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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. CONFIMI 22 ottobre 2018

CONFIMI€¦ · Raffaele Jerusalmi ECONOMIA E AZIENDE VANNO LA POLITICA NON LE FRENI 16 22/10/2018 Corriere L'Economia Spread in rialzo Le difficili scelte degli investitori 19 22/10/2018

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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogniriproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiutasotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso impropriodello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.

CONFIMI22 ottobre 2018

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INDICE

CONFIMI

22/10/2018 Corriere L'Economia Il master ora sbarca in fabbrica L'idea: un ministro delle «piccole»

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22/10/2018 Gazzetta di Modena Confimi Emilia, assemblea per il rinnovo delle cariche

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SCENARIO ECONOMIA

22/10/2018 Corriere della Sera - Nazionale Fca vende Magneti Marelli: sarà giapponese per 6,2 miliardi

8

22/10/2018 Corriere della Sera - Nazionale «Le vendite sul debito italiano? Gli investitori ora non rischiano E la bassacrescita è la vostra sfida»

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22/10/2018 Corriere della Sera - Nazionale Toni soft, messaggi concilianti Il timore dell'attacco dei mercati

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22/10/2018 Corriere della Sera - Nazionale «Pensioni d'oro, l'intesa non c'è ancora Va evitato il rischio incostituzionalità»

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22/10/2018 Corriere L'Economia Raffaele Jerusalmi ECONOMIA E AZIENDE VANNO LA POLITICA NON LE FRENI

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22/10/2018 Corriere L'Economia Spread in rialzo Le difficili scelte degli investitori

19

22/10/2018 Corriere L'Economia Brexit: confusione a Londra, miopia a Bruxelles

21

22/10/2018 Corriere L'Economia Spendere di più? si può ma conta la qualità

22

22/10/2018 Il Sole 24 Ore Italia ancora maglia nera per i processi lumaca

24

22/10/2018 Il Sole 24 Ore «Sarebbe un errore fermare una macchina che è appena partita»

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22/10/2018 La Repubblica - Nazionale UE E MERCATI DOPPIO TIRO SUL GOVERNO

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22/10/2018 La Repubblica - Nazionale IL PATTO REGGE MA A DANNO DEL PAESE

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22/10/2018 La Repubblica - Affari Finanza Carige, il mistero dei soci nascosti il 10% che poteva cambiare la banca

31

22/10/2018 La Repubblica - Affari Finanza Consumi, la crisi morde ancora per le famiglie spending review

33

22/10/2018 La Stampa - Nazionale Metà dei giovani italiani lavorerebbe all'estero

35

22/10/2018 La Stampa - Nazionale Fca, Magneti Marelli venduta a un fondo Usa

37

22/10/2018 Il Messaggero - Nazionale Tria conferma il deficit «Ma dialogo con la Ue»

39

22/10/2018 Il Messaggero - Nazionale La manovra è ancora aperta: se lo spread sale si cambia

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SCENARIO PMI

22/10/2018 Corriere L'Economia Così la Rete diventa una banca

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22/10/2018 Il Sole 24 Ore Un Albo per agevolare i «campioni» nazionali

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22/10/2018 La Repubblica - Torino Biraghi: "Dalle infrastrutture alla burocrazia: quanti freni per le Pmi delCuneese"

47

22/10/2018 La Repubblica - Affari Finanza È RITORNATA L'ETÀ DELL'ORO

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22/10/2018 La Repubblica - Affari Finanza Amundi, parla Perrier Attenti a debito e tassi

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CONFIMI 2 articoli

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Proposte Il master ora sbarca in fabbrica L'idea: un ministro delle «piccole» La formazione aziendale si sposta direttamente nelle fabbriche. Tra macchinari e stampanti. Lìpotrà trovare senso e utilità, più che nelle aule. «Lanceremo nel 2019 il primo corso diimprenditoria Master in Fabbrica che si terrà all'interno delle nostre imprese associate perfornire gli strumenti necessari per condurre al meglio l'attività imprenditoriale in un contestoeconomico e sociale che richiede conoscenze che esulano ormai dalla semplice fabbricazionedi un prodotto». Il presidente di Confimi Industria Paolo Agnelli ( nella foto ) ha illustrato l'iniziativa diformazione agli oltre 700 imprenditori riuniti all'autodromo di Monza, luogo simbolo del madein Italy, durante l'Assemblea annuale dell'associazione che rappresenta la manifattura privataitaliana. «Faremo un master in ogni regione per meglio apprendere le dinamiche dell'industria 4.0 - haspiegato -. Oggi un'azienda su tre ha difficoltà nel reperire figure tecniche specializzate. Le piùricercate e maggiormente retribuite nelle nostre imprese sono periti, tornitori, fresatori. Sevogliamo che l'Italia sia ancora un paese manifatturiero, deve necessariamente passareattraverso una riforma seria delle scuole tecniche di primo livello, in grado di incrociarerealmente i fabbisogni delle imprese». Rivolgendosi invece al vice presidente del Consiglio deiministri Matteo Salvini al vice ministro del Mise Dario Galli, presenti in sala, il presidente hasuggerito loro di «fare un giro nelle fabbriche: scoprirete gli elevati livelli di tecnologia deinostri macchinari».E sulla spinosa questione del lavoro ha spiegato il presidente di Confimi che «non si crea perdecreto, ma si può a volte distruggere per legge. Da diversi anni vediamo la politica e leuniversità consegnarci ricette per la crescita e per il lavoro che dimostrano una scarsaconoscenza del nostro mondo. Mi aspetto che lo Stato tassi gli utili, ma non il lavoro».Auna domanda sulla manovra, Agnelli dichiara che «il 2,4 % di deficit si giustifica soloaiutando le Pmi e sostenendo gli investimenti, altrimenti l'economia non riparte e si creadisoccupazione». Quello che gli industriali chiedono è di «istituire un ministero per le Pmi. Inun Paese fatto da questo tessuto è paradossale che non esista un dicastero dedicato solo anoi», conclude. Ba. Mill. © RIPRODUZIONE RISERVATA

22/10/2018Pag. 60 N.43 - 22 ottobre 2018

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

CONFIMI - Rassegna Stampa 22/10/2018 - 22/10/2018 5

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Il presidente Gorzanelli : «Verrà anche tracciato il percorso futuro dell'ente» L'appuntamentoper tutti gli associati presso l'azienda "Ruote da Sogno" VENERDÌ prossimo a reggio emilia Confimi Emilia , assemblea per il rinnovo delle cariche L'associazione di piccole e medie imprese Confimi Emilia terrà venerdì prossimo, 26 ottobre,l'assemblea ordinaria per il rinnovo delle cariche: l'appuntamento è fissato alle 17,30 pressolo showroom di Ruote da Sogno a Reggio Emilia.La giornata assembleare, aperta a tutti gliassociati, si dividerà in due momenti: alle 17.30 si terranno le consultazioni in sede privatacon l'elezione delle nuove cariche.Alle 18.30 è invece previsto il dibattito aperto al pubblicosul tema delle infrastrutture e del mondo delle piccole e medie imprese.Al dibattitointerverranno Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, Luca Vecchi,sindaco di Reggio Emilia, e infine Armando Siri, sottosegretario presso il Ministero delleInfrastrutture e Trasporti.Seguirà il rinfresco offerto dall'associazione ai suoi invitati ed ilpercorso guidato all'interno dello showroom di Ruote da Sogno.Prenderà parte alla giornataanche Paolo Agnelli, che è il presidente nazionale di Confimi Industria, il quale chiuderà con isaluti finali.L'invito a partecipare è esteso a tutti gli associati da Giovanni Gorzanelli,presidente di Confimi Emilia, che insieme a Gianfranco Lusuardi, presidente della territorialedi Reggio Emilia, aprirà la giornata.«Questo è il momento forse più importante perl'associazione - ha dichiarato il presidente, il modenese Giovanni Gorzanelli - Insieme allenuove cariche, cominceremo a tracciare il percorso che verrà intrapreso da qui in avanti.Confimi rimane un'istituzione per le piccole e medie imprese del territorio, è fondamentale chegli associati si sentano pienamente rappresentati da coloro che verranno eletti. La vera forzadell'associazione è data dalle aziende che la formano e che collaborano, giorno dopo giorno, alsuo successo».Confimi Emilia ha sedi e uffici a Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma.Pereventuali informazioni e accrediti è possibile contattare la segreteria di Confimi Emilia alseguente indirizzo email: [email protected]. --

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CONFIMI - Rassegna Stampa 22/10/2018 - 22/10/2018 6

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SCENARIO ECONOMIA 18 articoli

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l'azienda storica Fca vende Magneti Marelli: sarà giapponese per 6,2 miliardi Fabio Savelli Fca ha raggiunto un accordo per vendere Magneti Marelli. A comprare la società leader nel settore delle batterie per autoveicoli per un valore di 6,2 miliardi, è Calsonic Kansei, un gruppo giapponese macontrollato dal fondo americano Kkr. a pagina 13Magneti Marelli, la società di componentistica del gruppo Fiat-Chrysler, diventa giapponese.Passa al 100% sotto il controllo della nipponica Calsonic Kansey per circa 6,2 miliardi di euro,un valore di poco superiore a sei volte il margine operativo lordo. La società acquirente è natal'anno scorso da uno spin-off della casa automobilistica Nissan ed è ora di proprietà del fondoUsa Kkr. L'operazione verrà annunciata stamattina al mercato. Fonti vicine al dossier rilevano che alla base dell'accordo e pre-condizione dello stesso c'è ilmantenimento dei livelli occupazionali nel nostro Paese e la tutela del marchio. MagnetiMarelli in Italia ha circa 10 mila dipendenti in 20 stabilimenti, molti contigui agli impianti Fiat-Chrysler. Ha il suo quartier generale a Corbetta, provincia di Milano, e sedi anche in provinciadi Udine, Torino, Bologna, Bari. Le vendite congiunte delle due società raggiungeranno oltre16 miliardi, superando quella della francese Valeo, convertendo la nuova realtà nel decimogruppo al mondo per ricavi al pari della cinese Huayu Automotive Systems.Si tratta a conti fatti della prima operazione dell'era Manley, il successore di SergioMarchionne alla guida di Fiat-Chrysler. Negli ultimi mesi si era anche parlato di uno spin-off,di una separazione societaria, di Magneti Marelli da Fca. Si sarebbero dovute distribuire leazioni Magneti Marelli agli azionisti Fca, convertendo Exor, la holding di famiglia Agnelli, inazionista diretta della società. Qualcuno aveva ipotizzato anche una quotazione in Borsa neiprimi mesi del 2019. Illazioni smentite dai fatti. In realtà Magneti Marelli era suo modo un unicum nel panorama dell'industria automobilistica.Pochissimi costruttori hanno al loro interno una società di componentistica che produce tra lealtre cose quadri di bordo (dove è un'eccellenza a livello mondiale), sistemi di illuminazione,sistemi di controllo motori benzina e diesel, ammortizzatori e sistemi di controllo dinamico deiveicoli. Diversi analisti concordano sulla necessità per i costruttori di concentrarsi sul cuoredelle proprie attività cedendo le società di componentistica. Un mercato ancora moltoframmentato che sarà chiamato ad un consolidamento su scala globale di pari passo a quellodei produttori di veicoli. Le risorse derivanti dalla cessione potrebbero dare un'ulteriore spinta a Fiat-Chrysler perinvestire su nuovi modelli in direzione dell'auto del futuro. Sull'elettrico e sulle vetture a guidaautonoma, dove Fca collabora già con Bmw e Intel. Qualcuno aveva ipotizzato tempo fa ancheun interesse dell'italiana Brembo per alcuni parti della Magneti Marelli, ma fonti vicine aldossier rilevano che non si è mai aperta una trattativa vera e propria con Alberto Bombassei.C'è da registrare però l'ennesima operazione di cessione di un marchio italiano all'estero. Isindacati metalmeccanici, Fiom-Cgil in testa, si erano detti nei giorni scorsi preoccupati perl'ipotesi di vendita della Magneti Marelli chiedendo l'avvio di un tavolo al ministro delloSviluppo guidato da Luigi Di Maio.

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 22/10/2018 - 22/10/2018 8

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© RIPRODUZIONE RISERVATA La parola FCAFca è il gruppo automobilistico Fiat Chrysler Automobiles con 236 mila dipendenti e 159stabilimenti. Ha chiuso il 2017 con 111 miliardi di ricavi netti e 4,7 milioni di consegnecomplessive di veicoli. Il gruppo conta i marchi Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat,Fiat Professional, Jeep, Lancia, Ram, Maserati e Mopar. La società è quotata a New York e aMilano. Ha 87 centri di Ricerca e Sviluppo e concessionari e distributori in oltre 140 Paesi nelmondo17 miliardi di dollari Il fatturato annuale del gruppo che nascerà dalla fusione delle due società di componentistica Calsonic Kansei e Magneti Marelli 65 mila I lavoratori impiegati nel nuovo gruppo negli stabilimenti in Italia e in Giappone. Gli impiantiMagneti Marelli sono a Torino e Milano 6,2 miliardi di euro Quanto incasserà Fca dalla vendita di Magneti Marelli al fondo di private equity Kkr.Inizialmente l'offerta era stata sui 5 miliardi Foto: La fondazione Magneti Marelli nasce nel 1919 a Sesto San Giovanni (Milano) come joint-venture tra la Fiat ed Ercole Marelli Ceo Mike Manley, ceo di Fca, ha raggiunto l'accordo per cedere Magneti Marelli Cofondatore Henry Kravis è il co-presidente e co-ceo del fondo Kkr, che ha cofondato nel 1976

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INTERVISTA «Le vendite sul debito italiano? Gli investitori ora non rischiano E labassa crescita è la vostra sfida» El-Erian: lo spread? Non è solo una questione politica Un contagio con altri Paesi sarebbemeno grave rispetto al passato Giuliana Ferraino «La sfida principale dell'Italia resta quella di generare una crescita elevata e sostenibile, manon pesano solo questioni domestiche», sostiene Mohamed El-Erian, 60 anni, chief economicadvisor di Allianz. Cominciamo da Moody's, che venerdì notte ha declassato il debito sovrano italiano a Baa3, ungradino sopra il valore «spazzatura», con outlook stabile. Il downgrade è giustificato? «Il contesto è importante. In primo luogo, l'economia europea ha registrato una perdita dislancio della crescita, nel mezzo di maggiori pressioni di frammentazione associate alla Brexite all'involuzione di alcuni membri orientali dell'Unione. In secondo luogo, avendo già ridotto laquantità di titoli di Stato che acquista ogni mese, la Banca centrale europea sembra pronta afermare, alla fine dell'anno, il suo programma di acquisto di titoli su larga scala. Insieme,questi due fattori rendono più difficili sia la crescita che le prospettive finanziarie per l'Italia. Ilgoverno ha risposto usando la politica fiscale per cercare di rilanciare l'economia, gestendo undisavanzo di bilancio più ampio in anticipo per generare una maggiore crescita attuale, futurae potenziale».Moody's sottolinea che così il debito pubblico salirà ancora di più. E' il problema maggioredell'Italia?«Dato lo stock esistente, la sostenibilità del debito diventerebbe un problema più grande sel'approccio del governo non riuscisse a generare una crescita elevata e duratura. È questapreoccupazione che ha spinto Moody's al downgrade. Ma l'approccio del governo - per usarele parole dell'agenzia - non alzerà "la mediocre performance di crescita dell'Italia su una baseduratura", un giudizio che deriva dalla sua valutazione sulla quantità e qualità delle riformestrutturali a favore della crescita perseguite dal governo».Venerdì lo spread tra il Btp decennale e il Bund tedesco è salito fino a 340 punti, il livello piùalto dall'aprile 2013, poi è tornato a 315. Che cosa succederà oggi sui mercati?«Oltre ai timori di Moody's, la preoccupazione viene dal confronto pubblico del governoitaliano con la Commissione europea sulla presentazione della legge di bilancio la scorsasettimana, insieme al rischio che questo potrebbe contaminare anche le relazioni del Paesecon la Bce. Che cosa succede ora, però, non è solo una questione politica; dipende anche dache succede sui mercati finanziari globali».La Bce ha comunicato che nel solo mese di agosto gli investitori esteri hanno venduto 17,9miliardi di asset italiani, di cui 17,4 erano titoli di Stato. Da che cosa fuggono? «Le vendite non dipendono solo da fattori specifici italiani, ma sono parte di ritiro complessivodel capitale dal rischio. I mercati finanziari globali sembrano essere nel mezzo di un cambio diregime. Dopo diversi anni di appetito per il rischio insolitamente alto e volatilità di mercatoinsolitamente bassa, grazie a iniezioni di liquidità ampie, ripetute e prevedibili da parte dellebanche centrali, si va verso maggiore avversione al rischio e maggiore volatilità associate aun minore stimolo della banca centrale e a un'economia globale che rallenta e diventa semprepiù divergente».

