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1 Questo “numero unico” che il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale di Vercelli edita in occasione dei suoi venti anni di attività vuole rappresentare un mo- mento in cui fare sguardo di memoria, respiro di letizia, slancio di rinnovamento. Titolato così: “Amici da vent’anni” dice bene il clima che abbiamo voluto fra noi fin dall’inizio, sicuri che questo avrebbe nutrito splendi- damente le nostre iniziative e permesso anche ad un fatto organizzativo, l’adesione convinta e partecipata al Movimento, di essere più che un fatto organizzativo. Amici da vent’anni: lo possiamo dire fra quanti tra noi hanno dato inizio a questa che, per molti aspetti, può definirsi una avventura culturale e ricordare l’impegno e l’entusiasmo per essa di Piero Masuello, che fu il pri- mo presidente del Meic, e poi Armando Degrandi e Jole Lorenzola, apprezzati consiglieri, e Carlo Orecchia cor- diale ospite e amico. Amici da vent’anni: lo possiamo dire a proposito di quanti, più giovani, si sono accostati con curiosità e simpatia al nostro lavoro e hanno con- sentito a fare strada con noi fino ad oggi. Amici da vent’anni: sono anche le più che cento personalità della cultura italiana che sono venute al nostro invito per comunicarci i loro saperi, le loro lezioni di vita e, molto spesso, l’esempio della loro sapienza. I loro nomi sono qui trascritti come un segno di riconoscente memoria. Alcuni di essi hanno già varcato la Soglia e vivono in quell’Oltre misterioso che dà certezza alla nostra spe- ranza cristiana in un ritrovamento in Dio: Michele Pel- legrino, Angelo Narducci, Giuliano Agresti, Orlando Rossetti, Carlo Carretto, Gianni Goria, Tonino Bello. Amici da vent’anni: anche i vercellesi che si sono fatti via via più numerosi nell’aderire al Movimento o a par- tecipare alle nostre iniziative si considerino tutti entro quella categoria spirituale dell’amicizia che non cono- sce la disistima delle differenze ma la ricchezza pluriforme delle molte ricerche e dei molti approdi. Questo “numero unico” prevede uno spazio per le “ade- sioni”, per le quali va da subito un amichevole ringra- ziamento. Segue uno spazio che abbiamo voluto deno- minare “archivio”: in esso si può trovare l’elenco delle conversazioni distinte per anno e la ripresa di un artico- lo di commento tolto dai giornali cittadini. Questa par- te del “numero unico” è stata possibile per la intelligen- te preveggenza di Antonino Vitale che ha curato con solerzia la raccolta del materiale prodotto in tutti que- sti anni e per la tenace e puntuale conservazione di al- tro materiale da parte del giovane segretario Tommaso Di Lauro. A loro un riconoscimento speciale e così un grazie particolare ai direttori e ai redattori di tutta la stampa cittadina per il tramite prezioso che hanno rap- presentato delle iniziative sia presentandole che com- mentandole. Infine, un grazie agli sponsors dei “Settelunedì” e a quelli che, con le loro inserzioni, han- no reso possibile la pubblicazione di questo “numero unico”: “Amici da vent’anni”. Un grazie ad Elena Barbero che ha curato la raccolta del materiale giorna- listico. Un ulteriore spazio è stato riservato, sotto il tito- lo “Storia e preistoria”, ad alcune testimonianze e in- terviste di altri grandi nostri amici. Da ben oltre vent’an- ni. Con l’augurio di esserlo per molti anni ancora. Questo numero unico

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Questo “numero unico” che il Movimento Ecclesialedi Impegno Culturale di Vercelli edita in occasione deisuoi venti anni di attività vuole rappresentare un mo-mento in cui fare sguardo di memoria, respiro di letizia,slancio di rinnovamento. Titolato così: “Amici davent’anni” dice bene il clima che abbiamo voluto fra noifin dall’inizio, sicuri che questo avrebbe nutrito splendi-damente le nostre iniziative e permesso anche ad unfatto organizzativo, l’adesione convinta e partecipata alMovimento, di essere più che un fatto organizzativo.Amici da vent’anni: lo possiamo dire fra quanti tra noihanno dato inizio a questa che, per molti aspetti, puòdefinirsi una avventura culturale e ricordare l’impegnoe l’entusiasmo per essa di Piero Masuello, che fu il pri-mo presidente del Meic, e poi Armando Degrandi e JoleLorenzola, apprezzati consiglieri, e Carlo Orecchia cor-diale ospite e amico. Amici da vent’anni: lo possiamodire a proposito di quanti, più giovani, si sono accostaticon curiosità e simpatia al nostro lavoro e hanno con-sentito a fare strada con noi fino ad oggi. Amici davent’anni: sono anche le più che cento personalità dellacultura italiana che sono venute al nostro invito percomunicarci i loro saperi, le loro lezioni di vita e, moltospesso, l’esempio della loro sapienza. I loro nomi sonoqui trascritti come un segno di riconoscente memoria.Alcuni di essi hanno già varcato la Soglia e vivono inquell’Oltre misterioso che dà certezza alla nostra spe-ranza cristiana in un ritrovamento in Dio: Michele Pel-legrino, Angelo Narducci, Giuliano Agresti, OrlandoRossetti, Carlo Carretto, Gianni Goria, Tonino Bello.

Amici da vent’anni: anche i vercellesi che si sono fattivia via più numerosi nell’aderire al Movimento o a par-tecipare alle nostre iniziative si considerino tutti entroquella categoria spirituale dell’amicizia che non cono-sce la disistima delle differenze ma la ricchezzapluriforme delle molte ricerche e dei molti approdi.Questo “numero unico” prevede uno spazio per le “ade-sioni”, per le quali va da subito un amichevole ringra-ziamento. Segue uno spazio che abbiamo voluto deno-minare “archivio”: in esso si può trovare l’elenco delleconversazioni distinte per anno e la ripresa di un artico-lo di commento tolto dai giornali cittadini. Questa par-te del “numero unico” è stata possibile per la intelligen-te preveggenza di Antonino Vitale che ha curato consolerzia la raccolta del materiale prodotto in tutti que-sti anni e per la tenace e puntuale conservazione di al-tro materiale da parte del giovane segretario TommasoDi Lauro. A loro un riconoscimento speciale e così ungrazie particolare ai direttori e ai redattori di tutta lastampa cittadina per il tramite prezioso che hanno rap-presentato delle iniziative sia presentandole che com-mentandole. Infine, un grazie agli sponsors dei“Settelunedì” e a quelli che, con le loro inserzioni, han-no reso possibile la pubblicazione di questo “numerounico”: “Amici da vent’anni”. Un grazie ad ElenaBarbero che ha curato la raccolta del materiale giorna-listico. Un ulteriore spazio è stato riservato, sotto il tito-lo “Storia e preistoria”, ad alcune testimonianze e in-terviste di altri grandi nostri amici. Da ben oltre vent’an-ni. Con l’augurio di esserlo per molti anni ancora.

Questo numero unico

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Questa sera il libro dei Re presentava l’incontro di Salo-mone con la regina di Saba.

Ho elaborato un incontro di pensieri (solo la testa), re-gole (perché l’uomo che cerca è un gran signore) tra sbar-re (poiché ci sono limiti), ma da cui nasce, sia dall’alto chedal basso, una struttura diversa, vitale (pampini) quando sitrova la sapienza.

E’ incontro di giorno (regina) e di notte (Salomone).

Il logo dei “Settelunedì”

Ho messo nella notte la sapienza perché credo abbiauna sede apofatica, nera del volto di Madonne medioevali.

Il volto della sapienza resta nascosto. Ne vediamo solo ilriflesso sul volto dell’altro.

E poi, in tempi in cui varie teologie sembrano appassi-re, mentre rifiorisce la teologia mistica, un po’ di notte deisensi va registrata.

Guido Galfione

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Centocinquantaquattro appuntamenti culturali, tra Sa-lone Dugentesco, Auditorium di Santa Chiara, Ridottodel Teatro Civico, Cinema Teatro “Barbieri”, Coro dellaConfraternita di San Bernardino, Chiesa di Santa MariaMaggiore, Sala Sant’Eusebio nel palazzo Juvarra (Semi-nario).

Queste dislocazioni necessarie dicono da sole qualesia stato il nostro itinerario logistico anche oltre gli ambitipuramente ecclesiali, simbologia di una volontà dialogicacon la città oltre che inquietudine nomadica di gente sen-za sede appropriata. Fino a che non venne col granderestauro di Palazzo Juvarra voluto dall’Arcivescovo TarcisioBertone l’opportunità (e non solo per noi) di un uso ade-guato del grande salone detto di Sant’Eusebio.

Quando si aprivano le porte di questi ambiti, talvoltagratuiti talvolta molto costosi, - dicevamo - il più erafatto.

Questo avveniva l’ultimo lunedì di gennaio di ogni annoed era come invitare alle nozze della parabola: Tutto èpronto, salvo gli imprevisti legati ai relatori: le nebbieritardatrici, le ferrovie ritardatarie, le infermità stagionali.Questi imprevisti, tuttavia, furono pochi in venti anni,nonostante il nostro fosse un metodo di programmazio-ne molto esigente. Temi, nomi, date: tutte in anticipo adistanza di mesi.

A distanza di mesi. Naturalmente si incominciava a

ruminare i temi nel giugno, appena dopo la conclusionedel ciclo precedente. A settembre si cercava di approfon-dire e chiarire meglio. Per essere più in clima di amiciziasi andava ospiti a casa Masuello (e si va ancora) sotto losguardo del Piero ed entro le premure confortevoli dellasignora Liliana. In genere, per molti anni si era in pochi.Attorno al tavolo del tinello, l’Armando Degrandi gioca-va tutta la sua sapienza letteraria e il Giovanni Rosso tut-ta la sua fiorettistica poetica che ci aiutava a capire, adapprofondire, a calibrare proposte e progetti. Una sortadi laboratorio del pensiero per elaborare un programmadi massima da esporre ai soci e agli amici a novembreinoltrato.

Lungo le vacanze natalizie veniva pensato e stampatoil manifesto coi tipi della SETE prima, con Saviolo, poi.Una tradizione. E anche una tradizione di buon gusto: lodiciamo con una certa fierezza. E ci rammarichiamo perquesti manifesti che sono andati perduti quasi tutti nelletraversie dei traslochi tipografici.

Centosettanta relatori. Per tematiche divenute in bre-ve di viva attualità. Una lettura inedita delle situazioninuove: sogni e bisogni. La mondialità con Narducci,Bettazzi, Gheddo, Goria; l’ecumenismo con EmilianosTimiadis ed Enzo Bianchi: l’educazione con Viotto, Co-lombo, Scurati; la scienza con Zichichi, Magni, Rulla,Burgalassi, Piana, Samek Ludovici, Louis ter Steeg; la

Amici da vent’anni

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politica con Scalfaro, Martinazzoli, Garancini, Tavazza,Gorrieri; l’arte e lo sport con Villani, Cosi, Trapattoni,Langé, Bernardini, Lettrie, Temporelli; la letteratura conGeno Pampaloni, Nina Lagorio, Vittorio Messori, Gior-gio Torelli, Luigi Giussani; per la storia locale MarioCapellino.

Nei “Settelunedì” sono state rievocate le grandi perso-nalità cristiane del nostro tempo: nel 1995 tutto un cor-so vide relazioni vive e attuali su Paolo VI° (mons. Bertone),Primo Mazzolari (Bergamaschi), Giuseppe Lazzati (Mo-naco), card Michele Pellegrino (Guasco), Vittorio Bachelet(Monticone), Giorgio La Pira (Citterich), Davide MariaTuroldo (Bruni), Tonino Bello (Ragaini), Carlo Carretto(Zizola). Ma anche prima non sono mancati gli interventidi p. Di Rovasenda su Piergiorgio Frassati, di Gheddo suCandia, di Cioppi su Alberto Magno, di Carretto su SanFrancesco, di Biffi su Carlo Borromeo e Martin Lutero.

Dal 1990 il riferimento delle singole conversazioni altema dominante si fece più esigente. Abbiamo così: “Ilfuturo possibile” con temi avveniristici: l’Europa e il futu-ro delle nostre finanze (Goria), Oltre le divisioni: il futurodell’ecumenismo (Bianchi), Oltre la cultura dell’esibizio-ne: il futuro della comunicazione (Colombo), Oltre la si-tuazione: il futuro tra democrazia e partitocrazia (Duilio),Nell’orizzonte delle galassie: il futuro della ricerca spaziale(Magni), La bioetica e il futuro della famiglia (Vella), Nel

tempo e oltre il tempo (Sequeri). Altro tema forte, piùlegato al presente quello del 1991: “I cristiani e il potere”con le eccezionali testimonianze di mons. Tonino Bello,vescovo di Molfetta, p. Bartolomeo Sorge, GemmaCalabresi, vedova del commissario Luigi Calabresi. Arti-colato in tre cicli il tema del 1992 “La gratuità in unasocietà dell’avere”, di cui vorremmo ricordare almeno labella relazione di mons. Renato Corti, vescovo di Novarasu “Un dispendio per Dio” sembrò, con mons. Bertone,che dovessimo procedere da sette a nove lunedì. Infatti,nel 1993 per “Felicità: utopia o possibilità?” abbiamocome sfiorato quel traguardo. E per il 1994 quasi lo ol-trepassammo perché le serate furono nove, ma i relatorifurono ben dodici su “Terra degli uomini: invocazioni aDio” con Andrea Riccardi, Paolo De Benedetti, JesusLopez Gay, Sereno Lovera, più una serata musicale euna tavola rotonda su “La trasformazione della terra: pro-fitto e solidarietà” con mons. Charrier, l’ing. Ponti, donChiesa, Pier Carlo Frigerio, Giancarlo Panero. Dopo i“Grandi cristiani contemporanei” del 1995 (un vero fio-re all’occhiello dei “Settelunedì” per successo di qualità edi pubblico), già citato, in “Memoriale eusebiano” le sera-te furono nove a tre cicli, con quattordici oratori e dueconcerti.

Entro tale corso, che accompagnava le celebrazionidell’anno eusebiano abbiamo sperimentato, con vivo in-

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teresse e con diversa fortuna tre dialoghi tra Enzo Bian-chi e Salvatore Natoli su “Credenti e non-credenti: la ri-cerca di Dio fra esilio e ritrovamento”; tra PierangeloSequeri e Gianni Vattimo su “Il volto umano e divino diCristo: bellezza e martirio”; tra Bruno Forte e GiancarloZizola su “Polis e mistero: la Chiesa nella storia”. Il con-certo conclusivo del primo ciclo “Omaggio aSant’Eusebio” venne eseguito dalla Camerata polifonicaViotti e dalla Corale Giuseppe Rosetta di Villata direttada Vittorio Rosetta, essendo all’organo Franco Perone.Dopo la relazione di mons. Giorgio Necco su “Accompa-gnamenti d’organo: spartiti musicali per la solennità di S.Eusebio nella cappella del Duomo di Vercelli”, la coraledi Gattinara e di San Giacomo diretta dal m.o ErmannoSilano ha eseguito brani tematici significativi e apprezza-ti. Per il 1997 molte furono le novità anche per la ricercadi qualche formula innovativa. Abbiamo ascoltato quat-tro notevolissime conferenze su “La terra e la città”, tretavole rotonde con una ricerca articolata sui vercellesi(sul carattere dei vercellesi), su Vercelli (ascesa o declinodella nostra città), sull’impatto di Vercelli e dei vercellesisu chi viene da fuori Italia o da fuori Vercelli. Coordinatadal mai dimenticato amico, Maurizio Ambrosini, vercellesedi storia e di cuore.

Ripassando soprattutto gli ultimi temi viene da chie-dersi se in qualcosa abbiamo migliorato noi organizzatori

e il pubblico che ci ha onorati con la presenza, la parteci-pazione, il sostegno anche finanziario: se abbiamo ap-preso qualcosa della gratuità, se siamo diventati più con-sapevoli circa i veri itinerari alla felicità, se è cresciutol’amore per la nostra terra, dono del buon Dio, e se ab-biamo appreso la naturalezza e l’esigenza dell’invocazio-ne a Dio; se ci siamo lasciati affascinare dagli esempi deigrandi cristiani contemporanei, se abbiamo appreso afare qualche ritocco alla nostra considerazione, alla no-stra mentalità, al nostro impegno solidale per la nostracittà. Non sappiamo. Non abbiamo strumenti di misura-zione per traguardi tanto grandi e misteriosi. Il nostromestiere era solo quello del contadino, secondo tradizio-ne e mentalità, che semina sicuro che il resto lo farà Dioe il tempo.

Ma il nostro mestiere era anche quello, meno rurale,di aprirci e di aprire lo sguardo verso orizzonti che sonooltre il nostro campo dove ci sono le sorprese della storiae del genio umano e dove Dio continua ad operare no-nostante le nostre chiusure interessate e le nostre in-differenze comode e talora piacevoli. Guardando dall’al-to i programmi realizzati in questi anni possiamo dircilieti. Abbiamo seminato e guardato oltre. E’ una divisache, modestamente, vorremmo consegnare anche in fu-turo ai vercellesi.

Cesare Massa

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La cultura oggi, in Occidente, poiché dipende semprepiù dai mezzi di comunicazione, è debole, è in pericolo lasua libertà.

Si rischia di non lasciare più spazio al pensiero, allagerarchia dei valori, si pone tutto sullo stesso piano, non èpiù necessario distinguere tra verità e non verità, si espri-mono solo opinioni senza prendere posizioni.

Si soffoca la crescita interiore delle persone, la loro ca-pacità critica, il loro senso di responsabilità individuale ecollettiva.

Sempre più spesso la cultura, assoggettata alla logicadei mezzi di informazione diventa intrattenimento, pette-golezzo.

Molte le voci di protesta non ultima quella di RiccardoMuti “La cultura è impegno mentale, non c’entra nulla conil divertimento”.

Di fronte a questo relativismo incombente il Movimen-to Ecclesiale di Impegno Culturale deve lanciare le sue sfi-de di umiltà contro l’arroganza intellettuale, di ricerca re-sponsabile, consapevole di poter errare e quindi aperta aldialogo, all’accoglienza, di servizio alla Chiesa locale perdare, così, speranza alla cultura.

Oggi, più che mai, come Meic, siamo chiamati a svol-gere un servizio culturale, ad impegnarci a tutto campocon professionalità, competenza, sempre in ascolto delloSpirito, ricercando il dialogo non solo all’interno della

Chiesa, ma anche in quei luoghi, laddove pur non condivi-dendo la nostra fede, si persegue la libertà dello spirito e cisi oppone alla mercificazione della cultura.

Ci riappropriamo così delle nostre radici che ci portanoad essere partecipi criticamente della comunione ecclesia-le ed impegnati a ricercare le relazioni tra fede e le culturedel nostro tempo in sintonia con quanto affermano i Ve-scovi italiani, dopo Palermo, che la fede ha bisogno dellacultura per esprimere i bisogni, le domande, le ansie del-l’uomo d’oggi e la cultura ha bisogno della fede per per-mettere all’uomo di raggiungere la pienezza delle sue incli-nazioni e non lasciarsi conquistare dalla comodità della vio-lenza.

In questa ottica il documento “Investire in cultura” pre-sentato a giugno (1997) a Bologna al Congresso Eucaristicovuole essere un contributo del Movimento al progetto cul-turale della Chiesa perché come afferma il nostro Presi-dente nazionale Prof. Lorenzo Caselli: “Le questioni cheinterpellano la nostra coscienza non sono semplici. Per laloro soluzione non esistono ricettari o manuali di prontointervento. In questo momento la Chiesa appare come unfondamentale punto di riferimento per la ricostruzione dellanostra società, per la produzione di valori e di senso etico.

E’ questo un segno dei tempi che chiama allo scopertol’intellettuale cristiano”.

Chiara Benigni

Senza integrismi né appiattimenti

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Sono passati vent’anni daquando, in quel piovoso autun-no del 1976, cominciammo condon Cesare, Piero Masuello eAntonino Vitale a ragionare sul-l’avvio di un’iniziativa culturale diispirazione cristiana a Vercelli,capace di riprendere l’eredità dialtre fortunate intraprese comequella del Piccolo Studio, prezio-so laboratorio di dialogo e diapertura ai fermenti dell’epocadel Concilio.

Eravamo reduci, se non ricordo male, dall’esperienzadel grande convegno ecclesiale su evangelizzazione e pro-mozione umana, che fu un momento di presa di coscienzadella ricchezza dell’esperienza cristiana in Italia e insiemedella necessità di cercare strade nuove per “pensare la fede”e per comunicare con gli uomini del nostro tempo.

Due sentimenti contrastanti, infatti, albergavano in noi.Da una parte la constatazione di una grande vitalità delmondo cattolico, nelle sue multiformi espressioni sociali.Dall’altra, una sensazione di latitanza e subalternità sul pianoculturale e comunicativo, come se quella vitalità sociale edesperienziale non riuscisse a dire se stessa.

C’erano state, tra l’altro, le elezioni amministrative del‘75, con l’avvento delle sinistre in molti municipi e regioni,tra cui Vercelli e il Piemonte. E’ facile essere profeti a po-steriori.

Ma avevamo già allora la sensazione che un certo mo-dello di presenza dei cattolici nella società italiana, basatosull’unità politica, fosse al tramonto, e si dovesse sostituir-lo con un altro, imperniato sull’iniziativa culturale. Oggipossiamo dire che, con il progetto culturale avviato, tra

incertezze e difficoltà, dalla Conferenza episcopale italia-na, quell’intuizione è diventata una scelta esplicita dellaChiesa italiana.

