" e segretario regionale Fimmg Lombardia. È stato presidente Co.S. (fino al 2002) consorzio delle Cooperative di medici di famiglia. Socio fondatore e promotore di iniziative formative e scientifiche della Scuola Italiana di Formazione e Ricerca in Medicina di Famiglia, associazione che opera prevalentemente in regione Lombardia. È responsabile Nazionale SIMeF “Società Ita-liana Medicina di Famiglia”, società scientifica della FIMMG. È direttore scientifico dei progetti formativi nazionali FIMMG-SIMeF: “Processi di cura per il paziente depresso. Principi, obiettivi, metodi in Medicina Generale”; “La ma-lattia da reflusso gastro-esofageo: gestione ragionata in Medicina Generale”; “La valutazione del rischio cardiovascola-re globale in Medicina Generale”.

ABSTRACT Ricerca in Medicina Generale: strumento di programmazione dell'intervento formativo ri-volto al miglioramento dell'attività clinico-assistenziale: l'esperienza di Metis/SIMeF. Pensiamo sia necessario stabilire uno stretto legame tra attività di formazione e di ricerca e pratica quotidiana. Illustriamo il percorso metodologico che adottiamo nella progettazione di interventi formativi basati sull'analisi empirica e sull'applicazione di metodologie di miglioramento continuo. Con l'attività formativa ci prefiggiamo di creare un network di medici di medicina generale che partecipano a programmi di ricerca epidemiologica, di sviluppare le loro competenze nella pratica clinica e di offri-re dati epidemiologici ed informazioni raccolti secondo standard di qualità. Di seguito il percorso, in quattro fasi, che seguiamo nella progettazione di interventi integrati di formazione e ricerca. Prima fase. Ricerca ed analisi dei bisogni formativi dei destinatari dell'intervento, identificazione di un campione statistico significativo di medici rappresentativo per numerosità, distribuzione geografica e tipologia dell'universo interessato al tema proposto. Al campione selezionato viene somministrato un questionario volto a verificare la conoscenza della tematica, le metodologie di intervento adotta-te e l'approccio utilizzato nel gestire il problema oggetto dell'indagine. Seconda fase. Sviluppo del pacchetto didattico suddiviso in due distinti percorsi formativi il primo destinato ai formatori ed il secondo, sul territorio, ai medici interes-sati alla tematica oggetto di studio. Il corso di formazione ai formatori prepara un gruppo selezionato di professionisti in grado di provvedere alla successiva fase di sviluppo dei corsi sul territorio. Il corso di formazione sul territorio si po-ne l'obiettivo di estendere ad un campione significativo di medici di famiglia le strategie di intervento relative alla pro-blema individuato con specifico riferimento all'approccio al paziente da seguire, agli strumenti di indagine utilizzabili, le metodologie di raccolta ed analisi dei dati epidemiologici attraverso anche l'impiego di strumenti informatici. Terza fase. Analisi empirica (studio osservazionale). E' accompagnata o preceduta da una fase di sviluppo e condivisione con i MMG di set di indicatori di qualità che permettano di valutare la completezza della raccolta delle informazioni che si andranno ad acquisire tenendo conto delle caratteristiche dei propri assistiti. Quarta fase. Attraverso il miglioramento della quantità/qualità delle informazioni raccolte il singolo medico valuta la propria accuratezza nella raccolta di in-

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formazioni, stimola le organizzazioni di rappresentanza ad aprire un confronto con il gestore del servizio sanitario (Re-gione/ASL) offrendo periodiche reportistiche oggetto di contrattazione e/o proporre a terzi l'utilizzo dei dati raccolti.

Dr. Lino Gambarelli (CSeRMEG – Centro Studi e Ricerca in Medicina Generale) BIOGRAFIA Dal 1987 è medico di medicina generale a Scandiano, Reggio Emilia. E’ membro del Con-

siglio Direttivo dello CSeRMEG. Ha pubblicato lavori di ricerca nell’ambito della medicina generale su Ricerca & Pra-tica derivati dalla pratica professionale di “Medicina di Gruppo” che svolge assieme ad altri cinque colleghi dal 1994. Ha pubblicato articoli sulla rivista Occhio Clinico riguardanti la propria esperienza in medicina generale.

ABSTRACT Il Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale (CSeRMEG) da anni promuove la qualità dell’assistenza ponendo massima attenzione alla relazione medico-paziente, ritenuta elemento fondante e centrale nell’attività professionale del medico di famiglia.Gli sforzi sono rivolti alla promozione e allo sviluppo su tre campi: ri-cerca, formazione e crescita professionale del singolo medico e della medicina generale come disciplina.In ambito di ri-cerca lo studio PPP pubblicato su Lancet nel 2001, lo studio Qued sull’assistenza ai pazienti con diabete tipo 2 e di re-cente lo studio Rischio&Prevenzione sulla efficacia del trattamento con n-3 PUFA in pazienti a rischio cardiovascolare, sono solo gli ultimi di una lunga serie di lavori pensati e realizzati dal Centro Studi in collaborazione con altre istituzio-ni interne ed esterne alla medicina generale.La formazione ha caratterizzato la vita del Centro Studi: risale infatti al 1993 la collaborazione con l’Istituto Mario Negri nella realizzazione della Scuola Superiore di Ricerca in Medicina Ge-nerale "Edoardo Parma". Oggi questa esperienza prosegue con la nascita di una collaborazione tra questa scuola e la Scuola di Formazione Specifica in Medicina Generale di Trento.Nel 1999 l’Università di Monza ha introdotto un corso di Medicina generale nel curriculum formativo della facoltà di medicina coinvolgendo lo CSeRMEG nella conduzione di seminari e di attività di tutoraggio per gli studenti del IV anno. La pubblicazione del Manuale di Medicina Generale, scritto quasi interamente da membri del Centro Studi, è stata l’occasione per sintetizzare in un volume il percorso di e-laborazione su tutti i temi principali della medicina generale fatto sin dal 1986.Negli ultimi anni grande sforzo si sta fa-cendo per la ricerca di collaborazione con le altre Società Scientifiche, cercando di coagulare gli interessi attorno a pro-getti di qualificazione professionale come ad esempio le prese di posizione comuni su argomenti "discussi" come lo screening del cancro della prostata e la Tos. La costituzione di un comitato scientifico assieme alle altre Società Scienti-fiche per arrivare all’appuntamento di Firenze per Wonca Europa 2006, grande traguardo di qualificazione per tutta la medicina generale italiana, è senza dubbio un obiettivo realizzato e voluto dal Centro Studi. La convention delle diverse realtà regionali di Formazione Specifica tenuta di recente a Roma è un altro impostante passo avanti per il riconosci-mento della Medicina Generale come disciplina autonoma rispetto alle altre discipline mediche.

Dr. Brunello Gorini (Centro Regionale di Riferimento per la Medicna Convenzionata Regione Veneto) BIOGRAFIA medico di medicina generale a Treviso e presidente dell’Ordine dei Medici della provincia. Direttore del Centro Regionale di Riferimento per la Medicna Convenzionata Regione Veneto.