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Teme un contagio ad altri Paesi europei?«Dati i provvedimenti già adottati da diversi altri Paesi, il rischio di contagio regionale èsignificativamente meno grave rispetto al passato. Diverso nel caso in cui, ad esempio, inEuropa la crescita registrasse un calo drastico». Ma l'Italia potrebbe davvero uscire dall'eurozona? «Se i mercati prezzassero una tale possibilità, i bond italiani registrerebbero non solo unbrusco aumento degli spread, ma anche aree di illiquidità all'interno di un contesto difinanziamento più difficile in generale. Non sarebbe certamente piacevole e avrebbe effetti dicrescita negativi nel breve periodo». @16febbraio © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Mohamed El-Erian

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Toni soft, messaggi concilianti Il timore dell'attacco dei mercati Salvini disposto a incontrare Juncker. Pensioni, la spesa potrebbe essere minore Mario Sensini e Alessandro Trocino ROMA Nessuna marcia indietro sui contenuti della manovra, qualche concessione solo sui toni.Con la dichiarazione formale che l'Italia resterà nella Ue e nell'euro e lo sguardo rivolto alfuturo, quando si proverà a trattare una soluzione di compromesso. La replica del ministrodell'Economia alle critiche della Commissione europea alla legge di bilancio del 2019 partiràper Bruxelles oggi alle dodici esatte, non un minuto prima. Nel rispetto formale dei tempibrevissimi che sono stati concessi al governo, Giovanni Tria confermerà tutti i numeri e gliobiettivi della manovra. Per ora non si cambia. L'ultimo tentativo di convincere Luigi Di Maio eMatteo Salvini ad accettare un deficit appena un po' più basso nei prossimi anni, edammorbidire la Commissione, lo ha fatto sabato pomeriggio e non è andato a buon fine.Sapendo che senza modifiche sostanziali difficilmente la manovra guadagnerà il via liberadella Ue, e che le prossime settimane sui mercati saranno decisive, al ministro non resta checercare di guadagnare tempo, sperando in un negoziato senza strappi. La prima variabile da affrontare, in ogni caso, sarà la reazione dei mercati. Dovranno digerireil giudizio di Moody's di venerdì, che non è buono ma neanche troppo negativo, sostengono alTesoro. Poi affrontare una sequenza serrata di eventi «sensibili»: domani la riunionedell'esecutivo Ue per valutare la risposta italiana, mercoledì la pubblicazione della decisione,venerdì i nuovi rating di Standard and Poor's. Ce n'è già abbastanza, si dice nei corridoidell'Economia, per non esasperare i toni almeno sul fronte interno. Quanto all'Unione Europea, Tria è convinto di avere buoni argomenti da spendere pergiustificare la manovra espansiva. Dopo che Palazzo Chigi ha ribadito ieri la volontà di nonabbandonare l'euro, al Tesoro si preparano a un «dialogo leale e costruttivo». Presto ci simetterà seduti intorno ad un tavolo con la Commissione. Per il momento non ci sonoconcessioni, ma neanche preclusioni totali. La lettera partirà a mezzogiorno anche perché i due vicepremier non vogliono equivoci e ogniparola sarà soppesata con attenzione. Del resto, già sabato i due hanno lavorato a strettocontatto, insieme al premier, per stabilire una serie di paletti da consegnare a Tria. Sia DiMaio sia Salvini hanno ribadito che, almeno in questa fase, non si faranno concessioni dicontenuto. Ma le pressioni dei mercati hanno provocato un repentino cambio dei toni. Salviniha fatto sapere di essere pronto a incontrare Moscovici e Juncker, «in un clima dicollaborazione», anche se «senza passi indietro». Difficilmente servirà a qualcosa, almenoinizialmente, l'ammorbidimento dei toni, ma l'obiettivo in questa fase è di smorzare i toni enon offrire pretesti all'Europa. Per questo sarà ribadito, nero su bianco, che l'Italia non haalcuna intenzione di abbandonare l'Unione Europea, né l'euro. Non sarà nella lettera, ma viene ribadita da fonti leghiste la volontà di inserire in manovra laverifica trimestrale voluta dal ministro agli Affari europei Paolo Savona. Perché «le leggifinanziarie non possono andare avanti con il pilota automatico». L'economista filo-LegaAntonio Rinaldi non dev'essere stato avvertito dal cambio di toni, visto quel che dice a Italia 5Stelle: «Qui è arrivato un commissario europeo che ci ha detto che non capiamo niente e cheentro mezzogiorno dobbiamo dare una risposta. Ma chi cavolo sei? Come te permetti?». Ma il mood nei piani alti del Carroccio è diverso. Perché da più parti si fa notare che iparametri scelti sono il limite massimo di spesa. E non tutto il credito sarà effettivamente

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utilizzato. Dunque, c'è un «tesoretto» che può essere valorizzato e salvaguardato e che potràderivare, tra le altre cose, da minori spese sulle pensioni. Per quota 100, si calcola, potrannoessere risparmiati anche due miliardi. Difficilmente basteranno all'Europa calcoli simili, maintanto la macchina è partita e si prova ad attutire l'impatto dell'inevitabile collisione. © RIPRODUZIONE RISERVATA 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Mar. Giu. Set. Mar. Giu. Set. Mar. Giu. Set. Mar. Giu. Set.Mar. Giu. Set. Mar. Giu. Set. 2017 2018 Mar. Giu. Set. Mar. Giu. Set. 100 200 300 400 500600 385 274 19 marzo 2012 349 27 marzo 2013 162 23 giugno 178 5 gennaio 303 153 8novembre 87 12 marzo 2015 163 7 luglio 2015 530 24 luglio 2012 575 26 LUGLIO 2012Draghi: «Faremo qualsiasi cosa per salvare l'euro» 29 Maggio 2018 Impasse politica primadella nascita del governo Conte 5 Marzo 2018 Il giorno dopo le elezioni 167 136,1 5DICEMBRE 2016 Dimissioni di Renzi 3 agosto 2011 9 novembre 2011 Spread tra il Btpdecennale e il Bund tedesco CdS Berlusconi si dimette. Nasce il governo Monti 16 NOVEMBRE2011 530 290 300 310 320 330 15 ott 16 ott 17 ott 18 ott 19 ott L'ULTIMA SETTIMANAapertura di seduta chiusura Il governo invia a Bruxelles il Def Scontro tra M5S e Lega sulcondono fiscale. L'attacco di Di Maio Lettera della Ue: manovra bocciata A Borsa chiusaMoody's declassa il rating dell'Italia 307 punti base 305 302 297 293 309 320 325 330 315315 puntiI tempi Oggi l'Italia deve rispondere alle richieste della Commissione europea. La replica del ministroTria alle critiche confermerà tutti i numeri e gli obiettivi della manovra. Domani ci sarà lariunione della Commissione Le valutazioni delle agenzie Fitch, rating BBBAl ribasso l'outlook A fine agosto l'agenzia americana Fitch ha confermato il rating BBB dell'Italia ma ha rivisto alribasso l'outlook da «stabile» a «negativo». L'aggiornamento previsto a inizio 2019 1 Moody's, declassato il debito sovrano Venerdì scorso, a mercati chiusi, l'agenzia americana ha declassato il rating sul debitosovrano dell'Italia da Baa2 a Baa3 , un gradino sopra il livello «spazzatura». Outlook stabile 2 Il verdetto di Standard & Poor's Dopo il declassamento da parte di Moody's del debito sovrano italiano, è atteso venerdì ilgiudizio di Standard and Poor's. Il rating attuale è BBB: potrebbe scendere o l'outlookcambiare 3 La liquidità fornitadalla Banca centrale La Bce usa le valutazioni S&P, Moody's, Fitch e Dbrs per i titoli dati in garanzia per la fornituradi liquidità. È necessario che almeno una mantenga il giudizio «investment grade» 4 2,4 per cento Il deficit che l'Italia conta di fare nel 2019. Scenderà al 2,1% nel 2020 e all'1,8% nel 2021

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INTERVISTA «Pensioni d'oro, l'intesa non c'è ancora Va evitato il rischioincostituzionalità» Il sottosegretario Durigon: quota 100 costerà meno, la userà il 70% La «staffetta» «Può darsiche ogni 10 uscite si creino solo 5 posti, ma per le aziende resta un'opportunità» Con la Ue ègiusto non mollare Ma sulle coperture bisogna fare presto per far capire con chiarezza qualesia il senso del costo della manovra Andrea Ducci ROMA L'intenzione è non cedere alle pressioni di Bruxelles, salvo ammettere che bisognaaccelerare i tempi sulla quadratura della legge di Bilancio. Uno dei fronti caldi resta laprevidenza, dove misure come «pensioni d'oro» e la cosidetta «quota 100» richiedono ancoraqualche aggiustamento come spiega il leghista Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro. Il premier Conte conferma la manovra con il deficit al 2,4%, intanto si apre una settimanacruciale sui mercati e a Bruxelles. È ipotizzabile qualche ripensamento?«Ne abbiamo discusso e non intendiamo mollare, dobbiamo tenere la barra dritta e spiegarecome intendiamo procedere. Sulle pensioni, per esempio, metteremo 7 miliardi per favorirel'uscita dal lavoro in anticipo e il ricambio generazionale. Quella misura nei fatti costerà menodel previsto, perché non tutti i 400 mila lavoratori interessati utilizzeranno quota 100 (62 annidi età e 38 anni di contributi, ndr)».Intende che i costi saranno inferiori alle attese?«Sì, dalle prime stime è ragionevole che con il blocco del cumulo solo il 60-70% degliinteressati andrà in pensione, vuol dire che la misura costerà 2 miliardi in meno».Resta la critica a un meccanismo che non agevola il ricambio generazionale. «Può anche darsi che per ogni 10 uscite si creino, anziché 10 solo 5 nuovi posti di lavoro, maper le aziende è comunque un'opportunità per ristrutturarsi, investendo su nuove risorseumane».L'altro punto è che sono a rischio i conti del sistema pensionistico.«Ci vorrebbe un po' di onestà intellettuale e riconoscere che il modello Inps con le sue entratee le sue uscite per le prestazioni non è più virtuoso da tempo». Agli attacchi del presidente dell'Inps come replica? «Non voglio alimentare polemiche con Boeri, ma trovo alcune osservazioni inutili estrumentali. Sul tema dei contributi non versati, nessuno ha proposto un condono o il saldo estralcio, si tratta di recuperare parte degli 85 miliardi di contributi previdenziali non versati,facendoli pagare in 5 anni. Fermo restando che va versato tutto il capitale. Per le aziendesarebbe un sollievo, così come lo è il taglio delle tariffe Inail che fa risparmiare al mondo delleimprese circa 600 milioni di euro all'anno».Per le «pensioni d'oro» manca il meccanismo per ridurle e, soprattutto, non tornano i conti sulgettito atteso di un miliardo.«Stiamo ancora lavorando, oggi ci sarà una riunione per condividere con il M5S una misuraper evitare profili di incostituzionalità, trovando la soluzione tra perequazione e contributo disolidarietà».Alla manovra mancano le coperture e i mercati sembrano avere perso la pazienza.«Bisogna fare presto e accelerare, non c'è dubbio. Dobbiamo trasferire con chiarezza qual è ilsenso e il costo di questa manovra». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Chi è Claudio Durigon, 47 anni, ex vicesegretario generale dell'Ugl, eletto deputato della Lega amarzo, è sottosegretario al Lavoro e alle Politiche sociali

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Raffaele Jerusalmi ECONOMIA E AZIENDE VANNO LA POLITICA NONLE FRENI di Sergio Bocconi Come amministratore delegato di Borsa italiana «conservo un ottimismo di fondo: proprio inqueste ore ha debuttato sul listino, nel segmento Star, il gruppo veneto Piovan, leadermondiale nel settore delle macchine per il trattamento della plastica. Un segnaleincoraggiante. Però...». Raffaele Jerusalmi oltre a guidare Piazza Affari è presidente di Elite, lapiattaforma-ecosistema assimilabile a una «palestra» per gli imprenditori che desideranoaffacciarsi al mercato, non solo azionario: una case history di successo (gli aderenti sonoormai vicini a quota mille) che può diventare un benchmark in Europa e nei mercati globali.Avrebbe dunque più di una ragione per dimostrarsi fiducioso «senza ma». E invece?«E invece dopo le elezioni vedo segni di rallentamento, rinvii nei percorsi di ingresso in Borsae nelle operazioni di rifinanziamento sul mercato e in genere un cambio di umore da partedegli investitori internazionali. Da inizio anno abbiamo registrato 31 ammissioni in quotazione,con ben 25 Ipo per una raccolta totale di 1,9 miliardi; il numero delle società nel listino Aim,dedicato alle piccole e medie imprese, è salito a quota 113; in Elite ci sono oggi 925 aziende,oltre la metà italiane ma comunque distribuite in 32 Paesi che aggregate fatturano 66 miliardicon 400 mila dipendenti. Insomma un boom, cifre da record. E però è subentrata una cautelache trova ragione principalmente nel quadro politico». In che senso?«Vede, la politica, e non parlo solo di quella italiana, in un mondo dove le forze economichesono globali e interdipendenti ha poteri di intervento limitati. Il governo e i politici di turnocostituiscono rumori di sottofondo. Oggi ci sono, domani chissà. Ciò nonostante se dasottofondo diventano schiamazzo possono provocare danni. Di percezione e reputazione». Cosa intende esattamente? «Beh, è abbastanza evidente che certi atteggiamenti alimentano l'incertezza e si riflettononegativamente sull'economia. Come dar torto a chi oggi, con un quadro poco chiaro di sceltepolitiche ed economiche, sceglie di aspettare? E come immaginare che gli investitori, italiani einternazionali, non si mettano in posizione di guardia con un "outlook" di non investimento oaddirittura di disinvestimento? Per la nostra Borsa, dove gli investitori istituzionali sono per il95% internazionali, le conseguenze possono diventare serie e danneggiare le aziende. Masarebbe un errore pensare solo ai grandi asset manager globali. Perché se a frenare gliinvestimenti anche produttivi sono in primo luogo i soggetti domestici si rischia dicompromettere la crescita». Secondo lei è lo schiamazzo a far lievitare lo spread? «Lo spread è un indicatore sintetico dell'affidabilità di un Paese. L'Italia è più esposta e fragilea motivo del grande debito pubblico. Su questa base confusione e dichiarazioni poco chiarediventano determinanti: prima ancora che ai numeri della manovra, il danno reputazionale èda ricondurre ad aspetti di comunicazione. Che alimentano l'incertezza e la percezione dirialzo del rischio-Italia, e allontanano gli investitori. Aumenti della volatilità e dello spreadsono conseguenti». E il downgrade?

