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Quell’estate iniziò con lentezza…il calore e la luce del sole non erano quelli che Marida ricordava. Una luce fioca, un calore tiepido, ma non caldo da avvolgerti in un abbraccio sincero. Succedeva di pensare spesso al senso della vita, alla amicizia, alla vita di coppia. Quel clima non aiutava pensieri leggeri, non li accompagnava. Erano tre lunghi e discontinui anni che viveva una vita sentimentale difficile. Una coppia in conflitto, come ce ne sono tante. Una coppia che si distrugge e non si aiuta, che non ha ancora- né mai si sa se succederà- colto il senso di un' unione vera, autentica, limpida ed indissolubile. Senza responsabilità ,né colpe, due passati e trascorsi differenti creano fratture, se gli insegnamenti dei fulmini dell’esistenza non lasciano gli stessi segni. L’anno scorso ho comprato un piccolo pezzo di paradiso, un grazioso trullo con una splendida vista panoramica in un paesino pugliese tipico- Ostuni- la città bianca, bianca perché la torta disegnata dalle sue case è bianca come la panna montata, bianca per il candore delle case e dei suoi panni stesi al sole. Il trullo è una costruzione antica pugliese, vecchio rifugio di contadini, dalla forma tondeggiante con un tetto a forma di cupola, composto di pietre sapientemente poste l’una sull’altra senza utilizzo di cemento. Un mistero ruota attorno ai trulli, poiché pare che, un tempo, non essendo le pietre cementate erano tenute strette solo da una sfera finale che si spingeva in alto fino ad abbracciare il cielo. Un piccolo trullo dallo stile atipico: una cupola bassa mozzata con una serie di scalini bianchi che raggiungono la volta celeste. Pietra e cielo in amore. Era il 21 agosto del 2001 quando ho stipulato quel “magnifico” contratto di compravendita e, solo due ore dopo, ero con mia zia e un gran numero di amici a rinnovare, creare uno stile unico che ha reso la mia “ casedda” la più emozionante costruzione che i miei occhi abbiano toccato. Ricordo che guardavo il notaio e il venditore quasi fossero i miei più cari amici: stavano infatti creando un turbamento stupefacente, regalandomi l’opportunità di sentirmi proprietaria di uno “ scrigno” esclusivo. Ne è nato un posticino cordiale in balia di luce e vento, dall’esterno bianco calce e dall’interno celeste, azzurro mare, 1

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Quell’estate iniziò con lentezza…il calore e la luce del sole non erano quelli che Marida ricordava. Una luce fioca, un calore tiepido, ma non caldo da avvolgerti in un abbraccio sincero.Succedeva di pensare spesso al senso della vita, alla amicizia, alla vita di coppia. Quel clima non aiutava pensieri leggeri, non li accompagnava.Erano tre lunghi e discontinui anni che viveva una vita sentimentale difficile. Una coppia in conflitto, come ce ne sono tante. Una coppia che si distrugge e non si aiuta, che non ha ancora- né mai si sa se succederà- colto il senso di un' unione vera, autentica, limpida ed indissolubile.Senza responsabilità ,né colpe, due passati e trascorsi differenti creano fratture, se gli insegnamenti dei fulmini dell’esistenza non lasciano gli stessi segni.

L’anno scorso ho comprato un piccolo pezzo di paradiso, un grazioso trullo con una splendida vista panoramica in un paesino pugliese tipico- Ostuni- la città bianca, bianca perché la torta disegnata dalle sue case è bianca come la panna montata, bianca per il candore delle case e dei suoi panni stesi al sole.Il trullo è una costruzione antica pugliese, vecchio rifugio di contadini, dalla forma tondeggiante con un tetto a forma di cupola, composto di pietre sapientemente poste l’una sull’altra senza utilizzo di cemento. Un mistero ruota attorno ai trulli, poiché pare che, un tempo, non essendo le pietre cementate erano tenute strette solo da una sfera finale che si spingeva in alto fino ad abbracciare il cielo. Un piccolo trullo dallo stile atipico: una cupola bassa mozzata con una serie di scalini bianchi che raggiungono la volta celeste.Pietra e cielo in amore.Era il 21 agosto del 2001 quando ho stipulato quel “magnifico” contratto di compravendita e, solo due ore dopo, ero con mia zia e un gran numero di amici a rinnovare, creare uno stile unico che ha reso la mia “ casedda” la più emozionante costruzione che i miei occhi abbiano toccato. Ricordo che guardavo il notaio e il venditore quasi fossero i miei più cari amici: stavano infatti creando un turbamento stupefacente, regalandomi l’opportunità di sentirmi proprietaria di uno “ scrigno” esclusivo.Ne è nato un posticino cordiale in balia di luce e vento, dall’esterno bianco calce e dall’interno celeste, azzurro mare, blu, pieno ed inondato da conchiglie, stelle marine, fari e pesci color arcobaleno. Un ottimo pensatoio. Un grande amico.E come succede con tutti i grandi amici devi mostrare con vanto il risultato di uno strepitoso connubio. Ho organizzato tante feste e cene: i miei parenti, i miei amici, i miei amori sbagliati.Con tutti, lo stesso finale: è bellissimo, unico e speciale.Un grande spiazzo che accoglie tavoli, cuscini, stuoie e ombrelloni.Un profumo di mediterraneo, un pensiero meridiano. Chiudo gli occhi e sento la ninna nanna delle onde, l’odore dell’acqua,vedo il colore dell’aurora. Respiro profondamente.Quest’anno ho iniziato a viverlo nel mese di maggio con Ugo, l’amore sbagliato cui mi sono riferita nelle righe precedenti. Chissà dove sia ora? Chissà cosa stia facendo? Una donna sarà al suo fianco? Due, tre? Qualsiasi risposta possa darmi, il solo pensiero di quell’uomo mi accappona la pelle.

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E dire che solo nella primavera del 1999 credevo di aver incontrato l’uomo che avrei stimato e amato più d' ogni altra persona al mondo. Ci siamo frequentati per caso, peraltro era un tipo dai modi irruenti che non aveva colpito di certo la mia sensibilità e il mio cuore nei pochi momenti in cui, per strada, a Bari, la città in cui vivo, mi ero in lui imbattuta. Una sera, Alberta, la mia cara e amica Alberta, dalla bellezza e simpatia disarmante, mi aveva coinvolto nell’organizzazione di una cena con il suo compagno e di un suo collega, Ugo per l’appunto.Moro, dai tratti marcati e decisi, mi aveva catturato per la spontaneità- a tratti forse troppo cruda o crudele- e per l’apparente forza, che avevo confuso con capacità di protezione. Quella sera, era il 10 maggio, in una serata in cui la città di Bari manifestava il suo splendore, col nuovo centro storico, appena restaurato e risanato che irradiava toni ambrati, quell’uomo aveva indotto uno strano fremito d’inconfessabile curiosità.Iniziammo a frequentarci, io con trepidante entusiasmo, lui con diffidenza ed esitazione, tipici meccanismi suoi mentali che hanno portato inesorabilmente al nostro declino.Ma nulla mi arrestava. Volevo l’amore. Volevo vivere emozioni ad ogni costo. Ed, infatti, non ho alcun rimpianto. Ho voluto questa storia con le sue difficoltà, alla “ donne che amano troppo” con le relative elucubrazioni di donne che amano uomini sbagliati a saldo di dolori passati, magari in famiglia, magari col padre. Ma non importa, io c’ero, ci sono stata e ho bevuto nel mare dell’emozione. Ricordo che trascorrevamo ore e ore a parlare di noi, dei nostri sogni, dei segnali della vita.Il mio numero fortunato, il ventitré ,la mia data di nascita, il mio nome, il sogno di una famiglia, di complicità, di figli. Tra una chiacchiera e un’altra io cucinavo nella sua casa, preparando ristori che potessero intervallare frasi e visioni di film d’amore.Quanto bello sia il primo periodo di una coppia non riuscirei neppure ad immortalarlo con i pensieri. E’ bello per tutti. E’ la conoscenza del passato, dell’ignoto, dell’irrazionale. E’ il momento di sfoderare sensibilità e dialettica, sogno e realtà: lui mi piaceva, mi piaceva la sua saudade, come i brasiliani l’avrebbero definita, mi piaceva l’idea di vincere con lui nel combattimento della vita. Mi parlava di suo padre, delle sue difficoltà, dei suoi fratelli, della sua mamma. Mi chiedeva supporto e io lo chiedevo a lui, forse fingendo a noi stessi che ci saremmo intesi.Mi chiedeva di guardare il mondo con soli due occhi, di dividere tutto: famiglia, lavoro e interessi. Sottovalutavo affermazioni di questo contenuto, non capivo l’orizzonte che mi si prospettava. Andavo avanti con impeto, con la gioia di superare con la mia solarità il disagio del vivere.

Tra vari singhiozzi e stenti sentimentali, abbiamo vissuto per un rapido triennio un rapporto di coppia in cui mi sono confrontata con me stessa, con la mia voglia di fermare il tempo, con la mia voglia di salvare il mio destino, di renderlo unico e felice.

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A volte sognavo di sposarlo senza che il mondo sapesse e partecipasse, a volte sognavo i suoi capelli grigi e li vedevo fondersi con i miei quasi a creare una nuvola d’argento.L’argento del sogno è – però- diventato plumbeo quando il percorso da seguire verso il raggiungimento della serenità ci ha rivelati diversi.Il mio mondo ride e sorride, cade e si rialza, abbraccia, intenerisce e determina…..il suo mondo emana regole e leggi, non premia, distrugge, violenta e aggredisce.La mia forza e il mio coraggio, un giorno…..hanno ceduto….o, per l’esattezza, il mio coraggio e la mia forza hanno ricominciato ad animarmi.Nella calda estate del 2002, asciugando le lacrime che ho dovuto ingoiare per troppo e lungo tempo, ho deciso di iniziare la mia vita da bella trentenne in cerca di sorrisi…

18 luglioLo “spacca cuore” oggi mi appare uno “ spazza camini”. Ho un invito al matrimonio di Marcella stasera. Chissà chi incontrerò, chissà quanto sarà imbarazzante per me rivedere amici che hanno letto buio nel mio sguardo per tutto questo segmento di vita!Mille luci su un vestito, un lieve trucco che maschera il timore e….Via con la mia stilo verso una masseria di provincia. La strada è dura, ma la curiosità mi abbrevia le distanze.La luce magica. La sposa incantevole con un grande nastro arancio che la avvolge con eleganza. Il padre mi sorride. Gli amici curiosi. Vi prego, avvicinatemi, non lasciatemi con i pensieri. Ed ecco che un amico biondo e simpatico improvvisa una chiacchierata che mi aiuta. Allegria. Questo sento. Questo provo.Filippo, Giulia, Paolo vicini.Mi siedo, chiacchiero, ballo. Non ballo più da sola. Un calore mi rincorre per tutta la serata. Sento una strana e insolita voglia di amare. Amare il mondo che mostruosamente mi aveva intimorito.Un racconto breve dell’ultimo periodo, un lacrima che riga il volto e si espande nel piatto con le bianche mozzarelle e, magicamente, sento pronunciare da Paolo:- Ho un tatuaggio sulla spalla con la scritta FELICITA’. E’ quella che devi inseguire, quella ti deve aiutare, quella deve dare luce ai tuoi occhi malinconici. Non permettere a nessuno di farti male. Sorridi.

Tornata a casa con dei brevi messaggi di testo telefonici, ho ringraziato tutti. Ho ringraziato per la speranza.GRAZIE PER LA BELLA SERATA. Mi HA FATTO BENE INCONTRARVI. A PRESTO.La mia stilo stava rincasando con la musica. La mia musica, forse, stava cambiando.

Quello stesso fine settimana Alberta mi aveva chiesto di trascorrere il week end insieme ad Ostuni, nel mio tenero trullo. Era il primo fine settimana senza Ugo, ma avevo la forza, la forza di ricominciare. Alberta mi diverte.Mi ha sempre divertito.

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Due giorni di splendido mare sul litorale adriatico, una notte nella capanna bianca di mia proprietà e telefonate cattive ricevute da Ugo. Mi dice che non so amare. Ma perché tanto dolore ancora, perché questo incessante comportamento lesivo?Ugo, cerco solo di dimenticare, cerco solo di mandarti via, con l’amore, solo pensarti mi dà i brividi, ma non pensiamoci più, non offendermi….So chi sono io. Non posso soffrire ancora. Non puoi credere che sia inesauribile il mio desiderio di farmi male. Non sai amare neppure tu o non ci amiamo abbastanza. Non puoi. Incoerenza. Aggressività. Respingere lui è stato sempre ammettere fallimento.

Sono ancora lontana dalla definitiva soluzione. Guardo il firmamento. Chiedo con un’accennata contrazione delle labbra aiuto e…..

Un venerdì sera, intorno alle venti, di una uggiosa sera di fine luglio, ricevo un insolito messaggio telefonico:

Scusami. Non mi sono fatta sentire per tutto questo tempo. Ho passato un periodo difficile. Ora sto bene. Ci sentiamo presto. Un bacio. Anna

Che strano! Non la sento da un pezzo, la conosco da tanto, ma poco, cosa le sarà successo? Delusione d’amore? No, non credo, era felice, era serena.D’impulso le rispondo con un ulteriore sms, poi decido di parlarle telefonicamente - Come stai? Cosa è successo? ( lei rispondeva che era finito il suo grande amore con tristezza e dolore), ma davvero? Come stai ora? Ma dove vivi? Posso fare qualcosa per te? Vogliamo vederci stasera?Anna, giovane architetto, era a Bari da soli tre anni, trasferitasi per amore e lavoro, ma ora, dopo la chiusura della sua grande storia d’amore con Roberto, stava rientrando dai suoi, a circa 80 km da me….Decido allora di fondere amicizia e paradiso. Parto per Ostuni: una serata indimenticabile. Due trentenni in preda a sorrisi e dispiaceri, a racconti e sogni. Uomini mostri, uomini belli. Siamo in una vineria carina nel paese vecchio, tra stradicciole che profumano di bucato e amanti ai cigli delle strade. Il vino pugliese riesce a compiere miracoli.Devo confessare che il vino primitivo dal colore rosso sangue, versato nei nostri calici ci aiutava. Ugo appariva appannato, quasi dolce, quasi buono, Roberto lo seguiva a ruota nei nostri pensieri. Pazienza, tutto finisce, ma tutto incomincia. Era iniziata una grande amicizia.Ognuna di noi raccontava le assurdità vissute. Le orecchie fischiavano. Risate miste a “piantucoli”. Bridget Jones era brevemente mensionata. La vita da single non ci piaceva ma iniziava ad essere il nostro stile “ life” estivo.Cosa fai in vacanza? Dove vai? Mi chiese Anna con il suo sguardo verde come il mare in primavera.

Non so. Partiamo.Davvero? Io ci sono. Dove vuoi tu. Mi diverte l’idea- dissePANAREA. Ho degli amici palermitani che trascorrono lì le loro vacanze,

sono allegri e solari, premurosi e divertenti.

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Io, te lo ripeto, ci sono.

Telefonate, ricerca frenetica di alberghi. Signori, si parte. Poca disponibilità di posto in albergo, ma vacanza organizzata in un batti baleno.

Alfredo, sono Marida, come stai?Senza neppure attendere la risposta, seguitai

Arriviamo a Ferragosto. Siamo con voi.Lui, gentile al solito, un ragazzo conosciuto in una vacanza di tre anni fa, appariva felice di rivedermi e di trascorrere giornate con me e con la mia nuova amica.

Valigie piene e colme di vestiti colorati, costumi, parei. Una valigia felice e trepidante in cui il vestito nero da sera danzava con il pareo etnico e si accordavano per rendere tutto più semplice..I giorni che ci separavano dalle vacanze, sono trascorsi a Rosamarina, zona residenziale ai piedi del monte di Ostuni, tra mille saluti e infinite chiacchierate, tra mille incontri e infinite risate.Giulia, che rivelazione! La conoscevo da sempre, frequentata da mai. Ora insieme. Giulia, Anna e Marida, insieme. Balli. Risate. Tristezze. Tutto miscelato meravigliosamente. Il mio trullo assisteva felice ai nostri inviti. Le candele accese in giardino illuminavano i nostri volti. Eravamo in tre a vivere quest'estate. Diventammo quattro con Angela, una bellissima ragazza bionda, in preda ad una dolce crisi di astinenza amorosa. Eravamo in quattro a combattere la tristezza. Eravamo in quattro a presenziare alle serate organizzate da Bari a Leuca, eravamo in quattro e beffeggiare il mondo. Gli uomini? Paxos? Le loro vacanze. Poveri. Felici solo per due farfalle colorate. Felici solo per un paio di svolazzare di ali.Noi, invece, stavamo, davvero per involare. Mari, quel tipo ti guarda insistentemente- disse GiuliaCon curiosità puntai il mio sguardo in direzione di un bellissimo uomo quarantenne, brizzolato, che, rompendo l’incertezza, si alzò e mi invitò a parlare e bere in un bel “ciringhito” sulla spiaggia, dove frullati e cocktail di frutta facevano da protagonisti.Aveva un‘anima dolce, una voce suadente e profonda, una stretta di mano rincuorante.

Mi riempì di complimenti, mi ascoltò per ore e ore ed anche giorni, raccontai di me, della mia vita, del mio ultimo amore.

Sai-dissi- ho timore di non riprovare amore, di provare freddezza nel cuore, semplicemente di non innamorarmi più.