Dr. Ernesto Mola (AsSIMeFaC - Associazione Scientifica Interdisciplinare e di Medicina di Famiglia e di Comunità) BIOGRAFIA È medico di medicina generale e presidente della Società Scientifica AsSIMeFaC. Tutor

per i medici del corso di formazione specifica in medicina generale. Tutor per gli studenti di medicina per l’Università di Bari. Docente al Corso di Formazione specifica medicina generale organizzato dall’Ordine dei Medici di Lecce. Di-rettore responsabile della rivista professionale “Prospettive mediche” oltre che del periodico sindacale “Il medico d’Europa” ed è autore di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali. È autore del saggio “Le lacrime d’Ippocrate”, Manni Editore, 1999.

Dr. Filippo Zizzo (SNAMID – Società Nazionale Aggiornamento Medico Interdisciplinare) BIOGRAFIA Dal 1992 medico di medicina generale a Milano. Consulente psichiatra per l’ASL 3 di Mi-

lano Nord. Lecturer per la materia psichiatrica e della gestione dello studio medico in medicina generale, deontologia medica, responsabilità professionale, formazione e ruolo del tutor per la scuola di formazione in medicina generale di Milano. È responsabile nazionale della area psichiatrica per la società scientifica S.N.A.M.I.D. e, per la stessa, liason person con le società scientifiche estere. È rappresentante nazionale italiano per lo “ Special Interest Group in Psichiatry and Neurology “per la W.O.N.C.A. dal 2002 ed è membro diretto della società scientifica internazionale E.U.R.A.C.T. (organizzazione europea degli insegnanti in medicina generale).

ABSTRACT Eraclito fa la seguente affermazione: “ E’ dalla combinazione di cose discordanti che na-scono le più belle armonie “; quale migliore definizione per parlare della qualità? Essa è armonia della azione, del con-tenuto, del proporsi come atto, della essenza della progettualità che determina l’atto medico qualunque esso sia. Diventa impossibile oggigiorno immaginare un atto medico nell’ambito della disciplina specialistica della Medicina Generale che non sia quantificabile attraverso parametri che verificano la qualità dello stesso. Senza che anche questa qualità del-la Medicina Generale venga rigidamente resa ipertrofica e si trasformi in un credo che uccida la Medicina Generale stessa - parafrasando Thomas Henry Husley: “la scienza compie un suicidio quando adotta un credo“- diventa compito

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della società scientifica S.N.A.M.I.D. tentare di introdurre la qualità all’interno della società stessa per favorire uno svi-luppo via via sempre migliore verso obiettivi comuni della nostra e delle altre società scientifiche italiane. La medicina generale italiana ha bisogno di guadagnare credito presso il mondo accademico e le strutture di secondary care; il tenta-tivo di meglio qualificarci acquisendo una immagine più specifica quindi più ragionevolmente specialistica passa at-traverso il recupero della qualità . All’interno della società essa viene sperimentata sia nei contenuti rivolti agli iscritti , sia nelle ricerche di metodo didattico sia nella qualità applicata alla struttura stessa e da ultimo, ma certo non ultimo, nelle relazioni interpersonali dei soci. Poiché la società S.N.A.M.I.D. riconosce alla Medicina Generale una valenza biopsicosociale, e quindi riconosce in essa lo stesso ambito d’azione della politica, ritiene che anche la Medicina Gene-rale debba acquisire obiettivi certi e quindi qualitativamente applicabili, per questo aderisce alle indicazioni di Portono-vo e accetta le modalità certificative nazionali ed internazionali. E’ certo una sfida che è appena iniziata e che prosegui-rà nel tempo con marcato interesse, ma “ non c’è niente che si possa fare che non possa essere fatto “ cantavano the Be-atles in All you need is love e anche noi sinceramente pensiamo così.

IV sessione: ore 16-18,30

LA QUALITA’ AMMINISTRATA: TAVOLA ROTONDA. moderatore Dr. V.Caimi

conversazione con Dr. Nello Martini direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco

Dr. Paolo Peduzzi direttore del dipartimento dei servizi sanitari di base ASL Prov.Milano 3

Dr. Giampietro Rupolo dirigente regionale Direzione Piani e Programmi Socio-Sanitari, Regione Veneto

Dr. Roberto Satolli direttore della rivista ‘Occhio Clinico’

Dr. Marco Tam consigliere regione Lombardia, membro della Commissione Sanità della Regione

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bibliografia Bhat-Schelbert K, Lipsky MS, Steele H, Sharp LK. Mission statements: what do they tell us about family medicine training pro-

grams? Fam Med 2004; 36(4):243-247. Abstract: OBJECTIVES: Family medicine is the second largest medical specialty in the United States; yet, some argue that it is struggling to define itself. This study examined mission, vision, and goal statements of family medicine residency programs as a means of gaining insight into the current definition of the discipline. METHODS: Mission statements were obtained from the Internet sites of family medicine residency programs or requested directly from programs when the mission statements were not available on the Internet. The content of the mission statements was analyzed for the presence of eight categories of family med-icine values that were identified through a literature review. RESULTS: We obtained mission statements from 296 of 472 (63%) residency programs. No significant relationships were found between program characteristics and the number or types of values found in the mission statements. The following three categories of family medicine values were named in at least 70% of mis-sion statements: (1). community issues, (2). academic mission, and (3). quality health care. In contrast, the words "family" and "research" were mentioned by only one third of programs. CONCLUSIONS: Community-oriented care was mentioned more of-ten than family-centered care. Despite the mention of academic missions by many training programs, most lacked a stated inter-est in research development. Although quality health care was named in the majority of mission statements, keeping current with technology was not. These findings contribute unique information that may be useful in the evolving definition and discus-sion of family medicine

Campbell SM, Roland MO. Why do people consult the doctor? Fam Pract 1996; 13(1):75-83. Abstract: BACKGROUND. Symptoms are an everyday part of most peoples' lives and many people with illness do not consult their doctor. The decision to consult is not based simply on the presence or absence of medical problems. Rather it is based on a complex mix of social and psychological factors. OBJECTIVES. This literature review seeks to explore some of the pathways to care and those factors associated with low and high rates of consultation. METHODS. The paper examines the impact of so-cioeconomic and demographic factors on consultation rates and, using a revised version of the Health Belief Model, it highlights the psychological factors which influence decisions to seek medical care. Barriers which can inhibit consultation are discussed, as the decision to seek care will only result in a consultation if there is adequate access to care. RESULTS AND CONCLU-SIONS. Whilst poor health status and social disadvantage increase both "objective" medical need and in turn, consultation rates, a range of other social and psychological factors have been shown to influence consulting behaviour

Campbell SM, Roland MO, Quayle JA, Buetow SA, Shekelle PG. Quality indicators for general practice: which ones can general practitioners and health authority managers agree are important and how useful are they? J Public Health Med 1998; 20(4):414-421. Abstract: BACKGROUND: The aim of the study was to assess the face validity of quality indicators being proposed for use in general practice by health authorities. METHOD: A national survey of health authorities was carried out to identify quality indi-cators being proposed for use in general practice. A two-stage Delphi process was used to establish general practitioners' (GPs') and health authority managers' views on the face validity of identified indicators. A total of 240 separate indicators identified by health authorities and the NHS Executive as potential markers of the quality of general practice care were assessed. Indicators related to access, organizational performance, preventive care, care for a small number of chronic diseases, prescribing and ga-tekeeping. The subjects were a purposive sample of 47 health authority managers and 57 general practice course organizers. RESULTS: Thirty-six indicators received median validity scores of 8 or 9 out of a maximum possible score of 9. Of this set, 83 per cent was rated identically by both groups of respondents. Prescribing and gatekeeping indicators generally received low va-lidity scores. CONCLUSION: Acceptable face valid indicators were identified for all domains except gatekeeping. However, the indicators rated by the sample do not cover all aspects of care. No indicators were proposed for use by health authorities re-lating to effective communication, care of acute illness, health outcomes or patient evaluation. Although it is possible to develop indicators of general practice care which have face validity in the view of both GPs and managers, these will be very partial measures of quality. In the indicators used in this study, no explicit distinction was made between indicators designed to assess minimum standards with which all practices should comply, and indicators which could be used to reward higher levels of per-formance. Failure to separate these will result in antagonism from practitioners to quality improvement initiatives in the NHS, and a failure to engage the profession in improving quality of care