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«I rating sono meno importanti rispetto al passato. Tuttavia per l'Italia, data la situazioneattuale, è comunque fonte di instabilità». Ci siamo trovati altre volte con differenziali più alti . «Sì, certo e abbiamo sempre pagato un prezzo elevato». E forse mai si è sfidata così l'Europa.. .«Personalmente credo che l'Europa abbia tutta l'intenzione di dimostrarsi severa ma di nonabbandonare il dialogo. Tuttavia mi domando: perché andiamo ad alimentare un clima dipossibile rottura, pur fra passi avanti e marce indietro? Perché farsi male da soli pensando edicendo "tanti nemici tanto onore"? Forse sarebbe meglio remare tutti nella stessa direzioneal di là dei numeri». Intende i numeri della manovra? «Ancora non conosciamo i dettagli. Però posso dire una cosa: il tema vero non credo sia unpunto in più o in meno nel rapporto fra deficit e Pil, bensì puntare a creare crescita vera (nonpresunta su stime di incerta attendibilità) e posti di lavoro. Al di là delle diverse situazioni,non è l'assistenza ma è l'occupazione a rappresentare la preoccupazione e l'aspirazione difondo da noi come negli altri Paesi. Non basta fare riferimento a Stati Uniti o Gran Bretagnadicendo che la disoccupazione è al 4% perché lì in molte fasce i salari sono al minimo livello disopravvivenza. Vanno create crescita e occupazione di qualità. Non è facile ma si dovrebbeinvestire di più su innovazione e formazione, che spesso hanno orizzonti più lunghi dellapolitica che ha al centro protagonismo e sondaggi. Fatto, questo, che alimenta le distanze fraimprese e politica». Distanze di che tipo? Si riferisce al tradizionale lamento sul fatto che da noi manca unacultura dell'impresa?«Ho l'impressione piuttosto che il paradigma vada verso un rovesciamento. Noi, che abbiamocontatti costanti con il mondo delle nostre piccole e medie aziende, abbiamo la percezione chestia crescendo verso la politica una distanza di tipo diverso. Le imprese, dalle recenti crisi,hanno "imparato" fra le altre cose che il credito bancario per vari motivi è più selettivo e nonè più sufficiente, e che invece la crescita è indispensabile. Occorre dunque aprire le porte adiverse forme di finanziamento: dalla Borsa ai bond e ai fondi di private equity. Per aprirsiperò occorre aderire a governance basate sulle best practice, quindi più complesse,manageriali. E bisogna attrarre e formare talenti. Coltivare competenze. Da qui il progressivodistacco dalla politica. Tanto più pensando al fatto che si parla di imprese che esportano il 75-80% dei ricavi». Perché collega governance a distacco dalla politica? «Perché da un lato le aziende diventano, in buona parte dei casi e soprattutto al Nord, sempremeno legate alla singola personalità e sempre più al gioco di squadra, mentre il personalismonella politica è crescente. E poi le imprese cercano sempre più professionalità, mentre questatendenza sembra meno presente in politica». Quel che dice vale per tutte le imprese? «Il fatto più interessante, e lo vediamo soprattutto da Elite, è che anche le aziende cheoperano al Sud in zone "difficili", hanno consapevolezza crescente che non possono restare"destrutturate" e far conto solo sulla creatività. Pur restando quindi differenze c'è unatendenza di fondo verso una cultura nuova, soprattutto da parte delle ultime generazioni. E sacosa pensano molti imprenditori? Che la politica dovrebbe tornare a scuola. Di politica,ovviamente. Ciò vale in tutto il mondo occidentale, in Italia di più anche perché la tradizionedelle pmi è diversa. La politica sottovaluta questo distacco».

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Non sembra proprio accorgersene in certi casi.«L'impressione in effetti è questa. E ciò è più grave se si pensa a un dato importante: in Italiasono proprio le imprese piccole e medie, e in particolare quelle che crescono anche grazieall'accesso a nuove forme di finanziamento, a creare nuova occupazione. E per questo vannomesse al centro dei programmi di sviluppo dei governi». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi èRaffaele Jerusalmi, 57 anni, laurea all'Università Bocconi in Discipline economiche e sociali, èamministratore delegato di Borsa Italiana dall'aprile 2010. Ex Credit Suisse First Boston, èentrato in Piazza Affari nel 1998 come executive director, responsabile dei mercati azionari,derivati e reddito fisso. È direttore capital markets e consigliere d'amministrazione del gruppoLondon Stock Exchange (Lse), di cui ha seguito la fusione con Borsa Italiana nel 2007.Presiede e ha lanciato nel 2012 Elite, la società di Borsa che promuove lo sviluppo e l'aperturadel capitale delle piccole e medie imprese. Vicepresidente di Mts (il Mercato telematico deititoli di Stato), Monte Titoli e Cassa di compensazione e garanzia, appassionato di scacchi ebridge, è cintura nera di judoI numeri 25 Le matricole Sono le Ipo (Offerte pubbliche iniziali) da inizio anno in Piazza Affar. L'ultima venerdì scorso,Piovan, trattamento plastica 113 Le piccole quotate Sono le società sull'Aim, il listino di Borsa Italiana dedicato alle piccole imprese: è quello che cresce di più 925 Le quotabili Sono le aziende in Elite, la palestra per le imprese che vogliono affacciarsi al mercato.Vengono da 32 Paesi, metà sono italiane

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Spread in rialzo Le difficili scelte degli investitori di Nicola Rossi Il Draft Budgetary Plan 2019 è arrivato a Bruxelles in orario ma il contenuto non era quelloatteso. Per il governo si annuncia un confronto non facile con la Commissione e con gli altripaesi dell'Unione. I mercati, a scanso di equivoci, ne anticipano gli esiti. Nel frattempo, forseuna domanda vale la pena di porsela. L'Italia di questi mesi è innegabilmente un po' più solidadi quella che finì nella tempesta in questi stessi mesi del 2011. Sono emersi con forza, questosì, problemi come la diffusione della povertà. Ma - se ci si libera, per un attimo, dal rumoreche in questi mesi la politica produce incessantemente - è lecito domandarsi cosa sia accadutoper ritrovarci nuovamente - come direbbe Ungaretti «come d'autunno sugli alberi le foglie». Regole incerte Temo che una parte della risposta stia nell'evanescenza del sistema di regole fiscaliprevalente dopo la riforma, nel 2012, dell'articolo 81 della Costituzione. In un Paese come ilnostro in cui l'ordine nelle finanze pubbliche non è visto come un «bene pubblico» mapiuttosto - da parte di molti - come un irragionevole ostacolo alla appropriazione di risorsealtrimenti liberamente disponibili, la presenza di poche ma incisive regole di responsabilitàfiscale - e cioè di vincoli permanenti e variamente definiti alla politica fiscale - non dovrebbeessere un optional. Dovrebbero essere i cittadini a pretenderle per definire i confini entro iquali richiedere che la classe politica eserciti il mandato che di volta in volta le viene conferito.Evitando che quei confini siano mobili, spostabili a piacimento, e che con essi si sposti anchela libertà dei singoli. Di noi tutti. Ora, la riforma costituzionale del 2012 ha abbattuto la sottile ipocrisia che circondava ilvecchio articolo 81 (la cui portata era stata pressoché annullata da una «brillante» sentenzadella Corte costituzionale del 1966 ma che bene o male era lì da 50 anni) e di sostituirla conuna norma costituzionale che santifica il principio dell'equilibrio di bilancio svuotandolo peròallo stesso tempo di ogni rilevanza pratica. Un capolavoro. Entrato in vigore a partire dal 2014, il nuovo articolo 81 non ha ancora trovato applicazione.Quale che fosse il contesto economico globale e/o domestico, gli anni al 2014 al 2018 sonosempre stati, nella valutazione del legislatore, caratterizzati invariabilmente da «eventieccezionali», singolari, insoliti e meritevoli di una deroga alle condizioni - già di per sé nonparticolarmente stringenti - previste dal nuovo articolo 81.Naturalmente, si è provveduto inparallelo a spostare regolarmente in avanti l'impegno assunto in sede europea circa ilpareggio di bilancio in termini strutturali (e cioè al netto dell'andamento ciclico dell'economia).Non più tardi di qualche settimana fa abbiamo provveduto a spostarlo nuovamente in avanti.A una data imprecisata dopo il 2021. .La sostanziale indifferenza con cui i mercati hanno accolto il parere dell'Ufficio parlamentare dibilancio sulla Nota di aggiornamento al Def 2019-2021 è emblematica. E, in questaprospettiva, la Relazione di maggioranza è ineffabile. Perché non ci si arrampica sugli specchidi eventi di varia natura, come negli anni passati, ma si sancisce il principio che eventieccezionali sia pure distanti nel tempo (come la crisi finanziaria del 2008) possano essereinvocati a distanza di un decennio come legittima motivazione per il mancato rispetto delleregole di responsabilità fiscale. In questo il governo ha certamente mostrato di essere ungoverno del cambiamento. Gli esecutivi precedenti avrebbero fatto ricorso, ad esempio, allatragedia di Genova per invocare l'ennesimo rinvio. Questo no. Molto più astutamente ha fatto

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ricorso ad una motivazione cui si può ricorrere oggi come in tutti gli anni a venire. Un nuovocapolavoro.In questo contesto è legittimo che, in giro per il mondo, qualcuno diffidi della capacità degliitaliani di pensare a se stessi e, stanti i rapporti non sempre distesi in questi mesi fra l'Italia el'Ue, della capacità della rete di protezione europea di funzionare al meglio se qualcosaandasse storto (una crisi geopolitica? lo scoppio di una nuova bolla? una recessione ormai infieri?). Ed è comprensibile che chieda, nel migliore dei casi, di essere remunerato un po' di piùper il rischio assunto. O che, ad un certo, punto decida di averne abbastanza di quel rischio. Rientro Insomma è legittimo che ci si domandi come l'Italia intende, prima o poi, rientrare dal debito.Su questo punto è bene essere chiari: il tema del rientro è una questione distributiva, edunque eminentemente politica. Rientrare dal debito comporta, per qualcuno,necessariamente un costo. La strada degli avanzi primari ne addossa l'onere ai contribuenti ingenere e alle categorie produttive. Le imposte patrimoniali chiedono che a pagare siano irisparmiatori del passato. Il default impone ai detentori di titoli pubblici di saldare il conto. Nelcaso del rientro dal debito, l'idea che non esistano «pasti gratis» è molto più che un'idea. Èuna legge ferrea. Il governo sembra pensare invece che un Paese in grado di detenere all'interno il debitopubblico sarebbe al riparo dalla volatilità e dalla volubilità dei mercati. La tesi è che dal debitonon si rientra, lo si sposta. Non è una novità: qualche anno fa pensammo di metterci al riparoimbottendo di titoli pubblici i portafogli delle banche con li risultato brillante di indebolire erendere ancora più fragile il nostro sistema creditizio. Oggi ci riproviamo sperando di riempiredi titoli pubblici le tasche degli italiani. È un'idea pienamente coerente con la strategia di«comando e controllo» cui sembra ispirarsi l'azione del governo (una strategia che in passatoha spesso prodotto miseria; vedremo in futuro). Ed è un'idea, per i risparmiatori italiani,pericolosa ed essi farebbero bene a drizzare le orecchie. E a ricordare che (assenti le regole diresponsabilità fiscale italiane ed essendo tutt'altro che inossidabili quelle europee), i mercatisono e rimangono - non me ne voglia il presidente del Consiglio - il loro miglior avvocato. © RIPRODUZIONE RISERVATA I numeriLa ricchezza privata complessiva degli italiani, considerando anche gli immobili, arriva oltre idiecimila miliardi (5,5 volte il Pil). E ancora: a fronte del debito pubblico monstre, quello deiprivati è contenutoI numeri 4.300 Miliardi La ricchezza finanziaria (depositi, bond, fondi azioni) accumulata dalle famiglie a marzo 2018 5% Btp in mano alle famiglie La quota posseduta direttamente è ridotta, ma i titoli sono spesso in fondi, polizze e gestioni 3,5% Rendimento decennale Il Btp scadenza 2028 offre questo interesse lordo annuo. Il Bund analogo paga lo 0,5%

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L'angolo delle idee i commenti Brexit: confusione a Londra, miopia a Bruxelles Lo stallo delle trattative allunga l'incertezza: situazione pessima per il business Danilo Taino Le trattative sulla Brexit tra Unione europea e Regno Unito sono arrivate al punto in cui vannoprese sul serio. Le vicende della settimana scorsa, in particolare il vertice Ue di mercoledì serain cui si è constato che i colloqui sono in fase di stallo totale, fanno temere un nuovo periodod'incertezza se si deciderà di allungare i tempi del confronto, di 20 mesi o di più. Eun'ulteriore incertezza è esattamente quello che non serve all'economia e ai mercati. Le ragioni per le quali si è finiti nella sabbia sono di due tipi. Il primo è l'incredibile pasticciopolitico a Londra, dove manca da più di due anni una linea chiara su come gestire l'uscitadalla Ue. Stupefacente che la politica britannica sia in un tale stato di confusione. Il secondo riguarda però Bruxelles e i 27: hanno affrontato le trattative come se il problemafosse solo britannico e non anche del resto dell'Europa. In realtà, il business continentale haun interesse primario a raggiungere il migliore accordo possibile con Londra in tempiragionevoli: naturalmente le banche, che devono avere chiaro come trattare le loro attivitànella City; gli esportatori, settore auto in testa; gli importatori, che potrebbero essere colpitida tariffe; i cittadini di tutta Europa, giovani italiani residenti in Gran Bretagna tra i primi. La Ue aveva due tipi di approccio possibile. Uno è quello punitivo: te ne vai e paghi cosìimpari. Un po' puerile ma sembra che finora abbia avuto la meglio: in tutte le trattative,Bruxelles non si è quasi mossa dalla posizione iniziale se non per avere aggiunto al dossier, ametà negoziato, la questione del confine irlandese come essenziale (all'inizio non era citata),sulla quale si è creato lo stallo. L'altro, la cura degli interessi delle economie e dei cittadini europei, difesa a parole ma piùcome fatto politico - non possiamo essere teneri con chi indebolisce la Ue - che come obiettiviconcreti. Un esempio è la scarsa considerazione degli interessi dell'import-export tra Ue eRegno Unito. Un altro è l'ostilità a 360 gradi verso la City: la piazza finanziaria di Londra è lapiù internazionale al mondo, irriproducibile a Parigi, a Francoforte o altrove nel continente;potrebbe continuare a dare un contributo essenziale al debole mercato dei capitali della Ue edell'Eurozona ma l'impressione è che si preferisca cercare di sottrarle qualche migliaio di postidi lavoro. Tutto nel nome dell'integrità della Ue. Che però oggi appare più integra nel desiderio dipunire che nella necessità di essere saggia. @danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Spendere di più? si può ma conta la qualità I mercati e l'Europa non guardano solo all'entità dello sforamento nei conti pubblici, valutanoanche cosa si fa con il deficit aggiuntivo. La manovra si limita a previdenza e assistenza. Taglialle tasse e ai costi sarebbero stati più efficaci e facili da far passare... Si alimental'aspettativa, difficile da sradicare, di ricevere redditi dallo Stato in cambio di niente Francesco Daveri Il processo che porterà alla stesura della prima legge di bilancio del nuovo esecutivo è iniziatoin modo contrastato con l'invio di testo del Documento programmatico di bilancio difronte alquale la Commissione Europea ha sollevato rilevanti obiezioni in una lettera cui il governodeve dare risposta. Di sicuro il governo «del Cambiamento» ha disegnato un bilancio diversodal passato. Semplificando, la Lega voleva la flat tax - cioè meno tasse - mentre i CinqueStelle volevano il reddito di cittadinanza, cioè più spesa pubblica. Con un unico collante tra ledue parti: l'idea di ammorbidire la legge Fornero consentendo pensionamenti anticipatiintroducendo «quota 100». Le diversità di opinioni sono state tenute insieme nel modo piùsemplice: sommandole, senza imporre un tetto. Il che spiega l'aumento del deficit pubblico al2,4 per cento del Pil nel 2019, un numero doppio rispetto all'1,2 che si sarebbe ottenuto inassenza delle nuove misure del nuovo esecutivo. L'auspicio del governo è che il maggior deficit ravvivi una crescita data in rallentamento al più0,9 per cento, con un balzo del Pil 2019 al più 1,5 per cento. Il governo dice anche che, degli0,6 punti di crescita in più, circa un terzo proviene dall'eliminazione di Iva e accise e un altro0,4 per cento dalle altre misure. Cioè le altre misure si traducono in un aumento di Pil inproporzione uno a uno: +0,4 punti di deficit producono +0,4 punti di Pil in più. In gergotecnico vuole dire ipotizzare un moltiplicatore pari a uno per le varie voci della spesa pubblicae delle entrate. Un valore che all'Ufficio parlamentare di bilancio - che non ha messo il suobollino di approvazione sulle cifre del governo - è apparso troppo elevato.La certezza è che i nuovi saldi di bilancio indicati nei documenti inviati a Bruxellesinterrompono il processo di riduzione del deficit pubblico - effettivo e strutturale - iniziato nel2015. E lo fanno senza indicare sufficienti motivazioni ascrivibili alle eccezioni contemplate daitrattati Ue. L'Europa, infatti, malgrado la cattiva stampa di cui gode, è matrigna solo fino a uncerto punto. In particolare, non vieta ai paesi di fare più deficit del previsto in presenza dialcune circostanze documentabili: se l'economia entra in recessione o se ci sono altri eventieccezionali. Nel 2015-2017, l'Italia ottenne di fare più deficit in presenza di varie emergenze(migranti, terrorismo, terremoti). Gli eventi eccezionali indicati nei documenti di quest'annoinvece richiamano solo la «necessità di intraprendere una manutenzione straordinaria dellarete viaria e di collegamenti». Costo: 1 miliardo di euro, lo 0,05 per cento del Pil, meno di undecimo dello sforamento di 0,6 punti del deficit 2019 rispetto agli impegni.Agli occhi dell'Europa che ci scrive le lettere e dei mercati non conta solo l'entità dellosforamento ma anche la sua qualità, il che cosa si fa con il deficit pubblico aggiuntivo. E quinon mancano solo le circostanze eccezionali ma anche - a conti fatti - la riforma fiscale. Unadrastica riduzione delle aliquote Irpef o Ires avrebbe comportato un calo di entrate fiscali. Dicui il governo avrebbe potuto provare a documentare la temporaneità a fronte dell'attesorecupero di base imponibile successivo alla riforma fiscale. Una missione difficile perché iprecedenti di riforme tributarie realizzate in paesi simili all'Italia puntano a cali di entratepermanenti (dunque da finanziare con riduzioni di spesa).

