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L’elettricista dello spazio p.9 Le marionette dei “barboni” p.11 Al potere serve l’infinito p.13 23 MEETING Q UOTIDIANO ANNO 22 Numero Cinque Giovedì 23 AGOSTO 2012 LAVORO E CRESCITA Partecipano: Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl; Fulvio Conti, ad Enel; Elsa Maria Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Introduce Bernhard Scholz. Sala A3 ECONOMIA GLOBALE: PE- NALIZZAZIONE O VALO- RIZZAZIONE DELL’EUROPA? In collabora- zione con Invitalia. Partecipano: Francesco Confuorti, presidente Advantage Financial; Fe- derico Golla, ad Siemens Italia Spa; Maximo I- barra, ad Wind. Introduce Domenico Lombar- di, senior fellow at the Brookings Institution. Sala C1 Siemens PRIMO PIANO 15.00 11.15 DESIDERIO E POLITICA Partecipano: Wael Farouq, vice- presidente del Cairo Meeting e docente Università Americana del Cairo; Mary Ann Glendon, Har- vard University. Introduce Giorgio Vittadini. Auditorium B7 AD USUM FABRICAE. L’INFI- NITO PLASMA L’OPERA: LA COSTRUZIONE DEL DUOMO DI MILANO Partecipano: Mariella Carlotti, insegnante e cura- trice della mostra; Roberto Cresta, Bordline Srl; Erasmo Figini, presidente associazione Cometa; Martina Saltamacchia, University of Nebraska (O- maha) e curatrice della mostra. Introduce Bernhard Scholz. Sala A3 PRIMO PIANO 17.00 19.00 MARTINA SALTAMACCHIA ovevo fare l’economista, io. Poi è arrivato il Duomo. Alla fine degli esami in Bocconi, convinta del mio percorso, comincio a pensare alla tesi. Solo che mi si incastra nell’o- recchio una frase, sentita per una cosa che il distratto chiamerebbe caso, sulla vita fatta per le cose grandi e sui cristiani del Medioe- vo, capaci di vivere in catapecchie e costrui- re cattedrali. Bellissime parole, per carità, ma come potevano essere vere senza Medioevo e senza catapecchie? Eppure la questione non poteva essere messa a tacere così. Vado dal mio professore di storia economica per chie- dergli di fare una tesi su quella frase, per ve- rificare storicamente quella frase: o aveva senso a questo livello, o non era vera. Lui suggerisce di guardare alla storia del Duomo, quel cuore di marmo che tante volte avevo visto con gioia passeggera senza mai, in fondo, osservarlo pulsare, né chiedendomi troppo sulla sua storia e il suo perché. Co- mincio a leggere, a studiare, insomma a lavo- rare alla tesi. Mi imbatto in due filoni: da una parte una tradizione popolare che narra del Duomo come costruito dal popolo, dall’altra una storiografia che attribuisce a Gian Ga- leazzo Visconti la paternità e il finanziamen- to della cattedrale. Ecco che la tesi prende corpo su questa domanda: chi costruì il Duo- mo di Milano? Vado all’Archivio della Fab- brica chiedendo, da brava economista, di ve- dere i bilanci dell’inizio della costruzione. Al posto di “normali” libri contabili, mi aspetta- no decine di pergamene in gotico lombardo. Per 18 mesi trascrivo circa 30mila donazioni dei primi anni della costruzione, ricopiando migliaia e migliaia di cifre. Il risultato è una sorpresa di quelle che gonfiano il cuore, per- ché la donazione annuale di Gian Galeazzo è esorbitante, ma confrontata con le piccole of- ferte della gente costituisce appena il 16% del totale delle donazioni. Scopro che dietro il modo di dire c’è, molto semplicemente, la verità: chi viveva nelle catapecchie ha finan- ziato e costruito la cattedrale. Concludo la tesi in Bocconi senza deviare il mio percorso di economista (allora ero as- sistente di ricerca in Sda). Ma c’è un’altra frase che mi cambia i piani: «Se hai fatto una scoperta del genere senza neanche averla cercata – mi domanda un grande amico – non sarà un segno del fatto che devi fare la stori- ca, e che così puoi servire il mondo?». Il tar- lo inizia a lavorare, e completa l’opera poco dopo. Raccontavo spesso, in quel periodo, ai miei amici le storie dei donatori che quegli archivi all’inizio indecifrabili restituivano ai miei occhi commossi: la prostituta, il solda- to, il mercante (sono i personaggi che, chi vorrà, imparerà a conoscere nella mostra del Meeting, ma allora non potevo saperlo). segue a pagina 3 D «La mia vita cambiata dal Duomo» Doveva fare l’economista. Poi ha “incontrato” la cattedrale di Milano. E ha rivissuto l’avventura della Fabbrica. Il racconto della studiosa che ha curato la mostra Alle pagine 2 e 3

Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

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L'edizione di giovedì 23 agosto 2012 del Quotidiano Meeting

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Page 1: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

L’elettricista dello spazio p.9 Le marionette dei “barboni” p.11 Al potere serve l’infinito p.13

23

MEETING

QUOTIDIANO

ANNO 22

Numero Cinque

Giovedì

23AGOSTO2012

LAVORO E CRESCITAPartecipano: Raffaele Bonanni,

segretario generale Cisl; Fulvio Conti, ad Enel;Elsa Maria Fornero, ministro del Lavoro e dellePolitiche Sociali. Introduce Bernhard Scholz.Sala A3

ECONOMIA GLOBALE: PE-NALIZZAZIONE O VALO-

RIZZAZIONE DELL’EUROPA? In collabora-zione con Invitalia. Partecipano: FrancescoConfuorti, presidente Advantage Financial; Fe-derico Golla, ad Siemens Italia Spa; Maximo I-barra, ad Wind. Introduce Domenico Lombar-di, senior fellow at the Brookings Institution.Sala C1 Siemens

PRIMO PIANO

15.00

11.15 DESIDERIO E POLITICAPartecipano: Wael Farouq, vice-

presidente del Cairo Meeting e docente UniversitàAmericana del Cairo; Mary Ann Glendon, Har-vard University. Introduce Giorgio Vittadini.Auditorium B7

AD USUM FABRICAE. L’INFI-NITO PLASMA L’OPERA: LA

COSTRUZIONE DEL DUOMO DI MILANOPartecipano: Mariella Carlotti, insegnante e cura-trice della mostra; Roberto Cresta, Bordline Srl;Erasmo Figini, presidente associazione Cometa;Martina Saltamacchia, University of Nebraska (O-maha) e curatrice della mostra. IntroduceBernhard Scholz.Sala A3

PRIMO PIANO17.00

19.00

MARTINA SALTAMACCHIA

ovevo fare l’economista, io. Poi èarrivato il Duomo. Alla fine degliesami in Bocconi, convinta del miopercorso, comincio a pensare allatesi. Solo che mi si incastra nell’o-

recchio una frase, sentita per una cosa che ildistratto chiamerebbe caso, sulla vita fattaper le cose grandi e sui cristiani del Medioe-vo, capaci di vivere in catapecchie e costrui-re cattedrali. Bellissime parole, per carità, macome potevano essere vere senza Medioevo esenza catapecchie? Eppure la questione nonpoteva essere messa a tacere così. Vado dalmio professore di storia economica per chie-dergli di fare una tesi su quella frase, per ve-rificare storicamente quella frase: o aveva

senso a questo livello, o non era vera. Lui suggerisce di guardare alla storia del

Duomo, quel cuore di marmo che tante volteavevo visto con gioia passeggera senza mai,in fondo, osservarlo pulsare, né chiedendomitroppo sulla sua storia e il suo perché. Co-mincio a leggere, a studiare, insomma a lavo-rare alla tesi. Mi imbatto in due filoni: da unaparte una tradizione popolare che narra delDuomo come costruito dal popolo, dall’altrauna storiografia che attribuisce a Gian Ga-leazzo Visconti la paternità e il finanziamen-to della cattedrale. Ecco che la tesi prendecorpo su questa domanda: chi costruì il Duo-mo di Milano? Vado all’Archivio della Fab-brica chiedendo, da brava economista, di ve-dere i bilanci dell’inizio della costruzione. Alposto di “normali” libri contabili, mi aspetta-

no decine di pergamene in gotico lombardo.Per 18 mesi trascrivo circa 30mila donazionidei primi anni della costruzione, ricopiandomigliaia e migliaia di cifre. Il risultato è unasorpresa di quelle che gonfiano il cuore, per-ché la donazione annuale di Gian Galeazzo èesorbitante, ma confrontata con le piccole of-ferte della gente costituisce appena il 16%del totale delle donazioni. Scopro che dietroil modo di dire c’è, molto semplicemente, laverità: chi viveva nelle catapecchie ha finan-ziato e costruito la cattedrale.

Concludo la tesi in Bocconi senza deviareil mio percorso di economista (allora ero as-sistente di ricerca in Sda). Ma c’è un’altrafrase che mi cambia i piani: «Se hai fatto unascoperta del genere senza neanche averlacercata – mi domanda un grande amico – non

sarà un segno del fatto che devi fare la stori-ca, e che così puoi servire il mondo?». Il tar-lo inizia a lavorare, e completa l’opera pocodopo. Raccontavo spesso, in quel periodo, aimiei amici le storie dei donatori che quegliarchivi all’inizio indecifrabili restituivano aimiei occhi commossi: la prostituta, il solda-to, il mercante (sono i personaggi che, chivorrà, imparerà a conoscere nella mostra delMeeting, ma allora non potevo saperlo).

segue a pagina 3

D

«La mia vita cambiata

dal Duomo»Doveva fare l’economista.

Poi ha “incontrato” la cattedrale di Milano.

E ha rivissuto l’avventuradella Fabbrica.

Il racconto della studiosa che ha curato la mostra

Alle pagine 2 e 3

Page 2: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

Questa è la storia degli uomini chefecero la cattedrale, e del perché delloro lavoro. Ormai da anni la Com-pagnia delle opere ha deciso di pre-parare ed esporre, nel proprio padi-glione al Meeting, una mostra che e-sprima la natura dell’impegno nelmondo dell’impresa.

L’esposizione accolta quest’annodal padiglione Cdo (“Ad Usum Fa-bricae”, C1) nasce dal lavoro diMartina Saltamacchia, Mariella Car-lotti e Marco Barbone; il loro incon-tro ha permesso di mettere a tema lericerche e gli studi di Saltamacchiasul Duomo di Milano, e l’amiciziacominciata quel giorno ha generatoun lavoro accurato che documental’edificazione della cattedrale mene-ghina. Il percorso espositivo ap-profondisce inoltre la storia degliuomini che finanziarono il Duomo ele ragioni che portarono un popolointero a contribuire all’opera.

LE TRE SALELa mostra si sviluppa lungo tre sa-

le: il primo spazio illustra l’origine ela forma del Duomo di Milano espiega il concetto di cattedrale comeil luogo della tradizione che megliodescrive il rapporto dell’uomo conl’infinito. La seconda sala presentainvece il “popolo del Duomo”, e-semplificato nelle storie di quattrodonatori: Marco, un ricco mercantemilanese; Alessio, un soldato al ser-vizio del duca Francesco Sforza;Marta, una prostituta d’alto rango eCaterina, un’anziana indigente cheaiutava gli operai del Duomo pulen-do le pietre e trasportando i mattonisulle proprie spalle.

La varietà delle voci è resa plasti-ca dall’impeto di gratuità e genero-sità per la costruzione della cattedra-le. Ci sono poi due pezzi originalidell’archivio della “Veneranda fab-brica del Duomo”: il testamento didonazione del mercante Marco Ca-relli e un documento contabile, “datie recepti”, che dimostra come la ca-

rità arrivasse a permeare persino unlibro di contabilità. La terza e ultimasala è dedicata al lavoro, attraversouno studio sul cantiere del Duomo,che sfata il mito secondo il quale u-na cattedrale è un investimento im-produttivo, mostrando come il lavo-ro della Fabbrica sia stato anche unostraordinario volano economico perl’indotto generato. L’impegno di po-polo ha infatto prodotto un’inciden-za reale e feconda sulla società, ge-nerando migliaia di posti di lavoro,l’invenzione di nuove macchine etecniche ingegneristiche e l’amplia-mento dei Navigli che è stato allabase del futuro progresso commer-ciale di Milano.

Il cuore della mostra intende fissa-re l’attenzione sul rapporto dell’uo-mo con l’infinito che crea, poichéun’opera vera non può che feconda-re la società intorno a sé. Questo sidocumenta anzitutto nell’esperienzadi significato del lavoro per il popo-lo del Duomo. Malgrado i secoli, ilrichiamo all’attualità è evidente: og-gi la crisi economica porta incertez-

za, tanto che l’uomo è tentato di noniniziare un’opera perché non sa sedomani potrà pagare le tasse o averela pensione. Ma chi iniziò a costruireil Duomo di Milano era matematica-mente certo che né lui, né i suoi figlie nemmeno i suoi nipoti avrebberovisto l’opera completa: o erano paz-zi, oppure la loro concezione del la-voro era diversa dalla nostra.

LA GUGLIA E LE SCIMMIEUn esempio chiaro di questo è u-

na “guglietta”, realizzata nel XIVsecolo, che raffigura delle scimmie edei topi che vi si arrampicano. Loscultore sapeva che per cinquecentoanni nessuno l’avrebbe vista, eppurecompì la sua opera d’arte con unaperfezione incredibile. «Quell’uo-mo» — spiega uno dei curatori al“Quotidiano Meeting” — era difronte al Mistero anche nel lavoro:la ricerca della perfezione non pote-va certo essere per la fama». Il fattoche siano rappresentati delle scim-mie e dei topi dimostra, inoltre, ilrapporto dell’uomo medievale con

la realtà: la creazione intera era uninno al Mistero incarnato, dove tuttocantava gloria a Dio.

Per questo uno dei punti chiavedella mostra è la testimonianza delladesiderabile unità tra la vita e il la-voro che permeava la coscienza me-dievale. Semplicemente, la mentalitàcomune restituiva con chiarezzal’essere nati per costruire cose gran-di; e per realizzarle si deve averesperanza, altrimenti il lavoro non in-comincia neanche e si ferma.

