Rassegna teorico- empirica dei ritardati pagamenti nella PA italiana

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Un articolato lavoro di tesi che si propone di raccogliere ed elaborare tutta l'informazione disponibile riguardo il tema dei mancati pagamenti della pubblica amministrazione italiana verso i propri fornitori. Partendo dalle radici teoriche del problema, discutendo i termini quantitativi del fenomeno, non abbiamo inoltre rinunciato ad una raccolta sperimentale dei tempi di pagamento all'interno della Sanità italiana

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  • Io, eterno studente,

    perch la materia di studio sarebbe infinita e soprattutto perch so di non sapere niente.

  • I

    Abstract

    Contesto di riferimento In un Paese che sconta un debito pubblico del 130% del Pil, quindi un alto costo del

    denaro rispetto alla concorrenza, la crisi economica ha fatto emergere una criticit

    fondamentale e per troppo tempo ignorata: i ritardati pagamenti delle pubbliche

    amministrazioni italiane.

    Il setting del lavoro quello della Pubblica Amministrazione italiana, declinabile

    come un aggregato eterogeneo di enti e soggetti pubblici o pubblico-privati, che si

    organizzano in realt locali per gestire la funzione amministrativa secondo il criterio

    della sussidiariet.

    Problema Gli impegni di spesa di amministrazioni ed enti locali a favore di fornitori di beni o

    servizi, superano sistematicamente i termini previsti per essere liquidati,

    traducendosi in debiti commerciali.

    Con limplementazione di autonomia e responsabilit finanziaria che il legislatore ha

    impresso al settore dagli anni 90, i residui passivi scaduti hanno cominciato ad

    accumularsi nei bilanci pubblici, sia in termini di volume, che in termini di giorni di

    ritardo per liquidare gli impegni.

    Il 25 % delle imprese italiane dichiara debiti commerciali scaduti della PA nei propri

    bilanci e il ritardo col quale sono pagati, determina un mismatching di entrate e

    uscite, provocando crisi di liquidit nel momento in cui le imprese assolvono a loro

    volta alla liquidazione di fornitori, erario e dipendenti.

    Paradossalmente lo stato pretende puntualit nella riscossione e rigore nei bilanci,

    quando le proprie estroflessioni locali adottano sistemi contabili eterogenei e

    inadeguati, causando in maniera ancor pi paradossale, la crisi e il fallimento di

    imprese - soprattutto medie e piccole - altrimenti sane e virtuose.

  • II

    Obiettivo del lavoro Lobiettivo del lavoro quello di trattare sinteticamente il tema dei ritardati

    pagamenti della PA e produrre una rassegna degli interventi in materia.

    Quindi in apertura, attraverso lanalisi di fonti secondarie, analizzeremo lintreccio di

    fattori gestionali, amministrativi e normativi allinterno dei bilanci pubblici. In

    seconda istanza verranno presentati una fotografia dello status quo, per capire ma

    soprattutto per ordinare i contributi, mediatici e non, che hanno caoticamente

    tentato di stimare le dimensioni del fenomeno, un quadro complessivo dei ritardati

    pagamenti dellamministrazione pubblica e un confronto europeo .Trover spazio un

    approccio sperimentale allambito sanitario, cui dar seguito un commento

    complessivo dei dati discussi e delle considerazioni tratte dallintero percorso.

    Originalit, Valore e implicazioni pratiche Il lavoro fornisce spunti di approfondimento che tradiscono una materia di

    riferimento vastissima e in costante cambiamento.

    Proprio la tecnicit e lambiente in rapida evoluzione, limitano lapplicabilit di un

    lavoro specifico ed esauriente, mentre lindisponibilit o linaffidabilit dei dati

    stessi(nei bilanci pubblici), mettono a rischio la fattibilit e la spendibilit di un

    lavoro sperimentale. Quindi, messa da parte ogni presunzione di esaustivit,

    trattandosi di unemergenza di grande attualit e coinvolgente diversi attori,

    abbiamo pensato di costruire un progetto che potesse cogliere queste due anime,

    prediligendo un approccio widening.

    Il fattore di novit il contributo stesso, che nel suo insieme si propone come

    strumento sintetico e accessibile, nel quale il tema dei debiti commerciali scaduti

    della PA venga trattato dalle cause alle conseguenze, classificando le stime dello

    status quo e superando la letteratura al momento disponibile, limitata a trattazioni

    marginali delle singole tematiche coinvolte.

    Tags: Pagamenti, Enti Locali, Pubblica Amministrazione, Ritardi, Residui, Debito

    Commerciale

  • III

    INDICE

    Abstract ............................................................................................................................................................. I

    PREFAZIONE ..................................................................................................................................................... V

    INTRODUZIONE .............................................................................................................................................. VII

    Capitolo 1

    1. RICOGNIZIONE TEORICA ............................................................................................................................... 1

    1.1 Disfunzioni e inefficienze della gestione contabile ................................................................................ 1

    1.1.1 Il periglioso panorama della contabilit pubblica ....................................................................... 1

    1.1.2 Il serbatoio contabile dello scaduto della PA: La gestione dei residui ...................................... 4

    1.1.3 Una valvola di sfogo per residui. Il Servizio per conto di terzi. .................................................... 6

    1.1.4 Il ruolo delle partecipazioni pubbliche nellaccumulo e nella dilazione del debito ...................... 8

    1.2 Disfunzioni e inefficienze dellapparato burocratico pubblico ............................................................. 17

    1.2.1 La certificazione del credito ...................................................................................................... 17

    1.2.2 Misure inefficaci. ...................................................................................................................... 20

    1.2.3 La compensazione dei crediti. .................................................................................................. 23

    1.3 Regole: A monte e a valle dei ritardi di pagamento ............................................................................. 25

    1.3.1 I pagamenti nelle Pubbliche Amministrazioni ........................................................................... 25

    1.3.2 Il Patto di Stabilit interno ....................................................................................................... 30

    1.3.3. Il DL 35/2013. Funzionamento e stato attuativo dello Sblocca-debiti. .................................. 33

    Capitolo 2

    2. RICOGNIZIONE EMPIRICA ........................................................................................................................... 38

    2.1 Il debito commerciale .......................................................................................................................... 38

    2.2 La rassegna del debito ......................................................................................................................... 40

    2.2.1 Un approccio esterno. .............................................................................................................. 48

    2.2.2 Un approccio interno. ............................................................................................................... 51

    2.2.3 Il confronto fra le statistiche disponibili: possibile una sintesi? ............................................. 52

    2.3 La questione delle partecipate ............................................................................................................ 57

    2.4 tempi e ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione. ........................................................... 68

    2.4.1 Evoluzione cronologica e raffronto europeo dei ritardi di pagamento. ..................................... 69

    2.4.2 Le dinamiche interne del ritardo .............................................................................................. 74

    Capitolo 3

    3. UN GAP INFORMATIVO: LA SANITA ........................................................................................................... 79

    3.1 Obblighi di trasparenza e tempi di pagamento della PA: Il caso sanitario. ........................................... 79

    3.1.1 I tempi di pagamento di AO e ASL pubblicati in rispondenza agli obblighi di trasparenza ......... 80

    3.1.2 Un approccio operativo mediante la bussola della trasparenza ............................................ 82

    3.2 Quante sono le aziende che pubblicano i propri tempi di pagamento? ............................................... 84

    3.3 Quali sono i tempi di pagamento degli enti sanitari italiani? ............................................................... 88

    3.3.1 Un saggio della robustezza dei dati .......................................................................................... 96

    3.3.2 Un confronto fra dato empirico e letteratura ......................................................................... 103

    3.4 Esistono indicatori specifici per tipologia di fornitura? ...................................................................... 106

  • IV

    Capitolo 4

    4. RASSEGNA DEI DATI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE .............................................................. 111

    EPILOGO .................................................................................................................................. 117

    Bibliografia

    BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................... 123

    Appendici

    APPENDICE A ................................................................................................................................ 130

    APPENDICE B ................................................................................................................................ 133

    APPENDICE C................................................................................................................................. 134

    APPENDICE D ................................................................................................................................ 135

    APPENDICE E ................................................................................................................................. 139

    APPENDICE F ................................................................................................................................. 140

    APPENDICE G ................................................................................................................................ 145

    APPENDICE H ................................................................................................................................ 151

    APPENDICE I.................................................................................................................................. 154

    APPENDICE J ................................................................................................................................. 157

  • V

    PREFAZIONE

    Durante lesperienza di tirocinio curricolare in Manutencoop, impresa multiutility

    operante nel settore del facility management rivolto sia a operatori privati sia

    pubblici, sono venuto in contatto con una realt nuova ma con origini molto

    profonde nel tessuto economico del nostro Paese.

    La crisi economica e la scarsit di risorse hanno portato a galla inefficienze e

    disfunzioni che hanno prosperato negli anni del benessere, mentre oggi arrivano

    prepotentemente allordine del giorno come concause del tracollo economico.

    Nellambito del settore nel quale si svolta la mia esperienza, sono venuto a

    contatto con una particolare criticit del rapporto tra committente pubblico e

    fornitore privato: i ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni, giunti alla

    ribalta della cronaca nella primavera del 2013.

    Nellambito dellinsegnamento di Management and Accounting in Public-Private

    Partnerships del corso di laurea magistrale in Economia Sociale, stato chiarito

    come il settore pubblico moderno debba fondarsi su un approccio che superi quello

    di Pubblica Amministrazione come coacervo omogeneo di burocrazia e

    procedure.

    Queste competenze, unitamente ad un personale interesse per gli enti locali come

    punto di partenza per una ripresa sociale ed economica nel nostro Paese, mi hanno

    portato ad interessarmi al problema dei ritardati pagamenti della Pubblica

    Amministrazione locale come criticit centrale del nostro sistema economico.

    La decisione di mettere questo tema al centro del lavoro di tesi seguita alle prime

    superficiali ricerche. I caratteri di estrema attualit hanno implicato una letteratura

    piuttosto risicata e composta prevalentemente dagli strascichi mediatici, meno da

    basi conoscitive contabili e statistiche sistematizzate e consolidate da parte delle

    istituzioni preposte al controllo della finanza pubblica.

