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PROGETTO FIDES Nell’ambito del Programma Interreg IV Italia-Austria per la cooperazione transfrontaliera finanziato con fondi FESR RAPPORTO FINALE A cura del Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche Università degli Studi di Udine E P ӧ schl and Parners GMb

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PROGETTO FIDES

Nell’ambito del Programma Interreg IV Italia-Austria per la cooperazione transfrontaliera finanziato

con fondi FESR

RAPPORTO FINALE

A cura del Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche – Università

degli Studi di Udine

E

Pӧschl and Parners GMb

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Le condizioni di partenza

E’ ampiamente riconosciuto come le imprese (in modo particolare le piccole e medie imprese)

siano chiamate ad affrontare delle sfide rilevanti nella prospettiva del rafforzamento della propria

competitività sui mercati internazionali e della capacità di innovare.

D’altra parte, la sostenibilità di percorsi di crescita e rafforzamento competitivo delle imprese (e

del tessuto produttivo di riferimento) dipende dalla capacità aggregativa in senso ampio (fusioni,

promozione dello sviluppo di reti d’impresa), anche in una prospettiva transfrontaliera. Ciò

presuppone da un lato un riequilibrio della struttura patrimoniale delle imprese e, dall’altro, la

diversificazione delle fonti di finanziamento.

Soprattutto in relazione alle Pmi si riscontrano dei sostanziali vincoli finanziari che possono

ostacolarne lo sviluppo, tanto in relazione alla dotazione di mezzi propri (fenomeno ben noto

come equity gap) quanto in relazione a possibili rischi di razionamento del credito.

Quest’ultimo aspetto diviene particolarmente cruciale per le imprese di piccole dimensioni,

tradizionalmente dipendenti dal credito bancario, sia per motivi contingenti (periodi di crisi) che

per una generalizzata tendenza degli intermediari ad una più attenta e rigorosa selezione delle

controparti e dei progetti finanziari. Sotto quest’ultimo aspetto, saranno soprattutto le imprese

meno patrimonializzate a soffrire maggiormente di fenomeni di razionamento del credito.

Diviene pertanto essenziale sviluppare degli strumenti di accesso al capitale di rischio da parte

delle PMI. Ciò avrebbe delle ricadute positive perché consentirebbe: a) un riequilibrio della

struttura patrimoniale delle imprese; b) un rafforzamento del merito creditizio e, pertanto, un più

facile accesso al credito bancario.

***

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Obiettivi Specifici

L’obiettivo principale del progetto è quello di attivare sinergie in ambito sociale ma

soprattutto economico tra le PMI della provincia di Udine e quella di Villach/Klagenfurt.

In particolare si vogliono individuare dei modelli di finanziamento (a titolo di capitale

proprio e di debito) atti a supportare efficacemente le strategie di cooperazione

transfrontaliera tra le imprese rientranti nella medesima area di programma.

Diviene, pertanto, essenziale, sviluppare degli strumenti di accesso al capitale di rischio da

parte delle piccole e medie imprese attraverso i seguenti obiettivi trasversali.

Il primo, è individuare i gap finanziari manifestati dalle imprese localizzate nell’area di

programma e gli effetti sulle politiche di crescita, internazionalizzazione ed innovazione.

Il secondo obiettivo è individuare dei percorsi volti a potenziare i servizi finanziari e

creditizi a supporto dell’imprenditorialità e proporre un modello comune, per la provincia

di Udine e Villach/Klaghenfurt (che coinvolga settore pubblico e gli interlocutori tipici

della piccola e media impresa) di supporto finanziario specificamente mirato al sostegno

dei progetti di cooperazione transfrontaliera ed, in modo particolare, alla formalizzazione

di reti di impresa.

***

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Il campione

L’analisi è stata condotta mediante somministrazione di un questionario ad un campione

di piccole e medie imprese, selezionate secondo opportuni criteri di campionamento,

rientranti nelle aree di programma.

La selezione del campione poggia su alcune scelte metodologiche di fondo. In primo

luogo si è scelto di assumere come universo di riferimento le imprese censite nella banca

dati Aida per quanto concerne le imprese della provincia di Udine e l’Istituto Austriaco di

Statistica per quanto concerne le imprese carinziane.

In secondo luogo, si è scelto di escludere dal campione alcuni settori a ragione delle

rispettive peculiarità (dell’Agricoltura, silvicoltura e pesca, Estrazione di minerali da cave

e miniere nonché il settore del commercio al dettaglio e della riparazione di automobili).

Tali settori, infatti, presentano delle specificità proprie, soprattutto sotto il profilo

legislativo ed in virtù di specifici programmi di agevolazioni pubbliche. Esclusi i suddetti

settori, la popolazione è di 8448 imprese.

Metodologicamente, si è scelto di procedere ad un campionamento stratificato.

L’obiettivo sotteso ai criteri di campionamento prescelti è duplice. In primo luogo s’intende

assicurare adeguata rappresentatività nel campione d’indagine ai diversi settori

merceologici. In secondo luogo, si è inteso aderire ad un criterio di rappresentatività

territoriale sotto il profilo delle caratteristiche socio-economiche delle aree oggetto della

presente indagine.

La combinazione di un criterio di classificazione su base settoriale e territoriale è

finalizzata a garantire una rappresentazione attendibile dello stato dell’arte delle PMI delle

aree di programma sotto il profilo delle strategie competitive, dell’orientamento

imprenditoriale, delle performance, dei fabbisogni finanziari percepiti e, più in generale,

dei rapporti con il sistema finanziario.

Il primo criterio di campionamento si basa sulla dimensione dell’impresa. L’indagine,

in tal senso, si focalizza sulle Pmi della provincia di Udine e del Land Carinziano. Si fa

riferimento, al proposito, alla definizione comunitaria di Piccola e Media Impresa. Nella

fattispecie, sono comprese nella definizione di PMI le imprese con un numero di addetti

inferiore a 250 e fatturato inferiore a 50 milioni € ovvero un totale di bilancio inferiore a

43 milioni di €. Si contano 8070 Pmi, nella Provincia di Udine, rispondenti a tale criterio.

Il secondo criterio di campionamento opera sulla base della rappresentazione settoriale.

Nella fattispecie, si è fatto riferimento alla classificazione Ateco 2007 e NACE rev-2

(rispettivamente per le due aree di programma) per l’individuazione dei settori di

riferimento.

Tale classificazione è stata utilizzata per la selezione delle imprese in entrambe le aree

di programma1. Metodologicamente, si è scelto di adottare un grado di profondità limitato

a due digit. Si ritiene, infatti, che alla luce della numerosità del campione e della

suddivisione in una pluralità di settori, nell’ambito di aree territoriali circoscritte,

1 Si noti che in Austria la classificazione merceologica è comparabile alla classificazione Ateco

adottata dall’Istat.

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l’adozione di un maggior livello di profondità nell’analisi non apportasse sostanziali

benefici dal punto di vista della rappresentatività del campione.

La tabella 1 rappresenta la distribuzione percentuale delle imprese per settore di attività

economica ed il numero di questionari da raccogliere per ciascun settore sulla base di detta

distribuzione.

Tab. 1 – La segmentazione settoriale (Udine)

Imprese

Incidenza %

Questionari

Attività manifatturiere 1723 21,40% 49 Fornitura di energia elettrica gas vapore e aria condizionata

65 0,80% 2

Fornitura di acqua reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento

55 0,70% 2

Costruzioni 1475 18,30% 42 Commercio all'ingrosso 1177 14,60% 34 Trasporto e magazzinaggio 204 2,50% 6 Attività dei servizi di alloggio e ristorazione 398 4,90% 11 Servizi di informazione e comunicazione 383 4,70% 11 Attività finanziarie e assicurative 101 1,30% 3 Attività immobiliari 1180 14,60% 34 Attività professionali scientifiche e tecniche 778 9,60% 22 Noleggio agenzie di viaggio servizi di supporto alle imprese

292 3,60% 8

Istruzione 46 0,60% 1 Sanità e assistenza sociale 102 1,30% 3 Altre attività di servizi 85 1,10% 3 Imprese non classificate (attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro per personale domestico)

6 0,10% 0

TOTALE 8070 100% 230

La tabella 2 riporta descrive la distribuzione percentuale delle imprese per settore di

attività economica in relazione al Land Carinziano. La popolazione è di 9552 imprese.

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Tab. 2 – La segmentazione settoriale (Carinzia)

Imprese Incidenza %

Questionari

Attività manifatturiere 2304 24,1% 24

Fornitura di energia elettrica gas vapore e aria condizionata

0,0% 0

Fornitura di acqua reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento

74 0,8% 1

Costruzioni 1521 15,9% 16 Commercio all'ingrosso 822 8,6% 9 Trasporto e magazzinaggio 535 5,6% 6 Attività dei servizi di alloggio e ristorazione 996 10,4% 10 Servizi di informazione e comunicazione 355 3,7% 4 Attività finanziarie e assicurative 150 1,6% 2 Attività immobiliari 729 7,6% 8 Attività professionali scientifiche e tecniche 1180 12,4% 12 Servizi amministrativi 396 4,1% 4 Educazione 72 0,8% 1 Sanità e assistenza sociale 298 3,1% 3 Altri servizi 120 1,3% 1

TOTALE 9552 100% 100

Il terzo criterio di campionamento opera su base territoriale. Il territorio della provincia

di Udine, in particolare, è suddiviso in 16 zone (aggregazioni di comuni) ritenute omogenee

sotto il profilo socio-economico.

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I risultati

L’indagine tramite questionario ha consentito di fornire uno spaccato esaustivo

dell’operatività delle piccole e medie imprese nella provincia di Udine e nel Land

Carinziano in relazione a strategie competitive, obiettivi aziendali, performance, fabbisogni

finanziari e rapporti col sistema finanziario. I principali risultati ottenuti possono essere

sintetizzati come di seguito.

In primo luogo emergono differenze significative per quanto concerne le strategie

d’impresa. Nella fattispecie, i dati rivelano una distinzione rilevante tra le imprese del

cluster carinziano caratterizzate da un più marcato orientamento al rafforzamento del

posizionamento competitivo e le imprese Udinesi mosse da una prospettiva maggiormente

contingente. Tale dato trova, inoltre, riscontro in una maggiore propensione delle imprese

carinziane alla pianificazione e controllo. La mappatura del posizionamento competitivo

pone, poi, in evidenza una distinzione tra imprese carinziane caratterizzate da una marcata

competitività sul fronte dei processi produttivi e degli attributi del prodotto ed imprese

udinesi maggiormente competitive sugli attributi del prodotto.

Sono state, infine, indagate, le dimensioni dell’Orientamento Imprenditoriale le cui

evidenze pongono in risalto:

Una più marcata dimensione innovativa delle imprese udinesi, associata, però, ad

una minore propensione a gestire l’incertezza rispetto alle imprese comprese nel

cluster carinziano;

Una maggiore vocazione alla pro-attività delle imprese carinziane. Queste

sembrano caratterizzarsi per più alti livelli di auto-considerazione

dell’imprenditore ed una maggiore propensione al miglioramento.

Le imprese di entrambe le aree territoriali sembrano caratterizzarsi per un

orientamento all’aggressività relativamente limitato.

Le imprese udinesi sembrano caratterizzarsi per una maggiore adeguatezza dei

complessivi apparati organizzativi.

I fabbisogni finanziari percepiti dalle aziende esaminate sembrano scontare le

contingenze legate alla crisi essendo in larga misura centrati sul finanziamento del capitale

circolante e degli investimenti in capitale fisso. La crescita, soprattutto per linee esterne

tramite accordi con altre realtà imprenditoriali, così come l’internazionalizzazione nelle

diverse forme non appaiono costituire fabbisogni impellenti per le imprese intervistate. Ne

emerge uno spaccato ove le imprese tendono più alla conservazione che allo sviluppo

aziendale. Ciò trova conferma, d’altra parte, nelle ragioni che indurrebbero l’impresa ad

intraprendere processi di ricapitalizzazione attraverso aumenti di capitale ovvero ritenzione

di utili. Tali ragioni sottendono essenzialmente esigenze di carattere fiscale ovvero

motivazioni connesse ai rapporti con gli istituti di credito e, segnatamente, il rafforzamento

del merito creditizio in una prospettiva di contenimento del costo del credito bancario.

Più in generale, i risultati di cui si è dato conto recano talune implicazioni interessanti

che possono essere sintetizzate nei termini che seguono:

le piccole e medie imprese nelle aree di programma sono strettamente legate agli

interlocutori tipici;

gli stessi programmi di sostegno pubblico alle piccole e medie imprese appaiono

non collimare con le esigenze manifestate dalle PMI;

emerge una esigenza alla diversificazione delle fonti di finanziamento in una

prospettiva di crescita e rafforzamento della capacità competitiva delle piccole e

medie imprese. Peraltro, ciò implica una riqualificazione della struttura

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organizzativa delle imprese mediante un rafforzamento delle funzioni legate alla

pianificazione finanziaria ed al controllo.

Soprattutto, l’attivazione di forme di finanziamento alternative al tradizionale

finanziamento bancario richiederà un sostanziale investimento in comunicazione da parte

delle piccole e medie imprese finalizzato al superamento dei tradizionali problemi di

opacità che le medesime manifestano. La definizione di modelli di supporto finanziario alle

PMI dovranno, pertanto, fondarsi su logiche che valorizzino due profili di primaria

importanza. Il primo, è connesso agli incentivi alle imprese a relazionarsi in modo efficace

con interlocutori diversi rispetto alla banca. Il secondo è connesso all’utilizzo del

patrimonio informativo di cui dispongono gli interlocutori tipici della piccola e media

impresa a beneficio di potenziali finanziatori.

Lo studio indica che le imprese del campione e più in generale le imprese udinesi,

soffrono di una diffusa sottocapitalizzazione, che tuttavia la crisi non ha incrementato,

grazie al contenimento dei debiti e all’incremento dei mezzi propri. La struttura finanziaria

delle piccole e medie imprese del campione e della provincia è piuttosto fragile, poiché si

evidenziano un alto tasso d’indebitamento e una consistente presenza di debiti finanziari a

breve termine. Nel corso del periodo di riferimento, il minor impiego di capitali fissi unito

al peggioramento del ciclo monetario ha determinato un aumento progressivo della

liquidità aziendale e dell’attivo circolante in genere,, effetto ben evidenziato dall’indice di

liquidità corrente.

Se l’equilibrio patrimoniale non appare deteriorato, di altro tenore sono le evidenze

riguardanti la dinamica reddituale nel tempo. La crisi economica ha ridotto notevolmente

la redditività complessiva e i margini sulle vendite incidendo così sulla sostenibilità

reddituale del debito, il cui costo negli ultimi due anni è aumentato sensibilmente a causa

del generalizzato deterioramento del merito creditizio e dell’incremento dello spread sui

titoli sovrani.

