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ENRICO CATERINI RAPPORTO DI ASSISTENZACONTENUTO MINIMO» E TUTELA DELLA PERSONA SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. L’assetto dei princìpi fondamentali riservati allo Stato: contenuto minimo del rapporto – 3. Dignità della persona umana – 4. Segue: il bisogno di salute – 5. Segue: accesso equo all’assistenza – 6. Segue: qualità della cura – 7. Segue: appropriatezza della cura – 8. Segue: economicità dell’azione assistenziale – 9. Segue: essenzialità dei livelli di assistenza e uniformità delle prestazioni – 10. Segue: concorrenza tra i soggetti erogatori – 11. L’atto aziendale – 12. Il rapporto contrattuale di fatto di assistenza – 13. I livelli essenziali di assistenza e il diritto del percipiente- 14. Conclusioni. 1. Il processo di «aziendalizzazione» dei soggetti erogatori dei servizi e delle prestazioni sociosanitarie, inaugurato dal legislatore nel 1992 1 , è stato perseguito con l’introduzione della sussidiarietà orizzontale nel titolo quinto della Carta fondamentale e dai legislatori regionali attraverso il progetto di federalismo fiscale 2 . Ciò induce l’interprete a ponderare la natura delle aziende della salute e, quindi, dei rapporti giuridici da esse instaurati con gli utenti dei servizi e delle prestazioni. Le questioni implicate nel fenomeno organizzativo dell’erogazione del servizio socio-sanitario riportano al dibattuto dilemma impresa pubblica-impresa privata in termini di alternatività 3 , ovvero, di concorso al perseguimento del diritto fondamentale Il testo trae spunto dalla lezione al Master in «Diritto e management sanitario», IV edizione, promosso dal Dipartimento di Scienze Giuridiche «Costantino Mortati» dell’Università della Calabria ed è destinato al Convegno di Campobasso del 28-29 maggio 2008 su «La persona tra diritti irrinunziabili e formazione della personalità». 1 D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, per come successivamente modificato e integrato dal D. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419; l. cost. 18 ottobre 2001, n. 18, che distingue le competenze statali da quelle regionali in materia sanitaria, introducendo per queste ultime una maggiore flessibilità organizzativo-attuativa. 2 art. 119 cost.; d. lgs. 18 febbraio 2000, n. 56, attuativo della legge 13 maggio 1999, n. 133; E. Jorio, Attuazione del federalismo fiscale per Regioni, Enti locali e Sanità, Rimini, 2007, p. 7 e ss., fa assurgere i Patti di stabilità e crescita approvati dal legislatore nazionale al rango dei «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» previsti dall’art. 117, co. 1°, cost., in quanto derivati dal patto di stabilità e crescita introdotto nel Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 all’art. 104 Trattato CE ove si impone di evitare i «disavanzi pubblici eccessivi» e all’uopo la Commissione sorveglia la situazione di bilancio e del debito pubblico sotto due profili: il rapporto tra disavanzo pubblico e prodotto interno lordo (soglia del 3%) e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (soglia del 60%). Su federalismo fiscale, v. F. Puzzo, Il federalismo fiscale. L’esperienza italiana e spagnola nella prospettiva comunitaria, Milano, 2002, p. 91 e ss. 3 Il dibattito del Giudice delle leggi è riassunto da R. Di Raimo, Economia mista e modelli di sviluppo: lo Stato imprenditore nell’opera cinquantenaria del Giudice delle leggi, in Impresa pubblica e intervento dello Stato nell’economia. Il contributo della giurisprudenza costituzionale, Cinquanta anni della Corte costituzionale, a cura di R. Di Raimo e V. Ricciuto, Napoli, 2006, p. XI e ss., ove si dà conto dell’attenzione rivolta dal giudice più che ai modelli di intervento agli aspetti teleologici e alle sensibilità sociali ed economiche delle varie fasi storiche dal dopoguerra ad oggi che hanno determinato le decisioni costituzionali.

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ENRICO CATERINI

RAPPORTO DI ASSISTENZA, «CONTENUTO MINIMO» E TUTELA DELLA PERSONA

SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. L’assetto dei princìpi fondamentali riservati allo Stato: contenuto minimo del rapporto – 3. Dignità della persona umana – 4. Segue: il bisogno di salute – 5. Segue: accesso equo all’assistenza – 6. Segue: qualità della cura – 7. Segue: appropriatezza della cura – 8. Segue: economicità dell’azione assistenziale – 9. Segue:essenzialità dei livelli di assistenza e uniformità delle prestazioni – 10. Segue: concorrenza tra i soggetti erogatori – 11. L’atto aziendale – 12. Il rapporto contrattuale di fatto di assistenza – 13. I livelli essenziali di assistenza e il diritto del percipiente- 14. Conclusioni.

1. Il processo di «aziendalizzazione» dei soggetti erogatori dei servizi e delle prestazioni sociosanitarie, inaugurato dal legislatore nel 19921, è statoperseguito con l’introduzione della sussidiarietà orizzontale nel titolo quintodella Carta fondamentale e dai legislatori regionali attraverso il progetto difederalismo fiscale2. Ciò induce l’interprete a ponderare la natura delle aziende della salute e, quindi, dei rapporti giuridici da esse instaurati con gli utenti dei servizi e delle prestazioni. Le questioni implicate nel fenomeno organizzativo dell’erogazione del servizio socio-sanitario riportano al dibattuto dilemma impresa pubblica-impresa privata in termini di alternatività3, ovvero, di concorso al perseguimento del diritto fondamentale

Il testo trae spunto dalla lezione al Master in «Diritto e management sanitario», IV edizione, promosso dal Dipartimento di Scienze Giuridiche «Costantino Mortati» dell’Università della Calabria ed è destinato al Convegno di Campobasso del 28-29 maggio 2008 su «La persona tra diritti irrinunziabili e formazione della personalità».1 D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, per come successivamente modificato e integrato dal D. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419; l. cost. 18 ottobre 2001, n. 18, che distingue le competenze statali da quelle regionali in materia sanitaria, introducendo per queste ultime una maggiore flessibilità organizzativo-attuativa.2 art. 119 cost.; d. lgs. 18 febbraio 2000, n. 56, attuativo della legge 13 maggio 1999, n. 133; E. Jorio, Attuazione del federalismo fiscale per Regioni, Enti locali e Sanità, Rimini, 2007, p. 7 e ss., fa assurgere i Patti di stabilità e crescita approvati dal legislatore nazionale al rango dei «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» previsti dall’art. 117, co. 1°, cost., in quanto derivati dal patto di stabilità e crescita introdotto nel Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 all’art. 104 Trattato CE ove si impone di evitare i «disavanzi pubblici eccessivi» e all’uopo la Commissione sorveglia la situazione di bilancio e del debito pubblico sotto due profili: il rapporto tra disavanzo pubblico e prodotto interno lordo (soglia del 3%) e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (soglia del 60%). Su federalismo fiscale, v. F. Puzzo, Il federalismo fiscale. L’esperienza italiana e spagnola nella prospettiva comunitaria, Milano, 2002, p. 91 e ss.3 Il dibattito del Giudice delle leggi è riassunto da R. Di Raimo, Economia mista e modelli di sviluppo: lo Stato imprenditore nell’opera cinquantenaria del Giudice delle leggi, in Impresa pubblica e intervento dello Stato nell’economia. Il contributo della giurisprudenza costituzionale, Cinquanta anni della Corte costituzionale, a cura di R. Di Raimo e V. Ricciuto, Napoli, 2006, p. XI e ss., ove si dà conto dell’attenzione rivolta dal giudice più che ai modelli di intervento agli aspetti teleologici e alle sensibilità sociali ed economiche delle varie fasi storiche dal dopoguerra ad oggi che hanno determinato le decisioni costituzionali.

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e dell’interesse della collettività sancito dall’art. 32 Cost.4 La concezione binaria che fonda l’alternativa dei due modelli dell’azione economica,contiene una pre-scelta aderente a soluzioni logico-concettuali. Si seguono percorsi argomentativi formalistici i quali raffigurano schemi logici in apparenza neutri: l’ebraismo e il marxismo segnano delle similitudini astratte dalle quali il binomio impresa privata-impresa pubblica ha molto attinto, benché i distinti canoni divergano nei rispettivi scopi-valori5.Bisogna prendere atto che il quadro istituzionale derivante dal sistema italo-europeo delle fonti del diritto e le sue scelte fondative involgono un radicale superamento dell’impostazione binaria anzi evocata, per favorire l’adozione di soluzioni che pretermettano le scelte strutturali a quelle funzionali, adeguando le seconde alle prime attraverso un metodo decostruttivo-ricompositivo fondato sulla sussidiarietà, la flessibilità, la differenziazione e la proporzionalità dello schema allo scopo predeterminato6.S’aggiunga che nella materia sanitaria l’opera ricompositiva e di sistemazione subisce i reflussi di un continuo intervento legislativo il quale, nel rincorrere il dato di esperienza e della tecnica, conserva una continua

4 Il dettato costituzionale va collegato all’assetto dei poteri devoluti alle regioni dopo la citata riforma del titolo V sia in termini funzionali-organizzativi –artt. 117, co. 2°, lett. m); 5; 114 e 118-, che in termini di fiscalità perequativa –artt. 117, co. 2° lett. e); 119-. È sin troppo evidente che la indicazione dei profili di organizzazione-attuazione dei servizi salutari come quelli affidati alla competenza concorrente delle regioni, unitamente alla definizione statale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali, implica l’attribuzione di un ruolo centrale al prelievo fiscale quale strumento per finanziare integralmente le funzioni pubbliche devolute alle regioni; in tal senso il fondo perequativo previsto a vantaggio di quei territori con una minore capacità contributiva, in altri termini con un più basso prodotto interno lordo, diviene il fulcro per la realizzazione dei livelli essenziali. In questo mutato assetto normativo, l’esigibilità prestazionale del singolo percipiente del servizio salutare –alias l’esercizio del diritto fondamentale- può attuarsi attraverso un’organizzazione regionale del servizio salutare efficiente e di qualità, che sappia, quindi, far concorrere gli erogatori pubblici con quelli della sussidiarietà orizzontale, ma soprattutto, sappia coniugare il bisogno sanitario con quello sociale di assistenza in una dimensione integrata del servizio che valorizzi il profilo c.d. territoriale della prestazione salutare. Dunque, la disarticolazione territoriale organizzativa diviene, nell’architettura della riforma, la risposta adeguata alla piena tutela della salute della persona come materia-valore, Corte cost., 26 giugno 2002, n. 282, red. Onida, in Giur. cost., 2002, 3, p. 2012 e ss., con note di A. D’Atena, La Consulta parla… e la riforma del titolo V entra in vigore, p. 2027 e ss.; D. Morana, La tutela della salute, fra libertà e prestazioni, dopo la riforma del titolo V. A proposito della sentenza 282/2002 della Corte Costituzionale, p. 2034 e ss. Sull’argomento v., E. Jorio, Diritto sanitario, rist. agg., Milano, 2006, p. 125 e ss.5 È noto il parallelismo logico che può intravedersi in alcuni snodi dell’evoluzione dei due pensieri: Yahwèh “io sono colui che sono”, il messia, gli eletti, la chiesa, la seconda venuta, l’inferno, il millennio, il libero arbitrio, da un lato; materialismo dialettico, Marx, il proletariato, il partito comunista, la rivoluzione, la punizione dei capitalisti, la società comunista, il determinismo, dall’altro. Ciononostante alcuno si spingerebbe nel dare i medesimi fini ai due pensieri, v., F. Parente, in Storia delle idee politiche economiche e sociali, diretto da L. Firpo, II, Torino, 1985, p. 113 e ss. e A. Zanardo, ibidem, p. 411 e ss. Per un primo esame dei contratti sanitari che operano nel mercato privato, v., M. Montanari, I contratti di somministrazione di servizi nel settore sanitario: il telesoccorso e la convenzione di check-up aziendale, in I contratti di somministrazione di servizi, a cura di R. Bocchini, pres. di P. Rescigno, Torino, 2006, p. 745 e ss., con ivi note di richiamo ove si indica in crescita il settore privato dei servizi socioassistenziali riferendo i dati Istat del 2001.6 Sia consentito il rinvio a E. Caterini, Politica dei consumi e diritto dei contratti. Il paradigma del principio «generale» di sicurezza, in Il diritto dei consumi, III, a cura di P. Perlingieri e E. Caterini, Rende-Napoli, 2007, p. 137 e ss. e anche in Rass. dir. civ., 2006, p. 627 e ss.

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«apertura» del sistema: mai come in siffatto àmbito dell’ordinamento si assiste a quella perenne ricerca di equilibrio fatta di continuità e discontinuità, di unità e molteplicità, di astrazione scientifica e di esperienza storica, a cui tende la scienza pratica del diritto7.Il tema è denso di sviluppi se soltanto si pensa a come il Giudice delle leggi è intervenuto in materia di «organizzazione delle libertà sociali»riconoscendo -in applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale- alle persone giuridiche private la loro piena competenza nello svolgimento di attività di interesse generale per la realizzazione di «beni privati» quali l’istruzione, la ricerca scientifica, la sanità, la beneficenza e l’assistenza alle categorie deboli, la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, competenza con il solo limite della non sufficiente efficacia di perseguimento degli interessi generali affidati agli enti non profit a vantaggio dell’intervento pubblico8. Ciononostante, attualmente la produzione e distribuzione dei «beni-servizi» socio-salutari essenziali è affidata all’oligopolio degli erogatori pubblici e privati-autorizzati9. La ragione dev’essere rinvenuta nella essenzialità del servizio il cui fine sociale persegue l’interesse generale alla rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la sua effettiva partecipazione. In tale funzione l’opera di coordinamento e indirizzo degli strumenti di pianificazione sanitaria si integra nella riserva «originaria» di attività degli enti pubblici economici, ovvero, degli enti privati autorizzati, i quali, soggetti della spesa pubblica10, orientano la loro presenza oligopolistica sul mercato secondo fini preposti alla prioritaria tutela del percipiente-creditore: l’oligopolio è strumento di realizzazione del mercato allo stesso modo della concorrenza nella realizzazione di interessi e valori differenti11. Pertanto, oltre il «bene-servizio» socio-salutare essenzialelo strumento oligopolistico lascia il campo alla libera competizione benchénel rispetto dell’utilità sociale, della sicurezza, della libertà e dignità

7 Il riferimento è alle note pagine di S. Pugliatti racchiuse in Grammatica e diritto, Milano, 1978, passim, ma spec., p. 77 e 101 e ss., nonché nella Presentazione di E. Paresce, pp. V-XVII.8 Il tema è svolto con riguardo alla nota sentenza in materia di fondazioni bancarie -Corte cost., 29 settembre 2003, n. 300- ma considerandone le potenzialità espansive nel settore delle attività non profit, da M. Nuzzo, Questioni aperte in tema di fondazioni, in Impresa pubblica e intervento dello Stato nell’economia, cit., p. 193 e ss.; interessante è la affermata natura privatistica delle fondazioni bancarie rilevabile «tutte le volte…in cui l’autonomia dell’ente non viene di fatto sostituita dall’arbitrio della pubblica amministrazione e che gli scopi perseguiti siano in linea con l’organizzazione di cui si serve…in tal modo colloca le fondazioni bancarie tra gli enti strumentali o funzionalizzati all’attuazione del principio di sussidiarietà»: così, S. M. Meloni, Le fondazioni di origine bancaria nel dibattito sul settore non profit, ibidem, p. 201 e ss.9 Vedi infra note 81 e 82.10 V. E. Piccozza, Intervento dello Stato in economia e finalità sociali: dalla programmazione economica imperativa e per obiettivi alla dismissione dei beni e delle aziende pubbliche. Una parabola necessaria?, in Impresa pubblica e intervento dello Stato nell’economia, cit., p. 41 e ss.11 Il tema è esaminato da U. Mattei, A. Gallarati, S. Pugno, A. Rosboch, I monopoli pubblici, i Giudici delle leggi e la Costituzione economica neo-liberista, in Impresa pubblica, cit., p. 19 e ss.

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umana12. Da qui l’innesto di aziendalismo nell’organizzazione e funzionamento dei servizi socio-salutari, i quali ultimi sebbene modellati nello schema oligopolistico richiedono l’adozione di strumenti di azione rispettosi della razionalità economica.

2. L’assetto dei princìpi fondamentali della materia è da rinvenire in un combinato normativo che fa concorrere l’art. 32 con gli artt. 117, co. 2, lett. m) e 120 co. 2, gli articoli 2 e 3 con gli artt. 41 co. 3 e 43 della Costituzione, l’art. 86 del Tr. Roma con l’art. 1 del d. lgs. n. 502 del 1992 e l’art. 2, co. 2, cod. cons. Il quadro delineato è complesso e richiede una chiave interpretativa che bilanci i molteplici interessi e valori confluenti nelle vicende di organizzazione e erogazione delle prestazioni e dei servizi salutari. Non a caso la stessa norma costituzionale dell’art. 32 combina il diritto fondamentale alla salute della persona con l’interesse della collettività, quindi, le regole organizzative e di funzionamento del sistema di erogazione – comprese quelle finanziarie - quale strumento condizionante le modalità e i termini del riconoscimento e dell’estensione del diritto fondamentale13. Quivi risiede la ragione delle norme sui livelli essenziali di assistenza e uniformi delle prestazioni. Occorre premettere che la riforma sanitaria ha concepito le aziende come persone giuridiche pubbliche con autonomia imprenditoriale14. L’azienda socio-salutare disciplina la propria organizzazione e il funzionamento a mezzo di un atto aziendale di diritto privato, conformato da princìpi e criteri previsti anche da fonti regionali, non necessariamente primarie15. Con l'atto aziendale si individuano le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica.L’art. 117, co. 2°, lett. m), cost.16, indica la riserva di legge statale sulla

12 Per una lettura dell’art. 41 cost., sia consentito il rinvio a E. Caterini, Dall’impresa agricola all’impresa agronomica. Per una rilettura dell’art. 2135 c.c., in Rass. dir. civ., 1998, p. 754 e ss.13 V. P. Perlingieri, Il diritto alla salute quale diritto della personalità, in Id., La persona e i suoi diritti. Problemi di diritto civile, Napoli, 2005, p. 103 e ss.; 14 Sono concepiti come enti pubblici economici, v., T.A.R. Calabria, Cz, 17 gennaio 2001, n. 37, in www.giustiziamministrativa.it; Cons. Stato, 9 maggio 2001, n. 2609, in Foro amm., 2001, p. 1175; Cons. Stato, 5 maggio 2002, n. 809, in www.giustiziamministrativa.it:, T.A.R. Toscana, 17 settembre 2003, n. 5101, in Rass. giur. far., 2004, p. 79 ss.15 La L.R. Calabria, 19 marzo 2004, n. 11 di approvazione del piano sanitario regionale 2003-2005, all’art. 7, co. 2°, prevede che l’adozione degli atti aziendali di diritto privato saranno adottati conformemente all’atto di indirizzo della Giunta regionale assunto con deliberazione del 2 maggio 2006, n. 313 (Burc, 1 giugno 2006), ma sul punto infra nel testo.16 Per un primo esame della questione teorica,v., G. SCACCIA, Legge e diritti fondamentali nell’art. 117 cost., in Quad. cost., 2003, p. 531 e ss.; G. VERDE, Alcune considerazioni sulla potestà legislativa statale e regionale nel nuovo art. 117 cost., in Dir. e soc., 2002, p. 549 e ss.; C. PINELLI, Sui «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» (art. 117, 2º comma, lett. m), cost.), in Dir. pubbl., 2002, 881 e ss ; M. LUCIANI, I diritti costituzionali tra stato e regioni (a proposito dell’art. 117, 2º comma, lett. m), cost.), in Pol. dir., 2002, p. 345 e ss.; L. PRINCIPATO, I diritti costituzionali e l’assetto delle fonti dopo la riforma dell’art. 117 cost., in Giur. cost., 2002, p. 1169 e ss.; G. Rossi e A. Benedetti, La competenza legislativa statale esclusiva in materia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in Lav. p.a., 2002, p. 22 e ss.; A. Rovagnati, I

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definizione dei livelli essenziali e uniformi delle prestazioni civili e sociali, che nella materia socio-salutare sono indicati come livelli essenziali di assistenza (l.e.a.)17. La distinta sostantivazione (prestazione v. assistenza) induce a non sottacere la differenza contenutistica volta a non sovrapporre la singola condotta prestazionale con l’attività di assistenza e, quindi, a valutare il parametro costituzionale sul singolo rapporto o sul servizio nel suo insieme18. Il Piano sanitario nazionale 1998-200019 individuava i princìpi guida dei livelli di assistenza nella dignità umana, nella salvaguardia della salute prima di ogni pregiudizio, nel bisogno quale fattore di priorità nel riparto delle risorse, nella solidarietà nei confronti dei soggetti più vulnerabili, nell’efficacia e nell’appropriatezza degli interventi,nell’efficienza produttiva del servizio e nell’equità quale mezzo di

livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto alla salute: un primo esempio di attuazione della previsione di cui alla lett. m), II comma, art. 117 Cost., in Reg., 2003, p. 1141 e ss.; L. Cuocolo, I livelli essenziali delle prestazioni: spunti ricostruttivi ed esigenze di attuazione, in Dir. ec., 2003, p. 389; V. Molaschi, Dei livelli essenziali delle prestazioni, in Rass. giur. san, 2004, p. 237 e ss.; F. Jorio, Il fondo perequativo e i livelli essenziali di assistenza, in San. pub., 2004, p. 373 e ss.; M. P. Fantini e G. Cilione, Procreazione assistita e livelli essenziali di assistenza, in San. pub., 2004, p. 949 e ss.17 D.P.C.M. 5 marzo 2007, modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 recante: «definizione dei livelli essenziali di assistenza». La legge 833 del 1978 stabilisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale, costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione. Viene, quindi, affidato alla legge dello Stato, in sede di approvazione del piano sanitario nazionale, il compito di fissare: «i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini». Nell’articolo 57 della stessa legge si afferma che: «Con decreti del Presidente della Repubblica […] da emanarsi in conformità a quanto previsto dal piano sanitario nazionale, sono gradualmente unificate, nei tempi e nei modi stabiliti dal piano stesso, le prestazioni già erogate dai disciolti enti mutualistici, dalle mutue aziendali e dagli enti, casse, servizi e gestioni autonome degli enti previdenziali». Il problema posto dalla definizione dei l.e.a. è stata la fonte normativa adottata. Il ricorso al decreto del presidente del consiglio dei ministri s’è posto in antitesi con la riserva di legge ordinaria posta dalla norma costituzionale riformata. Tuttavia, con la l. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 54, e poi con la sentenza della Consulta 13 marzo 2003, n. 88, in Giur. cost., 2003, 2, pp. 709-710, s’è provveduto a sanare il vulnus gerarchico che il provvedimento governativo avrebbe generato nel sistema delle fonti voluto dal costituente. Il Giudice delle Leggi afferma che «dopo l’entrata in vigore del nuovo Titolo V della seconda parte della Costituzione, a questa disposizione si è riferito l’emendamento apportato all’art. 6 d.l. 18 settembre 2001 n. 347, dalla legge di conversione 16 novembre 2001 n. 405, per potersi giungere alla definizione dei livelli essenziali di assistenza nel settore sanitario; in questa occasione, peraltro, s’è anche disciplinato il procedimento di adozione dei livelli di assistenza attraverso l’attribuzione ad un apposito decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del compito di definirli, e la previsione del coinvolgimento delle regioni e province autonome attraverso la previa intesa con il Governo, da conseguire in sede di conferenza permanente […]». La citata l. n. 289 del 2002 ha affermato che i livelli di assistenza per il futuro sono quelli del d.p.c.m. 29 novembre 2001 e la Corte Costituzionale afferma: «al di là di ogni valutazione di merito sul procedimento configurato e sulla stessa adeguatezza dei livelli essenziali di tal modo individuati, resta indubbio che in tutto il settore sanitario esiste attualmente una precisa procedura, individuata con fonte legislativa, per la determinazione di quanto previsto nell’art. 117, comma 2, lett. m), Cost. e che questa determinazione è intervenuta appunto con il d.P.C.M. 29 novembre 2001». La questione non può dirsi del tutto risolta e sul punto si veda, E. Jorio, Diritto sanitario, cit., pp. 130-131.18 Ma sul punto vedi infra nel testo par. 13.19 Approvato con il d.P.R. 23 luglio 1998

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rimozione delle barriere geografiche ed economiche. Detti l.e.a. sono articolati per aree di offerta, le quali sono distinte nell’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro20, nell’assistenza distrettuale21 enell’assistenza ospedaliera22. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con misure di contribuzione alla spesa, secondo la legislazione vigente. Sono posti a carico del servizio sanitario nazionale i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano risultanze scientifiche i cui benefìci salutari, individuali e collettivi, sono evidenti anche a fronte dell’impegno di risorse. Sono esclusi dai l.e.a. i servizi e le prestazioni non necessari, inefficaci e inappropriati, ovvero, la cui efficacia non è scientificamente dimostrabile, o sono attuabili a soggetti le cui condizioni di salute esorbitano le indicazioni raccomandate; sono escluse le prestazioni antieconomiche o non efficienti sul piano dell’impiego corretto delle risorse economiche e le prestazioni che non rispondono ai bisogni primari della persona (es. interventi estetici non conseguenti ad eventi traumatici, a malattie, a vaccinazioni obbligatorie). Le prestazioni sperimentali possono essere erogate in strutture sanitarie accreditate nell’ambito di appositiprogrammi autorizzati dal ministero della salute. Il d.p.c.m. 16 aprile 2002 ha aggiunto tra i criteri definitori dei l.e.a. le «Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa», ciò considerato che «il criterio dell’appropriatezza e quindi anche l’erogazione delle prestazioni entro tempi appropriati alle necessità di cura degli assistiti rappresenta una componente strutturale dei Livelli essenziali di assistenza»23.I princìpi fondamentali della materia segnano la ragione giustificatricedell’apparato organizzativo e funzionale del servizio e della singola prestazione e si trasfondono nei l.e.a. vivificandone i contenuti. Ogni fonte derivata che incide sul sistema d’erogazione dovrà conformarsi ai detti

20 Profilassi delle malattie infettive e diffusive; tutela dei rischi connessi con l’inquinamento ambientale; tutela dei rischi connessi con gli ambienti di vita e di lavoro; sanità pubblica veterinaria; tutela igienico-sanitaria degli alimenti.21 Assistenza sanitaria di base, assistenza farmaceutica, assistenza specialistica ambulatoriale, assistenza territoriale e semiresidenziale, assistenza residenziale sanitaria.22 Assistenza per acuti (emergenza, ordinaria e in day hospital); assistenza post-acuzie (riabilitazione ordinaria e in day hospital e lungodegenza).23 Relativamente alle modalità di accesso ed ai tempi massimi di attesa per le prestazioni di specialistica ambulatoriale e di ricovero ospedaliero si fa riferimento a quanto previsto dal Patto dellasalute del 23 dicembre 2005 stipulato tra Stato e Regioni. Con riguardo alla regione Calabria, sono adottati i tempi e le modalità indicate nel «Piano regionale di contenimento delle liste di attesa», di cui alla deliberazione di Giunta Regionale del 31 luglio 2006, n. 502. Per ciò che riguarda infine i ricoveri ospedalieri occorre intervenire con il riordino dell’offerta, con lo sviluppo dei servizi residenziali extraospedalieri (in particolare ospedali di comunità e strutture di degenza intermedia), ma anche con una maggiore responsabilizzazione dei prescrittori, per conseguire un tasso programmato di ospedalizzazione conforme all’effettivo bisogno di ricovero, quantificabile per il territorio regionale in un valore massimo di 180 ricoveri l’anno per mille abitanti, comprese le attività di ricovero diurno ed il contributo delle strutture private, così come previsto dagli accordi Stato-regioni.

