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Razzismo: un problema? Itinerari e materiali didattici per il biennio delle superiori © Paula Allen © AI

Razzismo: un problema? - dalrifugioallinganno.it seconda/12 razzismo un... · Non prende posizione nei conflitti politici. Amnesty basa la sua azione su standard di protezione dei

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Razzismo:un problema?Itinerari e materiali didattici per il biennio delle superiori

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itinerari didattici

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IND

ICE Amnesty International e l’Educazione

ai Diritti Umani pag. 3

Presentazione pag. 4

Obiettivi pag. 4

Metodi pag. 5

Percorso didattico pag. 6

Bibliografia pag. 8

Filmografia pag. 9

Siti internet/Indirizzi/Documentazione pag. 9

Materiali didattici

Allegato 1 La persecuzione pag. 10

Allegato 2 Cronologia della persecuzione pag. 26

Allegato 3 Le altre vittime pag. 29

Allegato 4 Immigrato pag. 32

Allegato 5 Gli immigrati in Italia pag. 37

Allegato 6 Tailù pag. 39

Allegato 7 Gli zingari in Europa pag. 40

Allegato 8 Il razzismo pag. 42

Allegato 9 Santino Spinelli pag. 43

Allegato 10 Io rom pag. 44

INDICE

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Amnesty International è un movimento internazionale, a base volontaria, con più di un milione disoci in oltre 150 paesi.

Amnesty si adopera per prevenire ed eliminare gravi abusi del diritto all’integrità fisica e mentale,della libertà di coscienza ed espressione e della libertà dalla discriminazione.

Amnesty International, infatti, si batte per la liberazione e l'assistenza di prigionieri per motivi d'opinione:uomini e donne detenuti per le proprie opinioni, il colore della pelle, il sesso, l'origine etnica, la linguao la religione che non abbiano usato violenza e non ne abbiano promosso l'uso. Sollecita procedure giudiziarie eque e rapide per i prigionieri politici e lavora a favore di coloro chesi trovano detenuti senza processo o imputazione.

Si oppone inoltre:

• alla pena di morte e alla tortura così come ad ogni altro trattamento crudele, inumano e degradante; • all'uso eccessivo della forza da parte della polizia;• alla pratica delle "sparizioni" e delle esecuzioni extragiudiziali e alle uccisioni arbitrarie e delibera-

te in conflitti armati;• alla cattura di ostaggi;• alla partecipazione di bambini a conflitti armati; • al rimpatrio dei rifugiati in paesi dove siano esposti al rischio di gravi violazioni e abusi; • ai trasferimenti militari, di sicurezza e di polizia - inclusi armi e addestramento - da un paese ad un

altro, quando si abbia sufficiente ragione di assumere che contribuiranno ad abusi dei diritti umaninel paese ricevente;

• alla produzione, all'uso e al trasferimento di armi indiscriminate di guerra, soprattutto mine anti-persona.

Amnesty chiede il rispetto dei diritti umani sia da parte dei governi sia da parte dei gruppi armati diopposizione.

Amnesty è un'associazione indipendente: non è controllata da alcun governo, movimento religioso,partito politico. Non prende posizione nei conflitti politici. Amnesty basa la sua azione su standard di protezione dei diritti umani riconosciuti a livello interna-zionale: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, la Convenzione sui Diritti dell’Infanziadel 1989, la Convenzione contro ogni forma di tortura del 1984. Tali standard dimostrano che i dirit-ti umani non sono semplicemente una questione interna degli Stati. Questi ultimi non possono vio-larli neppure in caso di interesse o necessità nazionale: quindi i diritti umani non hanno confini!

Amnesty cerca di fare pressioni sui governi direttamente interessati affinché cessino le violazioni esiano rispettati gli standard internazionali. Se la legislazione interna del paese permette la deten-zione di prigionieri di coscienza e altre violazioni dei diritti umani, l’organizzazione chiede al gover-no di armonizzare tale legislazione con gli standard internazionali. Gli strumenti utilizzati da Amnestyper raggiungere i propri obiettivi sono i più diversi: petizioni e lettere ai governi, pressioni sui media,manifestazioni pubbliche, ecc... Tra tutte le tecniche, la più tradizionale è proprio la petizione all'au-torità responsabile della violazione.

Amnesty International e l’educazione ai diritti umani

Un’altra importante attività per Amnesty è l’educazione ai diritti umani attraverso cui promuove laconoscenza e l’adesione responsabile e attiva ai valori contenuti nella Dichiarazione Universale eagli altri strumenti internazionali in materia di diritti umani.

Le finalità del progetto educativo di Amnesty International si possono così riassumere:

• promuovere la sensibilizzazione ai propri diritti ed a quelli degli altri, creando i presupposti peruna cultura della tolleranza e del rispetto reciproco;

• promuovere un'opera di informazione e sensibilizzazione presso gli educatori affinché ispirinoil loro impegno professionale ai principi affermati dall’ONU in materia di istruzione;

• stimolare in ogni fascia di età ed in ogni ambito sociale e professionale una cultura dell'impe-gno e della solidarietà concreta verso le vittime (tra cui spesso giovani e bambini) di gravi vio-lazioni dei diritti umani.

© Reuters

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itinerari didattici

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Obiettivi socio-affettivi

creare un'abitudine all'ascolto e potenziare l'accettazione di idee, atteggiamenti, stili di vita a partire dalla realtà della classe per aprirsi poi a modelli culturali diversi;rafforzare le capacità di interazione da parte degli alunni, tra loro ed anche con persone di altre culture;acquisire la consapevolezza della "diversità", nelle sue varie manifestazioni, come valore corretto di crescita personale;stimolare la curiosità alla "diversità" culturale e sociale;cogliere i tratti che accomunano tutti gli uomini, al di là delle loro differenze culturali.

L’itinerario didattico può essere svolto nell’ambito delle materie umanistiche (italiano, storia, geo-grafia, lingua straniera...). Sarebbe tuttavia auspicabile che anche le altre materie potesseroconcorrere all’approfondimento dei vari aspetti di questa tematica.

obiettiviOBIETTIVI

presentazionePRESENTAZIONE

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lettura ed analisi di testi ed esercizi di comprensione dei testi proposti;visione di materiale audiovisivo;discussioni guidate;lavoro individuale di ricerca e raccolta dati;raccolta ed analisi di articoli di giornale;lavoro di gruppo per l'elaborazione grafica;realizzazione di testi espositivi ed argomentativi.

metodiMETODI

Obiettivi cognitivi

acquisire il lessico specifico;rafforzare le abilità dell'ascolto e del parlato attraverso un dialogo rispettoso dei tempi propri edegli altri;potenziare le capacità di comprensione testuale;contestualizzare alcune diverse forme di razzismo e riconoscere ed analizzare le varie formedi razzismo, talvolta inconsapevole, nella propria realtà locale.

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I Itinerario1. Il percorso inizia con l'analisi diretta di alcu-ni testi particolarmente significativi per indurrei ragazzi ad una riflessione guidata sul razzi-smo e le sue manifestazioni. La prima sezione di brani riguarda la persecu-zione contro gli ebrei (allegato 1).Abbiamo scelto di trattare il "problema razzi-smo" attraverso brani riguardanti l'antisemiti-smo perchè questo rappresenta una forma dirazzismo molto particolare che potremmochiamare "razzismo mentale"; gli ebrei infattinon sono una razza distinta, in base a carat-teri biologici trasmissibili, anche se storica-mente sono sempre stati considerati cometali. Il "razzismo mentale" rappresenta unmezzo per proiettare nell'Altro tutto ciò che èintollerabile in noi e che ci spaventa; in talmodo l'Altro diventa "pura differenza" che puòminacciare la nostra identità. Il risveglio diquesta "paura storica", mai sopita nell'incon-scio sociale, ci può far meglio comprendere leattuali metamorfosi ideologiche del razzismosuscitate dalla reale prospettiva di una socie-tà variegata e multiculturale.

2. Viene poi fornita una cronologia che iragazzi potranno utilizzare per attività diapprofondimento sulla persecuzione degliebrei, come indicato (allegato 2).

3. L'attività prosegue con una scheda sullealtre vittime del nazismo (allegato 3).Anche in questo caso vengono propostedelle attività.

4. Il percorso può essere concluso dallavisione di un film.

II Itinerario1. L’itinerario inizia con la lettura dei brani suiproblemi degli immigrati (allegato 4). Anchequesti brani sono accompagnati da note edesercizi di approfondimento.

2. Vengono poi fornite due tabelle sulla pre-senza degli immigrati in Italia che servirannocome spunto per discussioni guidate in classe(allegato 5).

3. L’attività continua con la raccolta e l’analisi diarticoli di giornali, quotidiani e settimanali, cheriguardano gli immigrati. Di che tipo di articolisi tratta? Qual è l’immagine dell’immigrato chel’articolo trasmette al lettore? Questi ed altrisaranno gli spunti per la discussione.

4. Vengono poi presentate delle vignette (alle-gato 6) tratte da “Nigrizia” che possono essereutilizzate anch’esse per una riflessione finale.Anche in questo caso i ragazzi possono racco-gliere essi stessi strisce o vignette tratte da quo-tidiani e settimanali con cui allestire un cartello-ne o altro.

5. Il percorso può essere concluso dalla visionedi un film.

III Itinerario1. L’itinerario inizia con la lettura di alcuni branisugli zingari (allegati 7 e 8). Anche questi branisono accompagnati da note ed esercizi diapprofondimento, e serviranno come spuntoper discussioni guidate in classe e riflessioniindividuali a casa.

2. L’attività prosegue con la lettura ed analisi didue poesie di Santino Spinelli (allegato 9), romabruzzese, professore dell’Università di Trieste.

3. Anche quest’ultimo itinerario può essere con-cluso con la visione di un film.

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percorsodidatticoPERCORSO DIDATTICO

© Apeiron/Firenze

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© Apeiron/Firenze

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bibliografia

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- A. Abate, Il muro dei muri, Argo, Lecce, 1994- M. Berg, Il ghetto di Varsavia, Einaudi, Torino,

1991- V. Franckl, Uno psicologo nei lager, Edizioni

Ares, Milano, 1987 - A. Frank, Diario, Einaudi, Milano, 1954 (I° Ed.)- D. Harvey Gypsy, Dal tempo dei carrozzoni,

Eurostudio, Torino, 1989- D. Kenrik, G. Puxon, Il destino degli Zingari,

Rizzoli, Milano, 1975- P. Khouma, O. Pivetti (a cura di), Io, venditore

di elefanti, Garzanti, Milano, 1990- P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi Editore,

Milano, 1958- P. Levi, Sommersi e salvati, Einaudi Tascabili,

Torino, 1993

- L. Malle, Arrivederci ragazzi, Archimede Edi-tore, Milano, 1993

- I. Matteucci (a cura di), In casa d’altri - 16immigrate filippine si raccontano, Cies-Data-news, Roma, 1991

- P. Mauresing, La variante di Lünenburg, Adel-phi Edizioni, Milano, 1993

- R. Mazzelli, Il razzismo, Ed. La scuola, Bre-scia, 1988

- R. Melliti, Pantanella. Canto lungo la strada,Ed. Lavoro, Roma, 1992

- J. Oberski, Anni di Infanzia, La Giuntina,Firenze, 1994 (III° Ed.)

- C. Sgorlon, Il Caldéras, Mondadori, Milano,1992

- A. Spiegelman, Maus (due volumi), MilanoLibri, Milano, 1994

- S. Strati, Terra di emigranti, Salani Narrativa,Firenze, 1980

- F. Ulhman, L'amico ritrovato, Feltrinelli, Mila-no, 1986

- AA.VV, Nato in Senegal - Immigrato in Italia,Ed. Ambiente, Milano, 1994

- G. Wallraff, Faccia da turco. Un infiltrato spe-ciale nell’inferno degli immigrati, Pironti,Salerno, 1986

- A. Wievorka, Auschiwitz spiegato a mia figlia,Einaudi, Torino, 1999

- R. Wright, Ragazzo negro, Einaudi, Milano, 1994- V. Zucconi, Stranieri come noi, Einaudi Scuo-

la, Milano, 1993

Consigliati per gli insegnanti:

- H. Arendt, La banalità del male. Eichman aGerusalemme, Feltrinelli, Milano, 1964 (1992)

- R. Balbi, All'erta, siam razzisti, Mondadori,Milano, 1988

- C. R. Browning, Uomini comuni. Poliziatedesca e “soluzione finale”, Einaudi, Tori-no, 1995

- C. R. Browning, Verso il genocidio, Il Sag-giatore, Milano, 1998

- P. Burrin, Hitler e gli ebrei. Genesi di ungenocidio, Marietti, Genova, 1994

- Caritas, Immigrazione. Dossier Statistico2001, Anterem, Roma, 2001

- F. Cozannet, Gli zingari, Mondadori, Mila-no, 1990

- European Roma Rights Center, Il paese deicampi. La segregazione razziale dei Rom inItalia", serie “Rapporti nazionali”, n. 9,ottobre 2000

- F. Ferrotti, La tentazione dell’oblio: razzi-smo, antisemitismo e neonazismo, Laterza,Bari, 1993

- F. Giustinelli, Razzismo, scuola e società.Le origini dell’intolleranza e del pregiudi-zio, La nuova Italia, Firenze, 1992

- D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici diHitler, Mondadori, Milano, 1997

- S. Graffard, L. Tristan, I Bibelforscher e ilnazismo (1943-1945). I dimenticati dallaStoria, Editrice Tiresias, Michel Reynaud,Parigi, 1994

- S. Grossman, I. Erenburg, Il libro nero: ilgenocidio nazista nei territori sovietici,1941-1945, edizione a cura di Arno Lusti-ger, Mondadori, Milano, 1999

- R. Hilberg, Carnefici, vittime e spettatori.La persecuzione degli ebrei 1943-45, Mon-dadori, Milano, 1994

- P. Joffroy, La spia di Dio, Massimo, Milano,1972

- M. Karpati, I Rom: vita e storie zingare, Ed.La Scuola, Brescia, 1978

- M. Karpati, Rom sim. La tradizione dei RomKalderasha, Lacio Drom, Roma, 1984

- J. Kotek, P. Rigoulot, Il secolo dei campi,Mondadori, Milano, 2000

- W. Laquer, Il terribile segreto, La Giuntina,Firenze, 1983

- B. Muller-Hill, Scienza di morte. Elimina-zione degli Ebrei, degli Zigani e dei malatidi mente (1933-1945), ETS, Pisa, 1989

- L. Picciotto Fargion, Il libro della memoria:

bibliografiaBIBLIOGRAFIA

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gli Ebrei deportati dall’Italia (1943-1945),Mursia, Milano, 1991/1992

- A. Ricciardi von Platen, Il nazismo e l'eu-tanasia dei malati di mente, Ed. Le Lettere,Firenze, 2000

- A. Scalpelli (a cura di), San Sabba: istrut-toria e processo per il Lager della Risiera,Mondadori-ANED, Milano, 1998 e Liti,Trieste, 1996;

- E. Sprinter, Il silenzio dei vivi, MarsilioEditore, Venezia, 1997

- Y. Ternon, Lo stato criminale. I genocididel XX secolo, Corbaccio, Milano, 1997

- F. Vaux de Foletier, Mille anni di storiadegli zingari, Jaca Book, Milano, 1990

- G. Viaggio, Storia degli zingari in Italia,Centro Studi Zingari, Roma, 1997

- AA.VV., Romane Krle, Voci zingare, Sen-sibili alle foglie, Roma, 1992

- S. Zuccotti, L’Olocausto in Italia, EditoriAssociati, Milano, 1995

FILM

- La vita è bella, di R. Benigni, Italia, 1997- Jona che visse nella pancia della balena, di

R. Faenza, Italia, 1993- Il tempo dei gitani, di E. Kusturika, Ex-

Jugoslavia, 1989- Arrivederci ragazzi, di L. Malle, Francia,

1988- Yaaba, di I. Ouedraogo, Francia-Svizzera,

1989- L’amico ritrovato, di J. Schartzberg, Fran-

cia, 1989- Schindler’s list, di S. Spielberg, USA, 1994

SITI INTERNET

www.auschwitz-muzeum.oswiecim.pl/html/eng/start/index.html: sito del campo di Auschwitz(in inglese) www.annefrank.nl: il sito del Museo-Casa di Anne Frank (in inglese)www.cc-memorial-site-dachau.org/gedenkstaette/english/index.html: sito del campo diDachau (in inglese) www.deportati.it: sito dell'Associazione Nazionale Ex Deportati www.windcloak.it/cultura/risiera/laris.htm: contiene informazioni sulla Risiera di San Sabba www.cestim.org/: sito del Centro Studi Immigrazione di Veronawww.caritasroma.it: sito della Caritaswww.enar-eu.org/: rete europea contro il razzismo (in inglese)www.eumc.at/: Centro di monitoraggio europeo sul razzismo e la xenofobia (in inglese)www.stranieri.it/www.vurdon.itwww.operanomadi.it

INDIRIZZI PER INFORMAZIONI

- Caritas, Ufficio Studi e Documentazione, Piazza S. Giovanni In Laterano, 6, 00184 Roma;e-mail: [email protected]

- Opera Nomadi Sez. Milano, c/o Scuola C.Marcello, Via Console Marcello 9 - 20156Milano; e-mail: [email protected]

DOCUMENTAZIONE INTERNAZIONALE

ONUDichiarazione Universale dei Diritti Umani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10/12/48Convenzione per la prevenzione e l’eliminazione del genocidio . . . . . . . . . . . . .9/12/48Dichiarazione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale . . . . . .21/12/63Patto internazionale sui diritti economici, culturali e sociali . . . . . . . . . . . . . .16/12/66Patto internazionale sui diritti civili e politici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16/12/66Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale . . . . . . .21/12/65Convenzione internazionale sulla soppressione e la punizione del crimine di apatheid 30/11/73Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne 18/12/79Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione e sul credo . . . . . . . . . . . . . . . .25/11/81Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .20/11/89Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18/12/90Statuto della Corte Penale Internazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1/7/02

UNESCODichiarazione sulla razza e i pregiudizi razziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .27/11/78

CONSIGLIO D’EUROPADichiarazione sull’intolleranza. Una minaccia per la democrazia ......................14/05/81Raccomandazione n.R (85) sull’insegnamento e apprendimento dei diritti uomani nella scuola ...................................................................14/05/85

© L. Ottria

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allegati

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Da: “L'amico ritrovato” di Fred Uhlman

Gli avvenimenti narrati nel romanzo hanno inizio nelfebbraio 1932, quando ancora non ci si aspettava ciòche sarebbe di lì a poco accaduto. L'anno successivopurtroppo, cominciavano i primi segnali di quell'o-dio razziale che avrebbe condotto alla terribile tra-gedia dell'olocausto (strage di milioni di ebrei neicampi di sterminio).

1. Passarono i giorni e i mesi, e niente venne aturbare la nostra amicizia. Dall'esterno delnostro cerchio magico provenivano voci di sov-vertimenti politici, ma l'occhio del tifone era lon-tano: a Berlino, dove a quanto si diceva, si era-no verificati scontri fra nazisti e comunisti.1 Stoc-carda continuava ad essere la città tranquilla eragionevole2 di sempre. Per la verità, anche lìavvenivano di tanto in tanto degli incidenti, manon erano che episodi di poco conto. Sui murierano comparse delle svastiche,3 un ebreo erastato molestato, alcuni comunisti percossi, ma ingenerale la vita proseguiva come al solito. GliHöhenrestaurants, il Teatro dell'Opera e i caffèall'aperto erano sempre gremiti. Faceva caldo, ivigneti erano coperti di grappoli e i rami dei melisi piegavano sotto il peso dei frutti in via di matu-razione. La gente parlava delle località dove sisarebbe recata a trascorrere le vacanze estive;in casa mia si accennava all'eventualità di unviaggio in Svizzera e Konradin avrebbe raggiun-to i suoi genitori in Sicilia. Insomma, tutto lascia-va pensare che non ci fosse nulla di cui preoc-cuparsi. La politica riguardava gli adulti; noi ave-vamo già i nostri problemi. E quello che ci pare-va più urgente era imparare a fare il miglior usopossibile della vita, oltre, naturalmente, a cerca-re di scoprire quale scopo avesse, se l'aveva, ea chiederci quale potesse essere la condizioneumana in questo cosmo spaventoso e incom-mensurabile. Questi sì che erano veri dilemmi,4

quesiti di valore eterno, assai più importanti pernoi dell'esistenza di due personaggi ridicoli edeffimeri5 come Hitler e Mussolini.