Campbell SM, Roland MO, Bentley E, Dowell J, Hassall K, Pooley JE et al. Research capacity in UK primary care. Br J Gen Pract 1999; 49(449):967-970. Abstract: BACKGROUND: Moves towards a 'primary care-led' National Health Service (NHS) and towards evidence-based care have focused attention upon the need for evaluative research relating to the structure, delivery, and outcome of primary health care in the United Kingdom (UK). This paper describes work carried out to inform the Department of Health Committee on Research and Development (R&D) in Primary Care (Mant Committee). AIM: To describe the extent and nature of current re-search capacity in primary care in the UK and to identify future needs and priorities. METHOD: Funding data were requested from NHS National Programmes, NHS Executive Regional Offices, the Department of Health (DoH), Scottish Office, Medical Research Council, and some charities. A postal survey was sent to relevant academic departments, and appropriate academic journals were reviewed from 1992 to 1996. In addition, interviews were conducted with academic and professional leaders in primary care. RESULTS: Overall, total annual primary care R&D spend by the NHS and the DoH was found to be 7% of the total spend, although annual primary care R&D spend differs according to funding source. Journals relating to primary care do not, with some notable exceptions (e.g. British Journal of General Practice, Family Practice), have high academic sta-tus, and research into primary care by academic departments is, with perhaps the exception of general practice, on a small scale. The research base of most primary care professions is minimal, and significant barriers were identified that will need addressing if research capacity is to be expanded. CONCLUSION: There are strong arguments for the development of primary care re-search in a 'primary care-led' NHS in the UK. However, dashes for growth or attempts to expand capacity from the present in-frastructure must be avoided in favour of endeavours to foster a sustainable, long-term research infrastructure capable of res-ponding meaningfully to identified needs

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Campbell SM, Roland MO, Buetow SA. Defining quality of care. Soc Sci Med 2000; 51(11):1611-1625. Abstract: This paper defines quality of health care. We suggest that there are two principal dimensions of quality of care for in-dividual patients; access and effectiveness. In essence, do users get the care they need, and is the care effective when they get it? Within effectiveness, we define two key components--effectiveness of clinical care and effectiveness of inter-personal care. These elements are discussed in terms of the structure of the health care system, processes of care, and outcomes resulting from care. The framework relates quality of care to individual patients and we suggest that quality of care is a concept that is at its most meaningful when applied to the individual user of health care. However, care for individuals must placed in the context of providing health care for populations which introduces additional notions of equity and efficiency. We show how this frame-work can be of practical value by applying the concepts to a set of quality indicators contained within the UK National Perfor-mance Assessment Framework and to a set of widely used indicators in the US (HEDIS). In so doing we emphasise the differ-ences between US and UK measures of quality. Using a conceptual framework to describe the totality of quality of care shows which aspects of care any set of quality indicators actually includes and measures and, and which are not included

Campbell SM, Hann M, Hacker J, Burns C, Oliver D, Thapar A et al. Identifying predictors of high quality care in English gen-eral practice: observational study. BMJ 2001; 323(7316):784. Abstract: Objectives: To assess variation in the quality of care in general practice and identify factors associated with high quali-ty care. Design: Observational study. Setting: Stratified random sample of 60 general practices in six areas of England. Outcome measures: Quality of management of chronic disease (angina, asthma in adults, and type 2 diabetes) and preventive care (rates of uptake for immunisation and cervical smear), access to care, continuity of care, and interpersonal care (general practice as-sessment survey). Multiple logistic regression with multilevel modelling was used to relate each of the outcome variables to practice size, routine booking interval for consultations, socioeconomic deprivation, and team climate. Results: Quality of clini-cal care varied substantially, and access to care, continuity of care, and interpersonal care varied moderately. Scores for asthma, diabetes, and angina were 67%, 21%, and 17% higher in practices with 10 minute booking intervals for consultations compared with practices with five minute booking intervals. Diabetes care was better in larger practices and in practices where staff re-ported better team climate. Access to care was better in small practices. Preventive care was worse in practices located in so-cioeconomically deprived areas. Scores for satisfaction, continuity of care, and access to care were higher in practices where staff reported better team climate. Conclusions: Longer consultation times are essential for providing high quality clinical care. Good teamworking is a key part of providing high quality care across a range of areas and may need specific support if quality of care is to be improved. Additional support is needed to provide preventive care to deprived populations. No single type of practice has a monopoly on high quality care: different types of practice may have different strengths. What is already known on this topic Quality of care varies in virtually all aspects of medicine that have been studied Most studies look at quality of care from a single perspective or for a single conditionWhat this study adds Quality of care varies for both clinical care and assess-ments by patients of access and interpersonal care Practices with longer booking intervals provide better management of chronic disease; preventive care is less good in practices in deprived areas No single type of practice has a monopoly on high quality care[---]small practices provide better access but poorer diabetes care Good team climate reported by staff is associated with a range of aspects of high quality care

Campbell SM, Braspenning J, Hutchinson A, Marshall M. Research methods used in developing and applying quality indicators in primary care. Qual Saf Health Care 2002; 11(4):358-364. Abstract: Quality indicators have been developed throughout Europe primarily for use in hospitals, but also increasingly for primary care. Both development and application are important but there has been less research on the application of indicators. Three issues are important when developing or applying indicators: (1). which stakeholder perspective(s) are the indicators intended to reflect; (2). what aspects of health care are being measured; and (3). what evidence is available? The informa-tion required to develop quality indicators can be derived using systematic or non-systematic methods. Non-systematic methods such as case studies play an important role but they do not tap in to available evidence. Systematic methods can be based direct-ly on scientific evidence by combining available evidence with expert opinion, or they can be based on clinical guidelines. While it may never be possible to produce an error free measure of quality, measures should adhere, as far as possible, to some fundamental a priori characteristics (acceptability, feasibility, reliability, sensitivity to change, and validity). Ad-herence to these characteristics will help maximise the effectiveness of quality indicators in quality improvement strategies. It is also necessary to consider what the results of applying indicators tell us about quality of care

Coulter A, Elwyn G. What do patients want from high-quality general practice and how do we involve them in improvement? Br J Gen Pract 2002; 52 Suppl:S22-6.:S22-S26. Abstract: Patient involvement is being encouraged by the government and by others as a way of improving the quality of the service provided in general practice. Patients can be involved in their own individual care; for example, in treatment deci-sion making and in disease management; or collectively, by providing feedback on aspects of practice organisation and quality. Active participation in treatment decisions and in self management of chronic conditions can benefit patients in the short-term and may lead to better health outcomes in the longer term, although the evidence for this is currently equivocal. However, the ethical and societal arguments in its favour seem overwhelming. Helping patients to help themselves makes sense for general practitioners as well. Strengthening patients' coping skills could help to reduce inappropriate demands on their time. Involving the public in quality improvement activities has become a key policy direction, and trusts will be required to survey their patients on an annual basis. The proposed new general practitioner contract has recognised the importance of the pa-tient's perspective in its quality framwork. Practices that want to anticipate these trends should look for patient survey in-struments to obtain feedback on their organisation and the interpersonal skills of the clinicians