Personalmente, ero allora un giovane studente di filo-sofia dell’Università Cattolica, che cercava di conciliare l’in-teresse per gli studi con la passione per le vicende della suacittà, la sete di cultura con il desiderio di azione, l’apparte-nenza al mondo giovanile con l’inserimento nella societàadulta. L’insegnamento filosofico impartito in Universitàcattolica da ottimi maestri mi lasciava tuttavia insoddisfat-to, mi appariva antiquario, rarefatto, privo di rapporto conle vicende del nostro tempo. Così, i Settelunedì sono statiper me in quegli anni una scuola integrativa tutt’altro chemarginale nella mia formazione.

Scorrendo il lungo elenco dei relatori che sono stati nostriospiti in questi due decenni, mi accorgo che buona partedell’intellettualità cattolica è passata da Vercelli, dandocil’occasione di preziosi incontri personali e inusuali possibi-lità di dialogo. Come dimenticare le serate trascorse con ilcard. Pellegrino, mons. Tonini, Vittorio Messori, padreKrapek e tanti altri?

Oggi, avendo l’opportunità di confrontare la nostra espe-rienza vercellese con quella di altri centri culturali di cittàdiverse, devo dire che i nostri Settelunedì non sfiguranoaffatto. La numerosità e la costanza della partecipazione,l’attenzione e gli interventi del pubblico, la presenza auto-revole dei vescovi che si sono succeduti come ospiti e par-tecipanti, fanno delle nostre conferenze uno dei più riuscitiesempi di protagonismo culturale dei cattolici nelle realtàlocali del nostro paese. A don Cesare, a Chiara Benigni eagli amici che li affiancano auguro di cuore di tenere altaquesta luce di intelligenza e di speranza ancora per moltianni.

Maurizio Ambrosini

Per Dio e per la città

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8Le adesioni

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9Dire MEIC, a Vercelli

significa dire presenzasull’agorà della cultura: perriflettere, dibattere, darespazio al pensare sui gran-di temi di attualità. E non èpoco riscattare i diritti delpensiero su problemi ri-schiosamente lasciati aimargini dalla cultura del-

l’azione; o peggio ancora della distrazione.La stessa chiesa italiana, alla vigilia del 2000 sta

tematizzando questo aspetto della sua missione nella sto-ria: la dimensione “cultura”. Il nodo è preciso e ineludibile,severo e decisivo: l’ha indicato lo stesso Giovanni Paolo IIparlando proprio al MEIC (1982): “Una fede che non di-venta cultura è una fede non pienamente accolta, non in-teramente pensata, non fedelmente vissuta”.

Dire MEIC significa celebrare una giovinezza discreta-mente matura. Vent’anni. Non sono poco. Forse è l’etàdella prima sintesi: appunto tra esperienze e creatività, tramemoria e voglia di futuro.

Dire MEIC a Vercelli significa dire dialogo nella città.Capace di aprire orizzonti di grande respiro sui croceviadella storia convulsa e complessa del nostro tempo; macon precisi agganci al vissuto di questa gente e di questaterra, di questa città e di questa chiesa, dal passato gelosa-mente evocato come glorioso. Capace di suscitare doman-de, interesse, incontri, come i “Settelunedì”, ormai entra-ti in una sorta di tradizione intangibile e semprecreativamente feconda. Non resta dunque che trasforma-re il ricordo in grazie e in augurio.

La gratitudine va a coloro che hanno creduto e credononelle risorse stimolanti della cultura, illuminata dalla fede: aDon Cesare in particolare, e a tutti “gli amici… dellapleiade”. Un grazie davvero sincero e convinto.

E un augurio. La strada è in salita, ma stimolante. Sullacurva del 2000 auguro al MEIC un supplemento di profe-zia per pensare ed aiutare a pensare cose vere.

P. Enrico arcivescovo

Dire MEIC a Vercelli

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L’anno 1997 coincidecon il ventesimo anno di for-mazione del M.E.I.C. (Movi-mento Ecclesiale di ImpegnoCulturale) e della sua princi-pale iniziativa: i “Settelu-nedì”.

Per questa circostanza michiedono un breve interven-to scritto per il “NumeroUnico” che sarà pubblicato.Aderisco con gioia e riconoscenza all’invito.

Quando il 1° gennaio 1967 incominciai il mio serviziopastorale in Diocesi, nel lungo elenco di associazioni, mo-vimenti e gruppi di ispirazione cattolica, scoprii l’esistenzadi un nutrito gruppo di professionisti che periodicamentesi riunivano nella Casa delle Opere Cattoliche, costruitodall’Arcivescovo Imberti, come “Associazione LaureatiCattolici”. Il Presidente in carica era il Prof. Fusi, sostituitoin seguito dall’Avv. Ventura ed infine, per 15 anni, dall’in-dimenticabile Avv. Piero Masuello.

Don Cesare Massa, dopo la decisione presa di iniziaregli studi di teologia per prepararsi al Sacerdozio, sospesela sua iniziativa “Il Piccolo Studio” che aveva conosciutomomenti di alto prestigio culturale.

In molte occasioni con l’Avv. Masuello e Don Cesare siritornava sulla necessità di avvicinare culturalmente pro-fessionisti, cattolici praticanti, ed anche non praticanti,

Fare memoria

senza disattendere coloro che, pur non essendo professio-nisti, desideravano “aggiornare” la loro cultura, più o menoprofonda, alla luce della dottrina e del pensiero cattolico.

Avevo ben presenti le considerazioni del ConcilioEcumenico Vaticano II, al quale avevo partecipato con en-tusiasmo giovanile e al quale mi aggrappavo molto spessonelle riflessioni rivolte ai Sacerdoti e di laici.

Mi era rimasto impresso in modo particolare il messag-gio “agli uomini di cultura” consegnato al filosofo franceseJean Guitton la mattina della solenne funzione conclusivadel Concilio in Piazza San Pietro. Era l’otto dicembre 1965.Lo stile del messaggio rimandava chiaramente allo stile diPapa Paolo VI.

“Felici coloro che, possedendo la verità, la cercano an-cora, per rinnovarla, per approfondirla, per donarla aglialtri. Felici coloro che, non avendola ancora trovata, cam-minano verso di lei con cuore sincero: che essi cerchino laluce di domani con la luce di oggi, fino alla pienezza dellaluce”.

In sintesi era un grande richiamo alla “Gaudium et Spes”che, purtroppo, essendo l’ultimo documento discusso nel-l’aula conciliare avrebbe avuto bisogno ancora di impor-tanti ritocchi. Comunque alcune affermazioni erano chia-re ed impegnative.

“Lo studio… dei più alti concetti del vero, del bene, edel bello… eleva lo spirito umano e lo rende più liberodalla schiavitù delle cose, sicché possa innalzarsi piùspeditamente al culto e alla contemplazione del Creatore”(n. 57).

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Ed ancora: “I cristiani collaborino affinché le manifesta-zioni e le attività culturali proprie della nostra epoca sianoimpregnate di spirito umano e cristiano” (n. 61).

Abbiamo dimenticato troppo presto il Concilio E. Vati-cano II. Segue la stessa sorte di tanti Sinodi diocesani, an-che recenti, custoditi gelosamente, quasi sotto chiave, nel-le biblioteche delle nostre parrocchie. Eppure, ci avvertePapa Giovanni Paolo II, “il Concilio Vaticano II rappresen-ta “la porta santa” di quella nuova primavera della Chiesa,che dovrà essere rivelata dall’evento giubilare” (cf. Tertiomillennio adveniente).

Ricordo molto bene il travaglio degli anni 70, le discus-sioni, gli scambi di opinioni, la ricerca appassionata di farrivivere la provvidenziale iniziativa del “Piccolo Studio” ag-ganciandolo a qualche realtà associativa esistente in dioce-si. Si pensò infine all’Associazione dei laureati cattolici,oggi M.E.I.C. il cui presidente, l’indimenticabile Avv. PieroMasuello, offriva con entusiasmo la disponibilità sua e del-la sua associazione al “trapianto” del Piccolo Studio, dan-

dogli un nome nuovo, una veste nuova con un indirizzo edun programma culturale ben preciso.

Il M.E.I.C., come movimento culturale di ispirazione cri-stiana, avrebbe continuato il cammino di formazione deisuoi soci con ritiri spirituali mensili, brevi corsi di teologiaecc. e al medesimo tempo si sarebbe assunto il mandatoufficiale di progettare, finanziare e sostenere una iniziativaculturale nuova “I Settelunedì” che nell’anno in corso desi-dera ricordare il suo ventesimo anniversario.

Agli organizzatori promettevo, come era mio dovere,tutta la mia simpatia ed il mio appoggio.

Oggi i “Settelunedì” sono in Diocesi una realtà culturaledi ispirazione cristiana molto conosciuta ed apprezzata nonsolo in città ma anche in parecchie parrocchie.

“Ad meliora quotidie” - ogni giorno realtà migliori - è inquesta circostanza il mio augurio cordialissimo e sincero.

+ Albino MensaArciv. Em.

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Una celebrazione anni-versaria, per definizione,ripropone la memoria di unevento, e ne trae come dafonte mai spenta, nuovi sti-moli e valori per il presentee per il futuro.

Quando venni a Vercellinel 1991 dissi che «la cul-tura è la patria della Chie-sa», e Vercelli, nella sua tra-

dizione storica, artistica e religiosa, fu indiscussa promotricee conservatrice di cultura. Su questo rigoglioso tronco si èinnestata l’attività del Movimento Ecclesiale di ImpegnoCulturale, il MEIC, guidato con intelligenza progettuale dalSuo Assistente ecclesiastico, e sempre sorretto dalla com-petente e generosa collaborazione di amici Laici.

L’impegno di “fare cultura” in una città accusata di son-nolenza e di “disimpegno” è stato doppiamente meritorio:anzitutto per il nobile ideale di riformare i parametri co-noscitivi e valoriali scombinati dalla inciviltà moderna, insecondo luogo per l’encomiabile recupero dei giovani, lau-reati e studenti, a un dialogo aperto tra fede e scienzeumane, tra Chiesa e società.

In verità l’originale iniziativa dei Settelunedì, poi diven-tati Novelunedì ha provocato una risposta di pubblico nu-meroso e fedele, premiando abbondantemente la tenaciadegli organizzatori. Senza mai occultare la matrice cristia-na e cattolica delle proposte culturali del MEIC, anche at-

Un dono di fresca speranza

traverso la varietà delle tematiche, si è riaffermata l’anticaconsapevolezza che la Chiesa, composta di uomini chesono membri a pieno titolo della città terrena camminainsieme con tutta l’umanità, e vuole essere al servizio diogni uomo, nelle sue diverse situazioni e modi di esserealla luce del Vangelo e dell’esperienza umana (GS n. 46).

Ricordo, tra gli altri, il bel ciclo di testimonianze incen-trate su «la gratuità nella società dell’avere», con una splen-dente informazione sul positivo che eleva l’uomo, anzichésul negativo che genera pessimismo, disagio eomologazione nel peggio.

Non posso tacere una tappa storica del Movimento,contrassegnata dal passaggio dalla “diaspora” alla bella salaS. Eusebio del restaurato Seminario, come luogo stabile diincontro e di integrazione delle dimensioni sociali, culturalie religiose della Comunità Vercellese.

Auguro di cuore che dopo il primo “fausto” ventennio ilMEIC attinga nuova ispirazione creativa e trovi costantecorrispondenza nella cittadinanza, come nella comunitàecclesiale, per professare una fede che attraverso le parolediventi condivisione; e per offrire un’amicizia che diventicomunione negli ideali e nei progetti che diano fresca spe-ranza alla città degli uomini.

+ Tarcisio BertoneArcivescovo Emerito

Segretario della Congregazioneper la dottrina della fede

24 ottobre 1997

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10 agosto 1997

Carissimi amici del MEIC,

mi rallegro vivamente per il ventesimo dei “Settelunedì”,che hanno costituito un avvenimento culturale e religiosodi alto valore e vi ringrazio vivamente per l’amichevole in-vito che mi avete indirizzato.

Ricordo di aver tenuto la Commemorazione di Giusep-pe Lazzati e Pier Giorgio Frassati.

Non posso non ricordare quella sera, di fine settembre,di venti anni fa, con l’amico Piero Masuello, la presenta-

zione di fronte ad un pubblico attento del neo MovimentoEcclesiale di Impegno Culturale.

Vorrei collaborare in altri modi, ma dopo aver scrittodue articoli per Coscienza e per Avvenire (questo da pub-blicarsi) sul centenario di Mons. Montini mi sento moltostanco. L’età di 91 anni compiuti pone ormai un terminealla mia attività di scrittore e di dicitore.

Con i miei ringraziamenti per l’amichevole invito vo-gliate accogliere i più fervidi voti e amichevoli saluti.

aff. nel Signorep. Enrico di Rovasenda

“Lampada che arde e risplende: ha reso testimonianzaalla verità”. La lode che la liturgia cattolica, in consonanzacon quella ortodossa, dedica al Precursore di Gesù, Gio-vanni Battista, suggerisce l’insieme dei sentimenti che lanotizia del ventesimo anno di fondazione del Meic vercelleseporta con sè.

E’ veramente una lieta notizia che genera riconoscimentodi un cammino percorso con perseveranza (merce rara inquesti tempi) e portatore di frutti nella comunità vercellese.Ho ancora negli occhi la serata non usuale del mio incon-tro con il gruppo, in un mix di cordialità, solennità, genialitàe dedizione che non dimenticherò e che già ho segnalatoin altri luoghi. So per esperienza che niente nasce a caso esenza fatica.

Vada a tutti gli operatori del lavoro ventennale, in parti-colare al caro amico don Cesare Massa, una gratitudineche viene ex corde, quale umile ricchezza dei poveri checome Meic siamo nel panorama italiano: poveri ma vivi etenaci e disposti a faticare per un “progetto culturale” del-la Chiesa che non sarà tale se non si incarnerà nelle realtà

Slancio di ricerca e di amore

locali. I vostri “Settelunedì” sono da tempo un progetto inatto, una proposta permanente di cultura visitata dalla fede.

L’augurio è conseguente: che la lampada risplenda sem-pre più e risplenda anche là dove ancora può essere nonarrivata, nelle zone oscure o grigie della disinformazione edell’indifferenza.

Agli amici vercellesi che credono nell’impegno culturalededico volentieri un pensiero di Paolo VI, di cui si celebrain questi giorni il centenario della nascita: “La gioia di sen-tirsi esistenti, vivi, a contatto non solo con se stessi maaltresì con un mondo esteriore, mediante un atto di co-scienza, non è statica e autosoddisfatta: a ben guardare siesprime in uno slancio di ricerca e di amore desideran-te… La gioia si converte in bisogno, in fame, in felicità”.

Auguri di continuare a testimoniare la verità, soprattut-to quella a cui conduce lo Spirito del Signore. C’è da spe-rare sempre che l’inaudito e l’inedito si affaccino sulle no-stre città.

Don Pino Scabiniassistente nazionale del MEIC

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Nel ricordare i 20 anni di attività del MEIC nella nostraArcidiocesi Eusebiana, la prima immagine che mi viene inmente è quella evangelica del piccolo seme, che nonostan-te la sua sproporzione e le difficoltà di crescita, riesce neltempo a dare frutti abbondanti e durevoli.

Se, infatti, leggiamo in modo non superficiale la storiadi questi venti anni e la inquadriamo nel tempo presente,in cui finalmente anche a Vercelli si stanno moltiplicandole iniziative e le proposte per reinserire la nostra città nellasua migliore tradizione culturale religiosa e civile, non pos-siamo non dare alle iniziative del MEIC un ruolo primario.

E ciò dipende sia dalla sua natura sia dalla sua funzioneche in Vercelli, sotto la sapiente e lungimirante conduzionedei responsabili, hanno fatto diventare le iniziative del MEICluogo di accoglienza e stimolo ad un dialogo tra mondoecclesiale e laico che è alla base di una vera cultura capacedi armonizzare tutti i valori dell’umana esperienza. Ciò hacontribuito a superare due grossi ostacoli che hanno stori-camente paralizzato la nostra società: da un lato, il rischiodi uno scadimento culturale all’interno del mondo cristia-no ed anche clericale in antitesi con la più antica tradizio-ne eusebiana; dall’altro il rischio di una contrapposizione,di sapore illuministico-radicale, tra credenti e non creden-ti, retaggio di una certa confusione di matrice politica.

Se oggi nella nostra Arcidiocesi constatiamo un dialogocrescente tra Chiesa e mondo istituzionale e laicale in moltisettori in cui le pur diverse finalità si intersecano e richie-dono confronto e collaborazione per il bene comune, ciòaffonda le sue radici proprio nell’alveo, piccolo ma effica-ce, che il MEIC, con l’incoraggiamento e l’attiva parteci-pazione di Mons. Albino Mensa, ha potuto e voluto crearevent’anni orsono. Si è così ben preparato il terreno peruna fioritura che ha dato i suoi frutti negli ultimi anni edaltri sta ancora per produrne, dopo il necessario tempo digestazione.

Ed il tempo della maturazione ha coinciso provviden-zialmente con l’opera breve, ma estremamente solerte ed

MEIC: seme di risveglio culturale

efficace di Mons. Tarcisio Bertone, il quale proprio su que-sto terreno ormai fertile ha posto mano vigorosa per farnascere le opere che oggi sono davanti agli occhi di tutti, acominciare dall’insediamento a Vercelli dell’Università e viavia a tutte le altre realizzazioni di collaborazione con leistituzioni pubbliche (tra cui primeggia la convenzione conRegione, Provincia e Comune per il circuito dei Musei cit-tadini) e di opere all’interno del mondo ecclesiale sempreaperte a tutti (tra cui la splendida ristrutturazione del Semi-nario).

Non sorprende, quindi, la constatazione che l’attualeArcivescovo Mons. Enrico Masseroni non manca mai difare circa la ricchezza di questa realtà vercellese a livello disviluppo culturale e di dialogo con le istituzioni. Ed eglistesso continua a dare impulso anche a questo livello (bastiricordare la promozione dell’apertura dell’Archivio e Bi-blioteca capitolare e tutte le iniziative di formazione neidiversi campi della pastorale per non lasciarlaall’improvvisazione). Culmine di tutto questo risveglio saràla prossima visita del Papa a Vercelli, che darà impulso allavita della nostra Chiesa locale, e, quindi, anche al dialogocon tutta la realtà della nostra città e diocesi, secondo lostile del pontificato di Giovanni Paolo II che richiama sem-pre alla necessità di incarnare la fede cristiana nell’interarealtà del mondo, per farla diventare modo di pensare edagire dei popoli, cioè cultura.

Il MEIC, dunque, può ben legittimamente celebrare congioia queste ventennale ricorrenza e lo farà con tanta mag-gior efficacia quanto più rimarrà fedele ancora alla sua ispi-razione di movimento di iniziativa culturale: dunque, anco-ra dinamismo che spinge a nuove sfide ed offre semprenuove opportunità perché, attraverso la riflessione, lo stu-dio ed il dialogo con tutti, la Chiesa possa essere a Vercelliil segno dell’amore di Dio per tutti gli uomini a cui ridarepiena dignità e forte speranza.

mons. Giuseppe VersaldiVicario generale

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Passando in rassegna i molti nomi di coloro che hannodato il proprio apporto ai Settelunedì, spontaneamentemi sono venute in mente le stupende vetrate delle catte-drali medioevali. Il pensiero è subito andato alla cattedraledi Chartres, in particolare alle tre meravigliose vetrate delXII secolo che, sotto il rosone, dominano il “portail royal”,situato tra i due campanili. Poi il pensiero è andato a Notre-Dame di Parigi, cattedrale a me particolarmente cara inquanto ho passato a Parigi alcuni anni della mia giovinez-za. Spesso, in quei primi anni del mio presbiterato, miritrovavo, quasi senza rendermene conto, in Notre-Dame,soprattutto per contemplare quelle vetrate dai colori vivacie animate da mille personaggi, affascinato da quella stra-ordinaria capacità di far filtrare la luce dirottandola versol’anima, in un ambiente di mistica penombra.

Come una grande vetrata: così mi appare il servizioculturale che il Meic ha svolto in questi anni a Vercelli. Lavivace fantasmagoria di voci diverse non appare una ras-segnata frammentazione di spunti interpretativi chiusi nel-la propria presunta autonomia, ma come un insieme ar-monioso: l’originalità di ogni singola voce si colloca al suoposto, su uno sfondo verso cui tutto converge.

Come nelle vetrate medioevali, nei Settelunedì emer-ge in primo luogo la luce, ovvero l’intelligenza, la riflessio-ne, le implicanze intellettuali dell’esperienza cristiana.“Quoniam fides, si non cogitetur, nulla est”, afferma inmodo perentorio sant’Agostino nel suo Depraedestinatione sanctorum (11, 5). La fede è nulla senon si confronta, se non si esprime, se non si irrobustisceattraverso l’intelligenza e la riflessione.

Ma la luce penetra nell’anima in un contesto di penom-bra, ovvero attraverso l’interiorità, la profondità, il silen-zio. Una penombra che conduce all’invisibile, la cui miste-

Come una grande vetrata di cattedrale

riosa luce è ancora più viva di quella che gli occhi possonoscorgere. Nella penombra la fede appare nel suo nudoaffidarsi e nel suo umile invocare. Ancora sant’Agostino civiene in aiuto: è Dio che attira a sè le persone. Perché Dioè “intimior intimo meo”, più interiore a me di quanto nonsia io a me stesso. D’altronde già negli Atti degli Apostolitroviamo scritto: “Dio non è lontano da noi. In lui infattiviviamo, ci muoviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At. 17,28). E allora gli occhi si chiudono e i sensi tacciono - ilsilenzio, la contemplazione, la mistica - per “sentire” e “co-noscere” ciò che più importa, per ascoltare la Parola eter-na che si è fatta storia.