Tempo.Cosa intendeva per “tempo”? Cosa riuscirà a colmare il passare dei giorni e dei mesi? Potrà il mio cuore risentire passione, sconvolgersi all’idea di vivere di avere occhi negli occhi. E tutto ciò….Grazie al tempo?

Il canale dei messaggi telefonici colpì anche con lui. Mi scriveva:-Vivi la mia presenza e assenza ( lui vive a Parigi) e fatti lasciare il segno……Notte, ritrova la serenità con un dolce sonno, ti penso sempre e ti sognerò……

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mi piaci quanto l’infinito….Pensa ai tuoi splendidi capelli neri e pensa ai miei grigi e capirai quanta bellezza c’è in te che è nel pieno della sua meraviglia.Dolci messaggi, dolci parole, ma l’uomo grigio diventò presto l’uomo nero. Mi chiedeva certezze sul futuro più prossimo, in pochi giorni avrebbe voluto sentire e provare stabilità. Avrebbe voluto sapere che avevo chiuso con il mio passato!Ma come avrei potuto!Tempo.Tempo.Mi chiedo: MA QUALCUNO SAPRA’ AMARE?

L’uomo nero scomparve dalla mia vita, quando già ero immersa nel mare delle Eolie. Ah, le Eolie. Sospiro con nostalgia. Nel momento del racconto, mi mancano. Mi manca l’atmosfera, le coccole del mare, il colore del cielo, il dondolio della barca sulle onde.

Partite Anna ed io da Napoli alle volte di Panarea.

La barca salpava lentamente e cavalcava le onde del mare. Ore 13 di un caldo 17 agosto.Arrivate a Panarea verso le otto di sera, quando le luci delle case ci sembrarono piccoli focolai di un paese infuocato. Magico. Focoso.Gli occhi di Marida e Anna s'illuminarono di felicità. Sarebbe stata una bella vacanza. Una valigia. Dei ricordi. Un dolore e delle speranze.Con una piccola vettura tre posti, tipica dell’isola con strade molto strette ed impercorribili con vetture standard, le due corsero in fretta verso la loro graziosa pensione dallo stile eoliano: bianca con colonne morbide, tettoie semplici di canneto.Si respirava profumo di nasse bagnate.

La loro camera dal gusto essenziale. Un breve sorriso, un fugace respiro e si preparano per la cena cui erano state invitate. Avrebbero visto tanti palermitani, ma proprio tanti.

17 agosto- seraLa macchinetta ci ha accompagnate dinanzi ad una abitazione delicata, nel giardino si intravede una agave scultorea che si apre a ventaglio.Ci saluta. Delle voci. Alcuni sorrisi e la curiosità di vedere cosa e chi si nasconda dietro quei muri. Entriamo decise, con la forte stretta di mano, di tacito accordo, ci giuriamo complicità.Una bella bionda ai fornelli: capelli lisci e lunghi, pareo arancio, voce chiara.Ciao, sono Gaia, un’amica di Alfredo. Benvenute!

Quel “ benvenute” è stato di aiuto, una saluto che umilia le insicurezze e le paure. Di certo, il nostro ingresso è stato gradito.La tavola imbandita. Profumo di arrosti. La cena molto organizzata. Ma è lui. C’è Alfredo. Marida salutò la sua ancora siciliana e presero tutti posto a cena.

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Attorno alla tavola due imprenditori romani, due giornaliste, Gaia, Alfredo, io e Anna. Un leggero imbarazzo ma poi presto tuffate in questa nuova cascata empirica.Gaia, splendida, gestisce una beauty farm a New York . E’ solare, ci avvolge in un discorso rincuorante. Lei e Alfredo si sono conosciuti a Panarea quest’estate, nel mese di Luglio. E’ nata una singolare e distante storia d’amore. Ed ora lei è qui, ritornata dalla grande “ mela” per rivivere i momenti del loro incontro, a solo un mese di distanza da quel momento. - E’ possibile incontrare l’amore, occorre aprire il proprio cuore e riconoscerlo. Quando ho incontrato Alfredo non avrei mai creduto di rivederlo, di riabbracciarlo e di sentirmi catturata da lui e dal suo sentimento.So che apparteniamo a due mondi diversi, ma li abbiamo fusi, non pensiamo al domani, facendoci rattristare. Ci siamo e viviamo. Oggi.

Voi, invece, calorose come il sole, sarete di certo impegnatissime sentimentalmente!

Quell'affermazione suonò e riecheggiò come una domanda alle orecchie delle due samaritane pugliesi.

Beh- dissero quasi all’unisono- impegnate sì, ma a dimenticare!

Scoppiarono tutti in una fragorosa risata. Stentarono tutti a credere che due belle donne così potessero essere sole e, per di più, sole nel dimenticare un passato amore.

Non amo particolarmente le generalizzazioni, ma è mio dovere sottolineare che i “ si dice” che sostengono: “ chiodo schiaccia chiodo” ed ancora “ single è bello” li detesto con tutta me stessa. Non potrei mai dimenticare un amore, soppiantandolo con un’altra passione. Sono nata per vivere in coppia e per amare. Questo è certo e sacro. Né una vacanza, né un racconto potrà farmi cambiare opinione.

E poi, che tristezza scorgere negli sguardi degli “ anta” a tavola che solo bellezza e simpatia portino la felicità sentimentale.

La serata trascorse tra racconti ilari di un ultra cinquantenne e memorandum comportamentale di una soddisfatta single, quasi di professione, che tracciava le morbide linee guida cui occorre attenersi:

1) Uomini sì, ma occasionali2) Inviti a cena, ma sempre con compagni diversi3) Una serata a settimana per uscita con sole donne4) Vacanze con conoscenti, non “ amici”, da rincontrare solo d’estate5) Amici degli amici6) Serate organizzate nella propria casa con cibo giapponese o indiano 7) Candele ovunque

Oh mio Dio, la “ pelle di pollo” trae le sue origini proprio da classificazioni di questo tipo, pronunciate da donne con le “ zampe di gallina”!No, non posso diventare così, né tanto meno Anna che mi guarda con incredulità. Io voglio un uomo, - per l’appunto- non occasionale, un elegante invito a cena per fissarlo negli occhi con la luce di una candela fioca, delle

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amiche con cui vivere allegramente serate in compagnia promiscua, vacanze continue alla scoperta del mondo col mio compagno, candele ovunque nella nostra camera e sparse per casa, cibo di ogni provenienza, scevro dall’essere tematizzato.Panarea, Panarea, spero tu possa riservare sorprese di altro tipo. Noi non siamo single convinte, aspettiamo di non esserlo più con trepidante attesa! Non mentiamo a noi stesse, non simuliamo allegria quando il cuore piange, né sicurezza quando imperversa la confusione. Siamo vere.

Marida e Anna trascorsero la prima serata con la speranza che la luce del giorno del domani potesse presentare gioie inaspettate.L’indomani il sole bussò alle porte della pensione “ Tesoriero”, vicino al porticciolo della magica isoletta: una luce invase la stanza delle due temerarie, che rapidamente si affrettarono a vestire un costume, pareo, ciabattine colorate e occhiali da sole….e pronte per la prima giornata di mare.

Vedere il paese da qui è stupendo- disse Anna appena entrata in barca!La barca invasa da donne bellissime, musica felice le accompagnava.

Sì, è tutto emozionante, voglio ballare, farmi baciare dal sole, imbrunire la mia pelle, fermare quest’attimo. Hai visto, così è tutto più facile….Si dimentica tutto, s’inizia a sognare!

Il loro sogno era semplice da realizzare, il loro sogno era di continuare a sognare.

Dove si va?Stromboli, c’è un mare meraviglioso e cristallino- disse Marco, il

proprietario della barca. Vi piacerà. – ed aggiunse- Marida, vieni qua, sei così assente…

Avrei voluto spiegare che ero molto presente, presente per quello che i miei occhi avevano la fortuna di guardare, ero solo e unicamente assente per lui, un uomo sulla quarantina, sicuro, per la sola posizione sociale, di poter vivere qualsiasi donna incontrasse.

Ma Marida non ha prezzo. Guardava quell’uomo con disattenzione.Una persona così…come fa ad essere sicuro di potermi conquistare? Una

donna “sana” può apprezzare un uomo così solo dietro prezzo “ amore”.

Ed amare un uomo così per lei- e n’era certa- sarebbe stato impossibile.Un uomo da bottiglia di champagne, sigari cubani e balli finti.Parlando poi, di sigari cubani, come avrebbe potuto apprezzarli con la sua innata patriotticità!

Ma fammi il favore Marco, non t’innamorare di me: battaglia persa.

Arrivarono a Stromboli dalla costa nera e dura, ma un paradiso di acqua limpida e invogliante. Tuffi in mare, scorpacciate in barca di pane e ricci appena pescati, balli a poppa.Marida e Anna erano rilassate e felici.

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I giorni che seguirono le videro protagoniste di incontri occasionali e ridicoli, scambi di parole, di complimenti, serate al RAYA e CINCOTTA, le due discoteche di Panarea, cene in casa e in barca.L’isola era conquistata da loro e loro era conquistate dall’isola. Ammiccamenti, saluti, dichiarazioni d’amore.Ma nulla. Nulla scosse il loro cuore. Nulla e nessuno le fece sognare.Sognarono, invece, alla vista di Filicudi, un’isola ancora vera e selvaggia, un posto incantevole che arrestò per un istante il respiro di Marida.

Vorrei tornare con lui qui, vorrei una casetta qui, vorrei leggere un libro ed emozionarmi. Lui non so chi sia, ma c’è. Esiste. Lo incontrerò prima o poi. Voglio essere catturata e rapita, voglio catturarlo e rapirlo. Voglio riconoscerlo nella mischia del mondo. Voglio essere la sua donna. Voglio che sia il mio uomo, per un attimo, per sempre. Il sempre, forse non esiste, questo dicono, ma voglio crederci ancora. Vorrei sentirmi Filicudi, bellissima, vera, incontaminata. Voglio che vengano a cercarmi e che credano in me. Ho un mare bellissimo, dei barettini romantici, dove si mangia la più buona granita della Sicilia, sono vicina a tutti, ma lontana per tutti. Voglio che non esista un “ tutti” ma che ci sia un “ uno”, un uno che crei un due e un due che crei un tre!

Chi interpreta questo pensiero come un sogno irrealizzabile o come uno schema mentale, un meta programma, incorre in errore. Tutto ciò è possibile.Pensando a Filicudi, Marida stringeva un pugno sul cuore, per paura che potesse scappare o scoppiare, per paura che potesse abbandonarla. Tempo.Tempo.Tempo.

Anna e Marida la sera tracciavano la mappa per il giorno dopo e raccontavano, come in un tenero “ caro diario”, quello che avevano vissuto in quei giorni di vacanza. La certezza indissolubile e incontrastabile che erano diventate inseparabili e affini amiche. Avevano la stessa sensibilità, lo stesso modo di piangere e razionalizzare….Al rientro dal mare ogni giorno raccontavano della loro vita, della loro famiglia: Marida abbandonata dal padre, Anna vissuta in una famiglia dal difficile accordo. Tutto sembrava unirle. La sofferenza e la voglia di allegria.Pensavano spesso che prima o poi le loro ferite sarebbero state ricucite da un fuoco sensibile e che avrebbero imparato ad amare uomini giusti, avrebbero riconosciuto il profumo di persone belle. Stavano imparando a credere che oltre il dolore si nasconde il piacere, che le finestre aperte possono accogliere un vento piacevole.

Addio Eolie, addio Panarea, addio a voi tutti conosciuti. Grazie. A presto. Questa strana vita ci ha fatti incontrare, incontri casuali causali che significano crescita. Abbiamo tanti conoscenti in più, anche qualche amico, i nostri occhi hanno visto questo mare superlativo e questo cielo è stato il nostro tetto in quest’estate calda.

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Questo cielo al tramonto è stato racchiuso a pugni stretti e labbra appena bagnate. Questo cielo al tramonto lo ricorderemo per i mesi che seguiranno. Forse lo racconteremo, forse lo ricorderemo… comunque c’è!

Il viaggio di rientro piacevole e allegro ha coinvolto tutti gli abitanti della nave veloce. Il nostro sguardo ricco e pieno.Le nostre menti affollate già di ricordi. Cosa sia il ricordo spesso Marida cercava di determinarlo, ma le riusciva difficile. I ricordi per lei erano il passato.Il passato per lei è importante.Il passato per lei è ancora fondamentale.TempoTempo.Tempo, ancora.

Nella nave, sorridiamo e ci sorridono.Chiediamo e ci accontentano.

Andiamo a fumare una sigaretta nella cabina del comandante ?-chiede Marida

Ma sì……proviamoci! Con quest’espressione non potranno negarci la possibilità….

E così….è stato.

Nuvole di fumo nella cabina guida. Il comandante sorridente ci mostra la rotta.Un comandante come la mente ce lo farebbe immaginare: capelli argento, baffi rassicuranti. Napoli e il Vesuvio sono vicini. Trepidanti di raccontare a tutti. Giulia, Angela, Paolo, Filippo ci aspettano.

Scendiamo dalla nave. Un messaggio di Paolo.Divertite?Davanti ad un bicchiere di birra, te lo racconteremo- rispondiamo.

Una corsa in macchina, forse anche un flash che immortalava la nostra corsa verso la terra pugliese, la nostra casa.Casa significa racconto, casa significa far rivivere alle persone importanti la gioia della nostra vacanza.Giulia e gli altri avrebbero conosciuto con l’ incantesimo delle parole: Alfredo, Gaia, Marco, la barca, Filicudi, le sue granite, Panarea, la sua magia, Stromboli, il nero delle sue coste, noi, i grandi passi percorsi.In così poco…Tempo.

Il tempo….Il tempo è tiranno. Il tempo è guarigione. Cosa sarà per me. Cosa mi riserverà. Il tempo.

Potrebbe essere attesa, forse pausa, Potrebbe essere il piacere del silenzio e della riflessione.Potrebbe essere l’apoteosi della lentezza.Potrebbe essere la gioia di gustare i momenti della vita a braccia aperte.

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Tutti dicono:Il tempo, Marida, sarà la tua medicina e pozione d’amore. Un filtro preparato da una strega buona o da un angelo custode…mille bottigliette trasparenti comporranno la tua serenità!

All’orizzonte comparve il mare di Puglia, fratello dell’acqua che Marida e Anna avevano assaporato nei giorni di vacanze siciliane.Il profumo di iodio, l’odore degli ossi di seppia e delle conchiglie.Marida era a casa. Al suo seguito un album di ricordi e la voglia di gridare beatitudine.

23 Agosto

Sono le tre di notte, il buio della notte ci vede protagoniste di una serata intensamente luminosa a “ Quarto di Monte”, un posto dallo stile caraibico gustosamente spinto verso il mare di Monticelli, una località marittima vicino Ostuni.Scendiamo dalla nostra auto, dopo tre ore di viaggio da Napoli. Anna è raggiante. I suoi occhi esprimono gratitudine. Guarda Marida e, arricciando lo sguardo:Grazie. Sono felice di aver trascorso con te questa vacanza. Non è una semplice vacanza estiva, ma la gioia di scoprire che ci sei, che esisti, che esistono persone come te al mondo.

Marida sorride calorosamente, vorrebbe ricambiare le stesse parole, ma lei, dai suoi lunghi capelli nero corvino, ama rendere i momenti vissuti dei momenti unici. Assapora la contentezza delle parole udite, ma decide di non ricambiarle in quell’istante. E’ troppo commossa, troppo lieta di deglutire gioia.

Preferisco non risponderti ora, potrebbe sembrare scontato, banale. Ti dico solo che sei stata un regalo.

La gratuità del dono è la sensazione più grande che gli uomini possano provare.

“ Quarto di monte” è sommerso da ombrelloni fatti di canne secche, sotto cui si nascondono tavoli bassi in legno povero e sdraio dal verde intenso. Ovunque vi è una luce di candele marocchine ed un odore di frutta che cattura anche l’olfatto più esigente.

Entriamo. Salutiamo. Balliamo.Avvertiamo estraneità. Forse abbiamo creato un microcosmo in questi giorni e tutto quello che vediamo in questa notte oscura ci appare distante.Ci prendiamo per mano, io e Anna e iniziamo una danza senza….

Tempo!Balliamo felici senza confini, senza comprendere situazioni e luoghi. Siamo bambine.

Una bimbetta mora dalla carnagione scura con una lunga coda stretta con dei lacci arancio abbraccia la sua amica bionda, dai capelli oro, ed iniziano un

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gioco superlativo, di quelli che non vorresti finissero mai. Un girotondo danzato.

Mi rivedo da piccola.Sapevo giocare. Sapevo gioire. Saper giocare significa stringere alleanze, amare illimitatamente.Forse, il tempo…..mi aiuterà a rispecchiarmi nell’ilarità di quei momenti e a rivivere quelle raggianti emozioni.TEMPO!

Fine agosto

Come è caldo il profumo del mare, oggi. Non so neppure che giorno sia. L’estate perdo il controllo del TEMPO. Passano le ore, i giorni, non distinguo più le cadenze settimanali.

Ma che giorno sarà- penso- un lunedì, un mercoledì?