Inoltre, per l’uomo del Medioevo,l’impegno era di fronte a qualcosa dipiù grande di sé, religioso o non reli-gioso. La ricerca della perfezionenel lavoro non era fine a se stessa,ma in un rapporto costante che ren-deva la ricompensa presente. Moltistorici interpretano le donazioni co-me il semplice “pagamento del Para-diso”, ma la storia di Marco Carelli,presente all’interno dell’esposizio-ne, dimostra che per i medioevalinon esisteva una separazione fra laricompensa spirituale e quella mate-riale: fama, onore, fede e redenzione

della vita erano tutti fusi insieme. Oggi domina piuttosto un’idea

dualista, innegabilmente meno con-veniente, secondo la quale un torna-conto materiale non è genuino, perl’uomo del Medioevo quest’obiezio-ne non sussisteva. La vera ricom-pensa era già presente: il rapportocon l’infinito che edificava la vita.

La gratuità, dunque, coincide conun guadagno tangibile, anche se non“monetizzabile”. Il primo aspetto diquesto “guadagno” è la costruzionedi un tessuto sociale fortissimo: ilcantiere forgia l’identità di un interopopolo e forma, per esempio, giova-ni architetti, scultori e operai mila-nesi. E poi c’è la diffusione - colle-gata alla Fabbrica - dell’indulgenza,una pratica che testimonia che il Pa-radiso si avvicinava già con l’operasvolta sulla terra, nel quotidiano.

LA VITA COME FABBRICAAncora una volta, il paragone con

l’attualità misura uno scarto ampioma al tempo stesso una grande pos-sibilità: l’obiettivo della mostra nonè riducibile a una generica nostalgiaper i tempi andati.

Piuttosto, la visita impone un ri-chiamo possibile per chiunque, sen-za bisogno di cattedrali da costruire:quello del rapporto con l’infinito im-presso nel titolo del Meeting: la vitastessa, se percepita come continuarelazione col suo significato, può di-ventare una cattedrale. Il problema,suggeriscono i testi e le immagini,non è l’oggetto che si ha davanti: auna guglia del Duomo è possibilesostituire le sedie del “Denaro” diPéguy (quelle che non dovevano es-sere «ben fatte per il salario, o inmodo proporzionale al salario», né«per il padrone, né per gli imprendi-tori, né per i clienti del padrone: do-vevano essere ben fatte di per sé, insé»), o più semplicemente l’occupa-zione banale e grandiosa di ogni be-nedetta giornata.

Luca Maggi

La fiancata delDuomo di Milano,

la cui erezione iniziò nel 1386.

Tutte le immagini di queste pagine

sono tratte dal libro“Ad usum Fabricae”,

catalogo dellamostra omonima

che sarà presentataoggi al Meeting

(ore 19, sala A3).Saranno presentiMariella Carlotti,

Roberto Crosta,Erasmo Figini,

MartinaSaltamacchia e

Bernhard Scholz

PRIMO PIANO

2 23 agosto

Quelli che fecero la cattedraleNella mostra “targata” Cdo storie, uomini e genesi della chiesa al cuore di Milano. Il racconto delle donazioni di soldati,

mercanti e prostitute per la Fabbrica. E l’identità di vita e lavoro di chi, abitando nelle catapecchie, edificava un capolavoro

Oggi la presentazione alle 19 in A3La presentazione della mostra “Ad UsumFabricae” si terrà oggi, alle ore 19 inSala A3. Interverranno MariellaCarlotti, insegnante e curatri-ce; Roberto Cresta, titolaredella Bordline srl; ErasmoFigini, presidente dell’as-sociazione Cometa; Mar-tina Saltamacchia, assi-stant professor of Medie-val History alla Univer-sity of Nebraska at O-maha e curatrice. Introdu-ce Bernhard Scholz, presi-dente della Compagnia delleOpere che “patrocina” l’esposi-zione, allestita nel padiglioneC1.

A margine della mostra è in vendita il catalo-go “Ad Usum Fabricae”, che riuni-

sce i testi della mostra (a cura diMartina Saltamacchia e Ma-

riella Carlotti) cui aggiungeimmagini del Duomo.Sempre ai banconi dellamostra sono disponibili idue libri della Salta-macchia, entrambi editida Marietti, e dai qualiè tratto buona parte del

materiale alla base dell’e-sposizione: sono “Milano,

un popolo e il suo Duomo”(2007, 56 euro, 168 pagine illu-

strate) e “Costruire cattedrali”(2011, 16 euro, 120 pagine).Bernhard Scholz

Page 3: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

Particolari del Duomo: qui sopra, la “Guglia Carelli”, che non rap-presenta in effigie il mercante ma è a lui dedicata e alcune guglie.Sotto, la Madonna protegge la chiesa e un altro dettaglio

PRIMO PIANO

3 23 agosto

«C’è voluto il Duomoper cambiarmi la vita»La tesi, una frase e la “Madonnina”. La studiosa che ha ricostruito la storia della cattedrale racconta come un’occasione presa sul serio rivoluzioni tutto

segue dalla prima paginaPer un’altra coincidenza che a questo punto diventa com-

plicato attribuire alla sorte, ricevo una telefonata dal direttoreeditoriale della casa editrice Marietti: «Un amico mi ha rac-contato delle vicende dei donatori del Duomo. Ti andrebbe diraccontarne in un libro?».

Il lavoro in Bocconi lo trasformo in un part-time, e quellovero diventa l’avventura del mio libro. La linea chiara e nep-pure troppo sottile che doveva portarmi a diventare economi-sta subisce una prima sterzata: ini-zio un dottorato in Storia economi-ca. Bello, molto bello. Eppure, piùstudio i numeri, più mi rendo contoche mi piacciono soprattutto perspiegare con essi la storia: i numerihanno questo di bello, sono più og-gettivi delle chiacchiere e delle no-stre idee. Ma neanche il nitore dellecifre riesce, da solo, a spiegarmi ilperché di questi eroici gesti di ca-rità, nei quali l’ideale cristiano ha laconcretezza del marmo.

Vengo sequestrata dal desideriodi capire da dove vengano questi uomini, che cosa sia il Me-dioevo. Il mio dottorato in Bocconi prevede che io trascorraun anno all’estero. Spunta – terzo “caso”, e qui i sospetti sifanno certezza – un professore americano che, mi dicono, fastudi nella direzione di ciò che mi interessa. Lo contatto escopro che è a Palermo. Io quel giorno dovevo essere a Romaper accompagnare lo scrittore Valerio Massimo Manfredi, dicui facevo l'assistente, a una visita guidata dei Fori. Riuscia-mo clamorosamente a incastrare un caffè di mezz’ora a Ro-ma, durante il suo viaggio di ritorno. La mia idea era di chie-dergli se potevo andare da lui alla Rutgers University in NewJersey a studiare, per il mio famoso anno all’estero del miodottorato. In questa mezz’ora di caffè il mio percorso chiarosubisce l’ultimo, definitivo colpo. Il professore mi dice: «Vie-ni piuttosto a fare cinque anni (cinque, ndr) di PhD lavorandocon me alla Rutgers. Però sappi che questo significa poi ri-manere a lavorare in America, dunque la decisione che pren-di avrà conseguenze almeno per i prossimi vent’anni (venti,

ndr)». «Ok – gli dico – quanto tempo ho per decidere?». «U-na settimana: il termine per l'application scade tra un mese».L'incontro e la proposta sono talmente imprevedibili che iltempo del viaggio di ritorno in treno da Roma a Milano serveper mettere uno dopo l’altro una “s”, una “i” e un accento.

Alla Rutgers dopo tre anni di studio devo decidere, comeall’inizio della storia, su cosa fare la tesi. Scoppia la crisi e-conomica, e rimango colpita dal giudizio manicheo di tanti.Un atteggiamento umano diffuso, comprensibile ma fuor-

viante: parte la caccia al capro e-spiatorio, monta una diffidenza for-tissima contro chi lavora nella fi-nanza, associato in blocco a un cri-minale, con la considerazione nep-pure troppo sottintesa che un verouomo di fede, o anche solo di saldiprincipi morali non potrebbe maifare un lavoro del genere. Mi vienein mente che nel Medioevo questodualismo non esisteva: quegli ar-chivi e le storie che mi avevanoraccontato mostravano che un mer-cante poteva essere un rapace usu-

raio e allo stesso tempo un grande benefattore osannato dallacattedrale che aveva contribuito a edificare con tutti i suoi a-veri.

Comincio così a buttare me stessa nella biografia del mer-cante Marco Carelli, uno dei donatori che più mi aveva incu-riosito tra le storie dei finanziatori del Duomo. Le sue traccemi afferrano in un viaggio di 18 mesi che tocca Milano, Ge-nova, Venezia, Padova, Bruges, Lille. Ovunque in queste cittàemergono i suoi documenti, gli atti, i registri, gli inventari diquesto grande benefattore che dopo una vita di guadagni e la-voro ha lasciato tutto alla Fabbrica. Ne nasce un nuovo libro,che racconta anche la sua storia. La mia ha un capitolo che i-nizia in questi giorni, perché il professore aveva ragione: lu-nedì ho cominciato il mio corso da assistente di Storia medie-vale all’università del Nebraska.

Martina SaltamacchiaAssistant Professor of Medieval History

at University of Nebraska at Omaha

Le guglie e, sullo sfondo, Milano

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POLITICA

4 23 agosto

Luis Miguel Poiares Maduro: «Le scelte dell’Ue non devono essere fatte su misura di singoli stati»

«Più Europa? E chi l’ha detto?»Il professor Maduro: «La maggiore integrazione tra statinon può essere un obbligo». Allarme Mauro sui titoli tossici

«L’Europa è in crisi d’identità», esordisceLuis Miguel Poiares Maduro, direttore delGlobal Governance Programme e professoreall’Istituto Universitario Europeo di Fiesole.Uno dei massimi esperti di Europa, ex avvoca-to generale alla Corte europea di giustizia, èchiamato a una prova difficile: supplire all’as-senza del presidente del Parlamento europeoMartin Schulz, che ha annullato la sua visita alMeeting per un grave lutto familiare. Madurocomincia il suo intervento mostrando alla pla-tea un’immagine che rappresenta la bandieradell’Unione Europa e quella dell’Unione So-vietica, ma a simboli scambiati. Per renderel’idea di una crisi d’identità causata, secondoMaduro, dal momento di difficoltà dei sistemidemocratici nazionali, chiamati alla difficileprova delle sfide del mondo moderno. È facileusare queste difficoltà per scaricare il peso del-la responsabilità su altri: «Ci sono due versio-ni della crisi dell’euro: per la prima, la colpa èdegli stati dissoluti del sud dell’Europa. Per laseconda, bisogna invece puntare il dito verso ilnord Europa, che ha concesso prestiti esagera-ti ai poco virtuosi paesi mediterranei». Scari-care sugli altri le responsabilità della crisi, infondo, ci aiuta ad ignorare i veri problemi del-la nostra Europa. Il primo, enorme, è la diffe-renza fra i sistemi fiscali dei vari membri: «Letasse imposte in un paese hanno effetti anche

sere un deterrente all’instabilità in molte zonenel mondo. E l’Italia non avrebbe mai raggiun-to duemila miliardi di debito pubblico». Un’in-tegrazione, però, da fare con attenzione: «Nonci interessa un’Europa che vuole diventare u-na parodia dell’Urss», dice Mauro, riprenden-do la provocazione iniziale di Maduro.

Tajani, commissario europeo all’Industria,mette in risalto ancora una volta l’importanzadi un progetto comune europeo: «I singoli sta-ti non possono pretendere di essere competiti-vi da soli contro il mondo». E per farlo biso-gnerà provare a seguire i consigli dello chefMaduro, che con la sua ricetta per salvarel’Europa se ne va tra gli applausi del Meeting.

Giovanni Zaccaroni

vono fare la loro parte per risolvere il proble-ma. Per questo le nuove politiche comunitarie,«non devono essere fatte su misura per dei sin-goli stati, ma devono seguire interessi comunia tutti i popoli dell’Europa».

Ma la ricetta Maduro non si ferma qui: «An-che il presidente della Commissione Europeadovrebbe essere scelto attraverso le elezioniparlamentari», dice il professore portoghese.Insomma, Maduro vorrebbe trasformare l’U-nione in una sorta di Stati Uniti d’Europa.Un’idea che a Mario Mauro piace: «Se fossestata fatta prima avrebbe risolto molti proble-mi – dice l’europarlamentare del Pdl – A que-st’ora saremmo la prima potenza economicamondiale, avremmo un esercito capace di es-

sugli altri membri dell’Unione. Perché, allora,non fare in modo che anche gli altri stati pos-sano partecipare alle decisioni che li riguarda-no?», dice Maduro. C’è poi il problema dei de-biti nazionali, che i singoli stati non riesconopiù a controllare, perché hanno fatto debiti controppi soggetti diversi.

Maduro non è d’accordo con la strada che,di solito, l’Europa prende per risolvere questiproblemi: una sorta di “integrazione senzacondizioni”, come se dare più poteri all’Euro-pa fosse un obbligo morale, oltre che dettatodalle necessità. «Risolvere il problema con unamaggiore integrazione tra gli stati non può es-sere un obbligo – dice Maduro – L’Europa de-ve dare una risposta democratica a un proble-ma democratico». Una preoccupazione condi-visa anche dall’europarlamentare del Pdl, Ma-rio Mauro, che ricorda: «Dobbiamo prendereuna posizione, visto lo stato di necessità in cuiversa l’Europa. Le banche europee hannoun’esposizione verso titoli infetti che va benoltre ogni nostra immaginazione».

Maduro ha una sua ricetta per aiutare l’Eu-ropa a uscire dalla situazione di stallo in cui sitrova da mesi: «Ripartizione del debito e nuo-ve politiche europee». Il debito va ripartito,perché anche il benessere dato dal grande mer-cato unico europeo lo è da anni. Se la sua co-struzione è stata fatta insieme, allora tutti de-

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POLITICA

5 23 agosto

In un panorama italiano che vede ilredde rationem, la resa dei conti, dellaSeconda repubblica il bilancio nazio-nale del centrodestra è fallimentare.Tuttavia c’è un’eccezione chiara agliocchi di tutti e che è documentata dainumeri: quella della regione Lombar-dia. È il pensiero di Oscar Giannino,presente ieri sera all’incontro “Lom-bardia: discussione su presente e futu-ro” con il presidente Roberto Formi-goni, il direttore di “Italia Oggi” Pier-luigi Magnaschi e il giornalista Lodo-vico Festa.