In prospettiva è auspicabile che le imprese della zona migliorino la propria struttura

finanziaria orientandosi maggiormente verso tipologie di finanziamento più stabili. La

presenza di un’equilibrata struttura finanziaria in cui il grado d’indebitamento sia coerente

con la redditività operativa dell’impresa e l’apporto dei mezzi propri non sia marginale

consentirebbe alle aziende di affrontare meglio gli effetti della crisi.

La struttura finanziaria e le dinamiche relative alla redditività sono piuttosto variegate

all’interno del campione. L’appartenenza settoriale determina delle rilevanti differenze.

Dal punto di vista della redditività, le imprese manifatturiere e quelle appartenenti al settore

dei servizi sono quelle che hanno risentito maggiormente degli effetti della crisi. Dal lato

della struttura finanziaria le imprese commerciali hanno migliorato sensibilmente la propria

solidità finanziaria rispetto alle altre, mentre le imprese del settore dei servizi negli ultimi

tre esercizi hanno subito una diminuzione nel grado di patrimonializzazione, in

controtendenza rispetto alle altre.

***

Strategie d’impresa, fattori competitivi

Le strategie d’impresa sono indagate sulla base di 7 items come dettagliati nel

questionario. Al fine di ridurre a complessità, pertanto, si analizzano i dati ottenuti tramite

il questionario attraverso la tecnica dell’analisi fattoriale. Sulla base dell’anali fattoriale, si

individuano 2 fattori con “eigenvalues” superiori a 1. Si mantengono, pertanto, i primi due

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fattori. Il grafico 1 seguente mostra i loadings (parte superiore del grafico) per ciascuno

degli item e la distribuzione degli scores per le imprese nelle due aree considerate.

Graf. 1 – I fattori: loadings e punteggi fattoriali

Il primo fattore è molto correlato con gli item 1-4 (differenziazione, competitività su

costi-prezzi, formalizzazione degli obiettivi, coinvolgimento nel processo di pianificazione

strategica) e l’item 6 (espansione delle quote di mercato nel lungo periodo) , mentre il

secondo fattore è sostanzialmente correlato con gli item 5 e 7 (legati ai risultati di breve

periodo ed alla massimizzazione dei profitti nel breve). Il primo, pertanto, lo possiamo

intendere come orientamento complessivo alla competitività mentre il secondo come

orientamento al breve periodo.

L’analisi degli scores mostra come le imprese carinziane tendano a correlarsi col primo

fattore. Le correlazioni col secondo fattore sono sempre positive ma sostanzialmente

inferiori. Sebbene caratterizzate da un chiaro orientamento al rafforzamento del

posizionamento competitivo, le imprese carinziane sembrano conservare comunque una

specifica attenzione ai risultati di breve termine. Di più difficile interpretazione è il

comportamento delle imprese udinesi. Mentre non si ha evidenza di un chiaro

posizionamento rispetto al fattore 2, si riscontra una tendenziale correlazione negativa con

l’orientamento al posizionamento competitivo. In definitiva, le imprese udinesi sembrano

essere mosse da una prospettiva molto più contingente rispetto a quelle carinziane.

Per contro, non si osservano sostanziali differenze per quanto riguarda l’importanza

attribuita dalle imprese delle due aree prese in esame ai diversi fattori competitivi nel

mercato in cui operano (Grafico 2).

-2-1

01

2

Ori

en

tam

en

to a

l bre

ve term

ine

-4 -2 0 2Competitività

Udine

-3-2

-10

12

Ori

en

tam

en

to a

l bre

ve term

ine

-3 -2 -1 0 1 2Competitività

Carinzia

Differenziazione

Comp_Costi_PrezziFormalizzazione

Coinvolgimento

Risultati_breve

Quote_mercato_lungo

Profitti_breve

-.5

0.5

1

Ori

en

tam

en

to a

l bre

ve term

ine

.2 .3 .4 .5 .6Competitività

Loadings

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Graf. 2 - Importanza attribuita ai fattori competitivi

In relazione alle leve di prezzo utilizzate emergono differenze di rilevo con riferimento

alle dilazioni di pagamento, mediamente utilizzate dalle imprese udinesi e solo

marginalmente impiegate dalle imprese carinziane (Grafico 3). Simile è l’utilizzo di sconti

o pagamenti rateali.

Graf. 3 – Leve di prezzo

Il ricorso a strumenti promozionali appare posizionarsi su livelli mediani medio-bassi

in entrambe le aree oggetto di analisi. Le distribuzioni dei punteggi appaiono simili nelle

due aree, salvo una maggiore propensione delle imprese carinziane all’utilizzo di

cataloghi/depliant ed esposizione a fiere (sebbene quest’ultima modalità permanga

comunque marginale).

Graf. 4 – Strumenti promozionali

02

46

8

Udine

Prezzo Prodotto

Promozione/Pubblicità Distribuzione/Logistica

02

46

8

Carinzia

Prezzo Prodotto

Promozione/Pubblicità Distribuzione/Logistica

02

46

8

Udine

Cataloghi/dépliant Pubblicità su riviste specializzate

Pubblicità su quotidiani e altri periodici Esposizione a fiere

Promozione via web (internet) Organizzazione di seminari sul prodotto

Visita presso la nostra azienda Altro

02

46

8

Carinzia

Cataloghi/dépliant Pubblicità su riviste specializzate

Pubblicità su quotidiani e altri periodici Esposizione a fiere

Promozione via web (internet) Organizzazione di seminari sul prodotto

Visita presso la nostra azienda Altro

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Controllo

Il questionario indaga, poi, la propensione delle imprese al controllo ed alla

pianificazione economico-finanziaria. Il quesito ha una struttura molto semplice,

componendosi di due soli item. Si sceglie, comunque, di sinterizzarli attraverso la tecnica

dell’analisi fattoriale. Si individua, in particolare, un fattore rilevante. La tabella 3 di sintesi

riporta le statistiche della variabile fattoriale in parola.

I risultati ottenuti danno conto di un marcato orientamento delle imprese carinziane alla

pianificazione e controllo laddove, invece, il fattore in parola si correla negativamente con

le imprese della provincia di Udine. Ciò è coerente con i risultati ottenuti in relazione alle

strategie d’impresa, mostranti un maggior orientamento delle imprese udinesi al

contingente.

Fattori interni ed esterni, posizionamento rispetto alla concorrenza

Il questionario somministrato passa poi a investigare il posizionamento e le prestazioni

aziendali rispetto alla concorrenza. Il quesito in esame è il numero 7 della sezione C del

questionario, articolato in 11 items. L’analisi fattoriale consente di individuare tre fattori

principali. Il grafico 5 seguente mostra i loadings (parte superiore del grafico) per ciascuno

degli item e la distribuzione degli scores per le imprese nelle due aree considerate.

Graf. 5 – I fattori: loadings e punteggi fattoriali

Il primo fattore è molto correlato con gli items 1, 2, 3 e 9 (flessibilità in riferimento alle

quantità prodotte ed all’assortimento e qualità della produzione). Esso, pertanto, identifica

le caratteristiche dei processi produttivi. Il secondo fattore si correla particolarmente con

gli item 4, 5 e 7 (innovatività del prodotto, marca e personalizzazione). Esso identifica,

pertanto, le caratteristiche del prodotto. Il terzo fattore, infine, è particolarmente correlato

con gli item 6, 9, 10 e 11 (packaging, tempi di consegna, assistenza e sicurezza). Esso lo

possiamo identificare, pertanto, con il livello del servizio. La figura che segue riporta lo

score plot suddiviso per le due aree territoriali indagate. Il primo fattore, pertanto, distingue

le imprese che si posizionano meglio sul fronte dei processi produttivi da quelle che sono

meglio posizionate in termini di attributo del prodotto e dei servizi associati. Il secondo

fattore evidenzia come imprese ben posizionate sul fronte delle caratteristiche del prodotto

Processiproduttivi

Prodotto

Servizio

-2 0 2

-2

0

2

-2 0 2

-4

-2

0

2

Udine

Processiproduttivi

Prodotto

Servizio

-4 -2 0 2

-2

0

2

-2 0 2

-4

-2

0

2

Carinzia

flesi

bilit

à p

rod

uzio

ne

Qua

lità p

rodu

z.

inn

ova

tività

pro

do

tto

marca

packaging

personalizz. prodotto

prezzi vendita

tempidiconsegna

assistenza tecnicasicurezza

fless

ibili

tà p

rodu

zion

e

Qua

lità p

rodu

z.

inn

ova

tività

pro

do

tto

ma

rcap

ack

ag

ing

Pe

rso

na

lizz.

pro

do

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prezzi vendita

tem

pi c

onse

gn

a

ass

iste

nza

tecn

ica

sicu

rezz

a

fless

ibili

tà p

rod

uzi

on

e

Qualità produz.inno

vativ

ità p

rodo

ttomarca

packaging

pe

rso

na

lizz.

pro

do

tto

prezzi vendita

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pi c

onse

gn

a

ass

iste

nza

tecn

ica

sicu

rezz

a

Processiproduttivi

Prodotto

Servizio

.5 .6 .7 .8

-.5

0

.5

-.5 0 .5

-.5

0

.5

Loadings

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12

tendono ad essere più carenti sugli altri aspetti. Una interpretazione simile vale per il terzo

fattore.

La distribuzione a livello geografico degli scores marca delle sostanziali differenze tra

le due aree di programma. Più in particolare, segna una distinzione tra le PMI carinziane

caratterizzate da una marcata competitività sul fronte dei processi produttivi e degli attributi

del prodotto e carenze sul fronte del servizio da una parte ed imprese udinesi dall’altra,

posizionate in modo sostanzialmente opposto.

Leve, posizionamento nei confronti della concorrenza

Il questionario somministrato passa poi a investigare il posizionamento rispetto alla

concorrenza in relazione alle diverse leve competitive. Il quesito in esame è il numero 8

della sezione C del questionario, articolato in 6 items. L’analisi fattoriale consente di

individuare un fattore principale. La tabella 3 di sintesi riporta le statistiche della variabile

fattoriale in parola. La distribuzione degli score fattoriali nelle due aree fa emergere un

miglior posizionamento competitivo delle imprese carinziane lungo le diverse leve

competitive prese in esame. Queste, presentano una correlazione positiva, nei valori medi

e mediani, con il fattore in parola.

La tabella 3 che segue riporta la distribuzione delle variabili fattoriali esaminate nella

presente sezione. Com’è noto, tali variabili esprimono la correlazione delle osservazioni

con ciascun fattore.

Com’è già stato notato, si osserva, in sintesi, come le imprese carinziane tendano a

correlarsi maggiormente con la competitività, l’orientamento al breve termine, il controllo,

i processi produttivi, il prodotto ed il posizionamento rispetto alla concorrenza. Le imprese

udinesi, di converso si correlano maggiormente con la variabile fattoriale esprimente i

livelli del servizio.

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Tab. 3 – Sintesi delle variabili fattoriali

Udine Carinzia

Mediana Dev. St. Media P 95 P5 Mediana Dev. St. Media P95 P5

Strategie d’impresa, fattori competitivi 4,19 1,51 4,45 6,78 2,07 5,2 1,60 4,80 2,07 7,30

Controllo 7,23 3,68 7,29 12,65 1,80 12,65 4,14 9,71 12,65 1,80

Fattori interni ed esterni, posizionamento

rispetto alla concorrenza 14,91 3,87 14,44 19,78 7,50 15,22 3,73 15,11 21,04 8,39

Leve, posizionamento rispetto alla concorrenza 20,43 4,03 20,01 26,78 13,09 22,65 3,18 22,07 27,45 15,81

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14

Motivazione in relazione alla crescita dell’azienda

La sezione G del questionario inizia con l’indagine della motivazione dell’imprenditorie

verso la crescita dell’azienda. Il quesito in esame è il numero 1 della sezione G del

questionario, articolato in 5 items. L’analisi fattoriale consente di individuare due fattori

principali. Il grafico 6 seguente mostra i loadings (parte superiore del grafico) per ciascuno

degli item e la distribuzione degli scores per le imprese nelle due aree considerate.

Osservando i loadings, il primo fattore è molto correlato con gli items 3,4 e 5

(l’espansione dell’azienda, la fonte di ricerca e innovazione di prodotto, la ricerca di

informazioni tecniche), mentre il secondo fattore è sostanzialmente correlato con gli items

1 e 2 (la sopravvivenza e la crescita dell’azienda). Il primo, pertanto, lo possiamo intendere

come motivazione complessiva alla ricerca e innovazione mentre il secondo come

motivazione alla sopravvivenza o, comunque, alla crescita nel breve termine.

L’esame degli scores per area territoriale mostra un chiaro orientamento delle imprese

carinziane alla sopravvivenza dell’azienda, in contrasto con l’orientamento alla ricerca ed

innovazione (correlazione negativa col Fattore 1). Di più difficile interpretazione il

comportamento delle imprese della provincia di Udine. Queste, pur caratterizzandosi per

un sostanziale impegno alla ricerca ed innovazione, sembrano mantenere un’attenzione

rilevante ad aspetti più contingenti quali la sopravvivenza e la crescita nel breve termine. Graf. 6 – I fattori: loadings e punteggi fattoriali

Le performance soggettive

Il questionario somministrato passa poi a investigare il posizionamento rispetto alla

concorrenza in relazione alle leve competitive. Il quesito in esame è il numero 2 della

sezione G del questionario, articolato in 6 items. L’analisi fattoriale consente di individuare

un fattore principale. La tabella 4 di sintesi riporta le statistiche della variabile fattoriale in

parola. Come si evince dalla media e mediana della variabile fattoriale in parola, le imprese

carinziane tendono a correlarsi positivamente con la medesima (inoltre, il 70% delle

imprese Carinziane ha un valore positivo della factor in discorso). Le imprese della

-4-2

02

Sop

ravv

iven

za

-3 -2 -1 0 1 2Orientamento alla ricerca e innovazione

Udine

-3-2

-10

1

Sop

ravv

iven

za

-3 -2 -1 0 1Orientamento alla ricerca e innovazione

Carinzia

Sopravvivenza azienda

Crescita azienda

Espansione azienda

Ricerca e innovazione prodottoRicerca info tecniche-.

4-.

20

.2.4

.6

Sop

ravv

iven

za

.55 .6 .65 .7 .75 .8Orientamento alla ricerca e innovazione

Loadings

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15

provincia di Udine, per contro, presentano peggiori performance soggettive (correlazione

negativa con la variabile fattoriale in parola).

Innovatività

Successivamente, il questionario indaga le diverse dimensioni dell’orientamento

imprenditoriale. La prima dimensione fa riferimento all’innovatività. Il quesito rilevante è

il G3 del questionario, che si articola in 4 items. L’analisi fattoriale consente di individuare

un fattore principale. La tabella 4 di sintesi riporta le statistiche della variabile fattoriale in

parola.

L’esame delle medie e mediane della variabile fattoriale pongono in evidenza una

migliore dimensione innovativa delle imprese udinesi rispetto a quelle carinziane.