De Maeseneer JM, De PL, Gosset C, Heyerick J. Provider continuity in family medicine: does it make a difference for total health care costs? Ann Fam Med 2003; 1(3):144-148. Abstract: BACKGROUND: International comparisons of health care systems have shown a relationship at the macro level be-tween a well-structured primary health care plan and lower total health care costs. The objective of this study was to assess whether provider continuity with a family physician is related to lower health care costs using the individual patient as the unit of analysis. METHODS: We undertook a study of a stratified sample of patients (age, sex, region, insurance company) for which 2 cohorts were constructed based on the patients' utilization pattern of family medicine (provider continuity or not). Pa-tient utilization patterns were observed for 2 years. The setting was the Belgian health care system. The participants were 4,134 members of the 2 largest health insurance companies in 2 regions (Aalst and Liege). The main outcome measures were the total

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health care costs of patients with and without provider continuity with a family physician, controlling for variables known to in-fluence health care utilization (need factors, predisposing factors, enabling factors). RESULTS: Bivariate analyses showed that patients who were visiting the same family physician had a lower total cost for medical care. A multivariate linear regression showed that provider continuity with a family physician was one of the most important explanatory variables related to the total health care cost. CONCLUSIONS: Provider continuity with a family physician is related to lower total health care costs. This finding brings evidence to the debate on the importance of structured primary health care (with high continuity for family prac-tice) for a cost-effective health policy

Elwyn G, Edwards A, Mowle S, Wensing M, Wilkinson C, Kinnersley P et al. Measuring the involvement of patients in shared decision-making: a systematic review of instruments. Patient Educ Couns 2001; 43(1):5-22. Abstract: We wanted to determine whether research instruments exist which focus on measuring to what extent health profes-sionals involve patients in treatment and management decisions. A systematic search and appraisal of the relevant literature was conducted by electronic searching techniques, snowball sampling and correspondence with field specialists. The instruments had to concentrate on assessing patient involvement in decision-making by observation techniques (either direct or using audio or videotaped data) and contain assessments of the core aspects of 'involvement', namely evidence of patients being involved (ex-plicitly or implicitly) in decision-making processes, a portrayal of options and a decision-making or deferring stage. Eight in-struments met the inclusion criteria. But we did not find any instruments that had been specifically designed to measure the con-cept of 'involving patients' in decisions. The results reveal that little attention has been given to a detailed assessment of the processes of patient involvement in decision-making. The existing instrumentation only includes these concepts as sub-units within broader assessments, and does not allow the construct of patient involvement to be measured accurately. Instruments de-veloped to measure 'patient-centeredness' are unable to provide enough focus on 'involvement' because of their attempt to cover so many dimensions. The concept of patient involvement (shared decision-making; informed collaborative choice) is emerging in the literature and requires an accurate method of assessment

Elwyn G, Rhydderch M, Edwards A, Hutchings H, Marshall M, Myres P et al. Assessing organisational development in primary medical care using a group based assessment: the Maturity Matrix. Qual Saf Health Care 2004; 13(4):287-294. Abstract: OBJECTIVE: To design and develop an instrument to assess the degree of organisational development achieved in primary medical care organisations. DESIGN: An iterative development, feasibility and validation study of an organisational as-sessment instrument. SETTING: Primary medical care organisations. PARTICIPANTS: Primary care teams and external facili-tators. MAIN OUTCOME MEASURES: Responses to an evaluation questionnaire, qualitative process feedback, hypothesis testing, and quantitative psychometric analysis (face and construct validity) of the results of a Maturity Matrix assessment in 55 primary medical care organisations. RESULTS: Evaluations by 390 participants revealed high face validity with respect to its usefulness as a review and planning tool at the practice level. Feedback from facilitators suggests that it helped practices to pri-oritise their organisational development. With respect to construct validity, there was some support for the hypothesis that train-ing and non-training status affected the degree and pattern of organisational development. The size of the organisation did not have a significant impact on the degree of organisational development. CONCLUSION: This practice based facilitated group evaluation method was found to be both useful and enjoyable by the participating organisations. Psychometric validation re-vealed high face validity. Further developments are in place to ensure acceptability for summative work (benchmarking) and formative feedback processes (quality improvement)

Elwyn G, Edwards A, Hood K, Robling M, Atwell C, Russell I et al. Achieving involvement: process outcomes from a cluster randomized trial of shared decision making skill development and use of risk communication aids in general practice. Fam Pract 2004; 21(4):337-346. Abstract: BACKGROUND: A consulting method known as 'shared decision making' (SDM) has been described and operationa-lized in terms of several 'competences'. One of these competences concerns the discussion of the risks and benefits of treatment or care options-'risk communication'. Few data exist on clinicians' ability to acquire skills and implement the competences of SDM or risk communication in consultations with patients. OBJECTIVE: The aims of this study were to evaluate the effects of skill development workshops for SDM and the use of risk communication aids on the process of consultations. METHODS: A cluster randomized trial with crossover was carried out with the participation of 20 recently qualified GPs in urban and rural general practices in Gwent, South Wales. A total of 747 patients with known atrial fibrillation, prostatism, menorrhagia or me-nopausal symptoms were invited to a consultation to review their condition or treatments. Half the consultations were randomly selected for audio-taping, of which 352 patients attended and were audio-taped successfully. After baseline, participating doc-tors were randomized to receive training in (i) SDM skills or (ii) the use of simple risk communication aids, using simulated pa-tients. The alternative training was then provided for the final study phase. Patients were allocated randomly to a consultation during baseline or intervention 1 (SDM or risk communication aids) or intervention 2 phases. A randomly selected half of the consultations were audio-taped from each phase. Raters (independent, trained and blinded to study phase) assessed the audio-tapes using a validated scale to assess levels of patient involvement (OPTION: observing patient involvement), and to analyse the nature of risk information discussed. Clinicians completed questionnaires after each consultation, assessing perceived clini-cian-patient agreement and level of patient involvement in decisions. Multilevel modelling was carried out with the OPTION score as the dependent variable, and rater, consultation and clinician levels of data, standardized by rater within clinician. RE-SULTS: Following each of the interventions, the clinicians significantly increased their involvement of patients in decision making (OPTION score increased by 10.6 following risk communication training [95% confidence interval (CI) 7.9 -13.3; P < 0.001] and by 12.9 after SDM skill development (95% CI 10 -15.8, P < 0.001), a moderate effect size. The level of involvement achieved by the risk communication aids was significantly increased by the subsequent introduction of the skill development workshops (7.7 increase in OPTION score, 95% CI 3.4-12; P < 0.001). The alternative sequence (skills followed by risk com-munication aids) did not achieve this effect. The use of most risk information formats increased after the provision of specific risk communication aids (P < 0.001). Clinicians using the risk communication tools perceived significantly higher patient and clinician agreement on treatment (P < 0.001), patient satisfaction with information (P < 0.01), clinician satisfaction with deci-sion (P < 0.01) and general overall satisfaction with the consultation (P < 0.001) than those who were exposed to SDM skill de-velopment workshops. CONCLUSIONS: These clinicians were able to acquire the skills to implement SDM competences and to use risk communication aids. Each intervention provided independent effects. Further progress towards greater patient in-volvement in health care decision making is possible, and skill development in this area should be incorporated into postgra-duate professional development programmes