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princìpi. Essi sono la dignità umana, la considerazione del bisogno di salute, l’accesso equo all’assistenza, la qualità e appropriatezza delle prestazioni e delle cure, l’economicità dell’impiego delle risorse. I l.e.a. sono la sintesi traprincìpi e prestazioni reputate irriducibili e sostanziano il diritto fondamentale alla salute. L’art. 32 cost. è, dunque, rivolto all’esigibilità prestazionale soggettiva verso l’erogatore dei servizi salutari nel contenuto minimo definito dal legislatore nazionale, nonché all’organizzazione e al funzionamento del soggetto erogatore a mezzo del quale le prestazioni ed i servizi sono programmati, concepiti ed eseguiti. Ma è il contenuto minimo del diritto a determinare il livello di doverosità prestazionale, livello epurato dall’abuso del percettore e dell’erogatore della prestazione salutare. Detto contenuto minimo, dunque, non è soltanto espressione di una quantità prestazionale né di una «naturalità» contenutistica: esso manifesta interessi e valori ordinati dal sistema24.I princìpi che compongono il detto contenuto minimo possono distinguersi in d’azione o strumentali, e in sostanziali o finali: i primi sono indirizzati a definire il modus operandi dei soggetti erogatori, ossia le modalità organizzative e comportamentali degli operatori della salute volte a realizzare l’interesse della collettività alla salute sociale; i secondi esprimono gli scopi-valori che il diritto fondamentale alla salute deve massimamente attuare perché la persona umana possa svolgere la sua personalità senza discriminazioni formali e sostanziali; gli uni e gli altri presentano un’evidente complementarità e delineano il concetto di persona secondo l’ordinamento.

24 Con il sintagma può intendersi ciò che la Grundgesetz sanziona all’art. 19, co. 2 che «in nessun caso un diritto fondamentale può essere leso nel suo contenuto sostanziale». Ciò renderebbe l’art. 117, co. 2, lett. m), cost., un principio che, oltre a ripartire le competenze tra Stato e Regioni, conterrebbe un nucleo di diritto sostanziale dei rapporti civili e sociali attraverso il quale la legge fondamentale italiana ribadirebbe la supremazia dei valori esistenziali su quelli patrimoniali e la strumentalità dei secondi ai primi. In Italia il dibattito sul contenuto minimo si è sviluppato sul tema proprietario, v., ex plurimis, P. Perlingieri, Commento alla Costituzione Italiana, Napoli, 2001, p. 295; Aa. Vv, Crisi dello stato sociale e contenuto minimo della proprietà, Napoli, 1983, Atti del convegno di Camerino, 27-28 maggio 1982, passim, ove appaiono di particolare interesse le parole dell’introduttore del valume P. Rescigno, p. X, il quale afferma che «la formula del “contenuto minimo”…non corrisponde né vuole confondersi con quella del “contenuto essenziale”. Quest’ultima nella legge fondamentale di Bonn, ha rango e dignità di principio costituzionale quando dei Grundrechte si preclude al legislatore ordinario, al giudice e ai pubblici poteri di toccare il Wesensgehalt. Non esiste…eguale previsione nel nostro testo costituzionale; ma in ogni caso l’attendibile interpretazione del “catalogo” dei diritti fondamentali nel senso della necessaria individuazione ed intangibilità di un Wesensgehalt tipico di ciascuno di essi non gioverebbe a dotare la proprietà di così energica e qualificata garanzia». Il dibattito scaturiva dalle note pronunce del Giudice delle leggi il quale negli anni ’60-‘80 aveva tutelato in base al contenuto minimo la rendita del dominus e la misura dei canoni, l’indennizzo espropriativo in particolare nei casi di suoli edificatori. La condivisibile criticabilità delle decisioni della Corte costituzionale in materia proprietaria non preclude una rinnovata riflessione sul tema generale del contenuto minimo, o essenziale, o sostanziale, dei rapporti civili e sociali alla luce della novella costituzionale anzi citata, la cui forza pervasiva è tutta da indagare.

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3. I l.e.a. conferiscono concretezza al principio di dignità della persona umana nel contesto ordinamentale e sociale. Esso principio implica il rispetto dell’identità culturale dell’uomo inserito in un contesto relazionale che connette la stima di sé (intesa come riconoscimento dell’Altro che è in ciascuna persona), la cura dell’altro e lo svolgimento di vita in un tessuto istituzionale percepito come giusto25. Le singole azioni dell’uomo divengono testimonianza della sua concezione di vita improntata a scelte assiologiche, ed esse azioni riflettono il senso individuale di dignità26. Il quadro di riferimento pre-scelto è il paradigma delle differenti declinazioni delle dignità umane, ove esse non dipendono soltanto da una mera valutazione soggettiva se non compatibile con l’assetto di giustizia fornito dall’ordinamento27. Ciò impedisce che detto principio possa essere nel suo 25 V. P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, Napoli, 2007, p. 152 e ss.; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, in La persona e i suoi diritti. Problemi di diritto civile, Napoli, 2005, p. 5 e ss.; G. Piepoli, Dignità e autonomia privata, in Studi in onore di Ugo Majello, II, a cura di M. Comporti e S. Monticelli, Napoli, 2005, p. 481 e ss., ove si legge che «La dignità dunque costruisce un orizzonte di irrinunciabile appartenenza della persona all’umanità, intesa come tessuto di mutue relazioni fondate su di un imperativo di reciproco riconoscimento»; D. Messinetti, Personalità (diritti della), in EdD, XXIII, Milano, 1983, p. 355 e ss., il quale concepisce la dignità come valore strutturato in una clausola generale e poiché «la garanzia giuridica esprime la posizione del soggetto nei confronti dell’ordinamento, la soggettivizzazione della norma, ossia l’attivazione di specifici e individuati strumenti di tutela, si manifesta in presenza di un illecito…È solo in questa fase…che si attua l’iniziativa individuale del soggetto, sotto forma di poteri di reazione…» per cui anche «la condotta del soggetto della tutela si lascia attrarre dal dovere di astensione che costituisce l’espressione essenziale della garanzia giuridica», dunque, «il soggetto non ha alcun potere di determinare il valore formale della propria persona nell’ordinamento». Afferma G. Piepoli, o.u.c., p. 497, che «la sovranità e l’autodeterminazione del singolo, con riferimento alle scelte ormai di rilievo esclusivamente individuale e legate alla sua sfera privata, trovano uno specifico limite nella dignità quale valore assoluto nell’orizzonte dell’ordine pubblico…[la clausola della dignità c.d. fondamentale] non può essere indebitamente utilizzata per forme di controllo sociale…essa potrà essere invocata solo ed esclusivamente in relazione al “nocciolo duro” della esperienza della persona: ovvero nelle ipotesi in cui viene messo in discussione quell’”irriductible humaine” del soggetto su cui si fonda l’imperativo del reciproco riconoscimento…la tutela della dignità non riguarda il soggetto in quanto individuo isolato, considerato nella sua individualità, bensì in quanto membro di un particolare gruppo etnico, religioso, ovvero determinato da una determinata nazionalità»;il risvolto dell’argomento si ha sul concetto di identità intesa come «relazionale, che si dà solo nella “relazione con l’altro”», v. G.P. Calabrò, P.B. Helzel, Il sistema dei diritti e dei doveri, Torino, 2007, p. 208 e ss.26 V. gli argomenti di A. Cataudella, L’identità personale, in Scritti in Onore di Ugo Majello, cit., I, p. 317 e ss. ove s’affronta il concetto d’identità nel senso reputazionale e sociale, ovvero, in quello morale-individuale, e della loro coincidenza o divergenza indotta da circostanze esterne al soggetto o volute dal medesimo; distingue un’identità sostanziale e immutabile da una «ipse» e mutabile, G.P. Calabrò, P.B. Helzel, Il sistema, cit., p. 214 27 V. P. B. Helzel, Il rapporto medico-paziente tra principi etici e norme giuridiche, in Le Corti Cal., 3, 2007, p. 611 e ss. La questione si pone soprattutto in presenza dell’esodo dei popoli musulmani nei paesi europei. Le differenze culturali e religiose confluenti nei processi di integrazione pongono la questione sul punto di compatibilità ammissibile, sulla riserva delle identità culturali, sulle etiche laiche o religiose dello stato. Il fatto che in una parte del mondo islamico la legge statuale sia fortemente condizionata nei contenuti da quanto sostenuto da una cultura religiosa pone di fronte ad un quesito: l’Islām, nato anche come insieme di regole tese a disciplinare ogni aspetto della vita dell’uomo, in che reale rapporto è con il concetto di Stato laico? Questa è una domanda che acquista sempre più importanza nella realtà occidentale in cui, a causa dei flussi di immigrazione e delle frequenti conversioni di cittadini occidentali al culto islamico, l’Islām diventa una realtà culturale e religiosa. Per affrontare il tema è necessario definire la laicità. Questa non è espressamente proclamata dalla Carta costituzionale italiana, ma «[…] assume rilevanza giuridica potendo evincersi

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dalle norme fondamentali del nostro ordinamento […]». La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 203 del 12 aprile 1989, in Giust. civ., 1989, I, p. 1277 e ss. ha definito il principio di laicità in ciò che «emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, [la quale] implica non indifferenza dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale». Il Consiglio di Stato, sez. VI, 13 febbraio 2006, n. 556, in Foro it., 2006, 4, 3, p. 181, chiarisce che gli artt. 7 e 8 della Carta costituzionale «interdicono allo Stato di entrare nelle faccende interne delle confessioni; garantisce la tutela dei diritti fondamentali della persona […], indipendentemente da quanto disposto dalla religione di appartenenza; è per tutti, e non solo per i cittadini, tutela della libertà in materia religiosa, e cioè di credere, non credere, di manifestare in pubblico o in privato la loro fede, di esercitarne il culto». Il Consiglio di Stato asserisce che: «Dalle norme costituzionali italiane richiamate dalla Corte per delineare la laicità propria dello Stato si evince, inoltre, un atteggiamento di favore nei confronti del fenomeno religioso e delle confessioni che lo propugnano, avendo la Costituzione posto rilevanti limiti alla libera esplicazione della attività legislativa dello Stato in materia di rapporti con le confessioni religiose; attività che potrà praticarsi ordinariamente soltanto in forma concordata sia con la religione di maggioranza sia con le altre confessioni religiose (art. 7,2° co., art. 8,3° co.)». Il concetto di laicità può, infatti, essere anche inteso come neutralità dello spazio pubblico rispetto a qualsiasi richiamo alla religione, qualunque essa sia. Secondo il Consiglio di Stato «[…] la laicità, benché presupponga e richieda ovunque la distinzione fra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti nel tempo e uniformi nei diversi Paesi, ma, pur all’interno di una medesima “civiltà”, è relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi essenzialmente storica, legata com’è al divenire di questa organizzazione […]. [Quale sia il sistema giuridico che] meglio risponde ad un’idea astratta di laicità, che alla fine coincide con quella che ciascuno trova più consona con i suoi postulati ideologici, è questione antica; una questione che però va lasciata alle dispute dottrinarie». G. Boniolo, Laicità. Una geografia delle nostre radici, Torino, 2006, p. XX, spiega come la laicità possa essere considerata un atteggiamento intellettuale.Egli sostiene che «laicità comporta necessariamente lasciare libertà di coscienza e solo auspicabilmente avere libertà di coscienza»; la libertà di coscienza è la libertà di credenza, libertà di conoscenza e libertà di critica. Dunque, dare la possibilità a ciascuno, attraverso l’utilizzo della ragione individuale, di trasformare un insieme di credenze in conoscenza. «Ecco allora che la libertà di conoscenza dovrebbe comportare sia la possibilità di accedere alle varie conoscenze disponibili, sia la possibilità di creare nuova conoscenza, dove colui che accede o crea dovrebbe avere la consapevolezza che la conoscenza è intesa come qualcosa in cui la ragione, sia essa deduttiva o argomentativa, ha un ruolo privilegiato». L’identità musulmana non è infatti chiusa, confinata in principi rigidi e fissi, ma adeguabile rispetto al contesto in cui la persona è collocata, certamente un’adeguabilità che deve avvenire nel rispetto e nell’osservanza di quelli che sono i Pilastri dell’Islām e gli altri principi fondanti la religione stessa. Quando si evita di imporre ad una comunità un solo ed unico modo di vedere la realtà si apre la strada ad una maggiore libertà e ad un’adesione più sincera e più solida alle credenze ed alle pratiche religiose, così, T. Ramadan, L’Islam in Occidente, Milano, 2006, pp. 100-103. Dunque, la laicità intesa quale espressione di razionalità umana trova la sua consacrazione nel testo etico positivizzato che l’ordinamento giuridica ha adottato a fondamento della convivenza civile e sociale di un paese: pertanto, la Carta costituzionale è la fonte etico-positiva della dignità umana nella sua accezione laica in un dato contesto culturale e sociale alla quale ogni persona –cittadino o meno- deve attenersi. La questione ha il suo riflesso sull’obiezione di coscienza nelle pratiche sanitarie eticamente sensibili: può il rifiuto di alcune prestazioni socio-assistenziali rendere inesigibile il diritto alla prestazione preteso dal percipiente? Il rapporto giuridico sanitario secondo lo stesso art. 32 cost. è –comunque- mediato dal diaframma organizzativo il quale, con la sua personificazione, deve garantire e realizzare la dignità del prestatore-obiettore senza negare quella del percipiente che richiede un servizio eticamente sensibile. Per cui la prestazione socio-sanitaria non eseguita per obiezione di coscienza non esime da responsabilità l’azienda sanitaria divenuta inadempiente a causa del mal governo del servizio eticamente sensibile; per una disamina della questione, v., ex plurimis, S. Cotta, Coscienza e obiezione di coscienza (di fronte all'antropologia filosofica), in Iustitia, 1992, p. 109 e ss.; R. Bertolino, Assistenza religiosa, obiezione di coscienza e problemi morali e psicologici nel prisma della struttura ospedaliera, in Arch. giur., 1989, 3, p. 81 e ss.; A. Cerri, Per una questione di centimetri...: un caso di obiezione di coscienza nei rapporti interprivati, nota a Pret. Milano, 13 luglio 1987, in Giur. cost.., 1987, II, 1, p. 151 e ss.; S. Prisco, Fedeltà alla repubblica e obiezione di coscienza. Una riflessione sullo stato, Napoli, 1986, passim; G. Boni, Il dibattito sull'immissione in commercio della cd. pillola del giorno dopo: annotazioni su

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esercizio «sviato» dallo scopo dell’ordinamento: in altri termini si discute dello status personae28.Pertanto, in esso si involge la problematica del trattamento sanitario obbligatorio29; della sperimentazione nell’uomo: con e senza fine terapeutico30; del trattamento eutanasico31. È degno, per la concezione

alcuni profili giuridici della questione, in particolare sull'obiezione di coscienza, in Dir. fam., 2001, p. 677 e ss.; G. Biscontini, Aborto della minorenne e obiezione di coscienza del giudice tutelare, in Rass. dir. civ., 1997, p. 241 e ss.; F. D’Agostino, L’obiezione di coscienza nella prospettiva di una società democratica avanzata, in Dir. eccl., 1992, I, p. 65 e ss.28 Sull’argomento si rinvia a P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, pp. 44 e ss., 510 e ss., 532 e ss., 666 e ss., 735 e ss., 749 e ss., 753.29 V., artt. 33, 34 e 35 l. n. 833 del 1978; V., P. Perlingieri, La tutela giuridica dell’«integrità psichica. (a proposito delle psicoterapie)», in La persona e i suoi diritti, cit., p. 133 e ss.; A. Pellegrini, La tutela dell'infermo psichico nel trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera in una sentenza della S.C.: una giusta riaffermazione di principi ormai consolidatisi, ma non sempre adeguatamente valorizzati ed applicati dalla giurisprudenza di merito, nota a Cass., sez. I, 23 giugno 1998 n. 6240, in Dir. fam., 2001, p. 24; A. Zorzi Giustiniani, Accertamento sanitario e trattamento sanitario obbligatorio in materia di Aids negli Stati Uniti d'America, in Giur. it., 1992, IV, p. 14; V. Fineschi, Tutela della salute e diritti della persona nella definizione del trattamento sanitario obbligatorio, nota a Corte cost., 22 giugno 1990, n. 307, in Riv. it. med. leg., 1990, p. 914 e ss. In giurisprudenza si legge: «L'azione rivolta a far dichiarare l'illegittimità del trattamento sanitario obbligatorio (nella specie: trasfusione di sangue) per violazione di un diritto inerente alla persona, quale è quello di professare una fede religiosa (nella specie: testimoni di Geova), ha carattere personalissimo, e può pertanto essere esercitata soltanto dal soggetto direttamente interessato, se maggiore d'età e capace, con esclusione, quindi, dei suoi genitori ed eredi», T.A.R. Lazio, 8 luglio 1985, in Dir. fam., 1985, p. 996; «La posizione soggettiva in cui si trova il destinatario del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio non ha natura di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo pieno, non suscettibile di affievolimento a fronte del potere riconosciuto all’autorità amministrativa. Infatti il provvedimento di ricovero coattivo del soggetto sospettato di malattie mentali si inquadra tra quelli restrittivi della libertà personale. Ne consegue il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ordine all’impugnazione del provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio emesso dal Sindaco nella sua funzione di ufficiale di governo»,T.A.R. Toscana, Fi, Sez. I, 27 novembre 2006, n. 6022, Massima redazionale, 2006. 30 Per un esame della questione, v., P. Perlingieri, Riflessioni sull’inseminazione artificiale e sulla manipolazione genetica, in La persona, cit., p. 169 e ss.; P. L. Ciccone, La Fivet, una tragica sperimentazione sull’uomo, in Dir. fam., 1987, p. 999 e ss:, N. Silvestri, La sperimentazione sull’uomo, Padova, 1990, pag. 150 e ss.; G. Ferrando, La sperimentazione sull’uomo, in Pol. dir, 1995, p. 485 e ss.; A. Loreti Beghé, L. Marini, La tutela della persona umana nella sperimentazione clinica dei farmaci e il ruolo dei comitati etici tra regole internazionali, disciplina comunitaria e normativa italiana, in Riv. inter. dir. uomo, 1999, p. 640 e ss.; W. Chiaia, La responsabilità dello sperimentatore nella sperimentazione di farmaci sull’uomo, in Ragiusan, 2005, p. 250 e ss.; A. Mirando, Life after Death: gli atti di disposizione del corpo nei sistemi di Common Law, in Studi in Onore di Ugo Majello, cit., 219 e ss., ove nel riferire la casistica più nota a livello internazionale rimarca l’equivalenza concettuale tra i modelli di appropriazione proprietaria delle cose e quello del materiale biologico con l’unica differenza dell’alienabilità dei primi e inalienabilità dei secondi, con tutte le perplessità assiologiche che reggerebbe siffatta assimilazione; F. D. Busnelli, «Procreazione artificiale: una giurisprudenza in “trincea”», in Studi in Onore di Ugo Majello, cit., I: p. 279 e ss. ove si richiama la norma del codice civile argentino del 1871, tuttora vigente, con la quale si dà rilevanza giuridica al prodotto del concepimento ancor prima del suo attecchimento nell’utero materno; G. Chiappetta, Anonimato e procreazione medicalmente assistita, Ibidem, p. 383 e ss. ove si afferma il diritto del figlio a conoscere le proprie origini anche nel rapporto di filiazione medicalmente assistita; G. Sciancalepore, Norme in materia di procreazione assistita (note a margine della l. 19 febbraio 2004, n. 40), in Scritti in Onore di Vincenzo Buonocore, cit., IV, Diritto civile, p. 4843 e ss.; sull’incidenza del concepimento sulla categoria della soggettività, v., N. Lipari, Legge