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Invece la montagna della Grande Riforma Fiscale per il 2019 ha partorito solo due topolini,l'estensione del regime forfettario di tassazione al 15 per cento oggi in essere a una platea piùampia di partite Iva (fino ai 65 mila euro di fatturato) e la detassazione degli utili reinvestitinell'acquisto di beni strumentali e in nuova occupazione. Quest'ultima misura rimpiazza unamisura analoga (l'Ace) volta a rafforzare la struttura patrimoniale delle aziende. Se poi siaggiunge la parallela eliminazione dell'entrata in vigore dell'imposta sul redditoimprenditoriale e del trattamento fiscale favorevole per la svalutazione di crediti esistenti, ilnetto a pagare per le aziende è di 2,7 miliardi. A cui va poi sommata la maggiore tassazionesu banche e assicurazioni per 3 miliardi. Nell'insieme, dunque, il conto della legge di bilancioper chi produce è di 5,7 miliardi di euro. Mentre l'accresciuta spesa pubblica per reddito epensioni di cittadinanza e per consentire il pensionamento anticipato di coloro che rientranonella cosiddetta "quota 100" è di 13,4 miliardi, dato che ognuno di questi provvedimenti costa6,7 miliardi. Nell'insieme il nuovo governo nel suo primo bilancio ha scelto di proteggere tante famiglieaumentando il deficit e tassando la produzione. A fronte di un disagio sociale tangibile haoptato per la scorciatoia di introdurre meccanismi di assistenza che alimentano l'aspettativa -difficile da sradicare un domani - di ricevere redditi dallo Stato in cambio di niente: né lavoroné contributi. Con il rischio concreto che nei conti pubblici si aprano voragini di cui tutti gliitaliani pagheranno le conseguenze. © RIPRODUZIONE RISERVATA

22/10/2018Pag. 13 N.43 - 22 ottobre 2018

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IL CONFRONTO Italia ancora maglia nera per i processi lumaca Marina Castellaneta Bianca Lucia Mazzei Nonostante i lievi miglioramenti degli ultimi anni, l'Italia continua a occupare le posizioni piùalte della triste classifica dei processi lumaca. Il Rapporto biennale con cui la Commissioneeuropea per la giustizia (Cepej) analizza e raffronta i dati di 45 Paesi non lascia dubbi: incampo civile e commerciale i processi sono durati di più solo in Grecia e in Bosnia-Erzegovina.Un progresso c'è stato poiché dal 2012 al 2016 si è passati da 590 a 514 giorni per il primogrado e da 1.161 a 993 per il secondo ma non è bastato e non ha coinvolto i procedimenti inCassazione. Situazione simile nel penale dove, nel primo grado di giudizio, vantiamo lapeggiore performance europea. Castellaneta e Mazzei a pag. 7 Processi civili e penali fra i più lunghi d'Europa e numero di giudici di molto inferiore allamedia. È questo, in sintesi, il quadro italiano che risulta dal settimo rapporto dellaCommissione europea per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa (Cepej). Nonostante i progressi conseguiti soprattutto in campo civile, dove dal 2010 al 2016 (ilperiodo monitorato dai rapporti Cepej) l'arretrato è costantemente diminuito, la situazionedell'Italia è ancora molto pesante: nel 2016, la durata media in primo grado di unprocedimento civile-commerciale è stata di 514 giorni, "superata" solo da Grecia (610) eBosnia-Erzegovina (574). E anche nel penale, i miglioramenti non sono bastati a farci perdereil primato nella lunghezza dei procedimenti in primo grado. La «capacità di produrre decisioni in tempi congrui e ragionevoli» era fra gli obiettivi previstinelle linee programmatiche esposte in Parlamento dal ministro della Giustizia AlfonsoBonafede che, la scorsa settimana, ha annunciato la presenza nella Manovra di unostanziamento di 500 milioni di euro per assumere magistrati, poliziotti e personaleamministrativo e velocizzare i processi. Il rapporto ha cadenza biennale e raccoglie i dati di 45 Stati membri del Consiglio d'Europa(non ci sono Liechtenstein e San Marino, ma hanno aderito Israele e Marocco). I dati fornitidagli Stati sono poi supervisionati e riassemblati dagli esperti del Cepej per pubblicare solonumeri comparabili.I processi lenti In campo civile e commerciale, solo in Grecia i processi durano più che in Italia. È vero che,nel nostro Paese, il trend è positivo e la capacità dei tribunali di "aggredire" l'arretrato ossia dichiudere, ogni anno, un numero di procedimenti superiore a quello delle iscrizioni, ha portatoa una riduzione dei tempi, scesi (dal 2012 al 2016) da 590 a 514 giorni per il primo grado eda 1.161 a 993 per il secondo. Ma sono stati miglioramenti limitati che non hanno, inoltre,riguardato l'ultimo grado di giudizio (ossia la Cassazione) dove i tempi si sono allungati dai1.316 giorni del 2014 ai 1.442 del 2016. Il gap con gli altri Paesi è evidente se di guarda alla durata media: 233 giorni in primo grado(in Italia è più del doppio), 244 in secondo (nel nostro Paese è quasi il quadruplo) e 238nell'ultimo (e qui sfioriamo il quintuplo).Anche nel penale, pur migliorando un po' la situazione, i processi in Italia con una duratamedia per il primo grado di 310 giorni (nel 2014 erano 386) sono i più lunghi d'Europa. Nelsecondo grado invece, si arriva a 876 giorni (937 nel 2012) e veniamo battuti solo da Malta(1025 giorni). Ed è di nuovo la distanza con le medie (138 giorni in primo grado e 143 nel

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secondo) a rendere evidente la gravità della situazione. Dati decisamente più positivi perl'ultimo grado in cui i 191 giorni italiani sono molto più "vicini" alla media di 143.Fondi e giudiciQuesti dati vanno però letti anche alla luce del fatto che, per quanto riguarda il numero deigiudici togati, l'Italia è molto al di sotto della media che vede 22 magistrati per 100milaabitanti. Nel nostro Paese ce ne sono invece 11 (6.395 in termini assoluti). I giudici onorarisono 6 per 100mila abitanti (3.522 il dato complessivo), con la media complessiva di 94(molti Paesi, però, non hanno fornito i dati).Dopo la crisi del 2008, quasi tutti gli Stati hanno aumentato le risorse destinate alle spese digiustizia. La spesa per abitante in Italia è stata di 75 euro (72 nel 2014), al di sopra dellamedia di 64,5 (in Italia, fra l'altro le somme destinate ai tribunali amministrativi è incluso inuna voce di bilancio differente). Il budget più alto è stato stanziato dalla Svizzera con 214,8euro.© RIPRODUZIONE RISERVATA Francia Germania Grecia Polonia Spagna Giorni di attesa per iprocessi in alcuni grandi Paesi Fonte: Rapporto CEPEJ (Commissione europea per l'ef cienzadella giustizia) 2018 su dai 2016 N.D. N.D. N.D. 117 95 163 127 39 56 173 95 121 97 157353 487 376 314 207 196 245 N.D. 375 172 610 1.149 N.D. 1.086 893 225 105 180 143 607282 181 513 312 854 1° grado 2° grado Ultimo 1° grado 2° grado 1° grado Ultimo Ultimo286 ITALIA 310 876 191 514 993 1.442 925 986 0 100 200 400 800 + Civile e commercialeAmministrativo Penale La durata dei procedimentiAlfonso Bonafede. --> Nelle dichiarazioni programmatiche al Parlamento, il ministro della Giustizia aveva indicato la riduzione della durata dei processi fra gli obiettivi prioritariIl Rapporto della Commissione europea per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa(Cepej)Quotidiano del diritto --> I buchi Giudici sotto la media europea In Italia il numero dimagistrati per abitante è la metà rispetto alla media europea che vede giudici ogni milaabitanti. Nel nostro Paese, invece, ce ne sono ( . in termini assoluti). Nella Manovra il Governoavrebbe però stanziato milioni di euro per le assunzioni di poliziotti, magistrati e personaleamministrativo LE CARENZE D'ORGANICOFoto: Parigi. --> L'area dedicata alle udienze nel nuovo Palais de Justice progettato da Renzo PianoLa durata dei procedimenti

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intervista Luca Vecchi (Anci) «Sarebbe un errore fermare una macchina che è appena partita» Valentina Melis «Il percorso per arrivare al reddito di inclusione è durato tre anni, dall'adozione della legge aidecreti attuativi, passando per il confronto tra Comuni, Inps e Caf. Ora questa prima misuranazionale di contrasto alla povertà è appena entrata in vigore. Se fermiamo questa macchinae vogliamo sostituirla con un'altra soluzione in tempi brevi, il rischio è quello di metteresemplicemente dei soldi nelle mani del povero, ed eliminare i progetti di presa in carico dellefamiglie, che scommettono sulla centralità della persona, anziché sul solo aiuto economico». È il punto di vista di Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia e delegato al welfare e alle politichesociali dell'Anci (l'associazione nazionale dei Comuni italiani), in vista del passaggioannunciato dal Governo dal Rei al reddito di cittadinanza.Perché i percorsi di inclusione sociale e lavorativa legati al Rei procedono così a rilento? Il reddito di inclusione punta a costruire un progetto di vita per le persone in povertà, chepassa anche attraverso il sussidio economico, ma è affiancato da una presa in carico dellafamiglia da parte dei servizi sociali dei Comuni. Ha quindi dietro una complessità organizzativarilevante. Inoltre, la mancanza di efficienza dei centri per l'impiego e più in generale delmercato del lavoro, con una modalità problematica di incontro fra domanda e offerta, sonostoricamente un problema. Ma non per questo abbandonerei l'idea di migliorare il sistema.Siete stati coinvolti dal Governo in un confronto sul reddito di cittadinanza?Per ora no. A nome dell'Anci, chiedo al Governo di convocare i Comuni per un confronto.Credo che sia un errore eliminare il Rei, ma che sia utile coniugare la legittima aspirazione delGoverno di investire nel contrasto alla povertà con uno strumento che c'è già. Per quanto miriguarda, amplierei le risorse dei Rei (due miliardi ndr) per aumentare la platea deidestinatari, e rafforzerei l'investimento nei Comuni per rendere più efficiente la macchina».© RIPRODUZIONE RISERVATAFoto: Luca Vecchi. --> Sindaco di Reggio Emilia e delegato al welfare e alle politiche socialidell'Anci

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LE IDEE UE E MERCATI DOPPIO TIRO SUL GOVERNO Roberto Perotti Il governo sta giocando due partite: con la Commissione europea e con i mercati. Nonilludiamoci: al di là delle occasionali dichiarazioni di facciata, in entrambe si andrà alloscontro. Nessuno dei giocatori a questi tavoli può né vuole tirarsi indietro. La Commissione ha formulato accuse durissime al governo italiano, sbagliando nella forma ein parte nella sostanza. Nella forma: i sondaggi mostrano che in pochissimi anni gli italianisono passati dal popolo più pro-Europa al popolo più anti-Europa dell'Eurozona. pagina 27 Ilgoverno italiano sta giocando due partite: con la Commissione europea e con i mercati. Nonilludiamoci: al di là delle occasionali dichiarazioni di facciata, in entrambe si andrà alloscontro. Nessuno dei giocatori a questi tavoli può né vuole tirarsi indietro. La Commissione ha formulato accuse durissime al governo italiano, sbagliando nella forma ein parte nella sostanza. Nella forma: i sondaggi mostrano che in pochissimi anni gli italianisono passati dal popolo più pro-Europa al popolo più anti-Europa dell'Eurozona. Ogni intervento a gamba tesa della Commissione porta soltanto acqua al mulino deisovranisti del governo, che hanno buon gioco a ergersi a paladini del popolo contro le éliteeuropee e i tecnici, i plutocrati, i burocrati che le rappresentano. Nella sostanza: l'accusa principale al governo italiano è di programmare un aumento deldisavanzo strutturale dello 0,8 percento del Pil, mentre la Commissione aveva raccomandatouna riduzione dello 0,6 percento. La deviazione dalla raccomandazione sarebbe quindi dell'1,4percento, "senza precedenti" secondo la Commissione. Non è proprio così. Per il 2016 lariduzione richiesta dalle regole europee avrebbe dovuto essere dello 0,5 percento; il governosi avvalse delle clausole di flessibilità (quasi lo 0,9 percento del Pil in quell'anno, e non piùdisponibili oggi) per programmare un peggioramento dello 0,7 percento: dunque unadeviazione dell'1,2 percento, molto vicina a quella programmata per il 2019 dal governoattuale. La Commissione, però, ha armi spuntate. Il disavanzo (per ora) non supera il 3 percento delPil, quindi non si può aprire una Procedura per Eccesso di Disavanzo. Rimane il braccio preventivo del Patto di Stabilità, un processo lungo senza veri deterrenti:l'esito peggiore è un deposito forzato dello 0,2 percento del Pil, meno di quattro miliardi. Masarebbe un boomerang: immaginate quanti milioni di voti guadagnerebbero alle Europee ipartiti di governo se si dovesse arrivare a una tale umiliazione - e questa sì sarebbe senzaprecedenti. È per questo che la coalizione ha tutto da guadagnare da uno scontro frontale conla Commissione. D'altra parte, la Commissione non ha scelta. Il governo sostiene che ha avuto un mandatoper cambiare gli impegni europei dei governi precedenti, ed ha ragione. La Commissionesostiene che gli impegni con l'Europa non possono dipendere dal governo in carica, ed haragione. Juncker l'ha detto chiaramente: «Ho le spalle al muro», tutti gli altri paesi fannopressioni per una posizione decisa contro l'Italia. La realtà che nessuno vuole discutereapertamente è che il vero rischio non è quello di una uscita dell'Italia dall'euro, ma di uninvito all'Italia a uscire dall'euro. Oggi l'Italia è percepita dalla maggior parte dei partner europei, a torto o a ragione, comeuna palla al piede, una mina vagante politicamente instabile e con un enorme debito pubblicoche minaccia periodicamente la stabilità dei mercati.