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Grol R, Wensing M, Mainz J, Ferreira P, Hearnshaw H, Hjortdahl P et al. Patients' priorities with respect to general practice care: an international comparison. European Task Force on Patient Evaluations of General Practice (EUROPEP). Fam Pract 1999; 16(1):4-11. Abstract: BACKGROUND AND OBJECTIVES: Improving the sensitivity of general practice to patients' needs demands a good understanding of patients' expectations and priorities in care provision. Insight into differences in expectations of patients in different cultures and health care systems may support decision-making on desirable models for care provision in general practice. An international study was conducted to determine priorities of patients in general practice care: which views do pa-tients in different countries have in common and which views differ? METHODS: Written surveys in general practices in the UK, Norway, Sweden, Denmark, The Netherlands, Germany, Portugal and Israel were performed. Samples of patients from at least 12 practices per country, stratified according to area and type of practice, were included. Patients rated the importance of 38 different aspects of general practice care, selected on the basis of literature analysis, qualitative studies and consensus discus-sions. Rankings between countries were compared. RESULTS: A total number of 3540 patients (response rate on average 55%) completed the questionnaire. Patients in different countries had many opinions in common. Aspects that got the highest ranking were: getting enough time during the consultation; quick services in case of emergencies; confidentiality of information on patients; telling patients all they want to know about their illness; making patients feel free to talk about their problems; GPs going to courses regularly; and offering preventive services. However, differences between opinions of patients in different countries were also found for some of the selected aspects. A confounding effect of patients' characteristics may have played a role in these differences. DISCUSSION: The study provides information on what patients expect of and value in general prac-tice care. It shows that patients in different cultures and health care systems may have different views on some aspects of care, but most of all that they have many views in common, particularly as far as doctor-patient communication and accessi-bility of services are concerned

Grol R, Wensing M, Mainz J, Jung HP, Ferreira P, Hearnshaw H et al. Patients in Europe evaluate general practice care: an in-ternational comparison. Br J Gen Pract 2000; 50(460):882-887. Abstract: BACKGROUND: Patients' evaluations can be used to improve health care and compare general practice in different health systems. AIM: To identify aspects of general practice that are generally evaluated positively by patients and to compare opinions of patients in different European countries on actual care provision. METHOD: An internationally-validated question-naire was distributed to and completed by patients in 10 European countries. A stratified sample of 36 practices per country, with at least 1080 patients per country, was included. A set of 23 validated questions on evaluations of different aspects of care was used, as well as questions on age, sex, overall health status, and frequency of visiting the GP. RESULTS: The patient sam-ple included 17,391 patients in 10 different countries; the average response rate was 79% (range = 67% to 89%). In general, pa-tients visiting their general practitioner (GP) were very positive about the care provided. For most of the 23 selected aspects of care more than 80% viewed care as good or excellent; in particular, keeping records confidential, GP listening to patients, time during consultations, and quick services in case of urgent problems were evaluated positively. Patients were relatively negative about organisational aspects of care. The evaluations in different countries were largely similar, with some interest-ing differences; for instance, service and organisational aspects were evaluated more positively in fee-for-service health sys-tems. CONCLUSIONS: Patients in Europe are positive about general practice but improvements in practice management in some countries are requested. More research is needed to study the complex field of differences in expectations and evaluations between countries with different health systems

Haddad S, Potvin L, Roberge D, Pineault R, Remondin M. Patient perception of quality following a visit to a doctor in a primary care unit. Fam Pract 2000; 17(1):21-29. Abstract: BACKGROUND: Assessment of the quality of primary care services may be enhanced by including patient percep-tions as well as professional judgment of quality. There is a need for reliable and valid instruments to measure these perceptions. OBJECTIVES: (i) To present a scale for measuring patient perception of quality of care following a visit to a doctor; and (ii) to analyse the responses given by patients recruited in primary care units in the Montreal region. The scale is composed of 22 items regrouped into three sub-scales referring to the patient-physician relationship (five items); the technical aspects of care (12 items); and the outcomes of the visit (five items). Distinctive features of the scale are that it focuses on patients' opinions about quality rather than on satisfaction, and that it includes items related to outcomes of the visit. METHODS: A survey was con-ducted on 473 patients who visited a physician in 11 primary care units in the Montreal region. Randomly selected patients re-ceived mailed questionnaires 5-7 days following their visit. Various statistical procedures were used to assess the reliability and the validity of the global scale and the sub-scales, and to analyse patients' patterns of response. RESULTS: The analysis of the psychometric properties of the global scale and the three sub-scales provides favourable evidence concerning their reliability and validity. The results of the factor analysis, the inter-item correlations and the Cronbach's alpha coefficients all support the distinction made between the interpersonal processes, the technical processes and the outcomes, and, at the same time, confirm the complex nature of the notion of perceived quality. The analysis of patients' responses allows the identification of items asso-ciated with global perception about quality of care. This global perception results from patients' perception of the physi-cian's professional and interpersonal skills as well as from the outcomes of care. CONCLUSION: The scale can be used by physicians or primary health care units and has a wide range of applications

Howie JG, Heaney DJ, Maxwell M, Walker JJ, Freeman GK. Developing a 'consultation quality index' (CQI) for use in general practice. Fam Pract 2000; 17(6):455-461. Abstract: BACKGROUND: The core values of general practice include holism and patient-centredness. None of the measures of quality of care in general practice presently capture the expression of these values at routine consultations. OBJECTIVES: The aim of the present study was to construct a 'consultation quality index' (CQI) which reflects the core values of gen-eral practice, using as proxies 'consultation length' and how well patients 'know the doctor' as process measures and 'patient enablement' as an outcome measure. METHODS: The CQI was constructed from data collected from 23 799 adult English-speaking patients consulting 221 doctors in four demographically contrasting areas of the UK during 2 weeks of March/April 1998. A total of 171 doctors who entered 50 qualifying consultations were allocated scores for the three component variables, and a total CQI was calculated. RESULTS: CQI scores were in the range 4-18. Validity was examined by looking at high and low scorers in greater detail and by searching for correlates with case mix, patient age and gender, and the deprivation scores of the practices concerned. Particular attention was paid to how registrars and doctors new to their practices scored. The scores of different doctors in the same practice were also noted. The results had strong face validity and were independent of

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case mix and deprivation. Reliability was gauged by examining similar work from a previous study which had collected infor-mation on consultation length and enablement over three time periods. High CQI scores were associated with smaller overall practice list sizes. CONCLUSIONS: We have outlined possible uses for the CQI as part of the packages assessing quality of care by doctors and practices. The measure may also have a part to play in recognizing poorly performing doctors. We suggest how CQI scores could contribute to an incentive scheme to reward good consulting practice. Further work is in hand to compare doctors' CQI scores with scores based on performance indicators constructed from routine NHS data on prescribing and preven-tive medicine