Come nelle vetrate delle grandi cattedrali medioevali siattua la transizione tra l’esterno e l’interno, tra i colori ar-moniosi della luce e le risonanze dell’anima, così il Meic diVercelli ha offerto una straordinaria opportunità diaccostamento e di transizione tra due ermeneutiche: quel-la che si richiama alla Parola di Dio e rinvia all’esperienzacristiana originaria e fondatrice e quella dell’esistenza sto-rica che rinvia all’esperienza stessa del vivere umano cometale. L’accostamento, anzi la messa in relazione, mutua ecritica, di queste due ermeneutiche esige un dialogo seriotra le due esperienze. Forse questo dialogo è avvenuto piùsu un versante, quello dell’esperienza cristiana che si èaperta e confrontata con i problemi che il vivere odiernopone. Minor attenzione al dialogo, invece, da parte dell’al-tro versante, quello dell’esperienza umana come è vista evissuta dagli uomini di oggi, in particolare da chi si collocain una cultura laica. Questa cultura è risultata meno pro-pensa a mettersi in questione e a lasciarsi illuminare, ecioè, in ultima analisi, a far emergere il suo senso attraver-so l’ascolto, il confronto e la critica. Forse anche questo èun “segno dei tempi”, come lo è il fatto che Giovanni Pa-

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olo II, in atteggiamento penitenziale, abbia l’ardire di rico-noscere gli errori commessi rispetto ad alcune situazionidel passato, mentre gli intellettuali laici si dissociano oironizzano (vedi E. Scalfari, Repubblica, 31 ottobre; G.Bocca, Repubblica, 3 novembre).

Comunque il Meic di Vercelli, con i Settelunedì, hatestimonianto un’esigenza fondamentale per la fede: capi-re la storia, la sua effettività concreta che è quella dell’esi-stenza socio-culturale e economico-politica. E’ indispensa-bile questa ricerca per vivere responsabilmente la fede eattestarne la verità ad ogni uomo. Una ricerca che passaattraverso l’incontro con altri, con i loro volti, con la loroparola, con la loro riflessione, con leloro gioie e le loro sofferenze (cfGaudium et Spes, 1).

La fede, attraverso l’intelligenza,vuole non solo capire la storia ma“svelarla”, perché sia “storia della li-bertà”, aperta sull’avvenire, illumina-ta interiormente e orientata verso ilsuo destino. Anche là ove rarefattisono i segni di Dio - e la vita quotidia-na, nelle sue forme consumistiche enei suoi ritmi affannati, sembra averoscurato questi segni e insieme tuttociò che è prezioso per l’esistenza uma-na-, la fede continua nel suo impe-gno, continua a dire che la storia e ilmondo sono attraversati da una luceche interpella tutti. E la fede sa che sequesta luce viene accolta, se la pro-messa della Parola viene ascoltata,allora l’uomo scopre che gli è data la

possibilità di sperare e quindi di meravigliarsi, di appassio-narsi, di agire.

Se vent’anni segnano nella biografia personale l’iniziodella vita adulta, l’augurio per il Meic di Vercelli non puòche essere quello di continuare sulla strada intrapresa e ditrovare, nella maturità, altre fonti luminose, altri apportivitali per una società e una cultura in continua trasforma-zione. Il seme è stato gettato e bisogna sperare che germinie possa un giorno portare nuovi frutti.

Gianni Ambrosiodirettore de “Il Corriere Eusebiano”

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Volentieri abbiamo accolto l’inaspettato invito di direqualcosa sui “Settelunedì”, in occasione del loro ventesi-mo anniversario, pur non avendo l’Ente Comunale nessunrapporto con questa manifestazione.

Perché i “Settelunedì”, con questo originale titolo or-mai divenuto abituale, hanno acquistato una collocazionesignificativa nel panorama culturale vercellese e costitui-scono un riferimento tradizionale per un pubblico vasto edeterogeneo. I temi trattati nel corso degli anni e gli oratoriche si sono succeduti hanno attirato l’interesse di personediverse, favorendo spesso un momento di incontro tra lacultura cattolica e la cultura laica.

Occasioni importanti quindi, segno di lungimirante aper-tura al dialogo, che non possono non trovare attenzione

Gabriele BagnascoSindaco di Vercelli

Gianni MentigazziAssessore alla Cultura

da parte del Comune, istituzionalmente tenuto ad ascolta-re la realtà locale e ad interpretarla nella sua complessità.

Scorrendo l’elenco dei relatori che si sono succeduti nelcorso delle passate edizioni si rileva una folta presenza dinotevoli personalità che l’aver saputo portare a Vercelli èun ulteriore merito da riconoscere agli organizzatori.

Auguriamo quindi che l’esperienza continui con sem-pre uguale o addirittura maggiore capacità di parlare a tut-ti delle tante cose che nella Chiesa, nella società, nella vitaci pongono problemi e ci chiedono risposte.

A proposito, chissà perché proprio di lunedì…

Momento di incontro

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Uno spazio di confronto

Vent’anni fa, quando don Cesare Massa ed i suoi amiciavviarono l’iniziativa dei “Settelunedì”, si era all’indomanidi un forte successo della sinistra in città e nel Paese.

Lo sconcerto, le lacerazioni e il vero e propriosbandamento politico prodottosi nel mondo cattolicovercellese a seguito di tali avvenimenti, erano molto diffusie andavano ben al di là dei confini organizzativi della DC,giungendo ben dentro la Chiesa locale e le sue gerarchie.Erano la espressione evidente di un senso di ripiegamentoe di una macerazione interna che invece di spingere a cer-care le ragioni oggettive e soggettive di quanto stava acca-dendo, sembravano auspicare nuove chiusure e riflussiconservatori, in contrasto con il clima e le tensioniinnovatrici del post-concilio che caratterizzava invece tan-ta parte della Chiesa piemontese e italiana.

Proprio in quei mesi, nel novembre 1976, il convegnoecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana”, purribadendo la inconciliabilità tra marxismo e cristianesimo,aveva dichiarato finito ogni collateralismo con la DC e sol-lecitato un processo di revisione della presenza autonomadei cattolici nella società, indicando le condizioni per unacollaborazione dei cattolici con tutte le forze sociali e poli-tiche interessate a costruire un futuro migliore per la co-munità umana.

Ma, proprio questi affiati di ricerca e di sperimentazionedelle ragioni di incontro, collaborazione e intesa tra cre-denti e non credenti, per salvaguardare e adeguare ai nuo-vi tempi sia i valori della sfera politica, sia quelli apparte-nenti alla morale sociale, risultavano essere all’interno delmondo cattolico vercellese alquanto circoscritti e osteggia-ti, guardati per lo più con fastidio e sospetto.

Ecco perché fu importante per la realtà vercellese diallora e chiaroveggente per la realtà contemporanea, losforzo del “Movimento Ecclesiale Impegno Culturale” nelportare con i “Settelunedì” uno spazio di confronto apertoe stimolante.

Riandare, pur col pensiero e le sensibilità mutate di oggi,al contesto politico-culturale dal cui seno in fondo prese

vita l’esperienza dei “Settelunedì”, ci pare possa essere ilmodo più obiettivo per cercare di inquadrare correttamen-te le ragioni e le motivazioni non meramente accademichedi quella proposta, ma anche il suo coraggio intellettuale,che hanno concorso a rendere possibile l’apertura di unconfronto serio, non ideologico tra valori condivisi sia daicredenti che dai non credenti.

Don Cesare e i suoi amici ebbero il coraggio di mettersiin discussione promuovendo un confronto a tutto campo,con spirito di tolleranza e rispetto per il dubbio, per la ri-cerca del nuovo, per il confronto tra diversi, con quanti,pur non avendo una visione cattolica della vita, potevanocondividerne e praticarne taluni fondamentali insegnamentie valori morali.

Ci rendiamo conto che oggi, nel ben diverso clima crea-to dai profondi rivolgimenti indotti dal crollo del Muro diBerlino e dalla tragica illusione di un comunismo democra-tico, queste considerazioni potrebbero anche apparireinattuali e sproporzionate.

Se ci sofferma però a riflettere, sul fatto che pur nellemutate condizioni odierne, le ingiustizie e le disumanità diuna crescita dominata solo dal profitto e sorda alle ragionidell’uomo sono lungi dall’essere risolte, allora non si puònon aggrapparsi alla speranza che l’agire individuale e col-lettivo sappia trovare le ragioni di idealità capaci di suscita-re nuove energie e di unire gli sforzi per porre rimedio alletante angosce del nostro tempo.

Ne consegue che il tempo della intraprendenza e delcoraggio di muoversi anche controcorrente, sfidando quan-do serve, conservatorismi, pregiudizi e pigrizia non è certoconcluso.

Perciò siamo riconoscenti e lieti che i “Settelunedì” con-tinuino con successo il loro cammino.

Il Presidentedella Provincia di Vercelli

(Gilberto Valeri)

L’Assessore alla Culturadella Provincia di Vercelli

(Giorgio Orsolano)

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Mi è difficile ricorda-re l’anno in cui ebberoinizio i “Settelunedì”,programmati dalMEIC, ma non dimen-tico la preistoria di essial “Piccolo Studio”,presieduto dall’avv. Lu-ciano Binelli pressol’aula adiacente allasala capitolare dell’ab-bazia di S. Andrea.

Qui si erano svolte,fin dagli anni cinquan-ta, le lezioni dell’Asso-ciazione culturalevercellese, di cui l’ar-chitetto GiandomenicoSalotti aveva disegnato la prima pagina della pagella diadesione; un albero (a simboleggiare la cultura) con fortiradici e grandi frutti, ed il motto: “Chi non sa non vive”.

Sia nel tempo del “Piccolo Studio”, sia negli anni delMEIC e fino ad oggi, si è avvicendato un esercito di illustridocenti (a parte, si veda l’elenco dei “maestri” che fecerolezione per il MEIC), e un foltissimo numero di uditori.

Tra storia e preistoria

Fra questi uditori ritengo indimenticabili la presenza dimons. Albino Mensa, con le sue puntuali interrogazioni altermine di ogni lezione; e di pari importanza la presenzadell’avv. Piero Masuello, presidente del MEIC per moltianni, nel quale ha profuso il più ammirevole impegno eche ha portato, come rileva Cesare Massa, “l’esemplaritàdi una fede forte e ingenua (cioè libera)…”.

Mi sia consentito poi di ricordare, fra i tanti uditori, treo quattro amici che fu-rono sempre assidui, edin particolare padreUmberto Vivarelli (fra ipiù impegnati allievi didon Primo Mazzolari ecollaboratore del giorna-le “Adesso”); il prof. Ar-mando Degrandi, valen-te studioso, che dettònumerose sintesi dellelezioni sul CorriereEusebiano; il prof. Giu-seppe Margara, an-ch’egli valoroso studio-so, che non mancò maidi portare il suo contri-

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buto chiarificatore negli argomenti più complessi; a fratelPlacido, l’apostolo dei fanciulli svantaggiati.

Fra i docenti più lontani nel tempo ricordo in modoparticolare fra Nazareno Fabbretti, il monaco francescanoche tracciò una biografia molto suggestiva di GeorgeBernanos, soffermandosi soprattutto sul suo romanzo “Sot-to il sole di satana” (satana come disperazione). Fu anchepolemico: sulla sua amorevole lente passarono gli uomini,la società, la chiesa dei suoi giorni…

Su Bernanos vi fu anche nel 1979 un’eccezionale lezio-ne del letterato Geno Pampaloni che tratteggiò la figura ela personalità del romanziere, sottolineandone la sua at-tualità.

Nè posso dimenticare il severo eppur amabile prof. CarloBo e la sua concezione di letteratura come vita; e poi l’arch.Giandomenico Salotti che riassunse uno studio accuratissi-mo del movimento d’avanguardia denominato “espressio-nismo” nell’ambito di una lezione dal tema “Città, radici eprospettive”, passando a considerare alcune problematichelegate alla nostra Città.

Un mio buon amico, il dott. Carlo Carretto (4 ottobre1988) partecipò due volte: in una di queste lezioni raccon-tò San Francesco.

Già visibilmente al tramonto, commosse numerosi pre-

senti che l’avevano conosciuto in tempi lontani, apprezza-to i suoi libri di spiritualità, e seguito il suo percorso spiri-tuale e umano. Alcuni erano suoi amici personali fin daglianni trenta, quando, incaricato da mons. Olgiati, illustravanegli oratori piemontesi l’Opera dei Missionari della Regalitàdi Cristo, poi la sua lunga presidenza della GIAC, la nottedell’80° in piazza San Pietro ai piedi di Pio XII, la faticosaimpresa della Domus Pacis…

Impressionava ancora la sua freschezza di espressione,l’entusiasmo intatto che lo assicurava, il ricordo della soli-tudine orante nel deserto, e la conclusione nel definitivoritiro di Spello…

Settelunedì:Poesia, letteratura, arte, scienza, spiritualità: un ampio

respiro nella nostra vita, talvolta un’illuminazione, la sco-perta di un valore, un servizio alla società.

Giovanni Rosso

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L’incontro con PadreEnrico di Rovasenda èindice di un’apertura cul-turale da parte deglioperatori cattolicivercellesi. Il Padre nelsuo discorso, tenuto nel-l’Aula Magna del Semi-nario (quasi duecento ipartecipanti) ha fatto no-tare inizialmente comeoggi i cattolici debbanoessere inseriti nel mon-do (“Ecclesia in mundo”)e non avulsi dal conte-

sto sociale. L’impegno d’evangelizzazione deve essere porta-to avanti a più livelli, non ultimo quello culturale, specialmen-te da quelli che vengono considerati latori di cultura, i laurea-ti, gli insegnanti, gli studenti. A questo proposito Padre Enri-co di Rovasenda ha citato diffusamente il Movimento dei lau-reati di formazione cattolica. E non a caso quest’ultimo movi-mento, ha detto P. Enrico, vuole cambiare il suo nome in“Movimento Ecclesiale d’Impegno Culturale”.

Nei dibattiti avutisi in parecchie diocesi sull’argomento“Evangelizzazione e Promozione Umana” tra cui Vercelli, sonovenute fuori le esigenze di un intervento formativo della fedenella cultura umana. Citando una frase di Achille Ardigò,“L’uomo d’oggi è un uomo casuale”, P. Enrico ha cercato didimostrare che all’uomo di cultura manca qualcosa, una di-rettiva, un ideale assoluto che riesca a farlo tenere saldo in unmomento storico come questo, pregno di cambiamenti, dirinnovamenti a volte dolorosi, di vere crisi intellettuali.

Una severa critica non è stata risparmiata alla civiltàtecnologizzata: siamo tutti dipendenti dall’ambiente in cui vi-viamo, dalla fabbrica, dai genitori nella famiglia, dagli inse-

Eusebiano di giovedì 29 settembre 1977Quasi 200 i presenti all’incontro con P. Enrico di Rovasenda

“Coordinare iniziative culturali per una efficace presenza cristiana”E’ stato presentato dall’avv. Masuello

gnanti nelle scuole, siamo non liberi di vivere la nostra vita.Un altro significativo punto della relazione di P. Enrico è sta-to l’appunto alla sfiducia nelle tradizioni.

Forse solo il cristianesimo nella civiltà occidentale, puòessere un punto fermo nella cultura, in quanto le varie ideolo-gie sono delle “ideologie del successo”, basate appunto sulsuccesso materiale che in quel dato periodo storico possonoavere, non sull’utilità che possono arrecare.

Il cattolico, insomma, dev’essere, proprio perché cattoli-co, uomo di cultura per avere più frecce nel suo arco, piùmezzi per evangelizzare.

Importante comunque è il lavoro culturale che si vuolecontinuare a Vercelli. L’Arcivescovo alla fine ha ringraziatoP. Enrico, l’avvocato Masuello, e il dottor Chiesa. Inoltre l’Ar-civescovo ha tenuto a sottolineare quattro punti:1. Come il convegno di Evangelizzazione e PromozioneUmana sia stato un momento importantissimo nella vitavercellese.2. Essere donne e uomini di cultura tenendo conto delle ca-ratteristiche storiche, industriali, economiche, scolastiche egeografiche della nostra terra, come il nostro giornale ha pre-cisato.3. Un preciso coordinamento degli strumenti e delle iniziati-ve culturali vercellesi.4. Ed infine ha accennato al rilancio degli strumenti di cultu-ra: il bisettimanale “L’Eusebiano”; la Biblioteca Agnesiana -Diocesana; la libreria Paolina; le associazioni professionali.

Un ultimo accenno spetta al gruppo di ragazzi liceali eduniversitari che ha seguito, nel convegno su Evangelizzazionee Promozione Umana tenutosi a Vercelli, il discorso sulla cul-tura. Essi sono stati invitati nella stessa serata, con P. Enrico,per un ulteriore sviluppo del dibattito culturale.

Da questi ragazzi specialmente sono in molti ad attenderequalcosa di costruttivo.

Paolo Peretti

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Vercelli, 28 luglio 1977

Reverendissimo Signor Parroco,a nome del Gruppo incaricato dell’organizzazione da

Mons. Arcivescovo, La informo che nel pomeriggio di sa-bato 24 settembre p.v. sarà a Vercelli Padre Enrico diRovasenda, O.P., assistente nazionale del Movimento Ec-clesiale di promozione Culturale, per presentare le istanzeed i problemi dell’iniziativa culturale dei cristiani, per unapresenza impegnata da promuovere in diocesi.

Per avere un uditorio omogeneo, di cultura cristiana, equalificato, gli inviti saranno personali, con lettera firmatada Mons. Arcivescovo.

In questa prospettiva, La prego di voler cortesementesegnalarci il nominativo delle persone (Laureati, diplomati,studenti universitari, artisti e uomini di cultura, pur se prividi titoli), della sua parrocchia da invitare: non importa seuno o molti; tutti quelli che Ella giudicherà opportuno peril futuro lavoro da svolgere.

L’elenco, completo di indirizzo, dovrebbe gentilmentefarlo pervenire alla Libreria di San Paolo di Vercelli, entrola prima quindicina di agosto.

La ringrazio per la sua collaborazione e La prego acco-gliere i miei migliori e deferenti ossequi.

Suo dev.moPiero Masuello

La lettera di convocazione

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Agresti Giuliano, Ambrosini Maurizio, Ambrosio Gianni,Attademo Luigi, Baiardi Ennio, Baima Bollone Pier Luigi,Baldissone Simonelli Giusi, Baracchi Bavagnoli Mietta,Barbaglia Silvio, Baroffio Bonifacio, Bausola Adriano, BeghiMarco, Bello Tonino, Beltrame Lucia, Benigni Chiara,Bergamaschi Aldo, Bergantini Mario, BernardiniMassimino, Bertinetti Marcello, Bertone Tarcisio, BettazziLuigi, Bianchi Enzo, Biffi Inos, Bona Mario, Boschetti Enzo,Bruni Giancarlo, Bullano Massimo, Buora Carlo, BurgalassiSilvano, Calabresi Gemma, Calogero Anselmo, CampisiFilippo, Capellino Mario, Carena Domenico, CarrettoCarlo, Cenotti Vittorio, Cerati Fiorenzo, CervelleraBernardo, Charrier Fernando, Cheney Pino, Chieffo Clau-dio, Chiesa Sergio, Ciappi Luigi, Ciotti Luigi, CitterichVittorio, Clerichetti Guido, Colasanto Michele, ColomboFausto, Compagnoni Pia, Corti Renato, Cosi Liliana, Co-sta Silvia, Dal Covolo Enrico, Dal Monte Aldo, De Bene-detti Paolo, De Carlini Luigi, De Rita Giuseppe, Della Pal-ma Sisto, Demaria Enrico, Di Rovasenda Enrico, DonatiAndrea, Duilio Lino, Finassi Giuseppina, Folloni Guido,Fontolan Roberto, Formigoni Roberto, Forte Bruno, FratelCharles, Frigerio Pier Carlo, Fulminante Martino, Gambe-ro Luigi, Garancini Gianfranco, Garione Alberto, GayLopez Jesus, Gemello Giuseppe, Geninazzi Luigi, GheddoPiero, Giovannoni Giovanni, Giudici Angelo, Giussani Luigi,Goria Gianni, Gorrieri Ermanno, Gozzellino Giorgio,Greppi Mauro, Guasco Maurilio, Hai Ung Nhuyen,

Ospiti e maestri (1978-1997)

Hayakawa Mijuki, Lagorio Gina, Langè Tino, Lenoci Mi-chele, Lettrie Victorien, Lombardi Giancarlo, LombardiVallauri Luigi, Lovera Sereno Maria, Ludovici EmanueleSamek, Macchi Angelo, Magni Pasquale, Marietti Piero,Martinazzoli Mino, Massa Cesare, Masseroni Enrico, MattaiGiuseppe, Messori Vittorio, Michelone Guido, MignattaPietro, Monaco Franco, Monticone Alberto, MozzanicaMario, Narducci Angelo, Natoli Salvatore, Necco Giorgio,Negri Luigi, Pampaloni Geno, Panero Giancarlo, PantòGabriella, Parodi Eolo, Pellegrino Michele, Peradotto Fran-co, Perazzo Caterina, Perone Franco, Piana Giannino,Piccinelli Franco, Ponti, Praglia Marcone Patrizia,Przewozny Bernardo, Quadrio Curzio Alberto, RagainiClaudio, Ribolzi Luisa, Riccardi Andrea, Rizzi Lino, Roset-ta Vittorio, Rovati Giancarlo, Rulla Luigi, SalottiGiandomenica, Scarti Adolfo, Scalfaro Oscar Luigi, ScalfiRomano, Scimè Giovanna, Scurati Cesare, Segre MonteiCostanza, Sequeri Pier Angelo, Silano Ermanno, SognoLuca, Sorge Bartolomeo, Sorgi Claudio, StrohmengerSandro, Tavazza Luciano, Temporelli Dino, Ter Steeg Louis,Timadis Emilianos, Tonini Ersilio, Torelli Giorgio, TrapattoniGiovanni, Ussia Salvatore, Vattimo Gianni, Veggi Giulio,Vella Charles, Venditti Rodolfo, Ventura Michele, ViciniAnna, Villa Enrico, Villani Enrico, Viotto Piero, Volta Giu-seppe, William Walter, Zaccheo Germano, ZichichiAntonino, Zizola Giancarlo.