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dell’uomo contemporaneo, subire il trattamento sanitario quando esso è contrario al proprio convincimento morale?, ovvero, l’obbligatorietà del trattamento sanitario rientra nei livelli essenziali di assistenza?: poiché il contenuto minimo delle situazioni socio-assistenziale è consustanziale alladignità dell’uomo, lì dove il trattamento obbligatorio concorre a realizzarne i profili salutari in attuazione dei princìpi fondamentali del sistema italo-europeo delle fonti del diritto, esso è lecito e meritevole. Dunque, è lecito e meritevole diminuire la libertà personale qualora in nome di essa s’intendeattentare al valore della persona nella sua dimensione socio-relazionale. La concezione etica dell’uomo non è «monadica», lì dove il contesto relazionale di riferimento contribuisce a segnare tratti significativi della personalità umana. Siffatte contaminazioni sociali alimentano profili di doverosità che impediscono scelte autoreferenziali a tutela di valori «esclusivi» i quali negherebbero una data essenza di dignità umana32. Essa è

sulla procreazione assistita e tecnica legislativa, in Scritti in Onore di Vincenzo Buonocore, I, Teoria generale, Milano, 2005, p. 519 e ss.; A. Palazzo, Procreazione assistita e interessi fondamentali, in Studi in Onore di Gaetano Catalano, Soveria Mannelli, III, 1998, p. 1065 e ss.; P. D’Addino Serravalle, Questioni biotecnologiche e soluzioni normative, Napoli, 2003, passim; V. Franco,Bioetica e procreazione assistita. Le politiche della vita tra libertà e responsabilità, Roma, 2005, spec. p. 59 e ss.; E. Severino, Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa, Milano, 2005, p. 121 e ss.; E. Caterini, F. Torchia, Sperimentazione sugli embrioni, in Le Corti Cal., 2006, 2, p. 423 e ss.31 Il dibattito è estesissimo, per tutti, v., P. Perlingieri, La morte e il diritto: il problema dei trapianti d’organo, in La persona, cit., p. 195 e ss.; G. Cassano, Scelte tragiche e tecnicismi giuridici: ancora in tema di eutanasia, nota a Cass., 20 aprile 2005, n. 8291, ord., in Fam. dir., 2005, p. 483 e ss.; F. Botta, Eutanasia: necessità e attualità di un dibattito, in Quad. cost., 2003, 1, p. 164 e ss.; G. Cassano, Note di attualità in tema di eutanasia, in Giur. it., 2003, p. 1527 e ss.; R. Baracaro, P. Becchi, Eutanasia ed etica medica, in Pol. dir., 2002, p. 293 e ss.; F. Criscuolo, Eutanasia: dolce morte?Riflessioni di un giurista positivo, in Le Corti Cal., 3, 2002, p. 803 e ss.; G. Cassano, È lecito il diritto all'eutanasia?, nota a App. Milano 31 dicembre 1999 (decr.); Id., L'eutanasia nella legge olandese ed in un recente caso giurisprudenziale italiano, in Fam. dir., 2001, p. 573 e ss.; C. Tripodina, Eutanasia, Diritto, costituzione nell'età della tecnica, in Dir. pubbl., 2001, p. 113 e ss.; G. Ponzanelli, Eutanasia passiva: sì, se c'è accanimento terapeutico, nota a App. Milano 31 dicembre 1999, (decr.), in Foro it., 2000, I, p. 2023 e ss.; R. Bailo, P. Cecchi, L'eutanasia tra etica e diritto: principi e pratiche a confronto, in Dir. fam., 1998, p. 1201; R. Zoja, E. Marozzi, Eutanasia, omicidio o suicidio: implicazioni medico-legali e tossicologico-forensi di un caso, in Riv. it. med. leg., 1997, p. 1047 e ss.; C. Ventrella Mancini, L'eutanasia tra diritto alla vita e diritto alla libertà di autodeterminazione in Italia ed in Spagna, in Dir. fam., 1996, p. 1583 e ss.; V. Zambrano, Eutanasia, diritto alla vita e dignità del paziente, in Rass. dir. civ., 1990, p. 851 e ss.; P. D’Addino Serravalle, Brevi cenni in materia di eutanasia, in Leg. gius., 1988, p. 314 e ss.; P. Ricci, M. O. Venditto, Eutanasia, Diritto a morire e diritto di rifiutare le cure: equivoci semantici e prospettive di riforma legislativa, in Giust. pen., 1993, I, p. 276 e ss.; P. Cendon, (con la collaborazione di PR. Bailo e P. Cecchi), Appunti sul diritto dei malati terminali, in Studi in memoria di V. E. Cantelmo, a cura di R. Favale e B. Marucci, Napoli, 2003, I, p. 411 e ss.; Id., Malattia terminale e diritto di non soffrire, in Scritti in Onore di U. Majello, cit., I, p. 343 e ss., ove si affronta il tema del diritto alla dignità del morente mediante l’accesso alle cure palliative lenitive del dolore e della sofferenza a garanzia della qualità della vita; M. C. Del Re, Bene della vita e controllo della morte: riflessioni giuridiche, ibidem, p. 523 e ss. 32 Scrive G.P. Calabrò, P.B. Helzel, Il sistema, cit., p. 194 e ss., citando G. Mazzini, «che i primi doveri dell’uomo, “primi non per tempo ma per importanza e perché senza intendere quelli non potete compiere se non imperfettamente gli altri, sono verso l’Umanità”…non è possibile, anche volendolo, poter separare la vita del singolo uomo da quella dell’Umanità, poiché “si vive in essa, d’essa, per essa”».

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riferibile ad un’area culturalmente «simigliante» che s’identifica in princìpi di vita condivisi; con essi non sono compatibili concezioni che elevano a valore comportamenti per i quali la vita umana è strumento di scopi ulteriori33. L’etica laica di alcuni Stati moderni non condivide una concezione dell’uomo come individuo non partecipe di uno scopo sociale giusto in cui la persona sia fine ultimo dell’azione34. Ciò non oscura le libertà individuali e non consente di trasformarle in violazioni della persona35. Il concetto di vita è dato dai princìpi che reggono le prestazioni sanitarie nei loro contenuti minimi: il beneficio alla salute dell’intervento terapeutico è la cifra-valore dell’appropriatezza della prestazione.

4. Il principio del bisogno di salute pone al centro del sistema di erogazione prestazionale la persona quale microcosmo dell’indagine cognitiva. La persona è punto di avvio e di approdo degli strumenti e dell’assetto organizzativo ed è destinataria delle attività di assistenza per come definite dai livelli essenziali di assistenza. È determinante il sistema informativo nazionale e regionale36 attraverso il quale si rilevano, trattano e diffondono i 33 V. F. D’Agostino, L’universalità dei diritti nelle tradizioni giuridiche religiose: la tradizione cattolica, in Colloqui in ricordo di Michele Giorgianni, Napoli, 2007, p. 549 e ss.34 L’argomento è di particolare complessità ed è svolto da molteplici autori, tra cui, P. Perlingieri, Persona e mercato nel messaggio di Papa Giovanni Paolo II, in La persona e i suoi diritti, cit., p. 95 e ss.; Id., A margine della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ibidem, 65 e ss.; S. Zamagni, Persona e problema economico nella post-modernità, in A. Pavan (a cura di), Dire persona. Luoghi critici e saggi di applicazione di un’idea, Bologna, 2003, p. 249 ss., ove si legge che «una soddisfacente teoria dei diritti non può non riconoscere il carattere sociale dei medesimi. Ne deriva che la teoria individualista dei diritti che pretende di assimilare l’attribuzione dei diritti al processo mediante il quale gli individui perseguono i propri interessi o i propri obiettivi è inadeguata perché la sua interpretazione del concetto di persona nega proprio ciò che è essenziale alla persona: l’interazione con gli altri e il rapporto con l’altro come valore in sé». Il tema si complica qualora si introduca nella questione il ruolo che nella società moderna assume la tecnica quale fattore modificativo del dato di natura e, quindi, anche dell’essenza di persona, di laicità, di democrazia, di libertà, v., U. Galimberti, Psiche e teche. L’uomo nell’età della tecnica, Milano, 2002, passim, in part. pp. 251 e ss., 457 e ss.; «oggi […] il “mezzo” tecnico si è così ingigantito in termini di potenza ed estensione da determinare quel capovolgimento della quantità in qualità che Hegel descrive nella Logica e che, applicato al nostro tema, fa la differenza tra la tecnica antica e lo stato attuale della tecnica…così la tecnica da mezzo diventa fine…». Per una ricostruzione del personalismo e del solidarismo nel costituzionalismo italiano e nella storia delle idee, v., G. Chiappetta, L’integrazione delle persone svantaggiate e i servizi sociali, in Il nuovo ordinamento locale, a cura di C. Amirante e A. Saccomanno, Soveria Mannelli, 1995, p. 391 e ss.; E. Caterini, La solidarietà, le associazioni di volontariato e i servizi sociali, ibidem, p. 403 e ss., ivi si legge: «Comte trae il concetto di solidarietà che unisce tutta l’umanità dalla sovranità della storia e della sua scienza i quali legano tutte le esperienze degli uomini e dimostrano la continuità e l’unità del movimento che persegue sin dalle loro lontane origini…Per Leroux, invece, l’origine della solidarietà è nella natura dell’individuo. Egli nella sua differenziata e parziale conformazione psicologica (istintiva, razionale e sentimentale) necessita del suo simile per completarsi nel rispetto della diversità».35 Interessante la posizione giurisprudenziale che ritiene sussistere una lesione della libertà personale del paziente ex art. 13 cost. ogni qualvolta questi è privato della manifestazione del suo consenso al trattamento sanitario, v. Cass., 14 marzo 2006, n. 5444, in Guida dir., 2006, 24, p. 59 e ss.; Id., 29 luglio 2004, n. 14488, in Giur. It., 2005, p. 2068 e ss.36 d.P.R. 7 aprile 2006, approvazione del piano sanitario nazionale 2006-2008, che richiama tra gli obiettivi negli artt. 3.3 e 3.4 il provvedimento 22 febbraio 2001, accordo quadro tra il ministro della sanità, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per lo sviluppo del nuovo sistema

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dati epidemiologici37. Non può esservi cognizione del bisogno di salute senza un’esatta ricognizione ed elaborazione delle emergenze diagnostiche presenti nella medicina del territorio e ospedaliera. La rilevazione informativa va epurata dagli abusi di assistenza a mezzo dei quali si erogano prestazioni di assistenza essenziali sviandoli dalla loro funzione. Ma il bisogno di salute è integrato dalle azioni della profilassi individuale e sociale, azioni interconnesse alle modalità di organizzazioni sociali ed economiche38. Dunque, contribuisce al bisogno di salute, e richiede misure di contrasto, l’insicurezza produttiva, alimentare e ambientale39, eventicontro cui il contenuto minimo delle situazioni di assistenza deve indicare la soglia di prerogative e di obblighi prestazionali che garantiscano le precauzioni sufficienti a impedire quegli attentati alla salute reputati prevedibili secondo lo stato acquisito delle conoscenze scientifiche40. Il

informativo sanitario nazionale. Detto sistema prevede uno sviluppo ed un’interazione regionale per cui le Giunte regionali detteranno i principi generali dell’architettura del sistema e le regole di funzionamento della rete regionale sulla cui base le aziende svilupperanno la propria rete informativa. Tale rete dovrà comunque garantire la disponibilità in tempo reale delle informazioni necessarie per il governo delle aziende e la trasmissione tempestiva delle informazioni alla regione. Il nuovo sistema informativo dovrà nascere in coerenza con quanto previsto dal piano sanitario nazionale 2006-2008 e con le politiche per la sanità elettronica, con particolare riferimento alla telemedicina ed alla teleassistenza. Le sue linee essenziali sono indicate: • nella trasparenza delle informazioni a tutti i livelli; • nell’orientamento al cittadino, attraverso la creazione di un record individuale che, dalla nascita alla morte, raccolga ed integri tutte le informazioni relative alla storia clinica di ciascun individuo; • nella tempestività nella raccolta, validazione e condivisione delle informazioni. Il sistema informativo regionale dovrà essere coerente con i principi ispiratori e le idee progettuali fondamentali sopra delineate, partendo dalla riorganizzazione tecnologica che consenta di rendere più efficienti i sistemi informativi già esistenti nelle aziende e garantire il recupero del patrimonio informativo già acquisito. 37 La materia è intensamente regolata, v., d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, codice in materia di protezione dei dati personali, artt. 20 e 85; Bur Regione Veneto, n. 29 del 24 marzo 2006, Regolamento n. 2 del 20 marzo 2006, Regolamento per il trattamento di dati sensibili e giudiziari in attuazione del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (articolo 20, comma 2 e articolo 21, comma 2); J. Monducci, Il trattamento dei dati sanitari e genetici , a cura di Monducci J., Sartor G., Il codice in materia di protezione dei dati personali , Padova, 2004, p. 256. Id., Diritti della persona e trattamento dei dati particolari , Milano, 2003. sono dati idonei a rivelare lo stato di salute trattati in ambito sanitario “quelli che riguardano, al di là di quelli relativi all'identità del paziente, la sintomatologia, le anamnesi, le diagnosi, le prescrizioni farmacologiche e tutte le analisi cliniche”: v. G. Rasi, Le novità in materia di protezione dei dati personali con particolare riferimento alla Sanità , in Atti del convegno “Sanità e sicurezza” , Milano, 18 marzo 2004, in http://www.itasforum.it/articoli/Intervento%20prof.%20Rasi.htm.38 Il riferimento è al principio di universalità degli interventi di assistenza sociale previsto dalla riforma della legge 8 novembre 2000, n. 328, art. 2, co. 2; «i soggetti beneficiari degli interventi assistenziali vengono individuati in rapporto a criteri più generali, che si riferiscono allo stato di disagio, sia sociale che economico, in cui gli individui ovvero i nuclei familiari possono incorrere», così, E. Jorio, Diritto dell’assistenza sociale, Milano, 2006, p. 80 e ss.39 Sia consentito il rinvio a E. Caterini, Politica dei consumi e diritto dei contratti. Il paradigma del principio «generale» di sicurezza, in Il diritto dei consumi, III, cit., p. 158 e ss., ove si distingue la tutela della salute da quella della sicurezza, e quest’ultima in una sicurezza-valore da una sicurezza-interesse. 40 Tra gli obiettivi del piano sanitario nazionale 2006-2008, all’art. 5.9, s’indica la sicurezza alimentare e la nutrizione; ivi si legge:« Negli anni si sono susseguite sempre più numerose evidenze scientifiche sulla responsabilità di diete non corrette nell'incremento cospicuo dell'incidenza delle malattie croniche registrato in questi decenni, e sulla efficacia della riduzione dei fattori di rischi nel

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bisogno di salute involge la stima dei suoi costi, elemento essenziale per commisurare le prestazioni dedotte dal contenuto minimo del rapporto di assistenza secondo criteri di efficienza economica e efficacia prestazionale, nonché di beneficio salutare.

5. Il principio dell’accesso equo all’assistenza introduce ed estende alla fase pre-rapporto una gamma di obbligazioni improntate all’eguaglianza sostanziale e alla proporzionalità; la fase preparatoria e antecedente il compimento del comportamento costitutivo del rapporto medesimo, a mezzo della quale l’utente dà impulso al rapporto giuridico di assistenza, è rapporto strumentale dal quale defluisce una parte dei contenuti del rapporto di assistenza41. Il fascio di situazioni giuridiche che il contenuto minimo assegna al rapporto di assistenza per il tramite di questo principio, procedimentalizza l’accesso al bene-servizio, prevenendone gli sviamenti derivanti da una carenza di controllo sui soggetti erogatori ad opera della

prevenire patologie legate all'alimentazione anche in età anziana o nel diminuire la possibilità di recidive, in particolare delle malattie cardiovascolari». Sulla sicurezza alimentare si legge: «Dal 1° gennaio 2006, con l'entrata in piena applicazione dei Regolamenti Comunitari che costituiscono il cosiddetto “Pacchetto igiene”, lo scenario della legislazione in materia di produzione e commercializzazione degli alimenti e delle bevande ha subito notevoli cambiamenti. Infatti, finalmente, a livello comunitario, e quindi con ripercussione anche sul mercato nazionale, si avrà la completa armonizzazione della disciplina in materia di commercializzazione dei prodotti alimentari con un aumento della sicurezza “dal campo alla tavola” in quanto verrà coinvolta la produzione primaria dei prodotti. Inoltre a livello nazionale l'Amministrazione sanitaria, anche a seguito della riorganizzazione di cui alla legge 30 novembre 2005, n. 244, ha iniziato a promuovere anche mediante l'adozione di specifiche linee guida comportamenti uniformi a livello territoriale per la gestione e l'armonizzazione dei controlli su aziende e prodotti alimentari per rispondere a specifiche richieste dell'Unione Europea e dei Paesi Terzi verso i quali vengono esportati i prodotti italiani. La protezione del consumatore nei confronti di numerose zoonosi alimentari (“dalla stalla alla tavola” con controlli lungo l'intera filiera produttiva, dall'animale vivo al prodotto alimentare venduto al dettaglio) ha reso necessario un nuovo approccio alla materia. I Regolamenti, a differenza della precedente normativa, privilegiano il sistema dell'autocontrollo basato sui 7 principi dell'HACCP del Codex alimentarius, prevedendo, quindi, una maggiore responsabilizzazione degli operatori del settore alimentare e mangimistico, i quali, tuttavia, saranno facilitati nel loro compito da una legislazione alimentare più semplice ed armonizzata per tutti i prodotti alimentari sia di origine animale che vegetale, venendo a decadere tutta la normativa verticale attualmente in vigore, il più delle volte di non facile interpretazione; inoltre v. infra note 45-48.41 La forza centripeta del mercato sull’atto di autonomia contribuisce a scardinare l’impostazione concettuale, statica e per fattispecie, del contratto-negozio, approdando ad una contrattazione procedimentalizzata ove lo scopo perseguito rapportato a quello programmato assume un ruolo dominante anche sull’apparato rimediale piú adeguato; v. F. Alcaro, Metodo e dinamica sociale, in Temi e problemi della civilistica contemporanea, cit., p. 519 s.; R. Di Raimo, Spunti su metodo assiologico e categorie (e schemi) tradizionali dell’autonomia negoziale, ivi, p. 347 ss.; Id., Linee evolutive dei procedimenti di formazione dei contratti (dal codice civile alla legislazione di derivazione comunitaria), in Il diritto dei consumi, I, Rende-Napoli, 2004, p. 119 ss.; la questione ha rilievo anche nella più recente disciplina a tutela del consumatore ove con riguardo alle pratiche commerciali sleali gli strumenti di tutela riguardano tanto la fase anteriore alla formazione del contratto, quanto quella seguente della sua esecuzione e dell’eventuale assistenza post-vendita, v., G. Chiappetta, Il principio di autoderminazione da leale informazione ed il corretto funzionamento del mercato, in Il diritto dei consumi, cit., III, p. 173 e ss.; la soluzione normativa testé indicata si colloca nel filone delle tutela predisposte per la parte «dipendente» del rapporto, quindi, ha una portata generale.

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«comunità di utenti». Il parametro del controllo è fornito dal contenuto minimo del rapporto a cui tende la fase di accesso. L’accesso equo e proporzionato al rapporto di assistenza investe quei comportamenti procedimentalizzati che prevengono ogni discriminazione abusiva derivante dalla posizione di supremazia del soggetto erogatore della prestazione assistenziale. In essi comportamenti vincolati sono rinvenibili l’obbligatorietà del rapporto salutare42, la discriminazione delle priorità

42 L’obbligo deriva non soltanto dalla legislazione pubblicistica in tema di servizio sanitario nazionale, artt. 1, 3quinquies, 3septies, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 502, ma anche dalla indubbia posizione dominante che le aziende salutari occupano sul mercato di riferimento, artt. 82 e 86 Tr. CE e 3, l. 10 ottobre 1990, n. 287, tale per cui il soggetto erogatore pubblico delle prestazioni salutari non potrebbe sottrarsi dalla doverosità dell’offerta. È proprio l’obbligatorietà dell’offerta pubblica che rende libera una parte dell’offerta privata non accreditata. In giurisprudenza: «È costituzionalmente illegittimo, in relazione all'art. 117 Cost., secondo comma, lettera l), l'art. 16, commi 1 e 4, della L. reg. 15 novembre 2004, n. 63, Toscana; la previsione del divieto per gli operatori commerciali appartenenti a determinate categorie di rifiutare la loro prestazione, o di erogarla a condizioni deteriori rispetto a quelle ordinarie “senza un legittimo motivo e, in particolare, fra l'altro, per motivi riconducibili all'orientamento sessuale o all'identità di genere” disciplina, in sostanza, un obbligo legale a contrarre, obbligo già previsto, in via generale, dal legislatore statale all'art. 187 del r. d. 6 maggio 1940, n. 635 - alla cui violazione è connessa la comminatoria di una sanzione amministrativa ed introduce una normativa incidente sull'autonomia negoziale dei privati e, quindi, su di una materia riservata in via esclusiva, dall'art. 117 Cost., secondo comma, , lettera l), allo Stato», così, Corte cost., 4 luglio 2006, n. 253, in Corr. giur., 2006, 9, p. 1315 e ss.; «l'art. 7 d. lgs. n. 538 del 1992, che impone ai distributori all'ingrosso di fornire le specialità medicinali alle farmacie dell'ambito territoriale di riferimento con la massima sollecitudine e comunque entro 12 ore dalla richiesta, comporta una ablazione legale della libertà negoziale del distributore all'ingrosso - giustificata dalla superiore necessità di tutela della salute dei cittadini - concretizzantesi in un vero e proprio obbligo a contrarre nei confronti delle farmacie aperte al pubblico, analogamente a quanto prevede l'art. 2597 c.c. in capo al legalmonopolista, che ha l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell'impresa, con il consequenziale affidamento sulla controprestazione», v., Trib. Catania, 3 gennaio 2001, in Rass. dir. farm., 2001, p. 468 e ss.; «ai fini dell'esercitabilità dell'azione revocatoria fallimentare di cui al comma 2 dell'art. 67 l. fall., la quale presuppone che il creditore soddisfatto abbia avuto la possibilità, conoscendo l'insolvenza del debitore, di sospendere o rifiutare l'esecuzione della propria prestazione, non è possibile accostare la situazione del venditore nella vendita con riserva di proprietà - nei cui confronti venga esercitata la revocatoria relativamente alle rate di prezzo della vendita - a quella del legalmonopolista, sia perchè il sorgere del rapporto di vendita con riserva di proprietà è frutto di libera scelta e non di un obbligo legale a contrarre, sia perchè la difficoltà di ipotizzare l'applicazione dell'art. 1461 c.c. a detto tipo di vendita si ricollega alla particolare struttura di tale contratto, nel quale la consegna della cosa avviene all'atto della conclusione (restando così possibile la sospensione dell'adempimento della propria prestazione da parte del venditore, nella ricorrenza di una situazione riconducibile all'art. 1461, solo prima della consegna), sia perchè il venditore, di fronte al verificarsi di mutate condizioni dell'acquirente ed in particolare di fronte al rischio che i pagamenti del medesimo siano oggetto di possibili revoche a seguito di esercizio della revocatoria fallimentare od ordinaria, dispone di mezzi di tutela, rappresentati o dal rifiuto della prestazione, che, in presenza di detto rischio, ben può ritenersi assistito da motivo legittimo ai sensi dell'art. 1206 c.c., con conseguente esclusione di «mora accipiendi» a suo carico (senza che in contrario si possa addurre l'operatività dell'art. 1358 c.c.), o dalla possibilità di esercitare l'azione di risoluzione per inadempimento nel caso in cui ricorrano le condizioni di cui all'art. 1525 c.c.», v., Cass. civ. Sez. I, 6 novembre 1999, n. 12358, in Fall., 2000, 12, p. 1350 e ss., nota di G. Limitone, Revocatoria fallimentare dei pagamenti del venditore, p. 1352 e ss.; «in effetti anche se, come venne rilevato nella sentenza n. 65 del 1972, astrattamente la SIAE non va considerata come monopolista, potendo ogni autore provvedere in modo diretto alla gestione dei propri diritti, di fatto, attesa l’enorme diffusione delle opere dell’ingegno, l’attività di intermediazione e di protezione da parte di quell’ente si rende in concreto indispensabile, realizzandosi sostanzialmente una situazione di monopolio che fa scattare nei confronti dell’ente, che

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prestazionali43, la definizione dei tempi d’attesa per l’erogazione delle prestazioni44, l’accesso alla medicina convenzionata specialistica e di base, la comunicazione chiara e trasparente dell’offerta prestazionale complessiva e differenziata, nonché dei relativi livelli qualitativi, un sistema di valutazione sociale del complesso organizzativo a mezzo di un sistema di rating. Di tal modo, l’accesso obbligato può dirsi proporzionato ed equo sela scelta dell’utente è improntata a trasparenza, adeguatezza ed esattezza delle caratteristiche quali-quantitative dell’offerta prestazionale45. A ciò deve aggiungersi la semplificazione dell’accesso all’informazione quale strumento di eguaglianza sostanziale tra gli utenti: in questa direzione il centro unificato per le prenotazioni, unito ai mezzi telematici di collegamento a distanza tra soggetto erogatore e utenti (telemedicina e teleassistenza), divengono modalità attuative del principio ivi esaminato sul quale parametrare il contenuto minimo del rapporto di assistenza. Altroprofilo dell’accesso equo è la differenziazione dell’offerta secondo criteri di progressività basati sul livello di intensità delle cure e sul superamento della specialità delle stesse. Questo modello incentiva la forte integrazione in rete delle singole prestazioni territoriali e clinico-assistenziali46 e prevede lo svolgimento di attività ad elevato contenuto tecnologico e organizzativo.Detto principio incide anche sulla definizione delle misure di contribuzione

gode di una posizione di esclusiva ex lege, l’obbligo di contrarre con il divieto di discriminazioni arbitrarie, restando neutralizzate le posizioni di privilegio o di svantaggio», cosi, Corte Cost., 13 maggio 1990, n. 241, in Giur. Cost., 1990, 5, p. 1467 e ss. con note di A. Pace, Sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 180 l. n. 633 del 1941 e sulle norme costituzionali concernenti la libertà d’impresa, p. 1482 e ss. e di E. Caterini, Obbligo a contrarre e posizioni dominanti, p. 1487 e ss.; «in materia di farmaci, al fine di accertare se sussiste una posizione dominante la sostituibilità tra diversi prodotti farmaceutici va correlata sia alla valutazione effettuata di volta in volta dal medico sulla base delle specificità del paziente e della situazione clinica, sia alle valutazioni legate alla necessità di limitare, a parità di efficacia terapeutica, la spesa del paziente o del servizio sanitario nazionale (in applicazione di questo principio l'Autorità Garante ha stabilito che il farmaco a base del principio attivo «Sumatriptan Succinato» in forma iniettabile è il mercato rilevante in relazione al quale commisurare la posizione dominante dell'impresa che lo produce)», Autorità Garante per la concorrenza, 8 febbraio 2006, n. 15175, in Dir. ind., 2006, 3, p. 229 e ss.43 V. infra note 55 e 66.44 V. infra nota 69.45 Tra i primi commentatori del principio di trasparenza a tutela della parte «dipendente», v., V. Rizzo, Trasparenza e «contratti del consumatore» (la novella del codice civile), Napoli, 1997, passim; il principio ha avuto uno sviluppo normativo esponenziale divenendo un cardine del sistema delle tutela, v., ex plurimis, E. Minervini, Le regole di trasparenza nel contratto di subfornitura, in Giur. comm., 2000, I, p. 216; E. Morelato, Neoformalismo e trasparenza contrattuale, in Contr. impr., 2005, p. 594; V. Farina, Brevi riflessioni sulla nuova disciplina della trasparenza bancaria, in Contr impr., 2004, p. 842.46 I servizi socio-sanitari richiedono un’intensa integrazione prestazionale tra i due àmbiti, quello sociale e l’altro sanitario. È proprio il principio dell’accesso equo all’assistenza che contiene ogni sviluppo delle modalità di erogazione di prestazioni assistenziali che svolgano un compito compensativo degli stati di disagio sociale e personale, spesso a loro volta ostacolo per un agevole accesso alle prestazioni sanitarie. I servizi assistenziali favoriscono e incoraggiano un accesso alle prestazioni sanitarie con le quali si integrano in una vicendevole complementarità, v., per una ricognizione della materia assistenziale, E. Jorio, Diritto dell’assistenza sociale, cit., spec. p. 171 e ss.