2. Certo, non potevamo negare che eravamo di"origine ebraica", né ci interessava farlo, cosìcome nessuno si sarebbe mai sognato di soste-nere che lo zio Henri, che non vedevamo da die-ci anni, non faceva più parte della famiglia. Maquesto nostro essere di "origine ebraica" nonaveva altre implicazioni oltre al fatto che una vol-ta all'anno, e precisamente il giorno del YomKippur, mia madre andava alla sinagoga e miopadre si asteneva dal fumo e dai viaggi, nonperché fosse un credente convinto, ma perchénon voleva urtare i sentimenti altrui.Ricordo ancora un'accanita discussione tra mio

padre e un sionista6 incaricato di raccogliere fon-di per Israele. Mio padre detestava il sionismo,che giudicava pura follia. La pretesa di ripren-dersi la Palestina dopo duemila anni gli sembra-va altrettanto insensata che se gli italiani aves-sero accampato dei diritti sulla Germania per-ché un tempo era stata occupata dai romani.Era un proposito che avrebbe provocato soloimmani spargimenti di sangue, perché gli ebreisi sarebbero scontrati con tutto il mondo arabo.E comunque cosa c'entrava lui, che era nato evissuto a Stoccarda, con Gerusalemme?Quando il sionista accennò ad Hitler, chieden-dogli se il nazismo non gli facesse paura, miopadre rispose: "Per niente. Conosco la miaGermania. Non è che una malattia passeggera,qualcosa di simile al morbillo, che passerà nonappena la situazione economica accennerà amigliorare. Lei crede sul serio che i compatriotidi Goethe e di Schiller, di Kant e di Beethovensi lasceranno abbindolare da queste scioc-chezze? Come osa offendere la memoria deidodicimila ebrei che hanno dato la vita perquesto paese? Für unsere Heimat?"7

A questo punto il sionista accusò mio padre diessere un "prodotto tipico dell'assimilazione", alchè mio padre rispose in tono orgoglioso: "Sì, èvero. E cosa c'è di male? Io voglio identificarmicon la Germania e sarei uno dei più accanitisostenitori dell'integrazione completa degli ebreise fossi sicuro che questo potesse costituire unvantaggio stabile per il nostro paese. A tuttora,invece, sono convinto che gli ebrei, evitando diintegrarsi completamente, agiscano da cataliz-zatori,8 arricchendo e stimolando la cultura tede-sca come hanno sempre fatto in passato."Era troppo per il sionista che, battendosi la fron-te con l'indice della mano destra, esplose gri-dando: "Lei è completamente meschugge"9. Poiraccolse le sue carte e sparì, continuando a pro-dursi nel gesto di prima.Non avevo mai visto mio padre, abitualmente unuomo tranquillo e pacifico, così furioso. Ai suoiocchi quell'uomo era un traditore della Germa-nia, il paese per cui lui, che era stato ferito duevolte durante la prima guerra mondiale, sarebbestato disposto a combattere ancora.Capivo bene mio padre, e ancora lo capisco.Come era possibile che un uomo del ventesimosecolo credesse nel Diavolo o nell'Inferno? Onegli spiriti maligni? Perché mai dovevamoscambiare il Reno e la Mosella, il Neckar e ilMeno con le acque pigre del Giordano? Per lui inazisti non erano altro che una malattia dellapelle manifestatasi in un corpo sano e, percurarla, sarebbe stato sufficiente praticare qual-che iniezione, tenere il paziente tranquillo elasciare che la natura facesse il suo corso. Per-

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ché mai avrebbe dovuto preoccuparsi, d'altraparte? Non era forse un medico noto, rispettatosia dagli ebrei che dai gentili?10 E il giorno delsuo quarantacinquesimo compleanno non si erapresentata a rendergli omaggio una delegazio-ne di eminenti cittadini, guidata dal sindaco inpersona? La sua fotografia era stata pubblicatadalla Stuttgarter Zeitung un gruppo di gentili ave-va eseguito per lui Eine kleine Nachtmusik. Sen-za contare che possedeva un talismano infalli-bile: a capo del suo letto, infatti, erano appese laCroce di Ferro di prima classe e la spada da uffi-ciale, accanto a un quadro che rappresentava lacasa di Goethe,11 a Weimar.

3. Alla metà di settembre arrivò Herr Pompetzki,il nuovo professore di storia. Veniva da unalocalità tra Danzica e Königsberg ed era forse ilprimo prussiano che avesse mai insegnato danoi; la sua pronuncia aspra e dal tono seccosuonava strana alle orecchie degli studenti,abituati alla cadenza e alle vocali aperte deldialetto svevo."Signori", esordì all'inizio della lezione, "c'è sto-ria e storia. C'è la storia contenuta nei vostri librie quella che lo sarà tra poco. Sapete tutto dellaprima, ma nulla della seconda perché alcunepotenze oscure, di cui mi auguro di potervi par-lare presto, hanno tutto l'interesse a tenervelanascosta. Per il momento, però, mi limiterò adaccennarvene in linea generale. Queste ‘poten-ze oscure’, come le ho chiamate, sono all'ope-ra ovunque, in America, in Germania, masoprattutto in Russia e, abilmente camuffate,stanno influenzando il nostro stile di vita,minando i nostri principi morali e il nostro retag-gio12 nazionale. ‘A quale retaggio si riferisce?’mi chiederete. ‘Di cosa sta parlando?’ Signori,non vi sembra incredibile che dobbiate rivol-germi una domanda del genere? Che nonabbiate mai sentito parlare del dono inestima-bile che abbiamo ricevuto? Ebbene, ora vi spiegherò ciò che questo retag-gio ha significato negli ultimi tremila anni. Versoil 1800 a.C. un gruppo di tribù ariane, i Dori, fecela sua comparsa in Grecia. Fino a quell'epoca laGrecia, paese povero e montuoso, abitato dapopolazioni di razza inferiore, era rimastaimmersa nel sonno dell'impotenza. Patria di bar-bari, senza passato e senza futuro. Ma pocodopo l'arrivo degli ariani il quadro mutò comple-tamente finché, come tutti sappiamo, la Greciafiorì, fino a trasformarsi nella civiltà più fulgidadella storia dell'umanità. E ora facciamo un sal-to in avanti. Tutti avete sentito parlare del perio-do di oscurantismo che seguì la caduta dell'Im-pero romano. Si tratterebbe dunque solo di uncaso se il Rinascimento ha avuto inizio poco

dopo la calata in Italia degli imperatori germani-ci? O non è più probabile che sia stato il sanguetedesco a rendere nuovamente fertile la terrad'Italia, che era sterile dalla caduta di Roma? E'dunque da considerare una coincidenza che ledue massime civiltà del mondo siano sbocciatesubito dopo l'arrivo degli ariani?"Proseguì su questo tono per un'ora intera. Evitòaccuratamente di dare un nome alle "potenzeoscure", ma tutti sapevamo a chi si riferiva, tan-to che, appena uscito, si scatenò una violentadiscussione, a cui io, tuttavia, rimasi estraneo.La maggior parte dei miei compagni era convin-to che avesse detto un mucchio di idiozie. "E laciviltà cinese, allora?", tuonò Frank. "E gli arabi?E gli incas? Chissà se ha mai sentito parlare diRavenna, quest'imbecille."Ma alcuni, soprattutto i meno brillanti, sostenne-ro che le sue idee non erano del tutto prive divalore. Come spiegare altrimenti la misteriosaascesa della Grecia, verificatasi dopo l'arrivo deiDori?Ma qualunque fosse la nostra opinione su Pom-petzki e le sue teorie, la sua presenza cambiòda un giorno con l'altro l'atmosfera della scuola.Fino a quel momento non mi ero mai trovato adover affrontare un'animosità superiore a quellache si manifesta di solito tra ragazzi che hannointeressi diversi e appartengono a varie classisociali. Nessuno aveva delle opinioni precise almio riguardo e mai ero incorso in fenomeni diintolleranza religiosa o razziale. Ma una mattina,arrivato a scuola, udii, oltre la porta chiusa dellaclasse, un suono di voci impegnate in un'acca-nita discussione. Non riuscii a distinguere altroche "gli ebrei", ma il termine ricorreva come unacantilena ed era impossibile fraintendere la pas-sione con cui veniva pronunciato.Aprii la porta e la discussione si interruppe bru-scamente. Sei o sette ragazzi erano riuniti incrocchio e, quando entrai, mi fissarono come senon mi avessero mai visto prima. Cinque di lorose la squagliarono, raggiungendo i rispettivibanchi, ma gli altri due - uno era Bollacher, l'in-ventore del nomignolo "Castore e Pollack", chenon mi rivolgeva più la parola da un mese, e l'al-tro era Schulz, uno zoticone violento dal peso diben settantasei chili, figlio di un povero pastoredi campagna e destinato a seguire le ormepaterne - mi guardarono dritto negli occhi. Bolla-cher sogghignò, producendosi in quella stupidasmorfia di superiorità che assumono alcuniquando, allo zoo, si trovano davanti alla gabbiadelle scimmie, e Schulz, tenendosi il naso comese avesse sentito una gran puzza, mi scrutò conespressione provocatoria. Ebbi un attimo di esi-tazione. Finalmente mi si presentava l'occasio-ne di dare una lezione a quella testa di legno,

materiali didattici

note1 Nazisti = nazista è la forma abbre-viata di nazionalsocialista, ossiaseguace o fautore del nazionalsociali-smo, l'ideologia tedesca che prenden-do a pretesto la necessità di conciliarele esigenze sociali con quelle nazio-nali creò un nazionalismo esasperato,espansionista e razzista.2 ragionevole = si tratta di una meto-nimia.3 svastiche = la svastica è un segnosimbolico che si ritrova presso moltepopolazioni dalla preistoria fino all'e-tà storica, variamente interpretato nelquadro, forse, del simbolismo solare;consiste in una croce a quattro braccidi uguale lunghezza, terminanti cia-scuno con un prolungamento adangolo retto volto verso sinistra.4 dilemma = alternativa tra due oppo-ste soluzioni; in senso lato problemadi difficilissima soluzione.5 effimero = di breve durata, labile,caduco.6 sionista = seguace del sionismo,movimento politico-religioso inteso aricostituire in Palestina una sedenazionale ebraica da offrire agli ebreidispersi nel mondo una patria comune(da Sion, nome ebraico di Gerusa-lemme).7 "Fur unsere Heimat?" = Per la nostrapatria?8 catalizzatori = persone o motivi spi-rituali che esercitano un influsso d'at-trazione su una linea d'azione o con-dotta.9 meschugge = una parola yiddish chesignifica “svitato”10 gentili = con questo termine gliebrei indicano i non ebrei.11 Goethe = uno dei maggiori poetie scrittori tedeschi, autore de “Idolori del giovane Werther” e “Leaffinità elettive” (1749-1932).12 retaggio = nell'uso moderno ser-ve ad indicare la somma di forzemorali che un popolo deriva dalproprio passato.

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ma capii che non sarebbe servito a migliorare lasituazione. Troppo veleno si era ormai infiltratonell'atmosfera della scuola. Mi diressi quindi almio posto fingendo di dare un'ultima occhiata aicompiti, come Konradin, d'altra parte, che sem-brava troppo impegnato per accorgersi di quelloche stava accadendo.A questo punto Bollacher, incoraggiato dal fattoche non avevo raccolto la provocazione diSchulz, si precipitò verso di me. "Perché non tene torni in Palestina?", urlò e, estraendo dallatasca un foglietto di carta, lo leccò e lo appiccicòsul mio banco, proprio davanti a me. Sul foglioc'era scritto: "Gli ebrei hanno rovinato la Germa-nia. Tedeschi, svegliatevi!". "Togli quella roba", gli ingiunsi."Toglila da te", mi rispose. "Bada, però: se lo faiti spezzo le ossa ad una ad una."Eravamo arrivati al dunque. Tutti i ragazzi, com-preso Konradin, si alzarono per vedere cosasarebbe successo. Questa volta ero troppoimpaurito per esitare. Era vincere o morire. Col-pii Bollacher sul viso più forte che potei. Vacillò,poi mi restituì il colpo. Entrambi eravamo privi diqualsiasi tecnica e ci scagliavamo l'uno control'altro nell'ignoranza totale di ogni regola... sì, maera anche nazista contro ebreo e io mi battevoper la giusta causa.La mia appassionata consapevolezza nonsarebbe stata sufficiente a farmi prevalere seBollacher nel tirarmi un pugno che io schivainon fosse inciampato andando ad incastrarsitra due banchi nell'attimo stesso in cui Pompetz-ki entrava in classe. Bollacher si rialzò. Con leguance rigate da lacrime di umiliazione mi addi-tò e disse: "E' stato Schwarz a cominciare."

Pompetzki mi squadrò. "Perché hai aggreditoBollacher?", mi chiese."Perché mi ha insultato", risposi, tremando per larabbia e la tensione."Davvero? E cosa ti ha detto?" si informò Pom-petzki in tono mellifluo."Mi ha detto di tornare in Palestina.""Ah, capisco", commentò il professore con unsorriso. "Ma non si tratta di un insulto, caroSchwarz! E' un buon consiglio, un consigliod'amico. E adesso sedetevi, tutti e due. Se vole-te prendervi a pugni, fatelo pure, ma fuori di qui.E tu, Bollacher, ricorda che devi essere paziente.Presto tutti i nostri problemi saranno risolti.E adesso torniamo alla nostra lezione di storia."Quando, al sopraggiungere della sera, venne ilmomento di tornare a casa, attesi che tutti se nefossero andati. Nutrivo ancora una debole spe-ranza che lui fosse rimasto ad aspettarmi, chemi avrebbe aiutato e consolato in quel momentodi disperazione. Ma quando uscii, la strada erafredda e vuota come una spiaggia in una gior-nata di inverno.Da allora lo evitai. Sapevo che il farsi vedere conme avrebbe costituito per lui motivo di imbaraz-zo e pensai che mi sarebbe stato riconoscenteper la mia decisione. Ormai ero solo. Nessunomi rivolgeva più la parola. Nemmeno MaxMuscolo, che aveva preso a portare una piccolasvastica d'argento sulla giacca, mi chiedeva piùdi esibirmi di fronte agli altri. Persino i vecchi pro-fessori parevano essersi dimenticati di me. Nonme ne dolevo. Il lungo e crudele processo chemi avrebbe portato a perdere le mie radici erainiziato e già le luci che avevano guidato il miocammino si stavano affievolendo.

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ESERCIZI

1. Che cosa significano le espressioni "nel

nostro cerchio magico" e "l'occhio del tifone era

lontano"?

2. Evidenzia in questa pagina tutti gli elementi

che, a tuo parere, già preludono alla catastrofe

imminente.

3. Hitler e Mussolini vengono definiti "due perso-

naggi ridicoli ed effimeri". Come giustifichi tale

affermazione? Corrisponde a queste parole,

quanto poi accaduto, in relazione alla vicenda

che li vide protagonisti?

4. Chiedi all'insegnante di religione informazioni

più dettagliate sulle principali tradizioni religiose

ebraiche e in particolare sulle festività.

5. Quand'è che la Germania fu occupata dai

Romani?

6. Cerca di spiegare le similitudini a pag. 10 in

cui i termini di rapporto sono il nazismo da un

lato e una malattia della pelle, dall'altro.

7. Cerca nel dizionario i significati del termine

"gentile" e scrivi per ognuno di essi una frase

cercando di contestualizzarla.

8. Contesta l'affermazione "c'è storia e storia...".

9. Quali sono "queste potenze oscure"? Cerca di

rispondere con l'aiuto dell'insegnante di storia.

10. Commenta le risposte del professore all'af-

fermazione del protagonista circa le motivazioni

della lite con il compagno di classe.

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materiali didattici

Da: “La variante di Lüneburg” di Paolo Maurensig

1. Anche se gli scacchi rappresentavano aquel tempo tutta la mia vita, essi restavanotuttavia un microcosmo13 incastonato in unmondo che sembrava come sospeso nell'at-tesa di grandi eventi. Ecco allora che terminicomuni al gioco, quali: attacco, dominio, con-quista, vittoria... si applicavano alla realtà diun macrocosmo14 già sottoposto a mutamentispaventosi. Proprio a Berlino, in una giornatadi maggio, fu elevato un enorme rogo. Ad ali-mentare quelle fiamme erano dei libri: nomicome Freud, Proust, Einstein - ma ancheSteinitz, Niemzovitc, Rubenstein - venivanobruciati sulla pubblica piazza (e nel frattempoMein Kampf superava il milione di copie ven-dute). Alle orchestre fu vietato di eseguiremusiche di Mendelssohn, Schönberg, Inde-mith e di altri autori ebrei. Sedicimila dipinti,disegni e sculture di quella che veniva bollatacome "arte degenerata"15 furono sequestratidalle mostre e dalle gallerie d'arte, e furonodistrutti. Fu solo grazie alla previdenza16 diuomini come mio padre se molti capolavori sisalvarono dall'autodafé.17 Mio padre, infatti,non era solo un mercante d'arte, ma anche unautentico amatore, dalle idee moderne e lun-gimiranti.18 Molto spesso teneva per sé qual-che opera pregiata, che non avrebbe vendu-to per nessuna ragione e, tra queste, eglipossedeva allora una intera collezione di pit-tori di avanguardia. Solo una parte dei suoiquadri si salvò...Ben presto iniziò un aperto boicottaggio19 neiconfronti degli ebrei. Essi cominciarono avenire esclusi dagli incarichi ufficiali, dalle uni-versità, dal parlamento. Alla fine di quell'annogià parecchie decine di migliaia di loro avevapreso la decisione di emigrare. Ma molti,paradossalmente, videro in tutto questo unsegno positivo. In fondo, non doveva esserepreceduta da eventi terribili la tanto attesavenuta del Messia? Era però un ben tristoprofeta quello che si stava manifestando. Ciònonostante, molti continuavano a pensareche, malgrado le pesanti restrizioni, si potes-se ancora restare. Erano o non erano tede-schi? Molti di loro erano veterani della Gran-de Guerra, avevano combattuto per la stessapatria e di questa condividevano ideali ederoi. Non era forse anche la "loro" patria? Ese questa terra non garantiva più nulla, qualealtro posto al mondo poteva rappresentare unrifugio sicuro?Se c'è qualcosa che da millenni ha caratteriz-zato la nostra razza, è una sorta di fatalismo,

di rassegnazione. Certo, eravamo milioni, marestavamo pur sempre un immenso greggepronto a disperdersi al solo apparire di uncane ringhioso. E questo gregge aveva laGermania come recinto, e si ammassava dauna parte all'altra senza trovare una via d'u-scita. Un panico paralizzante ci stava perva-dendo. Tornavamo alla vita del ghetto, all'e-marginazione, mentre tutt'attorno fervevanoparate militari e raduni, e l'aria risuonava divoci reboanti e minacciose. Già veniva paratauna selezione minuziosa. Tutti gli uominidovettero aggiungere, al proprio il nome diIsrael, e tutte le donne quello di Sara. Ci futolta la cittadinanza e restammo solo ospiticon il permesso di soggiorno sul punto di sca-dere. E si parlava di trasportarci in massa nelMadagascar, o di farci tornare in Palestina,ciò che per molti significava dover riconosce-re il proprio fallimento storico. Dov'era allorala tanto ambita Terra Promessa?Mio padre fu tra coloro che peccarono di otti-mismo. E sì che duemila anni di storia avreb-bero dovuto insegnargli qualcosa. Invece, eglisi sentiva al sicuro: erano le sue ricchezze adargli questo senso di invulnerabilità. Nonvolle fuggire quando era ancora possibile far-lo, si limitò solo ad allontanarsi dall'epicen-tro.20 Riparammo in Austria, a Graz, dove pos-sedevamo una casa e dove le condizioni divita ci sembravano più sopportabili.

2. Finché una sera questa rarefatta sensazio-ne di pericolo non si materializzò improvvisa-mente in una frase colta al volo al ristorante,mentre passavo accanto alla tavola..."A questi porci ebrei non dovrebbe esserepermesso...", disse qualcuno. E quella frasenon poteva essere diretta che a me.Occupai il mio solito posto. Ero ancora tuttoconcentrato sulla partita che si era appenaconclusa. Erano le nove di sera e la sala eragremita. Da quella tavolata, non molto distan-te da me, continuavano a levarsi canti e schia-mazzi; e gli scrosci di risa che di tanto in tan-to provenivano da quell'allegra brigata misembravano tutti avere per oggetto la mia per-sona.Sarà stato forse perché, in quel grande salo-ne, ero l'unico a sedere da solo, a un tavoloun po' in disparte, l'unico a restare in silenziomentre tutt'attorno a me fioccavano frammen-ti di brillante convivialità viennese, ma eccoche quella sensazione di una minacciaincombente tornò a manifestarsi più forte chemai. In fondo, pensai, è in noi stessi che simanifesta la pazzia, e senza che nulla acca-da al mondo circostante tutto può apparirci ad

13 microcosmo = mondo di dimen-sioni ridotte.14 macrocosmo = l'universo inquanto è contrapposto all'uomointeso come microcosmo.15 degenerato = psichicamente emoralmente perverso.16 previdenza = accortezza; l'abitu-dine a prendere in considerazione,prudentemente e tempestivamente,le necessità del futuro.17 autodafé = sentenza che seguivaal processo dell'Inquisizione spa-gnola contro gli eretici, cui segui-va la morte sul rogo.18 lungimiranti = previdenti; che,nel compiere una cosa o nel pren-dere un'iniziativa, tengono contodelle prevedibili conseguenzeanche in un avvenire lontano.19 boicottaggio = azione che tendea danneggiare o isolare economi-camente un ente o uno Stato pro-duttore di deteminate merci esten-sivamente, qualsiasi azione voltaad ostacolare sistematicamenteun'attività.20 epicentro = centro di diffusionedi un fenomeno fisico o spirituale;punto in cui un fenomeno si mani-festa e si diffonde.