    Dallinformazione disponibile trapelata subito lidea che il problema dei ritardati

    pagamenti sia una seria criticit nel panorama economico nazionale, ma anche che

    lapproccio cognitivo al problema farraginoso e manca completamente un

    contributo comprensivo capace di trattare in maniera organica cause e conseguenze

    del fenomeno.

  • VI

    Proprio questa lacuna informativa mi ha motivato nel costruire un lavoro che non

    ha presunzioni di svelare scandali o calcolare puntualmente il debito scaduto della

    Pubblica Amministrazione e stimarne il costo finanziario per le imprese che ne

    sopportano il ritardo nel saldo, ma quella di aggregare e rielaborare linformazione

    disponibile, integrandone le lacune, nellintento di costruire quello che un neofita

    interessato allargomento oggi non pu trovare: una rassegna comprensiva di

    cause, numeri e conseguenze del fenomeno, sintesi dei contributi tecnici e mediatici

    disponibili.

    Nella parte centrale dedicata allo status quo, stata inoltre inserita unapprofondita

    analisi sperimentale della situazione dei pagamenti nella Sanit. Seppur mediante

    fonti secondarie, si proceduto alla raccolta sistematica e allelaborazione di

    inferenza sui dati di pagamento pubblicati da una delle branche della PA che pi

    accusano le criticit del fenomeno.

    Il carattere dinnovativit della tesi, bench concentrato nello sviluppo di alcuni

    argomenti chiave come il lavoro empirico sulla Sanit, trasposto nel lavoro stesso,

    che si propone come contributo sintetico di una tematica altrimenti vasta ed

    eterogenea. E inoltre fondamentale il ruolo delle considerazioni che per tutti gli

    ambiti trattati vanno a confutare e aggiungere valore alla mera trasposizione delle

    informazioni raccolte.

    In conclusione, un quadro consuntivo della situazione e un riferimento al punto di

    vista delle imprese sul tema dei ritardati pagamenti pubblici, segnano il checkpoint

    dal quale si pu partire per un approfondimento ulteriore dello studio.

  • VII

    INTRODUZIONE

    Si calcola che nellultimo quinquennio, fra le circa 52.500 imprese fallite coinvolte

    nel vortice della crisi, quasi il 30% delle chiusure aziendali siano ascrivibili a crediti

    non onorati dalla PA (Cgia Mestre (2013), (http://www.cgiamestre.com/2013/04/

    dallinizio-della-crisi-sono-fallite-15-000-imprese-a-causa-dei-ritardi-dei-

    pagamenti/), consultato il 23.10.2013.

    I pagamenti del committente pubblico, arrivano in media dopo 170 giorni (dato

    Intrum Iustitia) dopo il ricevimento di fattura, mentre i fornitori privati sono

    obbligati di norma a pagare a loro volta fornitori e utenze a 60 giorni e dipendenti a

    30 giorni. Questo mismatching di uscite ed entrate, un tempo ammortizzato da

    ampi flussi di cassa e archiviato come inefficienza statale, espone oggi migliaia

    dimprese al default perch private delle fonti finanziarie per far fronte ai propri

    impegni, innescando una reazione a catena che ha effetti devastanti per

    leconomia nazionale. La situazione critica al punto di generare un paradosso nel

    quale non linefficienza dellimpresa rispetto alla concorrenza a decretarne il

    fallimento (come previsto dalla teoria di mercato), ma lincapacit della Pubblica

    Amministrazione a pagare, a sentenziare la fine di attivit virtuose. Unitamente alla

    ridotta erogazione del credito concesso dalle banche, che ne ingigantisce le

    conseguenze, questo fenomeno caduto al centro del dibattito politico ed

    economico, fulcro di alcuni programmi elettorali e luogo di grandi speranze per il

    futuro. I ritardi di pagamento hanno cominciato ad accumularsi sia in termini di

    tempo sia di quantit, molto prima che fossero riconosciuti e definiti come

    emergenza economica. Lo step seguente al riconoscimento del fenomeno la sua

    misurazione, fase attualissima dellapproccio ai ritardati pagamenti, poich solo una

    corretta stima della portata del fenomeno costituisce la base su cui sviluppare

    sistemi regolamentari e prendere decisioni per porvi rimedio. Tuttavia il panorama

    tuttaltro che chiaro, e se il quadro generale quello dei pagamenti delle PA verso

    i privati, il focus la disfunzione e il ritardo di questi pagamenti. Nel merito della

    questione sono sorti criticit e interrogativi di vario genere.

    Come spesso accade, lattenzione mediatica su un fenomeno, porta alla luce

    inefficienze, mancanze e disfunzioni correlate pi o meno marginalmente al tema

  • VIII

    centrale, ma dalle quali non si pu prescindere per affrontare in maniera organica

    largomento oggetto di ricerca.

    Nasce cos la disputa per definire quale sia, in effetti, lammontare dei debiti

    commerciali in capo allo Stato. C chi ha parlato di 70 miliardi di euro, c chi parla

    di 90 o 120 miliardi o altri che addirittura stimano un ammontare complessivo pari a

    150 miliardi. Alla base di queste cifre cos distanti ci sono altre responsabilit:

    questa volta del sistema di contabilit e rendicontazione pubblica. Differentemente

    da ci che si sarebbe generalmente portati a pensare, ci costituisce un problema

    non unicamente italiano.

    Qual lentit del debito commerciale della PA verso il privato? Qual la

    dimensione dei ritardi? E quanto costano alle imprese? I crediti dichiarati sono

    realmente tali, cio sono certificati?

    Sorge cos la fase pi complessa nel processo di analisi del problema: mentre

    lambito del fenomeno piuttosto chiaro e tutto sommato ascrivibile alla categoria

    dei contratti pubblico-privato, le cause a monte del fenomeno si presentano come

    articolate, correlate e complesse.

    Articolate, perch coinvolgono una vasta pletora di attori e responsabilit, dagli

    amministratori al legislatore. Correlate, perch linterpretazione e lintervento su

    una delle cause non potr prescindere da una conseguente modificazione di alcune

    variabili connesse. Complesse perch il terreno su cui ci si muove vincolato e al

    contempo misterioso: bilanci dello Stato, grossolani e opachi, non comparabili con

    quelli imposti allimpresa privata, gestione di fonti e impieghi nella logica del Patto

    di Stabilit che taglia la possibilit di spesa degli enti locali, impossibilit di emettere

    altri titoli di Stato e incrementare il debito, pena le sanzioni europee, pratiche

    scorrette ma non illegali e pratiche illegali ma ricorrenti di fatturazione in una

    interpretazione sempre ambigua e ambivalente di interstizi legislativi.

    Tutto ci giustifica la differenza di stime pi che autorevoli sopra accennata che

    spaziano, appunto, da 90 a 150 miliardi di euro.

    Entrare nel merito delle concause del fenomeno e indagare sulle disfunzioni alla

    base dello stesso, non solo garanzia di comprensivit e completezza dellanalisi,

    ma lunico modo per governare lemergenza e confezionare strumenti e politiche

    mirate ad arginare e risolvere il problema.

  • IX

    La straordinaria attualit dellemergenza, consente la citazione e il commento in

    diretta dellapproccio del Parlamento allemergenza dei ritardi di pagamento nella

    PA, con lo stanziamento di 47 miliardi in due anni per fermare lasfissia del tessuto

    economico e promuovere lambita ripresa. E uniniezione di denaro sufficiente?

    Quali sono le modalit migliori per dare respiro alle imprese e per sanare le cause

    del problema alla radice? Baster fare chiarezza legislativa e attivare

    limplementazione di leggi che gi esistono, forzando la compliance delle

    amministrazioni a meccanismi di buona pratica, o sar necessario prendere nuove

    decisioni per riportare i tempi di pagamento a una situazione sostenibile?

    Attraverso lanalisi dei dati disponibili e la fissazione di punti fermi sui quali

    costruire uninterpretazione, questo lavoro si propone nella parte centrale di

    delineare un panorama completo dello status quo, attraverso un raffronto dei

    prevalenti metodi di stima e con lintegrazione di dati primari. Una volta individuate

    cause e portata del fenomeno, nel concludere il lavoro soprattutto nostro intento

    quello di fornire una panoramica delle variabili che influenzano il fenomeno dei

    ritardati pagamenti pubblici, confutando la robustezza dei contributi di settore e

    costituendosi a sintesi stessa delle contromisure che si stanno portando avanti in

    questi mesi.

  • 1

    1. RICOGNIZIONE TEORICA

    1.1 Disfunzioni e inefficienze della gestione contabile

    1.1.1 Il periglioso panorama della contabilit pubblica

    Questo lavoro si concentrer sullamministrazione pubblica intesa come coacervo di

    realt locali di vario tipo, poich la contabilit dello Stato centrale e del relativo

    profilo amministrativo, risponde a criteri molto diversi e linformazione disponibile

    scarsissima.

    Con riferimento al bilancio degli enti locali, opportuno stabilire che ci troviamo

    davanti a uneterogenesi dei fini tra il rendicontare pubblico e quello dimpresa.

    Mentre nel mondo dellimpresa il bilancio strumento di reporting agli

    stakeholders, quindi ai portatori dinteresse per valutare la gestione, nel mondo del

    pubblico questa una funzione secondaria rispetto alla prevalente natura di

    strumento di governo delle risorse finanziarie, che sono raccolte fra la societ civile

    tramite imposizione fiscale, tariffe dei servizi e trasferimenti da parte di altre entit

    pubbliche (Padovani, 2012).

    Inoltre il carattere autorizzativo del bilancio, per il quale gli stanziamenti di spesa

    sono concessi solo se presente una corrispondente copertura finanziaria, genera

    fasi conseguenti di previsione e rendicontazione che prendono il nome di ciclo di

    bilancio, nel quale si alternano Bilancio di Previsione a inizio periodo e Conto del

    Bilancio a fine periodo, lasciando emergere i risultati della gestione. Nella tradizione

    pubblica, la funzione autorizzatoria si propone la finalit di un equilibrio finanziario,

    sia a preventivo, con lapprovazione del bilancio solo se in pareggio di entrate e

    spese previste, sia durante la gestione, grazie alla capacit di spesa limitata a

    quanto previsto (Farneti (2000)). Questa breve introduzione alle dinamiche del

    bilancio pubblico non altro che una sintesi dei precetti fondamentali fissati

    dallOrdinamento finanziario e contabile (artt. 149 e ss.) nella Parte seconda del

    Testo Unico delle leggi sullordinamento degli Enti Locali, contenuto nel d.lgs. 267

    del 18 agosto 2000 (Tuel). La disciplina della rendicontazione pubblica complessa

    e ricca di criticit nelle quali si annidano comportamenti illegittimi, e la scarsa

  • 2

    compliance determina gravi lacune di funzionamento; tuttavia per quanto

    funzionale alla trattazione ci limiteremo a presentare nel dettaglio solo le tecniche e

    le anomalie responsabili della formazione di residui passivi di lungo periodo, quindi

    di debiti commerciali insoluti.