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Ogni giorno è un giorno di festa, d’estate. Ogni giorno è ineguagliabile ed esclusivo. Oggi è il mare a riscaldarmi, a darmi un piacevole senso di protezione.Spira un leggero vento di scirocco che arriccia le punte dei miei capelli neri. Sono sola. Sono arrivata in spiaggia da una trentina di minuti, sono arrivata in spiaggia dal tempo che mi è servito per contare otto vele in mare. Vele colorate, vele che hanno quasi sfilato davanti ai miei occhi, intervallate solo da pochi pensieri.Sono a Torre Canne, sempre sul litorale brindisino, stesa sul mio pareo di cotone, comprato anni fa a Cefalù, un grazioso paesino del palermitano.Sono seduta in modo strano, quasi ad attendere l’inizio di uno spettacolo. Forse le tende si aprono. Forse personaggi e parole incominceranno ad animarmi…Al momento lo spettacolo di cui godo è questa sabbia fine, che accarezzo dolcemente, piccole conchiglie rimangono sul mio palmo di mano. Conchiglia tonda, a forma di piccolissima ostrica, conchiglia conica, dal rosa salmone.Ogni conchiglia avrà la sua storia- penso-.

Ogni conchiglia ha visto pesci e onde.Ogni conchiglia chiede di essere ascoltata.

D’un tratto, mi metto carponi in cerca di una conchiglia più grande, una che il mio orecchio possa conoscere. Eccone una!Uno strano cono con la costa madre perlata e frastagliata, a volte bianca, a volte verde, a volte rosa. Sei tu! Voglio ascoltarti. Con me potrai parlare. Potrai confidare segreti del mare. Infinite bellezze passeranno da te a me, quasi come un meraviglioso trucco illusionistico……..La accosto al mio orecchio, mi risiedo sulla sottilissima sabbia e….Inizio ad ascoltare la sua storia. La sua voce bassa. Da Tempo non parla, da Tempo nessuno le concede ascolto……………

Sono nata tanti lustri or sono. Un TEMPO, c’era una meravigliosa creatura che animava il mio scheletro. Sai, quello che vedi tu, è il mio guscio, la mia corazza, quella che serve a riparare da intemperie e traversie la mia anima.Sono nata nel mese di Febbraio, sotto il segno dell’acquario, dall’unione di due animaletti marini bellissimi. Mio padre e mia madre mi hanno regalato al mare molto presto perché potessi imparare a vivere, sola ed indipendente, perché potessi essere libera di fluttuare nelle onde del mare azzurro, perché potessi conoscere il giallo ambra delle spugne e gli infiniti colori dei pesci. Ho conosciuto anche degli uomini, purtroppo, degli uomini curiosi che hanno spezzato la mia vita.Un giorno, mentre ballavo nell’acqua la musica della pioggia che scendeva soave dal cielo, un uomo su una barchetta azzurra, quasi completamente coperta da una fitta rete arancio, raccolse i frutti del mare. Uno tra questi, mio malgrado, ero io. Cercavo di gridare aiuto, cercavo di chiedere di farmi riaffondare nella profondità del mare. Ma, nessun ascolto. Quell’uomo dalla barba incolta e grigia, fu quasi felice nel vedermi catturata dalla sua rete. Mi raccolse ma non mi ascoltò. Sai, non ascoltare una conchiglia significa toglierle la vita. Una conchiglia deve parlare. Solo così muore il corpo e vive l’anima. Oggi, mia cara donna dai capelli inchiostro, mi hai donato la vita. Hai

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rotto un incantesimo. Portami con te, fammi rivivere di tanto in tanto. Tutti hanno bisogno di parlare………

Emozionarsi per una conchiglia sembrerebbe assurdo per molti, vero simile per pochi.Sono attonita. Mi ha parlato, mi ha chiesto un piccolo aiuto, quello che si dovrebbe concedere a tutti. Ascolto. Ascolto della sofferenza, ascolto della gioia. L’ascolto, forse, non conosce, tempo e confini. Se, infatti, ascolti con amore qualcuno, il tuo sguardo è indirizzato verso i suoi occhi, le tue orecchie assorte dai racconti, la tua mente catturata dalle parole, il tuo cuore riempito da nuove sensazioni.E, tu, cresci come una pianta verde intenso con la ricchezza di sole e acqua. Crescono le tue esigenze, crescono i tuoi desideri. Ascoltare dà vita a pensieri dormienti e a sogni inespressi.

Ripongo la mia conchiglia nella mia borsa color stoppie di primavera e mi sdraio al sole.Lo spettacolo non è finito. Lo spettacolo è appena iniziato.

Si aprono le tende del cielo e l’azzurro infinito diventa il palcoscenico di un maestoso gabbiano bianco che vola basso fino a toccare con le sue ali l’infinito mondo delle mie idee.Svolazza fino ad arrestarsi su un legnetto storto consumato dall’acqua, si volta, ondeggia, volge i suoi occhi curiosi, vispi e tremanti verso di me e, impetuosamente, con versi che mi appaiono parole….

Hai gli occhi più felici che negli uomini abbia io mai visto. Hai la solarità di raggi solari e vento, hai il tormento di onde e vento, hai la passione di vele spiegate, hai la libertà che ho io, da sempre, per natura.Non puoi volare con le mie ali, ma puoi pensare di poterlo fare ogni giorno, lavorando, vivendo, amando.Apri la tua mente, investila per realizzare grandi imprese in piccoli giorni, vola sempre più in alto, toccando con i tuoi piedi il ricco terreno. Sai, le creature buone, le riconosco. Impara a riconoscere la tua bontà, a farla esprimere. Tutto può regalarti emozioni: il pianto di un naufrago, il sorriso di un infante, il colore delle mie piume, le tue braccia aperte verso l’immenso. Vivi serena, respira pace, prenditi tutto il TEMPO che ti necessita.

Non capisco….ma cosa mi accade? Sto forse seguendo un grandioso processo catarchico? Un turbine di brividi mi assale. Devo respirare lentamente, ho un nodo in gola. Sono segnali che mi arrivano dall’esterno ma che forse regnavano assopiti già nel mio cuore. La verità è in me. La pace e la serenità sono qui. Posso toccarle. Posso respirarle………inizio a comprendere come servirmi del tempo!

Riprendo le vicissitudini della mia vita, le combino armonicamente con quello che la mia anima oggi ha provato e continuo a vivere più ….

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Al mare mi raggiungono in tanti: Giulia, Paolo, Antonello. Li rivedo con piacere, emozionata come se avessi rivisto loro dopo una tempesta. - Allora, racconta, come siete state in vacanza senza di noi? Cosa avete combinato?

I miei sandali color cuoio allacciate alla schiava con lacci che mi avvolgevano il dorato polpaccio e il mio vestito bianco in contrasto con la pelle abbronzata, fecero da cornice ad un racconto fantastico, in cui le isole siciliane che mi avevano ospitato divennero l’ambientazione giusta per l’inizio della mia fiaba.La mia favola raccontava di due donne tristi, che avevano perso la strada del cammino verso casa e, cammina cammina, si ritrovarono in una calda giornata di pieno agosto in un’isola incantata, dove casette basse sembravano sospese nell’acqua ondeggiante. Lì, tra acqua e terra, fecero mille incontri senza un volto nitido, ma tutti, nessuno escluso, invitarono le smarrite a cercare rifugio ovunque loro desiderassero: quell’isola era loro amica, gli abitanti avrebbero accolto qualsiasi richiesta.Chiacchierarono, ascoltarono anche il passante meno invitante.Da tutti impararono qualcosa.Impararono a non sentirsi perse in un paese straniero.Impararono a riconoscere il bello che era in loro, a superare la tristezza.Ad un tratto, la strada verso casa non apparve più lontana e sconosciuta.Seppero gioire, arricchirsi dell’infinità degli attimi che si presentavano loro.Conobbero GAIA, Alfredo, Marco, Davide, Piero, Diego. Tutti amici che aiutarono Marida e Anna .

Sapete, ora mi sento bene ovunque. Sono stata felice - disse Marida- ho scoperto che la mia “ casa” è ovunque ci sia io. Non piango più per tristezza, piango per commozione.

Ho imparato che il Tempo lenisce i piccoli dolori e poi ti aiuta .

Marida era cosciente del fatto che la vacanza non fosse finita. La attendevano giorni e giorni di spensieratezza, ed ancora, autunni e inverni che potevano sbalordirla.Aveva imparato a godere di qualsiasi emozione e sensazione, senza fretta, accogliendo l’incalzare del tempo.

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Un giorno di Settembre

Un giorno, un qualunque giorno settembrino dai colori ambra, col cielo ancora invaso da nuvolette estive, Marida decise di vivere una serata nel suo trullo, invitando amici, conoscenti, conoscenti degli amici.Corse nella piccola salumeria del paese vicino e comprò salumi, formaggi locali e focaccia calda. Sorrise quando notò che la anziana signora che le preparava il conto, annotava ancora su un foglio color carta di pane cifre in lire, che poi tramutava con grandi difficoltà, e con sospiri lunghi e lenti, in euro. Che tenerezza! Pagò, risalì in macchina e si affrettò a cucinare un succulento piatto di grano, basilico, pomodorini e mais. Apparecchiò la tavola blu con piatti, posate dai toni conchiglia e mare e attese, con la luce calda di mille candele, l’arrivo degli invitati.Tra la gente, scorse un uomo che i suoi occhi non avevano mai visto, semplice, essenziale, dallo sguardo rassicurante e deciso.Ciao, io sono Marida e questo è il mio trullo.

Ciao, io sono Piero e sono felice di essere qui.Il saluto suonò beato alle orecchie di lei.

Come faccio a fargli capire che sono contenta come una pasqua anche io che lui sia qui! Non so perché. Ma lui ha un’energia anomala, è un uomo buono, Lo avverto.

Prego, accomodatevi-Cercherò di sedermi accanto a lui, di parlargli.- Piero, se vuoi puoi sederti accanto a me, è un posto magico, da qui potrai vedere un panorama bellissimo. Quella è Ostuni, la conosci?

Certo che sì, io sono di Ostuni.Ah, non avevo idea. Bene, allora in questa casa nulla ti apparirà strano

ed estraneo. Il mio trullo è illuminato dalle stelle e dalle luci del paese bianco. E’ un posto incantevole. Lo adoro. Ostuni dovrebbe darmi la cittadinanza onoraria, oramai.

Ma certo! Sarei fiero di saperti mia compaesana.Sai, Marida, hai acquistato un lembo di terra gradevolissimo. Non conoscevo questo trulletto, eppure con la mia bicicletta sono spesso a

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vagare sui colli e…pensavo di conoscere pezzo, pezzo tutta la sinuosità di queste campagne.

Marida era imbarazzata ed emozionata allo stesso tempo. Parole apparentemente banali che le regalavano sconvolgimenti interiori unici.

Quell’uomo aveva qualcosa di speciale, il tono della voce, il volto. Non poteva certo definirsi bello, ma le piaceva, le piaceva quel suo modo di gesticolare, di osservare, con la fronte aggrottata e gli occhi arricciati alle estremità. Quegli occhi neri, quei capelli con i riflessi mogano, quelle mani che danzavano lentamente ora sul tavolo con la tovaglia a quadri, ora sulle gambe.

Certo, mia cara Marida, che questo blu e azzurro dappertutto è un po’ da psicopatica….perché tutto questo mono tema?

Lo leggi monotematico il mio mondo? Il blu è serenità, tranquillità, pace. Tutto il blu nella mia casa è in armonia perfetta. Tutto perfettamente integrato- rispose orgogliosa lei- baci di azzurro, blu, e oggetti marini.

D’accordo, ma siamo su un colle, perché immortalare il mare e suoi colori con i suoi profumi proprio qui?

Perché desideravo un trullo al mare.Ed eccolo qui. Tutto, con creatività e fantasia e “voglio” e “posso” può nascere e prendere forma.

In te c’è un pizzico di follia, mia cara bella mora. Questa luna mora che ci sorride in cielo penso che te la sia conquistata. Credo ti accompagnerà per la vita. Luna mora ecco come ti chiamerò, oppure angelo nero……hai in te il mistero della luna e un sorriso di un angelo dai capelli inchiostro.

Marida entusiasta, ballante, allegra. La stessa sera, inviò un messaggio telefonico a Piero che suonava così: Grazie della bella serata e chiacchierata. Sei una bella persona.Buona notte

Il giorno seguente Marida tornò nella città in cui viveva, nel trambusto di una città che ritorna a vivere dopo una lunga festa durata un’estate. Auto in corsa, clacson strombazzanti, gente dagli occhi sbarrati vestiti con abiti grigi di mezzo peso.Tornò al suo lavoro. Lei ama lavorare. Ama il mondo e il lavoro è sicuramente il modo più veloce ed efficace per vivere mondo e persone, tutte insieme, tutto d’un fiato.Accese il suo portatile, amico e alleato da sempre….lesse la sua posta elettronica.Un film avrebbe recitato C’E’ POSTA PER TE……

Era lui, Piero, con parole scritte, non solo parlate, comunicava, diceva:

Mi ha colpito l’arrivo del tuo messaggio stanotte. Avrei voluto mandartene uno io, ma mi sembrava troppo. Avrei voluto riceverlo ed è arrivato davvero.E’ stato un bel “buona notte”. Conoscerti meglio è stata una sorpresa e, come ti ho accennato, non mi sorprendo più con tanta facilità. Purtroppo vivo queste emozioni come una potenziale minaccia al mio equilibrio non sempre stabilissimo e allora mi sento un po’ strattonato tra la curiosità di approfondire e la paura di ciò che andrò a scoprire. Insomma, scusami se mi permetto di

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dire che il trulletto “ è un po’ da psicopatica” (era un bizzarro complimento), se a volte, se verrai ad Ostuni ancora, ti guarderò con intensità eccessiva o se a volte eviterò anche di guardarti. E, se ti va, fai altrettanto. In fondo, le relazioni hanno un senso se lasciano un segno, magari non una cicatrice, ma almeno un segno, un piccolo segno. Un bacio. Piero.

Mi piace scrivere…mi piace comunicare, mi piace leggere. Mi hai offerto una splendida opportunità.Partirei dalla definizione di psicopatica….definisci così una persona attenta ai dettagli e alla ricerca di tutte le nuance di colore che nella cromoterapia significano calma e tranquillità?Sono, dunque, una psicopatica; una psicopatica che ha avuto un enorme piacere nel sorprendersi che di banalità, forse, nella vita ce n’è ben poca….una psicopatica che avuto ieri il piacere di parlare ed intendersi con te, persona magnificamente profonda.Volevo dirtelo, trasmetterlo…ed ecco lo spuntare di un misero sms che conteneva il filtro di una serata di contenuto. Questo, però, non minaccia alcun equilibrio. Mi conosci poco. Sono una persona solo ed unicamente entusiasta della vita. So ringraziare ciò che non ritengo comune. Ho ringraziato te.

E via via, messaggi che seguivano e si rincorrevano….

Cercherò di essere un po’ più chiaro, ma non so se ci riuscirò e temo che finirò altrove. Non sei tu, né ciò che farai e fai, a minacciare il mio equilibrio e non mi riesce neppure semplicissimo spiegare a che sorta di equilibrio io alluda. E’ che a un certo punto della mia vita mi sono trovato senza pelle, a dovermi difendere dalle emozioni. Senza pelle, ogni carezza è un graffio, ogni sussurro è uno strillo, ogni odore è acre, invadente. E non esiste un filtro che ti protegga dalle emozioni negative. Ti crei un bozzolo che non faccia passare più nulla. E, a piccoli passi, ricominci a vivere, ma è come un elastico dietro la schiena che, quando ti esponi a stimoli eccessivi, ti risucchia e ti riporta indietro. Allora impari a riconoscere ciò che ti minaccia e lo eviti. Rinunci alle grandi emozioni, ma vivi. Ora è passato del tempo, sono certamente più forte, ma ho perso la spavalderia di quando credi di poter affrontare tutto e la vita la respiri a grandi boccate….Parlando di te, poi….Non ti conoscevo affatto. Odio le banalità e amo le piccole cose, i piccoli gesti. Non ti ho sentito mai dire una banalità e sono stato rapito da piccoli gesti apparentemente insignificanti. Non mi sento libero di poter continuare a curiosare nel tuo mondo. Ed anche ho un po’ di paura. Perché è vero che sono tornato più forte, ma svegliarmi al mattino pensando a qualcuno che non mi appartiene mi spaventa ancora.

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La vita mi ha insegnato a cogliere le positività quando ho la forza e il coraggio di riconoscerle. Senza paura. L’iperuranio, il mondo delle idee, conosce pochi esseri umani. Quei pochi sono felici, felici di provare solitudine, felici di provare gioia per le piccole cose, i piccoli gesti.Io, in questo momento di vita, cammino sola e felice.In questo periodo della mia vita BALLO da sola e la magia delle tue parole mi ha dato una pausa. Le persone belle esistono. Basta saperle cogliere e riconoscerle e offrire orecchi e occhi.

E lui …ancora

Mi hai incantato.

E lei seguitava

Mi hai incantato. Questo mi scrivi. Questo mi lusinga, ma inizio a sentire che ti stai perdendo. E’ stato un segnale incontrarti sulla mia strada. Forse Qualcuno mi ha insegnato di non perdere le speranze, di non vivere su una nuvola, di continuare a credere. Ti stringo forte la mano. Vivi sereno, forte, ma vivi. Mi hai regalato una gioia immensa. Le tue parole, velate di tristezza, racchiudono speranza e serenità.La serenità quella vera, fatta di cammino, di corse, di acciacchi, di salti. Serenità di un uomo vissuto. Ora ti ho conosciuto, attraverso la lettura delle tue parole. Non ci perderemo. Sarebbe un peccato. Le forme di vicinanza sono tante. Troveremo quella giusta lo so. Il sorriso tornerà a splendere raggiante. La mente a vivere tranquilla….