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neun tratto malevolo. Cercai di calmarmi. Dissi a me stesso che for-se era soltanto la mia immaginazione, che erogiovane e impressionabile.Passò più di un'ora prima che qualcuno sidegnasse di venirmi a servire. Dopo essermiparecchio sbracciato in direzione di camerieriche sembravano ciechi e sordi, riuscii final-mente a fermarne uno e ad ordinargli la cena.Dovetti aspettare un'altra mezz'ora per sentir-mi dire che quanto avevo chiesto era andatonel frattempo esaurito. Rifeci l'ordinazione,che il compitissimo cameriere annotò scrupo-losamente. Ma era proprio un cameriere quel-lo che si chinava accanto a me, o non era for-se lo scrivano che segna il nome delle animegiunte alla sponda del fiume della morte?Intanto alla tavolata del mio antagonista sicontinuava a gozzovigliare. I tappi delle botti-glie di champagne saltavano in continuazione,e la sequela dei brindisi sembrava non averefine.Ridotto alla disperazione, riuscii nuovamentead attirare l'attenzione del cameriere."Spiacente ma è tutto finito, signore", mi dissecosternato.Naturalmente protestai."Vedrò se c'è rimasto qualcosa in cucina".Questa volta non dovetti aspettare troppo. Vidiavvicinarsi il maître d'hôtel in persona. Eraseguito da un cameriere che spingeva un car-rello con un sontuoso porta vivande. Il loroarrivo non passò inosservato. Molti tacquero.Raggiunto che ebbero il mio tavolo, il came-riere si fece avanti e, con ostentata cerimonio-sità, sollevò il coperchio d'argento, e mi misedavanti la testa mozza di un capretto."Temo che dovrà accontentarsi", mi disse. Eprima che io potessi riavermi dal disgusto idue si erano già allontanati.Da quella tavolata si levò allora una fragorosasalva di risate, e vidi i convitati alzare il caliceverso di me in un brindisi che non aveva nulladi augurale.Mi resi conto solo allora di essere stato perl'intera serata l'oggetto di una beffa crudele.Guardandomi attorno, mi accorsi che in tuttala sala, seppure senza darlo a vedere, anchei più lontani vi prendevano parte. Mi rivolgeva-no infatti sguardi di ironica commiserazione, esi scambiavano occhiate di complicità. Con unatteggiamento di affettata disinvoltura si chi-navano a sussurrare qualcosa al proprio com-pagno di tavola, il quale a sua volta ripeteva lastessa mimica con il commensale che gli sta-va accanto, finché, questa insistita pantomi-ma, nel voler passar inosservata, non diventòevidentissima. Le teste si piegavano l'una sul-

l'altra come birilli, e ben presto tutta la sala fupercorsa da un fremito di ilarità. Uscire fu lacosa più difficile. Lasciai il ristorante tra gliinsulti.

Mentre attraversavo la città in taxi, diretto allastazione, ebbi la netta impressione di essereprecipitato su un altro pianeta, ostile e crude-le. La mia natura, portata al silenzio e allariflessione, aveva sempre provato un certodisgusto per ogni forma di frastuono o di cla-more, per ogni manifestazione di quell'allegriaportata all'eccesso che tanto spesso sconfinanella violenza. Avevo sempre odiato la gozzo-viglia goliardica21 e carnevalesca come se lamorte, proprio nei riti che vogliono esorcizzar-la, mi si facesse ancora più minacciosa. Ma inquel momento provavo solo paura. Lungo lestrade di Vienna sembrava consumarsi unalaida festa. Si vedevano dappertutto ammon-ticchiate delle masserizie fracassate. La gen-te si riversava sui marciapiedi come fosseubriaca. Si udivano grida e bestemmie, e quae là echeggiava qualche sparo isolato. SullaArgentinierstrasse molti lampioni erano statifrantumati, e il viale restava per lunghi trattiaccecato. All'arrivo del nostro taxi un gruppodi persone improvvisamente uscì dal buio,tagliandoci la strada e tentando di bloccarel'automobile. L'autista pigiò sull'acceleratore,e per poco non le investimmo. Sentii le loromani percuotere le lamiere, i loro volti minac-ciosi - o solo terrorizzati? - mi sfiorarono, e levidi infine rincorrerci agitando le braccia.Anche al Franz Josefs Bahnhof erano scop-piati dei disordini; sulla piazza antistante lastazione si era raccolta una gran folla di curio-si per assistere a un atroce spettacolo: quat-tro individui che, a furia di calci e di sputi,costringevano un vecchio a camminare car-poni sul selciato, con gli abiti strappati e uncartello appeso al collo.Intimai al tassista di proseguire. Dirigendociverso la stazione seguente ci imbattemmoancora in numerose scene di violenza. Per lestrade di Vienna sembrava essersi aperta lacaccia all'uomo, una caccia al grido di "Juden,Juden raus!".Ma colui che assunse in sé tutto l'odio esplo-so in quel momento, tutto l'astio repressodell'uomo della strada nei confronti degliebrei, fu proprio il conducente del taxi, il qua-le, forse non sospettando che ne fossi unrappresentante, continuò a proclamare tuttoil suo disprezzo per questa "razza maledet-ta" che doveva essere "cancellata dalla fac-cia della terra". Quella sua nuca paonazza,avrei detto da cocchiere, ereditata dal padre,

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1. Il protagonista del brano è vittima di uno

scherzo crudele. A questo scherzo partecipano

direttamante ed indirettamente tutte le persone

che sono presenti in sala. Chi vi partecipa

direttamente? Chi indirettamente? In che

modo? Evidenzia le frasi che si riferiscono a

questi due tipi di partecipazione.

2. Nel gioco degli scacchi il pedone è il pezzo

meno importante. Che significa la frase: “Ma

bastò la delazione di uno solo – di un solo

maledetto pedone – a perderci”?

materiali didattici

ESERCIZI

o ancor prima da un nonno forse fiaccheraiodi piazza, quella sua nuca gonfia e fessura-ta, compressa tra il colletto della giacca dicuoio e il bordo posteriore del berretto con-sunto, esprimeva un'ottusa e implacabileostilità: era anzi l'immagine stessa dell'intol-leranza - come un volto mostruoso, doveogni organo si fosse rimarginato, annullan-dosi in una massa informe.Forse, in tutta Vienna, fui l'ultimo a sapereche il cane rabbioso stava ormai affondandole sue orme sul suolo austriaco, e che questoprimo atto di forza della nazione vicina avevascatenato i peggiori istinti che sonnecchiava-no nell'animo del tranquillo cittadino vienne-se. Il pacifico Kobold era stato soppiantato daun Troll sanguinario. L'Austria era stata coltada una vera e propria isteria antisemita, laquale portò a incredibili eccessi di violenza.Quella notte e nei giorni successivi nella solaVienna furono più di mezzo migliaio gli ebreiche si tolsero la vita; e migliaia di loro venne-ro deportati nel primo campo di concentra-mento sorto a Dachau.Esattamente sette mesi dopo, si scatenòun'altra ondata di violenza, questa volta suvasta scala e colpendo più duramente anco-ra. Il 10 novembre 1938 in Germania e inAustria vennero incendiate centonovantacin-que sinagoghe. Parecchie migliaia di negoziappartenenti a famiglie ebree furono deva-stati e dati alle fiamme, assieme a innumere-voli abitazioni. Ben ventimila persone venne-ro arrestate e deportate nei campi di concen-tramento. Quella notte sarà ricordata persempre come la "notte dei cristalli": un nomesquisitamente poetico per designare l'inizio diun interminabile eccidio.22

Agli ebrei venne in breve tempo negato ognidiritto. Dovettero portarsi cucita addosso lastella gialla di Davide: un contrassegno chenon permetteva né di frequentare un localepubblico, né di passeggiare, né di guardarele vetrine - in una parola di vivere.

3. Per qualche tempo i miei genitori e io conti-nuammo a vivere in queste condizioni di nonesistenza, adeguandoci alle crescenti restrizio-ni che ci venivano imposte, ogni giorno piùnumerose e feroci. Cercavamo di metterci invista il meno possibile, restavamo quasi sem-pre in casa, e persino tra le pareti domestiche,parlando tra noi, bisbigliavamo. A sostenerciera l'illusione che le cose atroci di cui pure sen-tivamo parlare riguardassero gli altri, possibil-mente lontani, sicuramente colpevoli di qualchegrave reato visto che venivano puniti a quelmodo, e che a noi, che non avevamo fatto nul-la di male, non sarebbero certamente accadu-te. Dicevamo a noi stessi che tutto sarebbepassato, e che bisognava avere solo la forza diaspettare. Ma non era così. Il fatto che alcuni dinoi fossero stati finora risparmiati non significa-va nulla, era solo una questione di tempo - maanche una clessidra ha i suoi ultimi granelli dacontare. E infine, quando cominciò ad accade-re nella nostra stessa via, e poi ai nostri dirim-pettai, e infine agli inquilini del piano di sotto,portati via in piena notte, capimmo che a nullasarebbe valso sperare, e che sicuramenteanche il nostro nome era già segnato sul docu-mento che aspettava solo l'avallo23 di una firma.Così, sotto le assi del solaio della casa di Graz,nascondemmo un rotolo di tele e tutti gli ogget-ti preziosi che possedevamo. Chi di noi si fosse salvato avrebbe saputo dovetrovarli.Ho un ricordo vago, nebuloso, di quella lunga,quasi miracolosa, dilazione.24 Fu un periodo diincessanti peregrinazioni da un paese all'altro,di continui spostamenti verso sempre nuovirifugi, con sempre nuove identità, nuovi docu-menti... e le vecchie paure. Grazie al denaro dimio padre ottenemmo molti appoggi; e, a direil vero, ricevemmo anche l'aiuto disinteressatodi alcuni amici, ebrei e non. Ma bastò la dela-zione di uno solo - di un solo maledetto pedo-ne - a perderci.

21 gozzoviglia goliardica = baldo-ria chiassosa ed intemperante.22 eccidio = strage particolarmenteferoce.23 avallo = adesione, conferma.24 dilazione = rinvio.

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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO

INTRODUZIONE

Da: “Sommersi e salvati” di Primo Levi

Le prime notizie sui campi d'annientamentonazisti hanno cominciato a diffondersi nell'annocruciale 1942. Erano notizie vaghe, tuttavia fraloro concordi: delineavano una strage di propor-zioni così vaste, di una crudeltà così spinta, dimotivazioni così intricate, che il pubblico tende-va a rifiutarle per la loro stessa enormità. E'significativo come questo rifiuto fosse stato pre-visto con ampio anticipo dagli stessi colpevoli;molti sopravvissuti (tra gli altri, Simon Wiesen-thal nelle ultime pagine de Gli assassini sono franoi, Garzanti, Milano, 1970), ricordano che i mili-ti delle SS si divertivano ad ammonire cinica-mente i prigionieri:"In qualunque modo questa guerra finisca, laguerra contro di voi l'abbiamo vinta noi; nessunodi voi rimarrà per portare testimonianza, ma seanche qualcuno scampasse, il mondo non glicrederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni,ricerche di storici, ma non ci saranno certezzeperché noi distruggeremo le prove insieme convoi. E quando anche qualche prova dovesserimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, lagente dirà che i fatti che voi raccontate sonotroppo mostruosi per essere creduti: dirà chesono esagerazioni della propaganda alleata, ecrederà a noi che negheremo tutto, e non a voi.La storia dei lager, saremo noi a dettarla".

LO CHOC DELL’ACCETTAZIONE

Da: “Uno psicologo nei lager” di Victor Frankl

Nel riordinare e ripartire almeno in via provviso-ria il vasto materiale sui campi di concentramen-to, comprendente note autobiografiche, osser-vazioni fatte da estranei, e un gran numero diesperienze vissute, possiamo distinguere trefasi nelle reazioni spirituali dei prigionieri: la fasedell'accettazione nel campo di concentramento;la fase della vita vera e propria nel lager, e lafase successiva al rilascio, o per meglio dire, allaliberazione dal campo. Sintomatico25 della primafase è il cosiddetto "choc dell'accettazione"...Quale fu, per esempio, la reazione del contin-gente con il quale io arrivai ad Auschwitz? Cer-cate di immaginarlo: 1.500 persone viaggianoormai da alcuni giorni e molte notti; nei vagoni80 persone giacciono sui loro bagagli (gli ultimiresti del loro avere), così che solo l'angolo piùalto della finestra dello scompartimento, libero

da sacchi ammassati, borse ecc..., permette digettare uno sguardo sull'alba che s'avvicina.Tutti credevano che il convoglio fosse destinatoa una fabbrica di armi e munizioni, nella qualesaremmo stati costretti a lavorare. Il treno si fer-ma, a quanto pare in aperta campagna. Nonsappiamo bene se ci troviamo ancora nella Sle-sia o in Polonia. Il fischio stridulo della locomo-tiva risuona sinistro, penetrante come un gridodi aiuto, denso di presagi, come se la locomo-tiva personificasse la massa d'uomini che staconducendo a una grande disgrazia. Il trenocomincia a far manovra; dobbiamo essere aduna stazione abbastanza importante. Improvvi-samente, dalla piccola folla rinchiusa nel vago-ne in timorosa attesa, si alza un grido: "Qui c'èun cartello: Auschwitz!". Ognuno di noi sente ilcuore fermarsi. Auschwitz era un concetto, l'in-carnazione di idee confuse - e per questo anco-ra più terribili - di camere a gas, crematori eassassinii in massa. Il treno si muove lentamen-te, quasi esitando, come se volesse porre, gra-dualmente, con delicatezza, la merce umanache trasporta di fronte alla verità: "Auschwitz!".Ora si vede meglio: nella luce dell'alba affioranoper chilometri e chilometri, a destra e a sinistradelle rotaie, i contorni di un campo mostruosa-mente grande. Doppi e tripli recinti di filo spina-to si estendono senza fine; torri di controllo,riflettori e lunghe colonne di figure umane, vesti-te di brandelli, grigie nel grigiore dell'alba. Si tra-scinano lentamente, stanche, lungo le desolatestrade di campagna, nessuno sa verso dove.Qua e là sentiamo alcuni fischi di comando, nes-suno sa il perché. Qualcuno di noi ha già orren-de visioni. A me parve, per esempio d'intravede-re alcune forche, dalle quali penzolavano cada-veri di impiccati. Mi sentii inorridire, e fu bene:tutti noi dovevamo essere portati al grande orro-re, attimo dopo attimo, passo per passo. Final-mente entriamo in stazione. Non succede anco-ra nulla. Ecco: ordini gridati in quel tono partico-lare, con un urlo acuto, rauco, che avremmosentito d'ora in poi in tutti i campi. Risuona comel'ultimo grido di un assassinato, ma l'intonazioneè diversa: opaco, fioco, come se uscisse dallagola di un uomo che deve sempre gridare così,che qualcuno uccide senza pausa.E poi, qualcuno apre con uno strappo la portadel vagone, una piccola muta di internati, neisoliti vestiti a strisce, si precipita nel vagone, ilcranio rasato, ma un aspetto decisamente flori-do; parlano in tutte le possibili lingue europee,tutti ostentano26 una giovialità che in questomomento e in questa situazione pare grotte-sca.27 Come chi sta per annegare s'afferra a unfilo di paglia, così quel fondamentale ottimismoche mi sorreggerà proprio nei momenti più diffi-

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cili, s'aggrappa a questo dato di fatto: non ha l'a-ria di star male, questa gente; hanno buona cerae ridono persino...Più o meno, tutti i prigionieri del nostro convoglioerano dunque in quel delirio28 di grazia che fasperare, nonostante tutto, in un lieto fine. Nonpotevamo comprendere ancore a fondo il signi-ficato di ciò che si svolgeva in quelle ore; soloalla sera lo capimmo. Ci fu ordinato di lasciarenel vagone tutti i nostri bagagli, scendere daltreno, riunirci in due colonne, una di donne euna d'uomini, e sfilare, infine, di fronte a un altoufficiale delle SS...E finalmente mi trovai di fronte a lui: alto, magro,aitante, in un'uniforme perfetta e pulitissima; eraun uomo elegante e curato, ben diverso da noimiserabili, segnati da notti insonni, sciatti. Stavain piedi, con aria disinvolta, appoggiando il gomi-to destro sulla mano sinistra, la mano destra ele-vata; con l'indice di questa mano compiva unpiccolo, misuratissimo cenno - ora a destra, oraa sinistra - molto più spesso a destra... Nessunodi noi poteva supporre, neppure da lontano, qualera il significato di questo piccolissimo gesto,fatto dall'indice della mano d'un uomo - ora adestra, ora a sinistra, più spesso a destra...Alla sera sapevamo il significato di questo giococon l'indice: era stata la prima selezione.Avevano deciso per la prima volta: essere o nonessere. La stragrande maggioranza del nostroconvoglio, circa il 90 per cento, ebbe una con-danna a morte... Chiesi ai compagni che da piùtempo erano nel lager, dove potesse essere fini-to il mio collega e amico P. "E' stato mandatodall'altra parte?", "Sì", rispondo. "Allora lo vedilà", mi dicono. Dove? Una mano mostra il cami-no distante poche centinaia di metri, dal qualesibila una lingua di fuoco, alta parecchi metri,mostruosa, nel vasto, grigio cielo polacco, e siscioglie poi in una cupa nuvola di fumo. Che c'èlaggiù? "Là, il tuo amico vola nel cielo", mirispondono rudemente...Attraverso sentieri di fili spinati, carichi di corren-te elettrica, la nostra colonna dovette raggiunge-re il bagno di disinfezione, sotto la sorveglianzadelle SS con i fucili puntati.Per noi, favoriti dalla prima selezione, fu alme-no un vero bagno. Il nostro delirio di graziatrovò nuovo nutrimento: pare che le SS sianogentilissime! Ma presto notammo una cosa:erano gentili finché vedevano qualche orologioancora al nostro polso, e cercavano di convin-cerci a "consegnarli" con grande cortesia. Delresto dovevamo lasciare ogni nostro avere.Ognuno di noi si disse: dal momento che tuttoè perduto, perché non dare spontaneamentel'orologio a quest'uomo relativamente gentile?Forse mi sarà d'aiuto in qualche modo.

Ora attendiamo in una baracca: l'anticameradella "disinfezione". Una SS arriva con dellecoperte: dobbiamo gettarci quanto ci rimane:gli orologi e tutti i gioielli. Con grande gioia deidetenuti "anziani", che collaborano alla opera-zione, vi sono tra noi ancora degli ingenui, cheosano chiedere di conservare almeno la fede,o un medaglione, un talismano, un ricordo.Nessuno arriva a credere che ci sarà tolto pro-prio tutto, fino all'ultimo avere...Un'improvvisa agitazione anima la folla dei mieicompagni di viaggio, che discutevano perples-si e non sapevano che cosa fare, coi volti spa-ventosamente pallidi. Di nuovo quei comandiurlati da voci rauche; siamo spinti, con percos-se e di corsa, nel locale vicino, che è poi la veraanticamera delle docce. Ci troviamo in un atrio,in mezzo al quale una SS attende di vedercitutti riuniti, prima di parlare: "Vi lascio dueminuti. Controllo sul mio orologio. In questi dueminuti, dovete spogliarvi completamente; get-tate tutto a terra, dove vi trovate; non poteteportare nulla con voi, tranne le scarpe, la cintu-ra e le bretelle, un paio d'occhiali e tutt'al più ilcinto erniario. Cronometro i due minuti - via!"Con furia incredibile, la nostra gente si strappai panni di dosso. Mentre il tempo concesso staper scadere, i prigionieri si affannano semprepiù nervosi e inetti, intorno a capi di vestiario ebiancheria, fettucce e cinture ecc.. ecc... Sicominciano a sentire i primi schiocchi: nerbi29 dibue colpiscono i corpi nudi. Poi, ci spingono inun altro locale. Siamo rasati, e non solo sul cra-nio; su tutto il corpo non ci resta più nemmenoun pelo. Ci trascinano poi nelle docce. Ci met-tono in formazione, quasi non ci riconosciamopiù tra di noi. Ma ognuno di noi constata, conenorme gioia e sollievo, che dagli imbuti cado-no veramente gocce d'acqua... Mentre continuiamo ad attendere la nostranudità ci diventa familiare: non abbiamo nien-t'altro, soltanto questo corpo nudo; non ci restanulla, tranne questa nostra esistenza, letteral-mente nuda. Quale anello di congiunzioneesterno ci unisce ancora alla vita di prima?...Caddero così, una dopo l'altra, tutte le illusio-ni che qualcuno conservava ancora. Eppure,la maggior parte di noi, ebbe una reazioneinattesa: affiorò l'umorismo macabro delladisperazione. Non avevamo nulla da perdere,tranne questa vita, così ridicolmente nuda.Mentre dalla doccia scrosciava già l'acqua,gridammo osservazioni più o meno buffe, checomunque pretendevano di essere buffe, e cisforzammo angosciosamente di ironizzare sunoi stessi e sugli altri. Perché diciamoceloancora: dagli imbuti della doccia cadeva vera-mente dell'acqua...