Jung HP, Baerveldt C, Olesen F, Grol R, Wensing M. Patient characteristics as predictors of primary health care preferences: a systematic literature analysis. Health Expect 2003; 6(2):160-181. Abstract: OBJECTIVE: To identify associations between various cultural and demographic factors and patients' primary health care preferences. SEARCH STRATEGY: Searches were performed in MEDLINE (1966-December 2000), PsycINFO (1977-May 2001) and Sociological Abstracts (1963-December 2000). Identified papers were checked for more papers. INCLUSION CRITERIA: Studies with a focus on primary health care or health care in general, asking patients about preferences with regard to health care, reporting quantitative results and examining the relations between specific patient characteristics and patient pre-ferences. DATA EXTRACTION AND SYNTHESIS: Data were extracted from studies using a scoring form to register what methods were used, which patient characteristics were analysed and which patient characteristics significantly influenced pa-tients' preferences with regard to different aspects of health care (P < 0.05). MAIN RESULTS: A total of 145 studies were in-cluded with 2276 comparisons between subgroups of patients. Of all the comparisons, 607 (27%) showed a significant associa-tion between patient characteristics and preferences with regard to primary health care. Age and economic status significantly related to patient preferences in 38 and 33% of the comparisons, respectively. Education, health status, family situation, sex, and utilization of health care related significantly to patient preferences in less than 25% of the comparisons. CONCLU-SIONS: This review of the literature showed patient characteristics to be an important determinant of preferences regarding many aspects of primary health care defined as general practice care or health care, in general. All of the patient characteristics examined here showed at least some significant associations with preferences for primary health care

Kerssens JJ, Bensing JM, Andela MG. Patient preference for genders of health professionals. Soc Sci Med 1997; 44(10):1531-1540. Abstract: Preferences for physicians' gender is an obvious and well documented example of considerations of patients' attitudes. But research carried out in this field is rather limited to the domain of family medicine. This article describes preferences for 13 different health professions: surgeons, neurologists, anaesthetists, internists, general practitioners, psychiatrists, psychologists, social workers, hospital and district nurses, home helps, gynaecologists and midwives. Our investigation also concerns the rea-sons for people's preferences. In February 1993 a self-administered survey was completed and returned by 961 out of 1113 (re-sponse 86%) participants of the Dutch Health Care Consumers Panel, a panel resulting from a random sample of Dutch house-holds. On a range of different health professions a varying minority of patients prefer a care provider of a particular gender. There are virtually no sex preferences for the more "instrumental" health professions (e.g. surgeons, anaesthetists). Gender pre-ferences are stronger for those health professions more likely engaged in intimate and psychosocial health problems (e.g. gynaecologists and GPs). Preferences expressed do not relate to sex stereotypes of gender differences in instrumentality, exper-tise, efficiency, consultation length, and personal interest. The majority of persons who prefer female health professionals indi-cate that they talk more easily to females than to males, and feel more at ease during (internal) examination by females than by males. Persons who prefer male health professionals use the same reasons in favour of males. The discussion relates to gender differences in the communication style of male and female physicians

Khunti K. Use of multiple methods to determine factors affecting quality of care of patients with diabetes. Fam Pract 1999; 16(5):489-494. Abstract: BACKGROUND: The process of care of patients with diabetes is complex; however, GPs are playing a greater role in its management. Despite the research evidence, the quality of care of patients with diabetes is variable. In order to improve care, information is required on the obstacles faced by practices in improving care. Qualitative and quantitative methods can be used for formation of hypotheses and the development of survey procedures. However, to date few examples exist in general practice research on the use of multiple methods using both quantitative and qualitative techniques for hypothesis generation. OBJEC-TIVES: We aimed to determine information on all factors that may be associated with delivery of care to patients with diabetes. METHODS: Factors for consideration on delivery of diabetes care were generated by multiple qualitative methods including brainstorming with health professionals and patients, a focus group and interviews with key informants which included GPs and practice nurses. Audit data showing variations in care of patients with diabetes were used to stimulate the brainstorming session. A systematic literature search focusing on quality of care of patients with diabetes in primary care was also conducted. RE-SULTS: Fifty-four potential factors were identified by multiple methods. Twenty (37.0%) were practice-related factors, 14 (25.9%) were patient-related factors and 20 (37.0%) were organizational factors. A combination of brainstorming and the litera-ture review identified 51 (94.4%) factors. Patients did not identify factors in addition to those identified by other methods. CONCLUSION: The complexity of delivery of care to patients with diabetes is reflected in the large number of potential factors identified in this study. This study shows the feasibility of using multiple methods for hypothesis generation. Each evaluation method provided unique data which could not otherwise be easily obtained. This study highlights a way of combining various traditional methods in an attempt to overcome the deficiencies and bias that may occur when using a single method. Similar me-thods can also be used to generate hypotheses for other exploratory research. An important responsibility of health authori-ties and primary care groups will be to assess the health needs of their local populations. Multiple methods could also be used to identify and commission services to meet these needs

Lanier DC, Roland M, Burstin H, Knottnerus JA. Doctor performance and public accountability. Lancet 2003; 362(9393):1404-1408. Abstract: Public concern about the quality of health care has motivated governments, health-care funders, and clinicians to ex-pand efforts to improve professional performance. In this paper, we illustrate such efforts from the perspective of three coun-tries, the UK, the USA, and the Netherlands. The earliest strategies, which included continuing professional education, clinical audits, and peer review, were aimed at the individual doctor, and produced only modest effects. Other efforts, such as national implementation of practice guidelines, effective use of information technologies, and intensive involvement by doctors in conti-nuous quality-improvement activities, are aimed more broadly at health-care systems. Much is yet unknown about whether these

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or other strategies--such as centralised supervision or regulation of quality improvement, or use of financial incentives--are ef-fective. As demands for greater public accountability rise, continuing performance improvement efforts of each of our countries offer us opportunities to learn from one another

Laurant MG, Hermens RP, Braspenning JC, Sibbald B, Grol RP. Impact of nurse practitioners on workload of general practi-tioners: randomised controlled trial. BMJ 2004; 328(7445):927. Abstract: OBJECTIVE: To examine the impact on general practitioners' workload of adding nurse practitioners to the general practice team. DESIGN: Randomised controlled trial with measurements before and after the introduction of nurse practitioners. SETTING: 34 general practices in a southern region of the Netherlands. PARTICIPANTS: 48 general practitioners. INTER-VENTION: Five nurses were randomly allocated to general practitioners to undertake specific elements of care according to agreed guidelines. The control group received no nurse. MAIN OUTCOME MEASURES: Objective workload, derived from 28 day diaries, included the number of contacts per day for each of three conditions (chronic obstructive pulmonary disease or asthma, dementia, cancer), by type of consultation (in practice, telephone, home visit), and by time of day (surgery hours, out of hours). Subjective workload was measured by using a validated questionnaire. Outcomes were measured six months before and 18 months after the intervention. RESULTS: The number of contacts during surgery hours increased in the intervention group compared with the control group (P < 0.06), particularly for patients with chronic obstructive pulmonary disease or asthma (P < 0.01). The number of consultations out of hours declined slightly in the intervention group compared with the control group, but this difference did not reach significance. No significant changes became apparent in subjective workload. CONCLUSION: Adding nurse practitioners to general practice teams did not reduce the workload of general practitioners, at least in the short term. This implies that nurse practitioners are used as supplements, rather than substitutes, for care given by general practition-ers

Mant D, Del MC, Glasziou P, Knottnerus A, Wallace P, van WC. The state of primary-care research. Lancet 2004; 364(9438):1004-1006.