Adesso ne so un po’ di più, mia cara Marida, Ma ho sempre la sensazione di saperne un po’ di più di cosa pensi. Un po’ meno di cosa senti. Ma il mio senso del pudore e il rispetto che porto per la sfera intima di chiunque e ancora di più della tua, mi porta a sorvolare.So comunque che hai un grande cuore, un’anima lucente, una mente sottile…..Quando mi inoltro in un mondo affascinante come il tuo, rischio quell’ebbrezza che negli abissi ti rapisce e ti trattiene sul fondo fino a toglierti il respiro. Ed io ho già il fiato corto. In questo abisso ho scelto comunque di inoltrarmi, ma, come sai, la risalita ha i suoi tempi. Tornare di colpo in superficie ferisce. Quando non uccide.Tornerò presto al sorriso.Perché è stato bello conoscerti, pur non avendo vissuto se non le tue parole, il tuo modo di essere unica, profonda, solare….

Marida leggeva, piangeva, sospirava. Al mondo esiste la profondità dell’anima, la ricchezza….questo le dava la fiducia di credere che, prima o poi, nel suo cammino, avrebbe incontrato tesori nascosti da vivere, di cui godere. La corrispondenza con Piero le stava regalando l’ aspirazione dell’attesa, senza ansia, senza tempo…….

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La loro corrispondenza continuò fino a toccare temi celestiali, abissi marini, appagamenti terreni…..

Lui

Pensavo di aver serrato ogni porta d’accesso a quelle emozioni anche piacevoli ma che spesso avevano finito per turbare, se non scuotere, il mio equilibrio, reale o presunto. Ma ogni porta chiusa lascia passare spifferi e piccoli fasci di luce che, una volta liberi, spaziano ed illuminano. Ho conosciuto te ed ho subito pensato di dovermi difendere da quella donna comparsa improvvisamente in una notte in un cielo settembrino. Un angelo. Un angelo nero. Non ci sarebbe proprio da difendersi da una creatura così. Una donna capace di entrare in punta di piedi nella tua mente. Quell’angelo nero ha sfiorato la mia vita. Di lei ho respirato sensazioni e lacrime. Di lei ho sentito la forza di chi vola in alto. Di lei ho sentito l’incantevole fragilità. Avrei voluto difendere quella fragilità da tutto e da tutti. Perché il dolore non dovesse mai intaccare quella sensibilità e trasformarla. Ma era un angelo. Gli angeli non sono terreni. Ho quindi schiuso le mani e lascito che prendesse fiato e che tornasse a volare in lato, più in alto.Buon viaggio, angelo nero.

IMBARAZZOATTESE

APNEARESPIRO

UNA VOCEUN SORRISO

IL SUONO DELLE LACRIMEIL RACCONTO DI UN AMORE PASSATO

L’ACQUA DEL MAREQUALCHE SPICCHIO DI LUNA

MESSAGGI IN ENTRATA

EMOZIONI IN USCITAIL PIACERE DI SCRIVERE

QUELLO DI LEGGEREPAROLE DETTE E ASCOLTATE

PAROLE MAI DETTEIL BUONGIORNO

LA BUONA NOTTEIL PIACERE PIU’ CHIARO

UN ANGELO NERO

Le parole tra i due divennero ruscelli pieni di acqua, confidenze più assolute, il dolore nel cuore di Marida, la ricerca della viuzza carina da intraprendere per arrivare a vedere la luce. Spesso Bukowski si presentava nei pensieri notturni di Mari, con il suo pensiero…” stai in guardia, ci sono delle uscite, da qualche parte c’è luce. Forse non sarà una grande luce, ma la luce sulle tenebre. La tua

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vita è la tua vita.Sappilo finché ce l’ hai. Sei meravigliosa. Gli dei aspettano di compiacersi in te.”Questi passi di Charles Bukoswki riecheggiavano nella sua mente, spesso di notte, spesso di giorno, spesso bevendo un bicchiere di latte bollente, spesso sorseggiando un bicchiere di vino rosso. Spesso.Ricordava anche il suono di quei versi, letti da una grande attore di teatro che aveva incontrato forse nei suoi sogni, forse in un'altra vita, forse in una vita futura…………occhi azzurri come astri, voce imponente come vette che baciano la profondità del cielo empireo, calma come il mare jonio accarezzato da un vento di tramontana. Quei versi l’aiutavano a capire, apprezzare, credere, sapere, potere….

Una anomala sensazione

Arrivò con fredda fretta il due ottobre. A Marida pareva un giorno come tanti altri, di quelli in cui la “ tua vita è la tua vita”, quei giorni in cui devi solo iniziare a ballare e penne, tavoli, sedie, carte, sorrisi incominciano a danzare con te. Pareva così, fino a che non ricevette una telefonata

Ciao, tesoro, sono Anna, devo raccontarti di ieri sera, devo dirti…Cosa, cosa devi dirmi? – il cuore di Marida sussultò impaurito-Sai, ieri sera, ho rivisto Roberto. Abbiamo parlato tanto. Chiarito. Questa

lunga estate con te mi ha aiutata ad essere più forte, a capire. Ho deciso di riviverlo ancora. Di coltivare questo amore perduto apparentemente. Rivivrò questa storia con sana speranza.

Ma come, come può essere successo?

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Ci siamo ritrovati. Il brutto, ieri sera, dopo lunghe chiacchierate e pianti, è andato via. Ci siamo abbracciati e ci siamo rivissuti.

Sono felice per te. Ci sarò sempre. L’amore ha vinto sulle insicurezze e sulle paure.

Marida afona al telefono, rassicurava la sua dolce amica, le mostrava contentezza, ma la parte più nascosta di lei singhiozzava di dolore. Si sentiva sola.

Corse in giardino, guardò in alto cercando un perché, cercando una forza. Era sola. Marida era sempre stata sola nella sua vita. La sua forza era costata raziocinio e spesso scelte errate, poco emozionali e emozionanti. Aveva lottato con la vita dopo l’abbandono di suo padre, aveva scelto amici e parenti per manifestare immensamente la luce che viveva in lei. Ma quel giorno era spossata e stanca.Accese il suo computer, trepidante, di corsa, ammazzando violentemente il tempo, scelse il carattere della sua scrittura in neretto e le sillabe iniziarono a venire al mondo quasi per incanto, quasi non governate……..scrisse a Piero:

Come è strana e bizzarra la vita.Stamane un sorriso è spuntato col sole.Ora i miei occhi sono bui e grigi come la nuvola che invade il mio cielo.Ho parlato con Anna.Ieri ha visto Roberto.Torneranno a breve ad essere coppia.E io?Lotto con la vita per il rispetto di un giusto senso di amore e rimango senza calore nel cuore?E’ dura, Piero.E’ duro decidere di combattere ancora.E’ arduo riuscirci.Grazie di esserci.

La risposta di Piero non si fece attendere

Quanto strana e bizzarra è la vita.Oggi il suo Roberto, appare un San Roberto.Quanto strana e bizzarra sarebbe la vita,se dovesse vincere e sbancare giocando questa doppia coppia.Cancellando in un colpo la tua strana estate.Insegnandoci che lottare non serve,che il destino è segnato per tutti, che siamo troppo piccoli e deboli per crearcene uno nostro.Quanto strana e bizzarra sarebbe la vita,

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se quella nuvola sul tuo cielo coprisse per semprequel sorriso spuntato col sole.Se offuscasse quel giusto senso di amore per cui combatti.Se smettessi di lottare e scoprissi che gelo può pervadere il tuo cuorePer aver abbandonato una giusta battaglia.Quanto strana e bizzarra sarebbe la vitaSe il tuo Ugo portasse via un AngeloVola alto, Angelo nero.

Una lacrima ha rigato il mio volto leggendo le tue paroleIl tuo messaggio era forte e deciso come l’intenzione che avevo nel denunciare quanto strana e bizzarra fosse la vitaStrani i protagonistiStrano e bizzarro il comportamento dinanzi all’amore e al doloreSparisce la coerenzaSparisce il rispettoPare si annulli il doloreMa la mia sofferenza è troppo forte perché chi mi ha lacerato l’anima mi ricatturiOggi ho paura di solitudineMa avrei più paura per il mio domani se mi arrendessi oggi.

So che bene che la tua pelle non è la mia. Né vorrei che lo fosse.Certo non desidero che il tuoi occhi debbano vedere tutto ciò che hanno visto i miei.Ma se hai amato troppo, non credere che domani tu non possa amare ancora. O anche di più.E se hai sofferto troppo non credere di non aver più da temere dal dolore.Non pensare dunque che, se non si è come tu sei, si debba finire nel torpore dei sensi.Continua a vivere come sai fare.Continua ad amare come ti piace.Continua ad essere semplicemente come sei.La tua discrezione, la tua delicatezza, il tuo pudore, il tuo senso del giusto.Li conosco e li ho ammirati.Ma ho voglia di sentirti dire e di sentirti sentire.Non aver paura.

Autunno nel cuore

Solo nei primi giorni di ottobre, Marida iniziò a comprendere che la risalita nella vita è caratterizzata da passi lenti, da passi soli e in solitudine. La risalita è solo con se stessi.Una grande lacrima a forma di goccia perfetta rigò il suo volto e lei sorrise nell’accoglierla.

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Tra le foglie caduche di un autunno caldo meridionale, la bruna dagli occhi neri, raccolta su se stessa, escogitò modi e maniere per rivedere la sua luce.

La tua vita è la tua vitaNon lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell’arrendevolezza,stai in guardia,ci sono delle usciteda qualche parte c’è la luce.Forse non sarà una gran luce, ma la luce sulle tenebre.Stai in guardiaGli Dei offriranno delle occasioniRiconoscile, afferraleNon puoi sconfiggere la morte, ma puoi sconfiggere la morte in vita,qualche voltae più impari a farlo di frequente, più la luce ci sarà.La tua vita è la tua vita.Sappilo finché ce l’hai.Tu sei meravigliosaGli dei aspettano di compiacersi in te.

Era sempre Bukowski che la stava aiutando. Lei con gli occhi chiusi. Lui inconsapevole di farle del bene.

Si vestì in fretta, era il cinque ottobre. Indossò un vestito verde oliva con un discreto pizzo sul seno, raccolse i capelli neri con una fascia e uscì in fretta dalla sua casa.Le macchine sorpassavano la sua, tutte con la loro fretta, tutte in corsa contro il tempo.Lei, invece, non aveva fretta, non sapeva chi cercare, non sapeva cosa guardare, uno dei pochi giorni in cui non aveva una missione, in cui non aveva nessuno da aiutare, nessuno da ascoltare.Si fermò al ciglio di una strada di campagna, con un sotto scena di ulivi che si contorcevano alla sua vista, spense la sua auto, socchiuse gli occhi, stanca ed iniziò a sognare………….

papà, ciao, come stai? Non ci vedevamo da tempo…..come stai?Io…..sto bene, piccola mia, io……- le parole di lui tentennavano insicure-Non dire nulla. Parleremo più tardi. Abbracciami forte.

L’abbraccio dei due divenne stritolante, forte, importante. Nulla e niente li circondava. Nulla e niente più interessava loro. Marida e suo padre, dopo anni di nuovo insieme in una stretta imponente come una morsa. Un tutt’uno.La mente di lei confusa, rassicurata e felice.La mente di lui confusa, rassicurata e felice.Un padre e una figlia di nuovo uniti.

Ho fatto tante cose, lo sai, papà. Tante che non conosci, tante che vorrei raccontarti. Hai un po’ di tempo per me? Puoi ascoltare la voce del mio cuore? Puoi dedicarmi il tuo tempo?

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Certo, Marida.Sai, papà, ho sofferto tanto della tua mancanza, del tuo abbandono. Non

capivo. Non capisco ancora. Eppure ho superato i trentanni. A trentanni si potrebbe capire. Ma io non capisco ancora il perché.

Il capo di suo padre si abbassò con lentezza e umiltà, pronto ad ascoltare……Mi sono laureata da tempo. E’ stato un giorno bellissimo. Discutevo una

tesi in diritto di famiglia secondo la più attuale disciplina, mi voltavo nella grande aula gremita di persone, ma tu non c’eri. Capisci, tu non c’eri. Tu non c’eri quel giorno, come tanti altri in cui ho pianto e ho sorriso, in cui ho gioito e sofferto, in cui ho dato e ricevuto del male, in cui ho regalato del bene e lo hanno fatto a me. Perché?

Lui guardava sua figlia con dolcezza, felice di vedere la sua bellezza disarmante, i tratti nati da un’unione passata e felice. La rivedeva. La riconosceva. Ma lui non parlava.sai, papà, faccio un bel lavoro adesso. Sono docente in alcuni corsi di formazione. Insegno a vincere la paura di parlare in pubblico, insegno ad avere una comunicazione efficace, insegno a riconoscere i propri interlocutori con l’utilizzo di nuove tecniche comunicative.

Ma non posso insegnare a vincere una sola paura. La paura di essere abbandonati.Questo devi insegnarmelo tu. Devi aiutarmi. Qui e ora. Mi sento così fragile. Ne ho bisogno.

Ma lui non parlava ancora.sai, papà, non ho ancora un compagno di vita. Non sono stata brava ad

apprezzare gli uomini giusti per me. E sono scappata dalle persone difficili. Eppure sogno la famiglia che un tempo eravamo. Uniti, forti e felici. Ricordo i Natale trascorsi insieme nella nostra calda casa, ricordo i viaggi fatti in cinque in auto, canticchiando canzoni popolari. Ricordo quando strimpellavi la chitarra e cantavi “ Chitarra suona più piano, nessuno può sentire, soltanto lei deve capire”. Me la canti ancora?

Ma lui non parlava.sai, papà, sono una donna allegra, ma sai quanto mi costa il sorriso? Lo

sai? Ricordo quando mi accarezzavi e sorridevi con me e di me. Sei sempre stato fiero di me ed io di te. Sei stata

la mia ammirazione fino all’inizio della mia adolescenza. Ma poi non ho sentito più la tua voce, non ho sentito più il tuo calore. Sei svanito, nel nulla. Con mille scuse, infinite giustificazioni. Mi parlavi di un amore alla fine con mia madre, ma non mi hai mai parlato di un amore alla fine con i tuoi figli. Né mai saprò se ciò sia possibile. Vedi, prendimi le mani, senti il freddo che le stesse hanno sentito per anni. Le mie mani non le hai più accarezzate.

Ma lui seguitava a non parlare.sai, papà, ho comprato un trullo piccolo piccolo. E’ la risposta del calore

di una casa che non ho riconosciuto più. E’ il mio scrigno paradisiaco. C’è anche un po’ di terra e una grande albero che svetta verso il cielo. L’ho riempito di conchiglie e stelle marine, candele e cuscini. Di tanto in tanto, sono lì a pensare. Ci andiamo un giorno insieme?

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Ma lui non parlava.sai, papà, tu puoi non rispondere, ma io sono ugualmente felice di

parlarti. L’ascolto negato l’ho vissuto per anni. Ora mi basta che tu sia qui. Non forse per darmi delle risposte, ma per ascoltarmi.

La nostra famiglia è più grande ora, sai? Hai due bellissimi nipoti, allegri e spensierati. Abbiamo ricucito una vera famiglia, senza odio, con tanto amore.Io non ti odio, sai. Ho pensato di odiarti per anni, quando arrivava la primavera, l’autunno, l’inverno e l’estate. Ma non era odio. Era tristezza nel cuore. Era tristezza quando leggevo sofferenza nel volto di mia madre silenziosa e mai rancorosa. Era tristezza nel sorriso ironico dei miei fratelli, era tristezza nel vedere famiglie tranquille e felici, era tristezza nell’occupare per anni il posto vacante nel tuo letto. Era tristezza quando non ho potuto sfoderare con sicurezza la tua protezione e quando le piume sulla mia testa sono stati dei macigni. Ma lui non parlava ancora.sai papà, ho odiato invece il tribunale per anni. Mi ricordo le innumerevoli domande cui ho

risposto per ottenere un ché, che non ho ancora compreso. Matrimonialisti, divorzisti……. Ho odiato rendere pubblico un amore. E di quell’amore chiedere giustizia. Ma lui non parlava ancora. Né mai parlo.

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Finalmente un sogno

Ma ho sognato? Ho sognato mio padre? Sono ferma al ciglio di una strada familiare, quella che percorro sempre per raggiungere lavoro, amici, serate spensierate e negozi. Mi sono presa una pausa dalla vita e sono qui, sveglia, senza contare il tempo. E ho sognato.Quanto mi piace sognare, riesco a far rivivere le esperienze già passate, a salutare persone che non incontro da tempo. E’ come se la mente lavorasse costantemente…è come se si allenasse con cento flessioni rievocative.Finalmente un sogno sereno impiantato su un amaro ricordo. Ho sognato l’uomo che ho amato tanto e che oggi ho scoperto di aver perdonato.Ho perdonato la sua dimenticanza profonda, ho perdonato il suo abbandono. Lo ricordo forte, sicuro e deciso come era un tempo.Gli ho scattato una foto da bambina e oggi me lo porterò così nel cuore, sotto il mio vestito verde oliva.L’immagine lo ritrae con quella unica carnagione olivastra, col suo vestito preferito verde militare, col suo sorriso ammiccante.Vorrei solo gridare gioia, non è più il mio incubo, la mia paura. Con la luce degli anni che passato veloci e lenti, mio padre ha un posto chiaro nei meandri della mia mente.E’ mio padre.Non esiste un modo o uno stile per essere un buon padre.Esiste per me un modo mio e uno stile inconfondibile, forse, per essere una bella persona, indipendentemente dall’essere una figlia.Sono figlia di chi oggi mi vuol bene e ricordo di essere stata figlia di chi un tempo me ne voleva, e anche tanto.Forse dovrei anche ringraziare gli eventi. Oggi non sono vittima di un abbandono, sono stata invece resa forte da un abbandono. Ho assaporato il gusto delle vicissitudini vita condotta da protagonisti da sempre, quella in cui diventi parte attiva di un maestoso spettacolo, quella in cui tutto dipende da te.Dipende da te la tua realizzazione personale, la tua serenità, la felicità dei tuoi vicini e da chi entra in contatto con te.Oggi lui sarebbe fiero di me, si emozionerebbe solo a guardarmi.