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definite per le singole prestazioni di assistenza: esse devono tenere in considerazione il principio di progressività contributiva.

6. Il principio della qualità della cura è riferibile all’esercizio del potere discrezionale del debitore nell’esecuzione della prestazione47. L’ordinamento, con la massima realizzazione del valore qualitativo applicato alla prestazione assistenziale, intende ridurre i margini di discrezionalità debitoria della prestazione salutare, evidenziando il nesso stretto che intercorre tra detta prestazione e i risultati della scienza e della tecnica. La prestazione salutare presuppone delle elevate e aggiornate cognizione tecnico-scientifiche nonché il supporto integrativo degli strumenti tecnologici occorrenti per l’esecuzione della medesima. Il livello essenziale riferito alla qualità della cura importa l’obbligo del singolo operatore e della struttura erogatrice di disporre delle cognizioni e strumenti necessari ad assicurare l’efficacia prestazionale, ossia il risultato terapeutico - inteso come soddisfacimento dell’interesse creditorio - acquisito alla conoscenza scientifica con elevati margini probabilistici48. Il livello essenziale della prestazione di assistenza improntata al principio della qualità della cura obbliga all’applicazione delle conoscenze scientifichecongrue al caso; sono escluse le prestazioni sperimentali fondate su ipotesi di studio logiche e non dimostrate, intuitive, dedotte da una realtà virtuale49. Tuttavia, la base di conoscenza scientifica applicabile è di qualità se essa contiene lo stato attuale della tecnica e non soltanto la regola dell’arte50. Lo

47 V., ex plurimis, G. Romano, Interessi del debitore e adempimento, Napoli, 1995; E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, cit., p. 89 e ss., «…la buona fede sottopone a controllo, tutto intero, il comportamento delle parti; non soltanto dell’una, ma anche dell’altra parte nei reciproci rapporti, in quanto anche l’altra parte debba comunque appagare un’aspettativa. Il che è soprattutto evidente nei rapporti contrattuali con prestazioni corrispettive, ma non manca di far sentire l’esigenza di reciprocità anche in rapporti di altro tipo. La buona fede si potrebbe caratterizzare come un criterio di condotta che si impernia sulla fedeltà al vincolo contrattuale e sull’impegno ad adempiere la legittima aspettativa della controparte: impegno a mettere tutte le proprie forze al servizio dell’interesse della controparte nella misura richiesta dal tipo di rapporto obbligatorio di cui si tratta; impegno a soddisfare integralmente l’interesse della parte creditrice alla prestazione…».48 V. E. Caterini, Il negozio giuridico di ricerca. Le istanze della persona e dell’impresa, Napoli, 2000, p. 78 e ss. e 108 e ss.49 V., per primo, F. Carnelutti, Arte e Scienza, in Arte e Scienza, (a cura di) A. Guzzo, Firenze, 1954, in Quaderni di San Giorgio, 8, p. 26-27, «L’arte, a sua volta, ha bisogno della scienza perché ha bisogno della legge. Il bisogno che ha l’arte della scienza, si esprime nel rapporto tra l’arte e la tecnica, la quale non è altro che applicazione delle leggi. La tecnica non è scienza, ma suppone la scienza, perché l’applicazione suppone la sua scoperta; in questo senso s’è detto che la scienza esisteva quando ancora non si sapeva cosa fosse la legge…»50 Ibidem, «Le discipline dei contratti recanti ad oggetto prestazioni che richiedono la conoscenza e l’applicazione di tecniche acquisite, per valutare il comportamento del prestatore responsabile, rinviano a due clausole generali che sono l’equità e la “regola d’arte”. Tali clausole esprimono unatecnica legislativa con la quale si rende concreto il giudizio di valore espresso in altre norme anche recependo le regole tecniche che appartengono allo stato delle conoscenze comunemente diffuse e proprie di un soggetto professionista che opera in un dato settore della tecnica. Il concetto di stato della tecnica contribuisce a definire la regola dell’arte con la differenza che il primo si desume da una divulgazione del dato culturale anche soltanto astrattamente conoscibile, diversamente dalla seconda

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stato attuale della tecnica è il dato culturale astrattamente conoscibile, lì dove la regola dell’arte è il grado concreto di conoscenza più diffuso, non sempre includente le ultime frontiere della conoscenza; un tale scostamento può dipendere dall’ignoranza e imperizia del tecnico o dai ritardi nella formazione e nell’informazione tecnica51. Il principio della qualità della cura obbliga il soggetto erogatore e il singolo operatore ad essere dotati normalmente dello stato attuale della tecnica. Nell’àmbito di detto principio operano le azioni per la formazione continua52, per il controllo di qualità sulle performance e sull’organizzazione gestionale53, per le c.dd. piattaforme avanzate54.

che richiede un grado di conoscenza concreta la cui ignoranza è da ascrivere all’imperizia del tecnico», p. 109.51 «…le prescrizioni della “regola d’arte” ai fini della valutazione del comportamento del prestatore d’opera tecnica presentano normalmente un deficit culturale rispetto allo “stato della tecnica”. Questo deficit culturale dipende essenzialmente dai ritardi nella formazione e nella informazione tecnica; esso riversa i suoi effetti sul funzionamento del mercato giacché il differente stato delle conoscenze tecniche incide sulla liberta di scambio», ibidem, p. 110, con ivi note di richiamo.52 Il principio della qualità della cura rende obbligatoria la formazione continua del personale che opera nelle strutture sanitarie. L’obbligo è ad una formazione integrata fra le molteplici competenze che cooperano nell’erogazione del servizio. L’obbligo di cooperazione fra debitori rende la prestazione salutare soggettivamente complessa e vincolata da coerenza interna quali-quantitattiva. Il principio della qualità della cura e, quindi, dell’educazione medica, diviene un obbligo di buona fede nell’esecuzione della prestazione; v., da ultimo, M. Orlando, Obbligazioni soggettivamente complesse ed equivalenza delle prestazioni, in Riv. dir. civ., 6, 2006, p. 179 e ss. e ivi note di richiamo; ma come considerare il coacervo di obbligazioni dei molteplici debitori-sanitari?, una contitolarità concernente l’intero rapporto obbligatorio, una comunione del medesimo debito reificato in bene, destinato alla comune gestione; ovvero, l’equivalenza delle prestazioni dei più coobbligati per l’effetto dell’estinzione dell’obbligazione; ovvero ancòra, una contitolarità come identità del titolo generatore dei rapporti; in altri termini, la questione della pluralità dei debitori sanitari si risolve soltanto «sul piano della fattispecie e non su quello dell’effetto» -comunione del debito-, ovvero al contrario, soltanto su quello dell’effetto estintivo –equivalenza delle prestazioni-; la diade appena enunciata non può ignorare l’art. 28 cost., il quale «estende» la responsabilità civile di funzionari e dipendenti degli enti pubblici proprio agli enti pubblici di appartenenza. L’effetto «estensivo» lega ciascun frammento comportamentale dei molteplici debitori all’ente di appartenenza, e ciò risolve il legame interno tra i singoli frammenti di condotta teleologicamente concepiti e programmati. Dunque, l’unico titolo generatore del rapporto sanitario –v. infra nel testo-, contenente un’unica obbligazione indivisibile i cui comportamento e bene sono tali per loro natura, si dissolve in una equivalenza prestazionale –tra il singolo debitore e l’ente di appartenenza- tesa alla coercibilità per l’intero e alla efficacia estintiva dell’adempimento di un condebitore.53 Che i sistemi di controllo direzionali e gestionali negli enti pubblici e privati, economici e non, siano innanzitutto dei sistemi di flussi informativi pre-scelti, è affermazione acquisita alla scienza aziendalistica, v., S. Pozzoli, Il controllo direzionale negli enti locali. Dall’analisi dei costi albalanced scorecard, Bologna, 2001, p. 177 e ss.54 Quale strumento operativo finalizzato a coniugare sanità e sviluppo alle reti di alta specialità sono le cosiddette «piattaforme avanzate», che corrispondono all’esigenza di costruire in maniera sinergica reti di attività assistenziali di eccellenza, attraverso le applicazioni nel sistema di attività di sperimentazione, di ricerca e di produzioni prototipali e di serie. La realizzazione di tali attività dovrà essere inquadrata in un contesto di sperimentazione e ricerca. Le piattaforme avanzate sono uniche a livello regionale e prevedono l’integrazione funzionale di attività svolte presso diverse aziende o strutture private accreditate, anche in forma di sperimentazione gestionale; v. la proposta di piano sanitario regionale dell’11 giugno 2007, presentata dall’assessore regionale alla sanità della Calabria, p. 37 e ss.; v. art. 4, d.P.R. 7 aprile 2006, approvazione del piano sanitario nazionale 2006-2008, cit.

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7. Il principio dell’appropriatezza della cura è rinvenibile nell’obbligo di collaborazione del creditore. Esso è coessenziale per l’esatta esecuzione della medesima. L’appropriatezza consente di adeguare la prestazione alla specificità delle condizioni soggettive del creditore. Soltanto detto adeguamento rende il protocollo d’azione assistenziale – schema tecnico di comportamento teso a ridurre gli àmbiti discrezionali del debitore -appropriato al singolo creditore55. L’appropriatezza è, dunque, il giudizio di relazione qualitativo fra la corretta diagnostica e la prestazione assistenziale più adeguata. Ma l’appropriatezza non è riferibile soltanto alla cura; con essa si adegua ogni struttura comportamentale e organizzativa alla rispettiva funzione56. Con riguardo alla cura l’adeguatezza presuppone la c.d. presa in

55 Con il decreto del Ministro della salute 30 giugno 2004 è stato istituito il sistema nazionale linee guida (SNLG) a cui partecipano le istituzioni centrali, le Regioni e le società scientifiche. Il SNLG

definisce priorità condivise privilegiando le tematiche associate in primo luogo a variabilità nella pratica clinica, liste d'attesa significative, appropriatezza diagnostico-terapeutica, obiettivi individuati dal piano sanitario nazionale. Il sistema nazionale linee guida riconosce il ruolo delle linee guida nell'aggiornamento professionale e nella formazione continua e promuove un sito web di aggiornamento professionale dedicato che possa consentire l'acquisizione di crediti ECM. La necessità di istituire il SNLG è nata dalla consapevolezza sempre più presente della necessità di erogare cure di buona qualità ed evidence based in un contesto di risorse limitato. In questo contesto assumono particolare rilevanza le linee guida (LG), i protocolli diagnostico terapeutici ed i percorsi di cura, strumenti che, nel loro insieme, rappresentano l'elaborazione sistematica di indicazioni basate sulle evidenze disponibili, secondo standard raccomandati, nel rispetto del principio di appropriatezza, con l'obiettivo di assistere i clinici ed i pazienti nel prendere decisioni, migliorare la qualità delle cure sanitarie e ridurre la variabilità nella pratica clinica e negli outcomes. Una delle vie per incoraggiare l'aderenza alle LG è quello di inserire le raccomandazioni e gli standard nella cartella clinica: il sistema delle «care patways» prevede di incorporare le LG nelle cartelle cliniche in maniera che agiscono come suggerimento immediato per il clinico. La verifica del grado di adesione delle LG

ritenute importanti per raggiungere i migliori esiti è un processo di valutazione di qualità che lega la pratica clinica agli outcomes, anche tramite l'adeguamento dei sistemi informativi ed il raggiungimento di consenso su come misurare la qualità delle cure; così, piano sanitario nazionale, cit., art. 4.456 V. sulla questione generale dei principi di adeguatezza e proporzionalità, ex plurimis, P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, cit., p. 348 e ss.; Id., Equità e ordinamento giuridico, commento a Corte cost., 6 luglio 2004, n. 206, in Rass. dir. civ., 2004, p.1050 ss., ora in L’ordinamento vigente e i suoi valori. Problemi del diritto civile, Napoli, 2007, p. 222 e ss.; ID., Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in Diritto dei contratti fra persona e mercato, cit., p. 459 ss.; ora anche in ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, 2006, p. 379 e ss.; F. CASUCCI, Il sistema giuridico «proporzionale» nel diritto privato comunitario, Napoli, 2001; L. FERRONI, a cura di, Equilibrio delle posizioni contrattuali ed autonomia privata, Napoli, 2002; F. VOLPE, La giustizia contrattuale tra autonomia e mercato, Napoli, 2004; in termini di equità contrattuale. In giurisprudenza l’adeguatezza-appropriatezza organizzativa del soggetto erogatore viene esaminata dal profilo della responsabilità e sotto quello della spesa sanitaria: «per le ipotesi di colpa contrattuale, artt. 2230 e 2236 c.c., e di eventi lesivi cagionati dall'espletamento di un intervento chirurgico o dalla pratica di una terapia medica sussiste una sorta di presunzione di colpevolezza del medico, comportando, in capo al professionista, l'onere di dimostrare l’adeguatezza della prestazione eseguita e la non imputabilità, in capo allo stesso, dell'esito peggiorativo; quanto sopra, invece, non opera per quelle ipotesi ove il paziente riconduca l'evento lesivo ad una omissione del medico relativa alla mancata esecuzione di indagini ed esami di medicina preventiva, in quanto l'onere della prova del danno e del nesso di causalità, unitamente alla dimostrazione che la misura preventiva non applicata fosse contemplata nell'oggetto della prestazione, in modo da integrare l'inadempimento contrattuale, grava in capo al danneggiato», Trib. Padova, 10 febbraio 2004, Massima redazionale, 2005, dvd leggi d’Italia; «in base alla vigente disciplina primaria (L. 23 ottobre 1985, n. 595) e secondaria (d. M. 3 novembre 1989) di settore, l'assistenza

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carico dell’assistito-creditore. Con essa il debitore diagnostica la prestazione occorrente e predispone il programma d’intervento. Nella prassi di frequenteessa è eseguita dall’operatore di prima accoglienza non sempre dotato della competenza o delle indagini diagnostiche capaci di pre-individuare con probabile esattezza le attività da svolgersi57. Ciò pone il problema non secondario del rapporto tra la c.d. assistenza del territorio – di prevenzione generica e specifica - e quella ospedaliera e, con riguardo a quest’ultima, quello dell’articolazione per intensità di cure dell’offerta ospedaliera58.

sanitaria indiretta costituisce una forma eccezionale di erogazione del servizio, che postula l'inidoneità, sotto il profilo (temporale) della tempestività o sotto quello (qualitativo) dell'adeguatezza, delle strutture pubbliche o private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale ad assicurare una prestazione conforme alle esigenze dell'utente e che, comunque, la fruizione di assistenza presso centri di altissima specializzazione all'estero dev'essere espressamente autorizzata, in esito ad una valutazione della ricorrenza degli anzidetti presupposti che si risolve nella verifica dell'inesistenza di una struttura italiana (pubblica o privata convenzionata) capace di fornire (tempestivamente o adeguatamente) la terapia o la riabilitazione richieste dall'interessato, pertanto, se l'amministrazione sanitaria procede, in concreto, all'analisi della possibilità di fruire in forma diretta della medesima prestazione richiesta ed espressamente indica le strutture del servizio sanitario capaci di erogarla, è legittimo il relativo motivato diniego opposto alla richiesta di rimborso», Cons. Stato, V, 29 gennaio 2004, n. 309, in Rass. giur. san, 2004, p. 300 e ss.; «per l'ottenimento dell'autorizzazione preventiva o successiva alla prestazione sanitaria non convenzionata e il conseguente rimborso spese sono presupposti indispensabili la non adeguatezza e la non tempestività delle cure ottenibili presso le strutture sanitarie italiane (pubbliche o convenzionate) a norma dell'art. 2 d. m. 3 novembre 1989 nel contesto dell'art. 5 l. n. 595 del 1985: ne consegue che se esistano nell'ambito nazionale sia la disponibilità della prestazione sanitaria entro i tempi previsti dal d. m. 24 gennaio 1990, che la competenza tecnica dei centri specializzati per la patologia di cui è affetto il paziente e quest'ultimo non abbia attuato le procedure previste dall'art. 2 d. m. 30 agosto 1991 in relazione all'art. 7 d. m. 3 novembre 1989 relativi a casi di comprovata gravità ed urgenza per i quali siano state adite almeno due strutture pubbliche, l'autorizzazione e il rimborso sono da respingere anche in virtù di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza 10 novembre 1982 n. 175, secondo cui il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura va assicurato nei limiti oggettivi dati dalle preminenti esigenze organizzative e funzionali delle strutture ospedaliere pubbliche», T.A.R. Toscana, II, 17 dicembre 1997, n. 826, in Rass. giur. farm., 1998, p. 69 e ss.; «il bene della salute è certamente tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione, e l'infermo ha pieno e incondizionato diritto a fruire del relativo servizio pubblico, apprestato con apparati di personale ed attrezzature a ciò strumentalmente preordinate. Peraltro, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura va assicurato nei limiti oggettivi derivanti dalle esigenze organizzative e funzionali delle strutture ospedaliere, ed a tali limiti soggiace la possibilità di scelta del medico di fiducia facendo ricorso all'attività libero-professionale dei sanitari ospedalieri», Corte cost., 10 novembre 1982, n. 175, in Giust. civ., 1982, I, p. 2898 e ss. 57 Il concetto di «presa in carico» fatto proprio dagli strumenti della programmazione macro, meso e micro, introduce un’esigenza di informatizzazione personalizzata la quale, attraverso un microchip personale, documenti la storia clinica, diagnostica e terapeutica di ciascuna persona nonché i bisogni di assistenza sociale in un unico percorso senza discontinuità. Le esperienze sono varie ed eterogenee; in quelle di eccellenza si dota il percipiente di una carta magnetica che consente l’accesso ai servizi di telemedicina.58 Regola affermata nel piano sanitario vigente, cit. artt. 3.7 e 3.8 (integrazione tra i diversi livelli di assistenza e integrazione soci-sanitaria), secondo il quale la graduazione della prestazione socio-sanitaria dev’essere proporzionata e adeguata alla complessità della stessa alla quale corrisponde la complessità della struttura preposta; di tal ché il ricorso alla struttura sanitaria di più elevata specializzazione scientifica e professionale dev’essere adeguata alla omogenea esigenza prestazionale.

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8. Il principio di economicità dell’azione assistenziale è trasversale, poichéintegra ogni altro principio e impone l’analisi economico-sociale dei costi delle prestazioni. Esso è condizionato dalla finanza derivata – fatta eccezione delle misure di contribuzione volta a volta previste per le singole prestazioni - del sistema sanitario nazionale. La gestione per budget introdotta dalla riforma sanitaria ha articolato le singole strutture semplici e complesse del soggetto erogatore secondo la capacità di rendicontazione analitica della frazione di budget ad esse assegnata: ciò importa autonomia di gestione e tecnico-professionale59. Al direttore generale il compito di verificare la correttezza nella gestione economica delle risorse e la corrispondenza della stessa agli strumenti previsionali aziendali – oltre che l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa -, mediante la valutazione comparativa dei costi, dei rendimenti e dei risultati60. Una tale scelta normativa fa sì che l’articolazione interna delle aziende non è un atto di programmazione incluso nell’atto aziendale e divincolato dalle variabili dipendenti dalle singole realtà socio-territoriali: sia gli elementi concreti delle risorse umane e strumentali, sia la effettiva domanda di prestazioni sanitarie, conformano l’organizzazione strutturale della singola azienda, laquale deve coniugare la disponibilità budgetaria con la domanda delleprestazioni socio-sanitarie, singole e aggregate61. Il modello organizzativodipartimentale infra e interaziendale è inteso quale macrostruttura costituita al fine di integrare funzioni operative per fornire risposte adeguate al bisogno socio-sanitario in termini di efficacia e di efficienza, e al fine di garantire la continuità del percorso assistenziale62. La quota di fondo 59 V., art. 3, co. 1-bis, d. lgs. n. 502 del 1992, cit., «L'atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica».60 V., art. 3, co. 6, ibidem, «Al direttore generale compete in particolare, anche attraverso l'istituzione dell'apposito servizio di controllo interno di cui all'art. 20, d. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa». Nell’erogazione del servizio socio-sanitario la valutazione economica non può essere disgiunta da quella sociale, per cui i fattori contabili di bilancio sono da valutare anche ai fini del c.d. bilancio sociale, v., ex plurimis, U. Comite, Il bilancio sociale degli enti pubblici: aspetti di corporate governance, in Le Corti Cal., 2005, p. 929 e ss.; E. Jorio, Diritto dell’assistenza sociale, cit., p. 166 e ss.61 La gestione per budget implica una contabilità generale ed analitica, finanziaria ed economico-patrimoniale, che consente al vertice direzionale di assumere costantemente quel flusso di informazioni quantitativamente misurate per ognuno dei centri di competenza tale da consentire le scelte secondo la «razionalità economica» -efficienza ed efficacia- più compatibile con i princìpi che reggono l’azione socio-sanitaria; detto strumento costituisce fonte di affidamento anche per i «terzi», i c.dd. stakeholder, i quali, percipienti attuali o potenziali maturano un interesse legittimo e, quindi, un potere di controllo, sulle decisioni aziendali; per un esame dei sistema contabili e di controllo negli enti pubblici, v., ex plurimis, S. Pozzoli, Il controllo direzionale negli enti locali, cit., p. 88 e ss.62 Le aziende sanitarie e quelle ospedaliere determinano l’attivazione dei dipartimenti disponendo l’integrazione delle strutture organizzative professionali omogenee sulla base di indirizzi strutturali: l’aggregazione di almeno tre unità operative complesse, e funzionali per l’omogeneità dei processi assistenziali: 1) aggregazione per aree funzionali omogenee (medica, chirurgica, materno-infantile); 2) aggregazione per patologie di organo o di apparato; 3) aggregazione per finalità di intervento; 4) aggregazione per aree di intensità assistenziali omogenee. Le aziende attivano l’organizzazione dipartimentale sia per le attività ospedaliere che per quelle territoriali sulla base di quanto stabilito dal

