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AULA 'B'
2015
4517
1 6 HAR.201b
~ r/ re_u
05220/16 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Oggetto
\
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G.N. 16764/2012
SEZIONE LAVORO Crono Stl0 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep.
Dott. PIETRO VENUTI - Presidente - Od. 25/11/2015
Dott. LUCIA TRIA - Consigliere - PO
Dott. FEDERICO BALESTRIERI - Consigliere -
Dott. UMBERTO BERRINO - Rel. Consigliere -
Dott. PAOLA GHINOY - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 16764-2012 proposto da:
ROMA, VIA
avvocati
elettivamente domiciliati in
presso lo studio degli
che li
rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI URBINO "CARLO BO" C. F.
00448830414, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO
MIRABELLO 17, presso lo studio dell' avvocato
rappresentata e difesa dall' avvocato
giusta delega in atti;
- controricorrente -
nonchè contro
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l'Avvocatura Centrale dell' Istituto, rappresentato e
difeso dagli avvocati
giusta delega in calce
alla copia notificata del ricorso;
- resistente con mandato -
avverso la sentenza n. 524/2012 della CORTE D'APPELLO
di ANCONA, depositata il 15/05/2012 R.G.N. 837/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/11/2015 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l'Avvocato
udito l'Avvocato
udi to l'Avvocato
per delega verbale
per delega verbale
udi to il P. M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l'inammissibilità, in subordine rigettoke-Mc.M.<>.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 20/4 - 15/5/2012 la Corte d'appello di Ancona ha accolto
l'impugnazione proposta dall'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"
avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede, che
aveva dichiarato la natura a tempo indeterminato dei singoli rapporti di lavoro
intrattenuti negli anni accademici compresi nel periodo 2000 - 2002 con i
collaboratori esperti linguistici
, e per l'effetto ha rigettato le
domande dei lavoratori, condannandoli alla restituzione di quanto
eventualmente percepito in forza della decisione riformata, con compensazione
delle spese del doppio grado di giudizio.
Nel respingere la domanda dei lavoratori la Corte territoriale ha evidenziato
che, alla luce della norma speciale disciplinante la materia in esame, vale a
dire quella dell'art. 4 del D.L. n. 120/1995, convertito con modificazioni nella
legge n. 236/1995, non esiste una sostanziale diversità tra i rapporti a tempo
determinato e quelli a tempo indeterminato, essendo ambedue soggetti a
verifica, come condizione della loro prosecuzione, nonché ad eventuale
modifica dell'organizzazione accademica. Inoltre, dalla richiesta di
accoglimento della domanda non ne sarebbe derivato, secondo la Corte di
merito, un miglioramento del trattamento retributivo, essendo lo stesso
regolato dalla citata disposizione di legge speciale; nè era ravvisabile una
violazione delle direttive europee atte a far ritenere preminente la preferenza
al tipo di rapporto di lavoro a tempo indeterminato al fine di una ricaduta sul
trattamento retributivo. In definitiva, secondo la Corte d'appello, non
sussisteva nella fattispecie una condizione di precarietà, in quanto la
valutazione della prestazione lavorativa corrispondeva ad un'esigenza del
servizio pubblico di istruzione universitaria ed alle migliori pratiche
diffusamente adottate con le relative tutele apprestate, per cui era da
escludere l'esercizio di una discrezionalità abusiva.
Inoltre, la Corte anconetana ha escluso che l'apodittico richiamo al precetto
costituzionale di cui all'art. 36 potesse giustificare un riassetto del trattamento
retributivo calibrato su una prestazione lavorativa che non era a tempo pieno e
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non potendo applicarsi quello previsto per la diversa attività svolta dai
ricercatori confermati a tempo definito.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso
. con due motivi,
illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
Resiste con controricorso l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".
L'lnps deposita l'atto di conferimento del mandato ai propri difensori.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo i ricorrenti censurano l'impugnata sentenza per violazione
e falsa applicazione dell'art. 4 del D.L. n. 120/1995, contestando quanto
affermato dalla Corte d'appello in ordine alla ritenuta mancanza di diversità fra
il contratto del collaboratore esperto linguistico (CEL) a tempo determinato e
quello a tempo indeterminato. Precisano al riguardo i ricorrenti che il fatto che
il rapporto di lavoro del CEL sia soggetto a verifica annuale per l'attività svolta,
con possibilità di risoluzione del rapporto in caso di verifica negativa, non
rende simile il rapporto a tempo indeterminato a quello a tempo determinato,
in quanto in quest'ultimo, alla scadenza del relativo contratto, vi è la
cessazione dell'attività, mentre nel primo il rapporto è stabile e duraturo e non
è legato, come quello a termine, ad esigenze temporanee di insegnamento
che, nel caso di specie, difettavano, stante i ripetuti rinnovi contrattuali.