    Il bilancio di previsione deliberato in pareggio finanziario complessivo, ex art.

    162 del testo unico. Questo implica non solo che entrate e spese di competenza

    debbano uguagliarsi nel bilancio, ma che in caso di disavanzo, il principio della

    competenza mista fa s che sia dellente locale stesso lonere di integrare questo

    disavanzo nel successivo bilancio preventivo, accertando per esempio la necessit di

    tagliare i costi. Questa alternanza e reciproca interdipendenza di bilancio di

    previsione e conto del bilancio costituisce il ciclo del bilancio, nel quale procedure

    illecite e opacit possono trasformarsi in vere e proprie cause di default.

    Per quanto attiene alla fase previsionale, analisi di carattere pluriennale hanno

    portato alla luce fenomeni di:

    Sistematica sovrastima delle previsioni di entrata, in special modo di quelle

    correnti (primi tre Titoli) o di quelle del titolo IV utilizzabili ai fini del

    raggiungimento dellequilibrio di parte corrente;

    Sottodimensionamento delle voci di spesa, anche in questo caso soprattutto di

    parte corrente;

    (Cimbolini et al. 2008, p.58)

    Nella fase previsionale, voci come il recupero dellevasione fiscale e tariffaria, i

    permessi di costruzione e le alienazioni immobiliari sono gonfiate nella parte delle

    entrate, mentre le spese sottostimate riguardano acquisto di beni e prestazione di

    servizi. Durante la gestione i bilanci vengono modificati in corso dopera, ma gli

    obiettivi di rispettare i vincoli del Patto di stabilit interno e di incassare

    lapprovazione meccanica del consiglio con un bilancio previsionale allapparenza in

    ordine, sono stati raggiunti. Tuttavia una simile procedura di reporting delle spese,

    fa s che esse siano ridotte solo a valle, sui bilanci, e che non ci sia mai, di fatto, un

    taglio delle spese a monte, motivato dallinsufficienza dei mezzi.

    Quando, in sede di rendicontazione, le entrate si rivelano fittizie e al contrario le

    spese piuttosto concrete, si pu andare incontro a conseguenze di duplice ordine.

    Se non si accertano le maggiori entrate poich i titoli messi a bilancio, non si

    rivelano validi, si riscontra un eccesso di spesa sulla copertura finanziaria,

  • 3

    generando quindi un disavanzo nella gestione di competenza, palesemente

    testimoniato nel conto del bilancio. Se al contrario lente accerta le maggiori entrate

    anche se fittizie e non sostenute dalla prudenza auspicata dal legislatore, occulta il

    disavanzo con un pareggio di bilancio o addirittura con un avanzo fittizio.

    Gli accertamenti di entrata non ancora riscossi (residui attivi) finiscono dentro

    lattivo di bilancio dellente e ne intossicano il funzionamento. Quindi mentre il

    risultato di gestione appare positivo, uno sguardo ai residui potrebbe svelare una

    situazione in cui la riscossione lenta di entrate (fittizie) e il pagamento celere dei

    residui passivi (reali), causa una progressiva erosione della liquidit.

    Poich le entrate avventatamente iscritte in parte corrente sono irrealizzabili o

    difficilmente realizzabili, per fare fronte ai propri impegni di spesa lente ricorre alle

    entrate in parte capitale, generalmente vincolate, generando un debito di flusso.

    In questa situazione lente risulta debitore nei confronti delle proprie partite vincolate

    generalmente al finanziamento degli investimenti, fronteggiando due prospettive

    entrambe negative:

    Non portare a termine gli investimenti per i quali sono stati ottenuti (spesso in

    modo oneroso) i finanziamenti gi utilizzati per far fronte alla carenza di liquidit.

    Effettuare materialmente gli investimenti, ma non avere poi le risorse necessarie

    per pagarli, nel momento in cui vengano a conclusione gli stati davanzamento dei

    lavori (SAL), poich le risorse son gi state spese per finanziare, per cassa, le spese

    correnti.

    (Cimbolini et al. 2008, p.60)

    La seconda fattispecie si configura come naturale latrice di ritardo nel pagamento

    dei creditori.

  • 4

    1.1.2 Il serbatoio contabile dello scaduto della PA: La gestione dei residui

    Sono svariate le tematiche con le quali si viene in contatto approcciandosi alle

    anomalie dei bilanci pubblici, ma il serbatoio attraverso il quale possibile

    artificiosamente dissimulare un avanzo o limitare un disavanzo, incorrendo poi in

    una crisi di liquidit, la gestione residui. Essa si contrappone alla gestione di

    competenza: entrate e spese che si sono originate dal punto di vista giuridico come

    accertamenti ed impegni in esercizi pregressi, ma che non hanno ancora raggiunto il

    momento della cassa (Padovani, 2012, p. 167). La gestione dei residui si configura

    come un fattore cruciale nella tenuta di un bilancio, al punto che il legislatore ne

    prevede lallegamento al rendiconto della gestione (art. 227 Tuel).

    Dispone anche, con larticolo 228 prima dellinserimento nel conto del bilancio dei

    residui attivi e passivi, lente locale provvede alloperazione di riaccertamento degli

    stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in

    parte dei residui. I responsabili della suddetta operazione, sia allattivo che al

    passivo, sono i soggetti addetti ai servizi in nome dei quali sono stati attivati i

    procedimenti di accertamento di unentrata o di un impegno di spesa.

    Lart. 179 e 183 del Tuel si occupano di allargare al bilancio pubblico

    (rispettivamente residui attivi e residui passivi) la logica della prudenza che regola la

    svalutazione dei crediti nellimpresa privata. Nonostante ci, riscontrabile un vizio

    procedurale che affligge il coordinamento fra i servizi responsabili della verifica e il

    servizio finanziario, responsabile della rendicontazione. E stato appurato che, in

    molti casi, le schede da sottoscrivere con lelenco e la consistenza dei residui, non

    vengono restituite o vengono compilate in modo superficiale, senza la previa

    verifica della concreta situazione del residuo (Cimbolini et al., 2008, p.66).

    Da parte sua, il servizio finanziario responsabile di non sollecitare la compliance

    agli standard contabili e di limitarsi a convogliare le informazioni ricevute nel

    rendiconto di gestione. Conseguentemente nei bilanci raro rintracciare

    documentazione in grado di motivare perch un residuo stato cancellato o

    svalutato, ma soprattutto opaco lunderstanding di residui (soprattutto attivi) di

    vecchia data che rimangono nei bilanci. Sotto il profilo sostanziale, sono stati

    inoltre rinvenuti [...] iscritti in bilancio, sia residui di parte corrente, sia di parte

    capitale, sia di servizi per conto di terzi, di provenienza remota. Per remota

  • 5

    sintende, tanto per fare degli esempi, gli anni ottanta o novanta per la parte

    corrente e gli anni settanta per la parte in conto capitale e per i servizi in conto

    terzi (Cimbolini et al., 2008, p. 67).

    La cultura e i paradigmi organizzativi della Pubblica Amministrazione nazionale,

    spiegano parzialmente il mantenimento dei residui attivi in bilancio al fine di

    ottenere, almeno in prima istanza, una situazione di avanzo. Interessante anche il

    contributo di Cimbolini (2008), per cui gli operatori, convinti che togliere il residuo

    dal bilancio farebbe indebolire il diritto stesso alla riscossione delle relative entrate

    tributarie o extratributarie, lasciano sistematicamente i crediti di vecchia data

    iscritti allattivo. Una simile spiegazione applicabile anche ai residui passivi. Oltre

    la negligenza e la superficialit della routine, molto spesso i responsabili dei capitoli

    di spesa non svalutano i debiti poich non vogliono rinunciare a risorse gi

    impegnate e finanziate prima che vadano a economia.

    Per quanto concerne i residui attivi di dubbia esigibilit, esiste unapposita voce del

    conto del patrimonio, predisposto insieme al conto di bilancio in sede di

    rendicontazione, nella quale convergono le immobilizzazione finanziarie. E evidente

    che lente tenuto ed in diritto di perseguire tutte le azioni di tutela del credito

    per rientrare delle somme dovute, ma laleatoriet dei residui non andr a

    intossicare un avanzo fittizio. I residui tossici pi pericolosi fra gli attivi sono quelli

    di parte corrente (Titoli I, II, III dellattivo). Mentre il secondo titolo reca pochi

    problemi poich tratta di trasferimenti, gli altri due contengono voci criticamente

    sensibili al rischio come il recupero dellevasione, tributi non pi in vigore, proventi

    da contravvenzioni e fitti attivi.

    Queste entrate correnti non prevedono un corrispettivo impegno di spesa, correlato

    e destinato nel passivo. Quindi alla loro svalutazione obbligatoria per impossibile o

    parziale esigibilit, non determinano la corrispondente caduta di un impegno,

    generando un peggioramento secco del risultato di amministrazione.

    Nella parte capitale delle entrate finanziarie (Titoli IV, V), che contiene alienazioni e

    trasferimenti e prestiti, i residui attivi sono legati a residui passivi di uguale entit

    che vanno a finanziare. La presenza nei bilanci di residui, attivi e passivi, per periodi

    superiori a 15/20 anni, sintomo forte di negligenza. Non solo la negligenza che

    preoccupa per quanto riguarda la parte passiva dei residui. Per assurdo lerroneo

  • 6

    mantenimento di residui passivi, genera impegni fittizi che neutralizzano

    parzialmente lavanzo fittizio generato da una altrettanto sbagliata gestione dei

    residui attivi, impedendo di sbloccare risorse da spendere che in realt non si

    detengono.