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Ma ciò che è diventato importante e che io sia appassionata da me e sono incommensurabilmente felice di essere me. E da oggi non sogno di me. Ma vivo.

Mi stiracchio, quasi reduce da un lungo letargo, accendo una sigaretta e, sicura di avere svelato a me un arcano, decido di raggiungere la scuola in cui oggi terrò una lezione a laureati e professionisti.Ci sono lezioni che conosco a menadito, ma ogni volta un tremore insolito mi invade. Comunicare insegnando a comunicare è affascinante ma assai arduo.Comunicare e divertire è sempre difficile.

Comunicare ed essere avvincenti non deve spaventare.Ma un lieve “ friccicorio” misto ad eccitazione mi anima sempre.Entro nell’aula calda e già scaldata da presenze fresche.Saranno circa dodici partecipanti.Velocemente passo al dettaglio visivo tutta la platea sorridente e ospitale.Leggo fugacemente i cavalieri indicanti i loro nomi….Mi presento.- Buon giorno, sono Marida Lenza, docente in comunicazione da circa cinque anni. Ho una sciocchezza in più di trentanni.. Sono contenta di essere oggi tra voi. Ma intanto vorrei conoscervi, per cui con un breve giro di tavolo, mi piacerebbe vi presentaste e, dopo avermi fatto conoscere il vostro nome, età ed esperienze personali, vorrei che ognuno di voi mi dicesse come gradirebbe trascorrere questi due giorni insieme e cosa si aspetta da questo corso…….

Inizia così il ballo delle presentazioni, ognuno col suo stile, ognuno con la sua sicurezza, ognuno con il suo ritmo….

Salve, sono Davide Merli, ho trantacinque anni. Laureato in economia aziendale da circa dieci, sono area manager e gestisco venti risorse per una azienda di telecomunicazioni. Vorrei in questi giorni dimenticare il lavoro e le responsabilità che lo stesso mi comporta ….spero che questo corso mi regali solo questo….

Buon giorno, sono Daria Gioia, ho quarantanni da pochi giorni. Sono laureata in Giurisprudenza a Parma. Ho avuto esperienza nel mondo finanziario come consulente per anni. Ora mi occupo del coordinamento di dieci uomini che operano nel commerciale. Sono particolarmente felice di essere qui e mi auguro che questo corso mi fornisca nuovi stimoli motivazionali che mi consentano di essere sempre “ positiva” nella giornata lavorativa e, perché no, di essere sempre più felice della mia vita e delle mie scelte personali.

Buon giorno a tutti, sono Maria Porceddu, sono nata a Cagliari trenta due anni fa, vivo a Milano da dodici anni, città in cui mi sono laureata in Scienze statistiche ed economiche. Mi interesso di ricerche di mercato da sei anni. Sono qui per potenziare la mia capacità di comunicare con gli altri, sia nel mondo del lavoro, sia nel privato.

-……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………tutti si presentano, ognuno con la sua voglia di parlare in pubblico, ognuno con

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il suo desiderio di sfoderare la sua personalità. Tutti uniti da una giacca e una cravatta e tutte unite da vestiti formali. Per loro, per tutti, quasi un giorno solenne. Un esame.Che tristezza! Sarebbero molto più affascinanti in abiti con i loro nomi e le loro reali caratterialità. Collettoni alti un metro, bottoni bianchi sparsi ovunque, shantung onnipresenti…..che ne dite, signori uomini, vogliamo togliere queste belle cravattine che di certo sfoderate ogni giorno della vostra vita?Un lieve stupore, poi, tutti eccitati dalla provocazione, fanno gesti di liberazione da una convenzione del quotidiano e…..piccoli pezzi di stoffa arrotolati iniziano ad ingombrare il lungo tavolo disposto a ferro di cavallo…

Ah sì, così va meglio. Mettiamocelo in testa: l’abito non fa il monaco. E così…i loro profumi di colonie francesi “ fresiate o lavandate”……nebulizzerei nella stanza odore di funghi e muschio!

I loro volti si fanno più distesi i loro occhi attendono la mia voce, le mie parole……

Parleremo di assertività. Parlerò di assertività a voi che espletate il vostro lavoro gestendo uomini, coordinando riunioni di lavoro, a voi che decidete in gruppo e in contatti sociali più vasti.Parleremo insieme del modo in cui presentiamo le nostre idee,di come valorizziamo il nostro contributo professionale ed esperienziale riuscendo a motivare i nostri collaboratori ed a raggiungere il consenso nelle riunioni di lavoro.

E’ importante, quindi, miscelare una buona immagine di sé privata e professionale, con assenza di paure o inibizioni sociali e con la presenza di affinate abilità interpersonali.Solo così si potrà acquisire una ricca competenza manageriale.Occorre essere assertivi e insegnare ad esserlo.Non guardatemi così! Ho detto tutto e niente…….assertività è…..Mi piace ricordare e menzionare un’unica definizione di assertività pronunciata da un tale Wolpe agli inizi degli anni sessanta:” l’assertività è l’espressione di tutti i sentimenti che non siano l’ansia”. Questo grande terapista comportamentale intendeva solo l’ansia inibitrice di comportamenti e di stili assertivi. Senza ansia, dunque, ciascuno di noi potrebbe riconoscere le proprie esigenze e affermarle all’interno del proprio ambiente. Sono assertivo se non induco l’altro alla passività e alla aggressività.

Gli sguardi dei partecipanti sono attenti e incuriositi. Una sorta di attesa di colpo di scenda regna tra loro.

- Io sono OK e tu sei OK: da qui parte una buona comunicazione assertiva.Riesco a stare sullo stesso piano di un interlocutore con un buon equilibrio personale ed emotivo, scevro da sentimenti ed emozioni di ansia.

Mi volto d’un colpo, afferro un lettore compact disc legato a due casse, metto un cd e inizia una musica lenta, soave.

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Spengo le luci e invito tutti ad abbandonarsi…. Pensate ora a tutto quello che vi dà gioia, un pensiero da bambini, un

pensiero da adulti sereni, il pensiero del mare, il pensiero dei pianeti che abbracciano il sole. Sgomberate la mente dal brutto. Pensate ad un’onda perfetta……………Sconfiggiamo le paure passate e presenti che ci arrechino ansia….

La musica suonò lenta per i loro cuori e le loro menti. Un’energia folgorante iniziò a sprigionarsi tra loro, silenziosa, come una fuga di gas invade impetuosa una stanza.Anche Marida, Marida in veste di docente, si rilassò con loro. Una comunione. La voglia di essere pacatamente invincibili.La voce di Marida iniziò ad emettere suoni soavi….

Sei piccolo, piccolo, felice, corri su una distesa di prato verde e rigoglioso. Tanti fiori ti circondano, sono rossi come papaveri, sono gialli come fresie, sono bianchi come gelsomini. L’odore che respiri è quello che più ti piace, l’odore di una torta al cioccolato appena sfornata, l’odore del mare prima dell’eccitazione di un lungo bagno.Il cielo azzurro ospita nuvole ben disegnate, come quelle che vorresti toccare con un dito e sgonfiare riducendole in pioggia. Cammini, lentamente. Tutto questo ti piace. Ti fa sorridere. Apri le tue braccia e prova a correre verso l’orizzonte. E’ una sfida o un gioco. E’ tutto quello che più ti piace. Corri, corri, ti fermi, cammini, ti riposi, sorridi.Hai tutto il tempo che vuoi per essere felice di tutto ciò che ti circonda. Corri, ti fermi, cammini, riposi, sorridi. Ti siedi, accovacciato sulle tue gambe, alzi gli occhi al cielo e scorgi l’arrivo di una brutta pioggia, forse una tempesta, forse un temporale, ma di certo una pioggia. Ti intristisci. Hai paura. Hai paura di non riuscire a rientrare a casa prima che le gocce e il vento ti raggiungano. Hai paura. Non c’è freddo. Ma tu tremi. Tremi per quello che potrebbe succedere di lì ad un attimo. Hai timore. Ansia.Attorno a te non riesci più a vedere i fiori, a sentire gli odori. Avverti odore di erba bagnata, di terra inzuppata. Sei scarico e scoraggiato………………………………………………………………………………………………………………………………………….Ma poi, ad un tratto pensi che la pioggia potrebbe finire in un batter d’occhio, se mai arrivasse; pensi che potrebbe ristorare il grande caldo che la tua pelle avvertiva, pensi che avrai tutto il tempo di farti una grande doccia sotto la pioggia rincasando. Pensi che sarebbe bello assistere ad uno spettacolo di acqua che scende dal cielo e che domani farà di questi fiori, fiori ancora più colorati e nutriti. Non hai più paura né ansia. Pensi che sia bello anche questo. E che se pioverà tu sarai lì ad accogliere la pioggia e ad aspettare che timide lumache inizino le loro passeggiate. Non hai paura. Sei felice. Guardi il cielo e sei felice. Ti risollevi. Cammini sorridente. Corri, ti fermi, cammini, sorridi. Hai percorso un grande cammino e hai compiuto un grande passo. Non hai più paura di nulla.

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Dimmi di te L’ uditorio era quasi in catalessi. Il silenzio pensieroso sovrastava la grande aula e gli omini che la vivevano. Quella musica aveva creato un sogno, aveva sgomberato il serbatoio della mente da inutili paure. Una immensa vitalità si era diffusa nell’etere. Pensieri singoli, benessere comune.Marida scorgeva nei loro occhi la brama di continuare a giocare con le idee, la voglia di far riposare pensieri paludosi. Sentiva di aver acceso con il fiammifero della magia dell’anima il desiderio di continuare a solleticare nuvole chiamate pensieri.

Allora, come vi sentite? Io avverto tranquillità, un senso di pace. Tu, Davide, cosa stai provando? Ce ne vuoi parlare?

Si, sì…..mi piace parlare della sconfinata emozione che ho avvertito durante il nostro esercizio. Ho pensato alla ansia che si scatenava in me credendo che stesse arrivando la pioggia. La pioggia l’ ho paragonata alla cessione dell’azienda per cui lavoro. Spesso, infatti, pensando al subentro di titolarità nella proprietà della TELENUM- è questo il nome della società di cui faccio parte e che presto sarà venduta- una infinita ansia diventa padrona del mio corpo e della mia mente e ho paura…..

Di che colore vedi la tua paura? Hai parlato di “corpo”, cosa ti succede?

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Marida lo fissava attentamente, quasi intenerita. Ma allora anche i maschi hanno un cuore, una fragilità……anche loro vivono le paure e soprattutto sanno parlare delle loro debolezze! Ma perché mai in qualità di insegnante riesco a far parlare i muri e nella vita privata i muri fanno parlare me? Mah….

Lui continuavaVedo tutto nero, immagini nitide e scure. Pensate, riesco addirittura a

sudare con il solo potere delle preoccupazioni e di quello che potrebbe accadere. Potrebbe succedere che la società entrante ritenga inutile ed inopportuno il numero delle risorse oggi in azienda, potrebbero alterare l’equilibrio umano per cui ho tanto lottato. Questo mi atterrisce. Questo mi crea ansia.

Marida si addolcì pensando che quell’uomo così forte che il suo sguardo aveva avuto il piacere di notare, era un uomo che credeva, lottava, combatteva. Da insegnante e da donna era curiosa di scoprire come Davide e gli altri presenti avessero ammazzato le paure.

Hai comparato l’arrivo improvviso della pioggia alla vendita della azienda per cui lavori da anni, con passione, sacrificio, amore. Ed ora, cosa pensi?

La postura di Davide divenne più composta, l’espressione del suo volto più distesa….

Se la pioggia dovesse arrivare, perché, sottolineo perché, amareggiarsi inutilmente per un cambiamento che invece potrebbe sortire effetti positivi e benefici?

La nuova società, probabile, potrebbe anche possedere risorse e strumenti ancora più all’avanguardia e magari essere i primi in Europa a produrre telefonia per il nuovo sistema UMTS!Grazie, Marida, ho compreso con un banale esercizio, che l’ansia, tante volte, è data dalla paura dell’ignoto, dalla poca fiducia in se stessi in alcuni momenti della vita. Oggi sono pronto ad essere sfidato dagli eventi. Sarà comunque sfidante trovare una soluzione.

Davide aveva vinto.Daria e Maria avevano vinto.Carlo e Claudio avevano vinto.Ferdinando, Cristian,Vittorio, Giulio e Paola avevano vinto.Nicola e Adriana avevano vinto anch’essi.Marida, invece, continuava a vincere, ma sempre e solo nella giornata lavorativa. Lì era brava e forte.

Vincere le proprie paure significa trovare sempre una via d’uscita , significa non farsi alterare dall’ascolto dell’altro nostro io.

-Tornando all’argomento principale del nostro incontro, vorrei evidenziare che il comportamento del soggetto assertivo, partendo dalla sconfitta delle personali paure, è rivolto verso se stesso e verso gli altri, rispettando la valorizzazione delle proprie e delle altrui risorse. Così si realizza crescita reciproca.

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L’assertivo è attento a sé e agli altri, non è condizionato dai terzi,ma è attento a considerare l’opinione degli stessi.Nel 1973 Libet e Lewinsohn, parlando di assertività, evidenziavano nel soggetto assertivo “la capacità di utilizzare, in ogni contesto relazionale, modalità di comunicazione che rendano altamente probabile reazioni positive dell’ambiente e annullino o riducano la possibilità di reazioni negative”.Tutto ciò sembrerebbe difficile, ma con impegno ed esercizio, potrebbe diventare il nostro stile di vita. Che ve ne pare? Giochiamo ancora un po’.Carlo, Paola, venite qui vicino a me.Carlo è un impiegato della polizia municipale. Si avvicina all’auto di Paola parcheggiata solo per pochi minuti in prossimità di un non rispetto di passo carrabile e appone una multa sul tergicristalli della macchina indebitamente parcheggiata. Paola è furiosa. Aveva lasciato l’auto solo per pochi istanti e ritrova una contravvenzione. I due dovranno gestire il conflitto con stile assertivo.

Paola e Carlo sorridevano con lo sguardo già divenuto complice, ognuno di loro contento di manifestare e tentare di applicare i principi, oggetto del loro incontro….

Carlo con una postura diritta, col lo sguardo sul suo taccuino sul quale appuntava note, dirigendo di tanto in tanto lo sguardo verso la lavagna, lavagna che lui e i partecipanti vedevano auto. Scriveva, scriveva, calmo, attento, sicuro di fare il suo dovere.Ad un tratto, appare e sopraggiunge Paola, curiosa dapprima, irritata poi….Ma, mi scusi, quella è la mia auto!

Non lo sapevo signora, ora lo so. Lei , purtroppo, ha parcheggiato dove non è consentito. Devo farle una contravvenzione.

Ma cosa dice, solo per pochi minuti…..e poi….non ha mica fischiato?!Mi consenta, signora, forse non ha avuto modo di sentire il richiamo…ma

io ho fischiato per ben tre volte, non avendo visto il proprietario dell’auto, ho dovuto fare il mio dovere, e quindi una multa.

Ma, signor vigile, la prego. Per pochi attimi non vorrei prendere la multa…

Signora non insista. Non potevo far altro. Mi spiace.Ho già scritto le note delle contravvenzione e ora non è più possibile tornare indietro.

Ma quanto dovrei pagare?33,60 euro.No, proprio non ci voleva. Io lavoro come lei. E’ un’uscita inaspettata!Può

venirmi incontro? Lei ha ragione, ma vorrei trovare un’altra soluzione. Mi aiuta?

Guardi, lei è così educata e per bene….ripeto mi spiace……potrebbe recarsi subito al comando della Polizia Municipale, chiedere una conciliazione, così magari riuscirà a risparmiare. Che ne pensa?

Penso che lei sia un bravo vigile e che tenterò questa strada…..ma mi raccomando….la prossima volta fischi dieci volte…potrebbero esserci degli automobilisti con un udito precario!

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Beh, signora, quelli non dovrebbero addirittura guidare. Stia bene, è stato un piacere conoscerla.

Grazie, arrivederci……

Il roll play si chiuse con una risata fragorosa. Entrambi avevano risolto un conflitto. Sicuri nell’asserire la propria idea, ma rispettosi l’un dell’altro.Marida gioiva.Erano stati bravi. Lei anche a dare loro indicazioni….D’un tratto si fermò per un istante a pensare…….

Però, com’è bella e facile la vita quando riconosci nell’altro un amico che possa far tesoro di quel che trasmetti lui.Com’è bella e facile la vita quando hai l’umiltà di imparare dagli altri sempre, in ogni luogo, da piccoli gesti, da piccole parole……Però, com’è bella e facile la vita quando indovini sempre ed in ogni circostanza il modo più conciliante di comunicare…..Vorrei aver la vita per dare e avere la vita.Vorrei sorridere e sdrammatizzare.Vorrei sorridere e saper chiedereVorrei sorridere e saper sempre dareVorrei aver la forza costante di capire e di sentire e di respirare l’anima della vita.Forse, mi basta solo il tempo.Ma cosa diavolo sia questo tempo devo ancora comprenderlo.