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Settelunedì 1978

30 GENNAIO 1978: Emiliano Timiadis“Spiritualità delle ChieseOrientali”

20 FEBBRAIO 1978:Piero Gheddo“Indocina: rivoluzionesenza amore?”

6 MARZO 1978: Piero Viotto“Strutture educative e libertà dicoscienza”

13 MARZO 1978: P. Charles di Tamiè“L’esperienza di un monaco”

10 APRILE 1978: Michele Lenoci“Nouveaux Philosophes:figli intelligenti o degeneri?”

15 MAGGIO 1978: Vittorio Messori“Ipotesi su Gesù”

29 MAGGIO 1978: Michele Pellegrino“Cristianesimo e cultura”

INCONTRI: ore 20.45 - Salone Dugentesco - Vercelli

Eusebiano di giovedì 1 giugno 1978

Con grande pubblico sabato scorsoal dugentesco

Giovinezza del cristianoApplaudita relazione del card. Pellegrino a

“Settelunedì”

La sala dugentesca haospitato sabato pomerig-gio scorso l’ultima con-versazione del ciclo “Set-telunedì”: è intervenutodavanti ad un folto e in-teressato pubblico, tra cuiè stata notata con dispia-cere l’assenza di tutta lastampa “laica” vercellesead eccezione di Tele Stu-dio Padano, sul tema:“Cristiani nel 1978”, unospite d’eccezione il card.Michele Pellegrino.Mons. Arcivescovo nellasua pur breve presenta-zione l’ha ben definitocome il “padre disponi-bile”.

Innanzitutto ha esor-dito Pellegrino, ancheoggi è possibile essere cri-stiani: esistono dei cristia-ni autentici, Cristo è ve-nuto per gli uomini di tuttii tempi, in secondo luo-go, per sapere come si può essere cristiani occorre interpre-

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tare il Vangelo e la Chiesa che ne è la custode e l’interprete eguardare verso i cristiani autentici. Dopo questa breve pre-messa l’oratore è passato ad esporre come si può essere cri-stiani oggi, indicando sette tratti essenziali.1. Oggi il popolo cristiano deve guardare al Cristo come aduna persona viva e presentarla come tale: il Cristo è oggi, eraieri e sarà nei secoli, non si può tentare di mummificare lasua persona e il suo messaggio relegandolo in una realtà lon-tana nel tempo.2. Un cristianesimo essenziale che vada a fondo delle cose;un esempio ci è offerto da una preghiera autentica e liberadall’esteriorità: essenziali sono la fede, che è il principio el’amore che è la fine.3. Un cristianesimo cosciente: è un richiamo alle sorgenti, icui sintomi sono ad esempio la diffusione dello studio dellateologia e della Bibbia tra i laici, il passaggio da una fedesociologica ad una più personale. Sono queste le premesseessenziali per costruire un cristianesimo libero, alla cui basevi è una Chiesa non più clericale, ma ove tutti hanno il loroposto insostituibile in una condivisione di responsabilità.4. Un cristianesimo comunitario: Pellegrino ha criticato ognitentativo di individualismo ripiegamento su se stessi. E’ quin-di un nostro fondamentale impegno la solidarietà verso tutti i

fratelli, soprattutto verso i più poveri e bisognosi della nostraattenzione.5. Un cristianesimo coraggioso perché alimentato da unagrande speranza: gli uomini non sono, come dice Brecht, ilretaggio di una forza primitiva e cieca o degli esseri perduti inuna solitudine totale. Il cristiano è l’uomo della speranza cro-cifissa e fondata nell’aiuto del Signore che guarda al futuro,senza nostalgie.6. Un cristianesimo aperto che “ispira la presenza di Dio equella degli uomini”, senza rinchiudersi in se stessi o rivolger-si solo alla Chiesa, creando un clima di cordiale dialogo congli altri cristiani, con gli altri credenti in Dio ed anche con inon-credenti.7. Un cristianesimo autentico aperto all’amore fraterno e alleiniziative sociali. Saremo inoltre cristiani autentici, quando,ricordando le parole degli atti, saremo suoi testimoni fino agliestremi confini della Terra.

L’ospite ha poi rapidamente risposto ad alcune domandeche hanno toccato alcuni dei problemi più discussi attualmentenel mondo cattolico quali il problema giovanile, dei rapportiChiesa-mondo del lavoro, questione femminile; la semplicitàè stata nota caratterizzante di tutta la conversazione, oltrenaturalmente la concisione.

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Settelunedì 1979

20 GENNAIO 1979: Franco Peradotto“Paolo VI: l’ereditàdi un profeta”

12 FEBBRAIO 1979:Geno Pampaloni“Attualità di Bernanos”

5 MARZO 1979: Gianni Giovannoni“La Pira, esempiodi una politica”

26 MARZO 1979: Angelo Narducci“I cattolici e l’Europa”

23 APRILE 1979: Emanuel Samek-Lodovici“La crisi della societàpermissiva”

7 MAGGIO 1979: Angelo Giudici“Comunisti e cattolici:un’inchiesta”

28 MAGGIO 1979: Giorgio Torelli“Non c’è solo l’Italia delle sue cronache”

INCONTRI: ore 20.45 - Salone Dugentesco - Vercelli

Eusebiano di giovedì 29 giugno 1979

Angelo Narducci a SettelunedìI cattolici e l’Europa

Un tema di scot-tante attualità, i cat-tolici e l’Europa, èstato affrontato nel-la conversazione,programmata daSettelunedì per il 26marzo. L’ospite invi-tato per l’occasioneera una personalitàdi tutto rilievo: An-gelo Narducci, diret-tore di Avvenire, ilquotidiano cattolico.

Tra il pubblicoerano presenti il prefetto, dott. Beatrice, il sen. Boggio, ilpresidente della Camera di Commercio dott. Biginelli.

Una breve presentazione dell’avv. Masuello del Movimen-to ecclesiale di iniziativa culturale ha introdotto subito nel vivo.

Innanzitutto la sensibilità della Chiesa per il problema del-l’Europa unita non è solo di questi ultimi tempi, ma, tantoper fare un esempio, già Pio XI si era espresso favorevol-mente all’integrazione europea, senza contare i numerosi in-terventi pontifici lungo tutto il secolo.

Ma il problema fondamentale dei cristiani, oggi, è quellodi creare all’interno dell’Europa una mentalità veramentenuova, che abbandoni certi schemi nazionalistici che, nelpassato, sono stati fonte di avvenimenti gravissimi. Certi ri-sultati di ingiustizia, di oppressione e di povertà, specialmen-te nel Terzo Mondo sono il risultato di un’Europa cristianache ha mirato al colonialismo e allo sfruttamento. Una presadi coscienza di questi errori del passato deve spingere ancora

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più radicalmente i cristiani a vivere con coraggio lo scandalodella novità, cioè il Vangelo contro tutte le mistificazioni delmondo di oggi.

Punto di riferimento per la costruzione di un’Europa nuo-va è la Chiesa, custode intemerata di questi valori; tuttavial’Europa non deve essere cristiana nel senso di un ritorno alpassato medioevale, ma deve essere vivente e permeata daivalori cristiani.

La nuova Europa deve essere un organismo in cui i popolicercano una reale integrazione delle realtà sociali e politiche,senza appiattire in sterili umanimismi le proprie sorgenti diricchezza culturale e spirituale.

Con l’assumersi dei rischi che comportano una visionesoprannaturale della vita, occorre operare un deciso rifiutodell’egoismo, fonte prima del nazionalismo; occorre recupe-rare il senso dell’unità dei cristiani superando certe spinte alladiaspora e recuperando lo specifico della fede.

La certezza e la consapevolezza del proprio essere cristia-no sarà la prima molla per l’avvio di un cambiamento delmondo dove la scomparsa di ogni radice religiosa ha origina-to negli uomini angoscia e disperazione.

L’unità esige un cambiamento del dominio economico,ma delle radici delle divisioni; si tratta di “passare da condi-

zioni di vita meno umane a condizioni più umane” come dicela Populorum Progressio. Bisogna spogliarsi del benesseremateriale, di ciò che inverte la rotta della civiltà dei consumi;occorre che i paesi europei si sforzino di realizzare una giustapolitica economica di ripartizione delle ricchezze e delle ri-sorse.

In quest’ottica l’Europa deve aprirsi a tutto il resto delmondo, impegnandosi per lo sviluppo degli altri popoli, cioèassumendosi il coraggio di scelte difficili quali l’abbandonodel traffico delle armi, mezzo di ricchezza per molti paesioccidentali compresa l’Italia.

A maggior ragione, per la loro fame e sete di giustizia icristiani non accetteranno quello che Narducci ha definito,sulle orme di Mounier “disordine stabilito” cioèl’emarginazione dei poveri e dei deboli, ma lavoreranno an-cora e più alacremente a favore dello sviluppo integrale dellapersona.

Come di consueto è seguito il dibattito: molto interessantii problemi affrontati, quali la diffusione della stampa cattoli-ca, l’unità politica dei cristiani e la sua importanza, il collega-mento fra le varie confessioni cristiane, la collaborazione scien-tifica fra gli europei.

Raffaella Vitale

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Settelunedì 1980

21 GENNAIO 1980: Rodolfo Venditti - giudice“Essere giudice oggi”

4 FEBBRAIO 1980: Pietro Mignatta - parroco“Relazione non conformista di unviaggiatore in Russia”

18 FEBBRAIO 1980:Silvano Burgalassi - sociologo“Dove va la famiglia”

3 MARZO 1980: Luigi Rulla - psicologo“Freud e la psicologia moderna”

17 MARZO 1980: Bonifacio Baroffio - benedettino“Lo scomodo programma diSan Benedetto”

31 MARZO 1980: Luigi Ciotti - prete“Drogati in una società drogata”

14 APRILE 1980: Giuliano Agrestiarcivescovo di Lucca“Anatomia di una società”

11 MAGGIO 1980: Mario Capellino - storico“I benedettini nel vercellese”*

* Abbazia di San Nazzaro Sesia - ore 16

INCONTRI: Auditorium di Santa Chiara - ore 21

Eusebiano di lunedì 21 aprile 1980

Conclusa l’iniziativa SettelunedìMonsignor Giuliano Agresti:“Anatomia di una società”

A conclusione della se-rie “Settelunedì” il movi-mento ecclesiale di inizia-tiva culturale ha presenta-to all’Auditorium SantaChiara un ospite d’eccezio-ne, Monsignor GiulianoAgresti, arcivescovo diLucca, sul tema: “Anato-mia di una società”.

Il tema della serata, haesordito mons. Agresti, èabbastanza generico eampio ed è pertanto neces-sario scegliere determina-te questioni per invitarci alla riflessione. L’oratore è dunquepartito dall’analisi di alcuni fenomeni più vicini e presenti nellarealtà italiana per risalire alle loro radici storico-culturali e poiteologiche.

Un primo imponente fenomeno, che appare nella nostrasocietà e quindi la definisce, è la sua condizione di tecnologiaavanzata; la tecnologia è in sè un bene come strumento dellosviluppo umano nel cosmo, ma per sua stessa definizione èinarrestabile. La scienza moderna, inoltre, è nata con la pro-messa di smascherare le cosiddette false autorità rivelandoquelle vere o scientifiche; la nostra epoca ha poi visto nellatecnologia uno dei valori fondamentali ispiratori della vitaumana. L’umano, conseguentemente, è visto come pura atti-vità, solo nel suo fare e nel suo divenire e non nel suo essere.

Altro fenomeno di questa società è la produzione che, le-

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gata a doppio filo con la scienza e la tecnica, è sempre piùvelocizzata per soddisfare quei bisogni che essa stessa solleci-ta. L’integrazione dell’uomo, con la macchina ai fini dellaproduzione, ha provocato anche una velocizzazione della vita:l’uomo è sottoposto al martellamento continuo da questoprovocato. Di qui la presenza di un sempre maggiore nume-ro di “nuovi nomadi” come li chiama Agresti: drogati, fru-strati, uomini che non pensano, emigrati nell’interno di unostesso lato.

Dunque, una società malata, immersa nella dolce e dram-matica anarchia dove si sconta il fallimento dellarazionalizzazione postulata dal laicismo.

Infine una società che ha paura: la perdita dei valori, infat-

ti, non può che generare incertezza e quindi paura. Agresti,prima di concludere, si è fermato a parlare del ruolo dei cat-tolici nel processo di cambiamento della società. Sostanzial-mente essi sono stati impreparati nel tempo del trapasso,hanno permesso il divorzio tra Vangelo e cultura. L’illusionedella felicità religiosa nel mondo contadino, ne ha dimostra-to, spezzandosi, l’intrinseca fragilità.

Agresti ha poi concluso con alcune riflessioni sul ruolo deicattolici oggi.

Svariate domande hanno, alla fine, dato vita ad un vivacedibattito.

Raffaella Vitale

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Settelunedì 1981

19 GENNAIO 1981: Luigi Geninazzi - giornalista“Sono stato tra gli operai deicantieri di Danzica”

2 FEBBRAIO 1981: Gina Lagorio - scrittrice“Elogio della provinciapiemontese”

16 FEBBRAIO 1981:Mario Capellino - storico“Mons. D’Angennes: a duecentoanni dalla nascita”

2 MARZO 1981: Gianni Ambrosio, Cesare Massa,Orlando Rossetti, Michele VenturaTAVOLA ROTONDA su:“Sesso e Mass-Media”diretta da: Maurizio Ambrosini

16 MARZO 1981: Aldo Del Montevescovo di Novara“Il progetto cristiano dellafamiglia”

30 MARZO 1981: Roberto Formigoni - filosofo“La situazione politica italiana ele attese dei cattolici”

13 APRILE 1981: Luigi Giussani - fondatore di CL“Quale futuro per la cristianitàitaliana?”

8 MAGGIO 1981: Claudio Chieffo“Serata festosa con uncantautore cristiano”*

17 MAGGIO 1981: S.E. il Card. Luigi Ciappi“Commemorerà Sant’AlbertoMagno”*

INCONTRI: Auditorium di Santa Chiara - ore 21

Eusebiano di giovedì 5 febbraio 1981

Gina Lagorio ai SettelunedìElogio della provincia piemontese

Il secondo degli incon-tri dei Settelunedì ha avu-to luogo lunedì 2 febbra-io all’Auditorium di San-ta Chiara in Vercelli, pro-tagonista Gina Lagorio,affermata scrittrice esaggista. Sono ben noteinfatti nel mondo dellacultura, fra i giovani e an-che nell’ambito di larghistrati popolari, i suoi ro-manzi, soprattutto gli ul-timi: “La spiaggia dellupo” e “Fuori scena”.Presentata dalla dr.ssa Lorenzola ad un pubblico invero nonmolto numeroso, Gina Lagorio, conversatrice piacevolissi-ma, ha tessuto a modo suo l’elogio della provincia piemon-tese.

Il tema affidatole, infatti più che argomento della sua espo-sizione, è stato motivo per nostalgiche e colorite divagazionisulla vita, le cui radici si affondano nella terra piemontese enel suo lavoro, svolto tra le inebrianti trasparenze, tra i limpi-di colori della terra ligure, dove nella piena giovinezza si erastabilita.

Prendendo la parola Gina Lagorio, ha deliziosamente de-scritto l’ambiente in cui è nata ed ha vissuto l’infanzia e laprima giovinezza - Bra - e quelli della campagna nei dintorninella quale con i suoi indimenticati personaggi, trascorreva levacanze. L’elogio della provincia piemontese è venuto fuoricosì in controluce, come lontano scenario di un tempo vissu-to nella semplicità, legato alle piccole cose, retto dal buon

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senso e ispirato, in ogni occasione, dall’innata consapevolez-za del dovere da compiere e da severa irreprensibilità. Giuntanella provincia ligure, varcato appena il limitare dei vent’an-ni, Gina Lagorio incontra Camillo Sbarbaro e Giuseppe Bari-le, due poeti poco conosciuti ma di forte esperienza lettera-ria, che apprezzano le doti native della giovane scrittrice, laconsigliano, dischiudendole nuovi spazi di esplorazione del-l’anima.

Dopo qualche anno se ne va a Milano. Ed è proprio nellavertiginosa e travolgente vita di questa megalopoli che sentelo struggente desiderio di tornare al vecchio Piemonte, aCherasco, per uscire di scena, come il personaggio principa-le del suo ultimo libro, e ritrovare se stessa.

Nella girandola delle cose dette è mancato tuttavia quel-l’elogio della provincia piemontese che considera le antichevirtù della gente di questa forte terra, salda nella sua millenariafede, salda nelle sue virtù civiche e nel suo costume di intelli-gente operosità.

Con le sue notevoli doti di mente e di cuore, Gina Lagorioè una “incantadora” che si ascolterebbe volentieri per ore eore, senza stanchezza, affascinati dalla sua inesauribile venanarrativa e dal colorito espressionismo con il quale porge ilsuo discorso anche se talvolta un po’ fuori scena.

Giuseppe Betti

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Settelunedì 1982

1 FEBBRAIO 1982: Romano Scalfi - direttore di“Russia cristiana”*“Il canto e l’immagine nellatradizione religiosabizantino-slava”

15 FEBBRAIO 1982:Giancarlo RovatiDocente all’Università Cattolicadi Milano“Gli uomini del lavoro nelpensiero del Papa”°

1 MARZO 1982: Tino Langéordinario di restauroall’Università di Genova°“Lo spirito del romanico”

15 MARZO 1982: Carlo Carretto°“Io, Francesco”

29 MARZO 1982: Roberto Fontolan - giornalista°“Reportage dall’Afganistan”

5 APRILE 1982: Luciano Tavazza - sociologo*“Quale società per il 2000”

19 APRILE 1982: Ersilio Toniniarcivescovo di Ravenna“Lettura del tempo presente”

INCONTRI: * Auditorium S. Chiara° Salone Dugentesco - ore 21

Eusebiano di giovedì 18 marzo 1982

Francesco d’Assisi ricordatoda Fr. Carlo Carretto

ai Settelunedì

Con uno svolgimento in-solito, al di fuori degli sche-mi abituali, lunedì 15 mar-zo u.s. ha avuto luogo nelSalone Dugentesco, il quar-to incontro dei SETTELU-NEDÌ sul tema, “IO, FRAN-CESCO”, proposto e con-dotto da Fratel Carlo CAR-RETTO.

Il tema di viva attualitàper la celebrazione dell’ot-tavo centenario della nascita del santo, e la figura di FratelCarlo invitato a parlarne, hanno costituito motivo di granderichiamo negli ambienti della cultura e della militanza cattoli-ca. Il Salone Dugentesco era gremito come non mai.

La serata impostata come riflessione di carattere religiosoha avuto svolgimento in tre momenti, il primo con un cantofrancescano di tutti i presenti, il secondo con una corale pre-ghiera solidale ed infine il terzo con la parola.

Fratel Carlo, noto nell’ambiente vercellese dove è moltoconosciuto per vecchie e nuove amicizie, preceduto da breviparole introduttive dell’Avv. Masuello, ha avviato la sua rifles-sione per il folto e attentissimo pubblico, costituito in largonumero dai giovani.

E’ stato un discorso vivo per il calore della esposizione,forte per le affermazioni con le quali Fratel Carlo, testimonedi impegno sincero, ha chiamato i presenti a confrontarsicon quel tanto di “Francesco che è in fondo a ciascuno dinoi”.

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Ha presentato Francesco come uomo della solitudine conDio; uomo che nel silenzio volto con ogni forza alla contem-plazione e alla preghiera ha incontrato Dio e, chiamandoloPadre, gli ha lungamente e intensamente parlato, in un collo-quio cui la natura, le creature erano partecipi e lo Spirito erasoffio vitale in una sorte di letificante comunione cosmica.

Francesco insegna a noi che “Lo Spirito non ha pauradella città”. Anche nel frenetico rimescolarsi di attività checon i loro vortici imprigionano e rendono schiavi, volendo, sipuò trovare solitudine e silenzio per un aperto, intenso collo-quio con Dio.

L’itinerario per le nostre anime questo se vogliamo esserecristiani più fedeli e veri.

* * *

Francesco ha sentito vivo e profondo anche il bisognodella fraternità. I suoi primi seguaci nelle scelte di vita audacie capovolgenti da lui proposte, con lui diventano subito “fra-telli” e costituiscono comunità di fede e di pace. Ma non ba-sta, per far proprio fino in fondo lo spirito del Vangelo, ac-cettano sposa e compagna, come il padre serafico, MadonnaPovertà e senza indugio, senza rispetto umano, senza vergo-gna, solo per amore, si fanno mendicanti in nome del Signore.

Come suona rimprovero l’esempio di Francesco, a noiche poniamo cuore ed energie per possedere come idolointramontabile denaro, potere e benessere.

* * *

Francesco è anche l’uomo della non-violenza. Esser non-violento è un fatto eccezionale per i suoi tempi difficili ecombattivi, è eccezionale per lui stesso che, cavaliere in armi,aveva anche sofferto la prigionia dei vinti. Ma è la conse-guenza logica del suo essere uomo di preghiera, ricco di po-vertà. Francesco d’Assisi è il capostipete di una dinastia dispiriti generosi e forti che con la non-violenza hanno affer-

mato il metodo pacifico per la crescita dell’uomo e dei popolie hanno dato prova di saper conseguire questa crescita, conconquiste importanti e stabili.