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E qui veniamo alla seconda partita, con i mercati e le agenzie di rating. Anche in questo casosi andrà allo scontro. In parte il motivo è culturale. Come sempre accade nella storia, larabbia causata dalle recessioni profonde porta ad accusare mercati, speculatori e, oggi, leagenzie di rating che li rappresenterebbero. Chi non conosce come funziona l'economia, e vivein un mondo fatto di complotti e sabotaggi (entrambe categorie molto ben rappresentate nelgoverno) pensa che queste siano soltanto zecche fastidiose di cui ci si può liberare con unadenuncia alla procura di Trani. Se costoro mettessero da parte la rabbia e guardassero larealtà, si renderebbero conto che non c'è nessun bisogno di malvagi speculatori stranieri pergenerare una crisi del debito: basta che tanti normali signor Rossi non comprino più titoli diStato. L'anno prossimo, piaccia o no, il governo dovrà collocare 380 miliardi di debitopubblico, di cui solo 21 saranno acquistati dalla Banca Centrale Europea. Nessuna procura puòobbligare i signor Rossi a comprare questa ingente massa di titoli (anche se, date certerecenti esternazioni di esponenti del governo, anche questa ultima affermazione potrebbeessere smentita...). Gli esponenti più avveduti del governo parlano di un altro complotto, apparentemente piùsofisticato. Con il Quantitative Easing, fino a poco fa la Banca Centrale Europea comprava 14 miliardi dititoli italiani ogni mese, circa 160 all'anno. Se avesse continuato, sostengono i complottisti,avremmo risolto gran parte dei nostri problemi; l'ha interrotto per boicottare il cambiamentoitaliano. Ma la fine del Quantitative Easing era data per certa da ben prima che questogoverno andasse al potere. E non poteva essere altrimenti. Il Quantitative Easing non era unprogramma per salvare i paesi ad alto debito pubblico, ma per evitare la deflazione; è giàandato ben oltre le aspettative originarie, e solo grazie all'eroica assunzione di responsabilitàdi Draghi, che ha combattuto l'opposizione strenua della Germania e dei suoi alleati; ed èdiventato tecnicamente difficile, perché ormai la Bce detiene quasi tutto il debito pubblicodisponibile di parecchi paesi meno indebitati dell'Italia. A meno che... l'Italia non accolgal'invito a uscire dall'Euro e si crei la propria banca centrale, "libera" di comprare tutti i Btp chedecideranno i politici per finanziare il "nuovo paradigma". Per questi complottisti lo scontro èl'occasione per mettere alla prova la loro teoria economica prediletta, e che è ormai diventataun vero e proprio articolo di fede: monetizziamo il debito e ogni problema, miracolosamente,si risolve.Foto: Roberto Perotti, economista, è professore ordinario all'università Bocconi Dal 1991 al2001 ha insegnato alla Columbia University di New York. Nel 2015 è stato consigliere economico del presidente del Consiglio. Il suo ultimo libro è"Falso! Quanto costano davvero le promesse dei politici" (Feltrinelli, 2018)

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L'editoriale IL PATTO REGGE MA A DANNO DEL PAESE Mario Calabresi Chi avesse immaginato una crisi di governo, o un chiarimento capace di rimettere indiscussione una parte delle misure contenute nella manovra, resterà deluso. Le tensioni, figlie di due programmi e due visioni del mondo antitetiche, continueranno atenere banco ma non precipiteranno in uno strappo definitivo. Non è nell'interesse di nessunorompere un accordo che gode del consenso della maggioranza degli italiani. Il Movimento 5Stelle e la Lega stanno tenendo fede a una parte sostanziale delle promesse, dalla revisionedella Fornero al reddito di cittadinanza, dal condono fiscale al taglio dei vitalizi parlamentari,fino alla stretta sugli immigrati. Che questo non sia sostenibile, e stia mettendo il Paese inuna condizione di debolezza, poco importa ai più. I segue dalla prima pagina Gli elettori delle due forze politiche digeriscono ciò che risultaindigesto in nome delle proprie bandiere. Per un leghista il reddito di cittadinanza è fumo negliocchi, ma gira la testa dall'altra parte in nome della rottamazione delle cartelle esattoriali odelle politiche sulla sicurezza di Salvini. Al contrario, un militante grillino sta sopportando cosecontro le quali solo pochi mesi fa avrebbe fatto fuoco e fiamme, lo fa per riuscire ad ottenerequelle misure "anticasta" o di lotta alla povertà sognate da anni. Questo equilibrio durerà finché la colpa di ogni difficoltà potrà essere scaricata altrove, finchéil cemento sarà il nemico comune. Quale miglior collante dell'odio verso le istituzioni europeee le regole comuni, verso chiunque richiami alla responsabilità e al rispetto dei patti. Nelfrattempo si punta ad indebolire tutti i corpi intermedi o di controllo, dalla Consob alpresidente della Repubblica (Grillo ieri ha dato la linea), dalla Corte costituzionaleall'informazione, mettendoli all'indice perché muovono critiche e non si fanno incantare. Ma soprattutto durerà finché la realtà delle risorse limitate e scarse non imporrà di sceglieredavvero cosa portare avanti e cosa no. Solo allora frustrazioni e sopportazione esploderanno.Se pensate che Salvini alla prima curva già dileggia Di Maio parlando di scie chimiche emarziani, pensate cosa potrà succedere. Forse il vero banco di prova sarà in primavera,quando la realizzabilità delle nuove misure verrà messa alla prova e sarà partita davvero lacampagna elettorale per le europee. Fino ad allora continuerà questa corsa ad accaparrare irresponsabilmente consenso, acercare di incassare tutto e subito senza alcuna preoccupazione per il dopo. Non esiste una politica industriale o di sviluppo, una sola scelta che parli di futuro per igiovani o di lavoro. Ci si preoccupa solo di promettere sussidi, cancellare vecchie pendenzecon il fisco e riaprire la possibilità di andare in pensione in anticipo. Qui si lavora per far usciregli italiani dal lavoro non per farli entrare. Tutto aumentando il debito. Crescono le voci di chi si accorge che l'Italia non è più ferma, adesso arretra, perde posizionie credibilità, ma chi obietta e lancia allarmi è nemico del popolo. E i segnali di inquietudine, lo spread non è altro che l'indice di fiducia nell'Italia, sonoconsiderati provocazioni da sbeffeggiare. Ridicole pulsioni autarchiche e esibizioni di pettorali nei confronti di chi ci critica o ci volta lespalle sono all'ordine del giorno e servono solo a stuzzicare un orgoglio malinteso. Viviamo in una bolla propagandistica in cui non esiste domani e non esistono conseguenze,non illudiamoci però che si sgonfi troppo in fretta.

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Per provare ad alzare lo sguardo e immaginare oltre il presente, non resta che porre dubbi eraccontare la realtà con tenacia e pazienza, quella realtà che alla lunga non si fa mettere daparte e purtroppo presenta il conto.

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Finanza Carige, il mistero dei soci nascosti il 10% che poteva cambiare labanca LUCA PIANA pagina 25 N egli archivi di Banca Carige esistono due documenti che fanno nascere diversiinterrogativi su cos'è realmente accaduto nell'ultimo anno, quando è deflagrato lo scontro alvertice che ha tormentato l'istituto in questi mesi. Il primo file fotografa l'azionariato nelsettembre 2017 in modo dettagliato, arrivando a intercettare quote estremamente sottili. Ilrisultato è che sono non identificabili i soci di una frazione ridotta del capitale, pari ad appenail 3,19 per cento. Il secondo documento mostra il tentativo di effettuare la medesima analisinel febbraio 2018. Il processo di identificazione, condotto dall'ufficio che cura i rapporti con isoci, si ferma però molto prima: gli azionisti non identificati sono cresciuti al punto da averein mano il 13,93 per cento dell'istituto. L'espressione può apparire un po' forte ma rende lasensazione con cui questa notizia, otto mesi fa, venne vissuta negli uffici di Carige: nel giro dipochi mesi era sparito dai radar un pacchetto del 10 per cento della banca. In questi giorniCarige è uno dei titoli più tartassati in Borsa. Dopo l'assemblea del 20 settembre, quando si èconsumato lo scontro tra la famiglia di Vittorio Malacalza e la cordata costruita dal finanziereRaffaele Mincione per prendere il consiglio di amministrazione, ha perso metà del valore.Tutte le banche hanno fatto male, per effetto dei timori che l'esplosione dello spread causatadalla manovra finanziaria del governo possa danneggiare in misura significativa i loro conti. Iltitolo Carige però è stato uno dei peggiori, per diversi motivi, tra i quali spiccano la riduzionedel rating arrivata da Fitch. C'è pure un altro aspetto: al crollo ha forse contribuito losgonfiarsi delle aspettative speculative legate allo scontro tra soci che si erano accumulate invista dell'assemblea del 20 settembre. Ecco perché tornano d'attualità gli interrogativi diqualche mese fa sul quel 10 per cento scomparso. Che cosa era accaduto, dunque? Lafotografia dell'azionariato di settembre 2017 era precedente l'aumento di capitale effettuato,poi, a fine anno. L'operazione fu al centro di una dura contesa: l'amministratore delegatoPaolo Fiorentino aveva ricevuto il mandato di studiarla prevedendo il diritto di opzione per isoci, e cioè la possibilità di esercitare una prelazione per acquistare i nuovi titoli. Al dunque,aveva però portato in consiglio la proposta di farlo senza diritto d'opzione. Vittorio Malacalza,all'epoca vicepresidente, si era opposto, sostenendo che ne sarebbero stati danneggiati ipiccoli soci e così, nell'assemblea decisiva, si sfiorò l'assurdo: il consiglio presentò la propostadi un aumento senza diritto, la famiglia Malacalza - principale azionista - la richiesta contraria.Che vinse. È a questo punto che si apre una delle pagine più difficili da interpretare. Il partodell'aumento è infatti complesso anche per effetto di alcune comunicazioni che fanno crollareil titolo; alla fine, però, va in porto. I grandi investitori su cui diceva di puntare Fiorentinohanno un ruolo modesto, come mostra la figura in pagina. La quota in mano agli istituzionalicresce solo per l'ingresso di due soggetti: la società pubblica Sga (con il 5,4 per cento) e iltrust con sede nell'isola di Jersey del finanziere Mincione, il Capital Investment, con il 5,43.Senza il contributo dei piccoli soci l'aumento sarebbe andato a rotoli: le quote di Carigecustodite presso le banche italiane scendono parecchio (dal 55 al 32) ma restano comunquesignificative. L'annuncio di Mincione di essere entrato nella banca è seguito da vari interventinei quali dichiara l'intenzione di voler crescere ancora. Alla fine costituisce una cordata con gliimprenditori Gabriele Volpi e Aldo Spinelli, che nell'assemblea del 20 settembre scorso tentadi confermare Fiorentino. Sulla carta, tutti insieme hanno il 15,19 per cento. La Banca d'Italia,

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però, ne limita il voto al 9,9, perché non hanno chiesto la prevista autorizzazione a saliresopra la soglia del 10. Congiuntamente la famiglia Malacalza scatena una controffensiva,portandosi al 27,5 per cento, e vince, nominando Pietro Modiano presidente e Fabio Innocenziamministratore delegato. I verbali dell'assemblea, pubblicati giovedì, mostrano però chesenza lo stop della Banca d'Italia l'esito poteva essere diverso, con il rischio che nessuno deidue contendenti avesse la maggioranza in consiglio. Perché quel giorno a votare per la listaMincione si presentano azionisti con pacchetti consistenti, che nella precedente assembleenon si erano visti. Uno di questi, in particolare, aveva partecipato in passato a un'altraoperazione organizzata da Mincione, il tentativo di scalata di Retelit. A sorpresa a Genova,quel giorno, ci sono anche due fondi lussemburghesi riconducibili sempre a Mincione, Athenae Eurasia, che quando vengono notati diventano oggetto di un aspro scambio di accuse e poi,alla fine, votano per un'altra lista. Difficile dire se questi o altri pacchetti, a febbraio, fosseroparte di quel 10 per cento che era uscito dai radar. E che, qualche mese dopo, è arrivato a unpasso da sfilare ai Malacalza il controllo della banca. ©RIPRODUZIONE RISERVATAMALACALZA GABRIELE VOLPI COOP LIGURIA SPINELLI THE CAPITAL MINCIONE SGA INTESASANPAOLO VITA BANCA CARIGE FINCEO BANK INTESA SANPAOLO I numeri Quanti erano gli azionisti senza nome, prima e dopo l'aumento di capitale di fine2017 Vittorio Malacalza ex presidente Raffaele Mincione socio con il 5,4%

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Lo studio Consumi, la crisi morde ancora per le famiglie spending review Il tradizionale rapporto del Censis, realizzato in collaborazione con Conad, mette in luce che ilrisparmio è impegnato in comportamenti difensivi. Per contrastare questa tendenza sono alvia una serie di iniziative andrea frollà roma La ricostruzione del secondo dopoguerra, il miracolo economico, il rinascimento deglianni '80 e l'ultima saga del benessere sono stati segnati da un immaginario collettivo vitale,ottimista e inclusivo. Poi è arrivata la crisi economica del 2008 con le disuguaglianze sociali, leaspettative decrescenti, il blocco dell'ascensore sociale, la paura del declassamento. E a farnele spese sono stati i consumi e investimenti, vale a dire i motori insostituibili dello sviluppo. Èun'Italia ancora sotto botta degli effetti collaterali della recessione quella fotografatadall'ultimo "Rapporto sulla situazione sociale del Paese", elaborato dal Censis in collaborazionecon Conad. La crisi economica sembra aver lasciato in eredità al nostro Paese solo un mix dipaura e rancore, producendo quelle che lo studio definisce "disfunzionalità immateriali". Cioèvere e proprie zavorre allo sviluppo: dalla diffusione del pessimismo alla nostalgia canaglia,passando per l'incertezza economica, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Gli italiani sentono diavere meno opportunità e di vivere peggio degli altri, come dimostra un dato in particolare: il28% è convinto che la propria condizione economica migliorerà, il 35% è convinto che lacondizione altrui migliorerà di più (20 anni fa, rilevano gli analisti del Censis, gli equilibri tra ledue voci erano invertiti). La maggioranza degli italiani crede inoltre che le cose andrannosempre peggio e non ha fiducia nel futuro (più sfiduciati di noi solo i greci). A incidere suquesto quadro negativo sono diversi fattori. Il primo è una percezione di inutilità del meritopersonale. Per avanzare nella vita, secondo gli italiani, non basta lavorare sodo e conseguireun buon titolo di studio: servono conoscenze, agiatezza d'origine e fortuna. A ciò si aggiungela nostalgia per i tempi andati: per il 69% degli italiani la qualità della vita è peggiorata(anche qui, solo in Grecia il dato è più alto). Ci sono poi i pregiudizi negativi, l'incertezza, lapaura e il rancore. Un insieme esplosivo che si fa sentire pesantemente su un'economia chenon ha mai ingranato davvero la marcia dopo il 2008. Così, si preferisce tenere i soldi fermiper gli imprevisti frenando non solo gli investimenti, ma anche la spesa quotidiana. Tuttoquesto mentre sta cambiando la scala delle priorità di vita: i giovani under 34 consideranoinfatti i social network, lo smartphone e la cura del corpo più centrali della casa di proprietà edell'auto nuova. «L'immaginario collettivo non è una dimensione astratta - spiega il direttoregenerale del Censis, Massimiliano Valerii - bensì qualcosa che mette in circolazione leambizioni e i desideri, cioè che impatta sugli stili di vita e sui consumi». Spinti dai risultatisconfortanti, il Censis e Conad hanno deciso di dare seguito al rapporto con un progetto piùampio, che ambisce a rimettere in moto una spinta propulsiva ai cittadini sfiduciati e al Paeseimmobile. I pilastri dell'iniziativa che si snoderà nel corso del 2019 sono tre: ricerca,comunicazione e confronto. Sono previste attività di valorizzazione e divulgazione delleconoscenze sul tema dell'immaginario collettivo, soprattutto tramite ulteriori studi. Un eventodi alto profilo socioculturale, vari incontri con grandi personalità, il premio Top ImaginaryContest (destinato al personaggio pubblico che più fa presa sullo stato d'animo degli italiani) euna lectio magistralis rivolta agli studenti delle scuole medie e agli universitari. «Assistiamocontinuamente alla nascita di fenomeni che si bruciano in poco tempo perché agli storytellingnon segue una validazione concreta delle promesse avverte l'amministratore delegato diConad, Francesco Pugliese Stiamo costruendo un clima non orientato allo sviluppo ma