25 sintomatico = fortemente indica-tivo.26 ostentano = ostentare indica un'e-sibizione di sentimenti, stati d'ani-mo, disponibilità, in realtà assenti opresenti in misura inferiore a quelloche si vorrebbe far credere.27 grottesco = stranamente deforme einnaturale, paradossale ed inspiega-bile.28 delirio = alterazione della menteche porta a pensare e a dire cose pri-ve di significato e assurde.29 nerbi = scudisci di tendini boviniessiccati ed intrecciati, usati comestrumento di correzione o punizionespietata.

materiali didattici

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Sopravvenne poi un altro sentimento: curiosità.Conosco questo stato d'animo, per averlo speri-mentato, come reazione fondamentale a certecondizioni difficili, anche in altre circostanze.Sempre, quando mi son trovato in pericolo divita, cadendo per esempio durante una scalata,negli attimi (o più probabilmente nelle frazioni disecondo) in cui si svolgeva tutto, provavo unasola sensazione: curiosità. Curiosità di saperese me la sarei cavata o no, se ne avessi rica-vato una frattura cranica o altre ossa rotte, e cosìvia. Anche ad Auschwitz prevaleva quest'atmo-sfera di quasi oggettivazione30 del mondo edistacco dagli uomini, di fredda curiosità; era lostato d'animo di chi sta a vedere e attende, ladisposizione nella quale la psiche cerca di ritrar-si per trovare la salvezza, in siffatti momenti.Eravamo curiosi per ciò che sarebbe accaduto inseguito, per le conseguenze. Come sarebbe fini-ta con quell'appello nel cortile, al quale dovem-mo presentarci nudi come vermi e ancora umididopo la doccia, con il freddo del tardo autunno?Nei giorni seguenti, la curiosità cedette alla sor-presa. La sorpresa di constatare, per esempio,che nessuno si era raffreddato. I nuovi venutiebbero del resto molte piccole sorprese. Chi diloro era medico, imparò innanzitutto che i librimentono. Secondo i testi, nessun uomo puòrestare sveglio più di un certo numero di ore.Non è vero. Noi stessi eravamo convinti di nonpoter fare certe cose, o di non poter vivere senzaaltre. Non posso dormire "se non ...", non possovivere "senza ...". Nella prima notte adAuschwitz, ho dormito in "letti" di assi, a tre piani.In ogni piano (una superficie di 2 metri per 2 emezzo), nove persone dovevano giacere sullegno. Ogni piano, cioè 9 persone, disponeva di2 sole coperte. Naturalmente potevamo sdraiar-ci solo sul fianco, stretti l'uno all'altro, e quasipremuti l'uno sull'altro: ciò non era un gran male,dato il freddo esterno e dato che le baracche nonerano riscaldate. Era proibito lasciare le scarpein questo cosiddetto "box", solo qualcuno di noile usava come cuscino, nonostante fosseroincrostate di fango. Non restava altro che appog-giare la testa sul braccio, teso e quasi slogatoverso l'alto. Nonostante tutto, il sonno ci rendevainconsapevoli, placando il tormento della nostrasituazione. Delle altre sorprese su quanto ognu-no di noi poteva sopportare, ricordo solo che pertutto il tempo passato nel lager non ci lavammo identi e nonostante la grave carenza di vitamine,le nostre gengive furono più sane di prima(anche di quando ci nutrivamo di cibi sanissimi).Oppure: per sei mesi portavamo la stessa cami-cia, finché non la si riconosceva più, neppurecon la migliore buona volontà. Non fu possibilelavarci, neppure sommariamente, per giorni inte-

ri, perché la tubatura dei bagni era gelata, manonostante le ferite alle mani, sporche per i lavo-ri di sterro, nessuno ebbe piaghe purulente(salvo quando si facevano sentire gli effetti deigeloni). E ancora: un uomo che prima si sveglia-va per il più lieve rumore proveniente dalla stan-za vicina e non poteva riaddormentarsi, qui dor-miva accanto ad un compagno, dal cui naso, apochi centimetri di distanza dal suo orecchio,risuonava un potentissimo russare, e cadeva inun sonno profondo non appena si svegliava.Comprendemmo presto quanto fosse vera lafrase di Dostojewski che definisce l'uomo comel'essere che si abitua a tutto. Qualcuno potrebbechiederci se e fino a che punto è vero che l'uo-mo può abituarsi a tutto; la risposta è affermati-va, ma non chiedete come...

Da: “Se questo è un uomo” di Primo Levi

Venne a un tratto lo scioglimento. La portiera fuaperta con fragore, il buio echeggiò di ordini stra-nieri, e di quei barbarici latrati dei tedeschi quan-do comandano, che sembrano dar vento a unarabbia vecchia di secoli. Ci apparve una vastabanchina31 illuminata da riflettori. Poco oltre, unafila di autocarri. Poi tutto tacque di nuovo.Qualcuno tradusse: bisognava scendere coibagagli, e depositare questi lungo il treno. In unmomento la banchina fu brulicante di ombre: maavevamo paura di rompere quel silenzio, tutti siaffaccendavano intorno ai bagagli, si cercavano,si chiamavano l'un l'altro, ma timidamente, amezza voce...Una decina di SS stavano in disparte, l'aria indif-ferente, piantati a gambe larghe. A un certomomento, penetrarono fra di noi, e, con vocesommessa, con visi di pietra, presero a interro-garci rapidamente, uno per uno, in cattivo italia-no. Non interrogavano tutti, solo qualcuno."Quanti anni? Sano o malato?" e in base allarisposta ci indicavano due diverse direzioni...Tutto era silenzioso come in un acquario, ecome in certe scene di sogni. Ci saremmo attesiqualcosa di più apocalittico:32 sembravano sem-plici agenti d'ordine. Era sconcertante e disar-mante. Qualcuno osò chiedere dei bagagli:risposero "bagagli dopo"; qualche altro non vole-va lasciare la moglie: dissero "dopo di nuovoinsieme"; molte madri non volevano separarsidai figli: dissero "bene bene, stare con figlio".Sempre con la pacata sicurezza di chi non fache il suo ufficio di ogni giorno; ma Renzo indu-giò un attimo di troppo a salutare Francesca, cheera la sua fidanzata, e allora con un solo colpo inpieno viso lo stesero a terra; era il loro ufficio diogni giorno.Scomparvero così, in un istante, a tradimento, le

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nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli. Quasinessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo unpo' di tempo come una massa oscura all'altraestremità della banchina, poi non vedemmo piùnulla.Emersero invece nella luce dei fanali due drap-pelli di strani individui. Camminavano inquadrati,per tre, con un curioso passo impacciato, il capospenzolato in avanti e le braccia rigide. In capoavevano un buffo berrettino, ed erano vestiti diuna lunga palandrana33 a righe, che anche dinotte e di lontano si indovinava sudicia e strac-ciata. Descrissero un ampio cerchio attorno anoi, in modo da non avvicinarci, e, in silenzio, sidiedero ad armeggiare coi nostri bagagli, e asalire e scendere dai vagoni vuoti.Noi ci guardavamo senza parola. Tutto eraincomprensibile e folle, ma una cosa avevamocapito. Questa era la metamorfosi che ci atten-deva. Domani anche noi saremmo diventaticosì. Senza sapere come, mi trovai caricato sudi un autocarro con una trentina di altri; l'auto-carro partì nella notte a tutta velocità; eracoperto e non si poteva vedere fuori, ma dallescosse si capiva che la strada aveva molte cur-ve e cunette. Il viaggio non durò che una venti-na di minuti. Poi l'autocarro si è fermato, e si èvista una grande porta, e sopra una scrittavivamente illuminata (il suo ricordo ancora mipercuote nei sogni): ARBEIT MACHT FREI, illavoro rende liberi.Siamo scesi, ci hanno fatti entrare in unacamera vasta e nuda, debolmente riscaldata.Che sete abbiamo! Il debole fruscio dell'acquanei radiatori ci rende feroci: sono quattro giorniche non beviamo. Eppure c'è un rubinetto:sopra un cartello, che dice che è proibito bereperché l'acqua è inquinata. Sciocchezze, a mepare ovvio che il cartello è una beffa, "essi"sanno che noi moriamo di sete, e ci mettono inuna camera, e c'è un rubinetto, e Wassertrin-ken verboten. Io bevo, e incito i compagni afarlo; ma devo sputare, l'acqua è tiepida e dol-ciastra, ha odore di palude.Non siamo morti; la porta si è aperta ed èentrata una SS, sta fumando. Ci guarda senzafretta, chiede: "Wer kann Deutsch?". Si faavanti uno fra noi che non ho mai visto, si chia-ma Flesch; sarà lui il nostro interprete. La SS faun lungo discorso pacato: l'interprete traduce.Bisogna mettersi in fila per cinque, a intervallidi due metri fra uomo e uomo; poi bisogna spo-gliarsi e fare un fagotto degli abiti in un certomodo, gli indumenti di lana da una parte e tut-to il resto dall'altra, togliersi le scarpe ma farmolta attenzione di non farcele rubare.Non avevo mai visto uomini anziani nudi. Ilsignor Bergmann portava il suo cinto erniario, e

chiese all'interprete se doveva posarlo, e l'in-terprete esitò. Ma il tedesco comprese, e parlòseriamente all'interprete indicando qualcuno;abbiamo visto l'interprete trangugiare, e poi hadetto: “Il maresciallo dice di deporre il cinto, eche le sarà dato quello del signor Coen". Sivedevano le parole uscire amare dalla bocca diFlesch, quello era il modo di ridere del tedesco.Poi viene un altro tedesco, e dice di mettere lescarpe in un certo angolo, e noi le mettiamo,perché ormai è finito e ci sentiamo fuori delmondo e l'unica cosa è obbedire. Viene unocon la scopa e scopa via tutte le scarpe, viafuori dalla porta in un mucchio. E' matto, lemescola tutte, novantasei paia, poi sarannospaiate. La porta dà all'esterno, entra un ven-to gelido e noi siamo nudi e ci copriamo il ven-tre con le braccia. Il vento sbatte e richiude laporta; il tedesco la riapre, e sta a vedere conaria assorta come ci contorciamo per ripararcidal vento uno dietro l'altro; poi se ne va e larichiude.Adesso è il secondo atto. Entrano con violenzaquattro con rasoi, pennelli e tosatrici, hannopantaloni e giacche a righe, un numero cucitosul petto; forse sono della specie di quegli altridi stasera (stasera o ieri sera?); ma questisono robusti e floridi. Noi facciamo moltedomande, loro invece ci agguantano e in unmomento ci troviamo rasi e tosati. Che faccegoffe abbiamo senza capelli! I quattro parlanouna lingua che non sembra di questo mondo,certo non è il tedesco, io un poco il tedesco locapisco.Finalmente si apre un'altra porta: eccoci tuttichiusi, nudi, tosati e in piedi, coi piedi nell'ac-qua, è una sala di docce. Siamo soli, a poco apoco lo stupore si scioglie e parliamo, e tuttidomandano e nessuno risponde. Se siamonudi in una sala di docce, vuol dire che faremola doccia. Se faremo la doccia, è perché non ciammazzano ancora. E allora perché ci fannostare in piedi, e non ci danno da bere, e nes-suno ci spiega niente, e non abbiamo né scar-pe né vestiti ma siamo tutti nudi coi piedi nel-l'acqua, e fa freddo ed è cinque giorni cheviaggiamo e non possiamo neppure sederci?E le nostre donne?L'ingegner Levi mi chiede se penso che anchele nostre donne siano così come noi in questomomento, e dove sono, e se le potremo rive-dere. Io rispondo che sì, perché lui è sposato eha una bambina; certo le rivedremo. Ma ormaila mia idea è che tutto questo è una grandemacchina per ridere di noi e vilipenderci,34 e poiè chiaro che ci uccidono, chi crede di vivere èpazzo, vuol dire che ci è cascato, io no, io hocapito che presto sarà finita, forse in questa

materiali didattici

30 oggettivazione = nel linguaggiodella psicanalisi, processo attra-verso il quale si tende a localizza-re nella realtà esterna immagini evicende inconsce e soggettive.31 banchina = marciapiede rialzatodella stazione ferroviaria.32 apocalittico = pessimista o addi-rittura tragico riguardo al destinodell'umanità; catastrofico, terribi-le, atroce.33 palandrana = in origine ampia elunga veste da casa per uomo; cap-potto o soprabito lungo, largo, sen-za forma.34 vilipenderci = vilipendere signi-fica manifestare disistima o dis-prezzo spesso con tono di schernoo di aperta ingiuria; offendere.

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stessa camera, quando si saranno annoiati divederci nudi, ballare da un piede all'altro e pro-vare ogni tanto a sederci sul pavimento, ma cisono tre dita d'acqua fredda e non ci possiamosedere.Alla campana, si è sentito il campo buio ride-starsi. Improvvisamente l'acqua è scaturita bol-lente dalle docce, cinque minuti di beatitudine;ma subito dopo irrompono quattro (forse sono ibarbieri) che, bagnati e fumanti, ci caccianocon urla e spintoni nella camera attigua, che ègelida; qui altra gente urlante ci butta addossonon so che stracci, e ci schiaccia in mano unpaio di scarpe a suola di legno, non abbiamotempo di comprendere e già ci troviamo all'a-perto, sulla neve azzurra e gelida dell'alba, e,scalzi e nudi, con tutto il corredo in mano, dob-biamo correre fino ad un'altra baracca, a uncentinaio di metri. Qui ci è concesso di vestirci.Quando abbiamo finito, ciascuno è rimasto nelsuo angolo, e non abbiamo osato levare gliocchi l'uno sull'altro. Non c'è dove specchiarsi,ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso incento visi lividi, in cento pupazzi miserabili esordidi. Eccoci trasformati nei fantasmi intravi-sti ieri sera.Allora per la prima volta ci siamo accorti che lanostra lingua manca di parole per esprimerequesta offesa, la demolizione di un uomo. In unattimo, con intuizione35 quasi profetica,36 la real-tà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giùdi così non si può andare: condizione umana

più misera non c'è, e non è pensabile.Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, lescarpe, anche i capelli; se parleremo, non ciascolteranno; e se ci ascoltassero, non cicapirebbero. Ci toglieranno anche il nome: ese vorremo conservarlo, dovremo trovare innoi la forza di farlo, di fare sì che dietro alnome, qualcosa ancora di noi, di noi quali era-vamo, rimanga.Häftling:37 ho imparato che io sono un Häftling.Il mio nome è 174 517; siamo stati battezzati,porteremo finché vivremo il marchio tatuatosul braccio sinistro.L'operazione è stata lievemente dolorosa, estraordinariamente rapida: ci hanno messi tut-ti in fila, e ad uno ad uno, secondo l'ordinealfabetico dei nostri nomi, siamo passatidavanti a un abile funzionario munito di unaspecie di punteruolo dall'ago cortissimo. Pareche questa sia l'iniziazione vera e propria: solo"mostrando il numero" si riceve il pane e lazuppa. Sono occorsi vari giorni, e non pochischiaffi e pugni, perché ci abituassimo amostrare il numero prontamente, in modo danon intralciare le quotidiane operazioni anno-narie38 di distribuzione; ci son voluti settimanee mesi perché ne apprendessimo il suono inlingua tedesca. E per molti giorni, quando l'a-bitudine dei giorni liberi mi spinge a cercarel'ora sull'orologio a polso, mi appare inveceironicamente il mio nuovo nome, il numero tra-punto in segni azzurrognoli sotto l'epidermide.

ESERCIZI

Da: “Uno psicologo nei lager” di Victor Frankl

1. Di quali espedienti stilistico-formali si serve l'au-

tore per rendere efficace la descrizione dell'arrivo

del treno ad Auschwitz?

2. Perché dice "figure umane" e non "uomini" o

"persone"?

3. Frankl nelle proprie descrizioni usa spesso i

confronti. Individuane almeno tre.

4. Che rapporto sussiste tra il movimento dell'indi-

ce del comandante tedesco e la condanna a

morte di tante persone?

5. Perché, secondo te, una delle prime operazioni

cui i prigionieri erano sottoposti all'ingresso dei

lager consisteva nella denudazione e nella rasatu-

ra dei capelli?

6. Cosa sarebbe potuto cadere dalla doccia, se

non acqua?

7. Spiega la definizione "umorismo macabro della

disperazione" e cerca di individuare in quali circo-

stanze può essere attivato.

Da: “Se questo è un uomo” di Primo Levi

1. Perché Levi definisce "latrati" le urla dei tede-

schi?

2. Perché, in base alle risposte, i tedeschi indica-

vano ai prigionieri due diverse direzioni?

3. Individua la posizione geografica dei campi di

Buna-Mònowitz e Birkenau.

4. Che differenze o quali punti di contatto trovi

nelle descrizioni dei prigionieri del campo fatte,

rispetti-vamente, da Frankl e da Levi? In quale

parte del testo avviene esattamente la metamorfo-

si di cui sopra?

5. Di quale "metamorfosi" parla Levi? Cosa signifi-

ca esattamente questo termine? Aiutati con l'uso

del dizionario.

6. Che senso può avere la scritta "Il lavoro rende

liberi" posta all'ingresso di un lager?

7. Quale valore assume, nella vita di un internato,

il numero tatuato nel braccio sinistro?