Martin Luther King e il Mahatma Ghandi appartengonocon Francesco a questa nobile dinastia dello spirito.

Hanno pagato con il sangue le loro eroiche testimonian-ze, ma hanno vinto per i loro popoli, senza spargimenti disangue.

Sulla stessa strada, la Polonia di Solidarnosc, realizza oggi,giorno per giorno con la non-violenza la difficile conquistadella fraternità, della giustizia e della libertà.

* * *

Dunque contemplare e pregare senza stancarsi mai.Dunque possedere la povertà per conseguire il vincolo della

fraternità, come sentimento di fede concreta nell’unico “Padre”.Dunque la non-violenza come espressione di quella forza

che nasce dai cuori poveri, innamorati solo di Dio.Così, senza cambiare le strutture sociali del suo tempo,

Francesco ha di fatto rivoluzionato il suo tempo, rinnovandola coscienza degli uomini e il volto della società.

Così Francesco insegna e ripropone a noi uomini di que-sto secolo difficile, combattuto fra l’odio e l’amore, fra lo squal-lore dell’angoscia e la speranza luminosa di un domani difraternità e di pace, di quella pace che Cristo ha promesso achi lo ama.

* * *

Le parole di Fratel Carretto sono state ascoltate con fervidaattenzione anche se non sono mancate perplessità per alcu-ne parzialità e omissioni in ordine alle interpretazioni in chia-ve moderna della vita e della spiritualità di Francesco, e perl’asprezza di alcune affermazioni che nella foga del dire sonosuonate un po’ categoriche o troppo severe.

Giuse Betti

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Settelunedì 1983

31 GENNAIO 1983: Antonio Zichichi - scienziato“Fede e scienza: armoniaritrovata?”

14 FEBBRAIO 1983:Giovanna Rossi Scimé - sociologa“La famiglia: tra falsaliberazione e nuova solidarietà”

28 FEBBRAIO 1983:Angelo Macchi - pubblicista“A vent’anni dal Concilio: luci eombre del cattolicesimo italiano”

14 MARZO 1983: Sisto Dalla Palmadocente di storia del teatro“L’uomo e il teatro”

28 MARZO 1983: Domenico Carena,Enzo Boschetti,Maurizio Ambrosini (moderatore)TAVOLA ROTONDA su“I nuovi poveri”

11 APRILE 1983: Luigi Lombardi Vallauridocente universitario“Credenti e non-credentia confronto sull’uomo”

18 APRILE 1983: Ermanno Gorrieri - pubblicista“Dalle sperequazioni retributiveal salario familiare”

INCONTRI: Salone Dugentesco - ore 21

Eusebiano di giovedì 3 febbraio 1983

Per la fede e la scienza l’unicasorgente: Dio

1500 persone hanno ascoltato laconferenza di Antonio Zichichi

VERCELLI - Veramente strepitoso il successo ottenuto dalMEIC che lunedì sera 31 gennaio, in Santa Maria Maggioreha dato il via alla prestigiosa manifestazione culturale“Settelunedì” presentando al pubblico vercellese il professo-re Antonio Zichichi fisico di fama internazionale, occupato inquesto momento in un’interessante operazione di divulgazio-ne scientifica.

Tra le 1500 persone, soprattutto giovani venuti anche damolti paesi della diocesi, abbiamo notato pure personalitàdella cultura, della politica, della vita ecclesiale e civile dellanostra città.

Hanno dato il benvenuto all’illustre ospite l’ArcivescovoMonsignor Mensa, il Prefetto dott. Beatrice e i responsabilidel Meic, che nella persona di don Cesare Massa hanno pre-sentato al pubblico il professor Zichichi.

Il famoso fisico ha esordito affermando che il fatto di vive-re nell’era della scienza non ci impedisce di essere vittime dimistificazioni culturali, come quella che crede la scienza ne-mica della fede.

Tutto il suo intervento ha avuto come direttivo laconfutazione di questo asserto ripercorrendo le tappe salientidella storia della scienza.

Galileo ad esempio è un uomo di fede contro tantastoriografia che lo vuole strenuo difensore della libertà di pen-siero contro il dogmatismo della Chiesa cattolica.

Ciò che Galileo compie verso la natura è piuttosto un attodi umiltà, non una sfida; nel ’600 gli oggetti volgari (pietre,spaghi, legni) non erano degni di studio, Galileo compie ver-

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so di loro un atto di fede, interrogandoli perché gli rivelino leleggi che governano il creato. Così la legge del pendolo, delpiano inclinato sono le vere e grandi scoperte.

Così tutto l’universo, dal microcosmo al macrocosmo, èsottoposto a leggi universali ed immutabili, che negano qual-siasi intervento del caso.

E mentre la cultura rimane attaccata a mere ipotesiinterpretative senza agganci allo scientificamente certo, lascienza sposta continuamente lo sguardo verso nuovi confinida superare: la struttura dell’atomo, i suoi costitutivi, minieredi fenomeni nuovi.

Oggi il protone racchiude in sè tutte le leggi dell’universo,si presenta come una realtà affascinante la cui longevità neltempo sorpassa di gran lunga quella dell’universo.

Il professore si è soffermato sul significato delle scopertemaggiori, come quella della velocità costante della luce cheha dato l’illusione dell’esistenza dell’immanenza di valori as-soluti, una sorta di sfida verso il trascendente, rafforzandocosì concezioni materialistiche come quelle marxiste, sosteni-trice di un progresso scientifico tale da annullare la speranzadell’uomo verso l’Altro da sè.

Anche questa è mistificazione culturale, nessun scienziatoha mai pensato di negare l’esistenza di Trascendente, la scienzache è la madre della verità nell’immanenza acquista (secondol’espressione di Papa Giovanni II) pari dignità rispetto alla

fede, entrambe dono di Dio. Così la scienza, che valorizza lapersona umana esaltandone le possibilità di conoscenza, siaccompagna alla fede che da sempre insegna che la grandez-za dell’uomo risiede nel fatto di essere figlio di Dio.

Gli ultimi accenti di Zichichi li ha posti sulla differenza trascienza e tecnica, che non devono essere confuse: l’una è losguardo stupito dell’uomo che interroga la natura per cono-scerne la logica interna e l’altra è l’applicazione della scienza,ciò che dà potenza all’uomo. E questa potenza può esseresfruttata da una cultura dell’odio, che vuole la sopraffazionedell’uomo (si capiscono così i potenti arsenali nucleari disse-minati in tutto il mondo) oppure da una cultura dell’amore,che affonda le radici nella verità dell’uomo e nel suo bisognodi vita, di pace e di felicità. Quale cultura, allora possiamodomandarci prevarrà?

E’ una domanda alla quale non siamo in grado di rispon-dere, purtroppo.

Al termine molti giovani hanno attorniato il professoreponendogli alcune domande di chiarimento e, dopo poco, ilnostro eccezionale ospite è ripartito, lasciandoci la convin-zione “che i tesori rimasti finora nelle torri d’avorio dei labo-ratori scientifici possano davvero diventare patrimonio ditutti”.

Raffaella Vitale

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Settelunedì 1984

23 GENNAIO 1984: Inos Biffi - teologo“Riforma della Chiesa: MartinLutero e S. Carlo Borromeo”

6 FEBBRAIO 1984: Silvia Costa - deputato“La donna tra riflusso epartecipazione”

20 FEBBRAIO 1984:Giancarlo Rovatidocente d’università“A cent’anni da Marx”

5 MARZO 1984: Piero Gheddo - giornalista“Marcello Candia:un’eredità sconvolgente”

19 MARZO 1984: Gian Domenico Salottiarchitetto“La città: radici e prospettive”

2 APRILE 1984: Vittorio Messori - giornalista“Un cronista che indaga sulla vitae sulla morte”

13 APRILE 1984: Oscar Luigi Scalfaro - ministrovenerdì “I nemici della città”

INCONTRI: Auditorium S. Chiara - ore 21

Eusebiano di giovedì 19 aprile 1984

Scalfaro ha concluso i “Settelunedì”

“I nemici della città”

Il ministro dell’Interno ha richiamatoi giovani a vivere i valori della vita

che non tramontano

L’incontro di ve-nerdì 13 aprile hasegnato l’ultimatappa della settimaedizione dell’iniziati-va culturale Settelu-nedì. Oggetto di di-battito è stato l’in-tervento del mini-stro degli InterniOscar Luigi Scal-faro sul tema “I ne-mici della città” pre-ceduto dall’introduzione dell’avv. Masuello.

Scalfaro, ospite già diverse volte nella nostra città, è ap-parso sotto una veste nuova, come responsabile cioè dell’or-dine pubblico e della convivenza civile.

La sala gremita, gli applausi che interrompevano a piùriprese, l’eloquente trattazione del ministro hanno testimo-niato il colore con cui i cittadini vercellesi lo hanno accolto el’acceso interesse per l’argomento trattato. Il tema della sera-ta ha insomma risvegliato la sensibilità di tutti noi che ci sen-tiamo protagonisti della “Civitas”, per usare una sua espres-sione ricorrente, una civitas accerchiata e corrotta anche alsuo interno da nemici.

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I MODI DI ESSERE “NEMICI DELLA CITTÀ”

“Più che nemici della città. Si farebbe meglio dire, nemicidell’uomo” afferma Scalfaro: la vita del cittadino è messa inpericolo, l’uomo è aggredito e lo Stato, quando si fecero stra-da le prime manifestazioni di terrorismo era ancora imprepa-rato, incapace della tutela della convivenza civile.

Forma, oggi viva, di accerchiamento dall’estremo della cittàè il terrorismo per il quale prevale la logica della distruzionefinalizzata a far saltare le base dello Stato democratico contri-buendo a far sentire ai cittadini la vita sempre più precaria.

Accanto al terrorismo Scalfaro ha considerato la minacciagravosa che li sovrasta pericolosamente, della criminalità or-ganizzata (mafia, camorra, ecc.) ha fatto emergere una diffe-renza fondamentale fra le due forme di aggressione. Se ilterrorismo “sorprende” dall’esterno la città, la violenza orga-nizzata, dice Scalfaro, la si può considerare come “inquina-mento della circolazione del sangue”, si inserisce nelle strut-ture dello Stato e le corrode.

Tutte le forme di criminalità organizzata hanno come fina-lità la ricchezza; per questo motivo spesso si servono, per ilconseguimento del proprio fine, di strumenti illeciti, disonestiche, ancora una volta, rendono vittima l’uomo.

I sequestri di persona, la droga sono mali che bersagliano

la nostra società. I motivi principali che conducono alla drogasono la bramosia di denaro e più ancora il vuoto spirituale, ilcredere che l’uomo sia fatto solo di polvere. L’uomo è fattoanche “di ciò che non si vede” ed un soffocamento delle esi-genze spirituali che gli sono connaturate non lo può condur-re che alla droga e alla violenza.

A commento di questa realtà tanto crudele per la qualel’uomo gode di affondare le proprie mani nel denaro e disporcarle di sangue, Scalfaro ha esortato i giovani a costruireper se stessi una fede, e puntare la loro attenzione a queivalori che non possono tramontare.

L’uomo, anche il più onesto, muore, ma l’onestà, comevalore non muore mai, non è soggetta alla legge della trasfor-mazione e corruzione.

Amareggiato, vede oggi, come tragedia più sconcertante,la tendenza ormai largamente diffusa, di non riuscire a distin-guere il bene dal male.

Il Ministro ha poi concluso le proprie riflessioni con un’esor-tazione volta all’uomo credente, all’uomo cattolico: gli spettauna vita di impegno e di battaglia costante nella quale deveessere lasciato spazio alla preghiera come fonte a cui attinge-re per trarre energia al fine di servire l’uomo con umiltà.

Donatella Crovella

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Settelunedì 1985

28 GENNAIO 1985: Ersilio Toniniarcivescovo di Ravenna“Teologia della liberazione”

11 FEBBRAIO 1985:Germano Zaccheopro-vicario generale diocesidi Novara“I viaggi del Papa”

25 FEBBRAIO 1985:Luigi Negridocente universitario“La scuola italiana”

11 MARZO 1985: On. Carlo Casinideputato al parlamento europeo“L’eutanasia”

25 MARZO 1985: Luisa Ribolzidell’istituto di sociologia di Milano“Le innovazioni tecnologiche”

15 APRILE 1985: Guido Clerichettiarchitetto e vignettista“La televisione”

29 APRILE 1985: Adriano Bausolarettore dell’università cattolicadi Milano“Una cultura cattolica”

INCONTRI: Ridotto del Teatro Civico - ore 21

Eusebiano di giovedì 14 febbraio 1985

Così Germano Zaccheo a “Settelunedì”

I viaggi di Papa Giovanni Paolo IIossia il rischio di

“star dentro al mondo”

VERCELLI -Non è iniziativa fa-cile e scevra di cri-tiche il viaggiare in-cessante di questoPapa in tutte le re-gioni del mondo.Anche perché,dopo il pellegrinag-gio di Papa Giovan-ni XXIII a Loreto eAssisi, alla vigiliadel Concilio Vatica-no II, di Paolo VInella Palestina ed iprimi di GiovanniPaolo II, questiviaggi comincianoa subire l’usura deltempo. Entrano, cioè, nell’ordinarietà della cronaca.

E’ stata questa, in sostanza, la premessa fatta da GermanoZaccheo, provicario generale della diocesi di Novara, alla suaconferenza tenuta ai Settelunedì nel Ridotto del Teatro Civi-co sul tema “I viaggi del Papa”.

Non possiamo dunque fare i conti con i viaggi del Papa -ha osservato l’oratore - prescindendo dalla moderna culturamass-mediale. Una cultura di divulgazione dei fatti che

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soggiace, a sua volta, tra forme di condizionamenti.Il primo condizionamento è l’equivoco che si fonda sul

gioco delle “finzioni” come modo di presentare i fatti.E’ ozioso, come taluni vorrebbero, dichiarare la separa-

zione dei fatti dalle opinioni. Il segno, positivo o negativo,dell’accettazione di una notizia è, spesso, in rapporto direttodell’angolazione sotto la quale la notizia è stata prospettata.

Un secondo condizionamento cui soggiace la cultura mass-mediale è la ricerca della “spettacolarità che fa notizia”.

Il terzo è la ricerca del particolare che sia maggiormente“sentito” dalla gente, secondo il noto slogan consumistico:“è vero ciò che molti credono, non ciò che è effettivamentevero”.

In una società come la nostra, egemonizzata dall’invaden-za dei mass-media l’uomo si trova di fronte al dilemma: odecide di essere autoemarginato dall’area dell’informazioneo accetta il rischio di “starci dentro”. Il Papa ha scelto il ri-schio dei canali mass-mediali pur di annunciare a servire ilVangelo.

VIAGGI DEL PAPA COME ENCICLICHE

Qualsiasi viaggio apostolico del Papa è fondamentalmen-te un’enciclica in quanto tende a incarnare nel concreto dellesituazioni ciò che altri Pontefici hanno scritto.

E’ questo forse il motivo del numero relativamente scarsodelle encicliche scritte da questo Papa.

Ogni viaggio del Papa, enciclica viva e itinerante, è forma-to da tre momenti ricorrenti, costitutivi della Sua missione:l’annuncio, la celebrazione dell’Eucarestia, il servizio ai fratel-lo. Questa grande capacità di affrontare i rischi della culturamass-mediale è, tra l’altro, tipica del suo personaggio. In lui ilcoraggio del rischio annulla totalmente l’ambizione del suc-cesso. La conversazione di don Zaccheo è poi proseguitacon la proiezione, in diapositive, dei momenti più suggestividel recente pellegrinaggio del Papa a Varallo Sesia e ad Aronain occasione del centenario della morte di San CarloBorromeo. Il dibattito ha concluso la serata ravvivando ancorpiù il clima di familiarità che l’aveva animata.

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Settelunedì 1986

27 GENNAIO 1986: Pia Compagnoniguida di viaggio*“Gerusalemme: tre culture allaprova”

10 FEBBRAIO 1986:Piero Marietti - editore*“L’editoria cattolica nell’attualemomento”

24 FEBBRAIO 1986:Guido Follonidirettore di “Avvenire”*“L’esercizio della critica in unasocietà pluriforme”

10 MARZO 1986: P. Victorien Lettriestorico e fotografo°“Una gente tra natura e storia”(con diapositive)

24 MARZO 1986: Massimo Bernardinicritico de il “Sabato”°“Vangelo e mondo della canzone”

7 APRILE 1986: Pino Cheneyguida di Courmayeur*“Il segreto dell’alpinista”

21 APRILE 1986: Sandro Strohmengerindustriale*“Società sofisticata e messaggiocristiano”

INCONTRI: * Auditorium S. Chiara° Ridotto del Teatro civico - ore 21

La Sesia del 22 maggio 1986

Il critico giornalistico Massimo Bernardini

Il rapporto tra fede e canzoneFra tante note si rivelano messaggi, esperienze, mode,culture che vanno ben oltre i pochi minuti di ascolto

e lasciano il segno - L’oratore ha ripercorso a gran balzila storia dell’attuale canzonetta - Esperienze cristiane

attraverso il rock

Sono solo canzonette… diceva un’aria provocatrice diqualche tempo fa, per voce di un giovane cantautore. Unacosa è certa: fra tante note si rivelano messaggi, esperienze,mode, culture, che vanno ben oltre i pochi minuti di ascolto,lasciano (chi più, chi meno) il segno. E non solo fra i giovanis-simi, per eccellenza divoratori di musica, ma per tutti un po’,ognuno come gli va; non farebbe male, ai saputelli, ricordareche il rock’n roll lo conoscevano assai bene anche le loromamme. Magari le stesse che ora amano Sting, quanto i figli.

La rassegna del MEIC ha dedicato la quinta serata al mon-do della canzone, ed è stato ospite del Settelunedì MassimoBernardini, critico di musica di Famiglia Cristiana, il Sabato el’Avvenire; giovane preparato e d’esperienza, il giornalistamilanese aveva per tema “Vangelo e mondo della canzone”,ma al pubblico ha dato qualcosa di più.

Chi si aspettava di sentire commentare la discutibile cele-brità riscossa, per fare un esempio, da Frà Ciofoli anni addie-tro, è stato rincuorato: il frate che cantava alle mode di S.Francesco, ha detto lo stesso Bernardini, non ha convinto. Oquanto meno non ha scelto la strada più felice per cantare lafede in chiave universale.

Massimo Bernardini ha voluto, invece, ripercorrere a grandibalzi (per ovvie ragioni di tempo) la storia della attuale canzo-netta, un fenomeno che ha raggiunto livelli - più commercialiche culturali - fantastici! Ma che però non va consideratocome prodotto “usa e getta” ad appannaggio dei giovanissi-

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mi - ha sostenuto l’ospite -, in quanto a modo suo conservavalori preziosi. Si prenda l’esempio dei concerti Live-Aid, lan-ciati a Filadelphia e a Londra per raccogliere fondi in aiuto alTerzo Mondo: ci hanno fatto capire che il rock è la linguauniversale attorno alla quale il consenso è stato unanime.

Via lo scetticismo degli ultimi romantici, allora, la canzoneè patrimonio di tutti. Già dai tempi delle melodie di Elvis se-guite alla guerra, quando nel poco tempo libero i giovani diallora affollavano i dancing e sognavano non poco. E poi viavia, correndo col tempo, al suo ritmo fino al fenomeno -Beatles e la scoperta della canzone commerciale, alla nascitadell’industria musicale e non solo, ma di tutto quanto ruotavaattorno ai fantastici “scarafaggi”. Ci pensa Bob Dylan a scrol-lare la gioventù degli anni ’60 dai sogni, mettendo in musicagrandi interrogativi sull’esistenza. Oggi i Live-Aid muovono

folle e sono il simbolo della libertà e delle mode attraverso cuicomunicare la lingua definita dai Barnabiti “planetaria”.

L’Italia ha vissuto tutto questo, passando tra una tornatadi menestrelli politicizzati ed un’altra di canterini da piazza.C’è stata l’ondata della canzone sinistrese e poi, lentamentema con fermezza, le tendenze hanno puntato alla musica menoimpegnativa, più vissuta a tutto decibel, ed i cantautori prole-tari sono rimasti in disparte; di loro si sa che mentre Battiatosta preparando un’opera in tre atti sulla Genesi, Dalla va ognimattina a Messa dai fraticelli dirimpettai. Ognuno, in musica,sta cercando di fare a modo suo un’esperienza di fede. Comeloro, altri gruppi hanno capito che la musica è il patrimoniodi oggi, di questa generazione, e anche attraverso il rock sipossono trasmettere esperienze cristiane: pur sempre concanzoni d’autore, e non solo per mercato.