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ossessionato dalla crescita, dal "mors tua vita mea". E se tutti andiamo in questa direzione,anziché promuovere lo sviluppo ci ritroveremo nella decrescita felice Un immaginario collettivonasce dove c'è un progetto di sistema e oggi non c'è visione ma divisione». E questo è ilmotivo per cui il tandem Conad-Censis punta a coinvolgere imprenditori, manager, politici,esperti e imprese. «Cerchiamo semplicemente gente di buona volontà che voglia discutere suquesto tema e dare risposte - continua Pugliese - cioè fare qualcosa per cambiare. Nel 2019organizzeremo tre grandi eventi sul territorio, da Nord a Sud, per coinvolgere uno spettro piùampio possibile di persone su questi temi». I numeri la prudenza delle famiglie risposte in %Foto: Francesco Pugliese ad di Conad

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TUTTOSOLDI STAMPA PLUS Metà dei giovani italiani lavorerebbe all'estero DANIELE MARINI P. 17 Il lavoro vive una stagione di trasformazioni importanti. In Italia, negli ultimi duedecenni, l'attenzione si è focalizzata esclusivamente sulla regolazione del mercato, dei diritti edelle tutele: dal Pacchetto Treu, passando per il Jobs Act, fino all'ultimo Decreto dignità. Manon c'è solo il versante regolativo a essere intervenuto a modificare il lavoro. L'avvento dellenuove tecnologie e della Quarta rivoluzione industriale ha generato (e genererà) metamorfosiimportanti, spesso anche radicali, che hanno toccato la vita dei lavoratori e le organizzazioniproduttive. Inevitabilmente, questi processi determinano ricadute anche su un altro piano,meno esplorato, eppure fondamentale: le culture del lavoro, l'orizzonte di valori ad essoattribuito. La ricerca Community Media Research per Ali (Magister Group) ha scandagliato see come l'idea del lavoro fosse mutata fra le generazioni. Sono emerse alcune linee di fratturache attraversano le generazioni, e che rischiano di non essere comprese appieno a causa diun clima generale cupo sui temi del lavoro in Italia. Rappresentazione sociale In primo luogo,viene la rappresentazione sociale delle giovani generazioni e degli adulti che disarticola alcunistereotipi correnti. Come la ricerca dimostra, non è vero che i giovani siano tutti uguali e chenon attribuiscano un valore elevato al lavoro (89,2%), che anzi risulta essere più elevatorispetto alle coorti di età senior (75,6%, oltre 61 anni). In merito all'essere «bamboccioni» o«choosy», accusa diffusa fra gli adulti, non si nascondono, anzi appaiono critici verso i lorocoetanei. Ma sentono di non poter essere ingabbiati in definizioni omologanti, perché hannovoglia di sperimentarsi, di imparare un mestiere o di sacrificarsi per il lavoro. Grado diidentificazione In secondo luogo, che il lavoro sia un aspetto importante della vita dellepersone è testimoniato dal grado di identificazione con la propria professione e, per chilavora, con l'impresa in cui è occupato: il tasso di identificazione è assai elevato (86,3%),anche fra quelli che sperimentano occupazioni a tempo determinato e flessibile (73,7%). E lecoorti d'età più giovani spiccano per un grado di intensità ancora maggiore, soprattuttoquando hanno un rapporto di lavoro stabile e indeterminato (93,2%). In terzo luogo, se èvero che l'opinione si divide a metà su alcuni aspetti del lavoro, è altrettanto vero che legenerazioni più giovani manifestano una maggiore apertura ai temi della flessibilità, all'ideache il lavoro dovrebbe poter sviluppare percorsi di carriera e di crescita professionale (56,6per cento), più che essere pensato come un posto garantito o valutato meramente attraversoil criterio della remunerazione (43,4 per cento). Dunque, la maggioranza vede (e cerca) nellavoro la possibilità di un'autorealizzazione personale, di autonomia, di costruzione di unitinerario professionale. E ciò non è in contrasto con la richiesta di stabilità e garanzia. Aspettisimbolici Hanno un peso rilevante anche gli aspetti simbolici connessi al lavoro. Prevale unorientamento meritocratico (50,8%) e solidale-meritocratico (44,5%) in tema di giustiziasociale sul lavoro. Non più remunerazioni appiattite o visioni collettivistiche (4,7%), vannopremiati i talenti individuali. I valori attribuiti al lavoro vedono ai primi posti - soprattutto fra igiovani - la realizzazione personale (83,8%), l'autonomia (80,1%) e la crescita (77,1%) comeaspetti prioritari. Mutamenti culturali Siamo di fronte, quindi, a mutamenti culturali profondi eradicati che coinvolgono trasversalmente buona parte della popolazione, ma che ha nellegiovani generazioni una diffusività più rilevante. Un cambio d'epoca dimostrato anche dallagraduatoria della stratificazione sociale del prestigio assegnato alle professioni. Operaio(36,7%), contadino (37,9%), e figure come il commerciante, negoziante (37,0%) e l'artigiano

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(53,1%) che hanno contrassegnato lo sviluppo del Paese, perdono ai loro occhi di valore, afavore di dirigenti (85,0%) e imprenditori (79,5%). Ridefinendo, così, anche le aspettative neiconfronti dei lavori e delle occupazioni ambite. Aspetti critici Nello stesso tempo, emergonoalcuni aspetti critici. Non si può prescindere dal clima generale, venato di negatività, sui temidel lavoro che accomuna il «sentiment» della parte maggioritaria degli italiani. I leggeririsvolti positivi del Pil richiederanno tempo per manifestare una ricaduta reale sulle famiglie esui redditi. Il riflesso crea una contrapposizione anche fra i giovani: le iniziative per i servizi afavore del lavoro dovrebbero puntare sui Centri Pubblici per l'Impiego (44,4%) o sulle Agenzieprivate (55,6%)? Meglio rimanere in Italia per fare carriera (49,4%) o andare all'estero(50,6%)? Nel clima di incertezza che avvolge il lavoro, va da sé che la ricerca di elementi digaranzia diviene una strategia perseguita dai più. Di qui, si comprende perché la ricerca di unposto garantito e il poter lavorare in un ufficio pubblico stiano in cima ai desideratasoprattutto fra i più giovani (40,2%). Nell'indeterminatezza generale, aumenta la necessità dideterminatezza. L'insieme di questi aspetti rende il futuro del lavoro un ambito disperimentazione interessante, ma nello stesso tempo rischioso: pone il problema di unapossibile polarizzazione fra inclusione ed esclusione dai mercati del lavoro. La sfida è costruirei prerequisiti utili a sviluppare le competenze delle persone affinché sappiano cogliere lepossibilità e le opportunità che il mercato può e potrà offrire. In questo senso, le attualigiovani generazioni appaiono come esploratori senza una bussola. - c BY NC ND ALCUNIDIRITTI RISERVATIAbbastanza e molto d'accordo (%)ULTIMAMENTE SI PARLA SPESSO DEL RAPPORTO FRA I GIOVANI E IL LAVORO. QUANTO E 'D'ACCORDO CON LE SEGUENTI AFFERMAZIONI?79,177,777,757,256,250,6 - LA STAMPA Rispetto ai propri genitori, i giovani occuperanno in futuro una posizionesociale ed economica peggiore Per i giovani che vogliono fare carriera, l'unica speranza èandare all'estero Fonte: Community Media Research per ALI, luglio 2018 (n. casi: 1.000)GIOVANI (18-30 anni) SENIOR (oltre 61 anni) TOTALEFoto: ANSA Una ricerca sfata molti miti sul mondo del lavoro

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ECONOMIA / STAMPA PLUS Fca, Magneti Marelli venduta a un fondo Usa TEODORO CHIARELLI P. 16 Alla fine John Elkann l'ha spuntata. Il presidente di Fca e della holding Exor aveva detto«no grazie» al fondo di private equity Kkr che offriva 5 miliardi di euro per la controllataMagneti Marelli. Troppo poco, l'azienda di componentistica auto di Fiat Chrysler Automobiles,fu dichiarato ufficialmente un mese fa, «vale almeno 6 miliardi». E 6,2 miliardi di euro (7,14miliardi di dollari) è stato il prezzo spuntato da Fca dallo stesso fondo Kkr (Kohlberg KravisRoberts) secondo quanto anticipato ieri a Tokyo dall'agenzia giapponese Nikkei. Risorseimportanti a disposizione dei piani di sviluppo di Fca. Marelli è stata acquistata da CalsonicKansei, società controllata dal fondo di private equity americano e sino al 2017 in portafoglioalla nipponica Nissan Motor. L'annuncio ufficiale è previsto per questa mattina, primadell'apertura dei mercati europei. Kkr finanzierà l'operazione garantendo un aumento dicapitale della sua controllata. Come detto, l'interesse del fondo per la società italiana dicomponenti per auto era noto e, a settembre, era emerso che Kkr aveva ottenuto l'esclusivaper trattare l'acquisizione da portare a termine in tempi non lunghi. Di fatto, poi, la trattativasembrava essersi arenata sullo scoglio del confronto economico. La proposta arrivatainizialmente si aggirava sui 5 miliardi di euro e la Fca aveva fatto sapere di considerarel'offerta troppo bassa e di essere pronta ad aprire il confronto anche con altri acquirenti,avendo come alternativa la strada dello spin off e della successiva quotazione in Borsa dellasocietà. Magneti Marelli, sotto la guida dell'ad Pietro Gorlier, che lo scorso 1° ottobre èpassato alla guida di Fca Emea, sostituito da Ermanno Ferrari, nel 2017 ha fatturato 8,2miliardi di euro, con oltre 43 mila occupati, di cui 10 mila in Italia (complessivamente ilsettore «Componenti» di Fca ha fatturato oltre 10 miliardi di euro con un margine del 5,3%dell'Ebit adjusted, cresciuto del 20% sul 2016). Magneti Marelli è un fornitore di sistemiinnovativi ad alta tecnologia per il mondo automotive. La sede centrale è in Italia, a Corbetta,in provincia, cui fanno capo 86 unità produttive e 14 centri di ricerca. Il gruppo è presente in19 Paesi e rifornisce tutti i principali produttori di auto in Europa, Nord e Sud America e Asia.Dalla fusione delle due società di componentistica si crea un gruppo con oltre 17 miliardi didollari (oltre 14,6 miliardi di euro) di fatturato annuale e con circa 65 mila lavoratori da Tokyoa Milano. Gli esperti sottolineano la complementarietà delle due aziende. Calsonic è moltoapprezzata per le sue tecnologie nel settore dei componenti elettronici e per la sua capacità disviluppare componenti rivolti alle auto di nuova generazione. Magneti ha punti di forza nelleunità di controllo elettroniche, i «cervelli» dei motori moderni e sta lavorando a sviluppare leparti che prestano connettività alle automobili. Insieme parteciperanno alla grande corsa delleauto di nuova generazione. Fca aveva programmato, per valorizzare la società, uno scorporoe poi la successiva quotazione della Magneti Marelli. Una strada percorsa in precedenza conCnh Industrial e poi con la Ferrari. Ma poi era arrivato l'interessamento del fondo Kkr,attraverso la sua controllata, già all'inizio dell'estate, quando alla guida di Fca c'era ancoral'amministratore delegato Sergio Marchionne, scomparso il 25 luglio. A condurre le trattativesi è trovato allora in prima persona Elkann, coadiuvato dal successore di Marchionne, ilbritannico Mike Manley. - c8,2 miliardi il giro d'affari di Magneti Marelli lo scorso anno. Il gruppo occupa oltre 43 milaaddetti (10 mila in Italia), ed è stato guidato fino a settembre da Pietro Gorlier, poi sostituitoda Ermanno Ferrari 5 iliardi l'offerta iniziale di Kkr. Fca aveva replicato di considerarla troppo

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bassa e di essere pronta ad aprire il confronto anche con altri acquirenti, avendo comealternativa la strada dello spin offFoto: IMAGOECONOMICA Macchinari della Magneti Marelli I vertici di Fca: Mike Manley, asinistra, con John Elkann

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Braccio di ferro sui conti IL CASO Tria conferma il deficit «Ma dialogo con la Ue» Oggi la risposta a Bruxelles: il governo non cambia l'obiettivo 2019 fissato al 2,4 % Laposizione italiana: la deviazione rispetto agli impegni presi è limitata, partivamo dal 2 % NELTESTO VERRANNO RICORDATI GLI INVESTIMENTI PER LA CRESCITA E LA DISCESA DELDEBITO Luca Cifoni R O M A Conferma dei numeri già inseriti nel Draft Budgetary Plan (Dpb) inviato a Bruxellesuna settimana fa, e riepilogo della manovra di bilancio costruita dal governo, con particolareinsistenza sulla sua capacità di spingere la crescita grazie agli investimenti e alle altre misuremesse in cantiere. Non conterrà particolari novità né svolte la lettera che stamattina parte daVia Venti Settembre destinata alla commissione europea. L'eventualità di una qualcheconcessione in materia di deficit è stata valutata dal governo ma rapidamente accantonata innome di preoccupazioni politiche. Nessuna marcia indietro insomma e questo vuol dire - lostesso esecutivo ne è ben consapevole che la decisione europea sarà rapida e sfavorevole alnostro Paese, per il quale inizierà il percorso verso la procedura per disavanzo eccessivo. Unpercorso destinato comunque ad incrociarsi con gli appuntamenti politici della prossimaprimavera, in particolare il voto per il Parlamento di Strasburgo e il possibile cambio degliequilibri nella commissione stessa. L'ARGOMENTAZIONE Come anticipato in queste ore daConte e Di Maio, il ministro tenterà di controbattere l'affermazione di Dombrovskis eMoscovici, secondo cui la posizione italiana rappresenta una deviazione «senza precedenti»dalle regole europee. L'argomentazione è questa: il disavanzo tendenziale per il 2019 indicatoad aprile dal precedente governo allo 0,8 per cento del Pil ma questa percentuale era giàsalita all'1,2 per effetto della minor crescita e economica e dell'aggravio della spesa perinteressi, derivante dall'aumento dei rendimenti. Aggiungendo i 12,5 miliardi necessari perannullare gli incrementi delle aliquote Iva si arriverebbe in prossimità del 2 per cento, quindilo spazio in più che l'Italia si è presa equivale solo ad uno 0,4-0,5 per cento di Pil. Dal puntodi vista della commissione però le cose stanno un po' diversamente: la contestazione riguardanon il livello assoluto dal deficit ma la distanza tra l'impegno preso dal nostro Paese(migliorare il bilancio strutturale dello 0,6 per cento tra 2018 e 2019) e il numero contenutonel Dpb, che indica al contrario un peggioramento dello 0,8. Il disavanzo strutturale vienecalcolato al netto dell'andamento del ciclo economico e delle voci una tantum. Per Bruxellesnon è poi rilevante il costo della cancellazione degli aumenti Iva, perché sarebbe toccato algoverno italiano sostituirli con altre misure. LE MISURE Saranno poi ricordate le ragioni dellascelta fatta: la bassa crescita italiana che impone uno sforzo più intenso di quello messo incampo negli anni precedenti. Verrà ribadita la fiducia nella possibilità di spingere la crescitaall'1,5 per cento attraverso i nuovi investimenti e le misure a favore della popolazione indifficoltà, come il reddito di cittadinanza. Il ministero dell'Economia confermerà quindi lavolontà di collaborazione con le istituzioni europee, nell'ambito di quel dialogo costruttivoevocato anche dai due commissari. E a riprova della volontà italiana di non abbandonare nelmedio periodo il risanamento dei conti verrà citata la prevista discesa del debito pubblico, chedal 130,9 per cento atteso alla fine di quest'anno dovrebbe calare al 130 e poi ridursi ancora.Al momento di inviare la propria risposta, Giovanni Tria avrà anche un quadro della reazionedei mercati finanziari agli eventi di queste ultime ore. Una reazione che secondo le attesedegli analisti non dovrebbe essere particolarmente violenta.