    Tuttavia auspicando o presumendo la gestione corretta dei residui attivi, lerrata

    ritenzione in bilancio di residui passivi, soprattutto se di parte corrente o di parte

    capitale senza correlata partita in entrata, causa dimpiego di risorse

    effettivamente in avanzo, rendendole indisponibili per reali impegni di spesa per la

    competenza.

    Nel lungo periodo c il rischio che, per molti anni, ingenti risorse rimangano

    immobilizzate nel conto dei residui passivi senza giustificato motivo, vale a dire,

    senza che vi sia un effettivo creditore o, in caso di spesa in conto capitale, senza che

    vi sia una concreta opera pubblica da finanziare (Cimbolini et al., 2008 p. 77).

    E opportuno quindi, in linea col focus di questo lavoro, indagare che parte giochi

    questo fenomeno nel determinare la mole di arretrati pagamenti delle pubbliche

    amministrazioni.

    1.1.3 Una valvola di sfogo per residui. Il Servizio per conto di terzi.

    Dinamiche interessanti si possono riscontrare anche nel servizio per conto di terzi.

    Cos definiti proprio per la terziariet teorica del loro ruolo rispetto allente,

    occupano il Titolo VI delle entrate e il IV delle spese e sono ininfluenti rispetto alla

    costruzione degli equilibri di bilancio.

    Secondo quanto previsto dai Principi contabili per gli enti locali, elaborati

    dallOsservatorio per la finanza locale, I servizi per conto di terzi sono servizi che

    impongono entrate e spese costituenti al tempo stesso un credito e un debito

    allente. Sono puntualmente definiti e sono immodificabili. Per le entrate da

    servizi conto terzi, la misura dellaccertamento deve garantire lequivalenza con

    limpegno sul correlato capitolo delle spese per servizi conto terzi. ( Punto n.27 del

    principio contabile n.1 -programmazione e previsione- nel sistema di bilancio

    3/7/2003 e punto n. 24 del principio contabile n.2 gestione- nel sistema di bilancio

    8/1/2004).

  • 7

    Eppure questa voce di bilancio viene troppo spesso impropriamente usata dagli enti

    in difficolt finanziarie come veicolo per entrate e soprattutto spese che

    dovrebbero trovare spazio in altre componenti del bilancio. Per quanto riguarda le

    entrate, gli enti alla disperata ricerca di liquidit, sfruttano anticipatamente gli

    introiti depositati in conti correnti postali e destinati alle corrispettive uscite in

    conto terzi che lente si attrezzer per coprire in futuro.

    Il lato della spesa invece si complica coinvolgendo le limitazioni alla spesa del Patto

    di Stabilit interno. Il Patto, nelle dinamiche e nelle responsabilit dirette di

    generazione di debiti commerciali nelle PA, verr trattato pi approfonditamente in

    seguito.

    In questa fase esso si caratterizza come stringente limitazione dei capitoli di spesa

    ordinari, e per essere raggirato dagli operatori contabili, implica il ricorso alla voce

    delle spese per conto terzi: una parte del bilancio non rilevante ai fini del patto

    stesso. Quando, infatti, un ente deve pagare spese che non trovano capienza nei

    capitoli ordinari, spesso capita che esso le imputi a un capitolo (generico) di spesa

    per conto di terzi. In conformit con quanto sopra riportato riguardo la natura dei

    servizi in conto terzi, ma anche solo per fondamentale principio di pareggio di

    bilancio, lente provvede ad accertare entrate fittizie di pari importo allimpegno di

    spesa, a valere su un capitolo di entrata dei servizi per conto terzi.

    La spesa viene liquidata perch reale, mentre il corrispettivo residuo attivo rimane

    dentro al bilancio garantendo un apparente equilibrio, ma di fatto costituendosi a

    disavanzo da assorbire una volta che verr il tempo di eliminare il residuo

    insussistente. Il veicolo dei servizi in conto terzi pu diventare un pericoloso

    catalizzatore di residui passivi tossici, soprattutto alla luce delle sofferenze

    finanziarie conseguenti allapplicazione sempre pi cogente del patto di stabilit e

    dei tagli agli enti locali: per questo la categoria soggetta ad una stretta

    sorveglianza contabile da parte della Corte dei Conti. Una costante attivit di

    monitoraggio sul volume di questa voce rispetto al bilancio garantirebbe un

    indicatore sufficientemente efficiente del grado di sofferenza e di rischio che un

    ente sta attraversando.

  • 8

    1.1.4 Il ruolo delle partecipazioni pubbliche nellaccumulo e nella dilazione del debito

    La definizione di una nuova realt amministrativa, quella locale, ha congiuntamente

    determinato il cambiamento del modo in cui gli enti pubblici assolvono ai compiti

    che gli competono. Soprattutto nellabito degli enti locali, al centro del nostro

    lavoro, il fenomeno in questione, non ancora esauritosi, ha caratterizzato il

    passaggio da una situazione di government ad una situazione di governance.

    Fattualmente si passa dalla gestione diretta delle attivit di scopo dellente pubblico

    ad una gestione effettuata da organismi terzi, seppur controllati in vari modi

    (Libanora 2011).

    La possibilit per un ente locale di compartecipare al capitale di rischio dimpresa in

    forma di societ o di organo diverso, aggiunge un elemento di complessit al tema

    dei bilanci delle amministrazioni.

    Le partecipazioni pubbliche, infatti, che siano minoritarie o di maggioranza,

    compartecipano alle dinamiche di entrate e spese nei bilanci, espandendo di fatto i

    confini di responsabilit finanziaria dellente.

    Leconomia italiana caratterizzata da una presenza diffusa, di dimensioni

    particolarmente rilevanti anche nel confronto internazionale, di societ partecipate da

    soggetti pubblici.

    Per tali societ, il quadro giuridico di riferimento composto di una pletora di

    disposizioni speciali che sintrecciano con la disciplina codicistica di carattere generale.

    Alle societ partecipate da enti pubblici che producono beni e servizi operanti in

    regime di mercato e aventi forma e sostanza privatistica, si affiancano, infatti, sempre

    pi spesso, soggetti che - pur avendo una veste giuridica privatistica - perseguono

    interessi generali, svolgendo compiti e funzioni di natura pubblicistica tali da

    configurarli come veri e propri apparati pubblici enti pubblici in forma societaria - o

    organismi di diritto pubblico, secondo la definizione della direttiva 2004/18/CE,

    soggetti a particolari e penetranti regole di gestione e controllo pubblico.

    (Camera dei Deputati-Servizio Studi (2012),

    (http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/bi0506.htm), consultato il

    13.12.2013.)

    Tali soggetti rientrano dunque in un concetto di Pubblica Amministrazione flessibile,

    a geometrie variabili (Camera dei Deputati-Servizio Studi (2012),

    (http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/bi0506.htm), consultato il

    13.12.2013.). Nellultimo decennio il fenomeno si amplificato anche grazie

  • 9

    all'aumento del numero delle societ controllate da amministrazioni regionali,

    provinciali e locali. Mentre Farneti (1991) sosteneva che le Spa (2% dei servizi

    municipalizzati nel 1987) avrebbero superato le municipalizzate limitatamente ai

    problemi giuridico-formali di queste ultime, oggi la quota di partecipate in forma

    societaria supera il 50% delluniverso di riferimento.

    Secondo alcuni lincremento da spiegarsi con una maggiore flessibilit dello

    strumento societario o col favore alle logiche dellimprenditorialit. Altri, invece,

    sostengono che la forte crescita delle societ partecipate principalmente dovuta

    ai vincoli di finanza pubblica e al sistema delle procedure e dei controlli

    amministrativi che riguardano gli enti locali ed, in misura decisamente minore, le

    societ partecipate; (Bellesia (2013) p. 205)). Fondamentalmente, quindi, il

    fenomeno sembra strumentale allelusione delle norme in termini di personale,

    appalti, indebitamento e patto di stabilit, da parte delle amministrazioni. A favore

    di questa seconda tesi, c, in primo luogo, la massiccia produzione normativa che

    Farneti (2012) definisce insufficiente nel contrastare lutilizzo strumentale

    dellorganismo societario, per lelusione di norme imperative. In secondo luogo la

    performance tuttaltro che positiva delle partecipate pubbliche (sulla quale

    indagheremo in seguito), che mette in dubbio le predette motivazioni di efficienza

    (Bellesia (2013)). La proliferazione delle societ a partecipazione locale stata

    peraltro oggetto di unindagine della Corte dei Conti. Nel luglio 2013, la Sezione

    delle autonomie della Corte ne ha pubblicato gli esiti allinterno della Relazione sulla

    gestione finanziaria degli enti locali per gli esercizi 2011-2012.

    Dallanalisi sono risultati 5.521 organismi direttamente partecipati. Si tratta in

    particolare di 3.148 organismi con forma giuridica societaria (societ per azioni,

    societ a responsabilit limitata, societ consortili e societ cooperative) e 1.846

    organismi con forma giuridica diversa (consorzi, fondazioni, istituzioni, aziende

    speciali) (Corte dei Conti (2013), (http://www.corteconti.it/export/

    sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_autonomie/2013/delibera_21_2013_se

    zaut_frg_relazione.pdf), p. 308). Una rassegna delle partecipate di Comuni e

    Provincie, meno aggiornata ma pi specifica, quella fatta con Deliberazione n. 14/

    AUT/2010/FRG della Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, il 22 giugno 2010

  • 10

    nominata Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in societ ed altri organismi

    da parte di Comuni e Province.

    Dal punto di vista dellattivit svolta, il 34,67% degli organismi partecipati si occupa

    di servizi pubblici locali, il 65,33% degli organismi partecipati svolge attivit

    riconducibili ad altro: in particolare, attivit culturali, sportive e di sviluppo turistico,

    supporto alle imprese, scientifiche e tecniche, agricoltura, silvicoltura e pesca,

    Sanit e assistenza sociale, farmacie (Corte dei Conti- Sezione delle Autonomie

    (2010),(www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_auto

    nomie/2010/delibera_14_2010_aut.pdf), consultato il 27.02.2014).