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sanitario regionale assegnata all’azienda e, dalla medesima, «disaggregata»tra i suoi centri di spesa, è il limite quantitativo sul quale parametrare i risultati di gestione singoli e aggregati, dunque, sul quale misurare la erogazione certa dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali: questidevono essere analiticamente esaminati anche in termini budgetari giacchédovranno realizzarsi ai costi comparativamente più competitivi63. Il principio dell’economicità della gestione caratterizza le aziende salutari nel mercato: esse acquisiscono la domanda di prestazioni senza corrispettivo; la natura anallagmatica del rapporto di assistenza lo priva della prima funzione di controllo che esercita il creditore obbligato alla controprestazione. Ciò non esclude la natura patrimoniale della prestazione essenziale di assistenza,ma fa sì che l’interesse del creditore-assistito sia non patrimoniale anche quando esso si presenti suscettibile di valutazione economica64. Questa

documento di piano sanitario regionale e delle disposizioni contenute negli atti di indirizzo adottati con deliberazione della giunta regionale. I dipartimenti extra-ospedalieri e misti, compreso quello di prevenzione, avranno un bacino di utenza pari a quello previsto per l’ambito territoriale. Il percorso assistenziale del singolo assistito deve trovare rispondenza nella strutturazione organizzativa e funzionale del servizio sanitario il quale, dalle attività di assistenza sociale alla medicina del territorio a quella ospedaliera, deve ritrovare risposte adeguate e coordinate senza soluzione di continuità.63 V., art. 9, d. lgs. 18 febbraio 2000, n. 56 e seguente d. m. 12 dicembre 2001, i quali prevedono un sistema di monitoraggio dell’assistenza sanitaria effettivamente erogata in ogni regione e «i criteri obiettivi di misurazione del livello di assistenza utili ad evidenziare l’eventuale deficit quali-quantitativo e, quindi, a determinare una progressiva riduzione degli interventi finanziari effettuati in favore delle regioni inadempienti», così E. Jorio, Il finanziamento della salute e il patto di stabilità, in Sanità pubbl. priv., 2005, 2, p. 12 e ss.; l’art. 19-ter, d. lgs. n. 502 del 1992 (articolo inserito dall'art. 16, d. Lgs. 19 giugno 1999, n. 229) ha previsto che: «Anche sulla base degli indicatori e dei dati definiti ai sensi dell'articolo 28, comma 10, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, determina i valori di riferimento relativi alla utilizzazione dei servizi, ai costi e alla qualità dell'assistenza anche in relazione alle indicazioni della programmazione nazionale e con comparazioni a livello comunitario relativamente ai livelli di assistenza sanitaria, alle articolazioni per aree di offerta e ai parametri per la valutazione dell'efficienza, dell'economicità e della funzionalità della gestione dei servizi sanitari, segnalando alle regioni gli eventuali scostamenti osservati. Le regioni, anche avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, procedono a una ricognizione delle cause di tali scostamenti ed elaborano programmi operativi di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento dei Servizi sanitari regionali, di durata non superiore al triennio».64 Per tutti, v., M. Giorgianni, L’obbligazione (la parte generale delle obbligazioni), I, Milano, 1951, p. 38 ove si legge: «per ricercare se una data prestazione è patrimonialmente valutabile, deve essere preso in considerazione l’ambiente giuridico-sociale nel quale l’obbligazione sorge. La valutabilità patrimoniale di una prestazione sta infatti ad indicare che, in un dato ambiente giuridico-sociale, i soggetti siano disposti ad un sacrificio economico per godere i vantaggi di quella prestazione, e che ciò possa avvenire senza offendere i principi della morale e del costume sociale, oltre, beninteso, la legge»; E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, I, Prolegomeni: funzione economico-sociale dei rapporti d’obbligazione, Milano, 1953, p. 54, ove si legge: «È una verità questa che è stata mirabilmente intuita da Seneca, in un passo del “De Beneficiis” (VI, 15, 1-2). Egli dice: si potrebbe credere che al medico non sia dovuto altro che quel che si concreta nel pagamento della mercede…: e tuttavia verso costoro (parla anche del precettore) vi è, da parte dei consociati, grande rispetto e grande amore. Bene a ragione. Il fenomeno si spiega tenendo presente che alcune volte le prestazioni hanno un valore maggiore di quello che risulterebbe dal prezzo col quale vengono comprate. Tu compri dal medico un bene inestimabile: la vita e la buona salute…si paga soltanto il prezzo del servizio: quel prezzo del servizio che essi si meritano per il fatto che, distratti dai propri affari, essi mettono a disposizione altrui il loro tempo»; A. di Majo, Delle obbligazioni in generale, in Comm. c.c. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 88 e ss.

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traslazione dell’onerosità delle prestazioni di assistenza verso il finanziamento pubblico65 importa un apparato di controllo interno66 ed esterno67 volto a mantenere elevato il livello di performance dei soggetti erogatori, i quali recepiscono lo scopo della competizione di mercato senza adottarne i connessi fini del profitto e della concorrenza68.

65 La soppressione del fondo sanitario nazionale ad opera dell’art. 1 , co. 1 lett. d) del d. lgs 18 febbraio 2000, n. 56 ha avuto compensazione tramite la previsione di una serie di compartecipazioni regionali a tributi statali e la istituzione di un apposito fondo perequativo nazionale. Successivamente l’art. 83 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha previsto al comma 4 che le singole regioni sono tenute a provvedere alla copertura degli eventuali disavanzi di gestione, attivando nella misura necessaria l’autonomia impositiva con le procedure e modalità di cui ai commi 5, 6 e 7. Queste ultime norme procedurali sono state modificate con il d. l. 18 settembre 2001, n. 347 convertito in l. 16 novembre 2001, n. 405 che ha recepito l’accordo dell’8 agosto 2001 fra Stato, Regioni e Province autonome recante integrazione e modifiche agli accordi sanciti il 3 agosto 2000 ed il 22 marzo 2001. Il decreto legge ha ribadito che deficit che superino le entrate derivanti dal riparto del finanziamento statale previsto per quell’anno debbano essere coperte dalle Regioni mediante misure di compartecipazione alla spesa sanitaria ivi inclusa l’introduzione di forme di corresponsabilizzazione dei principali soggetti che concorrono alla determinazione della spesa, variazioni dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF, altre misure idonee a contenere la spesa compresa l’adozione di interventi sui meccanismi di distribuzione dei farmaci. L’art. 40 della l. 28 dicembre 2001, n. 448 ha aggiunto che in caso di inosservanza delle misure organizzative previste dal punto 19 dell’accordo dell’8 agosto 2001 il livello di finanziamento dello Stato si sarebbe ridotto in danno delle Regioni inadempienti e l’art. 4 del d.l. 15 aprile 2002, n. 63 ha esteso tale previsione agli anni 2002, 2003 e 2004. La l. 27 dicembre 2002, n. 289 ha confermato le precedenti disposizioni e ha incluso ai fini dell’accesso al finanziamento statale ulteriori adempimenti a carico delle Regioni tra cui l’adozione di misure volte a contenere le liste di attesa. La Corte costituzionale con la sentenza n. 36 del 27 gennaio 2005, sito ufficiale della Corte Costituzionale, ha ritenuto costituzionalmente ammissibile che il legislatore statale subordinasse il proprio finanziamento a siffatte misure tenendo conto delle relazioni tra Stato e Regioni ai fini del contenimento della spesa sanitaria e degli oneri a carico del servizio sanitario nazionale. Ciò mentre alcune entrate regionali venivano ridimensionate: art. 3, co. 1, lett. a), l. 289 del 2002; art. 2, co. 2, l. 24 dicembre 2004, n. 350. Con l’art. 1, co. 175, l. 30 dicembre 2004, n. 311, le addizionali sono state sbloccate soltanto con riferimento alla spesa sanitaria, divenendo automatiche nel caso di sfondamento dei livelli previsti di spesa (art. 1, co. 174). L’art. 1, co. 164 della l. 311 cit., fissa i nuovi livelli di spesa per il triennio 2005-07 e prevede lo stanziamento di ulteriori fondi statali per ripianare il disavanzo degli anni 2001, 2002 e 2003 subordinando l’accesso a detti fondi alla stipula di un’apposita intesa Stato-Regioni che contempli ai fini del contenimento della dinamica dei costi tutta una serie di adempimenti sul piano organizzativo e finanziario (intesa del 23 marzo 2005). L’art. 1, co. 279, 280 e 281 della legge finanziaria per il 2006 apporta ulteriori deroghe agli obblighi per le Regioni di provvedere alla copertura integrale dei disavanzi di gestione sanitaria a livello regionale stanziando nuovi fondi statali per contribuire al ripiano dei deficit 2002, 2003 e 2004 subordinandone l’erogazione a precise condizioni. La materia è stata da ultimo nuovamente modificata con l’art. 1, commi 144, 796, 797, 798, 799, 805, 806, 807, l. 27 dicembre 2006, n. 296.66 Il d. lgs. del 30 luglio 1999, n. 286, ha introdotto norme per il riordino ed il potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche. Le aziende sanitarie ed ospedaliere devono dotarsi di un’idonea organizzazione amministrativa e contabile nonché di adeguate procedure di controllo interno in grado di garantire affidabilità e funzionalità dei sistemi di controllo, secondo i principi generali fissati dallo stesso d. lgs. 286 del 1999. In particolare le aziende devono prevedere l’articolazione dei controlli interni in quattro diverse tipologie di funzioni: controllo delle regolarità amministrativa e contabile, controllo di gestione, valutazione del personale, controllo strategico. La giunta regionale adotta appositi atti di indirizzo per l’attuazione dei controlli interni nelle aziende del servizio sanitario regionale.67 V. la seguente nota 79.68 È questo un dilemma irrisolto dalla legislazione sanitaria nazionale e regionale. La previsione sistemica dei servizi sanitari regionali inducono a ritenere che le singole aziende sanitarie territoriali e ospedaliere appartengano ad un’unica rete regionale e nazionale erogatrice di prestazioni coordinate;

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9. Il principio della essenzialità e uniformità dei contenuti del rapporto di assistenza va declinato in una essenzialità tecnico-scientifica, socio-esistenziale e competitiva. L’affermazione di detto principio non è un a priori, esso è il complemento della definizione dei precedenti princìpi; la variabilità dei primi implica la variabilità di questo. Ma il contenuto minimo di assistenza insedia nel rapporto un nucleo irriducibile di diritto obiettivo volto a funzionalizzare le situazioni giuridiche secondo gli scopi dell’ordinamento e a controllare le discrezionalità che comporta l’esercizio delle prerogative e dei doveri. La norma costituzionale sui livelli essenziali dei diritti civili e sociali generalizza tale compito segnalando in ogni rapporto giuridico una linea di demarcazione oltre la quale si dà ospitalità ad ulteriori interessi e valori. Il contenuto minimo reca con sé il controllo sull’esercizio per arginare l’abuso nei diritti e nei doveri, per ovviare, cioè,allo sviamento dalla funzione segnata dall’ordinamento. Ma mentre l’abuso è il complemento del contenuto minimo, la prestazione uniforme è requisito di condotta che incide nella fase esecutiva delle situazioni giuridiche: è, in altri termini, specificazione dell’obbligo di buona fede. Nella materia sanitaria tutto ciò ha una consolidata tradizione normativa. Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze scientifiche e di efficacia, possono essere erogate in strutture sanitarie accreditate dal servizio sanitario nazionale esclusivamente nell’ambito di appositi programmi di sperimentazione autorizzati dal ministero della salute,per cui non sono essenziali. Il D.P.C.M. 16 aprile 2002 ha introdotto le«Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa». Ciò evidenzia che i tempi di esecuzione delle prestazioni sono essenziali al rapporto di assistenza69. ciò tuttavia non impedisce che dette aziende, per la parte di prestazioni in comune, ovvero, per quella altamente specialistica, siano tra esse concorrenti e capaci di attrarre domanda extraterritoriale, generando di tal modo l’effetto benefico della concorrenza. Tuttavia, detto effetto non trova totalecorrispondenza nel sistema di finanziamento che dovrebbe rinvenire un riscontro premiale per quelle strutture sanitarie particolarmente meritevoli; anzi alcune tendenze d’ispirazione federalista intravedrebbero un’organizzazione «curtense» nei sistemi sanitari regionali. Anche il principio di equità nell’accesso coopera nella mancata soluzione della questione, lì dove si ritiene che esso sia espressione di un mero egualitarismo territoriale in base al quale bisognerebbe ramificare i servizi sul territorio garantendo la medesima qualità, senza che ciò considerarsi il risvolto dei costi. Per una analisi della concorrenza nel sistema italoeuropeo fondata sul merito, v., per tutti, Aa. Vv., La modernisation du droit de la concurrence, dir. da G. Canivet, Parigi, 2006, passim, in part. P. Rey, Concurrance par les merites, p. 151 e ss.; M.A. Frison-Roche e M.S.Payet, Droit de la concurrence, Parigi, 2006, p. 43 e ss.69 Allegato 5 del d.p.c.m. 29 novembre 2001, Linee guida sui criteri di priorità per l'accesso alleprestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa, «Le regioni e le province autonome indicano, entro il 31 maggio 2002, i criteri di priorità per l'accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche, sulla base di valutazioni di appropriatezza e di urgenza, e le modalità per una corretta gestione delle liste di prenotazione al fine di garantire l'uniformità e la trasparenza delle stesse. Sulla base delle indicazioni sull'appropriatezza ed urgenza delle prestazioni […], le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano specifiche iniziative per la responsabilizzazione dei medici prescrittori al fine di ottimizzare il rapporto tra domanda e offerta. Le indicazioni regionali previste al punto 1 integrano quanto già disposto in attuazione dell'art. 3, comma 10, del decreto

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La definizione del contenuto minimo del rapporto è, dunque, espressa dal livello di valori e interessi che il diritto fondamentale alla salute deve assicurare.Tuttavia, il modello del contenuto minimo richiede un’omogeneizzazione,una standardizzazione dei comportamenti dovuti dai soggetti erogatori e loro ausiliari. L’assenza di standard comportamentali, nonostante la previsione del contenuto minimo, genera differenze quali-quantitative nel grado di soddisfacimento dell’interesse del creditore-assistito. Dunque, occorre il controllo della fase di esecuzione prestazionale conseguente ai casi di responsabilità70 – i quali rappresentano le emersioni di un fenomeno più vasto e non sempre scoperto se non indirettamente attraverso la reputazione di cui gode il singolo soggetto erogatore o struttura di esso-; occorre un monitoraggio sistematico delle doverosità comportamentali tecnico-scientifiche, socio-esistenziali e competitive delle singole prestazioni tali da rivelare la qualità dello sforzo profuso per perseguire il grado di interesse del creditore-assistito71. Detto monitoraggio va diffuso sul

legislativo 29 aprile 1998, n. 124, nonché dei progetti di cui all'art. 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni. In particolare, le regioni e le province autonome, in base ai criteri di priorità dalle stesse definiti e sulla base di quanto individuato ai sensi del punto a) dell'accordo governo-regioni del 14 febbraio 2002, fissano e aggiornano i tempi massimi di attesa per le prestazioni diagnostiche e terapeutiche urgenti, in regime ambulatoriale e di ricovero, e ne danno idonea pubblicità. I direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono responsabili dell'attuazione delle indicazioni regionali e provinciali […]. L'inosservanza dei tempi massimi di attesa costituisce un elemento negativo da valutare ai fini dell'attribuzione della quota variabile del trattamento economico del direttore generale connesso ai risultati di gestione ottenuti e agli obiettivi di salute conseguiti. Il direttore generale valuta la responsabilità dell'inosservanza dei tempi di attesa e dei criteri di appropriatezza ed urgenza all'interno dell'azienda sanitaria anche al fine dell'attribuzione della retribuzione di risultato del direttore sanitario e dei dirigenti di struttura complessa o semplice interessati». Detta disposizione normativa introduce nella disciplina del rapporto obbligatorio sanitario un termine essenziale di adempimento a favore del debitore il quale, nel definire il criterio della «natura della prestazione» prevista dall’art. 1183 c.c., connota di sé l’interesse del creditore, poiché l’utilità di questi è strettamente connessa al realizzarsi dell’esecuzione prestazionale entro il termine prestabilito, tant’è che l’omessa definizione dei termini di esecuzione della prestazione ad opera delle regioni, legittima il creditore all’azione interrogatoria dell’art. 1183 c.c.; in giurisprudenza: «In tema di adempimento dell'obbligazione contrattuale, la mancata previsione di un termine entro il quale la prestazione debba essere consensualmente eseguita, non sempre impone alla parte adempiente l'obbligo di costituire in mora la controparte ex art. 1454 c.c. e quindi di far ricorso al giudice a norma e per gli effetti di cui all'art. 1183 c.c. In relazione agli usi, alla natura del rapporto negoziale ed all'interesse delle parti, infatti, può essere sufficiente che sia decorso un congruo spazio di tempo dalla conclusione del contratto, per cui possa ritenersi in concreto superato ogni limite di normale tolleranza, secondo la valutazione del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e congruamente motivata», Cass., 27 gennaio 2003, n. 1149, in Arch. civ., 2003, p. 1240 e ss.; v., E. Russo, Termine (dir. civ.), I In generale, in En. Tr., XXXI, Roma, 1994; B. Grasso, Termine (dir. civ.), II Termine essenziale, ibidem.70 V. note 88 e 95.71 Questo elevato livello di standardizzazione del comportamento debitorio nell’obbligazione sanitaria produce un duplice effetto nella valutazione della condotta prestazionale: da un lato agevola l’accertamento del grado di diligenza professionale ai fini del discernimento di responsabilità; dall’altro rende sempre più evanescente la distinzione tra obbligazione di mezzo e di risultato, posto che essa abbia una sua valenza concreta, v. per tutti, P. Perlingieri, Manuale, cit., p. 283. Detta standardizzazione è anche la conseguenza dei giudizi di adeguatezza organizzativa, amministrativa, contabile e tecnica che il legislatore introduce nell’assetto aziendale affidandone la responsabilità

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territorio regionale e nazionale per relativizzare il giudizio di soddisfazione al fine dell’omogeneità, nonostante il limite del mutevole grado di variabilità concreta del dovere prestazionale. Lo schema di funzionamento delle condotte standardizzate è fondato sulla prevedibilità dello sforzo prestazionale dovuto. Ma ciò non è sempre possibile. Per cui il principio di essenzialità del contenuto del rapporto richiede un’attività di controllo quali-quantitativa in itinere ed ex post72.

10. Il principio della concorrenza tra i soggetti erogatori delle prestazioni assistenziali è di matrice comunitaria e non è da reputarsi estraneo alla particolarità del sistema sanitario italiano. L’art. 86 del Trattato di Roma include nel sistema di mercato anche quelle attività assoggettate a regimi speciali, purché non impeditive o preclusive dello scopo del regime speciale73. Tuttavia, il regime speciale del sistema sanitario nazionale è improntato al principio di eguaglianza che garantisce ad ogni persona un livello standard di prestazioni assistenziali. Tale obiettivo non è incompatibile con le regole di funzionamento del mercato, le quali

all’organo di gestione, alla stessa stregua dell’impresa privata, v., V. Buonocore, Le nuove frontiere del diritto commerciale, Napoli, 2006, p. 199 e ss., ove si ha riguardo anche al principio di precauzione, ossia della «regolazione della scienza incerta», dell’immanenza del rischio tecnologico e dell’opportunità cautelare di fare le scelte migliori in condizioni di incertezza scientifica.72 Detta attività di controllo richiede una livellazione a cerchi concentrici degli ambiti prestazionali. Pertanto si distingue la macro area delle attività preventiva, territoriale e ospedaliera; il sotto livello che individua specifici settori di attività; il servizio come insieme di attività organizzate unitariamente con la stessa struttura produttiva e con la stessa direzione operativa; l’attività come insieme di azioni con caratteristiche operative comuni e affidate ad una specifica equipe professionale che le realizza; la prestazione come l’unità di prodotto che unificando diversi atti è destinata a raggiungere un obiettivo non ulteriormente scindibile. Ciononostante, per arrivare alla individuazione delle prestazioni contenute nei livelli essenziali, sarebbe necessario: a) identificare all’interno dei livelli la gamma delle attività/servizi che debbono essere organizzati per rispondere a ben definite finalità; b) individuare nell’ambito di tali attività/servizi le singole prestazioni erogabili. Tale processo è attualmente possibile solo in determinati ambiti, come nel caso delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale; in altre circostanze, invece, la variabilità determinata dall’adozione di specifici criteri ed adeguate metodologie amplia notevolmente il concetto di prestazione erogabile, ed è quanto avviene per le prestazioni di assistenza ospedaliera in regime di ricovero. Molto meno inquadrabili appaiono attualmente le prestazioni sanitarie riferibili a molte attività che ricadono negli attuali livelli di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, nell’assistenza distrettuale e nella stessa assistenza ospedaliera per alcuni ambiti particolari. Tutto ciò ha notevoli riflessi, sia nella prospettiva di fissare gli standard qualitativi e quantitativi dei livelli essenziali di assistenza, come per l’esigenza di determinare la remunerazione delle prestazioni su base tariffaria, oppure definendo i costi di specifici programmi assistenziali ai quali il sistema tariffario non è agevolmente applicabile. 73 V., M.A. Frison-Roche e M.S. Payet, Droit de la concurrence, cit., p. 66 e ss. Ove si legge: «certaines activités, bien qu’économiques, mettent en jeu des intérêts généraux que le droit communautaire reconnaît. Schématiquement, l’on pourrait dire que l’activité économique d’intérêt général est à mi-chemin entre l’activité soumise au marché et l’activité soustraite au marché. L’activité est économique parce qu’elle donne lieu à un marché; elle est d’intérêt général parce qu’elle est associée à la réalisation d’un but étranger au marché…[e poco più avanti si fa il caso del trasporto urgente dei malati e si afferma che] l’activité de transport par ambulance est économique, donne lieu à un marché. Elle, est aussi d’intérêt général, car chaque citoyen doit pouvoir être transporté dans l’urgence, indépendamment de ses ressources», così, CGCE, 25 ottobre 2001, Ambulanz Glöckner, aff. C-475/99, Racc.I-8089.