Aggiungono i ricorrenti che le ragioni ostative all'applicabilità dell'art. 36 del
T.U. del pubblico impiego (d.lgs n. 165/2001) ai fini della trasformazione a
tempo indeterminato dei rapporti oggetto di causa non venivano in rilievo nella
fattispecie in quanto questa era contraddistinta dall'esistenza di un rapporto
speciale di diritto privato sottratto a I regime normativo pubblicistico del
pubblico impiego privatizzato. In effetti, secondo tale assunto difensivo, l'art. 4
del D.L. n. 120/95 riconosce all'Università la possibilità di assumere esperti e
collaboratori linguistici con contratti di diritto privato a tempo indeterminato o
a tempo determinato.
Il motivo è infondato.
lnvero, seppur con motivazione diversa da quella della sentenza oggi
impugnata, questa Corte è già intervenuta in siffatta materia (Cass. Sez. Lav.
n. 21831 del 15/10/2014) affermando che ''l'instaurazione di rapporti di lavoro
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da parte delle università con collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre,
in possesso di laurea o titolo universitario straniero adeguato alle funzioni da
svolgere e di idonea qualificazione e competenza, con contratto di lavoro
subordinato di diritto privato a tempo determinato, anziché a tempo
indeterminato, pure in assenza di esigenze temporanee, a norma dell'art. 4 del
d.1. 21 aprile 1995, n. 120, convertito in legge 21 giugno 1995, n. 236, non
comporta la conversione del primo nel secondo, ai sensi dell'art. 2 della legge
18 aprile 1962, n. 230 e poi dell'art. 5 d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, poiché
l'art. 4 del d.1. n. 120 del 1995, nel prevedere che i vincoli di compatibilità con
le risorse disponibili nei bilanci e di selezione pubblica con modalità disciplinate
dalle università secondo i rispettivi ordinamenti, ossia criteri di efficiente
impiego delle finanze pubbliche e di garanzia di imparziale valutazione
meritocratica, rispondenti al principio di "buon andamento e imparzialità
dell'amministrazione" (ai sensi dell'art. 97, secondo comma, Cost.), esclude
tale conseguenza per la palese non omogeneità dei suddetti rapporti di lavoro
con quelli di lavoro privato."
Né può condividersi la richiesta preliminare dei ricorrenti, avanzata in sede di
memoria ex art. 378 c.p.c., volta all'applicazione dell'art. 26, comma 3°, della
legge n. 240/2010 con conseguente estinzione del giudizio.
Invero, occorre partire dalla considerazione che il legislatore è intervenuto con la
legge n. 240 del 2010, art. 26, comma 3, norma di interpretazione autentica del
citato D.L. n. 2 del 2004, art. 1, comma 1, che ha cosi disposto: "L'articolo 1,
comma 1, del decreto legge 14 gennaio 2004, n. 2, convertito, con modificazioni,
dalla L. 5 marzo 2004, n. 63, si interpreta nel senso che, in esecuzione della
sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 26 giugno 2001, nella
causa C-212/99, ai collaboratori esperti linguistici, assunti dalle università
interessate quali lettori di madrelingua straniera, il trattamento economico
corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, in misura
proporzionata all'impegno orario effettivamente assolto, deve essere attribuito con
effetto dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera a
norma del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 28 sino alla data di instaurazione del
nuovo rapporto quali collaboratori esperti linguistici, a norma del D.L. 21 aprile
1995, n. 120, art. 4 convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 1995, n. 236.
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A decorrere da quest'ultima data, a tutela dei diritti maturati nel rapporto di lavoro
precedente, i collaboratori esperti linguistici hanno diritto a conservare, quale
trattamento retributivo individuale, l'importo corrispondente alla differenza tra
l'ultima retribuzione percepita come lettori di madrelingua straniera, computata
secondo i criteri dettati dal citato D.L. n. 2 del 2004, convertito, con modificazioni,
dalla L. n. 63 del 2004, e, ove inferiore, la retribuzione complessiva loro spettante
secondo le previsioni della contrattazione collettiva di comparto e decentrata
applicabile a norma del D.L. 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni,
dalla L. 21 giugno 1995, n. 236. Sono estinti i giudizi in materia, in corso alla data
di entrata in vigore della presente legge."
Orbene, la difesa dell'Università degli studi di Urbino ha puntualmente eccepito
che i ricorrenti hanno chiesto l'applicazione diretta dell'art. 1 del D.L. 14
gennaio 2004, n. 2, in base al quale il trattamento economico del ricercatore
confermato a tempo definito, proporzionalmente all'impegno assunto, è stato
attribuito esclusivamente ai collaboratori linguistici, "ex lettori di madre lingua
straniera", ma che i medesimi non hanno mai ricoperto quest'ultima qualifica.
Da ciò la difesa dell'Università ha logicamente tratto la conseguenza che gli
odierni ricorrenti non avevano titolo per invocare l'applicazione diretta del D.L.
n.2/2004.
In effetti, non può non evidenziarsi che sono i medesimi ricorrenti ad
affermare che essi come CEL hanno svolto attività analoga a quella dei lettori
divenuti CEL e che il riferimento al D.L. n. 2/2004, che individuava il
trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito come
idoneo a garantire agli ex lettori l'applicazione della sentenza della Corte di
Giustizia C.E. del 26.6.2001, era ad essi servito come parametro da offrire al
giudicante ai fini del riconoscimento di un trattamento economico adeguato e
della valorizzazione dell'anzianità di servizio.