Il direttore di Chicago Blog ha di-mostrato che, nonostante il centrode-stra abbia fallito al governo del paesecon l’innalzamento del debito pubbli-co, la mancanza totale di sussidiarietàe il commissariamento dell’Italia coni tecnici, la Lombardia negli ultimi an-ni (quelli del governo Formigoni) si ècomportata differentemente. A partiredalla sanità, settore tanto investito dal-le ultime vicende giudiziarie; sonostati considerati i numeri dell’ultimorapporto della Banca d’Italia: «Il nu-mero di addetti di Regione Lombardiae Asl per 10mila abitanti è pari a 109unità – ha osservato Giannino -, chediventano 180 se sommiamo provincee comuni lombardi, rispetto a 135 e204 unità della media italiana. La spe-sa pubblica per investimenti fissi vedela quota di Regione Lombardia al20,3% rispetto al 62,4% dei comunilombardi, mentre la media italiana ve-de le regioni al 26,3% e i comuni al55%. In altre parole in Lombardia gli

investimenti pubblici locali sono piùsussidiari, cioè decisi e realizzati al li-vello più basso e vicino a cittadini eimprese utenti». Si è andati ancora piùnello specifico facendo vedere comenella regione sia una leggenda che leaziende private vengano favorite: «Ilnumero di strutture di ricovero pubbli-che e private accreditate per milionedi abitante in Lombardia è pari a 13,8rispetto a una media totale italiana di

19,5». Questa eccellenza lombarda siè vista poi dal fatto che la politica for-migoniana è l’unica, a parere di Gian-nino, che ha permesso di organizzarela più grande concorrenza tra pubbli-co e privato. Tali dati hanno portato ilgiornalista a trarre due conclusioniprettamente politiche, cioè che innan-zitutto i numeri della Lombardia han-no bisogno di una svolta politica a li-vello nazionale e che «poiché questidiciotto anni di buon governo non si

sgranino, questa svolta va costruitapartendo dalle ultime vicende giudi-ziarie». Terminando, Giannino si è an-che offerto per la svolta: «Se serve, ioposso darvi una mano».

Anche Magnaschi si è accortodell’«imitabilità» delle cose fatte dallaLombardia: il modello, infatti, «basatosul culto della libertà, della sussidia-rietà e sull’idea che lo stato vada benepurché non si trasformi in statalismo»può essere riprodotto in tutto il restodell’Italia per far crescere l’intero pae-se. «È una Lombardia ottimista – hacontinuato il direttore di “Italia Oggi”– rispetto alla cultura nichilista chespesso vige nel resto del paese». Ilgiornalista ha preso come paragone lamostra sul Duomo di Milano allestitanel padiglione C1: quello del Duomo«è un gotico che arriva in ritardo, lachiesa non mira da sola verso il cielo,ma porta verso il cielo l’intera uma-nità». Lo stesso può fare la Lombardiaportando l’Italia verso la crescita:«Milano e la Lombardia sono l’Italiaperché la regione accoglie tanti immi-grati dall’estero e da altre regioni, li fapropri e poi esporta la sua esperien-za». Il moderatore Lodovico Festa hapoi sottolineato come senza la forzacattolica che ha governato la regionenegli ultimi anni, «una forza capace distare nella società», l’eccellenza lom-barda non sarebbe stata possibile.

Ma l’incontro è stato anche l’occa-sione per il presidente Formigoni (cheha messo in evidenza come l’operalombarda non sia sua, ma di tutti) di

parlare alle vicende giudiziarie chel’hanno interessato negli ultimi mesi.Lo ha fatto partendo da un punto di vi-sta personale, e solo dopo politico. «Èstato certamente un periodo di prova –ha detto —, ma che mi ha confermatoancora una volta che la realtà è positi-va», poiché negli ultimi mesi «ho po-tuto sperimentare un’esperienza di co-munione e di libertà». Il Celeste hasottolineato poi di aver sentita “sua” lalettera di Carrón a “Repubblica” poi-ché l’ha fatto interrogare su «qualepretesto posso avere dato io» e si è

scusato per le vacanze ai Caraibi: «Hosbagliato e di questo mi scuso». Il pre-sidente ha spiegato poi il motivo degliattacchi ricevuti da alcuni quotidiani,in particolare “Repubblica” e “Il Fat-to”: «Hanno detto: “bisogna abbattereil governo lombardo perché funziona,perché è retto da un cattolico per dipiù ciellino”. Ma hanno fallito».

Festa chiudendo l’incontro ha volu-to ricordare, commosso, il suo amicoAntonio Simone, a suo giudizio incarcere ingiustamente.

Marco Capizzi

Roberto Formigoni governa la Lombardia dal 1995

I numeri di Roberto:la Lombardia correGiannino cita i dati della regione migliore d’Italia, dalla sanità al Pil:«Questa è l’unica eccezione alle delusioni del centrodestra di governo»

La vera eccellenza italiana è a profitto zero

Il non profit chiede aiuto per continuare a essere il motoredel cambiamento. Tajani: «Stiamo lavorando per voi»

Leader nella moda e nell’arte. Fenomeni incucina. Soprattutto, fuori classe del non profit.È un titolo di cui gli italiani, nel mondo, si fre-giano a buon diritto. Quando Marco Morganti,amministratore delegato di Banca Prossima, ri-vela che in Inghilterra il reinserimento dei mili-tari reduci dall’Afghanistan è opera di una coo-perativa sociale di Perugia, in sala Neri scattal’ovazione. Peccato che invece, da noi, il Terzosettore abbia fama di «brutta copia del profit,soggetto di serie B».

I due volti di quest’unica medaglia sono e-mersi lampanti nell’incontro “Il non profit, mo-tore dell’Europa”, tenutosi ieri in un’affollatasala Neri. Introdotti da Monica Poletto, presi-dente del settore Opere Sociali di CdO, gli in-terventi di Giuseppe Guerini, membro del Co-mitato Economico Sociale Europeo (Cese), delsuddetto Morganti e di Antonio Tajani, vicepre-sidente della Commisione Europea, hanno ri-marcato ruolo e finalità dell’imprenditoria so-ciale italiana, senza risparmiare lacune e appellia riconsiderarne la vera identità.

Perché oltre all’innegabile valore umano esociale di cui si fa portatrice, la cooperazionesociale «va guardata per quell’impulso econo-mico che imprime al sistema», sottolinea Gueri-ni. E perché no, anche culturale, «grazie allaspinta a misurarsi con una responsabilità e unimpegno che riceve chi vi si accosta». Proprioper questo fa specie che «il nostro governo – sirammarica Guerini – abbia rischiato, nelle mi-sure varate con la spending review, di bloccareirreparabilmente la relazione fra Terzo settore eamministrazione pubblica». Rischio scampato.

Altro luogo comune da sfatare è quello di una

che il neo non sta nella scarsità dei controlli, manella loro poca efficacia: «Ci controllano su a-spetti secondari e mai sui risultati)».

Il vicepresidente dell’Eurocommissione An-tonio Tajani elenca infine le tante iniziative chein sede europea inizieranno a favorire un settorein crescita. Nell’Europa a 27, infatti, ben 11 mi-lioni di persone sono coinvolte a vario titolonella cooperazione sociale, e il fenomeno si staallargando. Ecco perché l’ultima proposta nor-mativa, di cui lo stesso Tajani è firmatario, pro-cede celermente verso la sua approvazione. «Viabbiamo incluso – dice – misure per favorire unaccesso al credito più immediato, per incentiva-re la visibilità delle imprese sociali e per mi-gliorare il contesto giuridico che le riguarda».

Insieme a queste, sono in cantiere altre inizia-tive tutte volte a semplificare la strada a unarealtà su cui pesano troppi macigni burocratico-normativi. Tajani annuncia che «una nuovariforma delle regole sugli appalti pubblici è giàstata discussa sia in consiglio sia in parlamentoeuropeo»; che «90 milioni di euro saranno con-vogliati a sostegno delle imprese sociali nelFondo sociale europeo»; che la spinta all’inter-nazionalizzazione delle piccole e medie impreseitaliana può coinvolgere anche quelle che lavo-rano in ambito sociale. L’ultimo impegno èquello che Tajani si prende assicurando che damarzo 2013 le cose cambieranno: «I ritardi del-le amministrazioni pubbliche nei pagamenti al-le imprese sociali non saranno più tollerati», di-ce. Di questa piaga, che in Italia arriva alla cifraspaventosa di 40 miliardi di euro, la cooperazio-ne se ne sobbarca 25.

Cristiano Guarneri

bero avere la lungimiranza di usare ben altri cri-teri. Morganti cita un esempio illustre, quellodella confraternita fiorentina “Misericordia”,«da ottocento anni impegnata nell’assistenzadelle famiglie con parenti allettati. Se una bancanon coglie che la forza di una realtà simile stain ben altro che non il patrimonio immobiliare,

commette un errore». Rimarcando che il

Terzo settore «non èaffatto un’appendiceclientelare, come trop-po spesso è trattato»,Morganti non si esimedal far suonare qual-che importante campa-nello d’allarme. «Ser-ve più efficienza – di-ce –. Chi l’ha dettoche, per sua natura, ilTerzo settore sia piùefficiente del sistemapubblico? I controlli,spesso, non bastano(qui, Poletto rimarca

cooperazione tutta e solo rivolta a «chieder sol-di». Invece, «siamo soggetti impegnati a co-struire. Questo deve essere riconosciuto, eccociò che chiediamo». A quanti si sgolano invo-cando un cambiamento, Guerini rivolge un in-vito: «Il cambiamento non si chiede, si fa. Pren-dendo a prestito e riadattando lo slogan di Oba-ma, potremmo dire:“Yes, we do”».

Nel frattempo, leacque si sono smosse.Banca Prossima ne èun esempio, in quanto«unico esempio almondo» di istituto dicredito nato esclusiva-mente per sostenere ilnon profit, dice Mor-ganti. Iniziativa corag-giosa. Anche conside-rati i rigidissimi para-metri con cui, oggi piùdi ieri, si dà via liberaal credito. In questi ca-si, le banche dovreb-

Formigoni ringraziaCarrón: ho fatto

degli errori e mi scuso.Magnaschi: il modellolombardo è esportabile

per far crescere il Paese

Il ministro del Lavoro e delle Politi-che Sociali, Elsa Maria Fornero saràoggi al Meeting. Con Raffaele Bo-nanni, segretario generale Cisl, eFulvio Conti, amministratore dele-gato di Enel, interverrà all’incontrosu “Lavoro e crescita”. IntroduceBernhard Scholz, presidente dellaCompagnia delle Opere. Ore 11,15,Sala A3.

Oggi ForneroBonanni, Conti

Page 6: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

Legnate alla crisiUn io per lariscossa del paeseGli imprenditori dell’arredo sono tornati al Meeting:«Qui c’è voglia di costruire, di creare qualcosa di bello»

ECONOMIA

6 23 agosto

Come esportareil bello

La crisi come opportunità

Riscoprire i mestieri

Fare con le proprie mani

Innovazione e ricerca

IL bisogno di ricominciare

presso lo stand 04 · FederlegnoArredo padiglione B5

12 INCONTRI

www.federlegnoarredo.it

IMPRENDITORIDEL LEGNO ARREDO24

GIOVEdì 23H 12,30 L'export non è solo per i grandi. L'incontro è la migliore strategiaStefano De Colle e Enzo Micali

H 16,00 Essere imprenditore oggi: la scommessa di un io responsabile Ciro Messina e Gian Marco Budri

il portale pubblico per cercare e offrire lavoro

basta un clicwww.cliclavoro.gov.it

«Al fondo di ogni discorso si arriva semprelì: ci alziamo la mattina e dobbiamo veder da-vanti a noi l’infinito. In questo modo possiamogiocare la nostra responsabilità verso noi stes-si, verso i nostri collaboratori, e, come conse-guenza, verso i consumatori». Roberto Snaide-ro, presidente di Federlegnoarredo, con assolu-ta certezza, riesce a far centrare l’infinito, il fi-lo rosso del Meeting 2012, anche col fare im-presa. Ha portato per il secondo anno a Riminil’associazione di categoria perché qui, dice, hatrovato «l’ambiente ideale per uno sguardo sulfuturo per le nostre imprese». «L’anno scorsosono rimasto entusiasta nel vedere una grandevoglia di costruire, di creare qualcosa di con-creto e di bello», dice Snaidero.

E così, ecco di nuovo al Meeting lo stand diFederlegnoarredo e le sue “dodici conversa-zioni” con imprenditori del settore che stannoraccontando al popolo di Rimini la loro capa-cità di riscossa. Non stupisce, perciò, che nel-la prefazione al libro (pubblicato dall’associa-zione confindustriale per il Meeting 2012)“Fare impresa durante la tempesta”, Snaideroabbia individuato «la chiave di volta fonda-mentale» dell’economia in questo momento

storico: «In una situazione in cui la fiducia nelfuturo vacilla, in cui molte imprese sono mes-se a dura prova e in cui il lavoro manca, ciò dicui c’è più bisogno è l’io. È la riscossa dell’iola strada maestra per favorire un rilancio delnostro paese, e che può far ripartire un’econo-mia in difficoltà. All’origine di questa riscos-sa, documentata dalla storia di molte nostreimprese associate (in tutto sono 2.600) – pre-cisa Snaidero nella prefazione – c’è la dispo-nibilità al cambiamento, a ripensare processi,prodotti e strategie, a piegarsi alla realtà e afarsi provocare anche trovando nuovi mercatimai sperimentati».