Rischio

La seconda dimensione dell’orientamento imprenditoriale fa riferimento al rischio. Il

quesito rilevante è il G4 del questionario, che si articola in 6 item. Metodologicamente, gli

item 2, 3 e 5 sono stati ricodificati invertendone la scala (ad esempio, il punteggio 7 sulla

scala likert è stato riconvertito in 1, il punteggio 6 in 2 e così via) in modo da renderli

coerenti con gli altri item compresi nel quesito. Infatti, gli item in discorso sono formulati

in negativo, ovvero misurano il grado di avversione al rischio (dove 1 è minimo e 7 è

massimo) laddove gli altri item misurano, viceversa, il grado di propensione al rischio (1

minimo, 7 massimo). L’analisi fattoriale consente di individuare due fattori principali. Il

grafico 7 seguente mostra i loadings (parte superiore del grafico) per ciascuno degli item e

la distribuzione degli scores per le imprese nelle due aree considerate.

Graf. 7 – I fattori: loadings e punteggi fattoriali

Gli item 1 e 4 sono molto pesati sul fattore 1, così come l’item 6 (seppure in misura

minore). Il primo fattore, pertanto, può essere interpretato come propensione a lavorare in

condizioni di incertezza. Gli item 2, 3 e 5 sono particolarmente pesati sul fattore 2. Esso

può, pertanto, essere interpretato come capacità di gestire situazioni di incertezza. La

configurazione dei punteggi fattoriali sembra distinguere l’imprenditore propenso a

lavorare in situazioni di incertezza da quello abile a gestire situazioni di incertezza. Tale

contrasto può apparire controintuitivo. In realtà dall’esame degli score plot e delle

statistiche sulle variabili fattoriali esso appare evidente per le sole imprese carinziane. Esse

-2-1

01

2

Ges

tione

situ

azio

ni r

isch

iose

-2 -1 0 1 2 3Propensione all'incertezza

Udine

-2-1

01

2

Ges

tione

situ

azio

ni r

isch

iose

-2 -1 0 1 2 3Propensione all'incertezza

Carinzia

Mi piace lavorare in situazioni incerte

Lincertezza non mi impedisce di operare con efficienza

Eventi inaspettati non mi irritano

Amo le

sfid

e deriv

anti dall'i

ncerte

zza

L'export non comporta rischi

altapossibilitdisuccessonellexpo

.2.3

.4.5

.6.7

Ges

tione

situ

azio

ni r

isch

iose

-.5 0 .5 1Propensione all'incertezza

Loadings

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appaiono caratterizzata per una elevata capacità di gestire situazioni incerte da una parte e

da una bassa propensione a lavorare in condizioni di incertezza dall’altra. Le imprese

udinesi, di contro, mostrano una bassa propensione all’incertezza così come una bassa

attitudine a gestire l’incertezza.

Proattività

La terza dimensione dell’orientamento imprenditoriale fa riferimento alla proattività. Il

quesito rilevante è il G5 del questionario, che si articola in 10 item. L’analisi fattoriale

consente di individuare due fattori principali. Il grafico 8 seguente mostra i loadings (parte

superiore del grafico) per ciascuno degli item e la distribuzione degli scores per le imprese

nelle due aree considerate.

Graf. 8 - I fattori: loadings e punteggi fattoriali

Gli item 3, 5, 6, 7, 9 e 10 (è eccitante vedere le proprie idee realizzate, l’inaspettato non

ha importanza, adoro quando le mie idee vincono, sono bravo a identificare le opportunità,

se credo in un’idea nessun ostacolo mi impedirà di realizzarla) sono molto pesati sul primo

fattore. Esso, pertanto, può essere interpretato come il comportamento proattivo. Gli item

1, 2, 4 e 8 (sono sempre alla ricerca di cose che migliorino la mia vita, ogni situazione è un

fattore di cambiamento costruttivo, sistemo le cose che non funzionano, sono sempre alla

ricerca di migliori modi di fare le cose) sono sostanzialmente pesati sul secondo fattore.

Tale fattore può essere visto come l’attitudine al miglioramento. L’esame degli scores plot

e delle statistiche sulle variabili fattoriali pone in evidenza un contrasto tra le imprese

carinziane e quelle udinesi. Le prime si caratterizzano marcatamente per un più marcato

comportamento proattivo ed una maggiore propensione al miglioramento rispetto alle

omologhe imprese carinziane.

Aggressività

La quarta dimensione dell’orientamento imprenditoriale fa riferimento all’aggressività.

Il quesito rilevante è il G6 del questionario, che si articola in 6 item. Metodologicamente,

l’item 5 è stato ricodificato invertendone la scala in modo da renderlo coerenti con gli altri

item compresi nel quesito. Infatti, l’item in parola è formulato in negativo, misurando la

carenza di chiarezza negli obiettivi di business. La ricodifica, pertanto, lo esprime in termini

Sempre alla ricerca di cose che migliorino la mia vita

Ogni situazione è un fattore di cambiamento costruttivo

Eccitante vedere le proprie idee realizzate

Sistemo le cose che non funzionano

L'inaspettato non ha importanzaadoroquandolemieideevincono

Bravo a identificare le opportunità

sempreallaricercadimigliorimodid

Realizzo le idee in cui credo

Vedo le opportunità prima degli altri

-.4

-.2

0.2

.4

Atti

tud

ine

al m

iglio

ram

ento

.6 .65 .7 .75Comportamento proattivo

Loadings

-6-4

-20

2

Atti

tudi

ne a

l mig

liora

men

to

-4 -2 0 2Comportamento proattivo

Udine

-2-1

01

23

Atti

tudi

ne a

l mig

liora

men

to

-2 -1 0 1 2Comportamento proattivo

Carinzia

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di chiarezza degli obiettivi. L’analisi fattoriale consentirebbe di individuare due fattori

principali. Tuttavia, il secondo fattore risulta poco attendibile, come misurato dall’alfa di

Cronbach. Pertanto, si assume un unico fattore rilevante. La tabella 4 di sintesi riporta le

statistiche della variabile fattoriale in parola. Osservando le statistiche descrittive sulla

variabile fattoriale in parola (Tabella 4) non si riscontrano differenze rilevanti in relazione

all’attitudine al comportamento aggressivo nelle aree esaminate..

Autonomia

La quinta dimensione dell’orientamento imprenditoriale fa riferimento all’autonomia ed

è indagata dal quesito G7, articolato in 9 item. L’analisi fattoriale consente di individuare

due fattori principali. Il grafico 9 seguente mostra i loadings (parte superiore del grafico)

per ciascuno degli item e la distribuzione degli scores per le imprese nelle due aree

considerate.

Graf. 9 - I fattori: loadings e punteggi fattoriali

Il fattore una si correla particolarmente con gli item 2, 5, 7, 8 e 9 (formazione sulle

procedure di sicurezza sul lavoro, corretta informazione su compiti e responsabilità dei

colleghi, corretta formazione delle risorse umane, adeguato turnover delle risorse umane,

chiara definizione delle responsabilità in azienda). Il fattore 2, d’altra parte, presenta

un’elevata correlazione con gli item 3 e 4 (verifica dei fabbisogni formativi dei

collaboratori, analisi previsionale dei fabbisogni di risorse umane). Il primo, pertanto, può

essere visto come espressivo dell’adeguatezza dell’apparato organizzativo in senso lato. Il

secondo può essere interpretato come espressivo dell’attitudine alla gestione delle risorse

umane. L’item identificato come “adeguatezza dei costi delle risorse umane” non presenta

una chiara correlazione con nessuno dei due fattori identificati.

Dall’esame degli scores emerge che le imprese Udinesi si distinguono maggiormente

per la complessiva adeguatezza degli apparati organizzativi laddove le imprese carinziane

si distribuiscono chiaramente in direzione di una migliore propensione alla gestione dei

fabbisogni formativi delle risorse umane.

-4-2

02

Ris

ors

e u

man

e

-6 -4 -2 0 2Organizzazione

Udine

-2-1

01

2

Ris

ors

e u

man

e

-3 -2 -1 0 1Organizzazione

Carinzia

Adeguatezza costi risorse umane

Formazione sulle procedure di sicurezza sul lavoro

Verifica fabbisogni formativi dei collaboratori

Analisi previsionali fabbisogni di risorse umane

Corretta informazione su compiti e responsabilità dei colleghi

Assenza conflittualità interna

Corretta formazione delle risorse umane

Adeguato turnover risorse umane

Chiara definizione delle responsabilità in azienda

-.4-.2

0.2

.4.6

Ris

orse

um

ane

.2 .4 .6 .8Organizzazione

Loadings

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La tabella 4 sintetizza la distribuzione delle variabili fattoriali analizzate nella presente

sezione.

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Tab. 4 – Le variabili fattoriali

Udine Carinzia

Mediana Dev. St. Media P95 P5 Mediana Dev. St. Media P95 P5

Energia competitiva 4,21 1,52 4,46 6,80 2,07 5,19 1,60 4,82 7,32 2,07

Innovatività 10,69 4,60 10,43 17,98 2,66 8,27 4,54 8,86 17,29 2,66

Rischio 9,18 2,56 9,22 13,30 4,81 7,53 2,46 7,55 11,66 3

Proattività 30,64 4,88 29,73 36,18 20,20 32,80 10.6 31,93 38,45 24,75

Aggressività 10,09 4,46 10,49 18,17 3,73 9,93 4,43 10,57 18,17 4,78

Autonomia 19,64 3,64 19,04 23,72 12,23 21,01 3,08 20,46 23,72 14,36

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Il comportamento finanziario delle imprese.

Il presente paragrafo, infine, esamina il comportamento finanziario delle imprese nelle

due aree territoriali oggetto del presente studio. Come già evidenziato in sede di descrizione

del questionario, oggetto d’indagine saranno la composizione della struttura finanziaria, i

fabbisogni percepiti ed i rapporti col sistema finanziario.

Peraltro, il comportamento finanziario delle imprese e la manifestazione dei rispettivi

fabbisogni vengono a comporsi in un contesto ambientale che esprime opportunità e

minacce per le imprese. La mappatura delle scelte di composizione della struttura

finanziaria e dei fabbisogni percepiti dalle imprese richiede di focalizzare in modo più

preciso gli effetti dell’ambiente circostante sulle decisioni finanziarie delle imprese.

L’indagine su cui si basa il presente lavoro si innesta in un contesto di crisi diffusa che

ha investito la finanza prima ed il settore dell’economia reale poi. Tali dinamiche hanno

impattato in modo rilevante sulle imprese nelle due aree prese in esame dalla presente

indagine (Grafico 10 ).

Le imprese intervistate sono state richieste di esprimere le difficoltà percepite durante

gli ultimi anni di crisi. Si ricorda, al proposito, che erano ammesse più risposte.

Graf. 10 – Le difficoltà percepite durante la crisi.

In generale, dai risultati emerge una situazione relativamente migliore in relazione al

cluster territoriale carinziano e ciò sulla base di due considerazioni. In primo luogo una

frazione non trascurabile delle imprese rispondenti (oltre il 18%) non ha avvertito alcun

impatto dalla crisi. In secondo luogo, l’incidenza dei diversi fattori di difficoltà censiti

attraverso il questionario è sostanzialmente inferiore per le imprese Carinziane. Di contro,

le imprese udinesi riscontrano difficoltà diffuse e rilevanti lungo tutti i fattori presi in

considerazione.

Più nello specifico, le imprese udinesi percepiscono quali elementi particolarmente

critici l’aumento dei costi e la contrazione del fatturato (oltre 2/3) delle imprese rispondenti;

altri fattori di difficoltà particolarmente penetranti per le piccole e medie imprese in parola

sono la riduzione dei prezzi di vendita e l’incremento dei crediti insoluti e della

concorrenza.

Le imprese Carinziane, mentre condividono quali elementi di difficoltà derivanti dalla

crisi sostanzialmente gli stessi fattori rilevanti per le imprese udinesi (dall’aumento dei

costi, alla riduzione dei prezzi di vendita e del fatturato ed all’aumento della concorrenza),

nondimeno l’intensità con la quale tali criticità si manifestano è notevolmente più

67.0%74.9%

56.4%48.0%

11.5% 11.9%

57.3%

15.9%

36.1%

4.4%0.0%

10.0%

20.0%

30.0%

40.0%

50.0%

60.0%

70.0%

80.0%

Udine

34.3% 33.3% 34.3% 37.3%

14.7%4.9%

15.7%11.8% 8.8%

18.6%

0.0%

5.0%

10.0%

15.0%

20.0%

25.0%

30.0%

35.0%

40.0%

Klagenfurt

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contenuta. Soprattutto, nel caso delle imprese Carinziane, le difficoltà connesse alla

riscossione dei crediti non appaiono così penetranti come nel caso delle imprese Udinesi,

come è dato osservare dalla percentuale delle imprese che riportano crediti insoluti ovvero

contenziosi legali.

L’esame della composizione della struttura finanziaria delle aziende nelle aree di

programma si focalizza sui seguenti aspetti:

Composizione delle fonti di finanziamento nelle forme, rispettivamente, del debito

bancario, capitale proprio, finanziamento soci ed altre forme;

Provenienza del capitale proprio;

Composizione del debito bancario tra forme di finanziamento a medio-lungo

termine e forme di finanziamento a breve termine (aperture di credito e forme di

finanziamento autoliquidante.

I grafici che seguono schematizzano la distribuzione in relazione alle suddette variabili

oggetto di osservazione.

Con riferimento alla composizione del debito bancario si è reso necessario, sotto un

profilo metodologico, accorpare le aperture di credito e le forme autoliquidanti per esigenze

di omogeneità del confronto tra le due aree di programma. Infatti, la prassi invalsa all’estero

non distingue tali forme tecniche di sostegno al fabbisogno finanziario corrente delle

imprese.

Il grafico 11 mostra la composizione delle fonti di finanziamento per le imprese

indagate. Graf. 11 – Composizione delle fonti di finanziamento

La distribuzione mostra dei risultati sostanzialmente divergenti nel raffronto tra imprese

della provincia di Udine e quelle carinziane. Le prime operano con livelli di indebitamento

più elevati rispetto alle imprese carinziane; sembrano sottendere, inoltre, un grado di

eterogeneità maggiore rispetto alle omologhe imprese della Carinzia. Nelle imprese

carinziane il capitale proprio gioca un ruolo maggiore nel complesso delle fonti.

Salvo limitate eccezioni, poi, le imprese in esame mostrano un coinvolgimento

marginale dell’imprenditore attraverso fondi conferiti a titolo di finanziamento soci

(Tabella 5).

0.2

.4.6

.81

Udine

db Cp

Fin Soc Altro

0.2

.4.6

.81

Kartner

db Cp

Fin Soc Altro

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Tab. 5 – La partecipazione al capitale sociale

Udine Carinzia

Media

na

Dev.

St.

Media 99 P 1P Media

na

Dev.

St.

Media 99 P 1P

Soci 1 0.2 1 1 0.7 1 0.2 0.9 1 0.3

Fondi 0 0 0 0 0 0 0 0 0.2 0

Banche 0 0.2 0 0 0 0 0.1 0 0 0

Altro 0 0 0 0 0 0 0.2 0 0 0

Il grafico 12 mostra la composizione dell’indebitamento bancario articolata in mutui ed

altri finanziamenti a medio-lungo termine e forme di sovvenzione dei fabbisogni correnti,

comprensive delle aperture di credito e delle forme di finanziamento del capitale circolante.