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LA VITA NEI CAMPI

Da: “Uno psicologo nei lager” di Victor Frankl

1. Per qualche tempo l'internato resta nel primostadio di choc, poi scivola nel secondo stadio,quello della relativa apatia.39 Poco a poco,muore internamente. ...Il prigioniero giunto nellager da pochi giorni, subisce in modo tormen-toso anche altri turbamenti psichici e prestocomincia a ucciderli nel suo animo. Vi è, innan-zitutto, la sconfinata nostalgia per la gente dicasa. Una nostalgia che talvolta si fa così acu-ta, da suscitare un solo desiderio: morire. Vi èpoi il disgusto. Il disgusto per tutte le bruttureche circondano il detenuto, e non solo per quel-le spirituali, anche per le brutture esterne. Ogniinternato "veste", come quasi tutti i compagni diprigionia, stracci; anche uno spaventapasserisembrerebbe più elegante di lui. Nel lager, trale baracche, non c'è che melma, e quanto piùsi lavora per eliminarla, per "appianare", tantopiù la si ha addosso. Ai nuovi arrivati capitaabbastanza spesso di lavoro che devono puli-re le latrine, sgomberare gli escrementi ecc...Se gli escrementi ci spruzzavano nel volto,mentre, come accadeva di frequente, li tra-sportavamo su un terreno accidentato, i kapos,indignati per la "leziosaggine"40 dei loro uomini,accusavano ricevuta di un sobbalzo o del ten-tativo di asciugarsi con un colpo di bastone. Iprigionieri, pertanto, fanno rapidi progressi nelsoffocare le proprie emozioni. Nei primi giorni,quando uno è chiamato ad assistere agli eser-cizi punitivi di qualche gruppo, cerca di nonguardare. Non sopporta ancora la vista diuomini sadicamente torturati, la vista di compa-gni che per ore e ore devono fare piegamentinella melma, mentre gli aguzzini battono il rit-mo a furia di botte. Giorni o settimane più tardi,il suo animo è profondamente mutato. Accadequesto, per esempio: di primo mattino, è anco-ra buio pesto, sta attendendo sulla porta, pron-to a partire con tutta la sua colonna. Improvvi-samente sente delle grida, guarda, e vede uncompagno buttato a terra a suon di pugni; lorialzano, lo buttano nuovamente a terra. Per-ché? Perché ha la febbre, ma solo dalla notte,e così non ha potuto farla controllare per tem-po (nell'ambulatorio) e darsi ammalato. Lopuniscono per il disperato tentativo di marcarevisita al mattino, perché avrebbe voluto evitareil lavoro esterno. Il detenuto che osserva lascena, è giunto ormai sl secondo stadio dellesue reazioni psichiche, non si preoccupa più diguardare altrove: indifferentemente, già apati-co, assiste tranquillo all'episodio. Una sera, si

presenta anche lui, con la folla degli altri inter-nati, nell'infermeria, sperando di ottenere duegiorni di "riguardo", per le sue ferite, o per il suoedema41 da fame, o per la febbre. Vedrà allorasenza emozione che qualcuno porta dentro unragazzetto appena dodicenne, per il quale nonv'erano scarpe nel lager e che quindi dovevarimanere a piedi nudi sulla neve, durante l'ap-pello, prima di eseguire il suo quotidiano lavoroesterno. Le dita dei suoi piedi sono ora conge-late; il medico strappa con una pinzetta dall'ar-ticolazione i neri moncherini. Disgusto, orrore,pietà, indignazione: in quell'attimo, il nostrospettatore non ha avvertito nulla di tutto ciò.Sofferenti, malati, moribondi, morti, dopo alcu-ne settimane di lager li si incontra tanto spes-so, che la loro vista non commuove più.L'apatia, il torpore, l'indifferenza interna e l'in-sensibilità progressiva - sintomi della secondafase di reazioni spirituali, cui abbiamo giàaccennato - rendono abulico42 l'internato difronte alle percosse che riceve ogni giorno,ogni ora. Questa insensibilità è una corazzanecessaria, nella quale l'animo del prigionierosi rifugia ben presto. I detenuti sono picchiatiper i più futili motivi, o senza motivo alcuno. Ildolore fisico dei colpi - per noi, prigionieri adul-ti, come per i bambini sottoposti a quella mede-sima disciplina rigorosa - non è l'essenziale. Fasoffrire molto di più il dolore spirituale: la rabbiaper l'ingiustizia subita, o meglio, per l'infonda-tezza della punizione. Così si capisce come, incerti casi, un colpo andato a vuoto sia più dolo-roso di una vera percossa. Una volta, peresempio, mentre infuriava una tempesta dineve, lavorammo all'aperto, su una linea ferro-viaria. Non foss'altro che per non sentire trop-po freddo, riassodo diligentemente i binari (conpietrisco). Smetto di lavorare, per riprenderefiato e m'appoggio al rampone.43 Disgraziata-mente la guardia si volta verso di me, proprio inquell'attimo e certo pensa che "stia prendendo-lo in giro". Ciò che mi fa male, nonostante tuttoe nonostante l'apatia che già sopravviene, nonè il predicozzo che dovrei subire, non sono lebusse. Questa guardia non si degna neppuredi rivolgere un'ingiuria alla spregevole figuraavvolta di stracci, che ricorda solo di lontanouna creatura umana, alla figura, insomma, cherappresento per lui. Quasi per gioco, raccoglieuna pietra da terra, e me la getta. Si fa così,pensai, quando si vuole risvegliare l'attenzionedi una bestia; è così che si ricorda il "doverosolavoro" a un animale domestico, a un animaleal quale si è così poco legati, da non volerlo"neppure" punire.Di conseguenza ciò che fa più male delle per-cosse, è lo scherno che le accompagna.

materiali didattici

35 intuizione = percezione direttaed immediata di una realtà, verità,anche come capacità o disposizio-ne abituale.36 profetica = capace, per ispirazio-ne o dono divino, di vedere e rive-lare il futuro.37 haftling = numero.38 annonarie = che riguarda l'anno-na, cioè l’approvvigionamento diun paese, campo, comunità.39 apatia = indifferenza priva dienergia; incapacità di partecipazio-ne o di interesse affettivo ed intel-lettivo, prolungata o abituale.40 leziosaggine = atto o frase in cuipredomina una svenevole oziosi-tà.41 edema = gonfiore dovuto all'ac-cumulo di liquidi nei tessuti.42 abulico = affetto da abulia, ossiada inerzia o mancanza di volontà.43 rampone = attrezzo di ferro conestremità ad uncino.

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2. Chi non conosce la fame, per averla provatadi persona, trova assai difficile capire i conflittiinterni e le lotte di volontà che agitano un affa-mato, logorando il suo spirito. Chi non ha avu-to nessuna esperienza di questo genere, nonriesce a capire che cosa significa stare in unfosso, lavorare con il piccone, e nel frattempotendere l'orecchio per sentire se la sirenaannuncia le 9 e mezzo, o le 10; aspettaresempre che arrivi mezzogiorno, la mezz'ora diriposo e la distribuzione del "pane" (almeno,finché vi fu ancora una distribuzione); chiede-re sempre l'ora al capo operaio, se non è unuomo insopportabile, o a un civile di passag-gio, e tastare teneramente, con le dita irrigidi-te dal gelo (nessuno possiede guanti), un pez-zetto di pane riposto nella tasca della giacca,prenderne una piccola parte, portarla alla boc-ca, e poi, con un ultimo sforzo di volontà,lasciarla ricadere nella tasca, perché quelmattino ci si era giurati di resistere fino a mez-zogiorno.Ci impegnavamo in lunghissime discussioni,sulla logica o sull'irragionevolezza di certi cri-teri per suddividere la piccola razione dipane, che nell'ultimo periodo era distribuitouna sola volta al giorno. Vi erano, a questoproposito, due grandi gruppi. Alcuni credeva-no meglio mangiare subito tutto; ciò recavaun duplice vantaggio: si poteva placare alme-no una volta al giorno, sia pure per pochissi-mo, la fame più tremenda, e non si dovevatemere di essere derubati, o di perdere larazione in qualche altro modo. Il partito con-trario portava altri argomenti. Per quanto miconcerne, m'aggregai a quest'ultimo partito.Avevo un mio motivo personale: di tutte le 24ore della giornata nel lager, il risveglio era ilmomento peggiore. Quando tre fischi acuti,con l'ordine "alzarsi", ci strappavano senzamisericordia, nel cuore della notte, dal sonnodi spossatezza e dai sogni di nostalgia, quan-do l'unica preoccupazione era di lottare conle scarpe bagnate, nelle quali era quasiimpossibile comprimere i piedi feriti e gonfiper l'edema da fame, quando si sentivanolamenti e bestemmie per la malvagità di cer-te cose - come fili di ferro che sostituivano ilacci delle scarpe e che si spezzavano subito- quando si vedevano piangere come bambi-ni compagni solitamente coraggiosi e pieni didignità, perché alla fine dovevano correre apiedi nudi sulla piazza dell'appello coperta dineve, in questi momenti terribili, avevo unapiccola consolazione: tiravo fuori dalla tascaun pezzettino di pane risparmiato dalla seraprima e lo mangiavo, abbandonandomi tuttoa questo godimento.

Da: “Se questo è un uomo” di Primo Levi

1. Infiniti e insensati sono i riti da compiersi: ognigiorno al mattino bisogna fare "il letto", perfetta-mente piano e liscio; spalmarsi gli zoccoli fangosie repellenti con l'apposito grasso da macchina,raschiare via dagli abiti le macchie di fango (lemacchie di vernice, di grasso e di ruggine sonoinvece ammesse); alla sera bisogna sottoporsi alcontrollo dei pidocchi e al controllo della lavaturadei piedi; al sabato farsi radere la barba e i capel-li, rammendarsi o farsi rammendare gli stracci; alladomenica, sottoporsi al controllo generale dellascabbia, e al controllo dei bottoni della giacca, chedevono essere cinque. Di più, ci sono innumerevoli circostanze, normal-mente irrilevanti, che qui diventano problemi.Quando le unghie si allungano, bisogna accor-ciarle, il che non si può fare altrimenti che con identi (per le unghie dei piedi basta l'attrito dellescarpe); se si perde un bottone bisogna saperse-lo riattaccare con un filo di ferro; se si va alla latri-na o al lavatoio, bisogna portarsi dietro tutto, sem-pre e dovunque, e mentre ci si lavano gli occhi,tenere il fagotto degli abiti stretto fra le ginocchia:in qualunque altro modo, esso in quell'attimo ver-rebbe rubato. Se una scarpa fa male bisogna pre-sentarsi alla sera alla cerimonia del cambio dellescarpe: qui si mette alla prova la perizia dell'indivi-duo, in mezzo alla calca incredibile bisogna saperscegliere con un colpo d'occhio una (non un paio:una) scarpa che si adatti, perché, fatta la scelta,un secondo cambio non è concesso.Né si creda che le scarpe, nella vita del lager,costituiscano un fattore d'importanza secondaria.La morte incomincia dalle scarpe: esse si sonorivelate, per la maggior parte di noi, veri arnesi ditortura, che dopo poche ore di marcia davano luo-go a piaghe dolorose che fatalmente si infettava-no. Chi ne è colpito, è costretto a camminarecome se avesse una palla al piede (ecco il perchédella strana andatura dell'esercito di larve cheogni sera rientra in parata); arriva ultimo dapper-tutto, e dappertutto riceve botte; non può scappa-re se lo inseguono; i suoi piedi si gonfiano, e più sigonfiano, più l'attrito con il legno e la tela dellescarpe diventa insopportabile. Allora non restache l'ospedale: ma entrare in ospedale con la dia-gnosi di "dicke Füsse" (piedi gonfi) è estrema-mente pericoloso, perché è ben noto a tutti, ed alleSS in ispecie, che di questo male, qui, non si puòguarire.Ed altro ancora abbiamo imparato, più o menorapidamente, a seconda del carattere di ciascuno;a rispondere "Jawohl", a non fare mai domande, afingere sempre di avere capito. Abbiamo appresoil valore degli alimenti; ora anche noi raschiamodiligentemente il fondo della gamella44 dopo il ran-

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cio, e la teniamo sotto il mento quando mangiamoil pane per non disperderne le briciole. Anche noiadesso sappiamo che non è la stessa cosa rice-vere il mestolo di zuppa prelevato dalla superficieo dal fondo del mastello, e siamo già in grado dicalcolare, in base alla capacità dei vari mastelli,quale sia il posto più conveniente a cui aspirarequando ci si mette in coda.Abbiamo imparato che tutto serve; il fil di ferro, perlegarsi le scarpe; gli stracci, per ricavarne pezzeda piedi; la carta, per imbottirsi (abusivamente) lagiacca contro il freddo. Abbiamo imparato ched'altronde tutto può venir rubato, anzi, viene auto-maticamente rubato non appena l'attenzione sirilassa; e per evitarlo abbiamo dovuto impararel'arte di dormire col capo su un fagotto fatto con lagiacca, e contenente tutto il nostro avere, dallagamella alle scarpe.Tutti lavoriamo, tranne i malati (farsi riconoscerecome malato comporta di per sé un imponentebagaglio di cognizioni e di esperienze). Tutte lemattine usciamo inquadrati dal campo alla Buna;tutte le sere, inquadrati, rientriamo. Per quantoconcerne il lavoro, siamo suddivisi in circa due-cento Kommandos, ognuno dei quali conta daquindici a centocinquanta uomini ed è comandatoda un Kapo. Vi sono Kommandos buoni e cattivi:per la maggior parte sono adibiti a trasporti, e illavoro vi è assai duro, specialmente d'inverno, senon altro perché si svolge sempre all'aperto. Visono anche Kommandos di specialisti (elettricisti,fabbri, muratori, saldatori, meccanici, cementisti,ecc.), ciascuno addetto a una certa officina oreparto della Buna, e dipendenti in modo più diret-to da Meister civili, per lo più tedeschi e polacchi;questo avviene naturalmente solo nelle ore dilavoro: nel resto della giornata, gli specialisti (nonsono più di tre o quattrocento in tutto) non hannotrattamento diverso dai lavoratori comuni. All'as-segnazione dei singoli ai vari Kommandos sovrin-tende uno speciale ufficio del lager, l'Arbeitsdienst,che è in continuo contatto con la direzione civiledella Buna. L'Arbeitsdienst decide in base a crite-ri sconosciuti, spesso palesemente in base a pro-tezioni e corruzioni, in modo che, se qualcunoriesce a procurarsi da mangiare, è anche pratica-mente sicuro di ottenere un buon posto in Buna.L'orario di lavoro è variabile con la stagione. Tuttele ore di luce sono ore lavorative: perciò si va daun orario minimo invernale (ore 8-12 e 12,30-16)a uno massimo estivo (ore 6,30-12 e 13-18). Pernessuna ragione gli Häftling possono trovarsi allavoro nelle ore di oscurità o quando c'è nebbiafitta, mentre si lavora regolarmente anche se pio-ve o nevica o (caso assai frequente) soffia il ven-to assai feroce dei Carpazi; questo in relazione alfatto che il buio o la nebbia potrebbero dare occa-sione a tentativi di fuga.

Una domenica ogni due è regolare giorno lavora-tivo; nelle domeniche cosiddette festive, invece dilavorare in Buna si lavora di solito alla manuten-zione del lager, in modo che i giorni di effettivoriposo sono estremamente rari.

2. Oggi è domenica relativa, Arbeitssonntag: silavora fino alle tredici, poi si ritorna in campo perla doccia, la rasatura e il controllo generale dellascabbia e dei pidocchi, e in cantiere, misteriosa-mente, tutti abbiamo saputo che la selezione saràoggi. La notizia è giunta, come sempre, circonda-ta da un alone di particolari contraddittori e sospet-ti: stamattina stessa c'è stata selezione in infer-meria; la percentuale è stata del sette per centodel totale, del trenta, del cinquanta per cento deimalati. I giovani dicono ai giovani che sarannoscelti tutti i vecchi. I sani dicono ai sani che saran-no scelti solo i malati. Saranno esclusi gli speciali-sti. Saranno esclusi gli ebrei tedeschi. Sarannoesclusi i Piccoli Numeri. Sarai scelto tu. Saròescluso io. Regolarmente, a partire dalle tredici inpunto, il cantiere si svuota e la schiera grigia inter-minabile sfila per due ore davanti alle due stazio-ni di controllo, dove come ogni giorno veniamocontati e ricontati, e davanti all'orchestra che, perdue ore senza interruzione, suona come ogni gior-no le marce sulle quali dobbiamo, all'entrata eall'uscita, sincronizzare i nostri passi.Sembra che tutto vada come ogni giorno, il cami-no delle cucine fuma come di consueto, già sicomincia la distribuzione della zuppa. Ma poi si èudita la campana, e allora si è capito che ci siamo.Perché questa campana suona sempre all'alba, eallora è la sveglia, ma quando suona a metà gior-nata vuol dire "Blocksperre", clausura in baracca,e questo avviene quando c'è selezione, perchénessuno vi si sottragga, e quando i selezionatipartono per il gas, perché nessuno li veda partire.Il nostro Blockältester45 conosce il suo mestiere. Siè accertato che siano tutti rientrati, ha fatto chiu-dere la porta a chiave, ha distribuito a ciascuno lascheda che porta la matricola, il nome, la profes-sione, l'età e la nazionalità, e ha dato ordine cheognuno si spogli completamente, conservandosolo le scarpe. In questo modo, nudi e con lascheda in mano, attenderemo che la commissio-ne arrivi alla nostra baracca. Noi siamo la baracca48, ma non si può prevedere se comincerà dallabaracca 1 o dalla 60. In ogni modo, per almenoun'ora possiamo stare tranquilli, e non c'è ragioneche non ci mettiamo sotto le coperte delle cuccet-te per riscaldarci. Già molti sonnecchiano, quandouno scatenarsi di comandi, di bestemmie e di col-pi indica che la commissione è in arrivo. Il Bloc-kältester e i suoi aiutanti, a pugni e a urli, a partiredal fondo del dormitorio, si cacciano davanti la tur-ba dei nudi spaventati, e si stipano dentro il Tage-

materiali didattici

44 gamella = recipiente di latta perconsumare il rancio.45 blockältester = capoblocco

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sraum, che è la Direzione-Fureria. Il Tagesraum èuna cameretta di sette metri per quattro: quandola caccia è finita, dentro il Tagesraum è compres-sa una compagine umana calda e compatta, cheinvade e riempie perfettamente tutti gli angoli edesercita sulle pareti di legno una pressione taleda farle scricchiolare.Il Blockältester ha chiuso la porta Tagesraum-dor-mitorio e ha aperto le altre due che dal Tage-sraum e dal dormitorio danno all'esterno. Qui,davanti alle due porte, sta l'arbitro del nostrodestino, che è un sottufficiale delle SS. Ha adestra il Blockältester, a sinistra il furiere dellabaracca. Ognuno di noi, che esce nudo dal Tage-sraum nel freddo dell'aria di ottobre, deve fare dicorsa i pochi passi fra le due porte davanti ai tre,consegnare la scheda alla SS e rientrare per laporta del dormitorio. La SS, nella frazione disecondo fra due passaggi successivi, con unosguardo di faccia e di schiena giudica della sortedi ognuno, e consegna a sua volta la schedaall'uomo alla sua destra o all'uomo alla sua sini-stra, e questo è la vita o la morte di ciascuno dinoi. In tre o quattro minuti una baracca di due-cento uomini è "fatta", e nel pomeriggio l'interocampo di dodicimila uomini.Io confitto nel carnaio del Tagesraum ho sentitogradualmente allentarsi la pressione umana intor-no a me, e in breve è stata la mia volta. Come tut-ti, sono passato con passo energico ed elastico,cercando di tenere la testa alta, il petto in fuori e imuscoli contratti e rilevati. Con la coda dell'occhioho cercato di vedere alle mie spalle, e mi è parsoche la mia scheda sia finita a destra.A mano a mano che rientriamo nel dormitoriopossiamo rivestirci. Nessuno conosce ancora consicurezza il proprio destino, bisogna anzitutto sta-bilire se le schede condannate sono quelle pas-sate a destra o a sinistra. Ormai non è più il casodi risparmiarsi l'un l'altro e di avere scrupoli super-stiziosi. Tutti si accalcano intorno ai più vecchi, aipiù denutriti, ai più "mussulmani"; se le loro sche-de sono andate a sinistra , la sinistra è certamen-te il lato dei condannati. Prima ancora che la sele-

zione sia terminata, tutti già sanno che la sinistraè stata effettivamente la schlechte Seite,46 il latoinfausto.47 Ci sono naturalmente delle irregolarità:René per esempio, così giovane e robusto, è fini-to a sinistra: forse perché ha gli occhiali, forseperché cammina un po' curvo come i miopi, mapiù probabilmente per una semplice svista: Renéè passato davanti alla commissione immediata-mente prima di me, e potrebbe essere avvenutouno scambio di schede. Ci ripenso, ne parlo conAlberto, e conveniamo che l'ipotesi è verosimile:non so cosa ne penserò domani e poi; oggi essanon desta in me alcuna emozione precisa.Parimenti di un errore deve essersi trattato perSattler, un massiccio contadino transilvano cheventi giorni fa era ancora a casa sua; Sattler noncapisce il tedesco, non ha compreso nulla di quelche è successo e sta in un angolo a rattopparsi lacamicia. Devo andare a dirgli che non gli serviràpiù la camicia?Non c'è da stupirsi di queste sviste: l'esame èmolto rapido e sommario, e d'altronde, per l'am-ministrazione del lager, l'importante non è tantoche vengano eliminati proprio i più inutili, quantoche si rendano speditamente liberi posti in unacerta percentuale prestabilita. Nella nostra barac-ca la selezione è ormai finita, però continua nellealtre, per cui siamo ancora sotto clausura.48 Mapoiché frattanto i bidoni della zuppa sono arrivati,il Blockältester decide di procedere senz'altro alladistribuzione. Ai selezionati verrà distribuita dop-pia razione. Non ho mai saputo se questa fosseun'iniziativa assurdamente pietosa dei Blockälte-ster od un'esplicita disposizione delle SS, ma difatto, nell'intervallo di due o tre giorni (taloraanche molto più lungo) fra selezione e la parten-za, le vittime a Mònowitz-Auschwitz godevano diquesto privilegio.Ziegler presenta la gamella, riscuote la normalerazione, poi resta lì in attesa. "Che vuoi ancora?"chiede il Blockältester: non gli risulta che a Zieglerspetti il supplemento, lo caccia via con una spin-ta, ma Ziegler ritorna e insiste umilmente: è statoproprio messo a sinistra, tutti l'hanno visto, vada

Da: “Uno psicologo nei lager” di Victor Frankl

1. Cerca di indicare in modo schematico le

fasi attraverso cui passa il prigioniero del

lager.

2. Cos'è che fa più male delle percosse? Perché?

Da: “Se questo è un uomo” di Primo Levi

1. Quali sono i "riti" di cui parla Levi nel brano

riportato? Perché li chiama così?

2. "La morte incomincia dalle scarpe": spiega

tale affermazione.

3. Nel paragrafo 2 c'è una sequenza in cui la

paratassi è stata usata con uno scopo ben

preciso. Individua tale sequenza e spiega le

motivazioni.

ESERCIZI

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il Blockältester a consultare le sue schede: hadiritto alla doppia razione. Quando l'ha ottenuta,se ne va quieto in cuccetta a mangiare.Adesso ciascuno sta grattando attentamente colcucchiaio il fondo della gamella per ricavarne leultime briciole di zuppa, e ne nasce un tramestiometallico sonoro il quale vuol dire che la giorna-ta è finita. A poco a poco prevale il silenzio, eallora, dalla mia cuccetta, che è al terzo piano, sivede e si sente che il vecchio Kuhn prega, adalta voce, col berretto in testa e dondolando ilbusto con violenza. Kuhn ringrazia Dio perchénon è stato scelto.Kuhn è un insensato. Non vede, nella cuccettaaccanto, Beppo il greco che ha vent'anni, edopodomani andrà in gas, e lo sa, e se ne stasdraiato e guarda fisso la lampadina senza direniente e senza pensare più niente? Non sa Kuhnche la prossima volta sarà la sua volta? Noncapisce Kuhn che è accaduto oggi un abominioche nessuna preghiera propiziatoria, nessunperdono, nessuna espiazione dei colpevoli, nullainsomma che sia in potere dell'uomo di fare,potrà risanare mai più?Se io fossi Dio, sputerei a terra la preghiera diKuhn.