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garantiscono un adeguato livello di merito e di economicità74. L’obiettivo pre-dato all’azienda salutare non interferisce con i metodi di attuazione che

74 Afferma la Corte cost., 22 novembre 2007, n. 401, in sito wwwcortecostituzionale.it, che «In relazione al primo profilo, va ricordato come questa Corte abbia già avuto modo di affermare che la nozione di concorrenza, riflettendo quella operante in ambito comunitario, include in sé sia interventi “di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto”, sia interventi mirati a ridurre gli squilibri attraverso la creazione delle condizioni per la instaurazione di assetti concorrenziali (sentenza numero 14 del 2004; vedi anche, tra le altre, le sentenze numeri 29 del 2006 e 272 del 2004). Rientrano, pertanto, nell'ambito materiale in esame le misure di garanzia del mantenimento di mercati già concorrenziali e gli strumenti di liberalizzazione dei mercati stessi. In questa sede viene, però, soprattutto in rilievo l'aspetto della tutela della concorrenza che si concretizza, in primo luogo, nell'esigenza di assicurare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore in ossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (articoli 3, paragrafo 1, lettere c e g; 4, paragrafo. 1; da 23 a 31; da 39 a 60 del Trattato che istituisce la Comunità europea, del 25 marzo 1957). Si tratta di assicurare l'adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza. Sul piano interno, l'osservanza di tali principi costituisce, tra l'altro, attuazione delle stesse regole costituzionali della imparzialità e del buon andamento, che devono guidare l'azione della pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 97 Cost. Deve, anzi, rilevarsi come sia stata proprio l'esigenza di uniformare la normativa interna a quella comunitaria, sul piano della disciplina del procedimento di scelta del contraente, che ha determinato il definitivo superamento della cosiddetta concezione contabilistica, che qualificava tale normativa interna come posta esclusivamente nell'interesse dell'amministrazione, anche ai fini della corretta formazione della sua volontà negoziale. Va, inoltre, precisato che l'osservanza delle prescrizioni comunitarie ed interne di evidenza pubblica garantisce il rispetto delle regole dell'efficacia e dell'efficienza dell'attività dei pubblici poteri: la selezione della migliore offerta assicura, infatti, la piena attuazione degli interessi pubblici in relazione al bene o al servizio oggetto dell'aggiudicazione. In sintesi, la nozione comunitaria di concorrenza, che viene in rilievo in questa sede e che si riflette su quella di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., è definita come concorrenza “per” il mercato, la quale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei valori comunitari e costituzionali sopra indicati. Ciò ovviamente non significa che nello stesso settore degli appalti, soprattutto relativi ai servizi a rete, non sussistano concomitanti esigenze di assicurare la cosiddetta concorrenza “nel” mercato attraverso la liberalizzazione dei mercati stessi, che si realizza, tra l'altro, mediante l'eliminazione di diritti speciali o esclusivi concessi alle imprese (vedi considerando n. 3 della direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE). In relazione al secondo profilo, concernente la natura della materia in esame, deve rilevarsi come la tutela della concorrenza – se si eccettuano, in particolare, gli aspetti della specifica normativa antitrust diretta a reprimere i comportamenti anticoncorrenziali delle imprese – abbia natura trasversale, non presentando i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di “una funzione esercitabile sui più diversi oggetti”(sentenza numero 14 del 2004; si vedano, altresì, le sentenze numeri 29 del 2006; 336 del 2005 e 272 del 2004). Nello specifico settore degli appalti deve, però, ritenersi che la interferenza con competenze regionali si atteggia, in modo peculiare, non realizzandosi normalmente un intreccio in senso stretto con ambiti materiali di pertinenza regionale, bensì la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa. Ne consegue che la fase della procedura di evidenza pubblica, riconducibile alla tutela della concorrenza, potrà essere interamente disciplinata, nei limiti e secondo le modalità di seguito precisati, dal legislatore statale. Infine, per quanto attiene ai limiti interni, deve sottolinearsi come, pur non rientrando nei compiti di questa Corte stabilire in concreto la valenza economica degli interventi statali (sentenze numeri 14 e 272 del 2004), nondimeno spetti ad essa effettuare uno scrutinio di costituzionalità sui singoli atti legislativi dello Stato, al fine di stabilire se la scelta in concreto adottata sia ragionevole e proporzionata rispetto all'obiettivo prefissato, costituito, nella specie, dalla più ampia apertura del mercato degli appalti alla concorrenza. La ratio di questo controllo risiede proprio nella natura della materia in esame: essa, infatti, non ha un ambito definito, ma si caratterizza per le specifiche finalità perseguite. In questa prospettiva, si giustifica un controllo di costituzionalità – guidato dai criteri della proporzionalità e adeguatezza – volto a saggiare «la congruità dello strumento utilizzato rispetto al fine di rendere attivi i fattori determinanti dell'equilibrio economico generale» (citata sentenza numero 14 del 2004). Allo scopo, pertanto, di

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devono recepire le tecniche operative di un qualsiasi soggetto economico operante sul mercato. La specialità dell’obiettivo fortemente legato alla componente esistenziale della persona umana giustifica il sostegno che lo Stato dà al funzionamento del sistema prestazionale «minimo», senza che ciò legittimi interventi sproporzionati ed irragionevoli rispetto al funzionamento dello stesso75. D’altra parte, la flessibilità organizzativa dell’azienda, quale fattore di congiunzione tra gli elementi della domanda e quelli dell’offerta di prestazioni, è propria di una qualsiasi attività economica, e non si rinvengono valide ragioni per esserne esonerati con riguardo ai servizi di assistenza.

11. L’atto aziendale di diritto privato disciplina il funzionamento e l’organizzazione dell’azienda salutare ed è predisposto dal direttore generale76. Con esso si individuano le strutture operative dotate di

individuare gli esatti confini della materia in esame, occorre svolgere un doppio livello di verifica: stabilire, innanzitutto, se l'intervento statale sia astrattamente riconducibile, nei modi anzidetti, ai principi della concorrenza nel mercato o della concorrenza per il mercato o ad entrambi; in secondo luogo, accertare se lo strumento utilizzato sia congruente rispetto al fine perseguito alla luce dei criteri di proporzionalità e della adeguatezza. Ciò significa che, contrariamente a quanto sostenuto da alcune delle ricorrenti, una volta che sia stata riconosciuta come riconducibile alla materia in questione la normativa statale, la stessa può avere anche un contenuto analitico. La proporzionalità e l'adeguatezza non si misurano, infatti, avendo riguardo esclusivamente al livello di dettaglio che connota quella specifica normativa. Se così fosse si verificherebbe una identificazione non consentita tra materie concorrenti e materie trasversali di competenza esclusiva che, invece, ricevono dalla Costituzione una differente disciplina». 75 Più il sistema sanitario assume caratteri di economicità e più si obbliga a stare sul mercato alle stesse regole della concorrenza imprenditoriale; diversamente, quando l’attività svolta non obbedisce a logiche di profitto (rectius, logiche di razionalità economica) e tende verso uno scopo esclusivamente sociale, si è al di fuori dal campo d’applicazione del trattato CE. I caratteri di uno scopo esclusivamente sociale sono identificabili in una affiliazione obbligatoria al regime, ovvero, un sistema di finanziamento che si caratterizza per la fissazione legale del contributo a cui corrispondono prestazioni indipendenti da detto contributo, v., CGCE, 16 novembre 1995, Fed. Franç. Soc. assurance, cit. in M.A. Frison-Roche e M.S. Payet, Droit, cit., p. 82, note 5 e 6. D’altra parte, quando un’impresa sopporta dei carichi che non sono propri di un’impresa comune, quindi sopporta delle obbligazioni derivanti da un servizio pubblico, lì l’aiuto di Stato non falsa il corretto funzionamento del mercato ma compensa l’impoverimento che l’impresa subisce per essere incaricata di un interesse generale, Ibidem, p. 51 e ss. con note di richiamo. L’attuale sistema di finanziamento pubblico del servizio sanitario, una volta abolito il fondo sanitario nazionale, fatta eccezione per il fondo perequativo, si presenta con molti caratteri di corrispettività mediata dal prelievo fiscale nel territorio regionale: residuano dello scopo esclusivamente sociale proprio i livelli essenziali di prestazioni i quali, tuttavia, non sono garantiti di fatto allo stesso modo in tutte le regioni e, comunque, subiscono le conseguenze dell’andamento dell’economia nazionale.76 art. 3, co.5, d. lgs. n. 502 del 1992, «Le regioni determinano preventivamente, in via generale, i criteri di valutazione dell'attività dei direttori generali, avendo riguardo al raggiungimento degli obiettivi definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento alla efficienza, efficacia e funzionalità dei servizi sanitari. All'atto della nomina di ciascun direttore generale, esse definiscono e assegnano, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, con riferimento alle relative risorse, ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori stessi. co. 6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell'unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale…I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende […] sono adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui all'articolo 1 del d. L. 27 agosto 1994, n. 512, convertito dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590, senza necessità di valutazioni comparative». Sono poteri molto simili a quelli che la riforma del diritto societario ha

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autonomia gestionale o tecnico-professionale soggette a rendicontazione analitica. La scelta del legislatore ha collocato l’atto aziendale ai margini diuna sequenza di atti programmatori con i quali le opzioni strategiche della politica salutare sono definite77. Tuttavia, in detta sequenza di atti di natura amministrativa l’atto aziendale di diritto privato è affidato all’autonomia del direttore generale il quale adegua i margini di discrezionalità nel modello organizzativo più congruo alle caratteristiche della singola azienda. In esso s’identifica l’atto di auto ed eteronomia organizzativa che delinea la massima realizzazione degli interessi a cui tendono i creditori-utenti del introdotto nell’art. 2381 c.c. assegnando agli amministratori anche la valutazione e la responsabilità sull’adeguatezza amministrativa e tecnica dell’assetto aziendale, v., V. Buonocore, Le nuove frontiere, cit., p. 199 e ss.77 Art. 1, co 9, d. lgs. n. 502 del 1992, «Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato dal Governo entro il 30 novembre dell'ultimo anno di vigenza del Piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio con la procedura di cui al comma 5. […] Il Piano sanitario nazionale indica: a) le aree prioritarie di intervento, anche ai fini di una progressiva riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute; b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità del Piano; c) la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano e la sua disaggregazione per livelli di assistenza; d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di interesse sovra regionale; e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali; f) le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo programma di ricerca; g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla valorizzazione delle risorse umane; h) le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, all'interno di ciascuna struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza; i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli diassistenza assicurati in rapporto a quelli previsti». […] «Il piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione delle autonomie locali, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel campo dell'assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale». Secondo l’art. 4, l. reg. Calabria n. 11 del 2004, «Sono atti della programmazione sanitaria ad ambito regionale: a) il Piano regionale per la salute e i relativi strumenti di attuazione di livello regionale; gli atti di indirizzo adottati dalla Giunta regionale; i piani attuativi locali; i piani attuativi delle aziende ospedaliere. Sono atti rilevanti per la programmazione sanitaria di ambito regionale: la relazione sanitaria regionale; la relazione sanitaria aziendale. La relazione sanitaria regionale valuta, anche sulla base delle risultanze delle relazioni sanitarie aziendali, lo stato di salute della popolazione ed i risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dal Piano Regionale della salute». Suscita perplessità la scelta della fonte legislativa per l’approvazione di uno strumento programmatorio; i suoi contenuti lasciano più propendere per una legge-provvedimento; per un esame degli effetti connessi all’adozione della forma legislativa, v. Q. Camerlengo, Leggi provvedimento e sussidiarietà verticale: la cura concreta degli interessi pubblici tra l'attività legislativa, statale e regionale, e l'amministrazione locale, in Regioni, 2004, p. 51 e ss.; C. Pinelli, In tema di scrutinio stretto sulle leggi-provvedimento, nota a Corte cost., 29 ottobre 2002, n. 429, in Giur. cost., 2002, p. 3235 e ss.; A. Cerri, Scrutinio più o meno rigoroso con riguardo a leggi provvedimento di sanatoria ed alla garanzia dei principi di eguaglianza, imparzialità e buon andamento, nota a Corte cost., 22 aprile 1999, n. 141, in Giur. cost., 1999, p. 1136 e ss.; F. Rigano, Scrutinio stretto di ragionevolezza sulle leggi-provvedimento e riserva d'amministrazione, nota a Corte cost., 4 dicembre 1995, n. 492, in Regioni, 1996, p. 521 e ss.

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servizio sanitario insediati in quell’àmbito territoriale. Il modello espresso dall’atto aziendale è l’esito di una discrezionalità tecnica che si rende interprete di detti interessi creditori mediati dalle scelte strategiche dei livelli di pianificazione. Scelte strategiche attualizzatrici dei princìpi informatori della materia e degli interessi creditori i quali convergono nella migliore sintesi dell’atto auto ed eteronomo aziendale. Dunque, l’atto aziendale è l’elemento dinamico e di adeguamento previsto dal sistema e affidato alla capacità di trasmodare in prestazioni sociosanitarie i valori perseguiti. Esso implica un margine di scelte riguardanti le sue componenti determinanti per l’assetto produttivo dell’azienda. La scelta legislativa78

secondo la quale l’atto aziendale deve conformarsi ad un atto di indirizzo concepito dall’organo di governo regionale, nell’intento di perseguire la massima uniformità tra i modelli organizzativi delle aziende operanti nell’àmbito regionale, manifesterebbe un’eterodirezione poco incline ad un modello aziendale, salvo che essa sia proiettata nella prevalente direzione di introdurre dei limiti operativi al fine di contenere la spesa pubblica. Ed è proprio quest’ultimo elemento che costituisce un formante essenziale dell’atto aziendale. Infatti, la dotazione finanziaria della quale la struttura aziendale viene periodicamente dotata costituisce il limite di budget su cui impiantare l’articolazione strutturale aziendale. A tale scopo la corretta valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati derivati dalle singole prestazioni di assistenza e, quindi, dalle singole strutture operative dotate di autonomia, diviene un metodo di gestione che partecipa al processo decisionale circolare instaurato dall’atto aziendale: la fase previsionale propria del progetto aziendale si collega a quella di monitoraggio in itinere e di controllo consuntivo, di modo che lo stesso progetto possa ricevere gli adeguamenti suggeriti dalla sua attuazione. Dunque, la componente economico-gestionale è l’elemento cognitivo che, unito a quello epidemiologico e all’altro dell’offerta di prestazione complessiva dell’azienda, dev’essere posto a fondamento della redazione dell’atto aziendale79.In questo flusso circolare che contribuisce alle definizioni dell’atto aziendale non deve sottacersi il ruolo che devono assumere i destinatari-creditori delle prestazioni sociosanitarie. Sono i percipienti che devono rappresentare il punto di destinazione ma anche quello di impulso

78 Art. 7, comma 2, L. reg. Cal. n. 11 del 19 marzo 2004, piano regionale per la salute 2004-2006, in Le Corti cal., 2004, p. 415 e ss.; mentre l’art. 2, comma 2-sexies, lett. b), d. lgs. 502 del 1992, prevede che la Regione disciplini i princìpi e i criteri per l’adozione dell’atto aziendale e, consentendo l’utilizzazione di strumenti non legislativi, attua una parziale delegificazione nella regolazione del sistema sanitario.79 Art. 3, co. 6 del cit. d. lgs. n. 502 del 1992, ma v., Corte conti, sez. reg. controllo Calabria, 17 novembre 2006, n. 72, in Le Corti cal., 2007, p. 152 e ss; Corte conti, sez. reg. controllo Calabria, 17 novembre 2006, 76, in Ibidem, 2007, p. 417 e ss.; Corte conti, sez. reg. controllo Calabria, 29 marzo 2007, n. 99, in ibidem, p. 691 e ss., ove si definisce il ruolo di controllo esterno della Corte sulle aziende della salute sancito dall’art. 1, co. 166, della l. 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) al fine di perseguire l’unità economica della Repubblica affermata dall’art. 118 cost.

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dell’assetto aziendale definito nell’atto80. È utile aggiungere che l’offerta prestazionale complessiva aziendale include i servizi che la medesima eroga a mezzo di esternalizzazione, quali le prestazioni rese in regime convenzionale81 e quelle in regime di autorizzazione-accreditamento-accordo o contratto82.

12. Il rapporto di assistenza salutare presenta i caratteri del rapportocontrattuale di fatto83 «a parte dipendente»84, a volte con obbligazioni

80 V. le considerazioni di G. OPPO, I contratti d’impresa tra codice civile e legislazione speciale, in Studi in Onore di Cesare M. Bianca, III, Milano, 2006, p. 674, ove si legge, «Ma sull’atto di autonomia, e prima ancora sulla contrattazione d’impresa, incidono altri interessi e l’atto di autonomia incide a sua volta su altri interessi: non solo nei rapporti tra imprese e consumatori ma nel rapporto tra gli interessi delle parti e quelli, anche non economici, della collettività perché i contratti d’impresa coinvolgono in realtà la totalità dei consociati. Il contratto d’impresa s’inserisce non solo nell’attività dell’impresa ma nel mercato e nel mercato le imprese, e la loro “iniziativa” entra in contatto con interessi della collettività e con l’utilità sociale, assumendo, secondo l’opinione di molti, la “responsabilità sociale” per uno “sviluppo sostenibile”»; se quanto scrive l’A. vale per gli atti di autonomia a contenuto patrimoniale preminente, ancor più deve trovare accoglienza in quegli atti di autonomia che disciplinano materie come la salute della persona. Anche in V. Buonocore, Le nuove frontiere, cit., p. 163 e ss.81 Detto rapporto riveniente dalla riforma sanitaria del 1978 e confermato nell’art. 8 del d. lgs. n. 502 del 1992 è ristretto soltanto alle prestazioni sanitarie erogate dai medici di medicina generale (c.d. medici di famiglia), i pediatri di libera scelta, le farmacie, i medici in attività di guardia medica e i medici specialisti ambulatoriali. In detti rapporti vige un regime di parasubordinazione con il quale si coniuga l’autonomia del libero professionista con la salvaguardia dell’interesse collettivo alla tutela della salute: lo strumento di coordinamento è appunto la convenzione. Già questo primo modello di erogazione di servizi sanitari evidenzia il regime di concorrenza «amministrata» a cui ricorre il sistema sanitario, il quale avvalendosi del principio di sussidiarietà orizzontale «esternalizza» quote di servizi avvalendosi del privato che svolge attività di pubblico interesse. La soluzione, dunque, definita di esternalizzazione, non rappresenta più un assetto eccezionale, bensì pienamente conforme alla scelta costituzionale dell’art. 118; sul punto, v., E. Jorio, Diritto sanitario, cit., p. 279 e ss.82 Il procedimento inserito con la riforma sanitaria bis, c.d. Bindi, negli artt. da 8-bis a 8-octies del d. lgs n. 502 del 1992, prevede un’articolazione più complessa della sussidiarietà orizzontale perseguita per l’erogazione di servizi socio-sanitari. Ivi il provvedimento amministrativo discrezionale autorizzatorio consente al privato o al pubblico l’erogazione di servizi a mezzo di strutture realizzate o adeguate sulla base della coincidenza dell’offerta richiesta agli elementi della domanda di salute risultante dalla programmazione sanitaria regionale. Dunque, subentra una valutazione «tecnica» volta a valutare l’adeguatezza-idoneità organizzativa, tecnica e strutturale (non gestionale ed economica) – d.p.r. 14 gennaio 1997- del soggetto autorizzato: ivi il fine della valutazione è la sussistenza dei requisiti funzionali essenziali per garantire all’utente un’adeguata qualità dei servizi erogati. Quindi, si accede alla stipula di un accordo (soggetto pubblico) o contratto (soggetto privato) nel quale, previa una determinazione amministrativa regionale nella quale si definiscono le condizioni contrattuali normative delle future contrattazioni aziendali, si regolamentano –previe intese tra le organizzazioni rappresentative a livello regionale- le tipologie e i volumi delle prestazioni sanitarie fissati per singole specialità e disciplina, v. E. Jorio, Diritto sanitario, cit., p. 293 e ss 83 Per tutti, E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, cit., III, Fonti e vicende dell’obbligazione, spec., p. 118, ove si legge «l’utente del mezzo di trasporto è tenuto, secondo vedute correnti, a pagare il compenso secondo la tariffa, né rileva, ai fini dell’assunzione di quest’obbligo, il fatto che egli sia o meno capace di contrarre validamente un’obbligazione né tanto meno, la conoscenza preventiva che egli abbia dell’ammontare della tariffa. La situazione che si prospetta all’utente, infatti, è ben diversa da quella del destinatario di un’offerta contrattuale, poiché non gli è aperta un’opzione, ma una possibilità di utilizzazione. Decisivo per la nascita di un obbligo in capo all’utente è solo il fatto dell’utilizzazione come contegno socialmente tipico, da interpretare nella sua concludenza sociale secondo il significato normale che ad esso si attribuisce nella sfera dei consociati utenti…il caso è essenzialmente diverso dalle fattispecie tipizzate di contegni con effetti legalmente preordinati. La

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potestative ex parte debitoris, altre volte con diritto potestativo ex latere accipienti; le prime come esecuzione di prestazioni imposte da disposizioni normative, il secondo come rinuncia al diritto del percipiente, ovvero, come recesso ad nutum dal rapporto85; altre volte il rapporto è con prestazioni corrispettive. L’elemento del consenso86, svilito allo scopo di valorizzare ildato comportamentale87, riemerge quale requisito di legittimità dell’intervento sanitario soprattutto nelle valutazioni delle condotte diresponsabilità medica88. Emerge, alla stregua dei contratti business to costumer, il presupposto inespresso del rapporto contrattuale, ossia la forza unilaterale d’imposizione della regola o – se si preferisce - di autoregolamentazione dell’interesse (potere formativo) del soggetto erogatore; forza unilaterale che interrompe il nesso dialogico e procedimentale insito in un’accezione astratta di contratto89. Una delle prime risposte è rinvenuta nella tendenziale tipizzazione comportamentale sulla quale fondare la distribuzione del rischio90. Sul lato del percipiente si

profonda indisconoscibile differenza sta in ciò, che nella fattispecie di cui qui si parla esula del tutto i profilo di una dichiarazione da doversi considerare implicita nel contegno tenuto dall’interessato, così che è del tutto irrilevante la consapevolezza … e la capacità legale di agire dell’utente»; in giurisprudenza, v., Cass., III, 22 gennaio 1999, n. 589, in Foro it., 1999, I, c. 3332; Cass., s.u., 30 ottobre 13533, in Giust. civ., 2002, I, p. 1934 e ss.; Cass., III, 19 aggio 1999, n. 4852, in Danno resp., 2000, p. 157 e ss., con nota di M. Grondona, Responsabilità del medico, nesso di causalità, risarcimento del danno morale riflesso: la Cassazione fa il punto.84 Sul concetto di contratto «a parte dipendente» sia consentito il rinvio a E. Caterini, La terza fase del «diritto dei consumi», in Rass. dir. civ., 2008, 2, p. 1 e ss.; la dipendenza, perché sia rilevante, si concretizza in un vantaggio ingiustificato, in un’appropriazione senza meriti, in uno sviamento dalla funzione, sempreché tali evenienze siano subite e non volute, da ultimo v., le considerazioni di M. Barcellona, I nuovi controlli sul contenuto del contratto e le forme della sua eterointegrazione: stato e mercato nell’orizzonte europeo, in Eur. dir. priv., 1, 2008, p. 34 e ss.85 Sull’evoluzione del recesso dalla disciplina codicistica a quella comunitaria, v., R. Tommasini, Codice del consumo e ius poenitendi, in Il diritto dei consumi, III, cit., p. 277 e ss. Tuttavia, la materia del recesso nel rapporto di assistenza assolve ad una funzione di tutela di valori esistenziali le quali si sottraggono alle limitazioni derivanti dalle esigenze insite nei rapporti patrimoniali: nei rapporti esistenziali le funzioni di pentimento, autotutela e protezione si fondono in un unicum che non ammette derogabilità e limitazioni.86 Valutato in un’indagine comparativa tra Stati Uniti, UK e Paesi dell’Europa continentale come espressioni di tre distinti concezioni ordinamentale, nelle ipotesi di clonazione terapeutica, testamenti di vita ed eutanasia, da G. Autorino Stanzione, Ricerca scientifica, consenso, tutela della persona, in Scritti in Onore di V. Buonocore, IV, Diritto civile, Milano, 2005, p. 4135 e ss.87 A. Falzea, Comportamento, in EdD, VIII, Milano, 1961, p. 136 e ss.; E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, cit., III, p. 125 e ss.88 V. P. Stanzione, Attività sanitaria e responsabilità civile, in Studi in Onore di C. M. Bianca, IV, Milano, 2006, p. 865 e ss. e P. Stanzione V. Zambrano, Attività sanitaria e responsabilità civile, Milano, 1998. In particolare è rilevante nel tema del consenso informato del creditore-percipiente, la cui assenza è reputata fonte di responsabilità anche indipendentemente dall’evento lesivo dell’integrità psico-fisica, v., con ivi giurisprudenza richiamata, Trib. Paola, 15 maggio 2007, n. 462, in Le Corti Cal., 1, 2008, p. 99 e ss.89 Il tema è notoriamente affrontato da N. Irti, Testo e contesto, Padova, 1996, passim, ma spec., pp. 21 e ss., 67 e ss.; Id., Principi e problemi di interpretazione contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, p. 1139 e ss.90 V. C. Scognamiglio, Contratti d’impresa e volontà delle parti contraenti, in Scritti in onore di Cesare M. Bianca, cit., p. 852 e ss. ove si ripercorre l’elaborazione sul ruolo della volontà nei contratti d’impresa uni e bilaterali e si addiviene alla conclusione che nel diritto europeo dei contratti