Federlegnoarredo sta ristrutturando i suoiservizi a sostegno dell’internazionalizzazione:«Ad aprile abbiamo aperto un punto operativoa Chicago, presto saremo a Londra, apriremoanche in Cina. Non possiamo perdere tempo,siamo come gazzelle che devono sempre cor-rere perché alle loro spalle ci sono già i leoni».È una corsa per rafforzare il made in Italy:«Nel nostro settore è un plus che nessun altroha, come documenta ogni anno il Salone delMobile, per qualità, design e capacità innovati-va. Come dimostrerà anche il prossimo Made

il vicepresidente della commissione Attivitàproduttive alla Camera, Raffaello Vignali: ab-biamo bisogno di regolamentare la proprietàintellettuale. Vedo segnali costruttivi anchedai miei colloqui con i cinesi, che stanno com-prendendo che se continuano su quella stradasi tagliano le gambe da soli. E con i miei col-leghi europei stiamo ipotizzando la creazionedi barriere che garantiscano sul mercato pro-dotti in regola con le norme comunitarie. Que-sto vale per molti settori merceologici, dai di-vani al comparto luce. Del resto anche i datidell’import in questi campi parlano chiaro: al30 giugno scorso, quello dalla Cina nel nostrosettore complessivo è diminuito del 10 percento».

Adriano Moraglio

Expo (a ottobre, a Rho Fiera), e, sempre a ot-tobre, al salone di Mosca al quale porteremoquest’anno il 50 per cento in più di imprese ri-spetto all’anno scorso». Federlegnoarredo stasostenendo l’internazionalizzazione delle pic-cole e medie imprese perché in un mercato na-zionale che sta facendo segnare perdite tra il 5e il 7 per cento rispetto all’anno scorso «la val-vola di sfogo è l’estero».

Ma non tutto va male in Italia. Per esempioc’è il successo (+15-20 per cento) delle co-struzioni in legno, e segnali positivi vengonoanche dal comparto dell’arredo-bagno. All’e-stero vanno bene le cucine e i divani italiani.«Ma c’è un problema di fondo su cui siamofortemente impegnati – sottolinea Snaidero –la lotta contro chi ci copia. Ne ho parlato con

Mauro Sarti, 50 anni, imprenditore friulano, al Meeting con il suo tornio da legno

Page 7: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

ECONOMIA

7 23 agosto

Ti aspettiamo al padiglione C5

libreria

Napoletano d’origine, laureato in Bocconi, poiun dottorato a Oxford. Ha lavorato per il centro stu-di della Banca d’Italia ed è stato membro del comi-tato esecutivo del Fondo Monetario Internazionale.Ora è senior fellow del Brookings Institution diWashington, uno dei più importanti think tank a-mericani, dove si occupa della crisi europea e deirapporti tra politica ed economia. Ha collaboratocon l’Fmi e la Banca Mondiale per stenderne glistatuti di riforma e scrive per il “Financial Times”.Questa è il curriculum di Do-menico Lombardi, che oggi in-trodurrà l’incontro delle 15 insala C1: “Economia globale:penalizzazione o valorizzazio-ne dell’Europa?”

Professore, com’è nata l’i-dea di venire al Meeting?

«Quest’anno ho incontratoalcuni degli organizzatori aWashington. Da lì è nata l’ideadi intervenire per parlare dellasituazione economica europeadavanti a un pubblico che pos-sa ponderare le opinioni di chidecide l’andamento della crisi.Così è nata la mia “prima volta” a Rimini».

Crede che il tema di quest’anno - il rapportocon l’infinito - abbia un’incidenza su un lavorocome il suo, o è un problema astratto?

«Credo che le implicazioni siano molte, e per ca-pirle è utile conoscere il pensiero di Giussani. Ci so-no dei fili rossi tra il tema del Meeting e quelli dicui parlerò nel mio intervento. Il rapporto con l’in-finito sottintende una disposizione mentale che è

indispensabile per capire la crisi economica e so-ciale in cui ci troviamo. Un forte anelito di verità èindispensabile per capirci qualcosa. Poi temi comela sussidiarietà e l’educazione, che al Rimini sonodi casa, sono fondamentali per ripartire».

Il presidente Monti e il ministro Passera, quial Meeting, hanno prospettato una prossima u-scita dalla crisi. Cosa ne pensa?

«Sono dichiarazioni che non vedo supportate dadati particolari, né mi sembra che l’Europa si muo-

va in questo senso. Credo aves-sero lo scopo di incoraggiareinvestimenti e consumi. Non lodico con malizia, fa parte delloro compito».

Uno dei temi caldi di questimesi è l’ipotesi che l’Italiachieda ufficialmente aiuti alleistituzioni europee, come stafacendo la Spagna. Creda chearriveremo a questo?

«È una prospettiva reale, manon imminente. L’Italia può re-sistere ancora un po’ di tempoalle pressioni del mercato, main questa crisi le potenzialità di

contagio sembrano illimitate. Bisogna vedere cosasuccederà dopo che la Spagna avrà ricevuto gli aiu-ti. C’è un dato chiaro: il Fondo salvastati non di-spone di risorse sufficienti per aiutare l’Italia. Lamedia annuale del debito che l’Italia deve rialloca-re si aggira tra i 250 e i 300 miliardi di euro. Le di-sponibilità complessive del fondo sono di 440 mi-liardi, compresi quelli già usati per Grecia, Irlanda ePortogallo. Per l’Italia servirebbe un intervento non

convenzionale della Bce».Dunque un’ulteriore cessione di sovranità?«Sì, sarebbe una doppia cessione. L’Italia ha già

ceduto sovranità accettando di seguire le direttivearrivate dall’Europa, e l’ha fatto in maniera esem-plare. Eppure rimane al centro della bufera perché imercati non credono alla forza dell’Europa. La de-bolezza non è italiana: è stato fatto tanto e per l’an-no prossimo l’Italia raggiungerà il pareggio del bi-lancio. Il problema è europeo, eppure i paesi delNord, guidati dalla Germania, non vogliono inter-venire e chiedono all’Italia di assoggettar-si a interventi invasivi».

Se a essere messa in dubbio èla credibilità europea, ciò do-vrebbe impensierire anche laGermania. Come giudica laMerkel?

«Condanna alcuni paesidell’area euro a un periodo dicontrazione o crescita piatta.Ciò che fino a poco tempo faera paventato solo da alcuni e-conomisti, ora è confermato damolti dati. L’Italia quest’annoperderà il 2,5% del Pil, e l’an-no prossimo probabilmente sarà ancora negativo,se le cose rimangono come sono».

Dopo l’unificazione la Germania ha seguitopolitiche diverse da quelle che sostiene ora. Per-ché ora non è disposta a cedere su nulla?

«Ai tempi l’ha fatto per aiutare un pezzo di Ger-mania. In questa crisi sta cedendo a una tentazioneegemonica di rafforzamento rispetto agli altri part-ner europei: c’è in atto un processo geostrategio e

non solo economico».La Cina è la seconda economia mondiale, po-

trebbe soppiantare gli Stati Uniti?«Per continuare a crescere deve adottare riforme,

e la leadership cinese lo sa: l’incognita è quando.Gli Usa premono e Pechino frena. Sicuramente ènecessaria una maggiore integrazione con l’econo-mia mondiale: la crescita piatta dell’Ue e quella a-nemica degli Usa non potranno più assorbire tuttol’export cinese. Dovranno aprire alla domanda in-terna, per farlo serve un sistema creditizio più effi-

ciente e un welfare che stimoli i consumi».Anche in America potrebbe cam-biare il governo: cosa significhe-

rebbe per noi?«Romney non ha precisato la

sua strategia sulla crisi europea.Ci sono settori tecnocratici chesono sempre più insofferentialla politica tedesca. Se la crisisi intensificasse ci potrebbe es-sere un intervento diretto, cosache Obama ha finora evitatoma potrebbe essere costretto acambiare strategia».

Jeffrey Sachs, da noi inter-vistato, ha detto che «la crisi colpisce i poveri,non rappresentati dalla politica». È d’accordo?

«È vero che ci sono stati degli interventi asim-metrici: i grandi banchieri sono stati salvati e la gen-te che ha perso la casa perché non poteva pagare ilmutuo, e chi seguiva la speranza obamiana è rima-sto deluso. Il presidente ha dovuto garantire la sta-bilità del sistema finanziario».

Pietro Bongiolatti

Viaggio nel labirinto della crisiL’economista Lombardi (Brookings), ospite oggi: «La Germania ha un progetto di dominio ai danni dei partner europei»

«Monti e Passera diconoche l’uscita è vicina?

Fanno il loro compito,ma non vedo dati

confortanti. E se la Merkel fa arrabbiarel’America...»

Domenico Lombardi

Page 8: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

SCIENZA

8 23 agosto

Lo storico Carroll, l’astrofisico Bersanelli e l’antropologo Tattersall durante l’incontro di ieri

«Che cosa è l’uomo? Quando ècomparso sulla terra? Quando èstato in grado di contemplare l’in-finito?». Due grandi studiosi in-ternazionali, Ian Tattersall e Wil-liam Carroll, han provato a ri-spondere a questi grandi interro-gativi, ieri mattina al Meeting.Tattersall è un antropologonewyorkese di fama internaziona-le, che ha condotto spedizioni allaricerca di fossili in tutto il mondo,dal Vietnam al Madagascar. Car-roll insegna Storia della scienzaall’Università di Oxford. L’incon-tro ha aperto i due giorni del con-vegno “Biological Evolution andthe Nature of Human Beings”,che si tiene a San Marino, nell’antico monastero di Santa Chiara.Il dialogo è stato introdotto daMarco Bersanelli, docente di A-strofisica all’Università degli Stu-di di Milano, che ha chiesto ai duecolleghi di partire dal titolo delMeeting, “La natura dell’uomo èrapporto con l’infinito”.

Per Tattersall, è stato decisivolo sviluppo dei processi cognitivisimbolici nell’homo sapiens:«Tutto è iniziato quando l’homosapiens ha cominciato a mangiaresostanze diverse, e di conseguen-za a crescere fisicamente – ha det-to il professore – ma le dimensio-ni della scatola cranica non au-mentavano. Mancava ancora unaumento delle capacità cerebrali.Il passo successivo è avvenutograzie alla creazione di utensili.

All’inizio li produceva solo per lacaccia o per altri scopi pratici, mapoi, col raffinarsi delle abilità ma-nuali, è iniziata la produzione diplacche e collanine. Questi ogget-ti erano evidentemente utilizzaticon scopo simbolico. Servivano aindicare qualcosa». Per Tattersall,

«la capacità di attribuire a un og-getto lo status di simbolo, ovverodi rivestirlo di un altro significato,è il passo decisivo dell’uomo ver-so l’avvicinamento alla concezio-ne d’infinito. È da qui che è natotutto. Da qui si svilupperà il lin-guaggio, nel quale è il suono a es-

sere veicolo di un significato. Dallinguaggio si svilupperà poi la co-scienza e la civiltà».

Nel momento in cui l’uomosmette di vedere la realtà come fi-ne a se stessa, si spalanca davantia lui un altro mondo. Tutta larealtà diventa segno. E si genera

nell’uomo la concezione di infini-to. Con la quale nasce un rappor-to.

Anche William Carroll si con-fronta col tema del Meeting; ilpunto chiave del suo intervento èla distinzione tra evoluzione ecreazione: «L’evoluzionismo nonesclude la possibilità della crea-zione: la biologia evoluzionistaparla solo di mutazioni e di cam-biamenti, non di come possa esi-stere qualcosa al di là del nulla. Ioconcepisco la teoria della creazio-ne secondo quanto dicono i testidi Tommaso D’Aquino, che hostudiato a lungo; non è un eventoiniziale, che poi si è nascosto peril resto della storia, ma è un rap-porto di dipendenza completa.Dio non serve a tappare le falledella scienza, è la causa continuadella realtà delle cose». «È la co-scienza di essere stati creati a ren-derci uomini – dice Carroll –, è lacoscienza che Dio è la causa con-tinua della realtà delle cose».

Bersanelli, riassumendo gli stu-di dei due professori ne evidenziail legame con le parole di donGiussani e li illumina di una nuo-va luce: «Il cosmo raggiunge ilsuo acme nell’autocoscienza. Cia-scuno di noi è autocoscienza delcosmo. Di nuovo, tutto si giocanell’io: se l’io è l’autocoscienzadel cosmo, il delitto più grandeche l’uomo può commettere è nonconoscere se stesso».

Alberto Castagna

Il balzo del simboloche libera l’uomoPer l’antropologo Tattersall il passaggio della “natura” degli oggettiusati dagli antichi è lo scatto decisivo per l’autocoscienza dell’io

Page 9: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

SCIENZA

9 23 agosto

Per realizzare il proprio sogno,secondo Paolo Nespoli, servonocinque cose: passione, coraggio,decisione, perseveranza, gusto del-la sfida.

Lui, un sogno, ce l’ha sempre a-vuto da quando assistette allosbarco sulla luna: volare tra lestelle. Ha iniziato a realizzarlo nel1998, quando è stato selezionatodall’Esa, l’Agenzia spaziale euro-pea. La prima missione, per l’a-stronauta di Verano Brianza, è ar-rivata nel 2007: due settimane abordo della stazione spaziale inter-nazionale. Ci sarebbe tornato treanni dopo, per stare molto di più:sei mesi di missione di ricercascientifica e tecnologica, dal di-cembre 2010 al maggio 2011. Con174 giorni di spazio all’attivo, Ne-spoli si ritiene «fortunato, perchého realizzato il mio sogno. E perfare questo serve la passione: nonfermatevi a fare ciò che non vi in-teressa, fate quello che vi appas-siona», dice ai giovani in sala.

Per raccontare i suoi giorni inorbita, Nespoli ha usato le fotogra-fie che ha scattato alla Terra dallastazione spaziale. Sono immaginiche hanno commosso il pubblicoper la loro «bellezza non usuale»,come ricordato nell’introduzionedall’astrofisico Marco Bersanelli.È il fascino che ha segnato la vitadell’astronauta italiano, che abbia-mo intervistato al termine dell’in-contro.