Graf. 12 – Composizione dell’indebitamento bancario

In generale, emergono sostanziali differenze tra le imprese della provincia di Udine e le

omologhe carinziane. Le imprese della provincia di Udine, inoltre, presentano un valore

mediano riferito all’incidenza delle fonti di finanziamento correnti sensibilmente maggiore.

Ne emerge, pertanto, una maggiore dipendenza delle imprese della provincia di Udine

rispetto al capitale bancario a breve termine.

Differenze rilevanti emergono pure in relazione alle garanzie rilasciate al sistema

bancario a fronte di finanziamenti ottenuti (Grafico 13). Il quadro che ne risulta vede le

imprese dell’area Carinziana meno diversificate rispetto alle omologhe imprese udinesi in

relazione ai collateral che sono in grado di rilasciare. Al proposito, valgono le seguenti

considerazioni:

le garanzie reali e personali prestate dall’imprenditore rivestono un ruolo

preponderante nei rapporti con il sistema bancario. Peraltro, nell’area Carinziana

il peso delle garanzie in questione è maggiore rispetto alla provincia di Udine.

Quasi il 70% delle piccole e medie imprese del Land austriaco fanno ricorso a

garanzie reali e personali dell’imprenditore;

le garanzie, personali o reali, prestate da soggetti terzi assumono un peso marginale

in entrambe le aree territoriali;

le imprese della provincia di Udine fanno un rilevante ricorso alla garanzia dei

Confidi;

infine, rilevanti differenze emergono in relazione alle fidejussioni bancarie a

garanzia dei finanziamenti. Oltre il 20% delle imprese udinesi vi fanno ricorso,

laddove, viceversa, una frazione marginale delle piccole e medie imprese

carinziane vi fa ricorso.

0.2

.4.6

.81

Udine

Mutui e altri finanziameti a medio-lungo termine Finanziamenti correnti

Altro

0.2

.4.6

.81

Kartner

Mutui e altri finanziameti a medio-lungo termine Finanziamenti correnti

Altro

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Graf. 13 – Le garanzie prestate.

In prospettiva, le dinamiche di cui si è dato conto sono suscettibili di appesantire le

condizioni di accesso al credito, tanto per ragioni contingenti quanto per ragioni

regolamentari. Al riguardo, le maggiori criticità si pongono per le imprese che fanno ampio

ricorso a garanzie reali e personali ovvero a fidejussioni bancarie. Nella fattispecie, gli

effetti della crisi sulla ricchezza personale e sul patrimonio dell’impresa contribuiscono a

rafforzare i vincoli finanziari cui sono soggette le imprese.

La lettura congiunta dei dati sulla composizione delle fonti di finanziamento e delle

garanzie prestate al sistema bancario fa risaltare l’esigenza di un rafforzamento

patrimoniale delle piccole e medie imprese nella prospettiva di riduzione della rischiosità

complessiva delle imprese e di un alleggerimento delle condizioni di accesso al credito.

Le scelte di composizione della struttura finanziaria, peraltro, riflettono l’interazione di una

pluralità di fattori che, secondo diversi gradi di priorità, orientano le decisioni finanziarie

delle imprese. Tali fattori possono essere considerati quali driver delle scelte di

finanziamento. La comprensione di tali driver assume particolare rilevanza poiché consente

di focalizzare in modo più preciso la domanda di prodotti e servizi finanziari delle imprese,

i fattori che attribuiscono valore al rapporto con i finanziatori e, nel contempo, consentono

di modulare un’offerta di prodotti e servizi finanziari corrispondente agli specifici bisogni

espressi dalle imprese.

Il questionario somministrato alle imprese del campione indaga le determinanti delle

scelte di finanziamento lungo una serie di dimensioni rilevanti in relazione alle quali le

imprese intervistate erano richieste di esprimere un giudizio di rilevanza su una scala da 1

a 7. Come di consueto, l’obiettivo è far emergere punti di contatto e differenze tra le due

aree prese in esame. Metodologicamente, è opportuno condurre l’analisi individuando le

componenti principali (Grafico 14).

0.0%

10.0%

20.0%

30.0%

40.0%

50.0%

60.0%

Udine

Garanzie personali e reali dell'imprenditoreGaranzie personali e reali da terziConfidiMediocreditoFidejussioni bancarie

0.0%

10.0%

20.0%

30.0%

40.0%

50.0%

60.0%

70.0%

80.0%

Klagenfurt

Garanzie personali e reali dell'imprenditoreGaranzie personali e reali da terziConfidiMediocreditoFidejussioni bancarie

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Graf. 14 – Scelte di finanziamento: le componenti principali

Nel caso delle imprese Udinesi, la PC1 è connessa, essenzialmente, alla trasparenza

delle condizioni, a motivi fiscali ed alla natura e dimensione delle garanzie richieste. Essa,

pertanto, sembra enucleare le imprese orientate all’ottimizzazione, sia della gestione fiscale

che dei collateral da impegnare. La PC2, d’altro lato, è legata alla possibilità di ricorso al

mercato dell’equity ed alla consulenza (tanto esterna quanto bancaria) nella scelta della

modalità di finanziamento. La PC3, infine, è connessa alla natura e dimensione degli

investimenti da finanziare ed alle disponibilità patrimoniali dell’imprenditore. Pertanto, il

confronto tra PC1 e PC2 separa le imprese che effettuano scelte di finanziamento per

finalità di ottimizzazione da quelle orientate al rafforzamento patrimoniale. Il confronto tra

PC1 e PC3 evidenzia la distinzione tra imprese che decidono sulla base delle garanzie ed

imprese che scelgono le modalità di finanziamento sulla base degli investimenti da

finanziare ed in funzione del patrimonio dell’imprenditore. Infine, dal raffronto tra PC2 e

PC3 emerge la distinzione tra le imprese che danno valore alla consulenza e le imprese che

basano principalmente le decisioni di finanziamento sulla natura e dimensione degli

investimenti da finanziare.

Nel caso delle imprese carinziane, il quadro che ne emerge è in parte diverso. La PC1 è

essenzialmente connessa alla trasparenza ed alla consulenza bancaria. Essa, pertanto, può

essere sintetizzata nella relazione con l’istituto di credito.

E’, peraltro, interessante osservare come, almeno nell’ambito del sistema delle piccole

e medie imprese udinesi non vi sia una diffusa consapevolezza circa l’utilità di un

monitoraggio continuo dell’adeguatezza delle modalità di finanziamento. Il 55,5% delle

imprese della Provincia di Udine provvede, con una certa sistematicità, ad una tale analisi

laddove in Carinzia si registra il 70,6% delle imprese intervistate impegnate in una

sistematica analisi dell’adeguatezza delle modalità di finanziamento.

Peraltro, le criticità maggiori emergono da uno sguardo di maggior dettaglio ai soggetti

incaricati di tale funzione (Grafico 15). Il quadro che ne emerge tratteggia un panorama

imprenditoriale caratterizzato da una inadeguata formalizzazione a livello organizzativo

che si traduce in un’assenza di presidio di rilevanti funzioni aziendali preordinate al

controllo dei processi finanziari.

Inv

Tas

Fis

IndGar

Rap

CoECoB

Tra

Pat

Equ

FiA

Inv

Tas Fis

IndGar

RapCoE

CoB

Tra

Pat

Equ

FiA

Inv

Tas Fis

IndGar

RapCoE

CoB

Tra

Pat

Equ

FiA

PC1

PC2

PC3

.2 .25 .3 .35

-.5

0

.5

-.5 0 .5

-.5

0

.5

Udine

Inv

TasFis

IndGar

Rap

CoECoBTra

Pat

Equ FiA

Inv

Tas

Fis

Ind

GarRap

CoECoB

TraPat

Equ

FiA

Inv

Tas

Fis

Ind

GarRap

CoECoB

Tra Pat

Equ

FiA

PC1

PC2

PC3

.2 .3 .4

-.5

0

.5

-.5 0 .5

-.5

0

.5

Klagenfurt

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Graf. 15 – Analisi dell’adeguatezza delle modalità di finanziamento: i soggetti coinvolti

Rilevanti differenze emergono dalla comparazione delle imprese localizzate nelle due

aree prese in esame. In specie, mentre il tratto unificante è dato dal ruolo preponderante

dell’imprenditore, le imprese dell’area Carinziana si caratterizzano per un apparato

organizzativo maggiormente strutturato. Il 44% delle piccole e medie imprese dell’area

affida l’analisi circa l’adeguatezza delle modalità di finanziamento all’amministratore

delegato ovvero al direttore generale, amministrativo o finanziario. Di converso, tali

funzioni, nell’abito dell’apparato organizzativo delle imprese udinesi, conoscono una

diffusione sostanzialmente inferiore, ancorché non trascurabile in assoluto.

Le piccole e medie imprese della provincia di Udine, inoltre, affidano in misura

considerevole la funzione in parola al consulente o commercialista. Nelle omologhe

imprese carinziane il coinvolgimento del consulente nell’analisi delle modalità di

finanziamento è più limitato. L’intermediario bancario, infine, assume un coinvolgimento

marginale nelle imprese del Land Carinziano; maggiore, di contro, è il coinvolgimento

della banca nella gestione della funzione fi cui si tratta. In definitiva, comunque, la figura

bancaria non è l’interlocutore privilegiato nell’analisi dell’adeguatezza delle modalità di

finanziamento.

In sintesi, i risultati di cui si è dato conto lasciano trasparire delle condizioni di criticità

nel complessivo controllo delle dinamiche finanziarie d’impresa. Nel contempo, tracciano

le linee di sviluppo auspicabili ai fini di una maggiore capacità di accesso al mercato dei

capitali nella direzione di un rafforzamento delle strutture organizzative aziendali.

I rapporti col sistema finanziario.

Le piccole e medie imprese nei due cluster territoriali osservati sottendono rapporti col

sistema finanziario fortemente banco-centrici. Le piccole e medie imprese della provincia

di Udine, peraltro, mantengono rapporti con un numero maggiore di istituti di credito

(Tabella 6).

41%

10%10%

25%

11%3%

Udine Imprenditore

Amministratore se diverso dall’imprenditore

Direttoregenerale/amministrativo/finanziario

Commercialista

Figura bancaria diriferimento

Altro

37%

29%

15%

12%2%5%

Carinzia Imprenditore

Amministratore se diverso dall’imprenditore

Direttoregenerale/amministrativo/finanziario

Commercialista

Figura bancaria diriferimento

Altro

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Tab. 6 – Numero di intermediari

Udine Carinzia

Media Media

Banche ordinarie 2.5 2.0

BCC 1.5

Società di leasing 1.5 1.4

Società di factoring 1 1

Confidi 1.2

Private equity Venture capital 1 2

Società di assicurazione dei rischi finanziari 1.1 2

Altro 1 2

I dati mostrano, tendenzialmente, una propensione delle imprese udinesi ad instaurare

rapporti con un numero maggiore di intermediari creditizi. In relazione ai rapporti con

intermediari parabancari (società di leasing e di factoring), non si riscontrano differenze tra

le imprese nelle due aree di programma. Le evidenze, al proposito, mostrano come le

imprese di entrambe le aree tendano mantenere rapporti con un intermediari di riferimento

tanto per le operazioni di leasing quanto per quelle di factoring.

Com’è dato osservare in tabella, il ricorso a partner nell’equity dell’impresa (fondi di

venture capital o private equity) assume rilevanza marginale nel contesto dei rapporti delle

imprese intervistate con il sistema finanziario, salvo qualche caso sporadico come si evince

dalla distribuzione sintetizzata nella tabella precedente.

Marginale, infine, è il riscorso a società di assicurazione dei rischi finanziari, con una

prevalenza, peraltro, nella provincia di Udine. Si tratta, essenzialmente, di una fattispecie

comprendente agenzie pubbliche di sostegno all’impresa quali, ad esempio, il

Mediocredito.

Andando più in profondità nell’osservazione dei dati, si nota come le imprese nelle due

aree territoriali sotto osservazione mantengano relazioni solide con un istituto creditizio di

riferimento, sebbene tale tendenza sia più marcata in Carinzia rispetto alla provincia di

Udine. Il 92,2% delle PMI nel Land austriaco fa ricorso ad una banca di riferimento contro

il 71,8% delle imprese della provincia di Udine. Peraltro, il grado di utilizzo della banca di

riferimento è il medesimo nelle due aree attestandosi, in entrambi i casi, al 77%.

Emergono rilevanti differenze per quanto attiene la soddisfazione verso gli intermediari

ed, in particolare, la banca di riferimento (Grafico 16). I risultati possono sintetizzarsi come

segue:

le imprese carinziane sono, in generale, più soddisfatte delle omologhe imprese

Udinesi del rapporto con il sistema bancario. Come si evince dalla distribuzione,

se si eccettuano alcuni outlier con livelli di soddisfazione estremamente bassi, le

prime esprimono livelli di apprezzamento verso le banche superiori ai valori medi

della scala Likert. Di contro, vi è una frazione non trascurabile di imprese Udinesi

che manifestano livelli di soddisfazione verso le controparti bancarie medio-bassi;

appare, poi, divergente l’atteggiamento delle piccole e medie imprese nelle aree di

programma in relazione al rapporto con gli intermediari parabancari. Le imprese

dell’area Carinziana mostrano gradi sostanzialmente maggiori di soddisfazione

verso gli intermediari di factoring rispetto alle imprese udinesi, con livelli di

dispersione molto simili. Diverso è il caso della relazione con le società fi

factoring. In quest’ultimo caso, le piccole e medie imprese del Land austriaco

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mostrano livelli mediani del grado di soddisfazione più elevati rispetto alle

omologhe imprese udinesi (la mediana è pari a 3 nel caso delle PMI carinziane

contro un valore mediano di 1 delle imprese udinesi). Queste ultime, peraltro,

manifestano una dispersione molto più marcata e, conseguentemente, dei livelli di

soddisfazione, nei casi migliori, molto più elevata;

sostanzialmente maggiore è il grado di soddisfazione delle imprese Carinziane

verso i partner di equity. Tali differenze, peraltro, non appaiono significative attesa

il ruolo marginale dei fondi di venture capital e private equity nei rapporti con le

PMI delle aree prese in esame.

Graf. 16 – Soddisfazione verso gli intermediari, in particolare la banca di riferimento.

Le piccole e medie imprese dell’area Carinziana mostrano, poi, un maggior grado di

soddisfazione verso la propria banca di riferimento. Tale dato appare coerente con la

tendenza, più generale, che vede le imprese dell’area in questione maggiormente

soddisfatte del proprio rapporto con le banche.