LA RISCOPERTA DELL' INTERIORITÀDa: “Uno psicologo nei lager” di Victor Frankl

L'internato in un campo di concentramento èrespinto a un livello primitivo, non solo esterior-mente, ma anche nella sua vita intima: ciò nonimpedisce comunque che affiorino i sintomi, siapure sporadici, d'una inconfondibile tendenzaalla interiorizzazione.49 Uomini sensibili, abituati avivere un'esistenza spiritualmente attiva in senoalle loro famiglie, in certi casi sperimentarono ladifficile situazione esterna della vita in un lager,con dolore ma, nonostante la loro relativa fragili-tà psichica, quasi con effetti meno distruttivi inrapporto alla loro vita spirituale. A loro, infatti, èpossibile ritirarsi dallo spaventoso ambiente cheli circonda, volgendosi a un regno di libertà spiri-tuale e di ricchezza interiore. Così e solo cosìpossiamo comprendere il paradosso, che taloraindividui costituzionalmente delicati sopravvivo-no al lager meglio di certe nature robustissime.Abbandonato a se stesso, il prigioniero ripercor-re, con sempre nuovo ardore gli avvenimentipassati, non quelli grandi, ma i più quotidiani.Spesso il pensiero si volge a cose o eventi insi-gnificanti della vita precedente, quasi trasfigura-ti50 nel mesto ricordo. Distolta dall'ambiente e dalmondo attuale, volta indietro al passato, la vitaanteriore acquista un'impronta speciale. Il mon-do e la vita sono lontani; lo spirito torna a loro con

nostalgia: si viaggia sul tram, s'arriva a casa, siapre la porta di casa, suona il telefono, si alza ilricevitore, si accende la luce elettrica - sono que-sti i particolari, ridicoli in apparenza, che il prigio-niero accarezza, ricordando il passato. E qual-che volta il doloroso ricordo di queste piccolecose, lo commuove fino alle lacrime.La tendenza alla interiorizzazione, viva in moltidetenuti, faceva sentire con grande immedia-tezza l'arte o la natura, non appena se ne pre-sentava l'occasione. Quest'esperienza era talo-ra così intensa, da far totalmente scordare l'am-biente e la nostra terribile situazione. Chi aves-se visto i nostri volti trasfigurati dall'incanto,durante il viaggio in treno da Auschwitz a unlager bavarese, quando scorgemmo, dallesbarre di un vagone cellulare, i monti di Sali-sburgo, con le cime rilucenti nel tramonto, nonavrebbe mai creduto che erano volti di uominiche consideravano praticamente conclusa lapropria vita. Nonostante tutto - o forse proprio acausa della nostra situazione - la bellezza dellanatura, che ci fu negata per anni, ci entusia-smava. E più tardi, nel lager, durante il lavoro,qualcuno richiamava l'attenzione del compagnoche gli sbuffava accanto, su un quadro meravi-glioso che gli si offriva ai suoi occhi; come avve-niva, per esempio, nella foresta bavarese (doveci toccava costruire enormi fabbriche sotterra-nee e mimetizzate, per la produzione bellica),quando il sole al tramonto irradiava di luce itronchi degli alberi, proprio come in un famosoacquerello di Dürer. E accadde una volta che, disera, mentre stanchi morti dopo il lavoro ci era-vamo già sdraiati per terra, nelle baracche, conla ciotola della minestra in mano, un compagnoentrò a precipizio, invitandoci a uscire sullospiazzo dell'appello, nonostante la stanchezzae il freddo di fuori, perché non dovevamo per-dere lo spettacolo di un certo tramonto. E quan-do, usciti fuori, vedemmo le scure nubi rosseg-gianti, a occidente, e tutto l'orizzonte animatoda nubi multicolori e sempre mutevoli, con leloro figure fantastiche ed i loro colori ultraterre-ni, dall'azzurro cobalto al rosso sangue, e sotto,in contrasto, le tristi capanne di terra del lager eil paludoso spiazzo dell'appello, nelle pozzan-ghere del quale si specchiava la bragia del cie-lo, allora, dopo alcuni minuti di silenzio rapito,qualcuno disse: "Come potrebbe essere bello ilmondo!".

1. Dopo aver letto il brano di Frankl cerca di spie-

gare compiutamente, con parole tue, il significato

esatto del titolo di questo capitolo.

ESERCIZI

46 schlechte Seite = lato sfortunato.47 infausto = che arreca infelicità,dolore.48 clausura = vita o ambiente ritira-to e solitario.49 interiorizzazione = l'atto dell'in-teriorizzare, acquistare cioè mag-giore intensità e capacità di appro-fondimento a livello delle espe-rienze spirituali.50 trasfigurati = trasformati diaspetto o di espressione.

materiali didattici

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CRONOLOGIA DELLA PERSECUZIONEE DEL GENOCIDIO DEGLI EBREI

1933- 30 gennaio: Hitler è nominato cancelliere della

Germania - 22 febbraio: viene creata una polizia ausiliaria, la

Hifpolizei, con agenti reclutati tra SA51 e le SS52

- 27 febbraio: è incendiato il parlamento (Reich-stag); la responsabilità viene fatta ricadere suicomunisti

- 28 febbraio: il partito comunista viene dichia-rato fuori legge e vengono limitate le libertàpolitiche e civili; la polizia ausiliaria arrestapreventivamente 12.000 persone considerate“pericolose” per il regime; iniziano le violenzeantisemite

- 5 marzo: alle elezioni politiche i nazisti otten-gono il 43, 9% dei voti

- 22 marzo: Himmler inaugura il campo diDachau destinato agli oppositori politici;Dachau viene considerato il primo campo diconcentramento. In realtà già a febbraio,meno di un mese dopo l’insediamento di Hit-ler erano stati aperti altri piccoli campi; suc-cessivamente vengono aperti Buchenwald,Sachsenhausen e Ravensbrück, destinatoalle donne

- 1° aprile: viene dichiarata una giornata di boi-cottaggio delle attività ebraiche

- 7 aprile: gli ebrei vengono esclusi dai pubbliciimpieghi

- 26 aprile: viene creata la Gestapo- 9-10 maggio: a Berlino ed in altre città, vengo-

no bruciati nelle piazze i libri di autori ebrei edi scrittori antinazisti

- 14 luglio: viene emanata una legge che rico-nosce il diritto di esistenza al solo partitonazista

- luglio: si contano ormai 70 campi che rinchiu-dono almeno 27.000 oppositori

- 29 settembre: viene proibito agli ebrei di pos-sedere terreni

- 4 ottobre: viene proibito agli ebrei di pubbli-care giornali

Durante il 1933, 60.000 ebrei lasciano la Ger-mania nazista

1934- 17 maggio: gli ebrei non possono usufruire del

servizio sanitario nazionale- 30 giugno: Hitler fa massacrare le SA dagli

uomini di Göring e dalle SS di Himmler (la not-te dei lunghi coltelli)

- 2 agosto: muore il presidente tedesco Hinden-burg e Hitler assume anche la carica di capodello Stato; nasce il Terzo Reich

1935- 21 maggio: gli ebrei vengono esclusi dall’e-

sercito - 15 settembre: il Reichstag adotta le Leggi di

Norimberga; nei mesi e negli anni successivisono emanati 13 regolamenti esecutivi cheprovocano la sistematica esclusione degliebrei dalla comunità statale

1936- 3 marzo: viene proibito ai medici ebrei di lavo-

rare negli ospedali pubblici- 1° agosto: iniziano i giochi olimpici di Berlino

1937- gennaio: gli ebrei sono esclusi da molte pro-

fessioni, non possono insegnare ai cittadinitedeschi né fare i dentisti, non possono gode-re di detrazioni delle tasse comprese quelleper i figli a carico

1938- 12-13 marzo: viene annessa l’Austria (Ansch-

luss = unione) in cui vivono 200.000 ebreiaustriaci

- 26 aprile: gli ebrei devono dichiarare beni eproprietà

- 9 giugno: viene distrutta la sinagoga di Monaco- 14 giugno: gli ebrei che possiedono attività

commerciali devono registrarsi- luglio: i nazisti proibiscono agli ebrei attività e

servizi commerciali; ai dottori ebrei viene proi-bito di praticare la medicina

- 10 agosto: viene distrutta la sinagoga diNorimberga

- 17 agosto: viene emanata una disposizionesecondo cui gli ebrei possono assumere solo inomi propri riportati in un apposito elenco, incaso contrario, al nome non previsto verràaggiunto Sara, se femmina, o Israel, semaschio

- 29-30 settembre: la Conferenza di Monacostabilisce la cessione dei Sudeti alla Germa-nia in cambio della sua rinuncia ad aprire leostilità

- 5 ottobre: i passaporti degli ebrei tedeschidevono portare stampigliata una “J” rossa

- 15 ottobre: i tedeschi occupano i Sudeti- 28 ottobre: vengono arrestati 17.000 ebrei

polacchi che vivono in Germania e vengonoespulsi verso la Polonia; non vengono accet-tati e sono costretti a passare parecchi mesinella “terra di nessuno”

- 6 novembre: a Parigi Herschel Grynszpan, ildiciassettenne figlio di uno degli ebrei polac-chi deportati, attenta alla vita di un segretariodell’ambasciata tedesca

- 9 novembre: con il pretesto dell’attentato, si

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verifica un’ondata di violenze antisemite notacome kristallnach (notte dei cristalli); vengonodistrutte 195 sinagoghe e saccheggiati 7.500negozi di ebrei; le vittime sono 91 e 26.000ebrei vengono deportati nei campi di concen-tramento

- 12 novembre: gli ebrei sono obbligati ad unasanzione pecuniaria di un miliardo di marchi," a titolo di indennizzo" ai loro persecutori

- 15 novembre: i bambini e i ragazzi ebrei sonoesclusi da tutte le scuole del Reich

- 3 dicembre: vengono arianizzate tutte le attivi-tà commerciali ebraiche

Nel 1938, 125.000 ebrei lasciano l’Austria

1939- 24 gennaio: viene istituito l’Ufficio centrale per

l’emigrazione ebraica che viene affidato aHeydrich per facilitare le emigrazioni degliebrei

- 30 gennaio: Hitler dichiara che una guerraavrebbe portato "lo sterminio della razzaebraica in Europa"

- 15-16 marzo: in violazione degli accordi diMonaco, Hitler occupa la Cecoslovacchia cheha una popolazione di 350.000 ebrei; la Boe-mia e la Moravia diventano un protettoratogermanico, la Slovacchia si proclama indi-pendente e diviene uno stato satellite

- 4 luglio: gli ebrei sono esclusi dal pubblicoimpiego

- 23 agosto: la Germania e l’URSS si accorda-no per la spartizione della Polonia e dei Pae-si Baltici (patto Ribbentropp-Molotov)

- 1° settembre: i carri armati tedeschi oltrepas-sano la frontiera polacca; è l’inizio dellaSeconda guerra mondiale; la Germania siannette Danzica e il cosiddetto “corridoiopolacco”; viene creato il Governatorato Gene-rale; la conquista della Polonia porta sotto ilgiogo nazista circa 3 milioni di ebrei

- 21 settembre: Heydrich decide di concentraregli ebrei in appositi quartieri delle grandi cittàdel Governatorato della Polonia per isolarlidalla popolazione in vista di un reinsediamen-to ad est, lontano dal Reich tedesco nellazona di Lublino, una zona paludosa e priva dirisorse economiche; successivamente tutti gliebrei dei territori del Reich avrebbero dovutoessere deportati ad est

- 25 settembre: viene creato l’Ufficio centraledella sicurezza del Reich

- 12 ottobre: vengono deportati gli ebrei diVienna

- 26 ottobre: gli ebrei polacchi dai 14 ai 60 annisono costretti al lavoro forzato

- 23 novembre: gli ebrei in Polonia vengono

obbligati a portare al braccio una fascia bian-ca con una stella di Davide blu

- 11 dicembre: agli ebrei viene vietato di cam-biare casa e di circolare dalle 21.00 alle 05.00

1940- 25 gennaio: viene individuato il sito per costrui-

re un campo ad Auschwitz- 12 febbraio: prima deportazione di ebrei tede-

schi in Polonia- 9 aprile: i tedeschi invadono la Danimarca e la

Norvegia - 30 aprile: inizia a funzionare il ghetto di Lodz;

i 230.000 ebrei che vi sono rinchiusi sono con-trollati dalla Gestapo e dalla Kripo, il corpo cheha il compito di reprimere i delitti comuni e ilcontrabbando

- 10 maggio: inizia l’invasione della Francia, delBelgio, dell’Olanda e del Lussemburgo

- 14 giugno: i tedeschi entrano a Parigi- 14 giugno: viene inaugurato Auschwitz- luglio: l’idea di concentrare gli ebrei nella regio-

ne di Lublino viene sostituita dal piano Mada-gascar: gli ebrei avrebbero dovuto essere tra-sferiti, nell’arco di 4 anni, nell’isola africana

- settembre: il progetto Madagascar vieneaccantonato

- 7 ottobre: i tedeschi occupano la Romania - novembre: entrano in funzione i ghetti di Cra-

covia e di Varsavia

1941- gennaio: un pogrom in Romania causa l’ucci-

sione di 2.000 ebrei- 1° marzo: inizia la costruzione di Birkenau o

Auschwitz II che arriverà ad ospitare fino a100.000 persone

- 2 marzo: i tedeschi occupano la Bulgaria- 7 marzo: gli ebrei tedeschi sono costretti al

lavoro forzato- 6 aprile: i tedeschi invadono la Jugoslavia- 22 giugno: inizia l’offensiva tedesca contro la

Russia- 29 giugno: l’esercito rumeno uccide 10.000

ebrei nella città di Jassy- luglio: mentre l’esercito tedesco avanza in

territorio sovietico, reparti speciali, le Einsatz-gruppen massacrano ebrei, bolscevichi, zin-gari; le Einsatzgruppen saranno responsabilidella morte di 1.500.000 ebrei

- 25 luglio: 3.800 ebrei sono uccisi dai lituani aKovno

- 31 luglio: iniziano i preparativi per la "soluzio-ne finale della questione ebraica"

- 3 settembre: viene condotto il primo test sulloZyclon B ad Auschwitz; per “prova” vengonouccise 850 persone, tra cui 600 prigionieri diguerra russi

51 SA è la sigla che indica le Stur-madteilungen (squadre di assalto),l’oganizzazione militare del parti-to Nazionalsocialista fondata nel1921.52 SS è la sigla che indica le Shutz-staffen (reparti di protezione) chevennero successivamente affian-cati alle SA.

materiali didattici

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- 21 settembre: gli ebrei tedeschi di età superio-re ai sei anni devono portare sul vestito unastella gialla a sei punte con scritto “Jude”

- 27-28 settembre: vengono uccisi 23.000 ebreia Katmenets in Ucraina

- 29-30 settembre: le Einsatzgruppen massacra-no 33.771 ebrei a Babi Yar, vicino Kiev

- 23 ottobre: viene proibita l’emigrazione degliebrei fuori dall’Europa

- 8 dicembre: diventa operativo il campo disterminio di Chelmno; avvengono le primeesecuzioni con monossido di carbonio diebrei e zingari in camion mobili

- 11 dicembre: gli Stati Uniti entrano in guerra

1942- gennaio: cominciano le uccisioni di massa

con lo Zyclon B ad Auschwitz- 20 Gennaio: Conferenza di Wannsee per

coordinare la “soluzione finale”- marzo: inizia a funzionare il campo di stermi-

nio di Belzec - 27 marzo: iniziano le deportazioni dall’Euro-

pa occidentale e il primo treno carico di ebreilascia la Francia per Auschwitz

- maggio: il campo di sterminio di Sobibordiventa operativo

- 1° giugno: viene ordinato agli ebrei di Fran-cia, Olanda, Belgio, Croazia, Slovacchia eRomania di portare la stella gialla

- 5 giugno: un rapporto delle SS parla di97.000 ebrei uccisi con il gas nei camionmobili

- 30 giugno: diventa operativa la secondacamera a gas di Auschwitz

- 7 luglio: Himmler concede il permesso per

condurre esperimenti sulla sterilizzazione adAuschwitz

- 23 luglio: entra in attività il campo di stermi-nio di Treblinka

- agosto: vengono deportati gli ebrei croati.- 25 ottobre: iniziano le deportazioni degli

ebrei norvegesi- 10 dicembre: arriva ad Auschwitz il primo

trasporto di ebrei tedeschi- 28 dicembre: iniziano esperimenti sulla steri-

lizzazione delle donne a Birkenau

1943- 18 gennaio: inizia la rivolta del ghetto di Var-

savia- marzo: cominciano le deportazioni da Gre-

cia, Tracia e Macedonia- 14 marzo: viene liquidato il ghetto di Cracovia- 19 aprile: le SS attaccano il ghetto di Varsavia - 11 giugno: Himmler ordina la liquidazione dei

ghetti polacchi - autunno: dopo la caduta di Mussolini vengo-

no deportati gli ebrei italiani

1944- 15 maggio-9 settembre: 450.000 ebrei unghe-

resi vengono deportati ad Auschwitz-Birche-nau

- 6 agosto: viene liquidato Lodz, l’ultimo ghettopolacco

- 30 ottobre: viene usata per l’ultima volta lacamera a gas ad Auschwitz

- 8 novembre: prima marcia della morte

Il programma di sterminio prosegue fino allaprimavera del 1945

La cronologia che ti è stata proposta contiene

gli avvenimenti più importanti che hanno carat-

terizzato la persecuzione e lo sterminio degli

ebrei.

1. Utilizzando la cronologia, prova ad individua-

re le tappe in cui può essere divisa la persecu-

zione degli ebrei, il periodo corrispondente e gli

avvenimenti più importanti.

2. Individua con l’aiuto dell’atlante le località

dove erano situati i campi di concentramento e

di sterminio e le località dove sono avvenuti

massacri di ebrei.

3. Ricerca, con l’aiuto di Internet, informazioni

sulle Einsatzgruppen e sulle marce della morte

4. Anche in Italia, dopo il 1940, vennero creati

campi di concentramento e dopo il 1943 un

vero e proprio campo di sterminio, la Risiera di

San Sabba. Cerca informazioni sui più impor-

tanti campi italiani (Ferramonti, Fossoli, Gries-

Bolzano, San Sabba ecc.).

ATTIVITÀ DI APPROFONDIMENTO

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LE ALTRE VITTIME

Gli ebrei furono le principali vittime del nazismo,tuttavia altre categorie di persone, anche se inmisura minore, vennero perseguitate ed uccise.Tra queste dissidenti politici, comunisti, socialisti,sindacalisti seguiti poi da zingari, testimoni diGeova, omosessuali, malati di mente e prigionieridi guerra.

I malati di mente

Tra il novembre del 1939 e l’agosto del 1941,un periodo di poco meno di due anni, vennerouccisi più di 100.000 tedeschi malati di mente.L’ufficio della cancelleria privata di Hitler, diret-to da Viktor Brack, che sovrintendeva all’ope-razione e tutti gli uffici medici relativi al proget-to erano ospitati in una villa confiscata a ricchiebrei berlinesi situata al n° 4 della Tiergarten-strasse. Per questo motivo l’operazione disterminio venne chiamata Operazione T4.

L’eliminazione dei malati di mente fu resa pos-sibile grazie all’appoggio di parte della classemedica. Importanti medici e psichiatri avevanoteorizzato la necessità di eliminare i malatiincurabili, i bambini deformi e ritardati, ipazienti psichiatrici gravi già a partire daglianni ’20. Nel 1920, infatti, il giurista Karl Bin-ding dell’Università di Lipsia e lo psichiatraAlfred Hoche dell’Università di Friburgo ave-vano pubblicato un saggio dal titolo "L'autoriz-zazione all'eliminazione delle vite non piùdegne di essere vissute". Hoche e Binding teorizzarono il concetto di"eutanasia sociale": il malato incurabile, infat-ti, era da considerarsi non soltanto portatore disofferenze personali e causa di sofferenzefamiliari, ma anche di sofferenze sociali edeconomiche poiché sottraeva risorse econo-miche che potevano essere usate in modo piùutile. Lo Stato quindi doveva farsi carico delproblema che questi malati rappresentavano.Eliminarli avrebbe portato ad un duplice van-taggio: porre fine alla sofferenza personale econsentire una distribuzione più razionale edutile delle risorse economiche.