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profila una condizione di soggettivo bisogno di beni e servizi «essenziali», il cui soddisfacimento non è affidabile al mero funzionamento del mercato91. La specialità della materia salutare fa sì che detto rapporto, pur avendo un indiscusso contenuto patrimoniale92, preservi e valorizzi un profilo finalistico aggiuntivo che legittima una componente eteronoma molto marcata93. Va, inoltre, evidenziato che la condizione soggettiva di bisogno del creditore-percipiente del bene-servizio salutare, non è assiologicamente equiparabile ad un qualsiasi altro bisogno che pure potrà interessare la parte «dipendente»; esso è tale che le misure di tutela abitualmente concepite per il c.d. consumatore si rivelano in tutta la loro insufficienza ed inadeguatezza. La regolamentazione del rapporto è sensibilmente condizionata dalla tutela del diritto alla salute quale situazione esistenziale. Per cui il potere di controllo della parte aderente, attraverso la garanzia del contenuto minimo e della effettività prestazionale, comprende i princìpi informatori della materia i quali -di tal modo- defluiscono nel regolamento negoziale. In questa accezione il diritto delle prestazioni sociosanitarie è al contempo il diritto alle prestazioni sociosanitarie94. Il rapporto contrattuale di assistenza è compatibile anche con lo schema delle condizioni generali di contratto. Per ovviare alla supremazia del soggetto erogatore è emersa la tendenza ad oggettivizzare il rischio da attività con il ricorso alle responsabilità presunte o oggettive95. L’inadeguatezza dell’apparato rimediale previsto dal diritto civile comuneha fatto indugiare nella normazione per fattispecie, indicando con crescente puntualità obblighi comportamentali a tutela di una prestazione di qualità, sicura e essenziale96. Ciò è accentuato nel settore delle prestazioni sociosanitarie ove, alle fonti integrative di natura collettiva, si aggiungono i protocolli tecnici (o linee guida) e i codici deontologici97, i quali, tipizzano

si assiste ad un «volontarismo ben temperato» dalla buona fede e dalla sua attitudine a far emergere ciò che di razionale vi è nel reale voluto delle parti.91 L’affermarsi del principio di universalità nell’erogazione dei servizi con i caratteri dell’essenzialità, giacché attuativi di diritti di libertà fondamentali, è dimostrativo della funzione sociale svolta dalle imprese che operano in tali settori, v. G. Napolitano, Servizi pubblici e rapporto di utenza, Padova, 2001, p. 223 e ss.92 V., prec. nota 63.93 P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, Napoli, 2007, p. 337 e ss.94 Per una ricognizione delle posizioni v., F. Torchia, Libera scelta del medico di base e del luogo di cura: manifestazione di un diritto assoluto o di un semplice interesse dell’assistito?, nota a Trib. Lamezia Terme, 27 luglio 2001, in Le Corti Cal., 3, 2002, p. 1013 e ss.95 Il tema è diffusamente affrontato, v., per una ricognizione del problema, G. Visintini, Linee di tendenza verso la responsabilità oggettiva dei fornitori di servizi. In particolare la responsabilità delle strutture sanitarie e delle banche, in Il diritto dei consumi, III, cit., p. 309 e ss. ; R. Favale, La responsabilità professionale del medico: le risposte della giurisprudenza, in Annali dell’Università degli Studi del Molise, 6, 2004, p. 95 e ss.; G. Tepedino, A responsabilidade médica na experiência brasileira contemporânea, in Studi in memoria di V. E. Cantelmo, cit., II, p. 815 e ss.96 Per un’analisi critica della normazione civile per fattispecie, v., P. Perlingieri, La tutela del contraente tra persona e mercato, in Il diritto dei consumi, cit. III, p. 7 e ss.97 Il codice deontologico assume il ruolo di stabilizzatore dell’asimmetria, di normalizzatore delle azioni abusive del medico, in altri termini di tutela delle posizioni del percipiente la prestazione

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le condotte professionali secondo percorsi sperimentati dall’efficacia dei risultati, prevengono negligenze professionali sensibilmente nocive per l’assistito e normalizzano i costi delle prestazioni98.

sanitaria; con esso codice non si introducono fattori di soggettivizzazione dell’azione sanitaria, bensì norme comportamentali pensate per la migliore realizzazione del valore salute e persona; v., E. Quadri, Il codice di deontologia medica, in Scritti in Onore di Vincenzo Buonocore, cit., IV, Diritto civile, p. 4807 e ss., ivi si parla di «alleanza terapeutica» tra il medico ed il paziente per sottolineare il contemperamento tra due sfere di autonomia ove quella del paziente trova il suo sviluppo nella manifestazione del consenso informato. Tuttavia, suscita riserve la lettura critica che L’A. citato dà di Cass. pen., I, 29 maggio 2002, n. 26446, in Riv. pen, 2002, p. 751 e ss., nella quale si esime da responsabilità il medico che interviene chirurgicamente senza il consenso e il dissenso esplicito del paziente: «Malgrado l'assenza di un consenso informato del paziente - e sempre che non sussista un dissenso espresso dello stesso al trattamento terapeutico prospettato - deve escludersi che il medico sia penalmente responsabile delle lesioni alla vita o all'intangibilità fisica e psichica del paziente sul quale ha operato in osservanza della leges artis, poiché l'attività terapeutica, essendo strumentale alla garanzia del diritto alla salute previsto dall'art. 32 Cost, è autorizzata e disaminata dall'ordinamento ed è quindi scriminata da uno «stato di necessita» ontologicamente intrinseco, senza che sia necessario fare riferimento alle cause di giustificazione codificate»; ne emerge un’esplicita valutazione del bene persona quale valore dell’ordinamento non sottoponibile al condizionamento soggettivo dell’elemento volontaristico, il quale avrà un ruolo nel procedimento di formazione della scelta sanitaria, come per converso, l’acquisizione del consenso non esime dalla responsabilità medica in presenza di condotta negligente o imperita.98 V. prec. nota 97, e M. G. Di Pentima, L’onere della prova nella responsabilità medica, Milano, 2007, passim. Le aziende sanitarie ed ospedaliere dovranno prevedere la costituzione di un gruppo per il risk management. Per la rilevazione dei rischi è già attivo un protocollo di segnalazione degli eventi sentinella elaborato dal ministero della salute per supportare le regioni e le aziende sanitarie ed ospedaliere nella sorveglianza e gestione degli eventi sentinella su tutto il territorio nazionale. La diffusione delle buone pratiche in uso per la sicurezza del paziente dovrà consistere nell’allestimento di linee-guida e protocolli nella gestione del rischio. L’adattamento delle linee guida al contesto reale in cui si opera si traduce nella costruzione dei percorsi diagnosticoterapeutici e delle raccomandazioni che devono essere divulgati e ampiamente utilizzati nelle aziende sanitarie e ospedaliere. Oltre alla diffusione delle raccomandazioni ministeriali relative al corretto utilizzo del cloruro di potassio, alla corretta identificazione dei pazienti, del sito chirurgico e la relativa procedura, per prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico è prevista la realizzazione di specifici progetti per la sicurezza dei pazienti, la cui implementazione costituirà un ulteriore obiettivo del piano sanitario: la partecipazione al progetto inter-regionale «cure sicure», predisposto dal ministero della salute, secondo gli obiettivi così articolati: sviluppare sistemi di segnalazione rapida degli eventi sentinella e delle epidemie, e di monitoraggio delle infezioni associate alle diverse forme di assistenza; definire i requisiti per l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sociosanitarie con riferimento anche alla prevenzione e al controllo delle infezioni; promuovere l’adesione a pratiche assistenziali di dimostrata efficacia, attraverso la diffusione di linee guida comuni e di programmi formativi del personale facenti parte dell’ECM; realizzare programmi di corretta informazione dei cittadini sui rischi associati all’assistenza sanitaria e sulle azioni del servizio sanitario regionale miranti a ridurre tali rischi. La campagna per il lavaggio delle mani: per promuovere e facilitare l’igiene delle mani degli operatori sanitari e degli utenti dell’ospedale, mediante l’utilizzo, nelle aree a maggior rischio di trasmissione d’infezioni, di soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani senz’acqua; la sorveglianza delle infezioni ospedaliere del sito chirurgico. Per quanto concerne specificamente le terapie farmacologiche, l’introduzione di metodi di rilevazione dell’entità e della tipologia degli errori farmacologici, l’attivazione della prescrizione informatizzata, l’uso di sistemi di preparazione centralizzata degli infusionali e la distribuzione personalizzata (c.d. dose unitaria) comporta la riduzione del rischio da farmaci attraverso il monitoraggio delle fasi che portano il farmaco al paziente (prescrizione, trascrizione, preparazione, dispensazione, distribuzione, somministrazione). A ciò si accompagnano significative economie legate alla razionalizzazione delle scorte di reparto, al risparmio di tempo infermieristico che può essere dedicato alle attività assistenziali, nonché al mancato trattamento degli eventi avversi prevenibili.

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Assume un ruolo centrale l’«atto (rectius attività) di assistenza» epurato dagli abusi99 e squilibri100 a mezzo del ricorso alle norme eteronome di liceità e al vaglio di meritevolezza di tutela ispirato dai princìpi informatori della materia. Questi danno la dimensione escatologica del rapporto di assistenza e conformano l’intero regolamento anche oltre e contro la normazione per fattispecie. L’atto (attività) di assistenza è un atto di iniziativa di preminente interesse generale101 che realizza beni e servizi essenziali alla e della persona, nella cui composizione v’è un contenutopatrimoniale strumentale102. Quest’ultimo connota l’attività alla stessa stregua dell’attività d’impresa103, benché la oltrepassi assumendo una

99 V. , P. Rescigno, L’abuso del diritto, Bologna, 1998, p. 11 e ss., l’illustre A. estende l’indagine sull’abuso alle potestà, ai poteri, ai diritti soggettivi, alle libertà, muovendo dalla considerazione che trattasi della «misura di discrezionalità che è connessa al loro esercizio ed al relativo controllo giudiziale…Sotto il profilo dell’abuso (e ancora dell’abuso della libertà) sono stati visti altresì il rifiuto di contrarre e lo sfruttamento della situazione di forza nella stipulazione del contratto (p. 99)…[l’A., in conclusione e fondando sui princìpi degli artt. 2 e 3, co. 2 cost., osserva che] la pretesa di impostare e di risolvere il problema dell’abuso sulle due norme della Costituzione sarebbe una pretesa eccessiva; ma i due articoli autorizzano l’interprete a rivedere i concetti…che hanno come premessa i princìpi dell’eguaglianza formale e dell’esclusività dell’ordinamento (p. 131)».100 V. E. Caterini, La terza fase del «diritto dei consumi», cit. p. 10 e ss.; come prime applicazioni del principio di proporzionalità, v., Cass., 14 luglio 1983, n. 3318, in Foro it., 1983, I, c. 2468 con nota di F. Francario; Cass., 27 febbraio 1985, n. 1720, in Giust. civ., 1985, p. 1630, con nota di A. Di Majo, La tutela del promissario-acquirente nel preliminare di vendita: la riduzione del prezzo quale rimedio specifico.101 L’argomento combacia con il ricorso alla riserva di attività dell’art. 43 cost., e alla sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 cost ove si richiede l’interesse generale dei soggetti chiamati a cooperare nel perseguimento dei fini costituzionali. Nella specie l’interesse generale coincide con il valore della persona da realizzarsi nella sua integrità. Il principio di sussidiarietà orizzontale è la massima espressione della forza autopoietica del mercato; v., da ultimo le considerazioni sui contratti della p.a. di M. Pennasilico, L’interpretazione dei contratti della pubblica amministrazione tra conservazione e stabilità degli effetti, in Rass. dir. civ., 2005, p. 428 e ss.; A. Lamberti, Sussidiarietà e livelli di tutela dei diritti, in Scritti in Onore di Vincenzo Buonocore, I, cit., p. 419 e ss., ove si affronta l’argomento sottolineandone la valenza democratica e solidaristica; in esso s’intravede una specificazione del principio personalista poiché la flessibilità amministrativa e legislativa risponde non soltanto ad un’istanza di razionalizzazione della produzione normativa ma soprattutto alla migliore realizzazione dei bisogni della persona intesa nella sua accezione individuale e sociale. Il tema è fortemente condizionato dal dibattito culturale sul contratto di diritto pubblico nel quale l’influsso del principio di legalità dell’azione amministrativa sul regolamento contrattuale ha prodotto norme come quella sul procedimento amministrativo tedesco (legge federale del 25 maggio 1976) nella quale espressamente si richiamano i princípi di adeguatezza e di proporzionalità tra le prestazioni contrattuali unitamente al divieto di arbitrio della p.a., v., A. Masucci, Trasformazione dell’amministrazione e moduli convenzionali. Il contratto di diritto pubblico, Napoli 1988, passim, spec. p. 91 e ss.; A. Federico, Autonomia negoziale e discrezionalità amministrativa. Gli «accordi» tra privati e pubbliche amministrazioni, Napoli 1999, passim.; P. Femia, Sussidiarietà e princípi nel diritto contrattuale europeo, in P. Perlingieri e F. Casucci (a cura di), Fonti e tecniche legislative per un diritto contrattuale europeo, Napoli 2004, p. 143 e ss.; v., art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo e l’accesso agli atti in materia Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento.102 Sul rapporto tra situazioni strumentali e finale e sul collegamento tra rapporti, v., P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, pp. 489, 515 e 697 e ss.; E. Caterini, Il principio di legalità nei rapporti reali, Napoli, 1998, p. 36 e ss.; Id., Dall’impresa agricola all’impresa agronomica. Per una rilettura dell’art. 2135 c.c., in Rass. dir. civ., 1998, p. 735 e ss.103 V., G. C. M. Rivolta, Gli atti d’impresa, in Riv. dir. civ., 1994, p. 107 e ss.

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funzione finalisticamente esistenziale sulla quale si fonda ogni situazione giuridica di cui le parti del rapporto di assistenza sono titolari104. Dunque, l’assistito è l’utilizzatore della prestazione e del servizio da questi richiesto a mezzo dell’atto di iniziativa, il quale può assumere i caratteri del comportamento concludente a contenuto plurimo105. La ragione della tutela dell’assistito unisce il valore della salute e il presupposto sociale dello stato di «dipendenza soggettiva» quale soggezione dell’assistito - il quale non può incidere sul regolamento negoziale vuoi per ragioni intellettive che psicologiche106 -; ai primi si aggiunge il rischio dell’abuso di potere formativo nella definizione del regolamento negoziale ad opera del soggetto erogante. Senza abuso non c’è lesione; ciò che rileva è l’obiettiva deviazione dall’interesse del percipiente alla prestazione dedotta dal contenuto essenziale del rapporto107 anche a mezzo di un vantaggio improprio del soggetto erogatore108. Per tali ragioni, i rimedi

104 Sia che si tratti di soggetti pubblici che privati, autonomi o parasubordinati, accreditati o semplicemente autorizzati.105 Il contratto di fatto di assistenza rinviene il contenuto regolamentare nell’autonomia individuale ed in quella collettiva delle parti categoriali che definiscono la contrattazione nazionale e decentrata; nell’eteronomia dettata dai princìpi di ordine pubblico costituzionale, comunitario e di riforma economico-sociale; nell’eteronomia degli atti di indirizzo e amministrativi regionali e aziendali, e in quelli di autodisciplina come i codici deontologici di settore, i quali sistematicamente definiscono il singolo rapporto di assistenza.106 Queste seconde non vanno sottovalutate soprattutto nel rapporto giuridico sanitario. La componente emozionale presenta un’incidenza notevole nei processi decisionali della persona; scrive J. LeDoux, Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni, Milano, 2003, p. 21, che «le connessioni tra sistemi emotivi e sistemi cognitivi sono più robuste di quelle che compiono il percorso opposto»; l’assistere realmente o immaginariamente a situazioni traumatiche genera la c.d. reazione di orientamento che deriva da un vero stato di paura irrazionale.107 Esso rappresenta l’elemento funzionale del fatto e del rapporto giuridico di assistenza socio-sanitario. Il debito, quale modello di condotta, posto da una fonte auto ed eteronoma, esprime una qualifica giuridica di comportamento che coniuga il fatto-contegno con l’effetto-valutazione del primo; perciò, ad essere essenziale non è la prestazione (fatto-contegno) ma la funzione che essa persegue a mezzo della prestazione conforme al modello di condotta prefigurato dal dover essere normativo. La uniformità della prestazione persegue l’obiettivo dell’effettività di condotta. 108 Il tema dell’abuso rivela un fondamento etico che viene giuridicizzato attraverso il suo deflusso nella materia dell’illecito, ovvero, in quella dell’interpretazione sistematica, teleologica e assiologica. Rispetto all’illecito si ritiene che mentre esso risulta dall’esercizio anormale di una libertà (diritto indefinito), l’abuso conseguirebbe all’esercizio anormale di un diritto definito; rispetto all’interpretazione si ritiene che l’abuso superi il dato normativo o contrattuale testuale (diritto letterale) per dare emersione ad un dato normativo o contrattuale inespresso (diritto o contratto virtuale) ma incluso nel sistema di regole interpretate. In altri termini la missione della teoria dell’abuso del diritto (e del dovere) sarebbe quella di far cadere l’apparente legittimità dell’atto. In che modo?, svelando lo sviamento della situazione giuridica dalla sua funzione impressale dall’ordinamento anche a mezzo del contratto. Dunque, anche il vantaggio improprio o immeritato, il profitto sproporzionato, costituiscono abuso della situazione giuridica se contengono una sviamento dallo scopo istituzionale; v., per una recente ricognizione del dibattito, A. Karimi, Les clauses abusive et la théorie de l’abus de droit, préface de Ph. Simler, Parigi, 2001, spec. pp. 27-95; è utile ribadire che l’abuso non può essere risolto in una questione di «ottimalità paretiana», ovvero, in una analisi costi-benefici nell’esercizio delle prerogative accordate dall’ordinamento. D’altra parte, è decisiva la delimitazione dell’abuso dagli obblighi di buona fede. Il primo interviene nella «perimetrazione» degli interessi e valori protetti e regolamentati nelle situazioni giuridiche; là dove i secondi dirigono le condotte dei soggetti nell’esecuzione dei predetti interessi; il primo è presupposto ai secondi, ma questi ultimi possono essere violati anche senza una erronea delimitazione degli interessi e valori; è

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dell’ordinamento devono fondarsi sulle norme principio anche quando esse generano protezioni specifiche109. In questa materia si assiste al superamento del nesso contratto-consumatore per approdare alla diade rapporto contrattuale di fatto-percipiente. L’idconcettuale, elaborato per la posizione c.d. dipendente, si estende a buona ragione all’utente-percipiente110: non più il contratto presuppostoall’applicazione dello strumentario di tutele concepito a vantaggio della parte «dipendente», ma il rapporto contrattuale di fatto fonte capace di accogliere e rielaborare le misure di protezione non esclusivamente patrimoniali. Il fondamento costituzionale rinvenibile negli articoli 32 e 43111 concepisce un rapporto (contrattuale di fatto) di assistenza ove la parte

pur vero che il comportamento scorretto è il dato esteriore dell’abuso di situazioni giuridiche; v. M. Messina, L’abuso del diritto, Napoli, 2003, pp. 104, 137 e 173 e ss. La predetta distinzione non deve indurre a separare gli effetti sanzionatori dell’abuso da quelli della violazione degli obblighi di condotta: i primi interverrebbero sulla validità, i secondi sulla efficacia del negozio. Ciò farebbe propendere per una revisione critica di quella posizione anche giurisprudenziale (v., per tutti, Cass., 20 aprile 1994, n. 3775, in Foro it., 1995, c. 1298, c.d. caso Fiuggi) in base alle quali il vincolo di condotta refluisce sulla validità del contratto, di tal modo sovrapponendo l’abuso di situazione con la condotta scorretta, lo sviamento dell’interesse con il comportamento inadempiente. V. art. 54 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE del 7 dicembre 2000, il quale recita: «Divieto dell’abuso di diritto. Nessuna disposizione della presente Carta dev’essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Carta o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente Carta»; ivi sono indicate due modalità: la prima è più riconducibile alle fattispecie di illecito, la seconda propriamente all’abuso. Il punto è che più si delinea l’abuso, più si ridimensiona l’àmbito della buona fede; quindi, la violazione di norme di comportamento non è univocamente estranea alle questioni di validità, poiché vi sono comportamenti riconducibili ai poteri esercitabili dalle parti, e comportamenti di mera esecuzione; i primi incidono sulla validità degli atti poiché conformano i poteri esercitabili, i secondi sull’efficacia degli atti perché rappresentano modalità scorrette di esecuzione dei poteri. Sull’argomento, v., P. Perlingieri, Regole e comportamento nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, Napoli, 2003, pp. 33 e ss. e 97 e ss.109 Da ultimo v., P. Perlingieri, La tutela del contraente tra persona e mercato, in Il diritto, cit., III, p. 14 e ss.; Id., La tutela del consumatore tra normativa di settore e codice del consumo, in Il diritto dei consumi. Realtà e prospettive, a cura di G. Cavazzoni, L. Di Nella, L. Mezzasoma, V. Rizzo, Napoli, 2008, pp. 18-19110 Nel senso etimologico di percipēre: assumere, comprendere; giustapposto a utente, da uti, usare, il quale ultimo significato implica il concetto di utilizzare, rendere utile, in una dimensione di prevalente patrimonialità. Non si vuole con detta distinzione rilevare elementi lessicali ispirati dall’assolutezza della verità, bensì elementi stipulativi o nominali introduttivi di certezze e, quindi di verità relative, v., in proposito. A. Belvedere, Il problema delle definizioni nel codice civile, Milano, 1977, p. 64 e ss. la distinzione induce a differenziare i contratti con i c.d. consumatori dai contratti civili propriamente detti, non soltanto per la natura dei soggetti contraente, ma anche per la definizione dei loro elementi essenziali.111 Scrive F. Galgano, Rapporti economici, II, sub. Art. 43, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca,. Bologna-Roma, 1982, p. 206 e ss., «ciò che, ai sensi dell’articolo in esame, viene “riservato originariamente” oppure “trasferito” allo Stato o ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o utenti sono, pur sempre, “imprese o categorie di imprese”: la legge può in forza di questo articolo, modificare la titolarità delle imprese, rendendole pubbliche anziché private, cooperative anziché capitalistiche, ma non può modificare i caratteri dell’attività produttiva, la quale deve restare una attività di “impresa”, guidata dai criteri di economicità…intervenire nell’economia significa dirigere e condizionare i processi di riproduzione del capitale, rivolgerli …alla realizzazione di “fini sociali” o…”a fini di utilità generale”…intervenire sull’economia significa, invece, intervenire sul modo di produzione: decidere quanta parte delle risorse del paese debba essere immessa nel processo di

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predisponente-erogatrice sarà obbligata ad eseguire le prestazioni occorrenti per la tutela della salute ovviando alla condizione di «dipendenza» del creditore, laddove la parte percipiente avrà il potere di rinunciarvi, salvo il limite della prestazione sanitaria urgente o obbligatoria112. Si configura un rapporto ove una parte policentrica composta dalla struttura di erogazione e dal/dai soggetti erogatori113, assume una situazione giuridica complessa preminentemente passiva, e l’altra parte, composta dal percipiente la prestazione sociosanitaria o a volte dal congiunto114, assume una situazione giuridica complessa preminentemente attiva; in quest’ultima la componente collaborativa è consustanziale all’eseguibilità della prestazione medesima115. Infatti, la collaborazione del percipiente ha la specificità direndere disponibile il proprio corpo, nella dimensione psicosomatica, riproduzione del capitale e quanta parte debba, al contrario, essere sottratta a questa destinazione e volta alla diretta soddisfazione di bisogni sociali, alla sicurezza sociale, all’istruzione pubblica, alla edilizia popolare, alla sanità pubblica…la distinzione tra ciò che è “economico” e ciò che non è “economico” non risiede in una intrinseca e immutabile “natura delle cose”; è una distinzione storicamente determinata: è una vicenda dei rapporti fra le classi sociali». La dottrina appena riferita non poteva tenere in debito conto il nuovo assetto ordinamentale derivato dal sistema italoeuropeo delle fonti, il quale dà un ruolo centrale al mercato e alle sue regole basilari di funzionamento anche per i settori che rispondono ai più fondamentali bisogni sociali com’è la salute, v., gli argomenti svolti nel paragrafo 10; ciò riposiziona l’art. 43 cost., non più da intendere con strumento di intervento sull’economia ma quale mezzo di “ri-economicizzazione” del settore socio-salutare, sebbene, nella prevalente titolarità pubblica. La soppressione del fondo sanitario nazionale e l’introduzione di compartecipazioni regionali su imposte statali va nella medesima direzione mitigandone gli effetti con il fondo perequativo nazionale capace di sopperire alle diseguaglianze territoriali. Per una rilettura dell’art. 43 cost., sia consentito il rinvio a E. Caterini, La Consulta e gli usi civici: una sineddoche, in Cinquanta anni della Corte Costituzionale della Repubblica Italiana, I rapporti patrimoniali nella giurisprudenza costituzionale, S.I.S.Di.C., 13, a cura di M. Tamponi e E. Gabrielli, Napoli, 2006, p. 158 e ss., ma vedi retro nota 3.112 V., da ultimo, M. Quargnolo, Trattamento sanitario obbligatorio illegittimo e danno non patrimoniale, nota a Trib. Venezia, 19 dicembre 2005, in Resp. civ., cit., p. 243 e ss.; A. Pellegrini, La tutela dell'infermo psichico nel trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera in una sentenza della S.C.: una giusta riaffermazione di principi ormai consolidatisi, ma non sempre adeguatamente valorizzati ed applicati dalla giurisprudenza di merito, nota a Cass., 23 giugno 1998 n. 6240, in Dir. fam., cit., p. 24 e ss.113 Per i concetti di parte soggettivamente complessa e di terzo, v., G. Chiappetta, Azioni dirette e par condicio creditorum, in L’autonomia negoziale e il concetto di parte nella dottrina e nella giurisprudenza, a cura di E. Caterini e G. Chiappetta, Napoli, 2003, p. 337 e ss., con ivi note di richiamo; F. Torchia, La garanzia per vizi ed evizione nelle vendite a catena, ibidem, p. 17 e ss.; M. S. Pirrupato, Il contratto di subfornitura. Aspetti problematici, Ibidem, p. 79 e ss.; M. D’Agostino, Il Subappalto: l’incidenza delle modificazioni soggettive nell’esecuzione del contratto d’appalto, ibidem, p. 141 e ss.; G. Chiappetta, Azioni dirette e “tangibilità” delle sfere giuridiche, Napoli, 2000, p. 72 e ss.114 V., per la posizione iure hereditatis o iure proprio del congiunto nell’ipotesi di danno biologico, C.A. Catanzaro, 7 maggio 2004, n. 298, in Le Corti cal., 1, 2006, p. 201 e ss.; Trib. Paola, 25 ottobre 2002, ibidem, 2003, 1, p. 207 e ss., con nota di M. Pandolfi, Violazione dell’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro e responsabilità del datore per il danno arrecato alla salute del dipendente poi deceduto. I problemi del riconoscimento del danno biologico e morale ai congiunti del lavoratore defunto, ibidem, 2004, 1, p. 224 e ss.; Trib. Locri, 20 agosto 2003, ibidem, 2, 2004, p. 666 e ss., con nota di R. Marzullo, La c.d. dicotomia zoppa del sistema della responsabilità civile alla luce della recente rilettura offerta dalla suprema Corte e dalla Consulta, p. 676 e ss.115 Sull’obbligo di collaborazione del creditorie nel rapporto obbligatorio, v. ex plurimis, P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, cit., 212 e ss.; A. di Majo, Obbligazione in genere, cit., p. 284 e ss.