Il titolo del Meeting è “La na-tura dell’uomo è rapporto conl’infinito”. Cosa vuol dire entra-re in rapporto con l’infinito per

un astronauta come lei?«Il mio mestiere ti porta natural-

mente ad essere curioso, a volerimparare. Ti porta, in un certo sen-so, a non voler accettare l’infinitocosì com’è, perché l’infinito èquello che non conosciamo. Equindi nella vita di tutti i giornicerchi di fare di più, di conosceredi più. Ma, a un certo punto, ti ren-di conto che siamo noi ad esserefiniti di fronte a quello che cer-chiamo, mentre quello che abbia-mo da conoscere, tutt’attorno, è

infinito. Perciò, da un lato c’è laspinta a conoscere, dall’altro laconsapevolezza che conosciamopoco e siamo poco».

Vivendo per mesi nello spazioè difficile che non sorgano delledomande sull’origine dell’uni-verso e degli astri che ci si trovaattorno. Guardando dalla stazio-ne orbitante, si è dato qualcherisposta?

«È difficile. Alla fine noi andia-mo in orbita a lavorare: io mi ri-tengo un “elettricista spaziale”,

mentre queste sono domande chebisognerebbe porre a teologi e fi-losofi. Noi astronauti rispondiamomale perché, in fondo, siamo lìnello spazio con i paraocchi, con-centrati sul lavoro da fare. In effet-ti, però, quando ti trovi di fronte laTerra così piccola e vedi le stelle equesto universo intorno a te, viviun’intenso rapporto con l’infinito,desiderando conoscerlo ogni gior-no di più».

La vostra squadra era nellospazio per lavoro. Ma come sonocambiati i rapporti tra voi sei neimesi passati insieme in orbita?

«Il rapporto, in realtà, inizia giàdurante l’addestramento, ed è lìche inizi a conoscere gli altri. Mapoi, nello spazio, diventa moltopiù bello e molto più interessante,perché se da un lato è un rapportoforzato dal lavoro, dall’altro latodiventi amico e complice, provi lestesse sensazioni, vivi e partecipicon loro di ciò che vedi».

Giacomo Moccetti

«Perché hanno attaccato mio marito? È lavolontà di Dio, è il mistero che esiste e chenon possiamo spiegare», dice Birthe Bring-sted Lejeune, vedova del genetista franceseche ha scoperto il cromosoma della sindro-me di Down. Emarginato dalla comunitàscientifica per la sua difesa della vita, po-trebbe diventare prestobeato (la sua causa di bea-tificazione è stata aperta il28 giugno 2007 dall’arci-vescovo di Parigi). La col-pa di Jérôme Lejeune, se-condo i suoi colleghi, èstata dedicarsi alla cura ealla tutela dei bambini af-fetti da trisomia 21, neglianni in cui si apriva lastrada dell’aborto terapeu-tico. «Eliminare la popola-zione malata non è una ri-sposta medica» ha detto Jean-Marie LeMéné, presidente della Fondazione JérômeLejeune, durante l’incontro “Che cos’èl’uomo perché te ne ricordi? Genetica e na-tura umana nello sguardo di Jérôme Lejeu-

ne”, tenutosi ieri pomeriggio. Con lui ma-dame Lejeune e Carlo Soave, curatore dellamostra sul genetista allestita al Meeting inpiazza A1. «La vita di Lejeune è stata unarisposta a questa domanda: “Che cos’è l’uo-mo perché te ne curi?” L’uomo è una perso-na» ha detto Soave, docente di Fisiologia

vegetale all’Università de-gli Studi di Milano. A se-guito del dilagare dell’a-borto dei bambini affetti datrisomia 21 (il 95 per centodelle donne che sa di aspet-tare un figlio Down decidedi abortire), la ricerca suquesta malattia genetica a-veva subito un forte rallen-tamento. «Un ricercatore èottimista perché sa che cisarà una risposta e perché èin sintonia con la realtà.

L’uomo infatti è stato creato a immagine esomiglianza del suo creatore. – continuaSoave – Noi non siamo definiti dai nostrigeni, siamo definiti dalla nostra vita, perchésiamo unici e irripetibili».

Ma c’è chi continua a credere nella ricer-ca sulla sindrome di Down. Si chiama Pier-luigi Strippoli, ha 48 anni e fa ricerca all’U-niversità degli Studi di Bologna. Come luisono pochi altri che si occupano principal-mente della trisomia 21. Qualche tempo fastava per smettere per mancanza di fondi,ma poi, l’anno scorso, ha incontrato la ve-dova Lejeune e la Fondazione: «Penso chetutto quello che mi è accaduto nell’ultimoanno sia fortemente collegato alla causa dibeatificazione di Lejeune. – spiega Strippo-li – L’anno scorso, a Parigi, ho visitato lasua tomba, ho incontrato la sua famiglia econosciuto l’attività della Fondazione. So-no tornato in Italia molto motivato e di col-po si sono verificate una serie di circostan-

ze favorevoli per rilanciare la mia ricercache stava chiudendo». Strippoli precisa al-cuni dettagli: «La sindrome di Down è me-no grave di quello che comunemente si ri-tiene, questi bambini riescono a raggiunge-re un buon grado di autonomia e generanoun clima affettivo superiore a quello deibambini “normali”. Perché questo accada èun mistero». Tanti buoni motivi per ripren-dere in mano le indicazioni lasciate da Jérô-me, che purtroppo non riuscì a trovare lacura per questa malattia. «Ha lasciato es-senzialmente tre spunti. Il primo è che sipuò trovare una cura e che noi partiamo daquesta ipotesi positiva. Il secondo è l’usodegli strumenti della genetica per studiare imeccanismi in questione. Noi abbiamo usa-to la bioinformatica, che Lejeune non ave-va a disposizione, per studiare nel dettaglioquesti cromosomi. Il terzo è stare tanto coni pazienti e in questo sono stato spronato damadame Lejeune». Per Strippoli «tentare diproseguire il lavoro fatto da Lejeune, nelquale fede e scienza erano così unite, è perme una grazia».

Benedetta Consonni

Paolo Nespoli, astronauta, detieneil record italiano di giorni trascorsinello spazio. Paracadutista nell’esercito, si è in seguito laureatoin Ingegneria aerospaziale al Politecnico della New YorkUniversity. Ha compiuto due missioni presso la stazione spaziale internazionale. La prima, nel 2007, è durata due settimane.La seconda, a fine 2010, l’ha tenuto sei mesi a condurre ricerche in orbita

Birthe Bringsted Lejeune, vedova del genetista francese che ha scoperto la causa della sindrome di Down, insieme con un bimbo al termine dell’incontro al Meeting

L’elettricista dello spazioI 174 giorni in orbita dell’astronauta italiano Paolo Nespoli. E quella«bellezza inusuale» delle sue foto della Terra

«Mio marito quasi beatoper aver aiutato i Down»La vedova Lejeune inaugura la mostra. Il fisiologo Soave:«Non siamo definiti dai nostri geni ma dalla nostra vita»

Il ricercatore Strippoli:«Stavo

per abbandonare le ricerche

sulla trisomia 21ma in Francia

ho cambiato idea»

«Il mio mestiere ti porta naturalmente

a essere curioso, a voler imparare.

Ti porta, in un certosenso, a non accettare

l’infinito per come lo conosci»

Page 10: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

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Stand istituzionale PAD C5Tutti i giorni dalle 12 alle 15 e dalle 18 alle 21

degustazione gratuita dei prodotti tipici del territorio

Page 11: Quotidiano Meeting di giovedì 23 agosto 2012

LA STORIA

11 23 agosto

«Dopo aver visto uno spettacolodi marionette della Compagnia Col-la abbiamo pensato che lo strumentodel teatro delle marionette, così umi-le, artigianale, fatto solo di legno efili, denso di poesia e di colore, po-tesse essere il più adeguato per rac-contare le gesta di fratel Ettore e deisuoi amici». Sorella Teresa Marino,già collaboratrice del gigante dellacarità e attuale responsabile dell’o-pera “Fratel Ettore” non si è pentitadella scelta. Anzi, la motiva ulterior-mente: «Il teatro è un luogo dove lepersone che, per varie ragioni, han-no toccato il fondo della disperazio-ne e si sentono oppresse dalla vita— come accade a quelle ospitate neinostri rifugi dell’“Opera Fratel Etto-re” — possono sperimentarsi, impa-rare, ritrovare fiducia in loro stesse eanche avere soddisfazioni. Quest’e-sperienza ce lo ha dimostrato: dav-vero il teatro, unito alla preghiera, èuno strumento potente».

Stasera e domani, venerdì 24, cisarà occasione per verificarlo qui alMeeting; l’appuntamento, per en-trambe le serate, è alle 19.45 al Tea-tro D2 Frecciarossa 1000.

Le marionette sono sette e in sce-na daranno vita a una giornata-tipodei primi tempi dell’Opera in Sta-zione Centrale. Ci sono fratel Ettore,Sabatino ed Enrica, suoi primi colla-boratori ed altri personaggi emble-matici della sua storia, non ultimo ilcane Sansone. Di Sabatino Ieufu-niello, già Servo di Dio e con il pro-cesso diocesano di beatificazione incorso, quest'anno ricorre il trentesi-mo dalla morte; di fratel Ettore si fe-steggia l’ottavo anniversario dellasua salita al cielo proprio in questigiorni di Meeting.

“Casa Betania” a Seveso è statatutta coinvolta nella definizione enell’allestimento di questo evento,che è riduttivo definire spettacolo, inquanto è un reale “fare memoria” diciò che ha impresso un cambiamen-to positivo nella vita dei suoi sessan-ta abitanti. Per cui se le marionette ciparlano dei personaggi “di allora”,chi le ha preparate e chi le manovraci parla dell’“adesso” dell’Opera.

«Tourè è un senegalese fiero e al-truista, nonostante il passato burra-scoso – racconta sorella Teresa - Sistava allenando con la marionetta difratel Ettore a mimare la pulizia del-le piaghe di un malato. I gesti chedava al personaggio erano bruschi,decisi. Gli abbiamo chiesto se non e-ra il caso di usare più delicatezza,ma lui ci ha spiegato che è così chesi fa: “In questo modo pulivo il si-gnor Angelo”. Il defunto signor An-gelo era l’anziano ospite senza me-moria di cui Tourè si occupava gior-no e notte, tenendoselo sempre ac-canto, come un caro amico o un pa-rente».

V. ha le gambe rovinate dalla po-liomelite, potrebbe ancora cammina-re ma ha deciso, per pigrizia o perrabbia, di non alzarsi più dalla sediaa rotelle. Durante le prove ha dichia-rato a tutti, come se fosse normale,che non aveva problemi a stare inpiedi e a muoversi senza carrozzina

per arrivare alle corde dei fondali.M. ogni tanto si perde nelle sue

elucubrazioni e si chiude nelle suepaure. Si è rotta un braccio e ha de-ciso che scendere in teatro sarebbestato troppo pericoloso, visto il pe-riodo poco propizio. «Poi, un gior-no, senza che le avessimo chiesto

Il 18 agosto, nel Teatro della Misericordia di Seve-so ha avuto luogo la prova aperta dello spettacolo“Ettore dei Poveri” che nella sua preparazione ha po-tuto contare sull’aiuto e sulla supervisione della“Compagnia Colla” di Milano. La Compagnia Ma-rionettistica Carlo Colla e Figli vanta quasi 300 annidi attività nel campo del teatro di figura ed i suoispettacoli, proposti in Italia e all’estero, si rifanno adun repertorio che spazia dall'opera lirica al balletto,dal romanzo storico e popolare alla fiaba, alla zar-zuela e all'azione coreografica. L'attività dell'Asso-ciazione Grupporiani, che gestisce la Compagnia,non si limita alla rappresentazione degli spettacolima si occupa della promozione del teatro di figura,proponendo mostre, seminari, pubblicazioni, corsi diformazione. Eugenio Monti Colla ha partecipato allaprova e la lettera che ha inviato a sorella Teresa fa ca-pire che ci troviamo davanti ad una grande lezione diteatro e di vita. Una testimonianza che merita di es-sere proposta integralmente.

“Certo era necessaria la favilla, sopita ma mai e-stinta, del Sacro fuoco dell’Arte che arde nel petto disuor Teresa e di Emanuele per far divampare cotan-to incendio, che ha anche restituito grande dignitàalla marionetta come mezzo di comunicazione, rin-novando, così, l’antica tradizione che vedeva questiattori di legno come testimoni e cronisti di quantoavveniva.

E il miracolo si è compiuto. Era come se, quale eco lontana, risuonassero an-

cora nell’aria le parole “Alzati e cammina!”. Quei

bravi nuovi Demiurghi, superata ogni realtà umana,in rigoroso abito di scena, davano vita a diafanecreature, bellissime nella loro essenza lignea, che simuovevano con precisione ed eleganza, lente quantosolenni, per raccontare l’umana avventura, appas-sionata e sconvolgente, di fratel Ettore. Le loro om-bre che, spesso, apparivano sulle pareti della salacontribuivano ad interpretare quell’antico rito che sirinnova ad ogni alzata di sipario. E quanta culturanel gioco drammaturgico che nulla concedeva ad e-stetismi e a contorcimenti intellettuali e parimenti ri-fuggiva da ogni parvenza di predica o di indottrina-mento. Lineare, appassionata, profonda ed emozio-nante, l’azione riportava sulla scena i “topoi” dellaSacra Rappresentazione Medievale (la presenza del-

la statua della Vergine e del suo doppio in veste qua-si fabulistica sul palcoscenico) e quelli della agio-grafia dei Santi tanto frequentata dalla tradizionemarionettistica dell’Ottocento e del primo Novecen-to. E accanto all’uso delle macchinerie del teatro ba-rocco si allineavano elementi scenici di matrice e-spressionista mescolate a forme del teatro borghesedi Bertolazzi (una lunga fila di letti con le teste degliospiti che uscivano dalle coperte e si offrivano allavista degli spettatori), all’utilizzo delle ombre, dellesagome in movimento o immobilizzate nel rispettodei personaggi rappresentati. Persino gli stessi pro-tagonisti (fratel Ettore, Sabatino, Enrica e il caneSansone) assumevano poeticamente una funzionedrammaturgica che invitava alla tenerezza, come sesi trattasse di novelle “Maschere” della Commediadell’Arte, quando, dal mondo epico (quale migliorcavaliere errante di Fratel Ettore?), si rifugiavanonell’intimità di un mondo “ a quattro”.