Marshall M, Sheaff R, Rogers A, Campbell S, Halliwell S, Pickard S et al. A qualitative study of the cultural changes in primary care organisations needed to implement clinical governance. Br J Gen Pract 2002; 52(481):641-645. Abstract: BACKGROUND: It is commony claimed that changing the culture of health organisations is a fundamental prerequi-site for improving the National Health Service (NHS). Little is currently known about the nature or importance of culture and cultural change in primary care groups and trusts (PCG/Ts) or their constituent general practices. AIMS: To investigate the im-portance of culture and cultural change for the implementation of clinical governance in general practice by PCG/Ts, to identify perceived desirable and undesirable cultural attributes of general practice, and to describe potential facilitators and barriers to changing culture. DESIGN: Qualitative: case studies using data derived from semi-structured interviews and review of docu-mentary evidence. SETTING: Fifty senior non-clinical and clinical managers from 12 purposely sampled PCGs or trusts in Eng-land. RESULTS: Senior primary care managers regard culture and cultural change as fundamental aspects of clinical gover-nance. The most important desirable cultural traits were the value placed on a commitment to public accountability by the practices, their willingness to work together and learn from each other, and the ability to be self-critical and learn from mistakes. The main barriers to cultural change were the high level of autonomy of practices and the perceived pressure to deliver rapid measurable changes in general practice. CONCLUSIONS: The culture of general practice is perceived to be an important component of health system reform and quality improvement. This study develops our understanding of a changing organisational culture in primary care; however, further work is required to determine whether culture is a useful practical lever for initiating or managing improvement

Marshall MN, Shekelle PG, McGlynn EA, Campbell S, Brook RH, Roland MO. Can health care quality indicators be transferred between countries? Qual Saf Health Care 2003; 12(1):8-12. Abstract: OBJECTIVE: To evaluate the transferability of primary care quality indicators by comparing indicators for common clinical problems developed using the same method in the UK and the USA. METHOD: Quality indicators developed in the USA for a range of common conditions using the RAND-UCLA appropriateness method were applied to 19 common primary care conditions in the UK. The US indicators for the selected conditions were used as a starting point, but the literature reviews were updated and panels of UK primary care practitioners were convened to develop quality indicators applicable to British general practice. RESULTS: Of 174 indicators covering 18 conditions in the US set for which a direct comparison could be made, 98 (56.3%) had indicators in the UK set which were exactly or nearly equivalent. Some of the differences may have re-lated to differences in the process of developing the indicators, but many appeared to relate to differences in clinical practice or norms of professional behaviour in the two countries. There was a small but non-significant relationship between the strength of evidence for an indicator and the probability of it appearing in both sets of indicators. CONCLUSION: There are considerable benefits in using work from other settings in developing measures of quality of care. However, indicators cannot simply be transferred directly between countries without an intermediate process to allow for variation in professional culture or clinical practice

Marshall MN. Improving quality in general practice: qualitative case study of barriers faced by health authorities. BMJ 1999; 319(7203):164-167. Abstract: Objectives: To identify and assess the barriers that health authorities face as they manage quality improvements in general practice in the context of the NHS reforms. Design: Qualitative case study. Setting: Three UK health authorities: a rural health authority in the south west, a deprived inner city health authority in the north east, and an affluent suburban health author-ity in the south east. Participants: Senior and junior managers. Main outcome measures: Structure of strategic and organisational management, and barriers to the leadership and management of quality improvement in general practice. Results: Seven barriers were identified: absence of an explicit strategic plan for general practice, competing priorities for attention of the health authori-ty, sensitivity of health professionals, lack of information due to poor quality of clinical data, lack of authority to implement change, unclear roles and responsibilities of managers within the organisations, and isolation from other authorities or organisa-tions facing similar challenges. Conclusions: The health authorities faced significant barriers that would impede their ability to fulfil their responsibilities in the new NHS and that would reduce their capacity to contribute to quality improvements in general practice. Key messages Health authorities fail to take a strategic approach to improving quality in general practice Doctors and health authority managers do not work sufficiently closely together to improve the quality of general practice Health authority managers seem to lack the authority and organisational structure to maximise the role in general practice expected of them in the NHS reforms

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Marshall MN, Shekelle PG, Leatherman S, Brook RH. The Public Release of Performance Data: What Do We Expect to Gain? A Review of the Evidence. JAMA: The Journal of the American Medical Association 2000; 283(14):1866-1874. Abstract: Context Information about the performance of hospitals, health professionals, and health care organizations has been made public in the United States for more than a decade. The expected gains of public disclosure have not been made clear, and both the benefits and potential risks have received minimal empirical investigation. Objective To summarize the empirical evidence concerning public disclosure of performance data, relate the results to the potential gains, and identify areas requiring further research. Data Sources A literature search was conducted on MEDLINE and EMBASE databases for articles published between January 1986 and October 1999 in peer-reviewed journals. Review of citations, public documents, and expert advice was conducted to identify studies not found in the electronic databases. Study Selection Descriptive, observational, or experi-mental evaluations of US reporting systems were selected for inclusion. Data Extraction Included studies were organized based on use of public data by consumers, purchasers, physicians, and hospitals; impact on quality of care outcomes; and costs. Data Synthesis Seven US reporting systems have been the subject of published empirical evaluations. Descriptive and observational methods predominate. Consumers and purchasers rarely search out the information and do not understand or trust it; it has a small, although increasing, impact on their decision making. Physicians are skeptical about such data and only a small proportion makes use of it. Hospitals appear to be most responsive to the data. In a limited number of studies, the publication of performance data has been associated with an improvement in health outcomes. Conclusions There are several potential gains from the public disclosure of performance data, but use of the information by provider organizations for quality improve-ment may be the most productive area for further research.

Mechanic D. Improving the quality of health care in the United States of America: the need for a multi-level approach . J Health Serv Res Policy 2002; 7 Suppl 1:S35-9.:S35-S39. Abstract: Serious efforts to address quality require coordinated, multi-faceted, multi-level strategies that address the organisa-tional environments and cultures that affect how care is provided. Most efforts over the past 50 years to improve the care pro-vided by physicians and other clinicians have been individually rather than system based. Such individual interventions to modify physician behaviour typically have only modest effects whether considering the recognition and treatment of depres-sion in primary care, following established practice guidelines, carrying out preventive interventions, monitoring and managing chronic illness appropriately, or managing pain and end-of-life care. It is increasingly recognised that quality of care is a property of health systems. Internal efforts to shape clinical routines, such as performance incentives and disease-management approaches, and external inducements and constraints that shape how clinical contexts are organised and function are equally re-levant. Internal factors include the skills training of clinical personnel, organisational procedures and mechanisms to coordinate care and prevent errors, implementation of best practices, effective use of informational technologies and appropriate incentives. External factors include broader financial and reimbursement mechanisms, regulatory arrangements that protect access and pa-tient rights in situations of vulnerability and performance-based contracts. The mobilisation of effective advocacy, independent and non-profit statutory watchdog organisations, and good consumer information can facilitate and reinforce quality efforts. System integration is admittedly difficult, and always incomplete, but movement toward this goal is an essential strategic objec-tive