Tempo, tempo.D’accordo….tempo….tempo……….Ma se questo tempo non inizia a manifestarsi in un qualcosa di speciale, diventerò una donna da manuale ma non più una donna di cui godere! Vi pare?

Tutto potrebbe essere un gioco

Marida grata allle conquiste del suo quotidiano, soddisfatta del suo lavoro e del modo di viverlo.

Un gioco. Un’ altalena ludica di emozioni.

Tornò a casa come sempre e come sempre accese la sua musica.

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Scaraventò la sua giacca sul divano ecrù ed incominciò il suo dondolio ozioso per casa. Ondeggiava le sue braccia, viveva la musica che ascoltava. Canticchiava una canzone su una canzone, inventava parole e testi.

- Mi consumi, mi consumi…..na na na….mi consumi…..pappara……

Mi capita sempre più spesso di entusiasmarmi per le emozioni che io stessa metto in contatto con me stessa. Le cerco, le trovo e le rendo familiari a me. Mi sono proprio amica. Sono amica di me stessa. Mi piace vedermi sorridere e piangere. Mi piace aiutare la tristezza di alcuni momenti con lacrime lente e canzoni sconosciute. Mi accarezzo i capelli. Quanta strada ho percorso! E quanta ne percorrerò ancora! Un giorno forse mi dirò “brava” o forse “ sarebbe potuto andare meglio”, ma non vorrei mai dirmi “ peccato!”

Mi consumi…..mi consumi…….papparà……

Domani al corso vorrei giocare ancora, vorrei divertirmi e regalare una giornata rosea, libera…..dovrò inventarmi qualcosa….dovrò tirar fuori dal cappello della mia capoccia un’ idea brillante.Mi sdraio sul un grande tappeto al centro della stanza, padrona del “mio” territorio e, con le mani sotto la nuca…….canticchiando ancora….

oh per averti…farei di tutto….anche perdere la stima di me stesso……na na na…na na …………

Idea nata!

L’indomani……col gioco nei pensieri, nel mondo contento dei pensieri, Marida corse in aula….

Ben trovati tutti. Oggi siete speciali! Noto con enorme piacere che chilometri di tela jeans vi abbiano avvolto le gambe e tessuti colorati vi abbiano coperto il busto. Finalmente!

Ieri sera, a casa, ho pensato ad ognuno di voi, ho pensato che ognuno di voi abbia delle unicità, delle bellezze rare. Forse, oggi, è arrivato il momento di fondere il vostro modo di essere speciali, uno con l’altro, uno per l’altro.

Volete cantare, ballare, raccontare barzellette?

FELICITA’: queste le particelle che inondavano l’aula occupata da uomini semplici, ognuno con i suoi problemi, ognuno con le sue paure e speranze, ognuno col suo desiderio di vincere.

Davide pensava sì al superamento dell’ansia arrecata dalla vendita della azienda per cui lavorava, ma pensava anche , e principalmente, alla malattia di suo padre che stava incessantemente e prepotentemente spezzando la vita di un uomo buono. Avrebbe voluto far di più, gridare, aiutare, chiedere di pagare un pegno per salvargli l’esistenza. Impotenza.

Maria volgeva il pensiero al fallimento del suo matrimonio, quello per cui aveva lottato , contro il volere dei suoi familiari.

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Era andata a vivere a Milano, Maria, sola ma felice, felice di vivere in una piccola casa di Corso di Porta Romana con lui, iniziatore di sogni e progetti. Ma un giorno, un triste giorno, uno squallido tradimento, di quei tradimenti che ti impoveriscono di forze, l’aveva resa sola, sola solo con la sua voglia di ricominciare.

Claudio appariva sereno, uno di quegli uomini che forse l’esistenza non ha mai incupito. Ma anche lui, lui che forse sapeva amare, sognava un incontro, un incontro che gli avrebbe dato la magica opportunità del dare.

Tutti felici in Superficie, ma immobili in Profondità. Un surfer sulle onde del mare e un palombaro sotto l’acqua in attesa silenziosa.Marida infranse il silenzio.Ora andiamo fuori, in giardino. Vi dividerete in gruppi da sei. Vi fornirò fogli di carta bianca, colori a spirito, forbici, cordine di cotone ed ogni gruppo dovrà costruire un aquilone. Cosa è un aquilone per voi, cosa rappresenta?

Aquilone è libertà- rispose Cristian.Aquilone è voglia di amore- replicò ClaudioPer me l’aquilone rappresenta la felicità, l’allegria, ma anche la direzione-

aggiunse Daria.Bene, costruiremo la libertà, l’amore, la felicità e la direzione, la guida.

Costruiremo tutto questo. Oggi, insieme e da soli. Possiamo lavorare per oltre due ore, poi premieremo l’aquilone più bello e l’aquilone che rimane più tempo in volo, considerando e valutando i tempi che investiremo per costruirli. Siete pronti?

Un SI’ di quelli che ti auguri nella tua giornata di sempre di sentire in ogni momento di solitudine mentale. UN SI’ UN GRUPPO L’ENTUSIASMO LA RIVINCITA LA LIBERTA’ L’ AMORE L’OBIETTIVO LA GUIDA SEMPLICEMENTE UN GIOCO

L’ aquilone

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Una lotta contro il tempo, sogghigni nell’aria del giardino che gli accoglieva ridente. Un prato verde appena rasato. Occhiate curiose venivano dalle finestre delle altre aule. Una sorpresa per tutti.I due team da sei si separarono cercando allocazioni e rifugi che li tenesse distanti, gelosi ognuno del proprio estro. Il primo gruppo trovò sistemazione vicino alla piscina e, seduti su comode sdraio blu iniziarono a bisbigliare confrontandosi, il secondo, invece, si sistemò nel giardino, all’ombra di una grande dracena.Marida soddisfatta nel guardarli al lavoro.

Il suo unico compito : contare il TEMPO.

- Dunque, sono le dieci. Alle dodici e trenta premieremo l’aquilone che risponde alle caratteristiche che vi ho già elencato. Pronti, via…..

Sembravano tante formiche in cerca della formica dalla testa rossa o tante api in cerca dell’ape regina. Cercavano un leader tra loro, uno che facesse da moderatore ed attivatore di potenzialità nascoste.Subito partorirono una scelta, evidenziando una figura per gruppo.

Daria, dalla sua chioma rossa e ricciolosa, capo indiscusso di uno delle due fazioni, parlò ai suoi compagni:

Che bello. Il nostro aquilone sarà speciale. Mi dite, per favore, cosa sapete fare meglio? Chi è bravo a disegnare? Chi è abile manualmente a costruire? Qualcuno di voi ha già avuto una esperienza simile, anche da piccolo?

Daria aveva indovinato la strada. Il loro cammino era quello che li avrebbe portati presto a volare. Ognuno di noi è speciale ed unico per qualcosa, ognuno di noi ha potenziato delle capacità. Tutti, però, ben coordinati, possiamo fare tutto.“ Stupido è chi lo stupido fa”……. Il volo, così, si spicca in un batter d’occhio…..

Mentre tutto procedeva in modo a volte anche ironico, Marida decise di accomodarsi su una panca di pietra grigia che pareva invitarla a riposare.Si sedette.Sbadigliava un po’, quel che basta per farle venire alla mente il suo grande lettone……. Ogni tanto cercava di seguire i dodici partecipanti al suo corso, ogni tanto guardava i fili di erba appena tagliati, ogni tanto guardava le grandi piante che padroneggiavano nel giardino e qualche volta guardava un uomo sconosciuto che, incuriosito, la stava fissando.Un lieve imbarazzo.

Un incontro.

Ma chi è, cosa vorrà mai, cosa avrà da guardare?

La vita per te è proprio un gioco?Probabilmente, perché me lo chiede?Perché trovo fantastico il suo modo di vivere questa professione!

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Marida, sospirò. Qualcuno che spontaneamente non la combatteva. Lo sconosciuto non combatteva.Lo sconosciuto non combatteva.

-La ringrazio…ma non ci presentiamo? Io sono Marida Lenza.Sono Mario Franchi. Insegno anche io in questa scuola da poco. Ah, che piacere. Che corso stai tenendo oggi?Tecniche di coaching.Beh, e il pallone dov’è? I tuoi giocatori dove sono? Sai, mi piace

insegnare giocando. E a te?Mi hai dato un’ idea originale. Inviterò i miei uomini in giardino. Ci

saranno aquiloni e palloni insieme, cielo e terra insieme.

Quest’uomo mi piace molto. Ha una passione nella voce e negli occhi che già mi fa bene.

Un giorno di Ottobre, per fatalità, per caso, per anomala coincidenza, Marida si trovava in un bel giardino, dai colori di un felice presepe, dai toni caldi ed affettuosi. Era lì, per fatalità, per caso, per anomala coincidenza anche Mario.Una domanda, un sorriso, una splendida esperienza. Le cose accadono quando non le cerchi e quando ci sei al momento in cui le stesse ti chiamano. Poche parole. Il serio unito al faceto. Il faceto nelle vesti del serio.Un occhiolino abbracciò lei e i suoi entusiasmi. Un sentimento di protezione. Un uomo dagli occhi del colore del cielo primaverile la accolse nella sua casa: da impaurita, sicura, da titubante, sicura. Grazie, uomo grande.

Mario, come mai sei qui da poco? Di dove sei?Sono qui perché mi hanno affidato la responsabilità direttiva di una

scuola di counceling ed ho quindi accettato anche l’incarico di tenere delle lezioni anche nella FORCOMUNICARE. Sono di Firenze. Ho lasciato per un po’ lì la mia famiglia. Vado di tanto in tanto a trovarli.

Famiglia? Hai bambini?Sì, ho due figli e sono sposato con Ermelinda da otto anni. Tu?

Ma come faccio a dirgli che a trentanni non ho ancora organizzato la mia festa di matrimonio e non ho ancora cucinato un brodo di pollo la sera per qualcuno che non sia io!! Uffà! Non è bello ad una certa età chiedere ad una signora di rispondere a certe domande!

Non sono sposata. Non credo neppure di poterti dare questa notizia a breve. Sono sola da poco. Per scelta.

Per scelta? Chiamiamola scelta. Forse scelta inevitabile.

La voce di Marida si fece bassa, rattristata dalla sua stessa risposta. A volte parlare mette a nudo verità sommerse. Marida aveva una grande desiderio di coppia, ma un desiderio difficile da realizzarsi. Cercava un uomo unico, con una mente stimolante e con un cuore pieno di sorprese. Ma a una età composta da un tre più altre cifre, una donna, anche se rara ed introvabile, odora del santo sposalizio….purtroppo…

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Mario le piaceva. Un mistero svelato. Gli uomini che sanno amare e che vogliono amare sono sempre sposati. Perché rischiano. Rischiano in amore. Rischiano di fare abbuffate di amore e di essere saziati dall’amore. Chi ama non ha paura di sbagliare. Ama e basta. E Mario aveva amato e basta. Con i suoi TEMPI. Con i Tempi repentini e veloci di chi non vorrebbe perdere un attimo della vita del suo compagno. Era sposato. E non solo. Aveva due figli. Sicuramente belli come lui. Con profondi occhi. Due figli di certo sereni come lui. Lui era un uomo tenero e tranquillo.

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AQUILONE GUIDA

Nelle ore che seguirono, Marida e Mario aprirono cuore e mente e le impastarono insieme. Si scambiarono opinioni, racconti. Due mondi lontani ma ora vicini. Il loro entusiasmo per la vita, il loro modo simile di vedere e sognare e vivere l’amore. Si divertivano con un gioco sottile fatto di lettere, di consonanti, di risate fragorose.Gli aquiloni iniziavano a prendere forma e il pallone rotolava spinto dalla forza e dalla passione. Ventitre persone unite dalla sfida ed unite da Marida e Mario.Il cortile della scuola aveva assunto un colore vivace, l’erba piegata dai calci dei giocatori di pallone e l’aria riempita dallo svolazzare di due nuovi amici aquiloni.

Marida ignara del fatto che da quel giorno iniziava la sua storia dell’ aquilone guida.

Il time out fu fischiato per tutti. Su un tavolo bianco di resina furono appoggiati i due aquiloni: uno grande con quattro rombi alternati rossi e bianchi ed uno di modeste dimensioni con delle appendici di carta di color arancio.Un po’ bruttini entrambi, ma singolare il loro ruolo potenziale.

Allora, prego i giocatori di pallone e il loro capo squadra, Mario, di assistere alla nostra gara di aquiloni e di aiutarci a scoprire l’aquilone che vincerà il premio. I partecipanti che avranno realizzato l’aquilone più bello e che rimane più tempo in volo, vincono la partecipazione gratuita al corso di autostima che organizzo il prossimo week end in una bellissima azienda agrituristica. Siamo pronti?

Uomini divenuti marmocchi. Con espressioni trepidanti. Una prova pura e pulita.Marida invitò i leader dei due gruppi a presentare il loro aquilone.Abbiamo scelto un aquilone grande perché vogliamo che sia notato da tutti. I colori scelti rappresentano quelli della squadra di calcio del Bari. Tutti hanno collaborato alla sua realizzazione.

Il nostro aquilone, invece, è di dimensioni ridotte, perché abbiamo creduto che la leggerezza gli avrebbe consentito una agilità maggiore. Abbiamo colorato le frange che si muoveranno come innumerevoli ali quando lo stesso spiccherà il volo.

Partì, dunque, la votazione dell’aquilone più bello.

Braccia alzate, busti eretti elessero quasi all’unanimità l’aquilone bianco- rosso.

Votiamo ora l’aquilone che riuscirà a rimanere più tempo in volo! Il tempo che avete investito per costruirli è stato uguale, per cui questa

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votazione potrebbe decretare la vittoria indiscussa dell’aquilone bianco – rosso o lo spareggio delle due squadre.

I due gruppi riuniti, afferrando i due variopinti oggetti volanti, allo scoccare del “via” lanciarono i due aquiloni.Un secondo, due, cinque, dieci, cinquanta, cinquanta cinque e l’aquilone più bello toccò di nuovo il suolo, per la verità stramazzò al suolo….. mentre le frange arancio dell’altro continuavano simpaticamente a svolazzare nel cielo.Sessanta secondi, ottanta, ottantuno, ottantatre ….ed anche l’aquilone bianco raggiunse il suo amico sul prato verde. -Spareggio- gridarono tutti. Spareggio.

La parità non sempre richiede uno spareggio, non pensate? Siete stati tutti bravi. Se volete, potrete partecipare tutti al mio corso. Sarà un modo per rimanere uniti. Che ve ne pare?

Marida indovinava sempre il modo di creare sfida ma poi di unire tutti in uno spirito di comunione di intenti, stimolati da un insolito senso di amore che anima gli uomini. L’amore per tutto e per tutti.

Ritornarono in aula. Ringraziamenti. Carezze. Saluti. E poi a casa, ognuno nella sua. Ognuno portando nel petto un piccolo tesoro di grandi sensazioni.

Marida rimase a scuola.Mario anche.I due insegnanti vogliosi di rovistare nelle esperienze del passato e di conoscere i ricordi e le speranze.Il primo a muovere i fili lenti delle parole fu Mario…

Mi stupisco alle volte del silenzio di questo posto. La grande città qui attorno si concede una pausa, lascia la sua energia, i suoi dolori, urla, caos e traffico ai confini di questa scuola. Come una marea che si ritira, come una porta che si chiude. Come stai? E’ questa la domanda che vorrei farti e quando sai che ti manca una cosa semplice come questa sai che ti manca tutto….ti conosco così poco….ma mi pare da sempre.

Mi chiedi come io stia? E’ una domanda semplice ma non usuale. Neppure tra amici e conoscenti. Nessuno ti chiede come stai così semplicemente. Mi capita spesso di dover rispondere a dove io sia ma non come mi senta. Grazie. Forse non saprei rispondere. A tratti bene, allegra. A tratti confusa ed in attesa trepidante di chi e qualcuno che possa rendermi unicamente gaia la vita.

Ho sentito un timido grazie. Non devi ringraziare, Marida. E poi ringraziarmi per un “ come stai”! Ma quanto hai sofferto? Quante rinunce hai fatto, quante?

Tante rinunce! Sapessi. A volte sorrido per non piangere. Ho rinunciato alla mia vespetta da adolescente perché pericolosa, ho rinunciato ad un padre perché si può crescere bene solo con una madre, ho rinunciato al fidanzato per un non- so –chè-….Ma comunque rispondo:

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-Non saprei. Conoscere ed incontrare il tanto mi fa capire che abbia fin ora avuto poco e, forse, poco concesso.

Non quantificare, non lasciarti turbare dalle quantità del bene e del male. Hai una bellezza indiscussa. Quella di andare incontro al mondo sorridendo, forte e tenera allo stesso tempo……ho notato, sai, il tuo modo di vivere la gente che ti attornia. Cerchi il bello in tutti. Ami l’entusiasmo di tutti. Questo…perché sei bella ed entusiasta tu. Nella vita, si cerca quello che si conosce.Tu quanto conosci te stessa?

Vorrebbe forse intendere che non mi conosco? Rispondo:Tanto. Ma tu, Mario, dimmi, come stai? Dimmi se sei felice….

Sono felice quando realizzo tutto quello che mi fa felice, quando non mi faccio turbare dal TEMPO che corre, dalla società che chiede. Sono felice quando vivo esattamente nel momento in cui ho sentito la voglia di farlo. Vivo in questo istante. Vivo in questo posto. Sono contento perché ho seguito me e ho cercato di rallegrare una persona che ora aveva bisogno di me. Ora sono felice.