    Una prima elementare rilevazione, effettuata considerando i valori assoluti delle

    partecipazioni, mette in evidenza che nei Comuni al di sotto dei 5000 abitanti si

    concentra mediamente il 60% del totale delle partecipazioni, mentre il 36% nella

    fascia 5000-100.000 abitanti e il solo 2,8% nei Comuni con pi di 100.000 abitanti.

    Dalla rilevazione del valore medio delle partecipazioni per singolo comune, emerge

    che nei Comuni sotto i 5.000 abitanti, il numero medio delle partecipazioni per

    ciascun comune di quattro, che sale a cinque o sei nei Comuni da 5.000 a 100.000

    abitanti ed a 21/22 sopra i 100.000 abitanti. Con riferimento ai risultati economici

    delle societ partecipate nel triennio 2005-2007, dallindagine risulta che 568

    societ, corrispondenti al 22,35% del totale, sono sempre in perdita. Larea di

    attivit prevalente per le societ sempre in perdita quella dei servizi diversi dai

    servizi pubblici locali (con il 63,32% delle societ sempre in perdita) (Corte dei Conti

    (2010), (http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/

    sez_autonomie/2010/delibera_14_2010_aut.pdf), pp. 54 e segg.)

    La Corte conferma che la costituzione e la partecipazione in societ da parte degli

    enti locali risulta essere spesso utilizzata quale strumento per forzare le regole

    poste a tutela della concorrenza e sovente finalizzato ad eludere i vincoli di finanza

    pubblica imposti agli enti locali. A sostegno di tale ipotesi anche la prevalenza del

    modello di srl nelle entit a carattere societario, struttura che favorisce la

    commistione tra soci e amministrazione e si presta a regole di rendicontazione pi

    blande. A tale fenomeno distorsivo il legislatore ha ritenuto di dover porre rimedio

    attraverso ladozione di specifici divieti alla costituzione e al mantenimento di

    societ da parte dei Comuni piccoli e medio piccoli, che sono a livello locale i

  • 11

    maggiori detentori di partecipazioni azionarie, in alcuni casi introducendo specifici

    divieti, in altri introducendo norme volte ad incentivare il fenomeno della

    dismissione di partecipazioni azionarie da parte dei soggetti istituzionali locali.

    In particolare, ai comuni con meno di 30.000 abitanti fatto divieto di costituire

    societ. Essi sono tenuti, entro il 31 dicembre 2012, a mettere

    in liquidazione le societ gi costituite al 31 maggio 2010, ovvero a cederne le

    partecipazioni (decreto legge n. 78/2010, articolo 14, comma 32, alinea, come

    modificata da ultimo dallarticolo 16, comma 27 del decreto legge n. 138/2011).1

    Spetta al Prefetto accertare che gli enti locali interessati adempiano il divieto di

    costituire societ. Nel caso in cui sia rilevata la mancata attuazione del divieto, il

    prefetto assegna agli enti inadempienti un termine per provvedere e, laddove

    questi non provvedano, opera in via sostitutiva il Governo (articolo 16, comma 27

    D.L. n. 138/2011).

    Lobbligo di liquidazione non si applica se le societ gi costituite:

    a) Abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;

    b) Non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;

    c) Non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il Comune abbia l'obbligo di procedere al ripiano delle perdite (decreto legge n. 78/2010, articolo 14, comma 32, lett. da a) a c), da ultimo modificate dallarticolo 16, comma 27 del decreto legge n. 138/2011).

    I comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere

    la partecipazione di una sola societ, e hanno dovuto mettere in liquidazione le

    altre entro il 31 dicembre 2011. Ulteriori misure sono poi finalizzate ad incidere sul

    fenomeno delle partecipazioni locali, introducendo strumenti volti ad incentivarne

    1 D.L. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011.

    La formulazione originaria dellarticolo 14, comma 32 del D.L. n. 78/2010, prevedeva che lobbligo di messa in liquidazione delle societ gi costituite al 31 maggio 2010 dovesse essere adempiuto entro il 31 dicembre 2011. Su tale data successivamente intervenuto il D.L. n. 225/2010 (legge n. 10/2011), il quale, allarticolo2, comma 43, ha posticipato al 31 dicembre 2013 il suddetto termine. Ancora dopo, larticolo 16, comma 27 del D.L. n. 138/2011 (legge n. 144/2011), ha anticipato di un anno tale termine, al 31 dicembre 2012. Si segnala che larticolo 29, comma 11-bis dellA.C. 4865-A (conversione in legge del D.L. n. 216/2011) differisce ulteriormente tale termine di nove mesi, al 31 settembre 2013.

  • 12

    la dismissione, anche con lobiettivo di procedere ad una maggiore liberalizzazione

    del settore dei servizi pubblici locali. Anche operatori del settore come il

    Privatization Barometer2,segnalano nel proprio Report 2012 questo trend di

    dismissione, nellottica di uno Stato che da imprenditore si fa sempre pi

    garante (Privatization Barometer (2013), (http://www.kpmg.com/IT/it/Issues

    AndInsights/ArticlesPublications/Documents/PBKPMGENI.pdf), p. 28 e seg.)

    Rendere lidea del giro daffari che coinvolge le partecipate pubbliche uno sforzo

    organizzativo troppo elevato anche per lIrpa, Istituto di Ricerca per le Pubbliche

    Amministrazioni. I dati, sebbene concordi nel mostrare un fenomeno di vaste

    dimensioni, non consentono una stima esatta del numero delle partecipate dagli

    enti territoriali. Le stime vanno dalle 3000 alle 6000 societ partecipate, ma i dati

    risentono inevitabilmente di alcune variabili legate a ci che si include nel calcolo e

    alla scarsa completezza delle informazioni fornite e raccolte (Irpa, 2012,

    (http://www.irpa.eu/wp-

    content/uploads/2012/06/Capitalismo_municipale_e_spl_def.pdf), p. 4).3 Allo

    stesso modo, mancano vere e proprie stime del mercato complessivo interessato.

    LOsservatorio economico sui servizi pubblici locali di Nomisma, di recente, ha

    analizzato il peso economico delle ex municipalizzate che fanno capo a Confservizi.

    Si tratta, secondo i dati raccolti dallOsservatorio, di un mercato di oltre 36 miliardi

    di fatturato annuo (43 miliardi se si considerano anche le societ partecipate da altri

    enti territoriali), 115 miliardi di investimenti programmati, 186.000 dipendenti nei

    soli settori di trasporto locale, rifiuti, acqua ed energia. (Nomisma (2011),

    (http://download.confservizi.net/apri_documento.aspx?I0=17850592-cd42-400d-

    820d-bd13126e1632), p. 8).

    Questo breve e sicuramente non esauriente excursus, ha il solo scopo di informare

    sulle principali dinamiche e dimensioni del fenomeno delle partecipate poich

    Lente nel caso in cui partecipi direttamente al soggetto economico che svolge il

    2 Il Rapporto Privatization Barometer la periodica ricerca curata dalla Fondazione Eni - Enrico Mattei

    e da KPMG, che ogni anno monitora e analizza i trend pi recenti nelle operazioni di privatizzazione a livello europeo e globale.

    3 I dati presentati sono da riferirsi ad un periodo compreso nel triennio 2008- 2010

  • 13

    servizio deve, invece, farsi carico, in un modo o nellaltro, dei risultati ottenuti dal

    gestore e la propria situazione finanziaria viene direttamente influenzata dai

    risultati di attivit che si svolgono allesterno del perimetro del proprio bilancio

    (Cimbolini et al., 2008,p. 28).4

    Questo fatto costituisce una nuova, determinante, fonte di criticit per i bilanci

    pubblici messi al centro della trattazione. Infatti i bilanci pubblici non possono

    essere pi considerati completi e affidabili, se questi non riescono nel rendicontare

    su tutta una serie di attivit rilevanti in termini finanziari, ma che vengono svolte

    allesterno della Pubblica Amministrazione.

    Con limplementazione del Patto di stabilit interno, stato fatto divieto alle

    pubbliche amministrazioni di contrarre mutui, se non per specifici investimenti in

    parte capitale. E quindi pratica diffusa tra gli enti locali, lalienazione di

    immobilizzazioni a societ partecipate al 100% che liquidano il pagamento tramite

    la contrazione di un mutuo. Questa logica garantisce liquidit allamministrazione

    anche nel breve periodo e per spese correnti, ma al contempo il rischio e il costo de

    mutuo, evitato dal Patto di stabilit in un primo tempo, ritorna allinterno del

    bilancio dellente per vie traverse, poich lente controlla la societ indebitata. E

    evidente che non sono stati presi in considerazione i crismi di efficienza e efficacia a

    monte della costituzione di societ partecipate, come auspicato dalla Finanziaria

    2002 che istituiva lesternalizzazione, ma ci si dotati di societ partecipate per

    costituire situazioni di comodo o con intento elusivo di aggiramento delle norme

    (Cimbolini et al., 2008, p. 241).

    Riguardo alla spesa, la prima osservazione nella relazione della Corte dei Conti

    attiene allancora diffusa allocazione di quella per ripiano perdite nel titolo II (quasi

    4

    Lart 194 del d.lgs 267/00, in materia di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, prevede che: Con deliberazione consiliare di cui allarticolo 193, comma 2, o con diversa periodicit stabilita dai regolamenti, gli enti locali riconoscono la legittimit dei debiti fuori bilancio derivanti da:

    ()

    B: copertura di disavanzo di consorzi, di aziende speciali e istituzioni nei limiti dello statuto, purch sia stato rispettato lobbligo di pareggio di bilancio di cui all art 114 e il disavanzo derivi da fatti di gestione;

    c: ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di societ di capitali cosstituite per lesercizio di servizi pubblici locali.

  • 14

    il 25% del campione), contrariamente a quanto da sempre affermato dalla

    giurisprudenza della Corte dei conti5. Peraltro, anche quando lallocazione

    correttamente avvenuta nel titolo I, lintervento di riferimento stato, nella

    maggioranza dei casi il quinto (trasferimenti) e non lottavo (oneri straordinari),

    come invece esplicitamente richiesto dai Principi contabili per gli enti locali6. Il

    fenomeno ancora pi diffuso riguardo alla spesa di ricapitalizzazione per ripiano

    perdite, collocata nel titolo II nel 70% dei casi, in relazione della quale, la Corte dei

    conti ha, talvolta, individuato specifiche forme di gravi irregolarit contabili.