Scott T, Mannion R, Davies HT, Marshall MN. Implementing culture change in health care: theory and practice. Int J Qual Health Care 2003; 15(2):111-118. Abstract: OBJECTIVES: To review some of the key debates relating to the nature of organizational culture and culture change care organizations and systems. METHODS: A literature review was conducted that covered both theoretical contributions and published studies of the processes and outcomes of culture change programmes across a range of health and non-health care set-tings. RESULTS: There is little consensus among scholars over the precise meaning of organizational culture. Competing claims exist concerning whether organizational cultures are capable of being shaped by external manipulation to beneficial ef-fect. A range of culture change models has been developed. A number of underlying factors that commonly attenuate culture change programmes can be identified. Key factors that appear to impede culture change across a range of sectors include: inade-quate or inappropriate leadership; constraints imposed by external stakeholders and professional allegiances; perceived lack of ownership; and subcultural diversity within health care organizations and systems. CONCLUSIONS: Managing organizational culture is increasingly viewed as an essential part of health system reform. To transform the culture of a whole health sys-tem such as the UK National Health Service would be a complex, multi-level, and uncertain process, comprising a range of in-terlocking strategies and supporting tactics unfolding over a period of years

Striem J, Ovretveit J, Brommels M. Is health care a special challenge to quality management? Insights from the Danderyd Hospital case. Qual Manag Health Care 2003; 12(4):250-258. Abstract: A 10-year quality journey of a Swedish university hospital is described in this case study based on a variety of data sources. A series of quality initiatives were implemented according to total quality management (TQM) "best practice." Many projects were successful, but still a majority of those did not meet the staff's requirement of practical relevance, and they pro-voked scepticism toward instruments introduced and resistance to service-related quality definitions. The hospital's incentive structures did not reward an engagement in improvement activities. The findings are interpreted as demonstrating that the pro-grams were viewed upon as part of a "management" rather than "professional" agenda, despite the underlying philoso-phy of TQM. It is suggested that applying professional practice development approaches to improvement initiatives might help to overcome the barrier thus created

van Berkestijn LG, Kastein MR, Lodder A, de Melker RA, Bartelink ML. Do better quality consultations result in better health? Relationship between quality of consultations and health status of patients with non-acute abdominal complaints in gen-eral practice. Fam Pract 1999; 16(6):566-572. Abstract: BACKGROUND: In theory, a positive relationship is expected between the quality of a consultation and a patient's subsequent health status. However, such a relationship has not yet been firmly established in daily practice. OBJECTIVE: We aimed to study the relationship between the quality of the first consultation in a new episode of non-acute abdominal complaints and subsequent health status of patients in general practice. METHODS: Quality scores for 743 consultations were calculated on the basis of review criteria developed by expert panels. Functional health status was measured by the SIP (Sickness Impact Pro-file) at baseline, and at 1 and 6 months after the consultation. Multilevel regression analysis was used to examine the relation-ship between the quality of consultations and health status, and to identify factors of influence on this relationship. RESULTS: In the majority of these patients (97%) health status improved regardless of consultation quality. In patients with malignant dis-

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ease, and chronic colitis, however, an association between consultation quality and subsequent health status was found: in those with a high consultation quality score (>66-percentile) the health status deteriorated in the first month but im-proved over the following 5 months; in those with a low consultation quality score (<33-percentile) it deteriorated conti-nuously. CONCLUSION: For the great majority of patients we found no relation between the quality of consultation and health status. However, for a very small subgroup of patients there is proof of benefit from better quality consultations

Vingerhoets E, Wensing M, Grol R. Feedback of patients' evaluations of general practice care: a randomised trial. Qual Health Care 2001; 10(4):224-228. Abstract: OBJECTIVE: To assess the effects of feedback of patients' evaluations of care to general practitioners. DESIGN: Randomised trial. SETTING: General practice in the Netherlands. SUBJECTS: 55 GPs and samples of 3691 and 3595 adult pa-tients before and after the intervention, respectively. INTERVENTIONS: GPs in the intervention group were given an individu-alised structured feedback report concerning evaluations of care provided by their own patients. Reference figures referring to other GPs were added as well as suggestions for interpretation of this feedback, an evidence-based overview of factors deter-mining patients' evaluations of care, and methods to discuss and plan improvements. MAIN OUTCOME MEASURES: Patients' evaluations of nine dimensions of general practice measured with the CEP, a previously validated questionnaire consisting of 64 questions, using a six point answering scale (1= poor, 6 = very good). RESULTS: Mean scores per CEP dimension varied from 3.88 to 4.77. Multilevel regression analysis showed that, after correction for baseline scores, patients' evaluations of continuity and medical care were less positive after the intervention in the intervention group (4.60 v 4.77, p < 0.05 and 4.68 v 4.71, p < 0.05, respectively). No differences were found in the remaining seven CEP dimensions. CONCLUSIONS: Providing feedback on patients' evaluations of care to GPs did not result in changes in their evaluation of the care received. This conclusion challenges the relevance of feedback on patients' evaluations of care for quality improvement

Wensing M, Grol R, Asberg J, Van MP, van WC, Felling A. Does the health status of chronically ill patients predict their judgements of the quality of general practice care? Qual Life Res 1997; 6(4):293-299. Abstract: Patients' health status as well as patients' judgements of care are used for assessing patients' perspectives, but the rela-tion between those two concepts is unclear. In this study we explored whether health status predicts patients' judgements of the quality of general practice care. Hand-distributed and mailed surveys were performed by 28 general practitioners in The Nether-lands. Chronically ill patients were approached when visiting the general practice or drawn from the practice registers. Health status was measured by WONCA/COOP charts, and patients' judgements by the CEP, a previously validated questionnaire. The response rate was 63% (n = 762). When controlled for other patient characteristics, a poor overall health predicted less posi-tive judgements of medical care, information, counselling, relation and communication, continuity of care and the organ-ization of appointments (p < 0.01). Poor mental well-being predicted less positive judgements of the cooperation between care providers and a stronger need for more care (p < 0.001). The four other aspects of health status did not predict the patients' judgements. Judgements about the premises and the availability for emergencies were not predicted by health status. It can be concluded that a multidimensional approach should be used for interpreting the relations between patients' health status and their judgements of general practice care

Wensing M, Vedsted P, Kersnik J, Peersman W, Klingenberg A, Hearnshaw H et al. Patient satisfaction with availability of gen-eral practice: an international comparison. Int J Qual Health Care 2002; 14(2):111-118. Abstract: OBJECTIVE: To identify associations between the characteristics of general practitioners and practices, and patients' evaluations of the availability of general practice. DESIGN: Written surveys completed by patients. SETTING: General practice care in nine European countries: Denmark, Germany, The Netherlands, Norway, UK, Belgium (Flanders and Wallonia), Swit-zerland, Slovenia and Spain. STUDY PARTICIPANTS: 15996 adult patients consecutively visiting the general practitioner (re-sponse rates per country varied between 47 and 89%). MAIN MEASURES: The Europep instrument to assess patients' evalua-tions of five aspects of the availability of general practice care: (1) getting an appointment, (2) getting through on the phone, (3) being able to speak to the practitioner on the telephone, (4) waiting time in the waiting room, and (5) providing quick services for urgent health problems. Each general practitioner recorded age, sex, number of years in the practice, number of practitioners and other care providers in the practice, and urbanization level of the practice. RESULTS: Patients' more positive evaluations were associated with fewer general practitioners in the practice, except for quick services for urgent health problems (range of conditional overall odds ratios, 1.69-2.02). In addition, a number of significant unconditional overall odds ratios were found, particularly those related to the number of general practitioners' working hours and the number of care providers in the practice. None of the associations was found consistently in all countries. CONCLUSION: Patients favour small practices and full-time general practitioners, which contradicts developments in general practice in many countries. Policy makers should consider how the tensions between patients' views and organizational developments can be solved