Passando poi ad esaminare i fattori rilevanti per l’impresa nei rapporti con

l’intermediario (ed in particolare, la banca di riferimento), si riscontrano sostanziali

differenze tra le due aree di programma. Il quesito di riferimento è il quesito I4 del

questionario che si articola in 13 item. Si sceglie di ridurre a maggiore semplicità tale

quesito attraverso un’analisi fattoriale. I fattori significativi sono due. Il grafico 17 seguente

mostra i loadings (parte superiore del grafico) per ciascuno degli item e la distribuzione

degli scores per le imprese nelle due aree considerate.

02

46

8

Udine

Banche ordinarie BCC

Società di leasing Società di Factoring

Confidi Private equity _Venture Capitale

Società assicurazione rischi finanziari Altro

02

46

8

Sod

dis

fazio

ne

ban

ca d

i rife

rim

en

to

Udine

02

46

8

Sod

dis

fazio

ne

ban

ca d

i rife

rim

en

to

Klagenfurt

02

46

8

Klagenfurt

Banche ordinarie BCC

Società di leasing Società di Factoring

Confidi Private equity _Venture Capitale

Società assicurazione rischi finanziari Altro

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Graf. 17 - I fattori: loadings e punteggi fattoriali

Gli item 4, 5, 6, 8, 9, 10 e 11 (costi dei servizi, competenza del personale, disponibilità

a concedere credito, trasparenza delle condizioni, capacità di comprensione dei fabbisogni,

rapidità nell’esecuzione, ampiezza delle soluzioni proposte) sono molto pesati sul primo

fattore. Esso, pertanto, identifica il contenuto del servizio. Gli item 1, 2 e 3 (vicinanza fisica

all’impresa, fedeltà e rapporto duraturo, disponibilità del personale) sono sostanzialmente

pesati sul secondo fattore. Tale fattore può essere interpretato come la continuità della

relazione e la familiarità con l’intermediario. Peraltro, la fedeltà e la disponibilità del

personale presentano una certa correlazione pure col primo fattore a differenza della

vicinanza fisica. L’intersezione dei due fattori, pertanto, separa nettamente le imprese che

scelgono in funzione del contenuto del servizio da quelle che scelgono in funzione della

localizzazione della banca.

L’esame degli scores pone in evidenza un contrasto tra le imprese carinziane e quelle

udinesi. Le prime si caratterizzano principalmente per l’attenzione posta al contenuto del

servizio; esse, di contro, tendono a correlarsi più debolmente con la continuità della

relazione. Quest’ultima, viceversa sembra caratterizzare in maggiormente il rapporto delle

imprese udinesi col sistema bancario.

Marcate differenze emergono, poi, in relazione alle difficoltà di accesso al credito. In

proposito, è dato osservare (Grafico 18) una predominante esposizione delle imprese

Carinziane ai rischi connessi all’insufficienza delle garanzie aziendali. Considerando pure

le garanzie personali, oltre il 40% delle piccole e medie imprese nell’area in discorso

lamentano restrizioni creditizie dal lato dei collateral. Una frazione rilevante di piccole e

medie imprese lamenta poi difficoltà di accesso al credito legate all’inadeguatezza del

piano economico-finanziario. I tre fattori considerati, contano per il 60% delle difficoltà di

accesso al credito nell’area.

-3-2

-10

12

Co

ntin

uità

della

re

lazio

ne

-4 -2 0 2Contenuto del servizio

Udine

-4-2

02

Co

ntin

uità

della

re

lazio

ne

-3 -2 -1 0 1 2Contenuto del servizio

Carinzia

Vicinanza fisicaFedeltà

disponibilità personale

Costi

Competenza personale

Dipsonibilità concessione credito

società mediazione del credito

Trasparenza

Comprensione fabbisognirapiditnellesecuzioneampiezzadellesoluzioniproposte

Qualità servizi web

Presenza internazionale intermediario

-.25

.15

.55

Contin

uità

della

rela

zione

.2 .3 .4 .5 .6 .7 .8Contenuto del servizio

Loadings

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29

Graf. 18 – Le difficoltà di accesso al credito.

Nel caso delle imprese udinesi, di contro, non emerge un fattore ostativo nettamente

predominante. Il principale fattore restrittivo è legato all’assenza di un piano economico-

finanziario.

Pur con delle differenze rilevanti tra le due aree prese a riferimento emerge, in definitiva,

un tratto unificante riconducibile all’attitudine delle PMI a comunicare adeguatamente con

i finanziatori. Appare, pertanto, impellente un investimento delle imprese volto al

rafforzamento di una funzione aziendale formalizzata ed organizzata, specificamente

rivolta alla comunicazione col sistema finanziario.

La sezione L del questionario indaga, poi, taluni profili attinenti i fabbisogni finanziari

d’impresa e la propensione ad accedere al mercato dei capitali. Più nello specifico, i profili

indagati attengono:

ai fabbisogni finanziari percepiti, legati ad investimenti in circolante, capitale fisso

ovvero progetti di sviluppo o internazionalizzazione;

all’evoluzione dei fabbisogni finanziari percepiti;

alla propensione al rafforzamento patrimoniale dell’impresa mediante ritenzione

di utili o aumento di capitale. Tale aspetto è strettamente legato alla composizione

dei fabbisogni finanziari;

agli interlocutori privilegiati nell’ambito di processi di ricapitalizzazione.

La tabella 7 rappresenta le principali statistiche descrittive circa i fabbisogni percepiti

(quesito L1) dalle imprese nella provincia di Udine e nel Land Carinziano (si ricorda che il

quesito chiedeva all’impresa di esprimere su una scala da 1 a 7 la rilevanza attribuita a

diversi fattori qualificanti il fabbisogno finanziario).

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Tab. 7 – Fabbisogni finanziari percepiti

Udine Kartner

Mediana Dev. St. Media P95 P5 Mediana Dev. St. Media P95 P5

Circolante 5 1.7 4.8 7 1 3 2.5 3.5 7 1

Capitale fisso 4 1.9 4.0 7 1 6 2.3 4.9 7 1

R&S 3 1.9 3.4 7 1 1 2.1 2.2 7 1

Intangibili in generale 1.5 1.7 2.3 6 1 1 1.5 1.7 6 1

Esportazioni dirette 1 1.8 2.2 6 1 1 1.4 1.5 6 1

Esportazioni indirette 1 1.6 1.8 6 1 1 0.8 1.2 3 1

Alleanze strategiche 1 1.8 2.3 6 1 1 1.1 1.3 4 1

FDI 1 1.3 1.6 5 1 1 1.4 1.5 5 1

Ristrutturazione debito 1 1.8 2.2 6 1 1 1.4 1.4 6 1

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Le imprese nelle due aree di programma percepiscono, poi, un sostanziale mutamento

nei propri fabbisogni finanziari negli ultimi cinque anni (Grafico 19). Il questionario, si

ricorda, chiedeva alle imprese di riportare su una scala da 1 a 7 i mutamenti intervenuti nel

proprio fabbisogno finanziario.

Graf. 19 – Cambiamenti percepiti nel fabbisogno finanziario (ultimi 5 anni).

Le imprese della provincia di Udine hanno visto modificarsi sensibilmente il proprio

fabbisogno finanziario. Al contrario, le piccole e medie imprese Carinziane mostrano, al

riguardo, delle dinamiche sostanzialmente più conservative.

Peraltro, un’analisi di maggior dettaglio dei fabbisogni concorre a tratteggiare un quadro

ove le imprese nelle aree prese in esame manifestano essenzialmente fabbisogni finanziari

connessi al finanziamento del capitale circolante e del capitale fisso. Nello specifico, le

imprese della provincia di Udine manifestano fabbisogni principalmente connessi allo

sfasamento tra entrate e uscite monetarie.

In entrambe le aree di programma, le imprese intervistate percepiscono dei fabbisogni

marginali connessi ad investimenti in ricerca e sviluppo, alleanze strategiche con alte

imprese ovvero progetti di espansione al di fuori del mercato nazionale tanto nelle forme

di esportazioni dirette od indirette oppure investimenti diretti esteri.

Innovazione, crescita ed internazionalizzazione non sembrano, pertanto, qualificare

nell’immediato la funzione obiettivo delle imprese del campione. Tali risultati,

probabilmente, riflettono le contingenze legare alla crisi ed appaino coerenti con gli

obiettivi principali dell’impresa essenzialmente focalizzati sulla crescita. Le relazioni tra

obiettivi, strategie e fabbisogni d’impresa richiede, peraltro, un’analisi di maggior dettaglio

che sarà proposta nel capitolo seguente ricorrendo alle metodologie tipiche dell’analisi

multivariata.

I risultati di cui si è appena dato conto trovano, poi, riflesso nella propensione delle

piccole e medie imprese intervistate ad intraprendere processi di ricapitalizzazione (tramite

ritenzione di utili ovvero aumenti di capitale) e nei fattori che incentiverebbero l’impresa a

rafforzare la propria base patrimoniale.

Tanto nella provincia di Udine quanto nella regione Carinziana, la propensione delle

imprese alla ricapitalizzazione, su una scala da 1 a 7 (quesito L3 del questionario) si colloca

su valori mediani piuttosto bassi, sebbene con delle differenze tra le imprese nelle due aree

di programma (Grafico 20). Le imprese Carinziane, infatti, sia nei valori mediani sia nella

configurazione del range compreso tra primo e terzo quartile, mostrano una maggiore

propensione a processi di ricapitalizzazione.

02

46

8

Udine Kartner

Udine Kartner

Mediana 5 2

Dev.St. 1.9 2.2

Media 4.6 3.0

P5 1 1

P95 7 7

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Graf. 20 – Propensione al reinvestimento di Utili o aumenti di capitale.

Ancora maggiormente esplicativa è l’analisi delle ragioni che indurrebbero le imprese

nelle aree di programma ad intraprendere processi di ricapitalizzazione (Grafico 21).

In sintesi, l’analisi motivazionale può essere sintetizzata nei seguenti punti dai quali

emergono alcuni punti di contatto ma pure talune differenze tra le imprese localizzate nelle

due aree considerate:

In entrami i cluster analizzati i principali fattori potenzialmente atti ad incentivare

la ricapitalizzazione d’impresa sono connessi a motivazioni di carattere fiscale ed

alla disponibilità di interventi a favore delle PMI. La motivazione fiscale, peraltro,

assume un peso sostanzialmente preponderante per le piccole e medie imprese

carinziane;

Un secondo fattore di incentivo particolarmente rilevante nelle due aree di

programma è, poi, connesso ai rapporti col sistema bancario. Nella fattispecie, le

imprese intervistate appaiono manifestare esigenze non trascurabili connesse al

miglioramento del rating ed all’abbattimento del costo del debito.

Graf. 21 – Fattori che incentiverebbero un maggior ricorso al capitale proprio

Il finanziamento di progetti di internazionalizzazione, di converso, non costituisce un

fattore rilevante quale incentivo alla ricapitalizzazione né per le imprese di Udine né per le

omologhe Carinziane. Tuttavia, le prime sarebbero maggiormente disposte ad incrementare

il capitale sociale per finanziare progetti di sviluppo.

La disponibilità a ricapitalizzare è, pertanto, per lo più legata alla presenza di programmi

(soprattutto pubblici) a sostegno delle PMI ed a fondi pubblici appositamente stanziati,

riflettendo probabilmente una certa diffidenza (ovvero una scarsa conoscenza) verso gli

strumenti di mercato. Più in generale, tali dinamiche sottendono una certa difficoltà delle

piccole e medie imprese a diversificare le proprie fonti di finanziamento, essenzialmente

02

46

8

Udine Carinzia

18%

12%

18%13%

14%

7%

18%

Udine Legislazione fiscale

Miglior rating

Minor costo delcredito

Fondi pubblici

Progeti di sviluppo

Progetti diInternazionalizzazione

Inerventi a favoredelle PMI

29%

10%

16%15%

5%4%

21%

CarinziaLegislazione fiscale

Miglior rating

Minor costo delcredito

Fondi pubblici

Progeti di sviluppo

Progetti diInternazionalizzazione

Inerventi a favoredelle PMI

Udine Kartner

Mediana 2 3

Dev.St. 1.7 2.5

Media 2.9 3.5

P5 1 1

P95 6 7

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centrate sul canale creditizio. Il rafforzamento del merito creditizio e la riduzione del costo

del credito quale incentivo alla ricapitalizzazione, in tale prospettiva, rifletterebbero fattori

fondamentali connessi a condizioni di equilibrio finanziario “stressate”. Nel contempo,

sottenderebbero un’esigenza latente di agevolare l’accesso a fonti di finanziamento

alternative.

A quest’ultimo proposito, occorrerebbe chiedersi se a tale esigenza corrisponde

un’analoga consapevolezza da parte della piccola e media impresa. Uno sguardo di

dettaglio sui soggetti che l’impresa vedrebbe come utile supporto in relazione a processi di

ricapitalizzazione (Grafico 22) può fornire qualche in merito.

Graf. 22 – Quali partner a supporto dei processi di ricapitalizzazione?

I risultati evidenziano, per entrambi i cluster territoriali, un legame della PMI con gli

interlocutori tipici. Sebbene con alcune differenze significative, le piccole e medie imprese

vedono quale utile supporto ai fini di un processo di ricapitalizzazione soggetti quali

banche, consulenti, consorzi di garanzia fidi ovvero il settore pubblico.

Quasi il 40% delle imprese intervistate vedrebbe il settore pubblico in senso lato

(ovvero, comprensivo della generica categoria degli interventi a favore delle PMI) quale

canale privilegiato di supporto a processi di ricapitalizzazione.

La differenza sostanziale tra le due aree prese in esame è legata al coinvolgimento dei

consulenti e dei consorzi di garanzia fidi. I primi sono visti come interlocutore privilegiato

dalla maggioranza relativa delle imprese Carinziane laddove nella provincia di Udine

risulterebbero il partner preferito da una frazione sostanzialmente inferiore. Viceversa, le

imprese udinesi riconoscono un ruolo fattivo e rilevante ai Confidi.

Nella fattispecie, il 19% delle imprese intervistate vedrebbe i Confidi quale utile

supporto ai fini di un maggior ricorso al capitale proprio. Il dato in questione appare

interessante poiché sottenderebbe un’evoluzione nella concezione del rapporto con i

Confidi, visti come soggetto atto a soddisfare una domanda di servizi che va oltre la

tradizionale garanzia sui finanziamenti concessi dalle banche alle PMI. Ciò, ovviamente,

presupporrebbe una riqualificazione delle logiche operative dei Confidi volte

all’arricchimento dell’offerta ed improntate ad un nuovo modo di relazionarsi con

l’impresa ed i suoi interlocutori tipici. In specie, la menzione dei Confidi quale utile

supporto a processi di ricapitalizzazione sottenderebbe una domanda che va oltre il mero

servizio consulenziale. In effetti, un coinvolgimento dei consorzi nei processi di

rafforzamento della struttura patrimoniale d’impresa implicherebbe servizi a maggiore

valore aggiunto, principalmente finalizzati a superare i fenomeni di asimmetria

informativa.