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assoggettando la propria persona –e quindi la sua personalità- al trattamento sanitario, dunque, essa diviene elemento costitutivo della medesima prestazione sociosanitaria.

13. Il rapporto di assistenza è integrato per legge dalle disposizioni normative di principio e di dettaglio previste per i livelli essenziali di assistenza e le modalità uniformi di prestazioni. La Carta costituzionale agli articoli 32 e 117, co. 2, lett, m) e la legge n. 833 del 1978 stabiliscono che la tutela della salute è affidata al servizio sanitario nazionale, costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività rivoltealla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica della popolazione. È quindi la norma che, in sede di approvazione del piano sanitario nazionale, ha il compito di fissare: «i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini». Nell’articolo 57 della stessa legge si afferma che «Con decreti del Presidente della Repubblica […] da emanarsi in conformità a quanto previsto dal piano sanitario nazionale, sono gradualmente unificate, nei tempi e nei modi stabiliti dal piano stesso, le prestazioni già erogate dai disciolti enti mutualistici, dalle mutue aziendali e dagli enti, casse, servizi e gestioni autonome degli enti previdenziali»116. La legislazione della materia 116 Del piano sanitario nazionale tratta l’art. 53, stabilendo che: «le linee generali di indirizzo e le modalità di svolgimento delle attività istituzionali del Servizio sanitario nazionale sono stabilite con il piano sanitario nazionale in conformità agli obiettivi della programmazione socio-economica nazionale e tenuta presente l’esigenza di superare le condizioni di arretratezza socio-sanitaria che esistono nel Paese, particolarmente nelle regioni meridionali». È altresì previsto che: «Contestualmente alla trasmissione da parte del Governo al Parlamento del piano sanitario nazionale, il Governo presenta al Parlamento il disegno di legge contenente sia le disposizioni precettive ai fini della applicazione del piano sanitario nazionale, sia le norme per il finanziamento pluriennale del Servizio sanitario nazionale, rapportate alla durata del piano stesso, con specifica indicazione degli importi da assegnare al fondo sanitario nazionale». Appare evidente che il legislatore fosse consapevole delle difficoltà da superare per attuare la riforma, dunque la «gradualità» stabilita per l’assunzione dei provvedimenti volti a «unificare le prestazioni» sul territorio nazionale. Nota laeterogeneità esistente tra gli erogatori in termini di organizzazione e distribuzione dei servizi e delle attività sanitarie, di tipologia e di numero delle prestazioni concesse, nonché di criteri per disciplinare la fruibilità delle stesse in termini di quantità massima consentita nell’anno per ciascuna tipologia. Per l’«unificazione» occorreva riorganizzare i servizi nelle costituende unità sanitarie locali, collegarli a quelli resi da altre istituzioni, pubbliche e private, e disciplinare in modo unitario i rapporti con i professionisti convenzionati con il servizio sanitario nazionale. Di tal modo si potevano «fissare i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini», un processo assai oneroso sotto l’aspetto finanziario, data l’evoluzione delle specialistiche e subspecialistiche delle discipline mediche e dell’affermarsi di nuove tecnologie. Durante i quindici anni di assenza di piano sanitario sono stati assunti dei provvedimenti sostitutivi che hanno affrontato taluni aspetti. Di particolare importanza: la deliberazione CIPE 20 dicembre 1984, riguardante la ripartizione del fondo sanitario 1985 stabilendo che: «al fine di garantire uniformità di livelli assistenziali ed eliminare progressivamente le differenze strutturali e di prestazioni tra le Regioni occorre prevedere standard di organizzazione e di attività cui debbono riferirsi le Regioni e le Unità Sanitarie Locali nell’impiego delle risorse del fondo sanitario nazionale». Vengono quindi indicati i parametri adottati per la determinazione delle singole assegnazioni e sono descritti gli «standard di organizzazione e di attività definiti ai sensi dell’art. 51, 2° comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833»; b) la legge 23 ottobre 1985, n. 595, recante «norme per la programmazione sanitaria e per il

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piano sanitario triennale 1986-1988», che definisce gli obiettivi generali del piano sanitario nazionale, e tra questi: - l’attivazione o il potenziamento dei servizi di prevenzione di utilità collettiva riguardanti il controllo sanitario dell’ambiente di vita e di lavoro, la vigilanza igienica sugli alimenti e la lotta alle sofisticazioni alimentari; potenzia i servizi territoriali di medicina di base e di igiene e sanità pubblica, nonché i servizi specialistici ambulatoriali intra ed extraospedalieri anche per contenere i ricoveri nei limiti propri delle esigenze diagnostiche e curative; potenzia e coordina i servizi di emergenza, con riguardo anche alle esigenze del servizio nazionale di protezione civile, con la distribuzione sul territorio e le modalità di coordinamento operativo, anche radioassistito, dei servizi di pronto intervento e di emergenza collegati funzionalmente ai servizi di guardia medica territoriale e ospedaliera, ai servizi di pronto soccorso e trasporto protetto degli infermi, ai servizi di cura intensiva e ai servizi trasfusionali; individua l’«azione programmata», quale impegno operativo in uno specifico settore sanitario in cui debba confluire l’attività di più servizi sanitari le cui competenze sono da considerarsi interdipendenti rispetto al fine proposto, nonché il «progetto obiettivo», quale impegno operativo che funge da polo di aggregazione di attività molteplici delle strutture sanitarie, integrate da servizi socio-assistenziali, al fine di perseguire la tutela socio sanitaria dei soggetti destinatari del progetto; le disposizioni particolari in materia di organizzazione degli ospedali, che per la prima volta stabiliscono i parametri tendenziali di dotazione di posti letto per mille abitanti, una parte dei quali è destinata alla riabilitazione, unitamente alla definizione dei relativi standard di attività, al riconoscimento della ospedalizzazione a ciclo diurno, nonché alla introduzione del concetto delle aree funzionali omogenee quali misure di avvio della organizzazione dipartimentale; riconosce i presìdi e servizi di alta specialità, il cui elenco e i relativi requisiti verranno poi definiti dal decreto ministeriale 29 gennaio 1992, che rappresenterà il punto di riferimento principale per la individuazione delle aziende ospedaliere ai sensi del d. lgs. 502 del 1992 e delle successive modifiche ed integrazioni.; c) la legge 30 dicembre 1991, n. 412: «Disposizioni in materia di finanza pubblica», nella quale si stabilisce che il governo determina i livelli di assistenza sanitaria da assicurare in condizioni di uniformità nel territorio nazionale, nonché gli standard organizzativi e di attività da utilizzare per il calcolo del parametro capitario di finanziamento di ciascun livello assistenziale per l’anno 1992, tenendo presente peraltro che: - detti standard sono determinati ai fini del finanziamento ma non costituiscono vincolo organizzativo per le regioni e le unità sanitarie locali; - il parametro capitario è finanziato in rapporto alla popolazione residente; -nell’ambito del FSN è istituito un fondo di riequilibrio per sostenere le regioni con dotazioni di servizi al di sotto degli standard; d) il d.P.R. 27 marzo 1992, «Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza», provvedimento che ha avviato un processo organico di razionalizzazione del settore, successivamente meglio articolato e dettagliato con l’atto di intesa tra stato e regioni, dell’11 aprile 1996, di approvazione delle linee-guida sul sistema di emergenza sanitaria; e) la legge 23 ottobre 1992, n. 421: «Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale», che in materia sanitaria comprende anche il compito di definire i princìpi relativi ai livelli di assistenza sanitaria uniformi e obbligatori espressi per le attività rivolte agli individui in termini di prestazioni, stabilendo comunque la individuazione della soglia minima di riferimento da garantire a tutti i cittadini, e il parametro capitario di finanziamento da assicurare alle regioni e alle province autonome per l’organizzazione di detta assistenza, in coerenza con le risorse stabilite dalla legge finanziaria; f) la legge 14 novembre 1992, n. 438, «Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego», che comprende la definizione dei livelli uniformi di assistenza da garantire a tutti i cittadini a decorrere dal 1 gennaio 1993, da stabilire da parte del governo, d’intesa con la conferenza stato-regioni, e comunque: «ove tale intesa non intervenga, il Governo provvede direttamente entro il 15 dicembre 1992»; g) il d.P.R. 24 dicembre 1992, nel quale si stabilisce che: «I livelli di assistenza si configurano come obiettivi che il servizio sanitario nazionale assume di conseguire, a soddisfacimento di specifiche quote di bisogno sanitario, mediante un insieme di attività e prestazioni da porre in essere nell’ambito delle quote capitarie di finanziamento». I livelli di assistenza vengono così individuati: - assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro - assistenza sanitaria di base - assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale - assistenza ospedaliera - assistenza sanitaria residenziale a non autosufficienti e lungodegenti stabilizzati - attività di supporto alla organizzazione assistenziale. Tale d.P.R. è stato annullato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 116 del 13 aprile 1994, per la mancata intesa con la conferenza stato-regioni; h) il d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, nel quale si stabilisce che il piano sanitario nazionale dovrà indicare: «I livelli uniformi di assistenza da individuare sulla base anche di dati epidemiologici e clinici, con la specificazione delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini,

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definisce la essenzialità del livello all’assistenza sociosanitaria117, là dove il concetto di uniformità è riferibile all’effettività delle prestazioni erogabili nel territorio nazionale. I due profili appena delineati attengono, il primo, a quello funzionale preposto al perseguimento dell’interesse-valore prescelto dall’ordinamento; il secondo, a quello esecutivo con il quale si attuanoprogrammi e strumenti d’azione, di condotta prestazionale, i quali richiedono il massimo sforzo individuale e organizzativo118.L’insuperata eterogeneità degli erogatori -riguardante l’organizzazione, ladistribuzione dei servizi e delle attività sanitarie- riverbera sulle tipologie enumero delle prestazioni concesse, e sui criteri disciplinanti la fruibilità delle stesse. L’ulteriore difformità tra le prestazioni dipende dalla variabilitàdei costi delle molteplici specializzazioni professionali e tecnologiche. La riforma sanitaria del 1992 ha legato «i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale…alle specifiche esigenze nonché [all]’economicità nell’impiego delle risorse». Dunque, i livelli essenziali di assistenza mutano per i differenti profili tecnico-scientifici,socio-esistenziali e competitivo-prestazionale e per il mutare della dotazione

rapportati al volume delle risorse a disposizione»; i) il d.P.R. 1 marzo 1994, con il quale viene adottato il primo piano sanitario nazionale 1994-1996. Nel piano si afferma che: «La definizione di livelli uniformi di assistenza sanitaria intesi come l’insieme delle attività e delle prestazioni che debbono essere erogate dal ssn, è materia che risente più di altre della transizione da un sistema centralistico ad uno a responsabilità condivise tra Stato e Regioni. Da un lato appare marcata la finalità di garantire ai cittadini uguali opportunità di accesso e assicurare il soddisfacimento di una soglia minima di domanda di prestazioni sanitarie. Per altro verso, la indicazione di livelli si cala in contesti regionali molto diversi per cultura, caratteristiche sociosanitarie, dotazioni strutturali, competenze tecnico-scientifiche, capacità gestionali nel settore sanitario (…). Compete al Piano sanitario nazionale indicare i macrolivelli di assistenza sanitaria uniforme e gli obiettivi da conseguire per ognuno di essi in termini di domanda sanitaria da soddisfare. La funzione programmatoria regionale dovrà poi definire le modalità organizzative per il perseguimento degli obiettivi secondo l’ordine di priorità definito dal Piano sanitario nazionale ed in funzione delle specifiche esigenze del territorio, e distribuire le risorse in relazione alle modalità organizzative adottate». Il Piano poi conferma i sei «livelli uniformi di assistenza sanitaria» stabiliti dallo specifico d.P.R. del 24 dicembre 1992, e dettaglia le diverse funzioni che costituiscono la articolazione interna di ciascun livello; l) il piano sanitario nazionale 1998-2000, approvato con il d.P.R. 23 luglio 1998, è ispirato al nuovo clima di cultura internazionale in tema di sanità, ed in particolare alla definizione delle priorità e alla individuazione di ciò che è essenziale attraverso la dimostrazione dell’efficacia clinica e della appropriatezza, senza peraltro rinunciare alla affermazione di taluni principi e valori fortemente sentiti dai cittadini. Si afferma, infatti, nel piano che il sistema delle garanzie del ssn si esprime operativamente nel processo di individuazione e specificazione dei livelli di assistenza che si realizza attraverso: - la esplicitazione dei principi che guidano la definizione delle garanzie; - la precisazione degli interventi e delle prestazioni da assicurare e l’individuazione dei criteri di appropriatezza dell’utilizzo dei servizi; - la determinazione delle quote capitarie di finanziamento necessarie per i livelli di assistenza; - la definizione degli strumenti operativi per il governo dei livelli di assistenza. Si specifica poi che si tratta di livelli «essenziali» di assistenza, in quanto necessari per rispondere ai bisogni fondamentali di promozione, mantenimento e recupero delle condizioni di salute della popolazione, che devono essere «uniformemente» garantiti su tutto il territorio nazionale e all’intera collettività, tenendo conto delle differenze nella distribuzione delle necessità assistenziali e dei rischi per la salute.117 Lo stesso concetto viene adoperato dalla legge di riforma dei servizi sociali, art. 22, n. 328 del 2000 e relativo piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali approvato con d.P.R. 3 maggio 2001, parte 3, punto 1.118 Ivi è utile richiamare gli argomenti di E. Betti cit. alla nota 63.

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finanziaria; mentre l’uniformità delle prestazioni è condizionata dalle differenti realtà organizzative e professionali dei soggetti erogatori. Ciò impone un duplice livello di programmazione, nazionale e regionale, per tenere in conto le specificità del bisogno di salute. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 indicava nei livelli di assistenza, nelle quote capitarie di finanziamento, e nell’efficienza di governo gli strumenti per attuare gli obiettivi.Gli àmbiti prestazionali sono stati tripartiti in assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro119, assistenza distrettuale120 e ospedaliera121.Essi permangono nel d.p.c.m. del 29 novembre 2001, il quale delinea i livelli essenziali di assistenza e la loro prevalente gratuità. I criteri della selezione delle prestazioni uniformi e dell’essenzialità dell’assistenza sonol’efficacia clinica e il valore sociale delle stesse. L’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 22 novembre 2001 al punto 6, ha istituito un «…organismo…nazionale di…esperti designati dalle Regioni […] al quale è affidato il compito di valutare, nel tempo, i fattori scientifici, tecnologici ed economici che motivano il mantenimento, l’inclusione o l’esclusione delle prestazioni dai livelli essenziali di assistenza, tenuto conto di nuove tecniche e strumenti terapeutici, riabilitativi e diagnostici resi disponibili dal progresso scientifico e tecnologico, [nuove tecniche e strumenti] che presentino evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate, così come l’esclusione di quelle ormai obsolete». La legge 15 giugno 2002, n. 112, ha disposto l’istituzione di una apposita commissione «per le attività di valutazione, in relazione alle risorse definite, dei fattori scientifici, tecnologici ed economici relativi alla definizione e all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni in essi contenute»122. Tuttavia, poiché il problema del contenuto minimo del rapporto di assistenza assume un profilo finanziario condizionante, la sua attuazione si risolve nella valutazione competitiva dell’efficacia clinica delle prestazioni e nella selezione degli obiettivi migliorativi della salute umana. Dunque, la tutela degli interessi contemplati nel contenuto minimo del rapporto di

119 Sotto livelli della profilassi delle malattie infettive e diffusive; della tutela dei rischi connessi con l’inquinamento ambientale; della tutela dei rischi connessi con gli ambienti di vita e di lavoro; della sanità pubblica veterinaria; della tutela igienico-sanitaria degli alimenti.120 Sotto livelli dell’assistenza sanitaria di base; dell’assistenza farmaceutica; dell’assistenza specialistica ambulatoriale; dell’assistenza territoriale e semiresidenziale; dell’assistenza residenziale sanitaria.121 Sotto livelli dell’assistenza per acuti (emergenza, ordinaria e in day hospital); dell’assistenza post-acuzie (riabilitazione ordinaria e in day hospital e lungodegenza).122 La commissione è nominata e presieduta del Ministro della salute ed è composta da esperti designati dallo stesso Ministro della salute, dal Ministero dell’economia e delle finanze e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Con decreto del Ministro della salute del 25 febbraio 2004 è stata nominata la Commissione Nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei livelli di assistenza.

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assistenza è mediata dal concreto contegno professionale, nel quale la discrezionalità tecnica operazionale -più che il risultato conseguito123-rappresenta una variabile quali-quantitativa sensibilmente incidente sul «prodotto» prestazionale –ovverosia efficacia clinica-, inteso quale modello programmato per il raggiungimento dello scopo essenziale di assistenza. Per cui ogni incompetenza o inefficienza professionale, modifica il modello comportamentale e rischia di attenuare l’effettività del contenuto minimo del rapporto di assistenza124. In tale direzione è concludente la conoscibilità -a mezzo del servizio informativo nazionale- dei dati di gestione; essa consente di comparare le efficienze operative dei molteplici erogatori e introduce modalità sistematiche di controllo affiancati a strumenti di intervento rimediali rapidi.Occorre la capacità di verificare le modalità attuative delle prestazioni inserite nella dialettica erogatore-percipiente, la quale consente una definizione in concreto del criterio di appropriatezza della cura: l’appropriatezza è l’in sé del contenuto minimo del rapporto di assistenza.Pertanto, la misura concreta della doverosità prestazionale contribuisce a definire il diritto soggettivo del creditore-percipiente. I tassi elevati di tecnicità e di standardizzazione della condotta riducono la discrezionalitàdell’esecutore prestazionale e pre-definiscono l’esigibilità della condotta-risultato da parte del creditore-percipiente125. Il contenuto minimo del rapporto assistenziale, dunque, delimita la gratuità della prestazione sociosanitaria e specifica la minima unità effettuale della singola obbligazione di assistenza126, cioè, il diritto fondamentale all’assistenza sanitaria della persona.

123 La rilevanza del comportamento standardizzato previsto per il rapporto sanitario anche al fine di meglio perseguire il raggiungimento del risultato dell’obbligazione, ovvero, al fine di responsabilizzare per il mancato raggiungimento dello stesso, conferma l’infondatezza della distinzione tra obbligazione di mezzo e di risultato giacché nella fattispecie considerata il risultato previsto dai lea come diritto del creditore-percipiente si realizza correttamente soltanto a mezzo di quel comportamento previsto e prescritto e del connesso dovere di collaborazione del creditore; sul punto., v., P. Perlingieri, L’obbligazione tra vecchi e nuovi dogmi, Napoli, 1990, p. 42 e ss., «…l’obbligazione si allontana definitivamente dall’originaria nozione di rapporto di subordinazione, prima fisica poi soltanto patrimoniale, del debitore al creditore… l’obbligazione…si configura sempre più come un rapporto di cooperazione».124 Per quanto i protocolli comportamentali possano definire il percorso comportamentale essi non eliminano la discrezionalità tecnica del debitore la cui differente esperienze e professionalità differenzia l’efficienza e l’efficacia dell’attuazione del rapporto di assistenza sanitaria.125 Bisogna osservare che detta esigibilità della prestazione di assistenza sanitaria deve comunque subire una valutazione di ragionevolezza e, dunque, un bilanciamento con gli altri valori che presenta l’esecuzione della prestazione nella concretezza del caso, v., Corte cost., 3 febbraio 1994, n. 19, in www.cortecostituzionale.it126 I lea cooperano al raggiungimento della causa del negozio di assistenza sanitaria; in assenza del livello essenziale di prestazione la probabilità di raggiungimento dell’effetto dell’assistenza si riduce, dunque, la stessa funzione del negozio voluta dall’ordinamento è messa a rischio, sebbene essa possa raggiungersi per fatto naturale anche senza il rispetto dei lea. Questi ultimi definiscono dall’esterno l’oggetto del negozio e del rapporto di assistenza, v., P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, cit. p. 380 e ss.; D. Messinetti, Oggettività giuridica delle cose incorporali, Milano, 1970, p. 103 e ss.; da ultimo, per una rassegna dell’intenso dibattito sull’oggetto del contratto, ed in particolare sulla

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14. Il volgere dell’economia di mercato e il rischio di una deriva nellasocietà di mercato127 ha un’influenza determinante sulle categorie giuridiche e su quelle contrattuale in particolare. L’àmbito dei servizi alla persona come la salute, l’istruzione, la ricerca, il tempo libero, le prestazioni di assistenza sociale, sono attratti vieppiù dall’extra commercium alla sfera d’azione del mercato; ciò non fa annullare le loro specificità e, per quanto «patrimonializzati», non perdono la dimensione escatologica esistenziale. Da ciò la ridefinizione delle categorie giuridiche di riferimento. L’oggetto di detti rapporti è sempre più delineato ab externo, è eterodefinito, secondo principi di giustizia e ragionevolezza che meglio rispondono –rispetto alla spinta autopoietica- allo scopo negoziale; la stessa categoria del contratto, lì dove specificata nella sotto-categoria del c.d. contratto civile128, assume una forza espansiva-assorbente che tende ad includere fenomeni diversamente afferenti alla sfera esclusiva del negozio giuridico. Il contratto conquista spazi non tradizionalmente propri e manifesta una vis globalizzante. Nel contempo la categoria del contratto è aggredita da più parti e a volte neresidua un simulacro la cui anima irriducibile è l’atto di iniziativa. Con essa si dà risalto ad una volontà d’impulso che l’ordinamento inserisce in un procedimento ove trovano emergenza le ragioni di tutela e di meritevolezza dell’attività privata. I rapporti patrimoniali direttamente strumentali a scopi non patrimoniali occupano nuovi spazi nei quali si esplica una ulteriore declinazione del contratto, il quale teleologicamente e assiologicamente orientato assume sempre nuove conformazioni le cui aggettivazioni di«civile», d’impresa e consumeristico nulla aggiungono all’essenza del fenomeno.

differenziazione di esso in base all’efficacia contrattuale (obbligatoria o traslativa), v. G. Gitti, L’oggetto del contratto e le fonti di determinazione dell’oggetto dei contratti d’impresa, in Riv. dir. civ., 2005, 1, p. 11 e ss., ove si sostiene che alla luce degli innesti comunitari l’oggetto del contratto va distinto tra i contratti civili –ove esso dev’essere determinato- con effetto traslativo e i contratti d’impresa –ove esso è determinabile- con effetto obbligatorio.127 Sia consentito il richiamo degli argomenti svolti da E. Caterini, La tutela giuridica del consumo nell’economia sociale di mercato europea. Dal globalismo ai globalismi, in Scritti in Onore di Vincenzo Buonocore, II, Milano, 2005, p. 1007 e ss.128 V., per tutti, V. Buonocore, Contrattazione d’impresa e nuove categorie contrattuali, Milano, 2000, passim