Mi emozioni. Leggo nelle tue frasi contenuti supremi. Mi sento a casa.Io mi sento a casa, Marida. Ti auguro una giornata felice come lo sono io

in questo momento, ma sì, esagero, anche di più. Vai in giro, sii gioiosamente egoista, fai felici le persone intorno a te, sii meravigliosamente speciale come puoi esserlo solo tu.

Speciale? Continuo a dirti: Tu mi stai facendo del bene.Sì, Mari,tu sei speciale. Ed è vero io e te potremo farci del bene.

Marida ebbe una espressione leggera ed aggiunse:Il bene che c’è, farà nascere altro bene. Lo terremo per noi, lo

regaleremo ad altri, lo porremo in questa vita o lo migreremo nella nostra prossima vita. Ti ho riconosciuto. Ho riconosciuto lo stampo platonico con cui siamo stati fatti. Ed ora ridiamo e sappiamo voler bene al mondo.

I due non aggiunsero neppure un respiro, si seguirono con la luce degli occhi azzurri e neri fino alla partenza delle loro auto, ognuna delle quali li conduceva altrove, con la loro musica, le loro candele, le loro vite, diverse, ma con gli stessi sogni.

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VIVERE UN AQUILONE

Vivere un aquilone significa seguire attentamente la sua direzione e lasciare che la fantasia prenda il sopravvento. Vivere un aquilone significa notare il tracciato quasi impercettibile che lo stesso lascia al suo passaggio nella volta stellata. Vivere un aquilone significa liberare la mente da preoccupazioni da grandi e sognare con animo infantile.Vivere un aquilone significa abbandonarsi al mistero dell’incontrollabile.Vivere un aquilone significa amare ogni anno che compone i trenta e allungare di speranza il resto delle proprie giornate.

Marida iniziò a vivere il suo primo aquilone.Si sentiva bella. Anzi era bella. Con i suoi capelli neri tinti da una cache che ogni tanto sbagliava ad acquistare, una carnagione ambrata, quasi reduce da una breve vacanza a Dubai, un profumo insolito dei dammusi di Pantelleria….

Oggi Mario mi ha invitato a cena, una di quelle cene semplici, quasi povere, dove principali protagoniste sono delle ricche chiacchierate. Dove l’importante è immergersi nello scorrere dei racconti. Non so cosa indosserò. Non sento il bisogno di curare tanto la mia immagine. Sento che lui abbia riconosciuto la mia essenza, che non necessita di vestiti e di ornamenti. Ha riconosciuto la mia più pura nudità, quella che vola alto, che cerca suoi simili nell’anima, quella sognatrice nella vita, quasi distratta, quella che cerca la vita oltre la vita e scopre un sotto-io meraviglioso .Viene a prendermi alle otto. Sarò pronta per le otto meno cinque. Esattamente quei cinque minuti che mi occorreranno per respirare profondamente, chiudere gli occhi in attesa dell’insperato. Suona il campanello. Un suonare discreto e sordo.

Apro emozionata.Mi cattura il suo sguardo intenerito, mi catturano i suoi fili bianchi in testa, mi cattura il suo cappotto ampio e avvolgente.

Come stai, Marida?Ora bene.

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In questo momento vorrei poter dire: “ io la conosco bene, Marida”, io so esattamente cosa le fa del bene, cosa la faccia felice. Forse ti conosco senza conoscerti.

Ma cosa, cosa esattamente ti appare noto?So che ti sorprenderai…..vedi, il punto è che tu, inconsapevolmente, tu

riesumi una parte di me che riesce a vivere solo con te e che ozia spassosamente quando non ci sei. Hai ispirato un pezzo di me di cui conoscevo l’esistenza ma che viveva inespresso racchiuso ed imbavagliato qui dentro, qui, proprio qui.

Afferrò la mano di lei e la condusse fino allo sterno, paralizzando respiri e frasi.

Tutto questo non mi sorprende. Capisco. Capisco, ma perché colgo il richiamo di un uomo perfettamente sconosciuto? Perché ogni dubbio in tua presenza viene fugato e la trasparenza di emozioni e sentimenti mi scalda?

Non saprei rispondere, o forse non è giusto rispondere. E’ qualcosa più grande di noi: sei il sole dietro a delle nuvole che passano veloci nel cielo. Sei venuta fuori all’improvviso ed hai illuminato col tuo sorriso ogni mio gesto.

Tu mi hai ispirato il sorriso.No, Marida, il sorriso vive in te. Non so quale sia il tuo vissuto, ma pare

che le sofferenze non abbiamo lasciato morire la tua gioia ed il tuo entusiasmo. Il tuo sorriso…..quello che ti fa cambiare l’espressione negli occhi, quegli occhi che ancora non ho capito e ho capito.

Vedi, Mario, io sono così, ora, per te e grazie a te. Ritengo che ognuno di noi possa essere buono o cattivo, felice o sofferente, tranquillo o ansioso. Tutto dipende dalla musa ispiratrice o dall’aquilone guida che illumina la tua strada. Sono così, bella e raggiante come tu dici, perché ci sei tu, perché sei tu che estrai da me delle perle fin ora celate.Sapevo di essere un ostrica, di contenere una perla nera, ma ero cosciente del fatto che la stessa fosse potuta rimanere per sempre negli abissi del mare e non vedere mai la luce. Avevo visto sirene, conchiglie, ma anche murene e squali. Non avevo mai incontrato un delfino che, facendomi cavalcare il suo dorso, mi avesse portato in superficie per vedere il cielo e, magari, anche il volo rassicurante di un aquilone.

So quel che dici. Capisco. Mi sento come l’acqua di un ruscello tranquillo che scorre ma riflette continuamente in superficie una figura che si specchia dentro e ondeggia e si ricompone. Per un giorno, per un mese, per sempre, so che ci faremo del bene. Non importa svelare le nostre altre vite, sono altro rispetto a tutto ciò. Nulla altereremo per quello che viviamo. Ci aiuteremo, invece, a far passare veloci le nubi sopra le nostre vite, sperando che torni il sole e poi ancora nubi e pioggia, ma che insieme si possa vedere passare la vita con tutto quello che ci deve portare.

La zuppa di ceci e farro si freddò, creando una patina spessa ai bordi della ciotola, ma fiumi di vino primitivo bagnarono i loro pensieri, sempre più allegri e sorridenti.Iniziarono quasi a sillabare. La forza del vino.

Ma quanto sei bella, lo sai?

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Ma quanto me lo sia detto da sola fin ora, lo sai?Questo non importa. Ora lo sai e lo hai sentito. Marida, devi iniziare a

cercare le cose che più ti rallegrano e rendono forte. Un complimento rende forte. Rassicura. Perché non aspettarcelo, perché giustificare sempre chi non sa gratificare e renderci gioia? Le persone che ci circondano le scegliamo noi. Dobbiamo scegliere figure ed animi gentili, che accompagnino la nostra vita, supportandoci, credendo in noi.

Questo per te è stato facile?Sì, fondamentale. Non avrei mai aperto le porte del cuore a chi lottava

contro di me. La mia compagna di vita, per esempio, crede in me ed io credo in lei. Rispetto, stima e amore.Remiamo nella stessa direzione, apprezzando le nostre individuali energie.

A me non è mai successo.

Ecco qui, al solito, sento la mia imbecillità, sento che sto provocando una risposta che mi delineerà un tantino ingenua o tonta.

Ma forse non lo hai mai cercato. Forse ti sei arresa prima ancora di capire. Forse hai combattuto con l’altro, non tanto con te stessa.

Mario aveva sempre quella magica parola giusta al posto giusto…Marida imparava.Mario stava diventando la sua direzione, il suo splendido aquilone guida.

L’aquilone emozionante dei loro incontri, dei loro scambi di pensiero e di mondi divenne , a volte, anche una grande mongolfiera capace di ospitare a bordo altri pensieri, altri mondi. Marida raccontò della sua famiglia, di suo padre, dell’amore importante per Ugo. Mario parlò dei suoi genitori, dei suoi figli, di sua moglie. Nella mongolfiera c’era posto per tutti. Ogni giorno salivano ospiti nuovi, tutti ben accolti e ristorati.

Sai, oggi- disse Marida-, voglio parlarti di mia madre.Con grande piacere. Quando andrò via di qui, voglio immaginarti con

lei….Sono una donna fortunata. Ho capito e conosciuto mia madre. Il cosmo di

una madre è diverso da quello di una figlia, ha valori differenti, trascorsi incomprensibili a volte. Ma io l ’ho conosciuta……

Mamma, Grazie a me e Grazie a te, ora siamo vicine. Tutto quello che mi appariva severità era pudore e dignità. Tutto quello che mi sembrava rigore era ambizione e voglia di riscatto. Tutto quello che realizzava silenzio era il tuo dolore. Tutto quello che non hai detto era tutto quello che avresti voluto dire. Tutto quello che hai fatto era esattamente espressione della tua grandezza, nella semplicità, nell’estrinsecazione del tuo grande valore. Spero di serbare in me il grande di te. Spero, come te, di avere il dono dell’attesa del tempo, dell’attesa nel voler dimenticare le sofferenze, nell’attesa del ritorno di un figlio, nell’attesa di vedere il sorriso sulla bocca delle creature che hai messo al mondo.

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ANCHE QUEST ‘ANNO NATALE

Mario è partito, tornato nella sua bella città, con le sue gioiellerie, il suo ponte vecchio, le sue costate al sangue ed io sono qui, col mare d’inverno, le orecchiette con i broccoli- che per inciso non mangio neppure- con le lacrime nel cuore di ogni Natale, asciugate da fette di panettone , giocate a carte e da un nuovo senso che concedo alla vita. Nella vita non sarò mai sola. Ci sono io,pronta sempre a rinascere, pronta sempre a sorridere e farmi riempire il cuore.Mario mi sta aiutando molto, i suoi contenuti, le sue dolci e- mail…

Luce livida, finestre illuminate, la radio ronza musichiere italiane.Quel che si vorrebbe fare sarebbe di aprire una bottiglia di Chianti e vedere come vada a finire la serata.Sono stato in giro a comprare, ho scritto lettere di auguri e ringraziamenti, ho mangiato dei ravioli, fatto pipì un paio di volte, comprato regali, attraversato strade e anche un ponte, ho parlato al telefono con te ed è solo questo che mi resta dentro.Ma continuo a domandarmi: cos’è, Marida, che mi ha legato a te dal primo secondo che ti ho percepita seduta su una panchina senza neppure vederti in faccia e scoprire quanto sia bella e parlandoti scoprire che sei ancora più bella. Cos’è?Altre vite? Vibrazioni? Non so. Ma la sensazione di conoscersi senza conoscersi mi fa pensare al mio ultimo giorno.

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Gli rispondo, cercando di avvicinare lui con il ticchettìo dei tasti del mio portatile.

Era un giorno di dicembre. Marida, come di consueto, volava tra mille lucine degli alberi delle strade della città in cui viveva. Ogni tanto si fermava a guardare le vetrine natalizie e a sorridere alla gente che rubava il tempo, accorciando tempi e distanze tra negozi e regali di Natale. Sorrideva, tutto iniziava a sorriderle, sorrideva del nulla e del poco. Sorrideva. Quel Natale sarebbe stato per lei unico. Qualcuno le aveva aperto il cuore ed infilato nella trama della mente la speranza di essere felice. Prima o poi lo sarebbe stata.Mi riecheggiano le tue parole Mario, quelle fatte di stima e di attesa:” Tu sei speciale, Marida. Lascia che nulla ti combatta. Vivi la vita così come ti si presenterà: tu saprai viverla sempre con forza, coraggio e ironia”.Grazie per tutto quello che mi stai regalando, Mario. Inizio a non volere sapere perché tu lo stia facendo. Grazie e basta.

Ho letto la tua mail. Non chiederti il perché io ci sia per te è già un grande passo. Inizi a comprendere che ogni tanto è giusto abbandonarsi alle emozioni belle che arrivano.Oggi ho passeggiato a lungo in mezzo alla gente dalle parti della Galleria degli Uffizi. Tutti correvano da qualche parte, a lavorare, a comprare, a incontrarsi….e io in mezzo a quella marea di teste e di gambe e di pacchetti regalo, ti cercavo. Cercavo qualcuno che ti assomigliasse da dietro, nei capelli, o anche degli stivali simili ai tuoi. Qualcosa che potesse darmi l’illusione per un istante che tu potessi essere là, comparirmi all’improvviso davanti con i tuoi capelli al vento e il sorriso sulle labbra e dirmi: vieni, andiamo! Ed io sarei venuto. Perché io ci sono, pronto a farti del bene e a farti sorridere ogni qualvolta ne avrai bisogno, quando e se la vita inizierà a picchiare duro.Mario è lì, a Firenze e io qui a Bari. Penso a lui e sono più forte, penso a lui e credo che mi proteggerà fino a che non deciderò di correre altrove.

Mi scrive:

Ogni filo d’erba ha il suo Custode

Mi pare assurdo, ma lui è proprio la mia guida. Il mio aquilone guida.Il mio aquilone guida è un piccolo saggio, uno di quelli che parlano dell’archè delle cose, uno di quelli che si siede accovacciato e sotto una nuvola di fumo grigio che profuma di sandalo, racconta:

Un giorno, uno di quelli che ti sembrerà uno dei tanti, sarà per te un giorno sbalorditivo. Sarà il giorno in cui dinanzi a te ti si presenteranno due strade differenti: una sterrata e una appena asfaltata. Sarai davanti ad un bivio, guarderai a destra e sinistra dei tuoi occhi e penserai che l’una e l’altra strada potranno per te essere intraprese. La strada sterrata ti farà sentire odore di campagna ed erba appena calpestata e ti farà presagire serenità e calma ma anche solitudine, l’altra ti farà sentire odore di gomme bruciate, rombi di auto ma ti farà intendere che avrai amici ovunque, divertimento, una grande casa in un grattacielo e tanta ricchezza. L’una e l’altra opportunità saranno per te appetibili, forse ne sceglierai una, forse l’altra o forse tornerai indietro. Non è

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importante una scelta se non nel momento in cui deciderai di farla. Potrai sempre percorrere il cammino di campagna, ristorarti con la calma ed assaporare gli odori della natura e poi decidere di tornare indietro per seguire la strada asfaltata in cerca di amici e di baldoria. Potrai sempre decidere. In ogni momento della tua vita potrai decidere come condurre la tua giornata.L’unica cosa che non dovrai mai dimenticare, che sia la prima, la seconda o infinita la tua scelta, - e sarà questa la conquista più grande che avrai ottenuto quel giorno, magari un banale giovedì mattina, è che ci sei Tu nel creato, che puoi vedere le immagini, assaporare i gusti, sentire gli odori, provare delle emozioni, vincere, perdere, rallegrarti o intristirti. Ci sei tu. Hai conosciuto o riconosciuto il grande potere che ti regala il solo fatto di vivere.

Il mio saggio mi ricopre di attenzioni, mi omaggia di pensieri positivi. Il mio saggio, la mia guida è lì, con la sua famiglia, i suoi interessi nel quotidiano. Io, di contro, sono consapevole che ci sia e che il suo manto mi avvolgerà se e quando mi sarà necessario. Ma la mia strada ora è qui, senza Mario, senza le certezze che mi infonde. La mia strada è qui. Sola. In compagnia. Felice. No. Forte, debole. La mia strada è mia.Il mio aquilone guida ha avuto il TEMPO di manifestarsi ed io di comprendere.

Dovrò parlare con lui, dovrò esprimere il mio stato d’animo.Compongo il suo numero la prima volta e parte la sua segreteria telefonica - Buon giorno sono Mario Franchi. Lasciate pure un messaggio…….

U f f à…..la sua voce è bellissima, ma la sua ripetizione in segreteria mi rende impotente…………e ancora…….dum, dum,dum. Finalmente, c’è linea. Telefono acceso. Respiro profondo.

Ciao, sono io. Come stai?Ah, bene. Oggi mi butterò anche io nell’arena del comprare regali, file

alle casse, carte, nastri, guardare con occhi rapinosi qualcosa che possa far felice qualcuno…..tu come stai?

In realtà, Mario, ho bisogno di parlarti….Ma certo. Volevo solo dirti che con la testa ti ho regalato mezza Firenze:

non posso passare davanti alle lucine di un negozio senza vedere qualcosa che ti farebbe luccicare gli occhi e un istante dopo cogliere il tuo sorriso….

Così è tutto più difficile……dovrò reimpostare il tono della voce e parlare…

Mario, tu hai reso più facile il passare di questi ultimi due mesi, mi hai fatto scoprire un mondo bello e piacevole, quello fatto di comprensione e ascolto, mi hai riepilogato , come in un cortometraggio, ciò che chiedo alle mie giornate di sole e vento: ascolto, complicità, serenità, gioia, corteggiamento, conquista, intrigo, dolcezza, tenerezza. Ma il mio viaggio finisce qui. Mi hai insegnato a volare, ma tu voli già con altre ali ed io voglio allenare le mie…….

Mi sento come quando viaggi in treno di sera e fuori passa il paesaggio ma nel vetro continui a vedere l’immagine dei tuoi compagni di viaggio che scorrono immobili tra alberi in fuga e case illuminate e pali della ferrovia che sfilano veloci…

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Sì, l’immagine del treno è quella giusta, siamo casuali compagni di viaggio, qualcuno scenderà per primo o si fermerà per prendere un’ altra coincidenza, o forse stiamo andando entrambi dalla stessa parte e alla fine arriveremo allo stesso posto.