2. Col secondo motivo i ricorrenti denunziano la violazione dell'art. 112 c.p.c.
ed il vizio di motivazione con riferimento al rigetto della domanda di
adeguamento retributivo in quanto assumono che nel giudizio di primo grado
avevano comprovato di aver svolto mansioni qualitativamente superiori a
quelle contrattuali ed avevano chiesto che la retribuzione percepita fosse
dichiarata inadeguata rispetto all'attività svolta, invocando quale parametro il
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•
trattamento economico del ricercatore confermato a tempo definito che il D.L.
n. 2/2004 aveva individuato come idoneo strumento per assicurare agli ex
lettori il riconoscimento dei loro diritti quesiti ed in particolare la valorizzazione
economica anche per il futuro dell'anzianità di servizio. Aggiungono i ricorrenti
che proprio in considerazione del fatto che l'attività da essi svolta era da
ritenere identica a quella degli ex lettori il Tribunale aveva applicato il suddetto
parametro economico, per cui male aveva fatto la Corte d'appello a giudicare
apodittico il richiamo da essi operato al precetto di cui all'art. 36 della
Costituzione e a non esaminare le risultanze istruttorie atte a suffragare la
domanda di adeguamento retributivo.
Il motivo è infondato per la ragione, già esplicitata nel corso della disamina
della precedente censura, che è da escludere nella fattispecie l'applicabilità del
trattamento per i ricercatori confermati a tempo definito che riguarda
esclusivamente i collaboratori esperti linguistici assunti dalle università
interessate quali lettori di madre lingua straniera, categoria, quest'ultima,
nella quale non risultano essere stati compresi gli attuali ricorrenti.
In effetti è la stessa norma di cui all'art. 1 del D.L. 14/1/2004, n. 2, coordinato
con la legge di conversione 5/3/2004 n. 63, a prevedere, al primo comma, che
in esecuzione della sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia delle
Comunità europee in data 26 giugno 2001 nella causa C - 212/99 ai
collaboratori linguistici, ex lettori di madre lingua straniera delle Università
degli Studi della Basilicata, di Milano, di Palermo, di Pisa, di Roma "La
Sapienza" e "l'Orientale di Napoli", già destinatari di contratti stipulati ai sensi
dell'art. 28 del d.p.r. 11/7/80, n. 382 e successive modifiche è attribuito,
proporzionalmente all'impegno orario assolto, un trattamento economico
corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, con
effetto dalla data di prima assunzione, fatti salvi eventuali trattamenti più
favorevoli e che tale equiparazione è disposta ai soli fini economici ed esclude
l'esercizio da parte dei predetti collaboratori linguistici, ex lettori di madre
lingua straniera, di qualsiasi funzione docente.
D'altra parte, questa Corte ha già avuto modo di precisare (Cass. Sez. Lav. n.
14705 del 5/7/2011) che "in tema di rapporti di lavoro dei lettori di lingua
straniera, di cui all'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980, l'art. 4, secondo comma,
•
. . del d.1. n. 120 del 1995, convertito, con modificazioni, nella legge n. 236 del
1995, nel consentire l'assunzione del collaboratore linguistico con contratto di
lavoro subordinato di diritto privato a tempo indeterminato, ovvero, per
esigenze temporanee, a tempo determinato, ha individuato come destinatari
prioritari di tali assunzioni coloro che già erano titolari dei contratti di cui al
citato art. 28, ai quali è stata garantita la conservazione dei diritti acquisiti in
relazione ai precedenti rapporti ma non anche l'esercizio della funzione
docente, rimanendo limitata l'equiparazione ai ricercatori confermati a
tempo definito, ai sensi dell'art. 1 del d.1. n. 2 del 2004, convertito con
modificazioni nella legge n. 63 del 2004, ai soli fini economici. Ne consegue
che va disattesa la domanda di risarcimento del danno da dequalificazione per
l'omessa assegnazione alle funzioni di docente attesa l'impossibilità giuridica di
assegnare dette funzioni ai collaboratori ex lettori."
Né appare fondata la censura che tenta di far leva sulla qualità superiore del
servizio svolto dai collaboratori che agivano autonomamente come docenti e
non come ausiliari, stante la mancanza di docenti responsabili della struttura.
Invero, resta insuperato il rilievo contenuto nella sentenza impugnata in base
al quale non era stato spiegato se, per quale ragione ed in quale misura la
retribuzione prevista fosse insufficiente con riferimento allo svolgimento di
un'attività, quale quella dei collaboratori esperti linguistici, che seppur
rilevante non era a tempo pieno, essendo articolata su un numero fisso di ore
che consentiva l'espletamento di impieghi complementari.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e
vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di € 4000,00 per compensi professionali e di €
100,00 per esborsi, oltre accessori di legge nei confronti dell'Università di
Urbino e di € 1500,00 per soli compensi professionali a favore dell'Inps.
Così deciso in Roma il 25 novembre 2015
Il Consigliere estensore
Dr. Umberto Berrino
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Il Presidente
Dr. Pietro Venuti
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