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L'anticipazione L'intervista al Messaggero del sottosegretario alla Presidenza GiancarloGiorgetti nella quale si ipotizza un ritocco del deficit se lo spread dovesse salire troppoDebiti pubblici in Eurolandia Situazione a fine 2017; cifre in % del Pil 178,6 131,2 125,7Grecia Italia Por togallo Belgio Spagna Cipro Francia Austria Slovenia Irlanda GermaniaFinlandia Paesi Bassi Slovacchia Malta Lettonia Lituania Lussemburgo Estonia Area EuroFonte: Commissione Ue IL DEBITO ITALIANO DAL 1990 (% del Pil) 95,2 98,6 105,5 115,7103,1 98,3 97,5 97,0 78,4 73,6 68,0 64,1 61,4 56,7 121,8 116,9 116,3 113,8 110,8 109,7105,1 104,7 101,9 100,5 100,1 101,9 102,6 99,8 50,9 50,8 102,4 112,5 40,1 39,7 115,4116,5 123,4 23,0 129 9,0 88,8 131,8 131,6 131,4 131,2 1990 1991 1992 1993 1994 19951996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 20112012 2013 2014 2015 2016 2017

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IL RETROSCENA La manovra è ancora aperta: se lo spread sale si cambia Oggi summit Salvini-Di Maio: cresce il fronte di chi vuole trattare nel caso di una bocciaturaLa moral suasion del Colle e la mediazione di Conte: sabato potrebbe rivedere Juncker IL MEFPRENDE TEMPO E LA SESSIONE DI BILANCIO RISCHIA DI SLITTARE. SULLE MISURE SITRATTERÀ IN PARLAMENTO Marco Conti R O M A «Non ci sono ancora le condizioni politiche». La riflessione nella maggioranza sullamanovra è solo all'inizio. Giovanni Tria ha allargato le braccia al termine del consiglio deiministri di sabato che ha respinto la proposta del ministro dell'Economia di abbassare al 2,1%il rapporto deficit-pil. Tria avrebbe voluto poter disporre di un gesto di disponibilità in gradoquantomeno di scomporre il fronte che a Bruxelles vede tutti compatti contro l'Italia. Unsegnale da offrire anche agli investitori, ma che i due vicepremier Di Maio e Salvini hannorespinto all'unisono: «Il 2,4% non si tocca». «Per ora», sostengono al ministerodell'Economia, dove incrociano le dita in attesa della riapertura dei mercati, del giudizio diS&P e, soprattutto, del giudizio finale della Commissione. Tria oggi aspetterà sino all'ultimoprima di spedire entro le 12 la lettera di risposta alla Commissione e, qualora vi fossero fortiturbolenze, non esclude di tornare a sottoporre la riflessione all'attenzione dei due vice nellariunione di pre-consiglio che si terrà oggi. Il fiato resta quindi sospeso per` chè il giudizioespresso venerdì sera da Moody's sulla sostenibilità del debito colloca l'Italia un gradino soprala "spazzatura" e trascina a ruota quello delle società partecipate. Quanto il momento siadelicato è dimostrato dalla professione di europeismo che, sempre sabato, Giuseppe Conte hafatto fare in favore di telecamere ai due vice. Il problema è che il peso internazionale dei duevice, e di quasi tutto il governo, è relativo e non ha scalfito la convinzione che Conte prova asmontare ad ogni incontro, compreso quello che a breve avrà con Juncker. Ovvero chel'attuale maggioranza populista e sovranista abbia alla fine, sotto-sotto, sempre in mente ilfamoso "piano B" di uscita dell'Italia dall'euro. IL TESTO Dopo settimane di annunci epolemiche, a palazzo Chigi si è compreso che andando avanti a strappi si riducono i marginida impiegare nella manovra. Tutto "grazie" ad uno spread sensibile anche alle "manine", alledenunce di complotti e alle sparate di un comico che oltreconfine considerano - a torto o aragione - il vero capo politico del M5S. Gli inviti del premier Conte e del sottosegretarioGiorgetti, ad abbassare i toni nei confronti della Commissione e ad aprire una discussione,sono sulla scia di quanto non si stanca di ripetere il presidente della Repubblica Mattarella eaprono alla possibilità di un ripensamento qualora Bruxelles dovesse respingere il testo. Ieri,su questo giornale, Giorgetti ha cercato di rassicurare Ue e investitori spiegando che «il 2,4%è un tetto massimo». I timori, più della Lega che del M5S, sulla tenuta del sistema bancariosono infatti forti e dovuti anche alle regole europee che impongono una ricapitalizzazionequalora il valore dell'attivo e dei titoli di stato posseduti dovessero incidere negativamentesulla patrimonializzazione. Il fatto che la Bce abbia escluso contagi rende il Paese ancor piùisolato ed esposto. Ciò spinge la presidenza di turno dell'Unione quella del premier austriacoKurtz che governa con la destra populista della Oevp - a usare toni duri. Il giudizio diBruxelles e quello degli investitori rischiano di provocare un mix esplosivo che il Paese rischiadi non reggere anche perché in Europa non c'è nessun paese che ha problemi analoghi. Restail fatto che il testo della manovra e dei provvedimenti ad essa collegati, che sarebbero dovutiarrivare in Parlamento sabato scorso, ancora non ci sono. E lo stesso decreto fiscale, dopodue consigli dei ministri, non è ancora in gazzetta ufficiale, al punto che i presidenti delle

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Camere, Casellati e Fico, saranno costretti a rivedere i tempi della sessione di bilancio. Letensioni sui mercati, la più che probabile bocciatura della Commissione e le divisioni nellamaggioranza, spingeranno alla fine Tria a presentare in Parlamento una manovra "aperta"accentuando i rischi da "assalto alla diligenza" che solitamente la legge di Bilancio corre nellafase di approvazione. Mettere ordine nel "caos perfetto" di queste ultime settimane èl'obiettivo del premier Conte che di fatto ha assunto la regia facendosi «garante delcontratto». Si naviga a vista con un contratto di governo già azzoppato e che ora rischia diinfrangersi sugli scogli dello spread. Le scadenze22 ottobre24 ottobre26 ottobre27 ottobre31 dicembre alle ore 12 di oggi scade l'ultimatum Ue per rispondere ai rilievi dellaCommissione sul bilancio italiano ver tice del premier Conte a Mosca con Vladimir Putin èatteso il verdetto dell'agenzia di rating Standard & Poor's sull'economia italiana possibile vertice straordinario Conte-Juncker è il termine ultimo per il varo da par te del Parlamento dellalegge di stabilità contenuta nel Draft budgetar y planFoto: Giovanni Tria con Pierre MoscoviciFoto: (foto FRUSTACI)

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Osservatorio imprese tecnologia Così la Rete diventa una banca Secondo il PoliMi finora sono stati raccolti 45 milioni con il crowdfunding, da gennaio «aperto»a tutte le Pmi Tra i settori più promettenti, e ancora in rodaggio, c'è quello del real estate.Ecco le cifre e le prospettive Barbara Millucci D a oggi, le aziende che intendono farsi finanziare un progetto di business hannoun'opportunità in più. È l'equity crowdfunding, una tipologia di investimento online dove,sottoscrivendo quote del capitale di rischio di Pmi, si diventa a tutti gli effetti socidell'impresa. Grazie a Internet e alla digitalizzazione, negli ultimi anni si sono affacciati sulmercato nuovi attori e servizi che cambieranno radicalmente il modo con cui oggi facciamopagamenti, stipuliamo contratti come assicurazioni e prestiti, investiamo il nostro denaro,raccogliamo capitale per progetti. Se, fino a pochi anni fa, il fintech riguardava applicazioni informatiche che supportavano ilback office e i gestionali di banche, oggi la declinazione si è allargata a una varietà di servizi etecnologie per le imprese, coprendo un ampio range di prodotti e servizi finanziari comepagamenti cashless , piattaforme di raccolta di capitale, algoritmi di gestione dei dati e diautomazione dei processi, monete virtuali e nuovi sistemi di gestione dei rischi assicurativi.Secondo quanto emerso durante la nona edizione del «Focus Pmi», l'Osservatorio sullePiccole e Medie Imprese, organizzato dallo Studio LS Lexjus Sinacta, e illustrato alla Borsa diMilano, il capitale di rischio raccolto sulle piattaforme di equity crowdfunding dal 2014 ad oggiha superato i 45 milioni, e più della metà è stato raccolto solamente nel 2018. Il motivodell'impennata si spiega con l'entrata in vigore (il 3 gennaio 2018) del nuovo regolamentoConsob sull'equity crowdfunding che è stato esteso a tutte le Pmi italiane, e non solo più allestartup e alle Pmi innovative. «In pratica, tutte le società hanno ora la possibilità diraccogliere capitali di rischio sul web grazie al finanziamento collettivo», dichiara GiancarloGiudici, professore di Finanza aziendale del Politecnico di Milano. Tre motivi «Sono tre i motivi per cui l'equity crowdfunding sta crescendo così in Italia. Innanzitutto lepiattaforme leader possono contare un su bacino d'investitori molto più consistente rispetto alpassato e quindi portano a successo le campagne più facilmente. Secondo, gli operatori hannocompreso meglio le tecniche che permettono di arrivare più facilmente al successo diun'operazione». I numeri lo dimostrano. Se nel 2014 erano maggiori i casi d' insuccesso delleoperazioni finanziare di raccolta, nel corso del 2018 la tendenza si è nettamente invertita: 88sono le campagne di raccolta fondi che si sono concluse con successo e solamente 18 quellenon andate a buon fine. Le nuove opzioni Terzo motivo è l'ingresso nell'equity crowdfunding degli operatori che investono nel mercatoimmobiliare. Dall'avvio delle campagne, il portale Walliance (real estate) ha raccolto oltre 5milioni di euro, mentre Housers, attivo nel lending crowdfunding (prestiti), a oggi ne haraccolti circa 3. Queste nuove piattaforme di crowdinvesting sono a tutti gli effetti canalialternativi e diretti di finanziamento per le pmi rispetto ai circuiti di intermediazionetradizionali come fondi di venture capital,private equity e banche. Tra le tante altre nuoveformule che possono risultare utili ad una Pmi c'è l'Invoice trading, piattaforme dove èpossibile cedere fatture commerciali ottenendo un anticipo di cassa, equivalente allo sconto

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fattura bancario. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il bilancio Campagne e raccolta nel tempo L'Ego 6 4 2014 9 7 2015 9 19 2016 30 50 2017 1888 2018 Numero di campagne fallite Numero di campagne chiuse con successo 1,308 1,7674,363 11,586 26,321 Raccolta in milioni di euro Fonte: Politecnico Milano

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La proposta del Cndcec Un Albo per agevolare i «campioni» nazionali Chiara Bussi Flavia Landolfi Un albo ad hoc con agevolazioni fiscali specifiche per le imprese del made in Italy. Lo haproposto il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili nel corso delconvegno nazionale dell'11 e 12 ottobre ad Agrigento. L'iscrizione dovrebbe essere riservataalle imprese con sede in Italia e detenute per almeno il 67% da soci residenti in Italia.Previsto anche un range di fatturato tra 250mila e 25 milioni di euro, di cui almeno il 20%costituito da esportazioni. Le agevolazioni fiscali allo studio riguardano la creazione di unmeccanismo premiante da calcolare sul costo di acquisto di beni immobili, terreni e fabbricati,iscritti nell'attivo delle imprese come, ad esempio, il meccanismo del credito di imposta. Sipensa anche a un'agevolazione collegata a investimenti per immobilizzazioni immaterialilegate a spese riconducibili a internazionalizzazione, tecnologia e aggregazioni. «Il nostro Paese - spiega Giuseppe Laurino, consigliere del Cndcec - ha un patrimonioculturale, turistico, della moda e del settore agroalimentare che rappresenta una risorsastraordinaria per le imprese: i commercialisti, da sempre impegnati nell'affiancare le Pmi, sipropongono come interlocutori privilegiati nei confronti di un comparto così strategico per ilfuturo del Paese».© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Intervista Biraghi: "Dalle infrastrutture alla burocrazia: quanti freni per le Pmidel Cuneese" Il numero uno di Piccola Industria: siamo un'isola di eccellenze, ci meriteremmo altro E inveceanche la manovra ci penalizza PIER PAOLO LUCIANO «Ci meritiamo altro». Alberto Biraghi, presidente di Piccolaindustria di Cuneo, sceglie questetre parole per riassumere tutto il disappunto di una provincia che deve fare i conti con unarete di infrastrutture che fa acqua da tutte le parti. «Eppure qui come nel resto d'Italia le Pmirappresentano il 90 per cento delle imprese, sono il vero motore del Paese. Ci meriteremmoun altro trattamento». Il pensiero va alla Asti-Cuneo ancora incompleta dopo vent'anni, altraforo bis del Colle di Tenda che non si sa bene quando sarà finito, alla circonvallazione diFossano che dopo il crollo del viadotto funziona ancora oggi a singhiozzo. Un handicap con cuile piccole e grandi aziende del Cuneese - molte con la vocazione per l'export - hanno imparatoa convivere da tempo. Senza che questo si ripercuota sui successi delle imprese. Ma Biraghi - che, con il fratelloAndrea, amministra la Valgrana, industria casearia di Scarnafigi tiene a sottolineare che lePmi meriterebbero altro anche sotto altri aspetti. Presidente, che cosa vorreste che cambiasse? «La burocrazia. Dobbiamo fare ogni giorno iconti con lacci e lacciuoli. E dal primo gennaio andrà anche peggio. L'introduzione obbligatoria della fattura elettronica finirà per creare altri grattacapi ai piccoliimprenditori. E sicuri costi aggiuntivi. Ma possibile che finisca sempre così?» Quali altri esempile vengono in mente? «La tanto sbandierata semplificazione esiste solo sulla carta. O per lapubblica amministrazione. Non certo per le piccole imprese. Anche sbrigare pratiche comunispesso comporta una perdita di tempo. Si parla tanto di creare ricchezza. Ecco, allora la prima mossa da fare sarebbe quella disemplificare la vita a chi lavora». Che altro si aspetterebbe dalla manovra? «Che misure come quella del superammortamentoprevista dalla legge sull'industria 4.0 diventasse un intervento strutturale. Invece si rischia diperderlo già dal prossimo anno. Eppure è quel che serve per convincere gli imprenditori. Se sai che investi paghi meno tasse,sei incentivato a farlo. Con benefici per tutti. Ma non devono esserci scadenze, serve unamisura per sempre». Cos'altro vorrebbe cambiare della manovra? «Prima ancora che sulla manovra vorrei puntareil dito sul decreto dignità. Presentato come una grande conquista in realtà finirà perripercuotersi sull'occupazione. Ha tolto quella flessibilità che è un fattore quasi irrinunciabileper un'impresa ai tempi della globalizzazione. Un passo indietro insomma». Le piccole del Cuneese hanno usato nuove figure come quella del temporary managerexport? «Sì, personalmente la ritengo una buona idea. Può aiutare le piccole imprese che nonpossono permettersi un ufficio per l'export di tentare comunque la carta dei mercati stranieri.Semmai la incentiverei. Magari per altri compiti all'interno dell'azienda. D'altronde in un'azienda spesso di 5-10 dipendenti immaginare di avere certe figure, pureutili, è impensabile». ©RIPRODUZIONE RISERVATAFoto: Al vertice. Alberto Biraghi