Quando, Marida, L’ultimo giorno? Grazie per come sei. Se un giorno avremo ancora TEMPO, ti prenderò per mano….

Un timido sì, un pianto soffocato, un dispiacere misto a felicità. Il suo Custode è sceso dal treno, con la sua valigia vissuta. I suoi capelli grigi spezzano il vento, si confondono con la folla. Non si vede. Cade la linea. Tutto tace. Ma nel silenzio……la vita.

L’ aquilone libero

Penso spesso agli ultimi sei mesi della mia vita, da giugno ad oggi, dal caldo al freddo, dalla spiaggia al mare d’inverno, dall’amore per Ugo alla freddezza nel cuore.Un cammino verso la libertà, la libertà che rappresenta la gioia di essere se stessi, ma io sono me stessa sempre, quindi la mia libertà sono io?Il mio aquilone libero esprime solo il desiderio di continuare ad avere ciò che ho conquistato. Mi ricordo quando ero bambina. L’asilo bellissimo in una villa dei primi del novecento. L’amore sconfinato per la mia insegnante e per il direttore. L’odio per la direttrice che per un periodo ha sostituito suo cognato.La felicità che

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provavo il giorno in cui porgevamo l’addio alla direttrice. Il volo di mille palloni in cielo. I grembiuli colorati che affollavano il giardino. Il volto arcigno della direttrice e la contentezza mia nel salutarla per l’ultima volta. Le caramelle che mi regalava il direttore ogni qualvolta lamentavo un piccolo malessere. E i miei malesseri erano diventati tanti. E tante le caramelle. Il mio primo amore tra i banchi della scuola materna, le cartoline sentimentali che facevo scrivere a mia madre e che regalavo l’indomani ad Aldo. Aldo che rispondeva per mano della sua mamma. La mia felicità nel sognare a soli quattro anni l’amore. Amore che era il calore di mia madre e le parole di mio padre. La voglia di diventare grande per uscire con mio fratello e i suoi amici. Il desiderio di non avere altri fratelli più piccoli di me . E quindi la voglia di rimanere la piccola di casa. Diventare grandi e pretendere di essere trattati da piccoli. Vestiti da bambola che affollavano il mio armadio. Le poche Barbie che riuscivo a farmi regalare. L’inizio della scuola dalle suore.Quaranta bambini in aula. Io in preda al gusto della prima ribellione verso i sistemi. La mia insegnante suora di cui non riesco a parlare un granché bene per cui preferisco tacere, l’amore per la mia insegnante di pianoforte, per meglio dire per le mie insegnanti di pianoforte che sono state quattro in circa dodici anni, le mie lezioni di ginnastica artistica e le mie cadute dai pattini. L’inizio della scuola media in una scuola statale. Una grande conquista di vita. La stima per la mia insegnante di lettere e lo sdegno per quella di storia dell’ultimo anno, che pareva farsi paladina di una battaglia che non sapeva di perdere in partenza. La storia non mi piace. La storia è quella che scrivo con il contorno di quello che accade e che è accaduto. L’inizio del liceo, i primi veri amori, la passione per l’italiano, per la filosofia e per il greco: “ le ultime lettere di Jacopo Ortis”, il divenire eracliteo, i suppletivi di “agatòs.”Il primo amore serio, quattro anni di finzione di amore. Il secondo amore serio, due anni di presa di coscienza, ma insufficiente a farmi vivere un amore. Il terzo amore importante, sei anni di divertimento. Il quarto amore: preferisco non parlarne ancora. L’università. Le balle sugli esami per anni. La fortuna di avere smascherato la verità in tempo. La mia laurea. Il mio sorriso. La mia conquista. Mia madre. Il suo sorriso.Mia zia. La sua felicità. L’angelo di mio zio. La sua serenità. Mia sorella. La sua contentezza. Il mio lavoro. La mia passione. La mia riuscita. La mia soddisfazione.Le mie amiche. Tante e poche. Ringrazio le poche. Felice che siano poche. Così non vi è dispersione di affetto. Ricordo tutto di me, ogni giorno, la gioia e il pianto. Correre. Camminare. Le mie innumerevoli paia di scarpe. I miei straripanti guardaroba e la mia voglia di comprare sempre. Di tutto. Voluttuario e non. La mia voglia di essere sempre e ovunque. Di inseguire e cercare. Di farsi desiderare e corteggiare. Di essere ironica ma di cercare un esperto di malinconia. Le lacrime regalate ai film. Un viaggio chiamato amore. E tra i pianti un panino di Burghy con le patate sottili. Tutto, tutto questo per tutti i miei anni.E questi ultimi mesi sono davvero i miei primi sei mesi di calma, lontano dal rumore e la fretta. La calma del tempo che non ha bisogno di tempo. Appena nata in me. Potrei fare tutto o niente: ravvivare i ricordi, esaltare le emozioni vissute, fare emergere le mie nuove esigenze , dimenticare, mostrarmi indifferente…….. Ho davvero tutto il tempo che voglio. Per me. Profondamente. Tutto il tempo per me. Questa è libertà.

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Giugno, agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre sono il mio aquilone libero. Potrei strappare un calendario o forse scrivere un diario. Al mio aquilone interessa solo che scelga ogni giorno la memoria che scriverò di quel giorno.Non scriverò nulla. Lascerò uno spazio per un campo note, che potrò sempre utilizzare per immortalare un appunto, una riflessione, una banalità, una risata.NOTE:………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..…………………………………………………………………………………………………………………………..

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oggi è un giorno di dicembre, poco freddo, poco Natale. Quest’ anno non devo industriarmi per un regalo speciale, per un solo regalo speciale. Ho deciso di regalare a tutti, amici e conoscenti un poco del mio tempo. Abbandono il computer e le scritture video programmate e riprendo la magica penna e il suo indelebile inchiostro. Ringrazio chi mi ha aiutato, che ha reso questo lungo anno un anno più semplice.

Ringrazio te, la tua disponibilità e l’avermi dedicato il tuo tempo. Affinché queste feste siano liete e felici. Auguri. Marida

Un pensiero per tutti. Beh, non proprio tutti. Ma per quelli che vedo dinanzi a me con la loro indiscutibile positività. Grazie Giulia, grazie Sofia per le belle serate che passiamo insieme, con sotto fondo di risate e lacrime. Grazie Anna, grazie per la bella estate. Che tu sia sempre felice. Grazie Pia e Gianni, che con silenzio avete riempito di stima i miei passi. Grazie Alessandra, Carmela, Dora. Grazie Cinzia e Miriam, da lontano mi inondate di affetto.Grazie Massimiliano e

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Rosetta. Grazie a tutti. Nel tutti ci sono proprio tutti tranne chi si sente estraneo. Perché è un estraneo per me. Ma grazie a te, con la tua poesia letta stamattina, appena acceso il mio computer. Grazie a te, che rovistando tra le poesie di Salinas, con stralci di sue parole, di sue frasi, mi hai composto una dedica nuova. Ho addirittura pensato che qualcuno sa ciò che io non so. Forse sto morendo. Perché solo l’assenza di un uomo fa scaturire tanti bei pensieri. E quest’ anno mi hanno regalato quei contenuti che non tutti hanno la fortuna di leggere. I pensieri dell’ ultimo saluto, quello di ringraziamento vero. Una piccola “grattata” da buona superstiziosa, accendo i suoni di una musica dolce, un cd comprato a Roma dalla sua copertina verde acqua e leggo le parole della mia libertà.Grazie ancora.

( Salinas)“ TU VIVI SEMPRE NEI TUOI ATTI.CON LA PUNTA DELLE DITASFIORI IL MONDO, GLI STRAPPIAURORE,TRIONFI, COLORI,ALLEGRIE: E’ LA TUA MUSICA.LA VITA E’ CIO’ CHE SUONI”“ E SE UN DUBBIO TI FA CENNOA DIECIMILA CHILOMETRI,ABBANDONI TUTTO, TI LANCISU PRORE, SU ALI,SEI SUBITO Lì, CON I BACI,CON I DEINTI LO LACERI:NON E’ PIU’ DUBBIO”“ TU SI’, TU AMI DAVVERO.L’AMORE CHE HAI IN PIU’SE LO SPARTISCONO ESSERI ECOSE CHE TU GUARDI,CHE TU TOCCHI, CHE MAIHANNO AVUTO AMORE PRIMA”

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Capodanno

Parto. Sono le sei del mattino. Parto per tre giorni al mare. Voglio risentire l’ebbrezza dell’ acqua e del vento, ritoccare la sabbia. Questa volta ho due compagni di viaggio. Elio e Sofia. Conosco Elio da tempo, conosco Sofia da poco. Tre uomini in partenza per il mare d’ Egitto.Siamo ridicoli, vestiti a strati, lasciamo alle spalle il nostro inverno e ci prepariamo all’estate con un sub strato di canotte e cotone. Il viaggio dura poco, circa tre ore, tre ore in cui sorridiamo quasi del nulla

Ragazze, se mi offrono cammelli per voi, sono pronto a barattarvi.E tu sei un vero trimone ( che sta per pirla)! Pensi di poterlo veramente

fare? Sta’ calmino altrimenti ti lasciamo in pasto alle murene.

Marida, Sofia ed Elio divertiti ancor prima di scendere dall’aereo dalla loro vacanza invernale nell’estivo.

Siamo arrivati. C’è un ora di differenza dall’ora italiana, questo ci fa già pensare che festeggeremo il Capodanno in anticipo. Con il suo conto alla rovescia ripetuto due volte, con un intervallo di sessanta minuti.

31 dicembreCaro diario,siamo arrivati. Sharm è carina ma invasa di turisti italiani e affollata da mille albergoni un po’ tristi. Molto cemento. Troppo turismo. E’ carino il suo mare dal colore azzurro intenso, sono belli i fondali. Pensa che oggi con una piccola maschera sono riuscita e vedere tutti i colori dell’arcobaleno impressi su pesci veloci, piccoli e grandi. Elio ha fatto immersioni e pare che sia una esperienza carica di emozioni. Era stretto da una muta nera. Di lui si vedevano solo boccaglio e maschera. Di lui si scorgevano due occhietti felici. Sofia è proprio come me. Ama il sole. Contiamo le ore fino alle quattro di pomeriggio quando cala il sole. Non parlando. Ci svegliamo ogni tanto e alzando il capo solo di pochi centimetri, controlliamo lo stato della nostra abbronzatura. Siamo dorate.

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Solo dorate. Stasera abbiamo il cenone in albergo. Il programma della serata non prevede altro, ma poi ti racconterò. Il nostro albergo è proprio bruttino. Sui cataloghi di viaggio riescono proprio a fare miracoli. Occorrerebbe stare in apnea per la puzza di cibo local che bussa alle porte delle camere da letto. Noi siamo sistemati come in una stanza militare, col terzo letto che sembra una piccola cuccia, dal materasso dello spessore di una sottiletta. Povera schiena!Ora ti lascio. Dobbiamo prepararci. A domani. Auguri anche a te. Marida

1 Gennaio egiziano

Carissimo Diario,auguri, auguri a te che sei solo. Credo che pochi avranno trovato il tempo di scriverti due righe, oggi.Come anticipato, abbiamo festeggiato il nuovo anno due volte. Quello italiano era pressoché identico al primo; sono però comparse a tavola le lenticchie. Le lenticchie portano soldi, ma non ti nascondo che io ho pregato affinché mi regalassero amore. L’amore che starà vivendo il suo capodanno altrove, chissà dove.Come di consueto, ho avuto il mio minuto di commozione, quello in cui passano veloci tutti i fogli di un calendario oramai da cestinare. Dai quei fogli ho cancellato i sogni non realizzati. L’incompiuto sarà debitamente riportato in nota nel nuovo anno.Noi tre eravamo elegantissimi. Elio ( senza le sue storie…) in abito gessato, Sofia in abito corto nero e io in abito nero e un pareo di tulle poggiato sui fianchi. Belli.Peccato non poterti allegare una fotografia. Belli e brindanti. Tre, due, uno……..auguri. Stretti tutti e tre fino a farci mancare il respiro.Il resto della notte è trascorso in un grande casinò, tra giochi di carte e di roulette. Tanti euro passati nelle tasche degli egiziani. Tanti euro volati via dai nostri averi.Ti saluto. Ti racconterò domani. Ora voglio andare in spiaggia.Ciao. Marida.

2 gennaioCaro diario,ultimo giorno in questo mare. In questa spiaggia. Oggi al tramonto siamo andati in giro per negozi. Stradine, viuzze carine. Commercianti che ci invitavano a comprare. Complimenti alle signore e alle loro mamme. Elio ha avuto occasione di barattarci per cinquecento cammelli. Non l’ ha fatto. Abbiamo comprato bicchieri, profumi, parei e monili vari. Io e Sofia sembravamo impazzite di shopping. Porteremo profumi d’Africa. Oggi sono stata un po’ triste. Ho pensato, come in ogni viaggio fatto da sola ,ad Ugo, al mio ultimo amore. Amare tanto significa sentire la mancanza di dare. Mi manca essere bella con lui e per lui. Mi manca una parte di me che non so se mai ritornerà.Mi manco io accanto ad un uomo. Sorridente ed ironica.In pigiama ed in camicia. A cena fuori o alle prese di fornelli. In tuta o in abito elegantissimo. Al cinema o ad una festa. Domani torno in Italia. Ti riporrò in un cassetto. Ma sappi fin d’ora che ti riprenderò ogni qual volta vedrò mondi diversi,

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vedrò personaggi o persone, mari e montagne. Ti porterò con me. Imprimerò sempre e ovunque su di te l’immagine che avrò dell’ universo. Tu sei l’unico amico senza tempo.

AQUILONE AMOREAquilone amore….yoouu? C’è nessuno? Ma dove sei? Dove ti sei cacciato? Ora sono pronta. Ho conosciuto l’aquilone guida che mi ha tracciato una strada, delineato il cammino, ristorato e confortato. Aveva capelli sale e pepe, un bel lavoro, tanta cultura, una famiglia rassicurante e sapeva amare e riconoscere le grandezze di alcuni. Sapeva amare. Sapeva rischiare. Lui è sposato. Felicemente sposato, ma ha saputo sedersi accanto a me, mi ha preso le mani, stretto i polsi e mi ha iniettato fiducia e speranza. Ora io credo in me, credo nella forza del tempo, credo nel tesoro che serbo in me e che accudisco come un piccolo passero. Sulla tovaglia della mia tavola non ci sono più briciole, ho solo iniziato ad apparecchiare……mi servono piatti, bicchieri, tovaglioli e posate, una grande candela, dei fiori e del buon vino.Ho poi incontrato l’aquilone libero, quello mi ha consentito di esprimere con tenacia i passati e i recenti pensieri, fin dai tempi delle mie gambette cicciotelle, mi ha concesso di cantare, di urlare, di piangere e di ridere. Dovevo liberarmi di una strana corazza che avevo indossato col passare dei vari compleanni. La corteccia della difficile adolescenza, la pelliccia delle anomale storie d’amore, la carcassa di infinite bugie dietro le quali ho trovato rifugio. Ma ora ho salvato tutti ed anche me.Ma tu dove sei?Mi parli?Mi stai sentendo?Puoi lanciarmi un solo segnale?Yoouu, c’è nessuno?Ti prego, non lasciarmi ora. Ora potresti ritenermi pronta!

Mentre Marida gridava a squarcia gola in cerca di qualcuno, qualcosa o risposte, Il cielo divenne chiaro come il manto celeste che ospita la neve, un rosa insolito, un bagliore non comune….oramai nulla le faceva meraviglia. Lo scenario della sua vita era vario, lo scibile dei suoi sogni variegato….tutto l’insolito iniziava a rientrare nella normalità della sua mente, che accoglieva immagini grandi, soste su piccoli e minuziosi particolari, messaggi per il mondo impercettibili, per lei ora tutto concesso. Cuore aperto che pulsava.

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Oggi è un nuovo giorno, un giorno di gennaio, un freddo secco, una luce sensazionale. Chiamo l’aquilone amore, ma non mi risponde, forse lo cerco inutilmente, forse lo ho in me e ne sono ancora ignara, o forse….buh, chissà!Sono in una strada pedonale con tante fioriere, alcuni balconi ancora tempestati di luci di Natale, ormai anziane e stanche, un colpo di vento mi scompiglia i capelli, il colpo di vento trasporta un biglietto di quaderno a quadri.Curiosa, lo afferro, lo leggo:

Mi hai trovato tu. Questo significa tanto. Dipenderà tutto dalla tua voglia di capire e di carpire i mie segnali.Sei tu che mi hai trovato. Tu che potrai decidere la mia sorte e che potrai decidere il soccorso che potrei prestarti. Cestinami o fammi conoscere la tua tasca, la tua vita, i tuoi segreti. Mettimi pure vicino al tuo rossetto, alla tua matita, al tuo note book. Mettimi dove vuoi. Ma non lasciarmi andare.Non questa volta.Chi incontra queste parole è sulla strada giusta per conoscere la felicità dell’amore.Occorre solo concedersi una pausa, il tempo.Ed io, ti chiedo: DAMMI IL TEMPO.Dammi il tempo di capire ciò che davvero desideri, di comprendere chi sei, quanto tu sia pronta a dare.Dammi il tempo.

Ed io ti aiuterò.

Il Dio dell’amore le aveva parlato.“ Ed io non desidero più altro che vedere te che ami e…..chi ti potrà conoscere là dove taci, o nelle parole con cui tu taci” ( Salinas).

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