Come dimenticare, infine, lo strepitoso succedersidel fuoco e della pioggia dove il teatro del simbolo edella metafora coinvolgevano lo spettatore, lo squas-savano e lo trascinavano ad interagire emozional-mente con la pienezza di quella rivisitazione scenicae l’umiltà dei suoi interpreti. Grandi applausi di ri-conoscenza, di affetto, di gratitudine e di ammirazio-ne per tutti i protagonisti di questa umana avventurache continua anche dopo il calar del sipario.

E contentezza per essere stati piccoli granelli disabbia in quel gran deserto.

Eugenio Monti Colla

niente, ci dice che è stata autorizza-ta “da Dio in persona” a tornare alavorare con noi, perché così smet-teva per un po’ di tempo di pensare.E questo, certamente, le avrebbefatto bene».

C’è poi Abdul, detto “il maestro”per l'abilità innata nel muovere la

marionetta; Romeo, portato per learti visive, in particolare pittura eilluminotecnica; Viorel, ha affron-tato un lungo viaggio dalla Roma-nia per lavorare con “Le marionettedella Misericordia”; Vittoria, la suaformidabile memoria è al serviziodella regia; Vittorio, la caparbietà è

la sua dote, con l'allenamento pre-sto raggiungerà l'abilità del mae-stro; Emilio, il terzo manovratore, èl'ultimo arrivato ma ha imparatoveloce.

A coordinare il tutto c’è Emanue-le Fant, coreografo, regista, dram-maturgo, già collaboratore di fratelEttore ed ora tornato per occuparsidell’evento che lo renderà a tuttinuovamente presente; è colui alquale si deve l’idea dello spettacoloe la sua messa in scena. Alla do-manda se anche lui vive in comu-nità risponde ridendo: «Un po’ den-tro e un po’ fuori». Infatti, la prepa-razione dello spettacolo lo ha impe-gnato per due anni, il primo deiquali passato nell’allestimento diun laboratorio teatrale per gli ospitidi Casa Betania.

Aida Salanti

Qui sopra e a sinistra, due manovratori delle marionette (foto al centro). A lato, “Casa Betania” di Seveso dove l’evento è stato curato e allestito

I fili nascosti di fratel EttoreTra Mistero e miracolo, le storie dei “figli” salvati dal gigante della carità. Saranno loro, stasera e domani, a muovere le marionette di uno straordinario spettacolo che racconta i primi tempi dell’Opera alla Centrale di Milano

«È un’avventura che va oltre il sipario»Il grande marionettista Eugenio Monti Colla alla prova generale. Ne è uscito entusiasta

Una scena dello spettacolo

Suor Teresa racconta:«Il teatro è un luogo

in cui le persone che hanno toccato

il fondo della disperazionepossono rimettersi in gioco, imparare,ritrovare fiducia»

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CULTURA

13 23 agosto

«Siamo tutti passeggeri della stessa nave, la sal-vezza della nave è la salvezza di tutti. Ognuno ha lasua cabina, la sua identità, ma ci possiamo incontra-re nelle sale e sui pontili». Abdel-Fattah Hassan, do-cente di Letteratura Italiana alla Ain Shams Univer-sity del Cairo usa la metafora della navigazione perintrodurre l’incontro “Educazione, identità, dialogo”,che l’ha affiancato ieri a Ignacio Carbajosa Pérez,docente di Antico Testamento e Alon Goshen-Gott-stein, direttore dell’Elijah Interfaith Institute.

Dalle cabine di questa nave molti passeggeri sonousciti: quelli che alle 11.15 si sono incontrati nella sa-la C1 e che, al termine dell’incontro, sono stati invi-tati da Gottstein a cantare una preghiera ebraica:«Dove sei?» dice Dio, «sono qui» risponde l’uomo.Hanno cantato tutti: il rabbino, che intonava meravi-gliosamente la voce di Dio, il prete e l’imam, che in-sieme al pubblico rispondevano in coro. Uscire dal-la propria cabina e piantare i piedi sul pontile incro-ciando i passi altrui non significa compromettere lapropria identità, ma rafforzarla. Questo il filo rossoche ha indirizzato gli interventi dei tre relatori.

Lunga e veloce la cavalcata di Gottstein, che ha il-lustrato in un inglese fulmineo, mettendo alla provala prontezza della traduttrice, cinque diversi modelli

politeistica: anche noi oggi cerchiamo di frammen-tare l’assoluto in una miriade di dei, allo scopo dicontrollarlo e fare della realtà qualcosa di prevedibi-le. «La sfida del Cristianesimo – ha concluso – è al-largare la ragione per abbracciare la realtà secondola totalità dei suoi fattori, fino al culmine: riconosce-re il mistero presente. Dio ha scelto Abramo per sal-vare gli uomini che navigavano nella dimenticanza.Le altre religioni sono interpretazioni del mistero».

Hassan ha conquistato il pubblico, e in particolareil collega ebreo, usando immagini che rivelano la ne-cessaria complementarietà tra l’io e l’altro nella defi-nizione dell’identità: oltre a quella che ci vede tuttipasseggeri di un’unica nave, la terra, la similitudineche paragona l’uomo a un uccello: «Le due ali, chegli permettono di volare, sono la propria identità el’apertura all’altro. Se se ne spezza una, l’uccello nonpuò più volare». Bisogna educare le future genera-zioni, ha concluso, a non generalizzare e a “schio-darsi” dai pregiudizi: «Io sono un imam, predico inmoschea ogni venerdì da più di vent’anni e insegnol’arabo ai preti cristiani. Bisogna partire da un rico-noscimento rispettoso dell’altro. Solo così nasce nonun dialogo formale ma una vera amicizia».

Laura Bertoli

di approccio al tema dell’identità, affrontando perciascuno le tematiche trasversali del dialogo, dell’e-ducazione e dell’amicizia: dalla differenza come po-tenziale fonte di violenza al riconoscimento che l’al-tro, immagine di Dio, può insegnarmi qualcosa suDio stesso. A fare da sottofondo a ciascuna interpre-tazione la coscienza che l’altro, in quanto essere u-mano, ha valore. Le religioni, ha concluso, non coin-cidono con alcun modello, ma ne riuniscono diversiaspetti: «Il dialogo tra religioni ci aiuta a costruire lenostre identità per arrivare al fondo di quella identitàsuprema che proviene da Dio».

A seguire, Perez ha presentato la figura di Abra-

mo come punto di svolta da un politeismo irragione-vole ad una religiosità sensata. Questo passo, ha det-to, «non è stato possibile attraverso un’astrazione ouna ricerca, ma tramite una rivelazione. Lo scontrotra religioni nasce perché vengono sostenute rivela-zioni diverse». Qual è dunque la vera natura della re-ligione? L’allargamento della ragione, ha continua-to, che la rivelazione cristiana ha provocato ha rettoperfino di fronte alla cultura greca: «Nell’esperienzacristiana sono impegnate l’autocoscienza e la capa-cità critica. Il Papa insiste costantemente sul fatto cheil cristianesimo ha allargato la ragione». Perez ha ri-proposto un paragone tra la nostra mentalità e quella

UBALDO CASOTTO

La libertà religiosa ha (quasi) 1.700anni e non li porta troppo bene. La sem-plificazione giornalistica non rende ra-gione della ricchezza dell’incontro“Verso il XVII centenario dell’Editto diMilano” cui hanno partecipato due do-centi dell’Università Cattolica, lo storicoAlfredo Valvo e Giorgio Feliciani (Dirit-to canonico), il direttore della BibliotecaAmbrosiana Francesco Braschi e quellodell’“Osservatore Romano”, GiovanniMaria Vian, autore di un saggio sulla“Falsa donazione di Costantino” che ilmoderatore, don Stefano Alberto, haconsigliato come lettura ai presenti.

La semplificazione giornalistica,però, è giustificata dalle numerose “om-bre” - come le ha definite Alberto - e-merse soprattutto dall’intervento di Feli-ciani che, dopo aver riconosciuto la pre-senza del diritto alla libertà religiosa inquasi tutte le legislazioni - ha elencato u-na serie impressionante di sue violazio-ni. Non solo quelle più note, paradossal-mente conseguenza di cadute violente diregimi dittatoriali, come per i cristiani inIraq e i copti in Egitto. Oppure la sceltadi scaricare l’odio etnico, anche quandola matrice dello scontro non è di naturareligiosa, sugli edifici del culto come inKosovo, o di indirizzare la furia terrori-stica sui fedeli durante la pratica del cul-to come in Nigeria.

Feliciani ha voluto, prendendo a testi-mone un giurista laico come MargiottaBroglio, presentare le limitazioni, a vol-te gravi, alla libera espressione della fe-de religiosa nel democratico Occidente.Il presidente del Comitato giuridico del-l’Unesco ha richiamato l’Unione euro-pea a vigilare «affinché una insensataconcezione della indispensabile laicitàdell’Unione non si trasformi in una verae propria delegittimazione del fatto reli-gioso», che già si manifesta con partico-lare aggressività nei confronti del cristia-

nesimo. Un esempio? Un’agenda dellaCommissione europea che si dimenticadi segnalare il Natale tra le festività. Unaltro? La condanna di un’infermiera in-glese che si è permessa di dire a un ma-lato: «Pregherò per lei». E via elencandosino a delineare il tentativo di emargina-re nel privato, escludendone un’inciden-za nel dibattito pubblico, il fatto religio-so, riconoscendone la sua dimensionepersonale ma limitando ogni sua espres-sione comunitaria come confessione re-ligiosa, che gli è invece connaturale.

Che cosa c’entri l’imperatore Costan-tino con il sindaco Pisapia - in entrambii casi Milano è il luogo del “delitto” -che intima alla Curia milanese di nonoccuparsi delle unioni gay ha iniziato aspiegarlo il professor Valvo, che ha in-quadrato storicamente il periodo di per-secuzioni del IV secolo (Diocleziano)su cui intervenne l’Editto di Milano(313). L’ha fatto portando in primo pia-no l’ambiguità della figura e della politi-ca di Costantino, epperò segnalandonela grandezza e l’importanza, la suapreoccupazione politica per la soliditàdell’impero per la “romanità” della tra-dizione religiosa e civile e nello stesso

chiese. A te è stato affidato il diritto sugliedifici pubblici, non su quello sacri».L’imperatore ha ordinato: «Devo an-ch’io avere una basilica». Rispondo:«Non ti è lecito averla…») ha privato dilegittimità ogni potere assoluto. «Ha ri-dato – ha detto Braschi – anche a chi de-tiene il potere politico una possibilità diredenzione, pur nel rispetto delle sueprerogative e delle sue responsabilità, lapossibilità di amare Cristo e di lasciarsiamare da lui. Il potere ha bisogno diqualcuno che gli ricordi che è fatto perl’infinito».

Vian, ripercorrendo la storia della per-sonalità e della politica di Costantino, neha sottolineato ancora una volta l’ambi-guità («oggi si parlerebbe di politica bi-partisan») e la sua contemporanea gran-dezza, ha definito un «azzardo» corag-gioso la sua scommessa sul cristianesi-mo e ha ripercorso in modo affascinantela storiografia su di lui nei secoli che cidividono dall’editto, mostrando comegli storici dentro e fuori la Chiesa si sia-no subito divisi nelle interpretazioni. Si-no al secolo scorso, quando due granditeologi, entrambi cardinali, entrambifrancesi, scrissero ancora una volta giu-

dizi contrastanti. Congar lo criticò, Da-nielou lo difese, con una affermazionesorprendente: gli ostacoli sociali e civiliper chi voleva aderire alla nuova fedefrenavano molti, e il cristianesimo ri-schiò di restare una religione di élite; ri-muovendo quegli ostacoli, la conversio-ne di Costantino ha reso il cristianesimoaccessibile ai poveri, non nel senso eco-nomico del termine, ma nel senso chel’ha reso accessibile all’immenso popo-lo, ha permesso al cristianesimo di per-fezionarsi nella sua natura di popolo.

E, riprendendo la «raffinatissima rela-zione di padre Braschi su Ambrogio»,Vian ha concluso spiegando che dopoquesto “santo” (tale è considerato dagliortodossi) e poveraccio è possibile rela-tivizzare qualsiasi potere. Come, d’al-tronde, ben intuì un giovane teologo cin-quant’anni fa quando esplicitò tutta lasua opposizione a ogni assolutizzazionepolitica del cristianesimo, parlando della«forza rivoluzionaria della fede che rela-tivizza tutte le realtà immanenti al mon-do, rimandando e indicando all’unicoDio». Quel teologo si chiamava JosephRatzinger. Oggi si chiama BenedettoXVI, e non ha cambiato idea.

tempo il suo essere stato personalmentecolpito dal cristianesimo (anche se rice-verà il battesimo solo in punto di morte);senza nascondere queste ambiguità,Valvo ha attribuito a Costantino «ilprovvedimento più aperto e rispettosodella libertà religiosa» che ha ricono-sciuto la libertà di culto per i cristiani eper tutti gli abitanti dell’impero, apren-do, «uno sguardo completamente nuovosul rapporto uomo-Dio».

Con singolare apertura di orizzonte,mentre tutti ci si concentra su quello cheCostantino ha donato ai cristiani, padreBraschi - che sta traducendo in russo l’o-pera omnia di Ambrogio - ha spiegato,proprio a partire dalla lettura non propriolusinghiera che questi fece della politicacostantiniana, quello che il cristianesimoha donato a Costantino, all’imperatore,al potere politico di ogni tempo: gli harestituito la sua centralità di essere uma-no. Ricordando che «l’imperatore è fi-glio della Chiesa, dentro la Chiesa, e nonsopra la Chiesa», dopo aver rifiutato aun suo successore, in qualità di uomo dilegge, la confisca di basiliche cristianeper consegnarle agli ariani («All’impe-ratore spettano i palazzi, al vescovo le

I relatori dell’incontro dedicato al prossimo anniversario dell’Editto di Costantino

Anche il potereha bisogno d’infinitoAll’incontro sull’Editto di Costantino (313 d.C.) padre Braschi ribalta la prospettiva delrapporto tra stati e religioni: «Fu il cristianesimo a restituire centralità umana a chi governa»

Al Meeting sono un piccolo e-sercito ed è facile ipotizzareche i fans di Chesterton affol-leranno l’Eni Caffè Lettera-rio D5. A “Riscoprire GKC”,nel secondo tra gli appunta-menti delle 19, Ubaldo Casot-to, giornalista e scrittore (e inquesti giorni “firma” del no-stro quotidiano) e autore disaggio “GKC - L’enigma e lachiave” (Lindau). Con lui l’e-ditore Paolo Morganti (“Il ri-torno di don Chisciotte”) e latraduttrice Annalisa Teggi.