    Le conclusioni della Corte dei conti sono di duplice ordine, ma entrambe strumentali

    alla trattazione e soprattutto al superamento delle criticit dovute alle

    partecipazioni pubbliche in societ.

    La prima che la maggiore difformit e variet delle allocazioni in bilancio di voci sia

    di entrata che di spesa si riscontra quando le norme concernenti lordinamento

    contabile degli enti locali sono troppo generiche. Levidenza empirica mostra il

    ricorso a voci di bilancio non specifiche e residuali (es. proventi diversi,

    trasferimenti, ecc.).

    In seconda istanza la Corte conferma ancora pi nettamente la sostanziale

    impossibilit di cogliere dai bilanci degli enti locali, informazioni chiare sulla

    gestione, e nello specifico, sugli organismi partecipati (Corte dei Conti, 2010,

    (http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_auto

    nomie/2010/delibera_14_2010_aut.pdf), consultato il 27.02.2014).

    Questo grave deficit di trasparenza e chiarezza potrebbe essere parzialmente

    superato con la redazione in allegato al bilancio, delle risultanze contabili delle

    partecipate di qualunque natura relative al periodo precedente quello del bilancio,

    secondo quanto previsto dallart.172 Tuel.

    Le reiterate sentenze della Corte dei Conti in favore del consolidamento dei bilanci

    pubblici e la definizione nel 2009 di un quarto principio contabile, tracciato

    dallOsservatorio per la finanza e la contabilit degli enti locali, con le linee guida

    5

    Si veda al riguardo quanto rilevato nella Relazione del 2008. Si veda, inoltre, ex multis Delibera Sez. reg. Lazio n.66/2009 in cui stato formulato giudizio di grave irregolarit contabile in presenza di errata imputazione della spesa per ripiano perdite.

    6 Terzo principio contabile, punto 92 CE.

  • 15

    per la redazione del rendioconto consolidato per lente locale che integri la

    contabilizzazione degli organismi controllati, a controllo congiunto e collegati,

    unitamente al contributo del legislatore attraverso lart. 2 lett. (h)7 della legge

    42/2009 e la delega contenuta nellart.2 della legge di contabilit e finanza pubblica

    196/2009, mostrano inequivocabili richiami alla trasparenza per gli enti locali,

    attraverso lo sviluppo di un bilancio consolidato con tecniche contabili condivise,

    che possa essere supervisionabile e confrontabile nellambito del Patto di stabilit

    interno. La volont di evolvere i bilanci pubblici con lintegrazione di tecniche

    contabili tipiche del privato, pi stringenti, standardizzabili e vocate allefficienza, si

    scontra in una difficile conciliazione con lapplicabilit del Patto di stabilit: uno

    strumento di finanza pubblica, chiaramente impostato a livello applicativo sulla

    base delle regole contabili che disciplinano le pubbliche amministrazioni, contro gli

    strumenti contabili propri delle societ private. Laggregazione, infatti,

    implicherebbe lestensione della contabilit delle controllate al bilancio pubblico,

    cos da rendere possibili i meccanismi di compensazione e integrazione garantiti dal

    bilancio consolidato. La difficolt di conciliare i due sistemi dimostrabile in modo

    agevole dal fatto che, nonostante gli intendimenti e i vari tentativi, ad oggi

    lintroduzione di tale sistema contabile non ha trovato grande spazio, se non in

    sparute realt territoriali (Cimbolini et al. 2008)

    Una strutturale impasse normativa e una scarsa compliance, fanno di quello degli

    enti locali un terreno accidentato e privo di saldi punti di riferimento. Il tema delle

    partecipazioni pubbliche ha tutte le caratteristiche per configurarsi come una

    problematica stand alone, tuttavia strumentale a questa trattazione per il

    7

    Con Delibera n.67/2009, la Sez. reg. Lazio, pur in presenza di copertura con entrate correnti, ha rilevato come la corretta imputazione in bilancio degli oneri finanziari sostenuti dal Comune per operazioni di copertura delle perdite delle proprie partecipate, non pu fare riferimento alla spesa in conto capitale, bens a quella corrente, in quanto loperazione di ripiano delle perdite non pu inquadrarsi tra le spese di investimento, posto che tali spese, in concreto, non comportano un effettivo incremento del capitale sociale, rappresentando, di contro, lunica alternativa alla trasformazione o allo scioglimento della societ. In effetti, riconoscere la possibilit di iscrivere tale posta tra le spese in conto capitale significherebbe permettere allEnte di poterle finanziare con ricorso allindebitamento, con ulteriore incremento delle passivit patrimoniali e degli oneri finanziari conseguenti a carico di ogni esercizio. A tale conclusione si giunge anche qualora, come nel caso di specie, loperazione di ripiano perdite assume le vesti di un trasferimento in conto futuro aumento di capitale sociale. Appare infatti censurabile il comportamento degli amministratori comunali e degli stessi amministratori della societ partecipata volto a far passare una operazione di mero ripiano perdite come una operazione di incremento del capitale sociale a fini di investimento.

  • 16

    rischio che pu celare come contenitore periferico di debito. I debiti iscritti nei

    bilanci delle societ partecipate e il potenziale disavanzo derivato dallincompleta

    copertura degli stessi sono, infatti, onere dellente locale socio, nella proporzione

    della propria partecipazione a quella societ.

    Proprio a causa dellassenza di bilanci consolidati o semplicemente trasparenti,

    molto complesso stimare lentit di questa componente del debito, e nella

    successiva trattazione dello status quo ci sar spazio per la controversa stima del

    valore delle partecipazioni.

  • 17

    1.2 Disfunzioni e inefficienze dellapparato burocratico pubblico

    1.2.1 La certificazione del credito

    Si scrive complessit delle procedure operative, si legge amministrazione. E il

    nome di quella funzione delle pubbliche amministrazioni che compartecipa al

    dilatarsi dei tempi di pagamento e frena gli interventi correttivi al problema.

    La certificazione uno strumento introdotto nel 2008 (art. 9 d.l 185/2008) a favore

    delle imprese creditrici della Pubblica Amministrazione. Questo riconoscimento

    consta nella facolt, per Regioni ed enti locali di certificare i caratteri di certezza,

    liquidit ed esigibilit dei crediti.

    In questa prima fase della lotta ai ritardi di pagamento si scelto di puntare pi

    sulla tutela del credito che sui residui passivi a monte di questultimo. Questo ha

    portato alla formazione di un pacchetto di interventi tra il 2008 e il 2012 con diversi

    obiettivi da raggiungere: pi liquidit alle imprese, semplificazione della

    certificazione fra fornitori e debitori, favorire meccanismi di compensazione per i

    debiti iscritti a ruolo.

    In un riepilogo del Ministero dellEconomia e delle Finanze (MEF) del 22 Maggio

    2012, sono elencati i cinque strumenti che hanno composto questo pacchetto:

    In primo luogo due decreti ministeriali fotocopia, uno declinato su

    amministrazioni centrali e enti pubblici nazionali, laltro su enti locali, Regioni e

    enti dellSSN per definire liter di certificazione.

    Per quanto riguarda la compensazione dei crediti, un D.L. che istituisce la

    compensazione dei crediti verso la PA con le somme iscritte a ruolo.

    Introduzione nel FCG (Fondo Centrale di Garanzia) di una garanzia diretta

    sullanticipazione dei crediti verso la PA, come forma di sostegno alle imprese

    creditrici.

    Accordo banche-imprese per la creazione di un plafond dedicato allo smobilizzo

    dei crediti delle imprese verso le PA.

    (MEF (2012), (http://www.mef.gov.it/certificazionecrediti/documenti/slides_crediti_pa.pdf),

    consultato il 20.11.2013).

    Per quanto inerente a questo elaborato, riteniamo sia utile presentare il processo

    di certificazione cos come dettato dal Decreto Ministeriale relativo agli enti locali,

    poich in esso ci sono molte delle criticit che tuttora contraddistinguono il tema

    delle certificazioni dei crediti. In Figura 1.1 sono riportate le due alternative

  • 18

    percorribili per certificare il proprio credito commerciale verso la Pubblica

    Amministrazione.

    Figura 1.1 Tipologie di certificazione.

    La certificazione si configura come processo fondamentale per le imprese, in qualit

    di conditio sine qua non per laccesso all anticipazione e alla cessione del credito

    con le banche, o alla compensazione con la PA. Nel 2011, infatti, con art.13 L. 183, il

    legislatore potenzia il meccanismo, imponendo la certificazione non pi come una

    facolt, ma come un obbligo per Regioni ed Enti locali entro 60 giorni dalla ricezione

    dellistanza Ministero dellEconomia e delle Finanze (2012),

    (http://www.mef.gov.it/certificazionecrediti/documenti/slides_crediti_pa.pdf),

    consultato il 20.11.2013.

    Il D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012 teso a accelerare il pagamento dei crediti

    commerciali *+, certi liquidi ed esigibili, corrispondenti a residui passivi del bilancio

    dello Stato, stanzia 2,7 miliardi per il 2012 e introduce la possibilit per il creditore,

    di essere pagati con titoli di Stato per un limite massimo di 2 miliardi di euro.

    In Figura 1.2 sono riportati i passi in capo a creditore e Pubblica Amministrazione

    debitrice, per portare a termine il processo di certificazione.

    Certificazione

    Ordinaria/ cartacea

    attivabile da subito, moduli su internet, compilabili on line, inviabili con PEC

    Semplificata/ elettronica

    attivabile a valle della predisposizione della piattaforma elettronica Consip (circa 3 mesi).

    Si evitano gli obblighi di redazione di

    atto pubblico e di notificazione nel caso di cessione

  • 19

    Il primo fattore meritevole di commento che il creditore ha lonere di avviare il

    processo di certificazione. E piuttosto singolare che sia il creditore e non il debitore

    a sopportare i costi funzionali al pagamento di unobbligazione. Inoltre si sottolinea

    come la PA si garantisca, in assenza di date prefisse, il termine di dodici mesi per

    pagare il proprio creditore. Tenendo conto che i crediti in questione sono spesso gi

    scaduti da anni, evidente la crisi di liquidit cui continua ad essere sottoposta

    limpresa prima e dopo il processo di certificazione.