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Il commento È RITORNATA L'ETÀ DELL'ORO alberto bisin Si è già detto molto sulla Legge di Bilancio varata dal governo. Si è discusso il dettaglio deivari provvedimenti che essa contiene: un condono fiscale di generosità inusitata, untrasferimento in sussidio alla disoccupazione, un ritorno alla spesa pensionistica fiscalmenteinsostenibile e via discorrendo. SI segue dalla prima Si è discusso molto anche del fatto che laLegge, così come scritta, comporti un'unilaterale rinegoziazione di accordi sottoscritti conl'Unione europea. Si è detto come questa Legge denoti una fondamentale mancanza dicompetenza del governo che sta portando lo spread ai massimi storici e il paese alla crisifinanziaria. È utile invece cercare di comprenderne il profilo strategico e gli obiettivi di mediolungo periodo di questo governo. È chiaro che i provvedimenti prefigurano una chiaramanovra di carattere assistenziale, un profilo strategico che segue quello dell'età dell'orodell'accumulazione del debito: incentivi assistenziali al Sud, condono all'evasione fiscale alNord; il tutto finanziato a debito, appunto. Questa politica economica ha garantito il supportopolitico alla Democrazia Cristiana e poi al Pentapartito per decenni, ma ha prodotto lecondizioni finanziarie di cui il paese oggi paga i notevoli costi. Se alla Legge di Bilancioassociamo le dichiarazioni dei vari esponenti di governo, prende forma una fantasia di fondo:una politica economica libera dal vincolo del debito, e quindi dal vincolo esterno, chegarantisca stabilità di consensi alla coalizione di governo. L'animosità nei confronti dell'Ue èquindi una manifestazione particolare dell'avversione di questo governo nei confronti dellarealtà economica che rifiuta di adattarsi alla sua fantasia, che lo costringe a internalizzare ilvincolo di bilancio. E le favole sulla ri-denominazione e monetizzazione senza inflazione deldebito e sui magici moltiplicatori keynesiani della spesa pubblica diventano componentifondamentali di questa fantasia. Ma la realtà è ben più complessa di un semplice vincolo dibilancio. Certo, dal debito non si esce senza costi enormi per il paese, né ri-denominando emonetizzando, né andando verso default o ristrutturazione. Ma se anche volessimo seguire ilgoverno nella fantasia, l'economia globale è profondamente cambiata rispetto a quella deglianni '70 e '80. La crescita non viene più dalla grande industria manifatturiera, ma dai servizi;l'accesso di Cina e India al mercato globale, così come la rivoluzione tecnologica in corso,rendono sempre meno desiderabile la specializzazione in prodotti ad alta intensità di lavoro;gli investimenti in capitale ed innovazione necessari per competere sui mercati scalzano lapiccola impresa familiare dalla frontiera dell'efficienza; lo sviluppo di capitale umanocomplementare alle nuove tecnologie sarà sempre più la dimensione su cui si giocherà lacompetizione economica tra politiche pubbliche, quantomeno in quei paesi che nonpartecipano alla competizione internazionale per lo sviluppo tecnologico. Al di là della fantasiasulla non esistenza dei vincoli di bilancio, che sta portando ad uno scontro del governo con laUe, la politica economica che sottende alla Legge di Bilancio va nella direzione opposta aquella necessaria per riportare il paese alla crescita. La crescita economica nel medio periodoe' determinata in modo fondamentale dalla crescita della produttività, mentre questa leggetrasferisce risorse dai settori maggiormente produttivi del paese a quelli meno produttivi. Isettori economici che più guadagnano sono gli anziani a scapito dei giovani che pagano loro lepensioni, il Nord improduttivo che si regge sull'evasione fiscale e sulla promessa disvalutazioni competitive, il Sud improduttivo che non lavora o lo fa in nero, i dipendentipubblici protetti a scapito di quelli privati i cui salari sono vincolati dalla competizione

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economica internazionale. Inoltre, la spesa per investimenti è fondamentalmente inesistentein questa Legge di Bilancio: meno di 4 miliardi di euro, a fronte ad esempio di una spesaannuale di 9 miliardi per il Reddito di Cittadinanza, e di 16 a regime per la contro-riformadelle pensioni. I tagli alla spesa per capitale umano (scuola e università) danno il segno finaledella manovra. In questo contesto, mentre imperversano crescita economica e tecnologicaglobale, il governo sogna per il paese un angolino ai margini dove poter declinare in pace,convincendosi che crescita e tecnologia siano sopravvalutate.L'opinione L'animosità verso laUe è una manifestazione dell'avversione di questo governo nei confronti della realtà che rifiutadi adattarsi alla sua fantasia e lo costringe a internalizzare il vincolo di bilancio ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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L'intervista Amundi, parla Perrier Attenti a debito e tassi Fabio Bogo pagina 22 I Yves Perrier, amministratore delegato del Gruppo Amundi, guarda le turbolenzefinanziarie che hanno l'Italia come epicentro, ma non si scompone. Ha fiducia nel risparmiodel Paese, crede con forza che Roma non abbandonerà l'euro, vede Milano crescere comecentro finanziario, grazie alle competenze di Pioneer. La società possiede gli anticorpi adatti.«Sa quando abbiamo chiuso l'accordo per rilevare Pioneer? Una settimana dopo la bocciaturadel referendum sulla riforma costituzionale del premier Matteo Renzi», dice. Non eranomomenti tranquilli nemmeno allora. Perrier, partiamo dall'inizio. Un anno fa l'operazioneAmundi-Pioneer era ritenuta l'ennesimo caso della Francia che prende e porta via un pezzo diItalia, nel caso specifico un pezzo importante, il risparmio. Un anno dopo le polemiche sonolontane. Ma lei si è mai sentito un invasore? «Sicuramente no. Amundi fa parte del GruppoCrédit Agricole, che ha una presenza importante in Italia con 12 mila dipendenti. Nonabbiamo invaso nulla perché eravamo già qui, eravamo già finanziariamente importanti inItalia. E siamo qui perché l'Italia è il nostro secondo mercato domestico. Gli invasori portanovia qualcosa, noi invece non solo non abbiamo ridotto il numero di dipendenti ma vogliamoaumentarlo. Con l'operazione Pioneer abbiamo fatto di Milano una piattaforma multinazionale,guidata da due italiani: Cinzia Tagliabue - che oltre ad essere amministratore delegato diAmundi SGR è anche Vice-Responsabile della divisione Clienti Retail di tutto il Gruppo a livelloglobale - e Matteo Germano, che dirige le operazioni multi-asset mondiali». Come staandando l'operazione di integrazione? «Pensavamo da subito che sarebbe stata moltopositiva, e i risultati ci danno ragione, perché stiamo consolidando il nostro business in tredirezioni: è aumentata la capacità di distribuzione in Italia, Austria, Germania e Paesi dell'Est;è riuscita la fusione tra le nostre competenze e quelle di Pioneer, che aveva il proprio punto diforza nel multi-asset ma anche nell'azionario Europa e in quello legato al mercatostatunitense; procede l'integrazione di collaboratori di grande talento. Un successo insomma.Ora entriamo in una seconda fase, quella rivolta ad accelerare lo sviluppo». Amundi è divisain hub e Milano è uno di questi. Ce ne saranno altri? «Siamo in grado di offrire una coperturaglobale, grazie alla nostra presenza nelle principali piazze finanziarie, che ci consente dimettere a disposizione dei nostri clienti una gamma completa di competenze, senza limitarcisolo ad alcune expertise specifiche. In Europa siamo a Milano, Londra, Parigi e Dublino; negliUsa a Boston, in Asia a Tokyo. Non prevediamo per ora di creare altri hub». Le trattative perla Brexit creano preoccupazioni nella comunità finanziaria internazionale, e molti comincianoad emigrare da Londra. Qual è la vostra posizione? E Milano può avvantaggiarsene? «ALondra abbiamo una presenza limitata, circa 180 persone su un totale di 5 mila nel mondo,siamo poco toccati dalle conseguenze della Brexit e aspettiamo di vedere come sarà l'accordoalla fine, sperando che porti poche conseguenze negative. Milano in questo scenario pensoche abbia le caratteristiche per consolidarsi come centro finanziario. Intanto perché è alcentro di un'area come il Nord particolarmente dinamica; poi perché è ricca di talentinell'industria finanziaria. Noi vogliamo rafforzare la nostra presenza qui». Scommettetesull'Italia in un momento in cui il Paese è al centro dell'attenzione europea per le sue politichedi bilancio e sui mercati c'è molta volatilità. «Il nostro obiettivo principale è offrire soluzionid'investimento che soddisfino le esigenze reali dei risparmiatori italiani. Per quanto riguardal'Italia vediamo sia elementi positivi sia motivi di incertezza». Cominciamo dai primi. «La

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solidità del tessuto economico italiano, specialmente per quanto riguarda le medie imprese.Se si guarda alla bilancia commerciale non si può non accorgersi che l'Italia ha un avanzo di50 miliardi di euro, ed è quinta nel mondo per surplus. E poi la ricchezza del risparmio: 4milamiliardi di euro, il doppio del debito pubblico». Le incertezze invece? «Il punto debole èovviamente il debito pubblico, e per questo la questione del budget è così importante nellepolitiche di bilancio. Ma nel nostro portafoglio abbiamo strutturalmente un'esposizionesignificativa al debito italiano, esposizione che, complessivamente, non è cambiata in manierasostanziale nell'ultimo periodo». Quindi non avete alleggerito la vostra presenza in titoliitaliani? «I titoli del debito italiano non sono in un solo portafoglio. Su qualche portafoglio cisiamo alleggeriti, su altri ci siamo consolidati: non ci sono stati cambiamenti sostanziali. Noigestiamo in base alle esigenze dei clienti, la missione è dare le migliori soluzioni diinvestimento indipendentemente dalle condizioni di mercato. Abbiamo comprato Pioneer dopol'esito del referendum costituzionale del dicembre 2016, il che dimostra che crediamo neifondamentali dell'Italia. Sappiamo che la politica non è mai semplice ma abbiamo grandefiducia nel sistema economico del vostro Paese». Pensa che sia possibile una Italexit? «No,per due ragioni. La prima è che l'Italia ha un peso rilevante nella Ue, e questo decreterebbe lafine dell'euro. La seconda è che non è nell'interesse dell'Italia: non c'è un problema dicompetitività della moneta e gli italiani non la vogliono. Il debito pubblico è elevato, ma èdetenuto per la maggior parte dagli stessi italiani: lasciando l'euro si impoverirebbero». Perchi fa il vostro mestiere è importante cogliere i segnali del mondo. Oggi profila unrallentamento economico, la politica Usa sui dazi minaccia il commercio, alcuni PaesiEmergenti, come Turchia e Argentina, sono in difficoltà. «Sull'economia mondiale restoottimista. C'è una regione come l'Asia che ha un grande potenziale di crescita e che stacambiando il centro di gravità. Venticinque anni fa Usa ed Europa avevano il 20 per centodella popolazione mondiale ed esprimevano il 50% del Pil mondiale. Oggi hanno il 10% dellapopolazione e il 30% del Pil. E tra 20 anni la tendenza aumenterà ancora. Si torna ad unasituazione in cui il Pil cresce con la popolazione. Certo ci sono minacce, come l'atteggiamentoamericano che vuole modificare le regole del commercio e rimanere l'unica potenzadominante. Ma è un approccio che va contro la realtà, il mondo di domani non potrà cheessere multipolare. I Paesi emergenti in crisi invece hanno una debolezza strutturale a livellodi surplus commerciale, e non li aiuta la fine della politica espansiva da parte della Fed».Anche la Bce sta stringendo i cordoni della borsa. «Francoforte si muoverà in modo prudente,e le banche centrali dovranno tenere conto del debito accumulato, sia pubblico sia privato,che dal 2007 ha continuato a crescere. Il debito è il rischio più grande». La Bcevuole fusionibancarie transazionali. Ci saranno? «Penso che i bassi tassi di interesse comportino pressionisui redditi finanziari di tutto il sistema, banche e assicurazioni. Bisogna rispondere in modoadeguato, anche all'interno. Noi ad esempio abbiamo il costo di produzione più basso almondo. La crescita per linee esterne non è in grado di compensare l'insufficienza interna». Sulmercato si affacciano i millenials, con i social network. «È un mercato interessante. Dobbiamopensare di proporre prodotti e adattare il nostro lavoro alle evoluzioni tecnologiche. È ilmotivo per cui investiamo così tanto in nella nostra piattaforma IT. Abbiamo anche sviluppatoun'applicazione di robo-advisory, dedicata in particolare ai clienti della nostra divisionededicata agli schemi pensionistici integrativi. Parliamo di più di tre milioni di persone. Il nostromestiere, però, significa, prima di tutto, saper consigliare la clientela nella gestione dei propriasset, mantenendo una visione globale. Ecco perché non si deve opporre il digitale all'umano,ma integrare le due componenti». Internet sta cambiando anche la formazione del consenso.

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E forse non è un caso la crescita dei sovranismi e dei populismi. Sta cambiando lademocrazia? «Winston Churchill diceva che la democrazia è il peggiore dei sistemi, aeccezione di tutti gli altri. Ma è chiaro che bisogna conservare i principi della democrazia e altempo stesso rispondere ai nuovi problemi. In Europa il sistema sociale ha sempre limitato lediseguaglianze e le imprese devono occuparsi della situazione, con investimenti socialmenteresponsabili. Noi in Amundi realizziamo questo principio attraverso l'integrazione dell'analisiprevista dai principi di finanza responsabile nei nostri processi d'investimento. La scorsasettimana abbiamo presentato un piano d'azione triennale per rafforzare questo approccio».Vale anche per la finanza. «Certo. I soggetti finanziari negli ultimi 30 anni hanno acquisitosempre più potere. Ma la finanza è al servizio dell'economia. Prima della crisi del 2007qualcuno lo aveva dimenticato».I numeri 178,9 MILIONI DI EURO È il valore incassato dalla famiglia Piovan con l'Opv diPiovan Spa, chiusa giovedì scorso e finalizzata alla quotazione in Borsa del titolo 2 ILIARDI DIEURO È il valore del contratto firmato da Msc e Fincantieri per costruire 4 navi da crocieraextra-lussoL'opinione Italexit? Non ci credo I titoli pubblici sono detenuti per la maggior parte dagli stessi italiani:lasciando l'euro si impoverirebbero1 Yves Perrier , numero uno del gruppo francese Amundi Il profilo Yves Perrier Nato nel 1954a Scionzier, in Alta Savoia, dopo gli studi alla Essec Business School Perrier ha iniziato lacarriera nel 1977 nel settore dell'audit e della consulenza. Nel 1987 è entrato in SociétéGénérale, dov'è arrivato a ricoprire il ruolo di direttore finanziario. Dopo alcuni anni in CréditLyonnais è entrato i n Crédit Agricole, dove ha partecipato alla costituzione di Amundi, di cui èchief executive officer dal 2010. I numeri In borsa a parigi dal novembre 2015 il confrontocon l'indice sbf 120 gli investimenti ripartizione delle masse in gestione di amundi 1.466MILIARDI DI EURO È il valore delle masse in gestione del gruppo francese al 30 giugnoscorso. Nata nel 2010, Amundi l'anno scorso ha acquisito da Unicredit la rivale Pioneer i clientiripartizione delle masse in gestione per tipologia 100 MILIONI DI CLIENTI Amundi ha clientiindividuali, istituzionali e pubblici. È il primo asset manager in Francia, figura nei primi tre inAustria e Italia ed è il primo estero in Germania

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