Oggi GKC

Il rabbino canta da Dio:«Dove sei, uomo?»

Grande dialogo tra Abdel-Fattah, Perez e Goshen-Gottsteing,che chiude invitando tutti a intonare una preghiera ebraica

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PERSONAGGI

14 23 agosto

www.celgene.com

«Al Meeting ho scoperto una nuova“filosofia di vita” che porto a casa conme». Aida Shtino è una giornalista edè abituata alle scoperte, dato che dasette anni conduce “Missing PeopleAlbania”, il “Chi l’ha visto?” della tvalbanese. Aida, di origine musulmana,è arrivata a Rimini con l’incarico direalizzare un reportage sulla mostra“Albania, Athleta Christi” (vedi il“Quotidiano Meeting” di ieri a pagina7); l’ha visitata come migliaia di altrepersone in questi giorni, ne è rimastamolto colpita ma soprattutto è stata af-fascinata dal Meeting. Risultato: vuoleraccontare a colleghi e amici quelloche ha visto. «Della mostra mi ha par-lato inizialmente Majlinda Sota, un’a-mica di Pavia che ora vive in Italia eche ha collaborato alla sua realizzazio-ne. Pensavo di limitarmi al mio repor-tage, un servizio come tanti altri...».

Ma...?«Ovviamente non avevo la minima

idea di che cosa fosse il Meeting.Nemmeno sapevo che esistesse. Arri-vando qui mi sono imbattuta in quelloche chiamerei un “pellegrinaggio diinformazioni” e sono rimasta impres-sionata soprattutto dal grandissimo nu-

mero di volontari. Anche la nostra tra-smissione in Albania può contare sul-l’aiuto di molti amici che lavoranogratuitamente, però qui si vedono per-sone davvero contente. Viene proprioda chiedersi che cosa li tenga insieme.Credo che davvero la risposta consistain quanto dice il titolo del Meeting:l’uomo è rapporto con l’infinito. Certoè che, guardando i volti di tanti volon-tari, ho capito quello che diceva ieriJavier Prades».

Qual è il suo giudizio sulla mo-stra?

«Mi aspettavo una esposizione si-mile a quelle dei musei, qualcosa cheraccontasse il passato del mio paese.Invece questa mostra interroga le per-sone. E rappresenta bene anche il pre-sente dell’Albania, perché da quindicianni, da quando è caduto il regime co-munista, siamo un popolo in ricerca.Per questo è interessante riscoprire lenostre radici cristiane che pochissimiconoscono. E poi ci sono i cinque cu-ratori: le loro storie mi hanno davverocolpito».

Per quale motivo?«Teodor e gli altri hanno lasciato

l’Albania quando erano bambini. Cre-scendo qui da voi si sono “italianizza-ti” e questo è stato un bene. Incontran-do la cultura italiana — che è cattolica— hanno trovato risposte per la lorovita e ora che “sanno chi sono” posso-no anche guardarsi indietro per scopri-re da dove vengono. La ricerca storicasottesa alla mostra è importantissimaperché documenta tante omissioni delregime, ad esempio i martiri cristiani,molti dei quali morti fucilati».

Che cosa riporta con sé in Alba-nia dopo questa esperienza al Mee-ting?

«Qui ho trovato una passione per lavita, una nuova “filosofia” che mi in-teressa anche per il mio lavoro. Con“Missing People” cerchiamo di mette-re in risalto le esigenze e le sofferenzedelle persone semplici, dando voce atutti cerchiamo in qualche modo di fa-re da tramite tra il popolo e lo stato.Per me è una missione, sin da quandola prima volta mi sono scontrata coldolore di una madre che aveva smarri-to il figlio: anch’io ero appena diven-tata mamma... Allora ho deciso che a-vrei fatto di tutto per aiutare le persone

con questi problemi. Il Signore mi haaiutato e abbiamo ritrovato quel ragaz-zo; per me è stato il segno evidente chedovevo andare avanti. Il lavoro è mol-to duro anche a livello emotivo, peròin questi anni abbiamo riportato a casa1500 persone, e la gioia di queste fa-miglie è la gratificazione più grande. Èuna soddisfazione che non ti fa sentirela stanchezza. Al Meeting ho trovato lastessa forza vitale; torno a casa colmadi gioia, desiderosa di raccontare a tut-ti quello che ho incontrato».

Giovanni Naccarella

Aida Shtino, nell’immagine ufficiale del programma che conduce

Da “Chi l’ha visto?”a «Ora ho visto!»A Rimini per un servizio, la conduttrice di “Missing People Albania”scopre il Meeting. «Ho incontrato una vita nuova. Ora la porto con me»

Nella mostrauno spettacoloAll’interno della mostra “Alba-nia, Athleta Christi”, un quadroteatrale messo in scena da attoriprofessionisti racconta il martiriodel clero albanese durante la dit-tatura comunista. Rappresenta-zioni ogni giorno alle ore 11,30;14,30; 16,00 e 18,00.

Piazza C5

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PERSONAGGI

15 23 agosto

Rony Rameh: «I miei amici sono un tesoro grande, che non si può valutare»

Chi sa andare in profonditàsa entrare in sintoniacon la cultura di un territorio.

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«Se sono lì, Lui sa perché»Molti fuggono. Ma Rony resta in Libano: «Si nasce in un luogo non per caso ma per un compito». E per un’amicizia

Occhi profondi, fede al dito e pro-nuncia perfetta. Difficile accorgersiche non è italiano. Rony Rameh è li-banese, è cristiano, vive a 23 chilo-metri da Beirut. Due figli, Francesco(17 anni) e Marcello (12), e una mo-glie che lo aspettano a casa.

È atterrato ieri proprio dal Libano.Un paese su cui, ancora una volta, siriflettono i problemi e le tensionidell’ingombrante vicino, la Siria. Lacrisi di Damasco si sta “espanden-do”, se così si può dire. E il Libano èlì, fragile come sempre.

In tanti chiedono a Rony di descri-vere la situazione. «A questa doman-da mio figlio risponde sempre: “Dif-ficile!”. Sì, molto difficile. Si so-pravvive, però l’economia sta sof-frendo, gli stipendi si sono alzati, macon essi anche i prezzi; di turisti nonce ne sono più».

Rony lavora come logista per Av-si: si occupa di sicurezza, trasporti,traduzioni, un po’ di tutto. Il suo è unosservatorio privilegiato per capire ilpaese. Dice: «Nel 2006, a causa del-la guerra, molte strutture sono entra-te in crisi di personale. Lavoravo al-la Caritas libanese e ho detto sì a unaproposta di Avsi. Ho accettato ancheper il bene che voglio al Movimen-to: per me è importante lavorare conloro. Le difficoltà non mancano, macome dappertutto!».

Racconta di ingegneri, di agrono-mi, di persone che vanno a visitare lasede di Avsi per lavoro e che sonodel Movimento; dice che questo glifa molto piacere. Poi si ferma e convoce vibrante dice: «Non solo piace-re, incontrare loro “mi tira su”! Per-ché, lo sai, sono tanti i momenti incui ci vuole qualcuno che ti tiri su.Esci e ti accorgi, se sei attento, che lagente è tesa e arrabbiata».

Rony racconta anche la vita delMovimento in Libano: «Quasi ca-

sualmente, avevamo iniziato a fre-quentare gli amici di uno dei miei fi-gli; venivano a giocare a casa nostra,stavamo insieme e spontaneamenteconcludevamo tutti questi bei mo-menti con una preghiera per far lorocapire l’importanza della presenzadel divino nella vita». Rony conti-nua: «I bambini crescevano di nu-mero. Allora siamo andati in parroc-chia. Ci veniva spontaneo parlare diGiussani, raccontare di lui, senza l’i-dea di “fare dei ciellini”. Ora siamo

due coppie di Cl e i giessini circa 20.Per alcuni momenti si invitano an-che le famiglie. Ad esempio, per il15 agosto oramai c’è una tradizione:picnic in una trentina di persone, gri-gliata, canti. Si sta insieme e c’èsempre gente che va e che viene.Quest’anno, due famiglie nuove».

Appare chiaro, ascoltando Rony,che la fede è sostegno reale nella dif-ficoltà delle circostanze. «La fede?Mi ha salvato. Mi aiuta a sopravvi-vere. Molti sono i momenti di dispe-

razione ma chiudo gli occhi anchesolo per un secondo e dico: “Menomale che ci sei tu Signore!”».

Non è facile resistere, in Libano.Molte famiglie hanno gettato la spu-gna, espatriando. «Siamo rimasti inpochi. Perché non scappo anch’io?Vedi, ho capito, aderendo al Movi-mento, che se sono nato lì, proprio inLibano, questa è la mia missione. Èlì il mio posto. Ho avuto tante occa-sioni per andare via, ma sia io chemia moglie siamo consapevoli che,se siamo li, significa che c’è qualco-sa che dobbiamo fare. Cosa di preci-so non lo so, ma è qualcosa di im-portante». Un esempio? «Con Avsiabbiamo aperto nel nord del Libanoun campo profughi per i palestinesi,che non sono cristiani. Mi piace co-noscere le persone e mi sento, graziea Cl, sempre più aperto agli altri. Equando loro, magari musulmani, midicono: “Tu sei diverso”, mi accorgoche una grazia c’è e sta crescendo».

Come ha trovato il coraggio di la-sciare la sua famiglia là per venire alMeeting? «Il Meeting e gli amici ditutto il mondo sono una carica, pernoi. Quando torno racconto cos’hovissuto qui anche a chi non è di Cl.È un conforto enorme. Sì, i miei a-mici sono un grande tesoro, che nonsi può valutare».

Maria Valentini

Momenti commoventi a Ri-mini per il coro di San Pie-troburgo, accolto primadalla comunità ortodossa epoi dal vescovo Lambiasi inDuomo dopo una processio-ne cantata con i vessilli orto-dossi e l’esposizione delle re-liquie dei santi riminesi.Il gesto ha coinvolto non so-lo la commissione ecumeni-ca della diocesi ma anchemolti amici e curiosi che, re-catisi poi in Fiera, hanno se-guito l’esibizione del coro.

Coro russoin città

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Rifiuti che sono più dell’immondi-zia abbandonata per strada, e imperso-nificano tutta la negazione della realtà.La scena in cui si svolge “Casa dolcecasa”, spettacolo stasera in Arena D3,è un luogo ricco di oggetti senza sen-so, una necropoli della civiltà dei no-stri tempi abitata da clochard di etniediverse. Ma in questa disperazione inumeri dei personaggi (clown, acro-bati, equilibristi, giocolieri) possonodiventare tentativi di elevarsi al cielo.

Nel giorno in cui al Meeting ungruppo di clochard porta in scena lastoria di fratel Ettore, una compagniateatrale internazionale (ci sono italia-ni, polacchi, rumeni, russi e unghere-si) rappresenta il mondo degli emargi-nati: artisti che abitano una discaricaper gli scarti della società, nelle faccedei quali può ritrovarsi ogni uomo diquesto mondo in crisi, non soltanto e-conomica. Dietro a questa piece c’è lacreatività di Marcello Chiarenza, regi-sta da anni nel mondo del teatro, spal-leggiato da Alessandro Serena e daCarlo Cialdi Capelli per le musiche: itre hanno coordinato i lavori dellacompagnia Karakasa Circus, risultatodel progetto transculturale Homeless

della Commissione Europea, che tan-to aveva brillato nel Bando Cultura2007-2013. Al Meeting lo spettacoloarriva dopo un tour che l’ha portato ingiro per l’Europa (10mila persone lohanno applaudito ad Anversa).

I quindici quadri in cui il testo sisvolge sono altrettanti spettacoli in u-no, dove emerge tutto «il male di vi-vere» di questi uomini: fame, stan-chezza, freddo, quel luogo chiuso che

si fa sempre più stringente. Ma è unarealtà non definitiva, un’asfissia è de-stinata a rompersi. A farlo, ci pensa u-no “straniero”, una figura che scom-bussola quel luogo buio e grigio, e re-stituisce ai clochard quel naturale de-siderio di vita e bellezza oppresso dauna vita così dura.

Qui sta il nocciolo dello spettacolo:l’arrivo del misterioso individuo portagli emarginati a rimboccarsi le mani-

che e ricostruire la loro casa con ciòche sono e hanno. Quegli oggetti cheprima parevano inutili, ora assumonotutt’altro tono, i corpi riprendono a fa-re evoluzioni, incapaci di trattenere lagioia che hanno in corpo. Ma lo “stra-niero” è molto di più: come ha detto lostesso regista, è «un angelo che mettein collegamento il pubblico, specchiodi ciò che accade, con gli attori. E lapovertà si trasforma in ricchezza».

Tra il surreale e il comico, tra unosketch e un’acrobazia, “Casa dolcecasa” vuole trasmettere la grandezzadel desiderio insito in ogni uomo, e ilsuo risveglio quando incontra ciò chevi sa rispondere, Colui che fa nuovetutte le cose: anche su un set teatrale diacrobati ed equilibristi, dove pure unasedia zoppicante può diventare e-spressione di un gesto poetico.