    Il creditore invia listanza di certificazione del credito con il modulo 1:

    a. fornisce fatture e estremi della prestazione

    b. precisa se intende utilizzare il credito in compensazione con somme iscritte a ruolo

    c. si impegna a non attivare procedimenti in sede giurisdizionale fino alla data indicata per il pagamento (o 12 mesi se la data non indicata)

    Creditore

    La PA risponde entro 60 gg.

    utilizzando il modulo 2:

    a. verifica le fatture

    b. per i crediti superiori a 10.000 euro: verifica la presenza di inadempienze allobbligo di versamento derivanti dalla notifica di cartelle di pagamento (art. 48-bis del DPR 602/1973)

    c. eventualmente, compensa il credito con altri debiti

    d. certifica (integralmente o parzialmente) al lordo degli eventuali debiti se non compensati, ovvero non certifica motivando le ragioni

    e. indica la data del pagamento, che dovr essere inferiore a 12 mesi a partire dalla presentazione dellistanza

    f. accetta preventivamente la

    cessione del credito

    PA

    Figura 1.2 Step della certificazione

  • 20

    1.2.2 Misure inefficaci.

    A dispetto di quanto detto, la Relazione al Parlamento approvata dal Consiglio dei

    Ministri il 21 marzo 2013 registra che lefficacia di questi provvedimenti stata

    finora limitata (Camera dei Deputati (2013),

    (http://www.bancaditalia.it/interventi/altri_int/2013/franco_280313.pdf), p. 5,

    consultato il 03.12.2013) e riepiloga alcune criticit e debolezze dellimpianto.

    Ancora una volta il problema di duplice natura: tecnica e legale.

    La parte tecnica, legata allimplementazione della piattaforma elettronica sviluppata

    dalla Ragioneria Generale dello Stato, ha dato vita nelle prime fasi della sua

    esistenza ad un paradosso tutto italiano.

    Alla fine del gennaio 2013, primo mese di decorso del nuovo sistema di

    certificazione, avevano completato liscrizione 1.227 amministrazioni (oltre 900

    comuni del centro-nord e solo 70 enti del SSN) con 71 certificazioni rilasciate (per

    un valore di 3 mln di euro) a fronte di 467 istanze ricevute dalle imprese (per un

    valore di 45mln di euro) (Ministero dellEconomia e delle Finanze (2013),

    Rafforzare la finanza dimpresa.

    Il numero di amministrazioni rispondenti stato poco pi del 5% del totale

    configurando sostanzialmente unadesione volontaria poich non erano previste

    sanzioni per i ritardatari.

    Paradossalmente i creditori di tutti gli enti non aderenti, non potevano ottenere la

    certificazione del credito (neanche) con la procedura ordinaria/cartacea poich

    questultima, dallavvio della piattaforma a ottobre 2012, era stata disattivata.

    Al 26 marzo 2013 risultavano rilasciate 479 certificazioni per un valore di 31 milioni

    di euro, con 1.700 amministrazioni pubbliche accreditate su un totale di oltre

    20.000 (Camera dei Deputati-Servizio Studi (2013),

    (http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Testi/D13035_0.htm), consultato il

    13.12.2013).

    Il tempo passato dobbligo poich il D.L. 35/2013 ha imposto alle PA la tassativa

    iscrizione alla piattaforma telematica entro il 29 aprile, con ammende di 100 euro al

    giorno una volta sforato il termine. La Cgia di Mestre ha indagato sulle cause di

    queste lentezze amministrative e in un articolo del 2 maggio 2013 rende conto di

    come anche gli enti locali lamentino inefficienze a livello centrale. In primo luogo la

  • 21

    piattaforma telematica non sarebbe in grado di supportare la mole di registrazioni

    nel breve periodo e in pi lamministrazione centrale avrebbe tardato a fornire agli

    enti le istruzioni operative per lutilizzo dello strumento elettronico (Cgia Mestre,

    (2013), (http://www.cgiamestre.com/2013/05/pagamenti-pa-meno-di-un-terzo-le-

    amministrazioni-in-regola/ )).

    Una volta completato il processo di registrazione telematica, dando finalmente il via

    al processo di certificazione dei crediti che porter ad una quantificazione del

    debito commerciale che oggi possiamo solo stimare, rester in campo la criticit di

    natura legale, come stata definita in precedenza.

    Nella Relazione al Parlamento viene definita come rilevanza quantitativa dei casi di

    esenzione, ma proprio nella parte degli elementi distintivi del decreto

    ministeriale gemello, relativo agli enti locali, che troviamo due eccezioni che

    mettono in serio dubbio lefficacia di tutti i provvedimenti visti finora. Sono esclusi

    dallobbligo di certificazione:

    Gli enti commissariati (Fig. 1.3).

    Le ASL in Regioni sottoposte a piani di rientro(Fig. 1.4).

    Figura 1.3 126 Comuni commissariati. Fonte: elaborazione Ancitel (2013) http://www.comuniverso.it/index.cfm?menu=502

    Figura 1.4 Regioni sottoposte a piano di rientro. Fonte: Ministero della Salute (2013) http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2239&area=pianiRientro&menu=obiettivi

  • 22

    Sempre fra gli elementi distintivi, il riferimento al patto di stabilit interno: per le

    spese correnti delle Regioni e le spese in conto capitale delle Regioni e degli enti

    locali, c lopzione di certificare il credito senza indicare la data di pagamento.

    Considerando che nel processo ordinario, il pagamento pu avvenire fino ai 12 mesi

    dalla presentazione dellistanza, considerando la sottile linea fra parte corrente e

    capitale e la frequenza di inesattezze pi o meno trasparenti nei bilanci pubblici,

    evidente come un opzione di questo tipo si configuri come una via di scampo

    concessa alle PA ma soprattutto come una tacita benevolenza verso residui passivi

    con ritardi di pagamento a tre cifre (i ritardi sono di norma espressi in giorni). A

    riguardo dellesenzione per enti commissariati e Regioni in piano di rientro,

    importante considerare il volume che essi rappresentano, quindi lentit

    delleccezione ai provvedimenti per la certificazione dei crediti.

    Da fonti pubblicate in Gazzetta Ufficiale e rielaborate da Ancitel(2013) risultano 126

    comuni commissariati in Italia, per cause, tra le altre, di infiltrazione mafiosa (ai

    sensi dellart. 143 Tuel) o dimissioni della maggioranza del Consiglio.

    Tuttavia il dato pi significativo e sconcertante quello che riguarda le Regioni in

    cui sono attivi piani di rientro. Ai sensi della legge finanziaria 311/2005 i Piani di

    rientro sono stati ideati come accordi pattizi Stato Regione su base pluriennale,

    coi quali i Ministeri di Salute e Economia e Finanza affiancano lorganismo locale per

    la programmazione, gestione e valutazione del Servizio sanitario regionale, al fine

    dellassorbimento del disavanzo accumulato.

    Come illustrato graficamente (Fig. 1.4), ben dieci regioni sono state sottoposte a

    piano di rientro, e solo Liguria e Sardegna hanno completato liter di ripiano

    finanziario.

    Quando nellaudizione della Banca dItalia del 28 marzo 2013 presso le commissioni

    riunite di Camera e Senato, stato stimato che la met del debito commerciale (45

    mld di euro a fine 2011) sarebbe imputabile a Regioni e ASL, facile intuire quanto

    possa risultare nociva lesenzione di otto Regioni su venti e delle relative Aziende

    Sanitarie, dallonere di certificare, quindi pagare nei tempi previsti, i propri

    creditori.

  • 23

    1.2.3 La compensazione dei crediti.

    Nel 2010 il D.L. n. 78, art. 31, introduce la possibilit per le imprese di compensare i

    crediti non prescritti, esigibili, certi e liquidi, maturati nei confronti di Regioni, enti

    locali ed enti del SSN, con imposte dovute iscritte a ruolo sia erariali che locali, dai

    contributi sociali ai premi assicurativi INAIL. Lintento del legislatore era quello di

    alleggerire la mole di debiti commerciali attraverso un processo rapido, ma

    soprattutto in grado di nettare le posizioni debitorie, senza la necessit di reperire

    liquidit. Quindi stato perfezionato un processo semplice e rapido (con

    comunicazioni in PEC e termini molto stringenti) esemplificato in Figura 1.5.

    Se lesito positivo, il debito si compensa col credito e lagente comunica lavvenuta

    compensazione entro 5 gg. allente . Nel caso lente sia un intermediario di imposta,

    esso tenuto a pagare al creditore dimposta limporto corrispondente alla cifra

    compensata entro 12 mesi dalla certificazione. Se il pagamento non viene

    effettuato, lente sconta una riduzione delle somme trasferitegli dallo Stato.

    Tuttavia la compensazione dei crediti sottesa alla certificazione degli stessi. Di

    conseguenza un istituto che doveva essere funzionale alla riduzione dei tempi

    amministrativi, chiesto a gran voce dalle imprese come strumento dinamico e

    attuale, si pone a valle rispetto ad un processo lungo e complesso come la

    certificazione, che sconta tutte le enormi problematiche discusse nel precedente

    paragrafo. Gli elementi presi in considerazione fino a questo punto a proposito delle

    pubbliche amministrazioni, come la gestione, lamministrazione e le normative,

    veicolano il prologo del messaggio che questo lavoro porter avanti nel suo

    svolgimento. E importante accorgersi del profondo cambiamento che la Pubblica

    Il creditore presenta la certificazione del credito all'agente di riscossione e indica le posizioni debitorie che intende estinguere

    L'agente (entro 3 gg. con PEC) invia richiesta all'ente debitore per verificare la veridicit della certificazione

    L'ente debitore risponde entro 10 gg.

    Figura 1.5 Step della compensazione

  • 24

    Amministrazione ha subito e sta subendo, cambiare lopinione tradizionale di

    unomogenea estroflessione dello Stato centrale e implementare un approccio alla

    PA come un tessuto eterogeneo, composto da enti diversi luno dallaltro,

    geograficamente e strutturalmente. Mentre storicamente il rapporto contrattuale

    con lo Stato veniva considerato una sicurezza, la Pubblica Amministrazione del 2013

    si profila de facto come un impresa, pur rispondendo de iure ad un diverso corpus

    normativo: come unimpresa pu avere avanzo e disavanzo, come unimpresa pu

    essere un cattivo pagatore, come un impresa deve essere valutata prima di

    instaurarvici un rapporto economico.