I primi ad essere eliminati furono i bambini al disotto dei quattro anni in un presunto program-ma di eutanasia. Una direttiva del ministro degliInterni del 18 agosto 1939 richiese ai medici laregistrazione di tutti i casi di idiotismo, mongo-lismo, microcefalia, idrocefalia, paralisi ed altremalformazione di tutti i bambini al di sotto dei 3anni. L’eliminazione poteva avvenire solo perparere concorde di tre medici.

I bambini che dovevano essere uccisi, veniva-no ricoverati in reparti pediatrici di centri appo-siti, dove veniva somministrato loro un tratta-mento medico di copertura. Di solito venivanouccisi con compresse di luminal sciolte nel tè ocon morfina. Veniva poi redatto un falso certifi-cato medico. Si stima che siano almeno 5.000i bambini uccisi in questo modo.

Il passo successivo fu il passaggio dall’elimi-nazione dei bambini a quella degli adulti. Ini-zialmente tutti i pazienti dei manicomi tedeschivennero schedati dai loro medici. Tutte le car-telle vennero poi inviate alla sede della T4,dove un gruppo di “esperti” selezionò i malatida eliminare.

Le vittime furono prelevate dagli ospedali psi-chiatrici, all’insaputa dei familiari, e trasportatein speciali istituti dove venivano uccise dalmonossido di carbonio in camere a gasmascherate da docce. Il primo di questi fu unex istituto carcerario situato presso Brande-burgo sull’Haven. Alla prova generale di gas-sazione, avvenuta dopo aver approntato unastanza apposita che poteva contenere 70 sog-getti, assistettero tutti i vertici del T4. Succes-sivamente furono aperti altri cinque centri:Grafeneck, Hartheim, Sonnenstein, Bernburge Hadamar, tutti in territorio germanico.

Dopo la morte dei pazienti, i loro corpi veniva-no cremati e le urne con le ceneri consegnateai familiari assieme ad un falso certificato dimorte.

A causa della pressione dell’opinione pubblical’azione venne sospesa nell’agosto del 1941.

Omosessuali e transessuali (triangoli rosa)

L’omosessualità era considerata un crimine, inGermania, già prima dell’avvento del nazismo.Nel 1871, con la proclamazione del SecondoReich, fu promulgata una normativa contro gliomosessuali che si rifaceva alla legislazioneprussiana.

La norma del nuovo codice penale sancita dalparagrafo 175 fu estesa a tutto l’impero tede-sco. L’applicazione di questa norma, in realtà,fu abbastanza limitata e ripetutamente ne ven-ne chiesta da più parti l’abrogazione. Con lasalita al potere di Hitler la situazione si modifi-cò e gli omosessuali tedeschi cominciaronoad essere perseguitati. Già nel 1933 vi furonoi primi internamenti a Fuhlsbuttel e nel 1934 aDachau e Sachsenhausen.

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Nel 1935 il paragrafo 175 del Codice penalevenne modificato. I rapporti sessuali trauomini venivano puniti con una pena deten-tiva fino a 10 anni o, in circostanze atte-nuanti, per non meno di tre mesi. La norma-tiva contro gli omosessuali si arricchì suc-cessivamente di nuove leggi. Queste nuoveleggi definivano gli omosessuali come aso-ciali, una minaccia per il Reich e per lamorale che richiedeva adeguate misure pre-ventive e punitive.

La legge del 28 giugno 1938 prevedevadiversi tipi di trattamento: l’internamento neicampi di concentramento o pene detentivedi varia entità. Questo perché si distinguevatra "cause ambientali" che avevano condot-to all’omosessualità e "omosessualità abi-tuale". Nel primo caso il carcere duro, i lavo-ri forzati, le cure psichiatriche e la castrazio-ne volontaria erano ritenuti provvedimentiutili al reinserimento nella società. Nelsecondo caso invece l'omosessualità venivaconsiderata incurabile. I transessuali eranoconsiderati “omosessuali abituali”.I provvedimenti furono comunque rivolti nel-la quasi totalità agli omosessuali tedeschi.L'omosessualità "abituale" veniva conside-rata una malattia degenerativa della "razzaariana" e, per questo motivo, sugli omoses-suali vennero condotti con particolare inten-sità esperimenti pseudoscientifici quasisempre mortali. L’accanimento delle SScontro gli omosessuali era particolarmenteviolento.Tra il 1933 e il 1945 furono circa 7.000 gliomosessuali che morirono nei campi di con-centramento: circa il 60% degli internatiomosessuali contro il 41% dei prigionieripolitici ed il 35% dei testimoni di Geova.

Con la liberazione dei campi da parte degliAlleati, paradossalmente gli omosessuali etransessuali non riacquistarono la libertà.Americani ed inglesi non considerarono gliomosessuali alla stessa stregua degli altriinternati ma criminali comuni. In più nonconsiderarono gli anni passati in campo diconcentramento equivalenti agli anni di car-cere. Ci fu così chi, condannato a otto annidi prigione, aveva trascorso cinque anni dicarcere e tre di campo e per questo vennetrasferito in prigione per scontare altri treanni di carcere. La versione del 1935 del Paragrafo 175rimase nella legislazione della RepubblicaFederale Tedesca fino al 1969, quando furiformato.

Gli zingari (triangoli bruni)

Gli zingari europei furono vittime di genocidioal pari degli ebrei, anche se in proporzioni piùridotte. La storia della distruzione degli zinga-ri seguì un corso parallelo a quella degli ebrei.Iniziò con misure di esclusione cui seguironol’internamento e la morte in camion o camerea gas. Tra i diversi gruppi di vittime del nazi-smo, solo gli ebrei e gli zingari vennero per-seguitati su basi razziali.53

Quando i nazisti arrivarono al potere esistevagià in vigore una legislazione discriminatorianei loro confronti. Dopo il 1933, quando Hitlerdivenne cancelliere della Germania, questemisure diventarono ancora più severe: gli zin-gari che non potevano dimostrare di avere lacittadinanza tedesca vennero deportati, altrivennero internati come "asociali". Con le Leggi di Norimberga (1935) gli zingarifurono definiti una razza straniera e vennerotolti loro i diritti che spettavano ai cittadinitedeschi. Questa era ovviamente una incon-gruenza poiché gli zingari erano ariani. Hitlerordinò quindi ai suoi antropologi di dimostrare,senza molto successo, il contrario.

Il primo campo destinato agli zingari vennepredisposto nel luglio 1936. Un decreto del 14dicembre 1937 affermava che gli zingarierano inveterati criminali. Verso la fine del1937 e durante il 1938 ci furono arresti suvasta scala e fu creata una sezione specialeper gli zingari nel campo di concentramento diBuchenwald.

Lo studio delle caratteristiche razziali deglizingari divenne soggetto per tesi di laurea:Eva Justin, assistente del dottor Ritter delministero per la Ricerca della salute della raz-za, dichiarò, discutendo la sua tesi, che "glizingari sono molto pericolosi per la purezzadella razza tedesca".Nel 1938 Himmler ordinò che gli zingari fos-sero tutti schedati e registrati dalla polizia; nel-la schedatura gli zingari vennero classificatiin: zingari puri (Z), mezzi zingari con predomi-nanza di sangue zingaro (ZM+), misti con pre-dominanza di sangue ariano (ZM-) e misti conmetà sangue zingaro e metà ariano (ZM). Le donne zingare sposate con ariani vennerosterilizzate presso l’ospedale di Dusserdorf-Lierenfeld, alcune di loro morirono perchéfurono sottoposte al trattamento di sterilizza-zione mentre erano incinte. Nel campo diRavensbruck 120 ragazze furono sterilizzateda medici delle SS.

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Nel 1940, 30.000 zingari del Reich vennerodeportati verso il Governatorato generale.Dopo l’invasione dell’Unione Sovietica nel1941, centinaia di zingari, assieme agli ebreifurono massacrati dalle Einsatzgruppen e daireparti speciali. Nel 1942 Himmler ordinò la deportazione ditutti gli zingari tedeschi ad Auschwitz. In tuttii paesi occupati dai tedeschi iniziò la depor-tazione sistematica: la legge collocava glizingari nella stessa categoria degli ebrei,venivano perciò registrati, raggruppati,deportati e sterminati. I 5.000 zingari austriaci vennero deportati nelghetto di Lodz, in Polonia. I sopravvissuti(2.600) furono gasati poi a Chelmno nell’apri-le 1942. E’ difficile calcolare il numero deglizingari che furono uccisi nei campi di stermi-nio e concentramento. Le cifre variano tra220.000 e 500.000.

I testimoni di Geova (triangoli viola)

La persecuzione nei confronti dei testimoni diGeova o Bibelforscher (Studenti Biblici) iniziòpoco dopo l’ascesa del nazionalsocialismo. Imotivi della persecuzione contro i testimonidi Geova furono il rifiuto di prestare giura-mento di fedeltà a Hitler e di assolvere qual-siasi servizio militare.

Inizialmente furono emanate leggi regionaliche vietavano le loro attività e già nel luglio

del 1933 iniziarono i primi internamenti. Il 1°aprile 1935 venne varata una legge naziona-le che vietava ai Bibelforscher di produrrepubblicazioni, tenere adunanze e predicarepubblicamente. Chi infrangeva tali leggi, eracondannato a pene pecuniari e detentive. Itestimoni di Geova vennero inoltre espulsidalla pubblica amministrazione.

Nel 1936 venne vietato ai Bibelforscher divendere Bibbie e nel 1937 vennero aumenta-te le pene per chi continuava le proprie attivi-tà. Il 20 giugno del 1937 i testimoni di Geovadistribuirono in tutto il territorio del Reich una“Lettera aperta al popolo tedesco che credenella Bibbia e ama Cristo”. Come risposta laGestapo attuò arresti di massa. Nell’agostodello stesso anno venne emanata una circo-lare che prescriveva l’internamento immedia-to nei campi dei Bibelforscher, assolti dai tri-bunali o giunti al termine della loro penadetentiva. Nel 1940, infine, venne ordinatol’arresto di tutti i testimoni di Geova. Vi furo-no inoltre numerose fucilazioni di Bibelfor-scher per la loro obiezione di coscienza.

I testimoni di Geova furono gli unici cuisarebbe stato possibile lasciare i campi diconcentramento, se avessero abiurato allaloro fede. Nei lager i Bibelforscher erano sti-mati e tenuti in alta considerazione dagli altridetenuti per il loro atteggiamento altruistico,pacifico e coerente con la propria fede.

LETTURA GUIDATA ED APPROFONDIMENTO

1. Individua le fasi che hanno contraddistinto

l’eliminazione dei malati di mente.

2. Secondo Hoche e Binding i malati incurabili

“sottraevano risorse economiche che poteva-

no essere usate dallo Stato in modo più utile”:

sei d’accordo con quest’affermazione?

3. L’operazione T4 veniva anche chiamata

“programma di eutanasia”. La parola eutana-

sia significa “buona morte”. Anche oggi si par-

la di “eutanasia” per i malati terminali. In che

termini? Che differenze ci sono tra il program-

ma messo in atto dai nazisti e le proposte

attuali?

4. Che significa, secondo te, “omosessualità

ambientale” e “omosessualità abituale”?

5. Perché, secondo te, gli Alleati consideraro-

no gli omosessuali criminali comuni?

6. Ritieni che anche oggi gli omosessuali ven-

gano discriminati?

7. Conosci paesi in cui l’omosessualità è ancora

oggi un reato?

8. Perché i nazisti cercarono di dimostrare che

gli zingari non erano ariani?

9. Utilizzando il testo letto, traccia una cronologia

sintetica della persecuzione degli zingari; puoi aiu-

tarti anche con informazioni ricavate da Internet.

10. Per quali motivi i testimoni di Geova furono

perseguitati da nazisti?

11. Individua le fasi della persecuzione dei

testimoni di Geova.

12. Utilizzando il testo letto, traccia una crono-

logia sintetica della persecuzione dei testimoni

di Geova; puoi aiutarti anche con informazioni

ricavate da Internet.

53 Y. Ternon, Lo stato criminale: igenocidi del XX secolo, Corbac-cio, Milano, 1997, pag. 151.

materiali didattici

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Da: “Immigrato” di Fortunato e Methnani

Mazara del Vallo

1. La mattina esco prestissimo. Cerco di imbar-carmi su qualche peschereccio, ma non ho unlibretto di navigazione, e nessuno se la sente diingaggiarmi.54 Il proprietario di una imbarcazio-ne, un tipo anziano, mi racconta che un paiod'anni fa, un peschereccio con dei ghanesi abordo, tutti clandestini, è andato a picco e daallora i controlli sono diventati più severi. L'uomomi parla della Sicilia e dei problemi del lavoro.Dice: "Noi non siamo razzisti. Il fatto è che voisiete tutti clandestini, e quindi non potete lavo-rare in regola. Per questo siete sfruttati". Poi,non so bene perchè, racconta che qualchemese addietro, è stato a Roma e che lì lui sisentiva davvero un emarginato: "Proprio comevoi", sottolinea. Per un momento, penso chetutti quelli che vengono dal Sud del mondorimangono, in un modo o nell'altro, dei clande-stini. Non dico niente, però. Me ne vado in giro,provando a domandare lavoro come lavapiattio cameriere in un paio di pizzerie: niente dafare. Capisco che aveva ragione l'anziano pro-prietario del peschereccio: qui, se non hai qual-cuno che ti raccomanda,55 nessuno ti assume.Neppure per un giorno. Passo il pomeriggio steso sul letto della miastanza...Do un'occhiata al giornale. Gli articoli parlano diintolleranza e di razzismo, di violenza, di droga.Mi vedo lontano da tutto questo. Mi vedo lonta-no da tutto e da tutti. Immerso in una stranasolitudine. Per fortuna, il giornale parla anche diuna probabile sanatoria56 per quelli come me,della possibilità di uscire dalla clandestinità.Come per festeggiare la notizia, mi metto sottola doccia.

2. La sera vado nel caffè dei tunisini, in viaBagno... I miei connazionali affollano i tavoli,giocano a carte o a domino, qualcuno fuma ilnarghilè57. Sembra davvero di essere a casa:c'è un gran baccano, e fumo, e disordine dap-pertutto. Tutti quelli con cui parlo ripetono: "L'u-nica è provare al porto domani. Lì ti possonoprendere per pulire i gamberi". Dicono: "Sca-puzzare l'ammaro",58 come fossero dei verisiciliani.Il giorno dopo vado al porto. La mattina è fre-sca, l'aria è nitida come il cristallo. I colori dellecase, la luce, tutta l'atmosfera mi fanno sentirein un quartiere di Tunisi. Un quartiere solo inparte sconosciuto. Cammino rapidamente.All'improvviso, è tornato l'ottimismo. Sono sicu-ro che troverò da "scapuzzare l'ammaro".

Per togliere solo la testa al gambero, ti dannoduemila lire a cassetta. Se pulisci tutto, si arrivaa ottomila. I più bravi, mi dicono, riescono a faretra le venti e le venticinque cassette in una mat-tinata. I gesti di quelli che lavorano sono ritmati.Muniti di guanti, svuotano una cassetta su untavolo. Poi, con la mano destra, tolgono la testae, con la sinistra, mettono il gambero "scapuz-zato" da parte. Alla fine, una volta puliti, i gam-beri vengono rimessi nella cassetta. Sembraquasi una gara. Ogni tanto, sempre continuan-do a lavorare, qualcuno alza la testa per vede-re quanto hanno fatto gli altri. Tutti hanno lemani piagate.Malgrado le insistenze, non mi prende nessuno.Lavorano solo quelli che sono già conosciuti.

Palermo

1. A Palermo ci sono arrivato in tarda mattinata.Vicino alla stazione c'è un gran viavai di nord-africani. La città ha un aspetto sporco, confuso:è come se la povertà e il disordine si fosseroattaccati ai muri, all'asfalto, all'aria. Gli immi-grati gironzolano tra via Roma e il piazzaleantistante la stazione in gruppi di tre o quattro:galleggiano nello spazio privi di una direzione,di una meta. Sento un'onda di desolazioneattraversarmi. E' un'onda lieve, attutita per ora.Un ragazzo marocchino mi scoraggia del tutto.Dice: "Puoi fare il facchino al mercato: si gua-dagna una miseria, ma è meglio di niente. Seno, ti devi rivolgere a qualcuno dei nostri. Glidai centomila lire, e quello ti trova un lavoro.Ma devi stare attento: spesso, si prendono isoldi e spariscono".Trovo da dormire in una pensione vicino laVucciria. E' un appartamento al terzo piano diun condominio. La scala a chiocciola mi fapensare al minaret59 di una moschea. In tutto cisono tre stanze con quattro posti letto e unsolo bagno. La pensione è gestita da una cop-pia sulla sessantina: lei è una donna bassa eun po' cicciona, dall'aria materna; lui dev'esse-re piuttosto malandato. Pago diecimila a notte.Il prezzo è buono ma la stanza è davverosquallida: i letti, schiacciati contro le pareti,sono ai quattro angoli. C'è un solo comodino eun tavolo di formica al centro. Né armadi néaltro. Dal soffitto pende il filo con una lampadi-na che getta una luce vecchia, impolverata.Sulla sua branda, è steso Lasaad. E' tunisinocome me, ha ventisei anni e, prima di emigrare,era giocatore di basket nella squadra di Rades,a sud di Tunisi. E' a Palermo da poco più di die-ci giorni, e ha già un aria afflitta che non pro-mette niente. Facciamo due chiacchiere, tantoper conoscerci... Gli altri due che abitano con

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noi Rauf e Jamel, anche loro di Tunisi, gli han-no raccontato che si potrebbe provare adandare a Ribera, vicino Agrigento, per la rac-colta delle olive. Ora i due sono usciti, ma rien-treranno presto, stasera. Ci accordiamo per lamattina dopo, alle sei: la mia presenza sarà uti-le, spiega Lasaad, perchè nessuno di loro spic-cica una parola di italiano...Arrivati ad Agrigento, facciamo una corsa perprendere l'autobus che ci porta a Ribera.Il paese è tutto in una piazza con un bar. Ed èproprio qui, fra i tavoli di un bar, che vengonoreclutati60 i braccianti61 per il lavoro nei campi.Gli immigrati che si trattengono quì per qualchegiorno, ci spiegano, dormono direttamente neigiardinetti che sono sul lato est della piazza.Noi chiediamo e richiediamo ma, sembra unajattura,62 nulla di fatto: la domanda, a quantopare, è di gran lunga più alta dell'offerta. Moltinordafricani sono arrivati in paese da mezzaItalia. Un ragazzo di qui, Salvatore, dice: "Nonce la faccio più a lavorare come una bestia:dalle sette di mattina fino alle quattro delpomeriggio per trentacinquemila lire. Per voi èpure peggio: vi dovete arrangiare a dormire perterra. Ma se restate qui, sentitemi: non fre-quentate quelli come voi perchè si ubriacanotutte le sere e fanno risse. Girate alla larga".Poi se ne va senza un cenno, come non ciavesse mai rivolto neanche un'occhiata.Ritorniamo a Palermo senza aprire bocca.Qualche volta uno sbadiglia, allora gli altri loguardano. Ma gli sguardi subito si disperdonochissà dove.

2. Per fortuna una sera incontro un amico diTunisi. Ridha ha più o meno la mia età e vive aPalermo da un anno presso una famiglia chegestisce una pensione per immigrati. Nonpaga l'affitto ma, in cambio, il pomeriggio è adisposizione dei proprietari: una specie dischiavitù part-time.63 La mattina, invece, va almercato e fa il facchino.Il giorno dopo lo seguo. Al mercato si va allesei, si prende in affitto un carrello per duemilalire, e ci si dà da fare a caricare e scaricare lamerce. Il mio primo cliente non mi rivolge laparola. Mi fa segno con un dito o con un piedeper indicare ciò che devo caricare sul carrello.Quando sbaglio, e carico tre cassette di unacerta qualità di pomodori invece che di un'altra,si mette a gridare in un siciliano incomprensi-bile. Capisco solo la parola "marocchino".Alla fine di una giornata massacrante, abbiamoguadagnato trentacinquemila lire in due. E'davvero pazzesco. Per questo, un paio di gior-ni appresso, accetto da un siciliano di andare apulire il suo porcile. Il tizio mi porta prima al suo

negozio di frutta e verdura, dalle parti di piazzaVittorio Emanuele. Lì devo scaricare un po' dicassette. Quello urla: "Accà! Alza! Scendi!Caricare, scaricare!". Poi, quando ho finito,andiamo verso Monreale, in campagna. Adestinazione, sono quasi le undici del mattino,mi vengono dati subito stivali, pala e carretta. Ilporcile è di sei metri per cinque. Mi viene davomitare. Penso: "Sono un mussulmano. Nonposso mangiare la carne del maiale, ma possopulire la sua merda". Comincio a lavorare. Alle due del pomeriggio, ho già scaricato quin-dici carrette di escrementi. Quando ho finito,chiedo del padrone. Quello non c'è. C'è unoperaio che mi dice di ritornare il giorno dopoper la paga. Così, raggiungo Palermo con unautobus. Arrivo più o meno un'ora dopo. Stor-dito, nauseato, entro in una tavola calda e ordi-no un piatto di spaghetti. Ne mangio due for-chettate, poi accendo una sigaretta. Non hopiù fame. Una signora sui cinquanta, sedutaaccanto a me, attacca a parlare. Dice: "Voialtrimi fate pena. Siete povera gente"...La mattina seguente sono ritornato al porcile. Ilpadrone non c'è nemmeno oggi. Vado al suonegozio di fruttivendolo. Finalmente lo trovo,ma quello, invece di darmi il dovuto, cominciaa sbraitare: "Tu non hai pulito niente, e anzi haifatto un danno. Io dovevo prendere un altroragazzo ma ho preso a tía...64 Vabbene, vieni tifaccio un regalino". Dalla cassa prende dieci-mila lire. Non dico niente. Mi allontano dalnegozio con la banconota in mano.