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Settelunedì 1987

26 GENNAIO 1987: Luigi Bettazzi - vescovo di Ivrea*“Pace, impegno di sempre”

9 FEBBRAIO 1987: p. Bernardo CervelleraDirettore di Mondo e Missione*“Rilettura dell’incontro storico dipreghiera ad Assisi”

23 FEBBRAIO 1987:Mario Bergantinidocente di fisica e scrittore*“La scienza e i Papi”

9 MARZO 1987: Marco Beghi - docente alPolitecnico di Milano*,Carlo Buora - ingegnere nucleare,Giuseppe Volta - del CCREuratom di IspraTAVOLA ROTONDASUL NUCLEARE

23 MARZO 1987: Gian Carlo Lombardivicepresidente della Confindustria*“La nuova efficienza industrialee il problema dell’occupazione”

6 APRILE 1987: mons. Luigi Giussanifondatore di CL°“Clemente Rebora, un poetadella fede cristiana”(A cento anni dalla morte)

27 APRILE 1987: p. Enrico di Rovasendapresidente emerito dellaPontificia Accademia delle Scienze°“Ricordo di Giuseppe Lazzati”

INCONTRI: * Salone Dugentesco° Auditorium S. Chiara - ore 21

Eusebiano di giovedì 29 gennaio 1987

Stimolante apertura del decimo“Settelunedì”

Le vie della pace esplorate nellaprolusione di Mons. Bettazzi

L’incontro ecumenico di Assisi è la via perconcretizzare la solidarietà

fra tutti gli uomini di tutte le società

VERCELLI - Il me-dioevale Dugentescofresco di restauri econfermato nella suaaugusta gloria ha ac-colto nella mistica pe-nombra un maestro divita, Monsignor LuigiBettazzi vescovod’Ivrea, che ha parla-to alla tanta genteconvenuta su un temada sempre urgente, lapace. Tema arduoperché assai inflazionato da tutti coloro che forti di qualcheprestigio calcano da secoli palchi e tribune di tutto il mondo.

E’ “Settelunedì” che riapre i battenti per la decima edizio-ne. Un bel traguardo che fa onore al Movimento Ecclesiale diIniziativa Culturale di Vercelli che l’ha raggiunto.

Ha aperto la serata l’intervento di Monsignor Mensa, no-stro arcivescovo, che ha presentato l’ospite ricordando fral’altro i suoi venti anni di servizio vescovile ad Ivrea.

Bettazzi, Vescovo battagliero, dall’eloquio limpido, uomodi cultura, di fede, di piacevolissimo spirito ironico, ha parla-to di questo tema riuscendo a dare ad esso una chiave di

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interpretazione che finalmente consente di intravedere unasoluzione di continuità, una ragione di speranza.

La pace è realizzabile, perché la Chiesa ne ha già ripro-dotto il meccanismo di formazione sperimentandolo su sestessa nel corso dei primi due millenni della propria esisten-za. Ora, e qui ci si affida alla buona volontà degli uomini,bisogna estendere il processo formativo della pace dalla Chiesaal mondo.

L’11 aprile 1963 Giovanni XXIII pubblicava la “Pacem interris”, enciclica che poggia su quattro pilastri formidabili:verità, libertà, giustizia e solidarietà. Per Bettazzi siamo all’at-timo in cui la Chiesa sintetizza il gene della pace. Pace “insie-me di tutti i beni”.

La verità è infatti un grande bene: missione della Chiesa,ricercata prima all’interno della propria essenza di comunitàreligiosa, divulgata agli uomini ed al mondo.

Guidata da Dio ma governata da uomini, la Chiesa è man-cata talvolta, nel corso della storia, confondendo spesso ladiffusione della verità con la difesa della propria influenza.

Nel secolo XIX, crollato l’oneroso fardello del dominio“temporale”, Leone XII intuisce che qualcosa di nuovo deveaffrancare la diffusione della verità. Ed è la diffusione dellalibertà, il riconoscimento che “cose nuove” muovono il cuoredell’umanità: “rerum novarum”. Non c’è verità senza libertà.

Bettazzi fu testimone di un incontro in Russia con la co-munità ortodossa, i cui capi ripetevano ai fratelli cattolici:pace in Afghanistan, ma anche difesa della “terza sponda”islamica che deve essere salvaguardata dai pericoli che dasempre corrono la “sponda europea” e la “sponda cinese”.Non c’è giustizia per questi uomini più votati a Dio ma co-stretti a parlare come strateghi.

E’ evidente come non possa esserci libertà senza giustizia:infatti il Vangelo predica la salvezza dell’uomo non solo nelladimensione trascendente ma anche nel mondo. Ma salvarel’uomo significa liberarlo dallo schematismo delle sue ideolo-

gie, dalle rigide strutture di pensiero che hanno diviso il mon-do in Est e Ovest, e dalle barriere economiche che hannoulteriormente diviso in Nord e Sud. Willy Brandt, grande po-litico tedesco ormai in pensione, e libero da battibecchi par-lamentari, fu incaricato dall’Onu di saggiare il polso socio-economico a questo vecchio mondo: vediamo cos’è chenon va.

L’esito fu sorprendente ed inquietante. Cioè lo scontronon si starebbe preparando tra Est ed Ovest, bensì fra Nordricco e Sud povero, e la contrapposizione Est-Ovest sarebbeaddirittura cercata da queste due parti, entrambe sviluppate,per mantenere il Sud in stallo e nelle loro mani.

LE VIE DELLA SOLIDARIETÀ

Allora, se verità chiama libertà, e se questa chiama giusti-zia, giustizia invoca a gran voce solidarietà. Ed ecco comple-tato l’aureo politico dipinto dal Concilio Vaticano II. La paceè la solidarietà fra gli uomini. Solidarietà vera porta pace vera.Cita, Bettazzi, dal Vangelo: “i grandi del mondo dominano esi fanno chiamare benefattori; per voi non sia così, il piùgrande fra voi sia il servo fra gli altri”.

La “Pacem in terris” fu la prima enciclica diffusa non soloai cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà. E sottoGiovanni Paolo II la frase “pace in terra agli uomini di buonavolontà” è diventata: “pace in terra agli uomini che Dio ama.Niente contrapposizioni, ma solidarietà totale con tutti.

Come realizzarla? Bettazzi vede nel volontariato attivo lagrande “chance” per concretizzare una solidarietà fra tutti gliuomini di tutte le società. Un grande gesto di solidarietà èstato l’incontro ecumenico di Assisi fra tutte le religioni delmondo, certo un evento di altissimo significato. E’ la via dapercorrere. Al termine un dibattito mirato e davvero interes-sante.

Massimo Perazzo

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Settelunedì 1988

25 GENNAIO 1988: mons. Ersilio Toniniarcivescovo di Ravenna“Dopo il sinodo: i laici italianinella Chiesa”

8 FEBBRAIO 1988: dott. Mario Mozzanicadella Charitas Ambrosiana“Società tecnologica e i nuovipoveri”

22 FEBBRAIO 1988:p. Luigi Gambero - mariologo“Maria, tra fede e devozioni”

7 MARZO 1988: prof. Cesare Scuratipedagogista“Tra lettura e immagine: qualeeducazione?”

21 MARZO 1988: dott. Luigi De Carliniesperto Regione Lombardia“L’uomo e la terra”

11 APRILE 1988: prof. Gianfranco GaranciniUniversità Statale di Milano“Cattolici e Stato in Italia a 40anni dalla Costituzione”

2 MAGGIO 1988: dott. Walter WilliamsConf. Cooperative,dott. Fiorenzo CeratiCompagnia delle Opere“Economia, Efficienza,Cooperazione”

INCONTRI: Salone Dugentesco - ore 21

Eusebiano di giovedì 10 marzo 1988

Il prof. Cesare Scurati a “Settelunedì”

Il ragazzo deve essere educato alpiacere di leggere

VERCELLI - Lunedì scorso è stato ospite dei “Settelunedì”il prof. Cesare Scurati, Ordinario di Pedagogia presso l’Uni-versità Cattolica di Milano, direttore delle riviste “Dirigentidella scuola” e “Scuola italiana moderna”, che ha propostoall’attenzione del numeroso pubblico presente un tema di gran-de attualità ed interesse: “Tra lettura e immagine - qualeeducazione?”.

Il prof. Scurati - uno dei più illustri esponenti della pedago-gia cattolica in Italia - è entrato subito nel vivo della relazioneevidenziando come oggi la televisione, mezzo di comunica-zione di massa per eccellenza, non faccia più leggere i ra-gazzi.

Nella formazione culturale del fanciullo l’immagine televi-siva e la lettura hanno una funzione ben specifica.

Bisogna tenere presente che non vi è la supremazia di unlinguaggio su un altro, bensì vi sono dei linguaggi diversi,ognuno dei quali ha i suoi vantaggi e i suoi punti deboli. Al-l’interno di essi il prof. Scurati ha evidenziato un duplice livel-lo di comprensione: reale e fittizio. Se si legge un testo o lo sicomprende o non lo si comprende, non ci sono possibilità dievadere. Ma osservando le immagini televisive c’è il rischio diconfondere l’informazione con la conoscenza, con l’illusionefinale di illudersi di aver capito.

In quest’ottica il prof. Scurati ha sottolineato il ruolo es-senziale degli educatori e di professori nell’orientare gradual-mente il ragazzo al corretto uso dei mezzi d’informazione.

Per quanto concerne la composizione del testo scritto, lasoluzione migliore è la lettura in classe: l’insegnante deveinnanzitutto sapere leggere e, poi, far capire ai ragazzi che la

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lettura non è un dovere quanto, all’opposto, un piacere.Per quanto riguarda il messaggio televisivo, il problema

non è di natura prettamente scolastica ma è soprattutto fami-liare: la presenza del genitore deve accompagnare la fruizionedell’immagine visiva, evitando di abbandonare da solo il ra-gazzo davanti al televisore. Il messaggio televisivo, quindi, deveessere adeguatamente controllato, anche perché il media pre-senta quasi sempre una sottile esposizione sul piano dellacommercializzazione. Tutto ciò, afferma il relatore, era giàstato anticipato profeticamente da Papa Pio XII, nel 1957,mediante l’enciclica “Miranda Prorsus”.

Infine, ciò che è emerso dalla relazione del prof. Scurati (e dalle sue delucidazioni in merito ad un breve approfondi-

mento alla fine della conferenza) è stato la necessità di costru-ire un progetto di scuola dal quale quest’ultima risulti esserenon solo un organismo intermedio tra i singoli e la comunità,bensì un luogo qualificante - anche se non unico - di un razio-nale processo educativo.

Pensiero conclusivo del relatore è che se oggi - da un lato- la scuola sembra aver perso la sua centralità di carattereculturale ed educativo, dall’altro non dovrà essere valutatacome inopportuna la richiesta di una politica culturale di in-novazioni che stabilisce attivamente un raccolto tra la scuolae le altre agenzie educative operanti nel territorio.

Flavio Quaranta

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Settelunedì 1989

13 GENNAIO 1989: prof. Giannino Pianadocente Università di Urbino“Sessualità: dalla cronaca allaverità”

27 FEBBRAIO 1989:prof. Pier Luigi Baima Bollonedirettore Studi Sindone“Il punto sulla sacra Sindone”

13 MARZO 1989: on.le Adolfo Sartipolitico europeista“1789: formidabile quell’anno?”

3 APRILE 1989: on.le Roberto Formigonivice presidente ParlamentoEuropeo“Quale Europa?”

17 APRILE 1989: Giorgio Torelli - scrittorePiero Gheddo - pubblicista“Ricordando l’anno dei tre papi”

8 MAGGIO 1989: Anna Vicinidel Centro Russia CristianaMietta Baracchi Bavagnolidocente università di Bergamo“Dove va la Russia?”

22 MAGGIO 1989: Enzo Bianchimonaco e biblista“Le ragioni cristiane dell’ecologia”

INCONTRI: Salone Dugentesco - ore 21

Eusebiano di giovedì 25 maggio 1989

Enzo Bianchi ha concluso al Dugentescoi Settelunedì

Le ragioni cristiane dell’ecologia

VERCELLI - Laconferenza di EnzoBianchi, fondatoredella comunità diBose, sul tema: “Leragioni cristiane del-l’ecologia” ha chiuso- lunedì 22 maggio -il ciclo di incontri deiSettelunedì.

Come è noto, ilfilo conduttore di que-st’anno (evidenziatosinteticamente nella presentazione da Don Cesare Massa) èstata ‘Dalla prima pagina dei giornali”. Anche in quest’ultimaoccasione il tema proposto dall’ottimo relatore è stato quan-to mai aderente alla linea tracciata dagli organizzatori. Untema veramente attuale; da prima pagina, molto caro ad EnzoBianchi. Oggi le Chiese cristiane - ha esordito il relatore -vogliono ritrovare le ragioni dell’unità incentrando la rifles-sione in primo luogo sulla salvaguardia della creazione, comericerca dottrinale e come emergenza primaria della testimo-nianza cristiana.

Guardando le cose più da vicino, all’interno della Chiesacattolica il tema dell’ecologia comincia solo ora ad essere stu-diato. I contributi, tuttavia, non sono ancora approfonditi inmodo adeguato.

Ad eccezione delle encicliche papali Redemptor Homnise Sollecitudo Rei Socialis, e del documento dei Vescovi

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lombardi dell’anno scorso, non è stato fatto molto. Ci si po-trebbe anche chiedere se le chiese si sono interessate sponta-neamente a questo problema o, invece, abbiano voluto dareuna risposta “interessata” all’espandersi dei movimentiecologisti. In ogni caso, quale che sia il punto di partenza,Enzo Bianchi ha voluto evidenziare, seguendo un preciso ta-glio teologico, il disegno di Dio di ricapitolare in Cristo tuttele cose attraverso l’azione potente dello Spirito Santo. E’ loSpirito di Dio che trasforma il caos in cosmo, per fare delFiglio il fondamento dell’esistenza di tutto il creato.

Successivamente, Enzo Bianchi ha definito la creazionecome una comunità di “co-creatori”.

Nell’Antico Testamento si evince, infatti, che tutti gli esse-re, tutti gli elementi sono stati creati da Dio. La terra nonsoltanto è sorella dell’uomo (poiché quest’ultimo da essa futratto), ma anche degli animali (come non pensare a San Fran-cesco?), in uno sfondo di solidarietà e di condivisione armo-niosa dello spazio vitale.

All’interno di questo contesto l’uomo ha una precisa re-sponsabilità, in qualità di “vice gerente” di Dio nella creazio-ne, di salvaguardia del creato.

Rileggendo il testo biblico nel suo significato originario, sicapirà che non si tratta tanto di “dominare” bensì di “pasce-re”, non si tratta di “sottomettere” quanto di “possedere

amorevolmente” da parte dell’uomo. Tuttavia per compren-dere a fondo il problema non è sufficiente soffermarsi unica-mente sull’Antico Testamento. Le radici cristiane dell’ecolo-gia, infatti, devono essere vissute alla luce dello stile messianicodi Gesù di Nazareth, il Buon Pastore, che ha amato questaterra con una solidarietà vissuta all’estremo. Gesù che cono-sce l’albero del fico, che sa come si semina, che ammira einvita a contemplare i gigli del campo, sono solo alcuni esem-pi - ha affermato il relatore - su cui dovremmo soffermarcicon più attenzione.

Se oggi - ha concluso Enzo Bianchi - assistiamo ad unacreazione sfruttata, violata, umiliata, è anche perché i cristia-ni non vivono bene l’Eucarestia. Solo chi conosce l’Eucarestiasa di fare di ogni cosa un rendimento di grazie al Creatore: inquest’ottica tutta la creazione è materia eucaristica.

Sinceri applausi sono stati rivolti dal pubblico a conclusio-ne della conversazione di Enzo Bianchi. Un plauso altrettan-to sincero porgiamo noi agli amici del MEIC per aver offertoai vercellesi questa serie di riusciti incontri ad alta densità dicontenuti e di riflessioni, sia culturali, sia spirituali, con l’au-spicio di rivederci nuovamente insieme, l’anno prossimo, nelsempre suggestivo scenario del Salone Dugentesco.

Flavio Quaranta

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Settelunedì 1990

29 GENNAIO 1990: on. Gianni GoriaPresidente della commissionepolitica del Parlamento Europeo“Europa oltre il 1992: qualefuturo per le finanze degli italiani”

12 FEBBRAIO 1990:Enzo Bianchipriore della comunità ecumenicadi Bose (Vercelli)“Oltre le divisioni: il futurodell’ecumenismo”

26 FEBBRAIO 1990:dr. Fausto Colombodocente alla Scuola dicomunicazioni socialidell’Università Cattolica di Milano“Oltre la cultura dell’esibizione:parola e spettacolarità”

13 MARZO 1990: Dr. Lino Duiliodirettore del Centro SocialeAmbrosiano“Oltre la situazione:tra democrazia e partitocrazia”

26 MARZO 1990: p. Pasquale Magniscienziato e filosofo della scienza“Nell’orizzonte delle galassie:il futuro della ricerca spaziale”

9 APRILE 1990: prof. don Charles Vellacoordinatore generale per l’eticanell’Ospedale S. Raffaele di Milano“Oltre il presente: la bioetica e ilfuturo della famiglia”

7 MAGGIO 1990: prof. don Pier Angelo Sequeridocente di teologia nella Facoltàinterregionale di Milano“Nel tempo e oltre il tempo:Cristo ieri, oggi e nei secoli”

INCONTRI: Salone Dugentesco - ore 21

Eusebiano di giovedì 12 aprile 1990

Charles Vella ai Settelunedì

“Bioetica e il futuro della famiglia”

VERCELLI - “Oltre il presente: la bioetica e il futuro dellafamiglia” è stato il tema proposto dal prof. Charles Vella,coordinatore generale per l’etica nell’ospedale San Raffaeledi Milano, nell’ambito del ciclo di conferenze Settelunedì, giun-to, lunedì 9 aprile, al suo sesto appuntamento. Presentatodal dott. Pietro Rosetta, medico specializzato in oculistica in-fantile, il relatore ha esposto con grande chiarezza un tema digrande attualità, ponendo in evidenza l’insegnamento eticodel mistero della Chiesa che difende la dignità dell’essereumano fin dal primo istante del concepimento, i valori delmatrimonio, il diritto dei figli ad essere frutto di amore e didono reciproco e non quasi prodotto di fabbricazione.

Motivo della conferenza è stato l’indispensabile urgenzache gli uomini della scienza devono avere nei confronti dellavita - la scienza - ha affermato il prof. Vella - è al serviziodell’uomo, non è l’uomo al servizio della scienza.

Illuminante è stato poi il tema dedicato alla famiglia. Qual-che profeta di sventura, anni fa, ipotizzò la morte della fami-glia quale cellula portante della società. Ma oggi l’istituto fa-miliare non è morto - ha evidenziato il relatore - anzi, è infase di riscoperta. Non a caso l’assemblea delle Nazioni Uni-te ha proclamato il 1994 anno internazionale della famiglia.

Nella società attuale, tuttavia, a causa del crescente consu-mismo, la famiglia rischia di ripiegarsi in se stessa, in unadimensione nucleare che tende a far venire meno vincoli disolidarietà con altre famiglie. Temi strettamente correlati aquesto sono stati il problema della denatalità, dell’aborto an-che in riferimento alla pillola abortiva RU 486, dell’AIDS.

Importante è stato inoltre il riferimento fatto dal prof. Vellaalla costituzione di comitati d’etica negli ospedali su quei pro-blemi biomedici che con più frequenza ed intensità attraver-

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sano gli spazi della pratica medica e di ricerca.A conclusione della relazione il prof. Vella ha delineato

quattro proposte operative, che ha consegnato alla medita-zione del numeroso pubblico presente in sala. In primo luogooccorre creare una coscienza etica tramite una cultura del-l’etica, che non sia spettacolo ma serio processo di ricerca eservizio.

Secondariamente è opportuno instaurare una veracatechesi al fine di ricordare alla pubblica opinione che nontutto quello che è scientificamente possibile è moralmentelecito. In terzo luogo bisogna inserire l’etica nei programmi diformazione alla professione di medico e di infermiere, chia-

mando in particolare modo i medici cattolici ad assumere laleadership in questo settore.

Infine è necessario riscoprire l’importante funzione deiconsultori familiari quali centri di riferimento per ogni tipo diproblema legato alla morale.

Il relatore ha chiuso il suo intervento ricordando che inquesti giorni della Settimana Santa, tutti noi siamo invitatialla preghiera: essa deve essere rivolta ad implorare la mise-ricordia di Dio ed a donare la saggezza nell’uomo al fine diriscoprire il più grande di tutti i valori, quello della vita.

Flavio Quaranta

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Settelunedì 1991

28 GENNAIO 1991: p. Enrico di RovasendaPresidente emerito dellaPontificia Accademia delle Scienze“Pier Giorgio Frassati:un laico nell’impegno sociale”

11 FEBBRAIO 1991:mons. Tonino Bellovescovo di Molfetta“La sfida nella solidarietà”

25 FEBBRAIO 1991:p. Bartolomeo Sorgedirettore del centro “Arrupe”di Palermo“Oltre la soglia del Tempio”

11 MARZO 1991: Gemma Calabresivedova del Commissario LuigiCalabresi“L’alto costo della fedeltà”

25 MARZO 1991: dr. Lino Rizzidirettore di “Avvenire”“Sotto il potere dei mass-media?”

8 APRILE 1991: prof. Michele Colasantodocente Sociologia UniversitàCattolica“I giovani in questa stagionepolitica”

22 APRILE 1991: on. Mino Martinazzoli“I cristiani e il potere”

INCONTRI: Salone Dugentesco - ore 21

Eusebiano di giovedì 14 febbraio 1991

Il vescovo Antonio Bello ai Settelunedì

L’impegno dei cristiani oggi“tra diluvio e arcobaleno”

VERCELLI - Lu-nedì 11 febbraioMons. Tonino Bello,vescovo di Molfetta epresidente nazionaledi Pax Christi, è sta-to apprezzato relato-re del ciclo di confe-renze “Settelunedì”,giunto al suo secon-do appuntamento.

Mons. Bello, il cuiimpegno per la pacee la decisiva presa diposizione contro l’at-tuale guerra è bennota al mondo catto-lico e non, ha parla-to al numeroso pubblico sul tema: “La sfida della solidarietà”.