Emmanuele Michela

Salti, acrobazie e sketchE la poesia entra in discarica“Casa dolce casa” mette in scena un mondo di clochard alle prese con povertà e faticaÈ una necropoli della civiltà, simbolo di un mondo in crisi. Ma uno “straniero” è in arrivo

Una scena di “Casadolce casa”, lo spettacolo

di clown, acrobati,equilibristi,

giocolieri che una compagnia

teatrale internazionale

rappresenta questa sera in Arena D3

«La mia sfida è un jazz pertutti». Parola di musicista. Enon uno a caso, ma il figlio diquell’Enzo Jannacci che hascritto la storia della musica i-taliana, e che nel 2009 com-mosse tutto il Meeting con unconcerto da pelle d’oca. Tre anni fa Paolo, classe 1972,era con lui ad accompagnarloal pianoforte, mentre que-st’anno è voluto tornare insie-me a tre amici, la sua band:Stefano Bagnoli alla batteria,Marco Ricci al basso e il chi-tarrista Luca Meneghello.Suonano insieme da anni:«Ogni mia composizione -spiega Paolo - vuole dialogarecol pubblico e farsi capire.Spesso, grazie all’amicizia, ciriusciamo». Insomma, ap-puntamento alle 22, PiscineOvest: c’è del jazz per tutti.

E. M.

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I FATTI DI OGGI

19 23 agosto

IncontriESIGENZA DI GIUSTIZIA ALLA RADICE DEL-LA DEMOCRAZIAOre 11.15 Auditorium B7 Partecipano: Jason Kenney, ministro federale canadesedell’Immigrazione e Multiculturalismo; Sua Eccellen-za monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore per-manente della Santa Sede per le Nazioni Unite a Gine-vra. Introduce Andrea Simoncini.

LAVORO E CRESCITAOre 11.15 Sala A3Partecipano: Raffaele Bonanni, segretario generaleCisl; Fulvio Conti, amministratore delegato e diret-tore generale di Enel; Elsa Maria Fornero, ministrodel Lavoro e delle Politiche Sociali. IntroduceBernhard Scholz.

LA QUALITÀ COME CULTURA: LA FORZADEL MADE IN ITALYOre 11.15 Sala C1 SiemensIn collaborazione con Unioncamere. Partecipano:Stefano Berni, direttore generale del consorzio perla tutela del Grana Padano; Ferruccio Dardanello,presidente di Unioncamere; Riccardo Monti, presi-dente dell’agenzia per la promozione all’estero el’internazionalizzazione delle imprese italiane; Vin-cenzo Tassinari, presidente del consiglio di gestioneCoop Italia. Introduce Enrico Biscaglia.

MALATTIA: NELL’ESPERIENZA DEL LIMI-TE, L’APERTURA ALL’INFINITOOre 11.15 Sala Neri GEPartecipano: Stefano Conti, ingegnere; Javier Gu-tiérrez, responsabile dell'associazione Medicina ePersona in Spagna. Introduce Felice Achilli.

LA VITA: ESIGENZA DI FELICITÀ. TESTI-MONIANZAOre 15.00 Sala A3Partecipa: Izzeldin Abuelaish, medico palestinese,fondatore della fondazione Daughters for Life e pro-fessor of Global Health at the University of Toronto.Introduce Robi Ronza.

ECONOMIA GLOBALE: PENALIZZAZIONEO VALORIZZAZIONE DELL’EUROPA?Ore 15.00 Sala C1 SiemensIn collaborazione con Invitalia, Agenzia nazionaleper l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo diimpresa. Partecipano: Francesco Confuorti, presi-dente e amministratore delegato di Advantage Fi-nancial; Federico Golla, amministratore delegato diSiemens Italia spa; Maximo Ibarra, amministratoredelegato di Wind. Introduce Domenico Lombardi,president of the Oxford Institute for Economic Po-licy and senior fellow at the Brookings Institution.

IL MITO DELLA VIOLENZA RELIGIOSAOre 15.00 Sala Neri GEPartecipano: William Cavanaugh, professor of

Catholic Studies at DePaul University, Chicago; I-brahim M. M. Shamseddine, fondatore dell’ImamShamseddine Foundation for Dialogue di Beirut;Paola Vismara, docente di Storia della Chiesa all’U-niversità degli Studi di Milano.

GIOVANI E CRISI: FINE DI UN MONDO O I-NIZIO DI UN ALTRO?Ore 15.00 Sala Tiglio A6Partecipa Alessandro Benetton, presidente di Benet-ton Group. Introduce Bernhard Scholz.

DESIDERIO E POLITICAOre 17.00 Auditorium B7Partecipano: Wael Farouq, vicepresidente del CairoMeeting; Mary Ann Glendon, learned hand profes-sor of Law, Harvard University. Introduce GiorgioVittadini.

AD USUM FABRICAE. L’INFINITO PLASMAL’OPERA: LA COSTRUZIONE DEL DUOMODI MILANOOre 19.00 Sala A3Partecipano: Mariella Carlotti, insegnante e curatri-ce della mostra; Roberto Cresta, titolare dell’aziendaBordline srl; Erasmo Figini, presidente dell’associa-zione Cometa; Martina Saltamacchia, assistant pro-fessor of Medieval History at University of Nebra-ska (Omaha) e curatrice della mostra. IntroduceBernhard Scholz.

RAGIONANDO SULLA NATURA DELL’UO-MO. SEMINARIO DI FILOSOFIAOre 19.00 Sala C1 SiemensPartecipano: Andrew Davison, tutor in doctrine atthe Westcott House in Cambridge; John Milbank,professor in Religion, Politics and Ethics at the uni-versity of Nottingham; Aaron Riches, collaboratorprofessor at the International Academy of Philo-sophy in Granada. Introduce Letizia Bardazzi.

FocusINVESTIRE SUI GIOVANI. UN CAFFÈCON…Ore 13.45 padiglione B5Partecipano: Giancarlo Losma, presidente di Feder-macchine; Stefano Micelli, docente di Economia eGestione delle imprese all’Università Ca’ Foscari diVenezia. Introduce Raffaello Vignali.

SULLE STRADE DEL RIENTRO: ITINERARIDEL LAVORO ATTRAVERSO LE POLITI-CHE ATTIVEOre 15.00 Sala Mimosa B6In collaborazione con Fondazione Obiettivo Lavo-

ro. Partecipano: Giuliano Cazzola, vicepresidentedella Commissione Lavoro della Camera dei Depu-tati; Tiziano Treu, vicepresidente della Commissio-ne Lavoro e Previdenza Sociale del Senato; GiorgioVittadini. Introduce Alessandro Ramazza, presiden-te di Obiettivo Lavoro spa.

LA BELLEZZA E IL “PROFONDO ROSSO”:BELLEZZA E VERITÀ TENGONO NEL TEM-PO DELLA CRISI?Ore 19.00 Sala Mimosa B6In collaborazione con Rivista Non Profit. Partecipa-no: Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato diGiGroup; Dario Nardella, vicesindaco di Firenze;Paolo Sciumé, direttore Rivista Non Profit. Introdu-ce Andrea Simoncini.

Testi & ContestiINVITO ALLA LETTURA. Introduce CamilloFornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano.Ore 15.00 Eni Caffè Letterario D5COLLOQUI CON UNA PROFESSORESSAPresentazione del libro di Mirella Bocchini, docen-te di Lettere all’Istituto Professionale Pacinotti diMilano (Ed. Cantagalli). Partecipa l’Autrice.A seguire: EVOLUZIONE. CINQUE QUESTIO-NI NEL DIBATTITO ATTUALE Presentazionedel libro di Fiorenzo Facchini, professore emerito diAntropologia all’Università degli studi di Bologna(Ed. Jaca Book). Partecipano: l’Autore; Carlo Cirot-to, docente di Citologia e Biologia Teorica all’Uni-versità degli studi di Perugia; Elio Sindoni, docentedi Fisica Generale all’Università degli studi di Mila-no-Bicocca.

INVITO ALLA LETTURA. Ore 19.00 Eni Caffè Letterario D5LA CONGIURA DELLE TORRI Presentazionedel libro di Francesco Fadigati, insegnante (Ed. Bo-lis). Partecipano: l’Autore; Maria Teresa Brolis, sto-rica medievista; Edoardo Rialti, docente di Lettera-tura Italiana e Inglese all’istituto teologico di Assisi.A seguire: ALLA RISCOPERTA DI… GILBERTKEITH CHESTERTON Partecipa: Ubaldo Casot-to, giornalista. Intervengono: Paolo Morganti, cura-tore e traduttore della collana Chestertoniana (Mor-ganti Editori); Annalisa Teggi, saggista e traduttrice(Edizioni Lindau).

STORIE DAL MONDO. LA NOTTE DELLASINDONEOre 21.45 Sala Neri GERassegna di reportages internazionali a cura di Ro-berto Fontolan e Gian Micalessin. Presentazione delreportage di Francesca Saracino, regista.

Spettacoli

ARRIETTY IL MONDO SEGRETO SOTTO ILPAVIMENTOOre 14.30 Sala Cinema D7 Acec Film di animazione di Hiromasa Yonebayashi (2010).

SPIRTO GENTIL. GUIDE ALL'ASCOLTOOre 19.00 Sala Neri GELa IV sinfonia di Brahms. Guida all'ascolto con cd. Acura del Maestro Roberto Andreoni.

ETTORE DEI POVERIOre 19.45 Teatro D2 Frecciarossa 1000Un gruppo di ex senzatetto raccontano con uno spetta-colo di marionette la storia avventurosa di colui che hasalvato le loro vite. Una produzione curata dall'Opera difratel Ettore

TATARAKOre 21.30 Sala Cinema D7 AcecDi Andrzey Wajda (Anno 2009).

CASA DOLCE CASAOre 21.45 Arena D3 Superflash Equilibristi e comici per uno spettacolo di teatro acro-batico che racconta le vicissitudini di un gruppo di clo-chard destinati a ‘rinascere’. Uno spettacolo di Marcel-lo Chiarenza e Alessandro Serena.

PAOLO JANNACCI STRING QUARTETOre 22.00 Area Piscine Ovest EdisonCon Paolo Jannacci (pianoforte), Stefano Bagnoli (bat-teria), Marco Ricci (basso), Luca Meneghello (chitarra).

SportVII GAGLIARDA'S MEETINGOre 11.00 Il Gioco del Lotto Sport VillageTorneo di Calcio a 5 delle Opere di Accoglienza.

TORNEO OPEN DI BEACH VOLLEYOre 11.00 Il Gioco del Lotto Sport Village

BASKET IN CARROZZINAOre 12.00 Il Gioco del Lotto Sport VillageA cura dell'associazione Sportiva BRIANTEA 84.

TORNEO DI TENNISTAVOLOOre 15.00 Il Gioco del Lotto Sport VillageOrari: 15-18 e 20-23.30.

VIII TRIATHLON non agonistico per tutti Ore 18.00 Lido S. Giuliano Mare - sinistra dellaDarsenaRitrovo ore 17.30 presso il Consorzio Lido S. Giuliano(a sinistra della Nuova Darsena).

PEDALATA ECOLOGICAOre 18.00 Rimini Fiera - Parcheggio OvestCon visita ai luoghi storici e religiosi di Rimini e cir-condario.LA

GIOR

NATA

L’uomo e la giustiziaAlle 19 si presenta la mostra sul Duomo di Milano

RASSEGNASTAMPA «Il caldo torrido di fine agosto

contribuisce ad incendiare undibattito sulla giustizia che oraprofila un attacco per via politi-co giudiziaria alle massime au-torità dello Stato. “Vogliono ab-battere Napolitano e Monti, c’èun progetto politico portato a-vanti da diversi soggetti” ha in-fatti detto Luciano Violante, re-sponsabile riforme del Pd a Sus-sidiario.net che lo ha intervista-to al Meeting di Comunione eLiberazione ».

D. Mart.

«“Non posso chiedere scusa per-ché sono un magistrato di unostato del Brasile e la sentenza èfederale, ma mi vergogno diquella decisione. Quella su Ce-sare Battisti è stato un problemadi ordine politico” [...] Così, inconferenza stampa al Meeting diRimini, ieri Tomaz De Aquino Re-sende, magistrato dello stato diMinas Gerais in Brasile, ha com-mentato la sentenza della Cortesuprema che nei mesi scorsi harespinto la richiesta di estradizio-ne».

«A sera, intorno alle 22.53, s’èindignato pure David Sassoli:[...] “Cl: unioni gay ‘un male perl’umanità’. Carretto ci ha inse-gnato che un sacramento non sidifende con la legge e la legge èper tutti”. [...] Impropriamente, at-tribuendo a Cl frasi pronunciatenon si sa da chi».

Goffredo Pistelli

«Ha sempre “scortato” il Mee-ting, prima in veste di sostitutocommissario, vice dirigente del-la Digos, ora in qualità di volon-tario. “Semplicemente costruisco ilMeeting da un’altra parte, conun altro sguardo – si meravigliaFiorenzo Mami, 56 anni, sposa-to con due figli –. La kermesseriminese mi ha intrigato: com-prendi che le cose hanno un sen-so, riconosci che c’è qualcosa inpiù, partecipi ad un avvenimen-to di gratuità che rimanda dav-vero ad un oltre”».

Paolo Guiducci

«Troppi applausi al potere. Fa-miglia Cristiana sale sul pulpitoe prova a mettere in croce ilMeeting, impartendo la sua le-zione al popolo ciellino, accusa-to di conformismo e omologa-zione. Un affondo strategico dalpunto di vista mediatico - dellaserie “piatto ricco mi ci ficco” -che consente al settimanale didon Sciortino di entrare nel co-no di luce dei riflettori».

Fabrizio de Feo

@astro_paolo: “Siete quasi unMare visti da quassù”. Propriooggi che non c’è come sfondo#meeting

@laura_crippa21: “Il #meetinge i suoi volontari si riposano da-vanti all’auditorium... Sssssh...”

@ZinhoMagia: «A Salvini eBorghezio dico attenzione, si èsempre meridionali di qualcu-no» #MarioMauro #meeting

DirettoreStefano FilippiDirettore responsabileCesare Trevisani EditoreAssociazione Meetingper l’amicizia tra i popoliAssociazione riconosciuta con D.P.R.n.869 del 6/8/1986, sede: via Flami-nia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini.Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422.Progetto graficoG&C, MilanoImpaginazioneÈdita, RiminiFotolito e stampaSigrafvia Redipuglia, 77 Treviglio (BG)RegistrazioneTribunale di Rimini n.16/91 del15/07/1991PubblicitàUfficio commerciale MeetingTel. 0541-783100FotografiPaola Marinzi, Giovanni Zennaro, Anna ArigossiE.mail: [email protected]

MEETING

QUOTIDIANO

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