    Questo a nostro avviso il primo step concettuale da compiere per comprendere e

    affrontare le problematiche del debito commerciale e dei ritardi di pagamento nel

    settore pubblico.

  • 25

    1.3 Regole: A monte e a valle dei ritardi di pagamento

    1.3.1 I pagamenti nelle Pubbliche Amministrazioni

    Il quadro nel quale si inserisce questo lavoro, quello della partnership pubblico-

    privato, in particolare quella parte della relazione tra pubbliche amministrazioni

    (PA) e mondo delle imprese, (pubbliche e private) che contempla i pagamenti. E

    quindi necessario un piccolo excursus giuridico dellarea in questione per facilitare

    la comprensione di quanto segue.

    Il credito sorge nel momento in cui, alla fornitura di una prestazione, in termini di

    beni e/o servizi, corrisponde una relativa controprestazione da parte del

    committente, obbligato a un esborso finanziario nelle modalit definite dal

    contratto e dal diritto. Nel rapportarsi col privato, i contratti stipulati dal settore

    pubblico si considerano rispondenti ad una natura privatistica, quindi pari ad un

    contratto fra privati. Questo dovuto al fatto che lo Stato scende dal piedistallo

    istituzionale, configurandosi come un operatore privato, poich nella fattispecie i

    fini pubblici e quindi per definizione superiori dellamministrazione, sono

    irrilevanti. Nel caso di pagamenti da effettuare dalla PA in esecuzione di contratti

    stipulati iure privatorum, sono applicabili i principi generali e le norme stabilite dalla

    legge comune, con particolare riguardo a quelle relative allaccertamento

    dellinadempimento, ai fini della risoluzione del contratto, non potendosi desumere

    una diversa disciplina dalle norme contenute nel regolamento per la contabilit

    dello stato (r.d. 23.5.1924 n. 827). Il legislatore rinforza questo favor per un

    trattamento paritario dimpresa privata e impresa esercitata da enti pubblici anche

    nellart. 2093 c.c.: Le disposizioni del libro V del lavoro si applicano agli enti

    pubblici inquadrati nelle associazioni professionali. Ai non inquadrati, si applicano

    le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate. Ci

    che deriva da queste disposizioni una volont del legislatore a far s che il soggetto

    pubblico, che sia nella forma di ente pubblico economico, di ente pubblico non

    economico o di imprese controllate o partecipate da capitali pubblici, quantomeno

    nellambito del rapporto contrattuale con soggetti terzi, sia equiparato al privato e

    sottostia alla medesimo ambito normativo. Alla fine di questo breve prologo

    quindi possibile definire lorigine legale dei crediti commerciali fra pubblico e

  • 26

    privato: contratti posti in essere con una considerazione parificata delle parti. Da

    qui si pu iniziare un vero e proprio approccio alla materia, senza per lasciare la

    lente normativa.

    Mentre vasta e fiorente la letteratura che si occupa di public management &

    accounting, progettualit locale e performance economica degli enti locali, sono

    invece pressoch assenti contribuzioni che pongano il proprio focus sulle dinamiche

    di regolazione dei pagamenti che intervengono tra pubblico e privato,

    comprendenti problematiche e disfunzioni.

    Di conseguenza riteniamo che per fornire un framework formale sul quale basare il

    resoconto dello status quo che sar punto di partenza del lavoro stesso, sia

    opportuno una breve rassegna della legislazione specifica. Grazie anche al supporto

    di articolo e materiale on-line, che si qualificano a letteratura del tema, sar pi

    facile rendere un quadro teorico e dinamico nel tempo, per consentire una migliore

    comprensione dellevoluzione del fenomeno e delle disfunzioni che saranno

    discusse.

    Allinizio dello scorso decennio lEuropa metteva allordine del giorno la questione

    dei pagamenti nelle transazione commerciali attraverso la direttiva 2000/35/CE, al

    seguito della quale il Parlamento delegava il Governo di legiferare. E quindi di

    matrice europeista il D.lgs 231 del 9 Ottobre 2002 che tuttavia non norma i

    pagamenti nella loro interezza. Dalle parole dellAvv. Alessandro Bonanni,

    dellosservatorio di diritto comunitario e nazionale sugli appalti pubblici: Al

    riguardo, si vedr come lattuale disciplina in materia di ritardato pagamento dei

    crediti della Pubblica Amministrazione corra su un doppio binario: da un lato, le

    norme a tutela delle posizioni attive derivanti dallesecuzione di contratti pubblici di

    servizi e forniture, dallaltro quelle afferenti ai contratti di lavori pubblici (Bonanni

    (2011), (http://www.contratti-pubblici.it/index.php?option=com_content&view=

    article&id=416:ritardati-pagamenti-da-parte-della-pa&catid=49:aree-

    tematiche&Itemid=399), consultato il 09.09.2013).

    Richiamando quanto specificato riguardo lequiparazione di pubblico e privato nella

    disciplina dei pagamenti, anche il decreto nellart. 2, comma 1, lett. a) definisce cos

    le transazioni commerciali: i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero

    tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o

  • 27

    prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di

    un prezzo.

    Si configura pertanto un campo di applicazione piuttosto vasto, allinterno del quale

    il decreto legislativo introduce importanti novit. Ecco le pi significative per la

    nostra trattazione.

    La decorrenza automatica degli interessi moratori dal giorno successivo alla scadenza

    del termine di pagamento, che fissato - in assenza di diverso accordo - in trenta

    giorni, senza bisogno di un atto di messa in mora (art. 4);

    La determinazione legale degli interessi moratori in misura pari al saggio di interesse

    del principale strumento di rifinanziamento della BCE, applicato alla sua pi recente

    operazione di rifinanziamento principale, effettuata il primo giorno di calendario del

    semestre in questione maggiorato di sette punti percentuali, salvo patto contrario (art.

    5);

    il risarcimento dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente

    corrisposte, salva la prova del maggior danno (art. 6);

    (D.lgs del 9 Ottobre 2002, n. 231)

    In virt di una Determinazione dellAutorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, la

    n. 5 del 27 marzo 2002, stata esclusa la possibilit di applicare estensivamente la

    disciplina del D.lgs 231 al settore dei contratti pubblici, regolati in appositi

    regolamenti interni. Da qui la dicotomia tra la (pi debole) tutela riconosciuta al

    creditore della P.A. nel settore lavori pubblici e quella operante per i servizi e le

    forniture (pi forte e di matrice comunitaria)(Bonanni, (2011), Ibidem).

    Dalla matrice comunitaria arriva anche la Direttiva 2011/07/UE del 16 Febbraio, che

    si prefigge di apportare modifiche sostanziali alla precedente omologa, attraverso la

    modifica, in termini nazionali, del D.lgs 231. Sempre con focus sui ritardi nei

    pagamenti, la nuova normativa europea introduce tre profili di rilevante novit.

    1) Previsione di un limite massimo alla facolt di estensione del termine di pagamento.

    La disposizione, nel ribadire il termine naturale dei pagamenti in trenta giorni, impone che le

    eventuali dilazioni, (di natura pattizia e frutto della duplice volont delle parti), non possano

    tassativamente superare i sessanta giorni di calendario.

    Questa opportunit garantita a soli due tipi di enti pubblici:

    a) Qualsiasi amministrazione pubblica che svolga attivit economiche di natura

    industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato e che sia soggetta, come

  • 28

    impresa pubblica, ai requisiti di trasparenza di cui alla direttiva 2006/111/CE della

    Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie

    tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno

    di talune imprese;

    b) Enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e siano stati debitamente

    riconosciuti a tal fine (Bonanni, 2011)

    2) Aumento del tasso degli interessi moratori.

    Lart. 2 della nuova direttiva definisce invece "interessi legali di mora" come interessi semplici

    di mora ad un tasso che pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti

    percentuali, dovendosi altres intendere, per "tasso di riferimento"

    3) Applicabilit della nuova direttiva al settore dei lavori pubblici.

    Mentre, come visto, la direttiva 2000/35/CE riguardava solo la prestazione di servizi e la

    fornitura di merci, lundicesimo considerando della 2011/07/UE parrebbe espressamente

    deporre nel senso di unestensione allambito dei lavori pubblici delloperativit della direttiva

    sui ritardati pagamenti: La fornitura di merci e la prestazione di servizi dietro corrispettivo a cui

    si applica la presente direttiva dovrebbero anche includere la progettazione e l'esecuzione di

    opere e edifici pubblici, nonch i lavori di ingegneria civile.

    (Direttiva 2011/07/UE)

    Si pu concludere che la direzione sia la medesima che era stata intrapresa con la

    direttiva del 2002, ma lenfasi sul rispetto di termini rigidi e il favor nei confronti del

    creditore sono chiaramente evidenziati dagli spunti di novit. Si presenta inoltre

    lopportunit per superare la dicotomia, anche normativa, che colpiva i ritardi di

    pagamento nelle PA, dividendo i crediti sorti per transazioni commerciali da quelli

    sorti nellambito di appalti pubblici. Recepire la direttiva europea garantendo la

    medesima disciplina alle tre fattispecie costituirebbe un elemento di

    semplificazione e chiarificazione piuttosto autorevole, in un contesto, quello degli

    appalti pubblici, nel quale lappaltatore gode di una tutela pi scarsa

    Lutilizzo del condizionale dobbligo poich il d.lgs. 192/2012, approntato dal

    governo Monti e pronto ad entrare in vigore dal 1 gennaio 2013, nel ricevere il

    plauso per lanticipo rispetto alla scadenza del 16 marzo, incassa anche la critica

    dellUE, nella persona di Antonio Tajani (Vice Presidente della Commissione

    Europea), che con una lettera al ministro Passera punta il dito sullimperfetto

  • 29

    recepimento della direttiva europea da parte del decreto italiano (EdilTecnico

    (2013), (www.ediltecnico.it/14298/ritardati-pagamenti-anche-pe