Presentato brevemente dall’Arcivescovo, Mons. ToninoBello ha esordito proponendo come filo conduttore lo slogandella recente assemblea ecumenica a Seul: “Tra diluvio e ar-cobaleno”. Anche se può sembrare di essere travolti dal dilu-vio dell’indifferenza, dall’intolleranza, dall’ingiustizia, è possi-bile scorgere i segni dell’arcobaleno, ad esempio nelvolontariato: c’è un sommerso incredibile da parte dei giova-ni i quali scoprono che il tempo speso gratuitamente per glialtri non è sprecato; che ogni “uscita” raddoppia il capitale;che, in una parola, è possibile vivere il proprio tempo come

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spazio dell’amore. Dopo avere affermato questo, il relatoreha introdotto il suo grande enunciato, quello della fedemartiriale. Per comprendere meglio questa testimonianza ènecessario “richiamare dall’esilio la Santissima Trinità”.

Perché il mistero della Trinità non è tanto il mistero dellanostra fede, bensì quello della nostra morale: come in Cieloci sono tre persone che fanno un solo Dio, così sulla Terrapiù persone sono destinate a fare un uomo solo, l’uomo nuo-vo, Gesù Cristo. La “distinzione” Trinitaria si vive così: ogniuomo ha il suo volto, un suo identikit irrepetibile.

E’ stato questo un passaggio importante nella conferenzadi Mons. Tonino Bello: la solidarietà come “etica del volto”significa comprendere che nell’altro c’è un’immagine da sco-prire, da contemplare, da accarezzare, contraddistinta da unasua esclusiva ricchezza spirituale: l’immagine di Dio.

La logica del Vangelo però non collima con la logica uma-na, c’è una bandiera, uno stacco: “Amate i vostri nemici,pregate per coloro che vi perseguitano, perché se voi amatesoltanto quelli che vi amano quale premio meritate?”. L’as-surdità di ogni guerra - ha affermato il vescovo di Molfetta -deriva da qui.

Dopo aver sinteticamente delineato tre icone bibliche:Abramo che esce dalla sua Terra, Davide che affronta il gi-gante Golia, Daniele che interpretando i sogni, smaschera gliidoli della Terra, Mons. Tonino Bello, a concludere del suo

intervento, ha invitato il pubblico a operare tre transumanze,cioè tre passaggi decisivi di mentalità.

Il primo passaggio di questi si traduce in un passaggio “dallaproduzione dei servizi alla produzione di cultura”, le no-stre comunità, a volte, fanno solo assistenza, ma raramenteriescono a produrre una coscienza critica tale da discernerepositivamente i numerosi processi emarginativi della società.

La seconda “transumanza” deve efficacemente operare“dalla cultura dell’indifferenza alla cultura della differen-za”; la solidarietà, cioè non deve essere un segno vago dicompassione, ma è la decisione, forte ed operante, di farsicarico dei problemi dell’uomo nel rispetto della diversità. Infi-ne tutti noi dobbiamo passare “dalla cultura della differen-za alla convivialità delle differenze”; anche se tutte le armivenissero distrutte, anche se a tutti gli uomini della terra ve-nisse dato un pane a testa, solo per questo non ci sarà pace.Il simbolo della vera pace - ha concluso il vescovo di Molfetta- è una tavola imbandita dove ogni persona mangia il suopane con gli altri.

Come non vedere adombrato, in queste parole, il misterodell’Eucarestia?

Mons. Bello ha così concluso tra gli applausi: “E’ questoche dobbiamo fare anche noi, la solidarietà per me è questa”.

Flavio Quaranta

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Settelunedì 1992

27 GENNAIO 1992: on. Eolo Parodi“Il mestiere di guarire”

3 FEBBRAIO 1992: mons. Tarcisio Bertone“Il mestiere di educare”

10 FEBBRAIO 1992:mons. Ersilio Tonini“Il mestiere di far vivere”

GRATUITA’ E GIOCO

24 FEBBRAIO 1992:Giovanni Trapattoni“Dialogo sullo sport”

2 MARZO 1992: Enrico Villani“Dialogo sull’arte”

9 MARZO 1992: Liliana Cosi“Dialogo sulla danza”

GRATUITA’ E GIOCO

23 MARZO 1992: mons. Renato Corti“Un dispendio per Dio”

30 MARZO 1992: p. Giuseppe Gemello“Un dispendio per i fratelli”

INCONTRI: Cinema Teatro “Niccolò Barbieri” - ore 21

Eusebiano di giovedì 13 febbraio 1992

Mons. Ersilio Tonini ai Settelunedì

“CRESCERE”: MESTIERE DIFFICILELe tre enormi sfide

per il prossimo futuro.Grande attesa per l’incontro

con Trapattoni

VERCELLI - Presentato dal co-lonnello Biasone, presidente delMovimento per la Vita, al numero-so pubblico dei “Settelunedì”, 500persone che gremivano la capaceaula di Santa Maria Maggiore, lu-nedì sera, mons. Ersilio Tonini, ar-civescovo emerito di Ravenna, hatrattato con la competenza e lapassione che ben conosciamo - èla quarta conferenza che tiene aVercelli - il tema “il mestiere di farvivere”.

“E’ un mestiere difficile - hadetto - quello di far crescere i gio-vani, appunto perché è difficile ilmestiere dell’uomo”.

Oggi i giovani si trovano di fron-te a problemi impensabili perché ilfuturo nel quale vivranno “stacca”radicalmente dai modelli del pre-sente.

Un futuro che rappresenta trecaratteristiche di fondo. La prima,

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la “mondializzazione” della vita, interpreta la tendenza deipopoli a sentirsi una cosa sola. Il fatto, altamente positivocontribuisce a tradurre in realtà lo schema che il Creatorepersegue nella storia dell’umanità: ricondurre all’umanità lafamiglia umana lacerata dal peccato.

La seconda caratteristica è la proposta, rivolta in specialmodo ai giovani, di pensare e di vivere secondo “ideali gran-di”. Il più grande ideale del nostro futuro è quello di aprirsicon anima e cultura cristiana al fenomeno di fine secolo cheè la trasmigrazione dei popoli e la loro miscelatura che svuo-terà l’Europa sotto il profilo demografico.

La terza caratteristica di un futuro già iniziato è l’enorme

potere dell’uomo di incidere sulla natura. Di fronte alle possi-bilità offerte dalla tecnologia avanzata, giunta al punto di of-frire all’umanità “un altro modo di nascere” mediante le ma-nipolazioni genetiche, sorge impellente, specialmente nei gio-vani, l’esigenza di scegliere un “tipo di uomo” attraverso unaretta coscienza del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto.

“Mai come oggi - ha concluso mons. Tonini - la salvezzadell’umanità è affidata ai giovani”.

Al termine, veniva annunciato il prossimo appuntamentodei Settelunedì, il 24 febbraio, che inaugura il secondo ciclodi conferenze su “Gratuità e gioco”: Giovanni Trapattoni, al-lenatore della Juventus, parlerà di “Dialogo nello sport”.

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Settelunedì 1993

mons. Luigi Bettazzi - vescovo di Ivrea“Dio è felice?”

Enzo Bianchi - della Comunità di Bose“Perché il dolore del mondo (a partire da Giobbe)”

prof. Giuseppe De RitaPresidente Consiglio Nazionale Economia e LavoroCNEN, Segretario generale del CENSIS“La ricerca della felicità in una società complessa”

prof. Don Giorgio Gozzellino - teologo“Verso una felicità inesprimibile e sorprendente”

prof. Don Giuseppe Mattai - teologo“La festa, felicità della domenica”

Vittorio Messori - pubblicista, scrittore“Cristo - L’Uomo della croce e delle beatitudini”

prof. Franco Piccinelli - giornalista RAI - TV“La felicità dell’uomo comune”

mons. Claudio Sorgi - pubblicista“La felicità delle cose e il gemito delle creature”

INCONTRI: Chiesa di S. Bernardino - ore 21

Eusebiano di giovedì 4 marzo 1993

Franco Piccinelli ai Settelunedì

Felicità dell’uomo comune

Ex giornalista della Rai - tvgambizzato con sette colpi di pistola

VERCELLI - Lo scrittore Franco Piccinelli ha esordito conuna ferma accettazione della vita: “Nessuno mi tolga dallaschiena i miei ultimi 25 anni”; quei 25 anni sono cominciaticon la contestazione del ’68, con le aspre polemiche studen-tesche, le violenze brigatiste; egli ha sofferto quegli inizi comegiornalista RAI-TV contestato, “gambizzato” con 7 colpi dipistola, ma sempre senza cedimenti.

“Sono felice, aggiunge, di essere vissuto nel mio tempo…sono geloso di quei fatti e di quegli anni”. Anni di piombo elezioni di vita, anni che hanno una loro felicità: noi possiamoavere solo la felicità che i nostri tempi ci danno. E, nei nostritempi, Franco Piccinelli, è diventato giornalista, poeta, ro-manziere, l’ultimo suo romanzo “Avvoltoi”, è alla quinta edi-zione. E gli anni antecedenti, gli anni dell’infanzia, dell’adole-scenza, della prima giovinezza? Sono tutti nostri, ma sonotrascorsi; possiamo rivisitarli con nostalgia, ma senza rim-pianto: possiamo rivivere quel periodo della nostra vita che cilega con un passato ormai scomparso (per Piccinelli, la fami-glia patriarcale, nella casa di paese, gli arabeschi del gelo suivetri, le cucine piene di gente, i lettoni con i lenzuoli di cana-pa ed i materassi di granoturco, le tavolate di 10, 15, 20persone, le messe quotidiane alle 5 del mattino, precedutedallo scampanio che salutava il sole, le donne sempre in atti-vità; i grandi silenzi, la felicità con infinite connotazioni uma-ne, i comportamenti ora rassegnati, ora autentici di uomini edonne.

E poi la scuola di paese e la vita in collegio con i Salesiani

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di Valdocco, nei freddissimi inverni dell’immediato dopoguer-ra). Sono tutte cose belle, sono tutte cose vere ma da ricor-darsi e considerarsi anche con un po’ d’ironia, perché ormainei nostri anni si muove un’altra aria e quella del passato nonla possiamo ricordare neppure ai nostri figli. Anche i nostrifigli cercano la felicità, nel presente, tentando di superarel’anonimato che ci massifica, come noi la contempliamo nel

passato per superare un po’ il presente e i nonni l’hannocercato nel futuro, sognando.

Quale la felicità migliore? Ogni momento ce ne offre una,e per chi la sa cogliere quella è la migliore, così ha detto nellasua bella conversazione Franco Piccinelli.

Armando Degrandi

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Settelunedì 1994

Eusebiano di sabato 12 febbraio 1994

Sono tornati i Settelunedì in Seminario

Uomini e religioni di fronte allecrisi del mondo

La sala San Carlodel Seminario era col-ma di gente per l’ini-zio dell’edizione 1994dei Settelunedì.

Il professor An-drea Riccardi Docen-te di Storia del Cristia-nesimo all’Universitàdi Roma e uno deifondatori della comu-nità di S. Egidio, ci ha intrattenuti sul tema: “Uomini e reli-gioni di fronte alle crisi del mondo”.

La sua riflessione si è imperniata di fronte a due fatti stori-ci: Gli incontri delle religioni di Assisi (1986) e di Milano (1992).Sono stati incontri non di teologi e di intellettuali, ma di guidee capi religiosi: incontri di preghiera e di riflessione religiosa,su se stessi e su gli altri, per una reciproca accettazione ecomprensione.

Nel 1986 il mondo era ancora diviso in due blocchi, lapace c’era, ma era pace armata e il problema della guerraera sempre un grande interrogativo per i credenti di tutte lereligioni.

Il Congresso di Milano si è svolto in un altro momentopolitico mondiale, senza la minaccia incombente delle grandipotenze ma con l’esperienza dolorosa che tutti i popoli, ognu-no per conto suo, possono fare la guerra e rifiutare la pace.

Da chi può venire il rimedio? Dalle singole religioni chepredicano il rispetto per l’uomo singolo, il senso della vita

7 FEBBRAIO 1994: prof. Andrea Riccardistorico, della comunità di S. Egidio,Roma“Uomini e religioni di fronte allecrisi del mondo”

21 FEBBRAIO 1994: prof. Paolo De Benedettidell’Università di Urbino“La terra: dono e dominio”

7 MARZO 1994: P. Bernardo Przewozny O.F.M.presidente del Centro francescanodi studi ambientali“La custodia della terra”

21 MARZO 1994: Mons. Fernando Charriervescovo di Alessandria

con: Ing. Ponti di Ghemme - industriale,Don Sergio Chiesa di CasaleComm. Pastorale del lavoro,Dott. Pier Carlo Frigerioeconomista,Giancarlo Panero - sindacalista“La trasformazione della terra:profitto e solidarietà”

11 APRILE 1994: P. Jesus Lopez Gaydella Pontificia UniversitàGregoriana“La preghiera nelle grandi religioni”

18 APRILE 1994: Dino Temporelli - artista“L’arte come invocazione”(serata con diapositive)

2 MAGGIO 1994: Serata musicale.“Canto, canzoni e preghiera”

16 MAGGIO 1994: P. Sereno Maria Loverafrancescano“Chiara e le sue sorelle:una vita come comunicazione”

30 MAGGIO 1994: Mons. Tarcisio Bertonearcivescovo di Vercelli“Una terra come invocazione”(proiezione filmato di DonMassimo Bullano)

INCONTRI: Sala San Carlo - Seminario - ore 21

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che supera la rivalità e gli intrighi della politica.Ogni uomo è immagine di Dio, è portatore di verità e di

rispetto per il prossimo.In questo sta la sua forza che è anche ispirata dalla religio-

ne, una forza di sole anime, “una forza debole” agli occhi delmondo, capace più di vivere che di vincere.

Dopo la fine di grandi stati multinazionali che è seguitaalla prima guerra mondiale, i politici troppo sovente si sonoispirati al nazionalismo, alla “pulizia etnica” che è stata ancheaffermazione disumana del gruppo sull’individuo, crudele al-lontanamento del gruppo sull’individuo, crudele allontanamen-

to del diverso. La religione può aver contribuito ai nazionalismi,quindi essa è stata male interpretata.

Oggi la religione, tutte le religioni devono aiutare a capireil “rimescolamento” dei popoli che sta avvenendo sotto i no-stri occhi.

La religione deve aiutarci a ritrovare la pazienza della sop-portazione reciproca, una pazienza lunga, “geo-logica”, comeha detto l’oratore, per ritrovare il linguaggio sacro della co-municazione individuale e politica.

Armando De Grandi

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Settelunedì 1995 Eusebiano di sabato 17 giugno 1995

DA CITTERICH UNA GRANDELEZIONE SU LA PIRA

Il giornalista, alla presenzadell’Arcivescovo, ha concluso

gli incontri del Meic per il 1995

Si è concluso, con l’incontro su “Giorgio La Pira: preghie-ra e intuizioni” svoltosi lunedì scorso, il ciclo di conferenzeorganizzato dal Meic su “Grandi cristiani contemporanei”.

Don Cesare Massa, nel presentare il relatore dottor Vitto-rio Citterich, giornalista che ha seguito il Concilio VaticanoII, collaboratore de “L’Osservatore Romano” e de “L’Avveni-re”, che ha scritto tra l’altro. “Un santo al Cremlino: GiorgioLa Pira”, ha sottolineato la positività del ciclo di incontri e laprovvidenzialità che la chiusura leghi la figura di Paolo VI (1°incontro) con La Pira.

Il relatore ha affermato che La Pira è stato prima di tuttoun contemplativo, un uomo di preghiera: la sua giornata sidistribuiva soprattutto nella preghiera (breviario, rosario). Ilcardinale Dalla Costa diceva che La Pira era copia del Vange-lo vivente. Fu un uomo di intuizioni: alcune cose che dicevanel 1951, per esempio la caduta del comunismo, si sonorealizzate.

Uomo, siciliano, professore a 23 anni, all’Università diFirenze, visse nel convento domenicano di San Marco e sioccupò delle cose più semplici: San Vincenzo, Ac, Fuci. Nonebbe alcuna previsione di esito politico.

Negli anni ’30, momento di grande consenso, anche dellacultura cattolica, al fascismo. La Pira ebbe uno spirito di dis-senso. Viveva appartato dal mondo, ma dentro alla sua situa-zione e non poteva lasciar passare in sordina la conquistadell’Etiopia.

Diede vita nel 1939 a “Principi”, piccola rivista

30 GENNAIO 1995: S.E. Mons. Tarcisio Bertone“Paolo VI. dialogo e servizio dellaverità”

13 FEBBRAIO 1995:Aldo Bergamaschi“Don primo Mazzolari: una voceterapeutica”

27 MARZO 1995: Franco Monaco“Lazzati, testimone e maestro dilaicità cristiana”

13 MARZO 1995: Maurilio Guasco“Card. Michele Pellegrino,il vescovo del Concilio”

27 MARZO 1995: Alberto Monticone“Vittorio Bachelet”

10 APRILE 1995: Vittorio Citterich“Giorgio La Pira:preghiera e intuizioni”

8 MAGGIO 1995: Giancarlo Bruni - Abramo Levi“P. Davide Maria Turoldo:un poeta per Dio e per l’uomo”

22 MAGGIO 1995: Claudio Ragaini“Mons. Tonino Bello:uomo di speranza e di pace”

5 GIUGNO 1995: Giancarlo Zizola“Carlo Carretto nella storiadella Chiesa”

INCONTRI: Seminario di Vercelli - ore 21

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monografica. Con intelligenza presentò temi e argomentiesplosivi. Nel numero dedicato alla guerra, protestò contro idue paganesimi (nazionalsocialismo e comunismo) che cer-cavano di travolgere la Polonia. L’ultimo numero era dedica-to alla libertà, in cui precisò che il fascismo è incompatibilecon i principi cristiani. Intervenne la censura e finì la pubbli-cazione di “Principi”. Cominciò per La Pira un periodo mol-to duro. Dovette allontanarsi da Firenze e la sua peregrinatiolo portò a Roma ove incontrò Giovan Battista Montini. Siinstaurò un sodalizio con il giovane sacerdote e la Fuci diven-tò un centro di preghiera, di studio, vigilia di ricerca. Finita laguerra diede un grande apporto alla stesura della Costituzio-ne Italiana.

Per La Pira doveva essere l’architettura della casa comu-ne, assicurando rapporti tra principi antropologici e realizza-zioni. Nel 1951 viene eletto Sindaco di Firenze. Mite, disar-mato, diventò di una durezza incredibile per difendere i prin-cipi della Costituzione e per rendere la città a misura d’uomo.Per la Pira ogni cittadino doveva avere: una casa per amare;una scuola per imparare; una fabbrica per lavorare; un ospe-dale per guarire; una chiesa per pregare; i giardini per bam-bini e vecchi. Affrontò i problemi della Pignone: di fronte allicenziamento di 2000 operai intervenne, requisì la fabbrica,si consiglia con Mattei e diede vita alla Nuova Pignone. Lafabbrica era sana, ma dietro i licenziamenti vi erano interessidi profitti. Nel 1954 Firenze diventò centro di attenzione

mondiale: La Pira fa di Firenze un punto di raccordo fra tuttele culture. Riunì i sindaci di tutte le capitali del mondo e altermine li portò tutti dal vescovo Dalla Costa. Nel 1959 andòa Mosca dove portò due statue della Madonna di Fatima. Siera fatto messaggero di pace. Nel 1965 va in Vietnam daHochiminh e riesce ad ottenere condizioni possibili di pacecon l’America, da questa non accettate. Mac Namera più tar-di riconobbe l’errore americano e la giusta intuizione di LaPira. Altra grande intuizione fu “La pace della famiglia diAbramo”. Grande argomento iniziato da Paolo VI e svilup-pato da Giovanni Paolo II. Morì nel 1977. Ai funerali si pre-sentò un nero di Harlem, cantò un “alleluja” e poi ringraziòLa Pira a nome di tutti i poveri del mondo.

La Pira ha lasciato un segno distintivo e un appello allanostra generazione: “Avanti, coraggio, va tutto bene”. Il nu-meroso pubblico - erano presenti il prefetto dottor Marino eil questore dottor Carrata - ha sottolineato con un calorosoapplauso la ricca relazione. Monsignor Arcivescovo ha rin-graziato il dottor Citterich per la sua profonda testimonianza,ha ricordato i suoi rapporti epistolari con il professor La Piraed ha concluso con questo pensiero: “Abbiamo sentito esal-tare la forza della preghiera e della fede”. Paolo VI disse cheil Signore è il fine della storia umana, La Pira affermò che haun senso in un futuro che trascende la storia: il regno di Dio.