Solamente una frazione marginale di imprese ricorrerebbe a soluzioni di mercato ovvero

a soggetti specializzati (fondi di venture capital o private equity) nell’investimento nel

capitale delle imprese. Il ricorso a partner di equity ovvero l’accesso al mercato dei capitali

14%7%4%

19%

11%17%

28%

Udine Banche

Private equity_VentureCapitalMercato

Confidi

Settore pubblico

Consulente_CommercialistaInterventi a favore dellePMI

11%7%

5%0%

21%41%

15%

Carinzia Banche

Private equity_VentureCapitalMercato

Confidi

Settore pubblico

Consulente_CommercialistaInterventi a favore dellePMI

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sono, peraltro, connessi a progetti di crescita aziendale. La scarsa propensione delle PMI

intervistate a coinvolgere partner di equity rifletterebbe le ragioni sostanzialmente

contingenti che incentiverebbero il rafforzamento della struttura patrimoniale tramite

ritenzione di utili o aumenti di capitale.

Le dinamiche finanziarie

Il campione di imprese considerato è analizzato puntualmente sotto il profilo

dell’efficienza gestionale, della coerenza tra fonti e impieghi, della struttura del capitale e

dell’economicità, effettuandone di pari passo un confronto con i dati della provincia. A

compedio si effettua un’analisi degli indici più rappresentativi del merito creditizio delle

imprese in modo tale da focalizzarsi maggiormente sul rapporto banca – impresa.

Come già rilevato nel capitolo precedente, il rapporto tra il fatturato e il totale delle

attività rappresenta un buon indicatore ai fini della valutazione dell’efficienza gestionale,

in quanto esprime il numero di volte in cui il capitale investito si rinnova per effetto dei

ricavi di vendita. Dal punto di vista quantitativo, un aumento di tale indicatore mette in luce

una migliore capacità di recuperare il capitale investito attraverso le vendite.

Per quanto riguarda le imprese del campione si osserva che, dopo un sostanziale calo

nell’esercizio 2009 (-18%), nel corso degli ultimi quattro anni i valori dell’indice hanno

registrato un progressivo aumento (+34%). Tuttavia, nonostante si rilevino in media dei

valori abbastanza buoni, è necessario considerare che il numero di imprese non in grado di

trasformare i capitali investiti in fatturato nel corso di un esercizio è aumentato del 10%,

passando dal 27% nel 2007 al 37% nel corso dell’ultimo anno di osservazione.

Tab 8 - Statistiche descrittive dei valori di Turnover delle imprese del campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 1,27 1,29 1,05 1,14 1,26 1,61

Mediana 1,09 1,05 0,99 1,04 1,00 1,09

Deviazione standard 1,78 1,35 0,59 0,81 1,79 1,79

Fonte: rielaborazione degli autori

In termini di confronto con le imprese della Provincia di Udine, si evidenzia che le

imprese appartenenti al campione di riferimento mostrano dei valori leggermente superiori

rispetto a quelli osservati a livello aggregato. Anche in questo caso, il numero di imprese

che non sono in grado di trasformare i capitali investiti in fatturano nel corso di un esercizio

è aumentato in misura sensibile nel corso del tempo.

Tab. 9 - Statistiche descrittive dei valori di Turnover delle imprese del campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 1,18 1,15 1,09 1,11 1,15 1,18

Mediana 1,04 0,98 0,91 0,92 0,94 1,03

Deviazione standard 1,19 1,15 1,20 1,08 1,20 1,19

Fonte: rielaborazione degli autori

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L’indice di turnover ha un importante significato anche in sede di valutazione del rischio

d’insolvenza dell’impresa in quanto più i capitali ruotano più l’impresa sarà in grado

recuperare gli investimenti effettuati e rimborsare i finanziamenti a supporto degli stessi

(Altman, 1981). Per tale motivo, nonostante si apprezzi un incremento progressivo

dell’indice di turnover, il numero di imprese soggette ad un maggior rischio di default è

aumentato nel corso del periodo di analisi.

Più precisamente, la percentuale d’imprese con un turnover inferiore all’unità a livello

aggregato provinciale è passata dal 35% del 2007 al 56% del 2012.

Affinché gli investimenti siano finanziati attraverso le idonee fonti di copertura è

necessario che le politiche di finanziamento siano correlate ai piani di investimento. Più

concretamente è necessaria una simmetrica relazione tra gli investimenti durevoli e le fonti

di finanziamento stabili.

Se le immobilizzazioni di un’impresa non sono correttamente coperte da fonti di

finanziamento durevoli vi saranno debiti a breve non fronteggiati dall’attivo circolante,

comportando una maggiore onerosità del debito in seguito ad una minor rotazione degli

affidamenti bancari e la difficoltà nel garantire il pagamento dei debiti a scadenza

(Muscettola, 2010).

Per quanto riguarda il nostro campione, le imprese oggetto di analisi possiedono in

media un buon margine di investimento strutturale. Tuttavia, nonostante si osservino dei

valori medi abbastanza buoni, occorre rilevare che il numero di aziende che non rispettano

una corretta relazione tra fonti e impieghi è aumentato nel corso del periodo di riferimento.

Tab. 10 - Statistiche descrittive del coefficiente di copertura del capitale fisso delle imprese del campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 3,52 6,45 5,27 3,28 3,78 3,97

Mediana 1,38 1,37 1,36 1,22 1,23 1,33

Deviazione standard 7,83 31,52 29,79 6,05 7,96 8,37

Fonte: rielaborazione degli autori

I valori mediani osservati a livello provinciale sono leggermente superiori all’unità e,

inferiori di qualche decimale rispetto a quelli rilevati all’interno del nostro campione di

riferimento.

Tab. 11 - Statistiche descrittive del coefficiente di copertura del capitale fisso delle imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 1,83 1,76 1,79 1,77 1,82 1,81

Mediana 1,11 1,11 1,10 1,09 1,09 1,06

Deviazione standard 2,09 1,98 1,98 2,01 2,17 2,60

Fonte: rielaborazione degli autori

Il coefficiente di copertura delle immobilizzazioni non indica esclusivamente la

probabilità di incorrere in problemi di solvibilità nel breve termine, ma anche quanto

margine di investimento ha l’impresa e di conseguenza anche le potenzialità di crescita e

sviluppo. I capitali permanenti non impegnati per la copertura dei fabbisogni durevoli

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rappresentano di fatto il capitale libero di essere utilizzato per futuri investimenti fissi. I

valori mediani e la progressiva diminuzione dell’indice nel corso del tempo ci suggeriscono

che le potenzialità di crescita e sviluppo delle imprese del campione e della Provincia non

sono elevate.

La ragione per cui si registrano valori non molto elevati dell’indice in questione deriva

anche dall’attitudine delle PMI italiane a privilegiare le fonti di finanziamento bancario a

breve termine; tale preferenza spesso comporta una mancata simmetria tra la durata delle

fonti di finanziamento e quella degli investimenti (Birindelli e Modina, 2010).

Come già rilevato in precedenza, la mancata correlazione tra gli investimenti durevoli e

le passività consolidate potrebbe portare a dei problemi di liquidità nel breve periodo; la

mancata coerenza degli impegni finanziari a breve termine con gli incassi, infatti, determina

uno stadio di illiquidità che potrebbe diventare insolvenza nel caso in cui l’impresa non

riesca a recuperare le sufficienti risorse per fronteggiare i debiti.

L’indice utilizzato per apprezzare la solvibilità di breve termine è l’indice di liquidità

corrente, espresso dal rapporto tra l’attivo circolante e i debiti a breve; il coefficiente in

questione esprime quanta porzione di debiti a breve è possibile pagare attraverso tutto ciò

che si può monetizzare nel breve periodo (Facchinetti, 2002). Dal punto di vista numerico

è necessario che l’indice sia maggiore dell’unità, in questo modo l’impresa non avrà

l’esigenza di smobilizzare i fattori produttivi pluriennali per fronteggiare i debiti.

I valori della media e della mediana dell’indice di liquidità del campione esaminato

assumono dei valori superiori all’unità in tendenziale aumento lungo l’arco temporale di

riferimento. La percentuale di imprese con un deficit di liquidità rimane stabile lungo il

periodo di osservazione; nello specifico il 15% delle imprese appartenenti principalmente

al settore manifatturiero e a quello edile rilevano una carenza di liquidità.

Tab. 12 - Statistiche descrittive del Coefficiente di liquidità del campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 1,45 1,56 1,52 1,56 1,64 1,76

Mediana 1,22 1,23 1,27 1,36 1,29 1,34

Deviazione standard 0,74 1,01 0,98 0,95 1,21 1,21

I valori mediani osservati a livello provinciale sono simili a quelli relativi al campione

di riferimento, anche in questo caso l’andamento temporale indica un tendenziale aumento

nel corso del periodo di analisi.

Tab. 13 - Statistiche descrittive del Coefficiente di liquidità delle imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 1,69 1,71 1,76 1,75 1,79 1,89

Mediana 1,21 1,25 1,25 1,24 1,26 1,27

Deviazione standard 1,84 1,72 1,77 1,74 1,86 2,07

Fonte: rielaborazione degli autori

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In precedenza si è evidenziata la necessità che questo indice assuma dei valori maggiori

all’unità, tuttavia, nonostante la positività dal punto di vista della solvibilità, valori

eccessivamente elevati per questo indice potrebbero indicare incapacità dell’impresa ad

ottenere dalla propria gestione un ammontare sufficiente di liquidità in seguito

all’allungamento dei tempi di incasso dei crediti o dei tempi di vendita delle scorte.

Sia a livello provinciale, sia per quanto riguarda il campione d’imprese in esame, si

osserva che un numero crescente di aziende presenta una liquidità eccessiva. In accordo

con i dati forniti da Banca d’Italia (2011, 2012, 2013) possiamo affermare che tale tendenza

è in parte dovuta ad una minore attitudine ad effettuare investimenti durevoli nella gestione

caratteristica.

L’analisi del quoziente di indebitamento è utile ad approfondire la composizione della

struttura finanziaria delle imprese e l’inclinazione di queste ultime a ricorrere alle fonti di

finanziamento di terzi. E’ possibile misurare il livello di indebitamento componendo

diversi quozienti di indebitamento.

Il primo indice analizzato è quello di capitalizzazione, il quale esprime l’autonomia di

un’impresa dalle fonti di finanziamento esterne e calcolato mediante l’incidenza del

capitale proprio sul totale delle fonti di finanziamento. L’indicatore evidenzia le fragilità

dell’impresa in termini di capitalizzazione rispetto alle fonti di finanziamento reperite dai

terzi, pertanto più il capitale proprio è basso rispetto al totale del passivo più

l’indebitamento e il rischio finanziario connesso aumentano.

I valori mediani del coefficiente di patrimonializzazione del campione di riferimento

indicano che nel 2007 l’attivo delle imprese è finanziato per il 17% da mezzi propri,

incidenza che è rimasta piuttosto stabile nel tempo con un leggero miglioramento nel corso

dell’ultimo esercizio.

Tab. 14 - Statistiche descrittive del Coefficiente di patrimonializzazione delle imprese del campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 21% 24,67% 23,67% 25,02% 26,1% 27,05%

Mediana 16,67% 19,15% 17,14% 16,15% 16,69% 19,69%

Deviazione standard 19,14% 21,50% 21,95% 21,99% 22,80% 23,20%

Fonte: rielaborazione degli autori

Le imprese della Provincia, nel confronto con quelle del campione di riferimento

mostrano un coefficiente di patrimonializzazione leggermente superiore. In questo caso,

l’andamento nel corso del periodo di analisi è stabile.

Tab. 15 - Statistiche descrittive del Coefficiente di patrimonializzazione delle imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 26% 27,22% 27,45% 26,39% 23,84% 22,56%

Mediana 18,76% 20,54% 21,37% 19,84% 18,73% 18,49%

Deviazione standard 27,34% 28,67% 28,32% 29,51% 28,79% 30,03%

Fonte: rielaborazione degli autori

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Il ruolo dell’indebitamento finanziario è diverso rispetto all’indebitamento

rappresentato dai debiti verso fornitori, dai debiti verso erario e da tutti gli altri debiti

espressivi di ritardati pagamenti. Per tale motivo è necessario utilizzare a sistema un altro

indicatore atto a misurare il solo rapporto tra passività finanziarie e capitale proprio

(rapporto debito – equity) il quale esprime più direttamente la politica di ricorso al capitale

proprio e al capitale di prestito. Ovviamente, un’impresa con eccessivi debiti finanziari

manifesta un forte rischio finanziario e una probabilità di insolvenza più elevata, pertanto

è auspicabile che il coefficiente in questione si mantenga su valori contenuti. Per quanto

riguarda le aziende del campione, si evidenzia che il valore medio del rapporto debito-

equity si attesta su valori piuttosto elevati, nello specifico i debiti delle imprese sono in

media tre volte superiori al capitale proprio. La quota di imprese con un coefficiente di

indebitamento addirittura maggiore a quattro volte il patrimonio netto è di circa il 10%; tali

società appartenenti prevalentemente al settore edile e a quello manifatturiero evidenziano

pertanto un rischio finanziario eccessivamente elevato.

Tab. 16 - Statistiche descrittive del rapporto debito-equity del campione di riferimento

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 2,77 3,06 2,46 4,34 2,58 3,06

Mediana 1,14 1,13 0,73 1,06 1,03 1,14

Deviazione standard 4,50 6,46 5,57 7,65 7,53 9,76

Fonte: rielaborazione degli autori

Con riferimento alle imprese della Provincia, i valori mediani indicano un coefficiente

di leverage leggermente superiore rispetto a quello del campione di riferimento. Per quanto

riguarda l’andamento temporale, occorre rilevare che a livello aggregato provinciale il

rapporto è leggermente aumentato lungo il periodo di osservazione, mentre, i risultati del

campione dimostrano un andamento abbastanza stabile nel tempo.

Tab. 17 - Statistiche descrittive del rapporto debito-equity delle imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 3,10 3,81 3,78 4,22 3,81 4,54

Mediana 1,32 1,47 1,56 1,53 1,59 1,71

Deviazione standard 3,15 2,60 3,07 3,35 3,69 2,77

Fonte: rielaborazione degli autori

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Come già affermato nel paragrafo precedente, le politiche di finanziamento delle

imprese del campione e della Provincia di Udine rispecchiano quelle delle PMI italiane.

Nello specifico, la limitata presenza di una pluralità di fonti di finanziamento e l’opacità

informativa conseguente alla struttura di governo familiare, spingono le imprese a non

rivolgersi al mercato dei capitali e a focalizzarsi sul debito bancario, soprattutto quello a

breve termine, attraverso l’apertura di linee di credito a revoca o autoliquidanti

periodicamente rinnovante (Birindelli e Modina, 2010). Tale attitudine rende le PMI

italiane maggiormente vulnerabili nelle fasi negative del ciclo economico o nel caso di uno

shock che colpisca il sistema bancario.

L’analisi della redditività ha lo scopo di approfondire l’attitudine dell’impresa a

generare dei guadagni sufficienti a remunerare il capitale impiegato nelle attività. A tal fine

prenderemo in considerazione un indicatore di sintesi della capacità reddituale complessiva

di un’impresa con riferimento ai capitali investiti nella gestione caratteristica, accessoria e

finanziaria (il ROA).

I risultati emersi dall’analisi del campione indicano che in media, le imprese sono

caratterizzate da una redditività degli attivi non elevata. Per quanto riguarda l’andamento

dell’indicatore nel tempo si rileva che, a seguito della fase più acuta della crisi finanziaria

(2007-2009) i valori del ROA registrano una caduta del 56%, mentre nel biennio seguente

presentano un incremento del 26%, per poi subire un successivo sensibile calo nel corso

dell’ultimo esercizio di analisi (-32%).

Tab. 18 - Statistiche descrittive del ROA del campione di riferimento

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 11,03% 6,74% 4,90% 5,49% 6,41% 4,35%

Mediana 6,88% 5,02% 3,48% 3,48% 3,72% 3,20%

Deviazione standard 18,43% 19,30% 20,44% 22,13% 16,49% 11,37%

Fonte: rielaborazione degli autori

Nel complesso l’effetto della crisi finanziaria è reso ancor più evidente se si confronta

il dato pre-crisi (2007) con quello riguardante l’ultimo anno di osservazione (2012); nello

specifico, la redditività appare più che dimezzata. Il deterioramento reddituale è colto anche

dal numero di imprese in perdita, il quale raddoppia nel corso dell’arco temporale di

riferimento.

I valori riscontrati a livello provinciale sono simili a quelli osservati all’interno del

campione di riferimento, anche in questo caso la redditività complessiva denota una visibile

tendenza al ribasso (-59%).

Tab. 19 - Statistiche descrittive del ROA delle imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 5,80% 5,21% 3,03% 3,32% 2,58% 2,37%

Mediana 4,90% 4,37% 4,05% 4,42% 4,78% 2,20%

Deviazione standard 10,97% 14,74% 13,26% 12,34% 10,30% 13,32%

Fonte: rielaborazione degli autori

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Come già affermato nel capitolo precedente, in termini quantitativi il ROA è dato dal

rapporto tra il reddito operativo e il totale delle attività. Il numeratore dell’indicatore

economico non considera il costo del debito, il quale influenza, attraverso l’effetto leva

finanziaria, la redditività del capitale proprio. L’onerosità media dell’indebitamento può

essere calcolata attraverso il rapporto tra gli oneri finanziari e i debiti finanziari medi.

Per quanto riguarda il campione di riferimento, come evidenziato dalla seguente tabella,

si rileva una diminuzione progressiva del costo medio dei finanziamenti ascrivibile

principalmente al calo dei tassi base applicati ai finanziamenti.

Tab. 20- Statistiche descrittive del costo del denaro preso a prestito del campione di riferimento

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 7,25% 7,50% 6,20% 5,27% 5,79% 6,37%

Mediana 6,41% 6,83% 5,31% 4,33% 4,91% 5,43%

Deviazione standard 4,05% 3,70% 3,74% 3,94% 3,93% 4,05%

Fonte: rielaborazione degli autori

Ovviamente, anche a livello provinciale si osserva lo stesso andamento temporale. Il

rincaro del costo medio del denaro preso a prestito registrato nel corso del 2011 e del 2012

è spiegato non solo dal deterioramento generale del merito creditizio dei piccoli e medi

operatori economici ma anche dall’aumento dello spread; il quale ha influenzato al rialzo

il costo della raccolta delle banche Italiane.

Tab. 21 - Statistiche descrittive del costo del denaro preso a prestito delle imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 6,92% 6,97% 5,67% 5,77% 5,24% 6,67%

Mediana 6,24% 6,32% 4,81% 3,62% 5,08% 5,20%

Deviazione standard 4,56% 6,43% 5,40% 11,14% 3,60% 9,73%

Fonte: rielaborazione degli autori

Nonostante il calo generalizzato, il costo del denaro preso a prestito dalle imprese della

Provincia e del campione di riferimento è piuttosto alto; gli elevati valori sono da attribuirsi

principalmente all’eccessivo ricorso ai prestiti bancari a breve termine, notoriamente più

onerosi rispetto a quelli a lungo termine.

Il considerevole calo del ROA unito all’eccessivo rapporto di leva finanziaria delle

imprese analizzate ha senza dubbio intaccato l’equilibrio economico delle stesse. Il grado

di equilibrio può essere evidenziato confrontando il ROA con il rapporto fra gli oneri

finanziari e il totale dei debiti, ovviamente la condizione di equilibrio sarà rispettata quando

l’indicatore di redditività è maggiore dell’incidenza degli oneri finanziari sul totale dei

debiti1. Per quanto riguarda le imprese del campione, dalle analisi emerge che la

1 Il confronto è stato operato utilizzato l’incidenza degli oneri finanziari sui debiti totali anziché sui debiti

finanziari totali. Questo per coerenza con il ROA che è quantificato utilizzando l’attivo in luogo del capitale

investito netto operativo.

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percentuale di aziende che non soddisfano la condizione è raddoppiata nel corso del periodo

di analisi, passando dal 18% nel 2007 al 35% nel 2012.

La valutazione del merito creditizio svolta dagli intermediari finanziari passa attraverso

l’analisi di una serie di variabili giudicate predittive del default (Muscettola e Pietrovito,

2012). Come già evidenziato nel capitolo precedente, gli indicatori più significativi sono

quelli che mettono in luce il peso dell’indebitamento finanziario sulla gestione economica

dell’impresa, la redditività complessiva e la composizione della struttura finanziaria.

Il primo di questi indicatori è rappresentato dal rapporto tra gli oneri finanziari e il

fatturato, il quale esprime quanta porzione dei ricavi è erosa dal costo dell’indebitamento.

Dalle analisi del campione di riferimento si evince che in media circa il 4% del fatturato

viene consumato dal costo dagli oneri finanziari.

Tab. 22 - Statistiche descrittive del rapporto tra gli oneri finanziari e il fatturato del campione di riferimento

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 3,87% 4,41% 4,27% 4,47% 4,26% 3,42%

Mediana 2,34% 2,49% 2,54% 2,81% 2,57% 2,38%

Deviazione standard 3,99% 4,51% 4,75% 4,74% 4,86% 3,48%

Fonte: rielaborazione degli autori

Dai valori mediani rilevati a livello aggregato provinciale, emerge che gli oneri

finanziari erodono una quota minore dei ricavi rispetto a quanto osservato dall’analisi del

campione di riferimento.

Tab. 23 - Statistiche descrittive del rapporto oneri finanziari e il fatturato delle imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 4,65% 4,90% 4,06% 3,38% 3,77% 4,22%

Mediana 1,27% 1,31% 1,12% 0,92% 1,02% 1,15%

Deviazione standard 10,8% 11,5% 9,71% 8,07% 8,91% 9,81%

Fonte: rielaborazione degli autori

Le imprese caratterizzate da un rapporto elevato tra oneri finanziari e fatturato devono

necessariamente conseguire un elevato valore aggiunto per far fronte all’elevata onerosità

della struttura finanziaria. In altre parole, diventa fondamentale conseguire un elevato

rapporto tra margine operativo lordo (MOL) e fatturato, in modo tale da fronteggiare

scenari negativi che potrebbero portare all’insolvenza. Dall’osservazione del quoziente

reddituale in questione emerge che le imprese del campione possiedono una buona

marginalità che si mantiene positiva lungo tutto il periodo di analisi. Per quanto riguarda

l’evoluzione temporale, si evidenzia che i valori del rapporto si riducono nel corso del

periodo di osservazione. Come nel caso del ROA, il deterioramento reddituale è colto anche

dal numero di imprese che registrano dei margini negativi, il quale raddoppia nel corso del

tempo.

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Tab. 24- Statistiche descrittive del rapporto tra il margine operativo lordo e il fatturato del campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 10,5% 9,50% 8,72% 8,47% 9,05% 8,24%

Mediana 9,40% 8,15% 7,87% 6,64% 7,20% 7,45%

Deviazione standard 8,17% 8,16% 9,05% 9,05% 9,65% 9,40%

Fonte: rielaborazione degli autori

Dal confronto con i risultati aggregati a livello provinciale, i dati mediani dimostrano

che le imprese del campione possiedono una marginalità maggiore rispetto all’universo

delle imprese della Provincia.

Tab. 25 - Statistiche descrittive del rapporto tra il margine operativo lordo e il fatturato delle imprese della

Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 7,89% 7,50% 6,20% 6,21% 6,38% 4,04%

Mediana 5,20% 4,76% 3,90% 3,73% 3,74% 3,30%

Deviazione standard 7,93% 7,82% 7,32% 7,19% 7,80% 8,09%

Fonte: rielaborazione degli autori

L’effetto provocato della crisi finanziaria sui margini conseguiti dalle imprese è più

visibile a livello provinciale, nello specifico il calo dell’indicatore di marginalità è molto

più accentuato a livello aggregato.

All’interno del precedente capitolo abbiamo messo in luce che le politiche di

ammortamento potrebbero essere pilotate dalle azioni di earnings management, in tal senso

gli istituti di credito allo scopo di ottenere un parametro di redditività netta scevro dalle

manipolazioni contabili e più assimilabile ad un flusso di cassa sono soliti considerare il

rapporto tra l’utile al lordo degli ammortamenti e il totale delle attività. Ovviamente, valori

elevati e stabili del rapporto indicheranno la presenza di una maggiore redditività e stabilità.

Anche questo indicatore vede un progressivo deterioramento della redditività nel tempo,

apprezzabile sia per le imprese del campione che per quelle della Provincia. Rispetto a

quanto osservato in precedenza dall’analisi del ROA, l’indicatore economico depurato

dall’effetto degli ammortamenti presenta una minore volatilità nel tempo.

Tabella 26. Statistiche descrittive del rapporto tra l’utile al lordo degli ammortamenti e l’attivo totale delle

imprese del campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 7,14% 6,58% 5,45% 5,79% 6,01% 5,39%

Mediana 5,07% 4,73% 4,31% 4,31% 3,91% 3,59%

Deviazione standard 7,84% 7,33% 8,62% 8,67% 8,65% 7,89%

Fonte: rielaborazione degli autori

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Tab. 27 - Statistiche descrittive del rapporto tra l’utile al lordo degli ammortamenti e l’attivo totale delle

imprese della Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 4,85% 4,21% 3,65% 3,57% 2,25% 1,43%

Mediana 3,85% 3,45% 3,04% 3,05% 3,02% 2,65%

Deviazione standard 7,26% 7,61% 8,58% 7,86% 8,64% 8,70%

Fonte: rielaborazione degli autori

Sul fronte degli aspetti finanziari assume un peso rilevante l’indicatore atto a misurare

l’incidenza delle fonti di finanziamento a medio lungo termine. Valori elevati di

quest’ultimo indicatore, ottenuto dal rapporto tra i capitali permanenti e il totale delle

passività, evidenziano una minore attitudine dell’impresa a finanziarsi a breve e di

conseguenza una maggiore probabilità che quest’ultima si finanzi correttamente.

Come già illustrato in precedenza, l’attitudine delle PMI italiane e della zona è quella

di privilegiare le fonti di finanziamento a breve termine; pertanto, come previsto, i valori

dell’indicatore in questione sono piuttosto contenuti. L’evoluzione temporale dell’indice

dimostra che le imprese del campione di riferimento, nel corso degli ultimi anni, hanno

fatto maggiormente ricorso alle fonti di finanziamento stabili.

Tab. 28 - Statistiche descrittive dell’incidenza delle fonti di finanziamento a lungo termine delle imprese del

campione

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 33,44% 36,14% 35,60% 37,52% 37,49% 39,37%

Mediana 30,77% 31,75% 34,62% 36,50% 36,48% 37,57%

Deviazione standard 20,07% 21,70% 21,62% 21,74% 21,19% 22,01%

Fonte: rielaborazione degli autori

I valori dell’incidenza delle fonti di finanziamento a medio lungo termine osservati sono

superiori a livello aggregato provinciale rispetto al campione: più precisamente i valori

mediani sono superiori nel primo biennio per poi riportarsi su valori simili nel corso degli

ultimi esercizi.

L’aumento dell’indicatore nel tempo ci suggerisce che le imprese del campione e della

Provincia hanno diminuito il ricorso al debito bancario a breve termine e di conseguenza è

aumentata anche la probabilità che le imprese analizzate si finanzino correttamente.

Tab. 29 - Statistiche descrittive dell’incidenza delle fonti di finanziamento a lungo termine delle imprese della

Provincia

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Media 35,16% 38,03% 40,60% 41,32% 42,43% 39,89%

Mediana 37,49% 37,35% 38,79% 38,90% 40,00% 36,40%

Deviazione standard 22,30% 23,59% 24,26% 23,56% 23,45% 24,04%

Fonte: rielaborazione degli autori

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I settori

Dal punto di vista di un analista che deve sviluppare un processo di valutazione, la

definizione e l’analisi del settore di appartenenza costituiscono un importante tassello per

lo studio degli equilibri economico-finanziari, del fabbisogno finanziario e del merito

creditizio di un’impresa (Caselli e Gatti, 2006).

L’analisi settoriale si compone di due fasi principali. La prima, propedeutica rispetto

alla seconda, riguarda la definizione e la fissazione dei confini di settore in cui opera

un’impresa. Nel nostro caso specifico, le imprese sono state suddivise in quattro macro-

settori in base al proprio codice ateco.

La seconda fase riguarda l’analisi di un insieme di quozienti di bilancio al fine di

comprendere l’andamento di un determinato settore nel corso del periodo di indagine. Nello

specifico, di seguito analizzeremo alcuni indicatori di redditività e di composizione della

struttura finanziaria delle imprese oggetto di analisi. La scelta degli indicatori è stata

operata per considerare gli aspetti che più si differenziano tra i settori considerati.

Nei dati aggregati (Tabella 30) ciascun settore chiude con una redditività positiva: il

ROA aggregato si mantiene costantemente positivo in tutti gli anni considerati. Nel corso

degli ultimi sei anni, tuttavia, la redditività delle imprese subisce un netto peggioramento,

con il solo settore del commercio in controtendenza (dal 3,52% nel 2007 al 4,3% nel 2012).

Infatti, nella restante parte dei settori l’indice diminuisce di oltre il 60%.

Sempre nella tabella 30, il ROA viene messo in relazione con la redditività delle vendite

(ROS) e il tasso di rotazione delle stesse (Turnover): il prodotto dei due indicatori

economici corrisponde al ROA. Entrambi gli indicatori mostrano un peggioramento nel

corso del periodo di analisi, anche se è la redditività delle vendite a deteriorarsi

maggiormente nel corso del tempo. Il declino della marginalità è spiegato in parte dal calo

dei prezzi dei beni venduti attuato dalle imprese per fronteggiare la riduzione in termini

reali del fatturato causato dal mutato contesto economico.

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Tab. 30 - Valori mediani dei principali indici di redditività suddivisi per settore di attività.