Giovanni Cattaneo

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Settelunedì 1996

1° CICLO

9 OTTOBRE 1996: prof. Enrico dal Covolodocente di patrologia PontificiaUniversità Salesiana“Il secolo di Eusebio”

23 OTTOBRE 1996: Enzo Bianchipriore della comunità monastica diBoseprof. Salvatore Natolifilosofo - docente di filosofiateoretica all’Università di Bari“Credenti e non credenti: la ricercadi Dio fra esilio e ritrovamento”

6 NOVEMBRE 1996: mons. Tarcisio Bertone“Nota sulla recente bibliografiaeusebiana”“Omaggio a S. Eusebio”“Concerto della Camera PolifonicaViotti e della Corale GiuseppeRosetta di Villatadiretta da Vittorio Rosettaall’organo Franco Peronemusiche di Giuseppe Rosetta”

2° CICLO

29 GENNAIO 1996: prof. Costanza Segre Monteldocente di storia della miniaturaall’Università di Vercelli“Le miniature eusebiane”

7 FEBBRAIO 1996: prof. Pier angelo Sequerivicedirettore della BibliotecaAmbrosiana

prof. Gianni Vattimofilosofo“Il volto umano e divino di Cristo:bellezza e martirio”

12 FEBBRAIO 1996: prof. Gabriella Pantòdella Sovrintendenza ai beniarcheologici“Le recenti scoperte archeologichepaleocristiane a Vercelli”

19 FEBBRAIO 1996: prof. Salvatore Ussiadell’Università di Vercelli“Il palco delle feste: teatri eaccademie per le feste eusebiane”

3° CICLO

4 MARZO 1996: prof. Caterina Perazzoprof. Patrizia Praglia Marcone“L’iconografia eusebiana”

18 MARZO 1996: prof. don Bruno Fortepreside della facoltà teologicadell’Italia Meridionaledott. Giancarlo Zizolascrittore e storico“Polis e mistero: la Chiesa nellastoria”

25 MARZO 1996: mons. Giovanni Necco“Accompagnamenti d’organo:spartiti musicali per la solennità diS. Eusebio nella cappella delDuomo di Vercelli”esecuzione del corodiretto dal m.o. Ermanno Silano

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Eusebiano di sabato 10 febbraio 1996

“Vattimo e Sequeri ai Settelunedì”Una serata di riflessione seria ed affascinante quella di

mercoledì in occasione degli incontri dei “Settelunedì”.Il tema (“Il volto di Gesù: bellezza e martirio”) è stato trat-

tato dal teologo Pierangelo Sequeri, docente alla facoltà teo-logica di Milano, e dal filosofo Gianni Vattimo, docente al-l’Università di Torino.

Sequeri, con la brillantezza e la rigorosità che lo

contraddistinguono, ha posto il problema del martirio da Pascala Nietzche.

Per il primo, che afferma di credere “solo alle storie i cuitestimoni si sono fatti sgozzare”, il martirio è la strada obbli-gata per l’affermazione della verità.

Per il secondo, invece, il martirio non ha valore alcuno. Laproposta del teologo è stata quella di riscoprire il martirio nelsenso antico come atto libero e singolare del dare la vita.

Vattimo ha ripreso questi concetti soffermandosi sulla bel-lezza dell’evento soprannaturale dell’incarnazione di Cristoche obbliga a superare le visioni naturalistiche di Dio.

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Settelunedì 1997

27 GENNAIO 1997: prof. don Silvio Barbagliadocente di Sacra Scrittura nellafacoltà teologica di Novara“La città nella Bibbia”“Dal riso al Rosa”proiezioni di diapositive conMarcello Bertinetti e Giulio Veggi

10 FEBBRAIO 1997:prof. Alberto Quadrio Curzipreside della Facoltà di Scienzepolitiche all’Università Cattolicadi Milano“Identità locale e federalismosolidale”

24 FEBBRAIO 1997:prof. don Giannino Pianadocente di teologia moraleall’Università di Urbino“La città, sfida alla fede?”

10 MARZO 1997: dott. Louis ter Steegfilosofo, direttore dellatelevisione cattolica olandese“La città, immagine del nostrofuturo?”(Metafora della post-modernità?)

7 APRILE 1997: TAVOLA ROTONDAcon testimonianze di:Giusi Baldissone Simonelli,Filippo Campisi, Enrico Demaria,Andrea Donati, Giuseppina Finassi,Cesare Massa, Guido Michelone“Ricerca sul carattere delvercellese”

21 APRILE 1997: TAVOLA ROTONDAcon testimonianza di:Maurizio Ambrosini, Ennio Baiardi,Mario Bona, Vittorio Cenotti,Martino Fulminante,Alberto Garione, Luca Sogno,Enrico Villa“Vercelli: ascesa o declino?”

12 MAGGIO 1997: TAVOLA ROTONDAcon testimonianze di:Anselmo Calogero,Luigi Attademo, Chiara Benigni,Lucia Fattore, Mauro Greppi,Hayakawa Mijuki,Nguyen - Hai - Ung

INCONTRI: Sala S. Eusebio - Seminario - ore 21

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La Sesia di venerdì 11 aprile 1997

Pareri sul “carattere” dei bicciolani

Vercellesi brava gente?

La provocazione ai Settelunedì

Molte persone lunedì scorso nella Sala Sant’Eusebio delSeminario ai Settelunedì organizzati dal Movimento Ecclesia-le d’Impegno Culturale per un dibattito non semplice: «Ricer-ca del carattere del vercellese». Molti spunti, diverse le «pro-vocazioni», ancora parecchi i luoghi comuni sulla città chepotrebbe fare gran cose ma intanto perde quel poco che ha.Moderatore Enrico de Maria, che subito sostiene l’importan-za di quel «Fuma che fé», quella voglia di fare che ha semprecontraddistinto le nostre contrade, un mondo a volte inge-nuo, sbrigativo, psicologicamente solido.

Più polemica Giusy Baldissone che precisa il «carattere»bicciolano in ambito letterario. Vercellesi letterati in fuga ver-so altri più accoglienti lidi, grandi personaggi come NiccolòBarbieri, Antonio Maria Spelta, artisti come Giovan BattistaViotti. E ancora oggi si fugge o ci si propone in punta dipiedi. Forse non si può cambiare Vercelli. C’è una scommes-sa possibile quella dell’Università, una carta da giocare se nonsi vuole rimanere fermi nelle risacche della storia. E a moltivercellesi piace ricordare di più l’Università medievale chenon battersi per quella di oggi. «Riusciranno le persone chehanno gli occhi aperti a cambiare le cose?».

Per Filippo Campisi i caratteri del vercellese sono quelli

importanti del dovere e della disciplina; gli stessi emersi nellastoria e nella vita quotidiana, negli slanci solidali a favore deipiù deboli.

Ottimista anche Andrea Donati, responsabile di Videonordladdove vede una Vercelli che sa muoversi verso realtà nuo-ve, una città e una gente che stanno cambiando, con discre-zione.

Riserbo e discrezione sono anche le caratteristiche delpaziente tipo per un medico da tempo impegnato nel socialecome Giusy Finassi.

«Il vercellese ha bisogno di fiducia poi si apre, è anchegeneroso. Certo, si lamenta spesso per eventuali novità mapoi finisce per accettarle e collabora».

Intenso e puntuale l’intervento di Don Cesare Massa, an-che ironico? Quali i difetti? Scarsa immaginazione e scarsacapacità di comunicazione, questo almeno ad ascoltare le vocidi fuori. Forse siamo troppo appagati da un certo benesseree da troppa comodità. Cose cui è difficile rinunciare. Sull’al-tro piatto della bilancia ci sono invece riservatezza e rispetto,un clima calmo e sereno di cui sempre più spesso si sente ilbisogno.

Ricette? Aiutarsi di più ed evitare le polemiche, presenta-re al meglio la città favorendo il turismo culturale, continuaresulla strada della laboriosità.

Infine Guido Michelone: «Avete notato come l’argomentopiù trattato dai giornali e mass media locali sia il Carnevale?».

Quindi l’ipotesi provocatoria, Vercelli festeggia spesso ilcarnevale, anche d’estate. Attraverso il carnevale un gruppodi persone esorcizza le novità con un rituale. E il carnevalesopperisce (o sopperirebbe) così alla mancanza di un’eliteculturale.

Pieffe

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65Pionieri

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Il riferimento

Cerco di ricordare iprimordi di questa amici-zia: Giovanni Rosso conla memoria dello storico,mi dice che il nostro in-contro con lui, di Lenta,avvenne subito dopo laguerra in quel di Rado,santuario che allora ospi-tava i Padri Bianchi, mis-sionari d’Africa.

Erano incontri giovanilidove l’organizzazione risul-tava sempre minima, gran-de invece l’amicizia ali-

mentata dalla preghiera, dall’impegno e dal sentimentodi una comune appartenenza: quella di essere tutti comedentro ad una magnifica avventura spirituale. Questo sen-timento di pellegrinare dentro una avventura spiritualemagnifica credo sia il raccordo più vero per me fra i gior-ni di Rado, e questi dell’ultimo MEIC.

Dentro l’avventura cristiana, Piero Masuello ha porta-to l’esemplarità di una fede forte e ingenua (cioè libera), ilmeglio della tradizione spirituale del nostro mondo con-tadino di cui rivendicava l’appartenenza e il valore.

Adesso siamo rimasti un po’ soli, ma tali non restere-mo, perché Piero ora provvederà ad aiutarci con ancorapiù forza entro questa grande avventura.

(da “L’Eusebiano” - 18 giugno 1992)

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L’intellettuale

Molte volte la figuradell’“intellettuale” danoi non gode di unabuona immagine: sem-pre un po’ disuguale ri-spetto ai suoi simili,dunque, in qualche mi-sura “altezzoso”, sicurodelle proprie compe-tenze e delle propriemetriche di giudizio,gode del raro privilegiodella cultura, e lo sa.

Armando Degrandiera un “intellettuale”,ma all’inverso di quella immagine. Quando ti veniva in-contro, soprattutto in questi ultimi anni, sempre un po’dimesso, con quegli occhi vivi di una vivezza che proveni-va dalle profondità personali e penetrava nelle tue pro-fondità, con quello sguardo che esprimeva una sorta dicompassione (che è l’ironia battezzata cristiana) su tutto,capivi la singolarità di un intellettuale serio (diciamo, se-riamente cristiano).

Armando Degrandi era un grande conoscitore di cose,tratte dai libri, letti, commentati, insegnati, gelosamentecustoditi e generosamente prestati. Era conoscitore an-che di cose, tratte dalla vita contadina e collegiale, reli-

giosa e familiare. Divenne conoscitore di uomini nel fattoscolastico, durato una vita, o nell’amicizia, prodigata conintensità e discrezione.

Questo conoscitore di cose non sta tutto in queste cose.Una realtà più alta e luminosa ha rivestito l’umanità

del conoscitore e la verità delle cose. Qualcosa (o Qual-cuno) ha unificato in lui conoscenze ed esperienze. Ed èla sapidità, diciamo la Sapienza, con cui le ha radunate,custodite e godute.

Questa sapienza lo faceva umile, semplice, ironico,ultima soglia di un itinerario culturale veramente riuscito,e dunque felice. Affascinante, anche perché diventataforma del dire, del fare e, più ancora, dell’essere.

Fascino che attraeva gli amici in colloqui caffettieri oin dialoghi serotini lungo le arterie un po’ anemiche dellacittà. Fascino che non risparmiava gli allievi e diventavastima, ammirazione, persino amicizia. Fascino su chi lovoleva ancora cattedratico al di là delle cattedre scolasti-che, nella sua comunità parrocchiale, fra i suoi colleghidell’UCIIM e fra i fedeli della “Terza Età”.

Lo ringraziamo per questa esemplarità fresca e solida,sulla quale vorremmo ritagliare sempre il nostro impe-gno culturale, per servire con stile evangelico la crescitaumana del nostro “mondo”, nell’epoca bella, veloce edifficile in cui ci è dato vivere.

Cesare Massa

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E’ stata per me un’esperienzaarricchente e stimolante dal pun-to di vista umano, incontrare inqueste settimane alcuni degliamici da antica data del MEIC,per raccogliere alcune testimo-nianze a riguardo dei “Settelu-nedì” e delle iniziative culturalicomplessive attuate in questivent’anni.

La signora Liliana Masuello hamesso in luce la fatica e la diffi-coltà degli inizi per la ricerca delle sedi da cui dare avvioalle manifestazioni e che sono state nel tempo: il SaloneDugentesco, l’Auditorium di Santa Chiara, la Basilica diSanta Maria Maggiore, San Bernardino, il teatro Civico, ilteatro Barbieri, e negli ultimi anni il Salone Sant’Eusebiodel Seminario.

Ha poi sottolineato che nel tempo la gente ha comin-ciato ad interessarsi sempre più all’iniziativa, come è cre-sciuta la disponibilità degli interpellati nel dare volentieril’adesione all’iniziativa.

Grande è stato l’impegno di Piero Masuello (nei suoiquindici anni di presidenza) nel fare amicizia con i relatoriche intervenivano, nell’accompagnarli fuori a cena, per farsentir loro questo senso dell’amicizia e dell’attenzione, pen-sando al bene della nostra città e della cultura per essa, inquesto accompagnato dalla collaborazione paterna diMonsignor Albino Mensa.

Secondo Liliana Masuello l’iniziativa dei Settelunedì hapotuto nascere, crescere, realizzarsi e continuare nel tem-po grazie ad un nucleo forte di amici (Giuseppe Margara,Armando De Grandi, Giovanni Rosso, lo scrivente, DonCesare Massa, Antonino Vitale, Michele Ventura e tanti

altri) che con Piero erano legati da un rapporto di intensarelazionalità ed amicizia, collaudato per alcuni già da lungadata (dagli amici degli ex laureati cattolici e del “PiccoloStudio”).

Il professor Giuseppe Margara ha affermato che per luii “Settelunedì” sono stati un invito a riflettere su problemimolto importanti di carattere morale, sociale e culturale;una fonte di informazione e di dibattiti per la società no-stra che soffre, perché manca di consapevolezza dei prin-cipi e dei valori che possano aiutarla a uscire dal disagioche la travaglia.

Sottolinea inoltre il fatto che i “Settelunedì” hanno per-messo lo sviluppo e il consolidamento (o l’approfondimen-to) di una serie di rapporti umani e culturali che hannofavorito l’amicizia, la solidarietà ed uno strato di relazioniprofonde che han fatto sì che l’individualismo e l’indiffe-renza venissero superati.

L’avvocato Giuseppe Galante da parte sua ha detto chela partecipazione ai Settelunedì gli ha permesso un grandearricchimento e completamento dal punto di vista cultura-le aiutandolo nell’approfondire alcuni problemi ed afamigliarizzare con altri che non conosceva e ricorda inparticolare l’incontro con la figura del grande scrittore fran-cese Georges Bernanos presentato da Geno Pampaloni.

Infine il professor Michele Ventura in un intervento moltoricco e articolato ha approfondito le ragioni del successodei Settelunedì che nel corso di questi vent’anni hannosegnato una presenza sempre in aumento di pubblico e dipartecipazione.

Ventura ha sostenuto che la riuscita dell’iniziativa è daattribuirsi in particolare alla figura di Monsignor AlbinoMensa che diede il primo assenso per l’avvio dell’attivitàdel MEIC; e con Monsignor Mensa ha ricordato l’impegnodi Piero Masuello, la sua grande competenza culturale, li-

Le interviste

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turgica e teologica unite all’impegno (estenuante) di presi-dente, la felice proposta di tematiche sempre puntuali edentro la realtà di Don Cesare Massa, assistente spiritualedel MEIC, le cui proposte han sempre raccolto il consensodi tutti.

Ventura sottolinea poi l’attenzione all’iniziativa da partedi molti anche non cattolici dovuta forse al modo dialogicoe interlocutorio dell’iniziativa anche nei confronti della cit-tà, della società civile nelle sue diverse correnti culturali edideologiche con interventi affidati a persone di alta cultura.

Il professor Ventura ricorda inoltre Monsignor TarcisioBertone che continuò nell’opera di sostegno dei“Settelunedì” dando un notevole impulso di carattereorganizzativo e nella scelta degli oratori e dei relatori digrande livello tant’è che i “Settelunedì” diventarono“Novelunedì” intrecciandosi poi con le celebrazioni per l’an-no eusebiano.

Impegno questo di Monsignor Bertone continuato del-l’attuale Arcivescovo padre Enrico Masseroni degno erededi questa preziosa eredità.

Infine il professor Ventura concludendo la sua testimo-nianza si è detto impressionato e commosso per il grandemomento di partecipazione che i “Settelunedì” hanno of-ferto in questi vent’anni: in cui ognuno ha potuto suggeri-re le proprie idee, rivedersi, rivisitare, fare amicizia (ap-prezzato in particolare l’incontro di amicizia presso la co-munità di Bose) rilevando altresì il carattere sociale dell’ini-ziativa e dal punto di vista culturale la partecipazione ed unnotevole afflusso di sacerdoti, suore, laici che han potutointerloquire sotto il profilo culturale negli ampi spazi di di-battito al termine delle lezioni.

In ultimo Michele Ventura s’è domandato: cosa possoregalare al MEIC per il futuro? E rispondendo ha auspicatodi potersi avvalere anche dei nuovi mezzi audio-visivi peruna documentazione e diffusione dei “Settelunedì” che siaall’altezza dei tempi.

Carlo Barbero

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In questi vent’anni di attività del Meic, insieme alla ma-nifestazione pubblica dei “SETTELUNEDI’” diverse sonostate le iniziative di formazione, di approfondimento d’in-contro per i soci e gli iscritti. In particolare sono da ricor-dare gli appuntamenti di intensa spiritualità della lectio di-vina nei momenti forti dell’anno liturgico ed in particolarealla vigilia della festa di Ognissanti, dell’Avvento e dellaQuaresima, con l’intervento tra gli altri di Enzo Bianchi,priore di Bose, nella Chiesa di San Michele (lezioni raccol-te nello stupendo volume “Gli amici del Signore” edito daGribaudi), di mons. Alberto Albertazzi sulla Sacra Scritturapresso l’Aula Magna del Se-minario ed in due ultimianni da Don Carlo Orec-chia che quest’anno ha il-lustrato in tre serate le cittàpetrine, le città paoline e lecittà giovannee.

Nell’ambito della mani-festazione dei “Settelunedì”il momento conclusivo diogni annata ha visto iscrit-ti, aderenti e simpatizzantiraccolti in una domenica dimaggio-giugno per una gitaricreativa e meditativa in lo-calità della nostra diocesiquali l’abbazia benedettinadi san Nazzaro Sesia, lapieve di S. Maria di Naulaa Serravalle, a Postua, aCrevacuore, al battistero diLomello, a Mortara, al ca-stello di Scaldasole, al con-vento di San Domenico a

Momenti

Trino, a Masserano nel centenario di San Francesco, aBosco Marengo, al convento “Maria Mater Unitatis” indiocesi di Asti, all’abbazia di S. Giustina (Rivalta Scrivia) epoi ancora alla comunità monastica di Bose nel Biellese.

Da segnalare poi in questi ultimi anni il simpatico mo-mento conviviale della cena in Seminario con l’Arcivesco-vo nel mese di ottobre in apertura dell’anno sociale, cheha favorito ed incentivato il clima di amicizia, di stima e direciprocità tra aderenti e partecipanti.

c.b.

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Questo numero unico …………………………………………………… pag. 1

Il logo dei “Settelunedì” ………………………………………………. ” 2

Amici da vent’anni …………………………………………………………. ” 3

Senza integrismi nè appiattimenti …………………………. ” 6

Per Dio e per la città …………………………………………………….. ” 7

Le adesioni:

Dire MEIC a Vercelli ……………………………………………………… ” 11

Fare memoria ……………………………………………………………………. ” 13

Un dono di fresca speranza ……………………………………… ” 15

Slancio di ricerca e di amore ……………………………………. ” 16

MEIC: seme di risveglio culturale …………………………… ” 17

Come una grande vetrata di cattedrale ………………. ” 18

Momento di incontro ……………………………………………………. ” 20

Uno spazio di confronto ……………………………………………… ” 21

Archivio:

Tra storia e preistoria ……………………………………………………. ” 25

INDICE

“Coordinare iniziative culturali per una efficacepresenza cristiana” …………………………………………………………. ” 27

La lettera di convocazione …………………………………………. ” 28

Ospiti e maestri (1978-1997) ………………………………….. ” 29

Settelunedì 1978Giovinezza del Cristiano ……………………………………………… ” 31

Settelunedì 1979I cattolici e l’Europa ……………………………………………………….. ” 33

Settelunedì 1980Monsignor Giuliano Agresti:“Anatomia di una società” ………………………………………… ” 35

Settelunedì 1981Elogio della provincia piemontese ………………………… ” 37

Settelunedì 1982Francesco d’Assisi ricordato da Fr. Carlo Carrettoai Settelunedì …………………………………………………………………….. ” 39

Settelunedì 1983Per la fede e la scienza l’unica sorgente: Dio …. ” 41

Settelunedì 1984I nemici della città …………………………………………………………… ” 43

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Settelunedì 1985I viaggi di Papa Giovanni Paolo II ossia il rischiodi “star dentro al mondo” …………………………………………… ” 45

Settelunedì 1986Il rapporto tra fede e canzone ………………………………….. ” 47

Settelunedì 1987Le vie della pace esplorate nella prolusionedi Mons. Bettazzi ……………………………………………………………… ” 49

Settelunedì 1988Il ragazzo deve essere educato al piaceredi leggere ……………………………………………………………………………… ” 51

Settelunedì 1989Le ragioni cristiane dell’ecologia …………………………….. ” 53

Settelunedì 1990Bioetica e il futuro della famiglia …………………………….. ” 55

Settelunedì 1991L’impegno dei cristiani oggi“tra diluvio e arcobaleno” …………………………………………… ” 57

Settelunedì 1992“Crescere”: mestiere difficileLe tre enormi sfide per il prossimo futuro.Grande attesa per l’incontro con Trapattoni …… ” 59

Settelunedì 1993Felicità dell’uomo comune ………………………………………….. ” 61

Settelunedì 1994Uomini e religioni di fronte alle crisi del mondo ” 63

Settelunedì 1995Da Citterich una grande lezione su La Pira.Il giornalista, alla presenza dell’Arcivescovo, haconcluso gli incontri del Meic per il 1995 …………. ” 65

Settelunedì 1996 ” 67Vattimo e Sequeri ai Settelunedì …………………………….. ” 68

Settelunedì 1997 ” 69Vercellesi brava gente? …………………………………………………. ” 70

Pionieri:

Il riferimento ……………………………………………………………………….. ” 73

L’intellettuale ……………………………………………………………………… ” 74

Le interviste ………………………………………………………………………… ” 75

Momenti ………………………………………………………………………………… ” 77