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Manifatturiero

ROA 6,79% 4,90% 2,87% 2,57% 2,92% 2,34%

ROS 8,35% 6,54% 3,23% 3,44% 3,01% 3,25%

Turnover 1,09 0,97 0,9 1,00 0,93 0,97

Costo del debito 6,30% 6,37% 4,02% 3,43% 3,88% 4,35%

Costo materiali venduti % 48,68% 45,88% 38,97% 42,60% 43,82% 44,19%

Costruzioni

ROA 5,72% 6,06% 4,345% 4,22% 5,01% 3,36%

ROS 7,88% 5,78% 6,49% 6,39% 5,13% 5,69%

Turnover 0,9 1,08 1,01 1,07 0,99 0,93

Costo del debito 6,28% 7,10% 6,26% 3,83% 5,10% 5,42%

Costo materiali venduti % 40,92% 38,52% 37,44% 39,06% 40,37% 39,58%

Commercio

ROA 3,52% 1,42% 3,72% 3,17% 4,52% 4,30%

ROS 1,72% -2,46% 2,52% 0,80% 2,20% 0,58%

Turnover 1,59 1,32 1,01 1,05 0,95 1,27

Costo del debito 5,73% 6,50% 5,08% 2,68% 5,31% 2,79%

Costo materiali venduti % 65,83% 62,52% 60,67% 62,88% 58,74% 60,00%

Servizi

ROA 8,85% 4,12% 3,49% 4,21% 4,26% 3,37%

ROS 6,03% 5,19% 2,73% 3,78% 4,85% 4,13%

Turnover 1,05 1,06 1,15 1,10 1,09 1,20

Costo del debito 5,39% 5,75% 4,6% 5,09% 6,43% 7,22%

Costo materiali venduti % 5,01% 6,92% 6,12% 6,60% 6,46% 6,40%

Fonte: rielaborazione degli autori

Dal punto di vista reddituale, il settore manifatturiero, seguito da quello dei servizi sono

quelli maggiormente colpiti dalla crisi finanziaria.

Per quanto riguarda il costo del denaro preso a prestito, come evidenziato in precedenza,

si rileva una diminuzione nel corso dei primi quattro esercizi dovuta al calo dei tassi di

interesse nel mercato finanziario; nell’ultimo biennio, invece, si evidenzia un sostanziale

aumento dei tassi in tutti i settori a causa dell’effetto spread. I valori in tabella, ci

suggeriscono che il settore manifatturiero ha beneficiato in misura maggiore del calo dei

tassi di interesse lungo l’orizzonte temporale di analisi.

Il costo dei materiali venduti % è il rapporto tra il costo delle materie vendute e il

fatturato. Se confrontato su più esercizi può presentare dei mutamenti in seguito ai

cambiamenti dei prezzi di vendita e di acquisto, alle manovre di sopravvalutazione o

sottovalutazione del magazzino e, infine, alla maggiore o minore efficienza del processo

produttivo (Beltrame e Cappelletto, 2013). A livello aggregato il costo del materiale

venduto ha subito un progressivo calo nel tempo in tutti i settori di riferimento; tale

tendenza è probabilmente dovuta al calo del costo delle materie prime di produzione a

seguito alla crisi finanziaria. Al contrario, il settore delle costruzioni, non evidenzia la

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stessa tendenza, probabilmente in seguito al calo dei prezzi nel settore immobiliare rispetto

al costo dei materiali necessario per i cantieri.

I dati aggregati indicano che il settore meno patrimonializzato è quello del commercio,

in quanto caratterizzato da un minor fabbisogno di capitali fissi e quindi da un minor ricorso

al capitale proprio; dal lato opposto il settore dei servizi risulta quello più patrimonializzato.

Nel corso del periodo di analisi, tutti i settori hanno aumentato il grado di

patrimonializzazione con una riduzione del ricorso ai prestiti bancari anche se con intensità

diverse. Il settore che incrementa maggiormente la propria solidità finanziaria è quello del

commercio, il quale presentava inizialmente un tasso di patrimonializzazione più basso. Al

contrario il settore dei servizi registra un andamento in controtendenza rispetto agli altri

mettendo in luce una diminuzione nel grado di patrimonializzazione nel corso degli ultimi

tre esercizi.

Dal lato dell’attivo, sempre in tabella 31, si evidenzia il rapporto fra il capitale fisso e il

totale attivo, più comunemente denominato indice di rigidità dell’attivo. Il quoziente in

questione indica con quanta velocità ed economicità un’impresa può adattarsi a eventuali

problemi congiunturali o rispondere agli impegni finanziari improvvisi. Tutto ciò ha

evidentemente un riflesso importante sulla rischiosità dell’impresa poiché la vendita di

attività immobilizzate, nel caso di un’inderogabile necessità di monetizzare, può provocare

delle perdite consistenti per l’impresa in questione. Pertanto è auspicabile che un’impresa

mantenga un grado di rigidità sufficiente senza appesantire troppo la gestione caratteristica.

Tab. 31 - Valori mediani dei principali indici di struttura suddivisi per settore di attività

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Manifatturiero

Debiti finanziari/Passivo 25,58% 24,13% 25,14% 26,25% 25,94% 24,72%

Capitale proprio/Passivo 15,11% 19,96% 18,15% 16,79% 16,65% 19,28%

Capitale fisso/Attivo 33,82% 33,25% 33,49% 32,00% 30,16% 26,43%

Costruzioni

Debiti finanziari/Passivo 16,58% 14,90% 10,39% 16,54% 15,37% 15,27%

Capitale proprio/Passivo 17,36% 15,74% 15,11% 15,10% 15,52% 22,01%

Capitale fisso/Attivo 15,61% 14,58% 16,12% 14,38% 14,83% 14,31%

Commercio

Debiti finanziari/Passivo 18,84% 21,01% 18,82% 22,57% 16,08% 20,50%

Capitale proprio/Passivo 11,55% 9,47% 13,03% 10,80% 22,85% 24,75%

Capitale fisso/Attivo 15,36% 31,39% 27,46% 24,09% 22,43% 20,09%

Servizi

Debiti finanziari/Passivo 14,47% 11,26% 15,52% 17,38% 21,51% 17,37%

Capitale proprio/Passivo 21,88% 32,62% 24,52% 18,69% 17,73% 19,06%

Capitale fisso/Attivo 24,20% 35,26% 32,91% 26,19% 31,09% 24,30%

Fonte: rielaborazione degli autori

Dall’osservazione dei valori riportati in tabella, possiamo affermare che le imprese

appartenenti al settore manifatturiero non presentano un’elevata rigidità dell’attivo, così

come le imprese del settore delle costruzioni. Al contrario, le imprese del settore del

commercio e di quello dei servizi, in relazione all’attività svolta, dimostrano un attivo di

bilancio piuttosto rigido. Infine, la diminuzione della rigidità dell’attivo del settore

manifatturiero e di quello dei servizi è messo in luce non solo dall’aumento dei crediti

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commerciali, ma anche dal calo degli investimenti effettuati nel periodo di analisi

considerato.

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Risultati finanziari delle imprese Carinziane

Tab. A.1 – Commercio all’ingrosso

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 29,97% 24,27% 34,98%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 211,9% 261,9% 182,3%

Coefficiente di liquidità 204,1% 223,6% 194,0%

Debt Equity 0,38 0,27 0,37

Capitale proprio/Totale passivo 50,04% 52,92% 50,15%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 65,71% 66,15% 66,59%

ROA 18,52% 22,49% 16,60%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 29,82% 29,42% 24,80%

Costo del materiale venduto/Fatturato 62,41% 60,31% 58,65%

ROS 11,97% 13,31% 11,59%

MOL/Fatturato 27,94% 30,44% 29,12%

Oneri finanziari/Totale debiti 2,00% 1,72% 1,83%

Oneri finanziari/Fatturato 0,62% 0,46% 0,61%

Tab. A.2 – Attività manifatturiere

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 38.25% 37.59% 41.11%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 140.0% 163.6% 145.3%

Coefficiente di liquidità 147.9% 182.8% 167.3%

Debt Equity 0.40 0.38 0.37

Capitale proprio/Totale passivo 42.40% 47.56% 47.13%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 58.28% 65.82% 64.63%

ROA 16.54% 18.57% 16.04%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 26.57% 28.42% 26.56%

Costo del materiale venduto/Fatturato 43.14% 40.95% 41.92%

ROS 13.81% 14.33% 12.66%

MOL/Fatturato 31.33% 32.05% 30.98%

Oneri finanziari/Totale debiti 1.70% 1.85% 1.95%

Oneri finanziari/Fatturato 0.77% 0.70% 0.76%

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Tab. A.2 – Settore costruzioni

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 32.05% 28.04% 31.28%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 156.9% 183.5% 180.6%

Coefficiente di liquidità 147.9% 159.1% 173.4%

Debt Equity 0.21 0.26 0.19

Capitale proprio/Totale passivo 44.20% 44.30% 48.86%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 54.10% 54.83% 60.43%

ROA 15.09% 17.08% 17.36%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 22.52% 27.47% 25.53%

Costo del materiale venduto/Fatturato 36.30% 32.48% 34.51%

ROS 12.17% 11.23% 11.42%

MOL/Fatturato 25.02% 24.12% 26.14%

Oneri finanziari/Totale debiti 1.81% 1.45% 1.31%

Oneri finanziari/Fatturato 0.79% 0.51% 0.42%

Tab. A.3 – Trasporto e magazzinaggio

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 71.02% 68.80% 70.57%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 96.68% 98.37% 87.76%

Coefficiente di liquidità 109.3% 128.8% 87.1%

Debt Equity 0.76 0.83 0.60

Capitale proprio/Totale passivo 41.74% 38.63% 45.44%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 73.62% 75.70% 66.28%

ROA 11.48% 15.55% 11.64%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 22.46% 24.79% 23.13%

Costo del materiale venduto/Fatturato 7.46% 7.28% 9.59%

ROS 12.35% 13.18% 11.46%

MOL/Fatturato 52.11% 59.79% 50.56%

Oneri finanziari/Totale debiti 2.31% 2.44% 2.27%

Oneri finanziari/Fatturato 1.38% 1.21% 1.18%

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Tab. A.4 – Servizi di alloggio e ristorazione

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 81.38% 80.04% 82.89%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 90.05% 97.39% 90.52%

Coefficiente di liquidità 81.75% 114.6% 77.1%

Debt Equity 1.51 1.09 4.81

Capitale proprio/Totale passivo 32.00% 38.81% 14.38%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 77.16% 82.56% 78.04%

ROA 10.16% 11.50% 8.63%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 19.52% 23.18% 15.23%

Costo del materiale venduto/Fatturato 17.45% 19.50% 22.01%

ROS 18.13% 18.57% 11.07%

MOL/Fatturato 52.89% 52.48% 47.55%

Oneri finanziari/Totale debiti 2.64% 2.45% 2.77%

Oneri finanziari/Fatturato 3.14% 2.38% 3.02%

Tab. A.5 – Servizi di informazione e comunicazione

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 38.89% 32.40% 31.57%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 156.0% 208.2% 205.1%

Coefficiente di liquidità 182.8% 249.1% 235.7%

Debt Equity 0.14 0.26 0.27

Capitale proprio/Totale passivo 52.98% 52.44% 51.12%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 64.56% 72.82% 71.00%

ROA 28.18% 35.23% 35.18%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 32.93% 28.27% 29.71%

Costo del materiale venduto/Fatturato 11.10% 10.37% 6.79%

ROS 28.48% 27.99% 28.49%

MOL/Fatturato 53.63% 50.89% 52.48%

Oneri finanziari/Totale debiti 1.38% 2.54% 1.58%

Oneri finanziari/Fatturato 0.58% 0.88% 0.59%

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Tab. A.6 – Attività finanziarie e assicurative

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 35.24% 21.29% Nd

Coefficiente copertura capitale fisso 191.00% 214.90% Nd

Coefficiente di liquidità 271.55% 197.44% Nd

Debt Equity 0.39 0.72 Nd

Capitale proprio/Totale passivo 51.94% 34.35% Nd

Fonti a medio lungo/Totale passivo 76.16% 60.14% Nd

ROA 26.36% 40.15% Nd

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 15.30% 14.09% Nd

Costo del materiale venduto/Fatturato -1.05% 2.05% Nd

ROS 45.22% 46.13% Nd

MOL/Fatturato 74.11% 74.96% Nd

Oneri finanziari/Totale debiti 2.32% 2.31% Nd

Oneri finanziari/Fatturato 1.89% 1.72% Nd

Tab. A.7 – Attività professionali, scientifiche e tecniche

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 28.56% 38.64% 44.97%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 132.7% 142.2% 117.9%

Coefficiente di liquidità 153.1% 142.1% 123.2%

Debt Equity 2.49 0.50 0.56

Capitale proprio/Totale passivo 13.78% 43.11% 38.33%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 53.36% 56.80% 55.37%

ROA 35.07% 24.35% 24.49%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 38.76% 19.76% 18.34%

Costo del materiale venduto/Fatturato 10.26% 7.14% 4.03%

ROS 25.81% 41.95% 38.15%

MOL/Fatturato 50.32% 65.18% 60.53%

Oneri finanziari/Totale debiti 2.13% 2.00% 1.59%

Oneri finanziari/Fatturato 1.30% 1.89% 1.46%

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Tab. A.8 – Noleggio e agenzie di viaggio

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 43.10% 42.55% Nd

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 138.0% 144.5% Nd

Coefficiente di liquidità 166.0% 163.3% Nd

Debt Equity 0.61 0.49 Nd

Capitale proprio/Totale passivo 39.58% 44.36% Nd

Fonti a medio lungo/Totale passivo 65.85% 64.94% Nd

ROA 23.20% 21.07% Nd

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 23.04% 34.16% Nd

Costo del materiale venduto/Fatturato 8.07% 9.67% Nd

ROS 20.49% 24.88% Nd

MOL/Fatturato 42.91% 55.68% Nd

Oneri finanziari/Totale debiti 2.24% 1.62% Nd

Oneri finanziari/Fatturato 1.18% 1.04% Nd

Tab. A.9 – Sanità e assistenza sociale

2010 2011 2012

Capitale fisso/Totale attivo 62.61% 52.96% 69.45%

Coefficiente copertura capitale fisso finanziario 93.0% 118.2% 68.7%

Coefficiente di liquidità 101.5% 136.2% 64.0%

Debt Equity 2.06 1.36 2.39

Capitale proprio/Totale passivo 22.69% 31.64% 22.89%

Fonti a medio lungo/Totale passivo 63.34% 65.57% 52.40%

ROA 19.00% 24.49% 15.63%

Utile+Ammortamenti/Totale Attivo 16.79% 18.10% 18.55%

Costo del materiale venduto/Fatturato 7.93% 3.90% 3.98%

ROS 31.12% 25.80% 23.72%

MOL/Fatturato 54.51% 51.61% 50.29%

Oneri finanziari/Totale debiti 2.41% 2.72% 2.88%

Oneri finanziari/Fatturato 3.00% 1.91% 3.34%

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