Napoli

1. Sono sceso dal treno con un balzo. Benchésia autunno inoltrato, il tempo è bello e c'èancora luce. Mi metto alla ricerca di una pen-sione. Per le strade, c'è un'atmosfera concitata,nervosa. Tutti gli alberghi intorno alla stazionesono zeppi. Vicino piazza Garibaldi, i bar sonopopolati solo da nordafricani. In uno di questi,due stanno litigando violentemente. Da unabancarella che vende musicassette, uno stereodiffonde musica araba ad altissimo volume. Unbambino di dieci o dodici anni spara con unapistola a gommini contro dei piccioni. Sembradi stare in un grande, sconclusionato bazar.Sempre alla ricerca di un posto per dormire, mifermo in un ristorante che ha solo specialitàafricane. Dentro ci sono nigeriani o senegalesi.Tutti mi guardano perchè, penso, per loro ionon sono un nero. Mi sento oggetto di una ine-dita forma di razzismo. Mi siedo ad un tavolo eordino quello che tutti mangiano: una terribilepappetta a base di noccioline che deve esserepresa in mano, appallottolata e intinta in una

54 ingaggiare = assumere.55 raccomandare = indicare all'at-tenzione altrui qualcuno perchèvenga favorito, appoggiato inqualcosa.56 sanatoria = provvedimento legis-lativo che tende a regolarizzareuna situazione.57 narghilè = pipa orientale costi-tuita da un recipiente con acqua eda due tubi, uno dei quali con boc-chino per aspirare il fumo passatoattraverso l'acqua.58 “scapuzzare l'ammaro” = toglie-re la testa al gambero.59 “minaret” = minareto; torreannessa alla moschea, dalla qualeil muezin chiama i fedeli islamicialla preghiera.60 reclutati = assunti.61 braccianti = lavoranti agricoli,non specializzati, solitamente agiornata.62 jattura = sfortuna.63 part-time = a mezza giornata.64 “a tía” = a te.

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salsa di pesce lievemente piccante. Mentre stomangiando (e decisamente non mi piace), siaffacciano alla porta tre nordafricani, guardanoschifati e se ne vanno. Pago il mio conto evado via anch'io. Uscendo, vedo affisso sullaporta un cartello che dice: "Non si fa credito".E' in varie lingue, tranne che in italiano.Continuo a girare in zona finchè capito in unbar di via Mancini che pare essere il quartiergenerale dei miei connazionali... Nel bar attac-co a parlare con Murad, un ragazzo di venti-quattro anni del sud della Tunisia che vive aNapoli da quattro mesi. Gli chiedo subito infor-mazioni sulle possibilità di lavoro. Lui mi spie-ga che, i primi tempi, ha lavorato al mercatofacendo da procacciatore65 di clienti al proprie-tario di un banco di frutta e verdura. Adessoinvece fa l'aiuto cuoco e il cameriere in unristorante fuori città. Lavora dalle nove del mat-tino fino alle sei del pomeriggio per ventimilalire. Naturalmente, non è in regola, ma si ritie-ne fortunato. Con Murad bevo un paio di birre.Poi, per darmi una mano, lui mi porta all'HotelMaddalena dove, dice, dividendo la stanza conaltri due, sicuramente troverò posto. Almenoper questa notte...L'Hotel Maddalena è un grande appartamentodi una ventina di camere al secondo piano. Cisono solo due bagni indecenti. Nella mia stan-za, alloggiano altri due tunisini, di ventisette eventiquattro anni. Paghiamo ventottomila lireciascuno. Le coperte del mio letto sono tuttebruciacchiate. La stanza non ha interruttoreper la luce: se vuoi accendere la lampadina,devi unire le due estremità del filo elettrico, ecreare il contatto. La porta, poi, manca di ser-ratura: al suo posto, un lucchetto. Per un atti-mo, appena entrato, mi sento in carcere, vorreiscappare via. Poi scatta subito un senso di ras-segnazione...Mi sdraio sul letto, ma dopo poche ore mi sve-glio e non riesco più a riaddormentarmi. Il cor-po è scosso da un tremore che sale dal ventree invade la testa. Sento la febbre salirmi comeun uragano improvviso. Mi avverto come unoggetto delirante, qualcosa di remoto che, aiconfini della sua coscienza, è attraversato davisioni mostruose. Mi alzo a fatica. Ma nonsono proprio io a sollevarmi dal letto: è quelgrumo di brividi e di stanchezza. Arrivo inbagno, un passo dopo l'altro. Mi piego in duesulla tazza del water: il buco dello scarico sem-bra a una distanza stellare, e io stesso sonolaggiù.Ho vomitato a lungo, con sollievo. Mi pareva diliberarmi di un'infinità di cibo cattivo e di catti-vi pensieri. Alla fine, con lucidità, ho pensatoche risalire l'Italia corrispondeva, nella mia

personale geografia, a una discesa nel Sud dime stesso.

2. Come sempre dopo una nottataccia, la mat-tina ci si sente stanchi ma stranamente allegri.Il peggio è passato.Per strada, vicino all'università, un ragazzo chelavora per l'Avis mi chiede se voglio donare unpo' di sangue in cambio di una bistecca. Dice:"I tuoi connazionali lo danno spesso. Tu quan-do hai mangiato l'ultima volta?" Ha l'aria arro-gante. Gli rispondo: "Ieri sera e tu?".Nei ristoranti e nei bar, è la solita solfa: "Il lavo-ro non c'è per noi", mi dicono, "figurarsi per unostraniero". Vedo tantissimi nordafricani vendereagli angoli delle strade e ai semafori sigarette dicontrabbando e accendini ricaricabili. A uno diloro chiedo dove posso rifornirmene anch'io.Quello mi dice di rivolgermi a un ragazzo napo-letano e a sua madre, che abitano lì vicino.Compro qualche stecca di Marlboro e una cin-quantina di accendini. Le sigarette costanosedicimila e il resto ventisettemila. Poi faccio unsalto al solito bar di via Mancini, che è in un cer-to senso il vero consolato tunisino a Napoli.Attacco a parlare con Samir, ventiquattro anni,di Tunisi. Gli domando se qui c'è lavoro. Luidice: "Vuoi comprare un po' di ghabra".66 Nonmi dà il tempo di rispondere. Continua: "Qui dieroina ce n'è, e a buon prezzo. Conosco unnapoletano che ci può vendere roba ottima. Ionon ho soldi: due giorni fa, mi hanno fermato,mi hanno dato il foglio di via. Il maresciallo, inquestura, mi ha confiscato i soldi che avevo".Samir dice che era successo questo: mentre,con un altro ragazzo, stava scippando una bor-sa, era stato acciuffato. Il suo amico era rima-sto dentro. Lui, dopo essere stato pestato inquestura, era stato rilasciato. Senza soldi.Mentre Samir parla, penso a tutte le personeche, per disperazione o per superficialità, sonocadute in trappole del genere. Del resto, a sen-tir lui, con la droga è tutto molto semplice: dalnapoletano, che è una specie di grossista,compri quattrocentomila lire di roba a ottanta-mila lire il grammo, che è un buon prezzo; poila tagli, fai quindici dosi, vai a Firenze e, lì riven-di il tutto per un totale di settecentocinquantamila. Ripetendo l'operazione per sei volte, gua-dagni più o meno quattro milioni. "Soldi chia-mano soldi", continua a ripetere come un bam-bino che all'improvviso si è scoperto furbissimo.Per darmi la prova che quanto sostiene è vero,Samir mi presenta due suoi amici appena torna-ti da Firenze. I due confermano: "E per l'allog-gio", dicono, "non c'è problema: ci sono parec-chie case abbandonate dove si può dormire".Quello che temevo, a Tunisi, si sta realizzan-

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do puntualmente. Intorno a me, discorsi didroga e di carcere. Violenza, emarginazione,solitudine: ho paura che il cerchio possa chiu-dersi, che anch'io diventi un piccolo punto del-la circonferenza.Dopo un poco, non ce la faccio davvero più asentir parlare con indifferenza di spaccio e digrammi e di roba buona e di roba tagliata. Perun attimo, vorrei non esser mai partito da casa.Io stesso, il colore della mia pelle, la mia lin-gua, il modo a cui ho preso a vestirmi: tutto faparte di un paesaggio che comincio a odiare, eche è il mio paesaggio. Mi sento quasi in gab-bia: ce la farò ancora a vivere così? Non lo so.I giornali parlano di gente che si sente esaspe-rata e che ha iniziato a picchiare quelli comeme. Già spuntano gruppi di persone che odia-no gli immigrati e che firmano i loro volantinicon il nome di Brigate Goebbels. Le idee siconfondono... io ho paura.

Roma

Roma ha una mappa alternativa a quella chetrovi allegata alle Pagine Gialle. Per esempio, uno vuol sapere dove si incon-trano i libici? Semplice: in un bar di via Gio-berti, un bar che fa angolo. I senegalesi inve-ce preferiscono incontrarsi nei giardini di Col-le Oppio, e i filippini in piazza Risorgimento,vicino alla fermata del tram. Per tutti gli arabi,un richiamo è rappresentato dal Centro isla-mico di piazza Ungheria, popolatissimosoprattutto il venerdì. Mentre noi tunisini cimuoviamo fra i bar di piazza Esedra e quellidi piazza dei Cinquecento. E' una autenticatopografia68 di secondo livello, questa, unasorta di circuito underground69 alla luce delsole, con le sue regole, e i suoi confini bendefiniti. Nel senso che, se sei nordafricano e timetti a bazzicare,70 corri anche qualche peri-colo: il razzismo, purtroppo, ha molte facce.Da quando ho capito che la mia discreta cono-scenza dell'italiano, invece di facilitare le cose,le complica, ho preso a parlare come ci siaspetta parli un "vu' cumprà". Negli ostelli71 enelle mense, dico: "Amigo incontrato stazionedire venire qua. Rubare me passaporto e soldi".Pare che questo linguaggio elementare tran-quillizzi molto gli impiegati delle strutture perl'accoglienza degli immigrati. Una volta, duran-te una delle solite, estenuanti file davanti allaCaritas di via Marsala, mi rivolgo a un ragazzoche mi precede. Gli parlo in arabo. Lui mirisponde in francese, poi aggiunge in italiano:"Io di Reggio Calabria". Non riesco a trovare uno straccio di occupazione.Mi trascino per le strade come uno zombie.72

Roma mi appare come una città stupenda materribilmente inconoscibile. Ti avvolge in unastrana malia, in una dimensione soffice e not-turna che ti nega di penetrarla. È diversa daTunisi: qui ogni cosa pare distante, a una per-versa distanza. All'apparenza, nulla ti è vietato:potrei andare in ogni momento a visitare piaz-ze e musei, ma qualcosa me lo impedisce.Finisco sempre, in un modo o nell'altro, pervagare tra Termini e le sue vicinanze... Unasera mi sono fatto forza. Arrivo in centro. Sem-bra un'altra città. È sempre abbastanza spor-ca, ma almeno vedi gente nuova, e ristoranticon belle donne, e ragazzi con i jeans stracciatie il codino. Le persone hanno l'aria di volersidivertire, di conoscersi, di essere occupate inchissà che cosa. Ho l'impressione di esserel'unico sconosciuto in un posto in cui tutti sichiamano per nome e si salutano. Non mi dafastidio. Anch'io vorrei vivere così.Mi siedo al Caffè della Pace. Urlo alla ragazzache prende le ordinazioni: "Birra! Bière! Bier!".Lei fa un cenno, va verso il bancone: di spalleè ancora più bella. Lo stereo manda una can-zone di Lou Reed che parla di New York. Mipiace Lou Reed. Finalmente, riesco a sentirmia mio agio. La tensione si allenta. Comincio aparlare con un tipo sulla trentina che è sedutoal tavolo accanto. Intanto il disco è cambiato:mi piace anche questo ma non so chi suona.Faccio un segno verso l'altoparlante, dico: "Chiè?". Il mio vicino grida: "Jesus and Mary Chain.Sono bravi". Il ghiaccio è rotto. Massimiliano èun restauratore di appartamenti e mi offre dilavorare per lui: c'è da imbiancare lo studio diun avvocato, qui in centro. Registro l'offertacome una vera e propria vittoria personale: è laprima volta che qualcuno, un italiano, mi dà dalavorare senza che io gli abbia chiesto niente.Tocca a me, adesso, offrire da bere.Alle nove del mattino dopo, come d'accordo,sono sotto casa di Massimiliano. Busso, lui siaffaccia alla finestra, dice di aspettare qualcheminuto: si è appena svegliato. Attendo più dimezz'ora, prima di vederlo comparire sul por-tone. La giornata lavorativa comincia con unagradevole passeggiata per le vie del centro allaricerca di pennelli, carta vetrata e vernici. Ilpomeriggio inizio a prendere le misure dellostudio e a tracciare delle righe sul soffitto. Allediciannove, Massimiliano torna da me, control-la il lavoro e mi da il permesso di andarmene."Domani", dice, "alla stessa ora. Per la paga, tivanno bene sessantamila al giorno?". Certoche sì.Lavoro per Massimiliano per una settimana.Ogni mattina lo raggiungo a casa, aspetto chesi svegli, poi beviamo un caffè al bar dell'ango-

65 procacciatore = persona che siincarica, dietro compenso, di pro-curare determinate cose.66 ghabra = droga.67 emarginazione = isolamento dipersone a causa della loro origine,cultura, costumi ecc...68 topografia = la rappresentazionecol disegno, in una mappa, dellevarie caratteristiche di un territo-rio.69 underground = detto di produ-zione musicale, artistica, letteraria,di tono anticonformista, la cui dif-fusione avviene con mezzi diversidi quelli ordinari.70 bazzicare = frequentare.71 ostelli = alberghi che con modi-ca spesa ospitano i giovani.72 zombie = morto vivente, secon-do le credenze vudù sono personemorte che vengono riportate invita attraverso particolari cerimo-niali.

materiali didattici

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lo, lui mi accompagna allo studio e se ne va.Ritorna verso l'ora di colazione, mangiamoqualcosa assieme, poi sparisce di nuovo.Quando, l'ultimo giorno, mi aspetto la paga, luifa una faccia di circostanza, dice: "Potresti ave-re pazienza per un mesetto?". "Certo che no",penso, ma rimango zitto, gli occhi in terra. Luidice che il suo conto in banca è scoperto: nonha una lira al momento, neanche per dar damangiare al cane. Lungo tira e molla, e alla finemi da la sua parola che, al più presto, mi risar-cirà del dovuto. La sua parola, però, non mi dàda mangiare, e quindi torno alla mensa di Col-le Oppio. Mi ero già disabituato. Pazienza.

Milano

Dopo il lavoro al mercato, provo a fare il rappre-sentante porta a porta di cerotti, profumi, fazzo-letti di carta e altro. Su questa occupazione, sisentono un sacco di storie. Abdeslam mi ha rac-contato, per esempio, che una volta si è trovatodi fronte un omosessuale che, prima lo ha invita-to a far colazione con lui, poi ci ha provato. A unaltro ragazzo sembra sia andata meglio: haconosciuto una donna sui trentacinque anni, eadesso i due vivono insieme. Comunque, con-clude Abdeslam, il motivo vero per cui lui hasmesso di fare questo lavoro è perchè la gente sicomporta in maniera pietistica.73 "E io sono venu-to in Italia per lavorare, non per chiedere l'elemo-sina", dice con una punta di superbia che lo fasembrare più adulto...Il luogo di raccolta, per essere reclutato comevenditore, è un bar del centro. Più di venti nige-riani, che fanno questo lavoro da vari mesi,stanno facendo colazione in attesa che passi ilsolito furgoncino che li porterà in periferia. Fuoriil tempo è brutto, viene giù una pioggia sottile epungente.Un nigeriano mi spiega come si svolge la gior-

nata: "Ti danno una borsa piena di prodotti e tuse sei furbo e ci sai fare a impietosire le perso-ne, vendi quasi tutto", racconta. "La giornata vadalle nove del mattino al tardo pomeriggio. Dalricavato, devi togliere il quaranta per cento, cheva al datore. Se tutto fila liscio, ti restano cin-quantamila al giorno. Mance incluse".La mia prima volta concludo poco. Davanti ame, sfilano in successione facce per lo più pocodisponibili: gente anziana che ha paura di apri-re la porta ad uno sconosciuto, casalinghe chenon hanno tempo, studenti squattrinati. In ognicaso: nessuno incidente di percorso. E poi,confesso, il lavoro non mi dispiace: mi stuzzicaspiare le case degli italiani. Nella maggior par-te, si vedono mobili in stile antico un po' appros-simativo passati a lucido come nuovi. Nell'in-gresso, il solito tavolino con il telefono e tanticentrini. Alle pareti, litografie e calendari con inomi di ditte famose e, più raramente, compli-cati barometri le cui lancette sembrano indicarelo stesso valore da sempre. Mi piace sentire ilprofumo dei detersivi per i pavimenti, o esserecostretto a mettere sotto le scarpe delle formi-ne74 di feltro, che servono a non rovinare la cerae rendono gli appartamenti silenziosi come unamoschea. In ogni salottino, c'è un grande tele-visore: troneggia su tutto come una divinitàdomestica.Quando una porta si apre timidamente davanti ame, io sorrido sempre. Dico: "Buongiorno. Ladisturbo forse?". Poi attacco la litania dei mera-vigliosi prodotti che sono in vendita, a un prezzodi sicuro conveniente. E, sempre senza fare unapausa, metto un piede oltre la soglia. Nonriscuoto un grandissimo successo, ma ogni gior-no mi pare che le cose vadano meglio. Pianopiano, imparo tutti i trucchi del mestiere. La sera,poi, bevendo birra al bar della stazione, chiac-chiero con Abdeslam. Gli racconto ogni partico-lare come fosse la trama di un gran bel film.

ESERCIZI

Mazara del Vallo1. Che cosa significa che "quelli che vengono

dal Sud del mondo rimangono, in un modo o

nell'altro, dei clandestini"?

2. Cos'è esattamente il Sud del mondo?

3. Cerca di individuare lo stato d'animo del pro-

tagonista del brano.

4. Perchè l'autore usa forme dialettali?

Palermo1. Come viene descritta Palermo?

2. Qual'è l'atteggiamento dei vari abitanti di

Palermo nei confronti del protagonista? In

quali ti riconosci?

Napoli1. Commenta la seguente affermazione del

protagonista: "Alla fine, con lucidità, ho pensa-

to che risalire l'Italia corrispondeva, nella mia

personale geografia, ad una discesa nel Sud di

me stesso".

2. Perchè, talvolta gli extracomunitari si trova-

no coinvolti nel traffico di stupefacenti?

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GLI IMMIGRATI IN ITALIA

Gli immigrati regolari al 31 dicembre 2001 erano 1.362.630 (dati del ministero dell’Interno) ederano così ripartiti:

2001Continente Numero %Unione Europea 147.495 10,8

Europa centro orientale 394.090 28,9

Altri paesi europei 22.300 1,6

Totale Europa 563.885 41,4Africa settentrionale 243.846 17,9

Africa orientale 25.351 1,9

Africa occidentale 69.036 6,5

Africa centro meridionale 8.365 0,6

Totale Africa 366.598 26,9Asia orientale 136.276 10,0

Asia centro meridionale 104.893 7,7

Asia occidentale 18.614 1,4

Totale Asia 259.783 19,1America settentrionale 46.073 3,4

America centro meridionale 112.133 8,2

Totale America 158.206 11,6

Oceania 2.461 0,2Altro 11.697 0,9

Totale 1.362.630 100,0

Fonte: elaborazione Caritas dei dati del ministero dell’Interno.al

lega

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ital

iaDOMANDE

Dopo aver analizzato la tabella, rispondi alleseguenti domande:

1. Da quale continente proviene la maggior parte

degli stranieri presenti in Italia?

2. Qual è la percentuale di stranieri provenienti

dall’Europa occidentale e dal Canada/Stati Uniti?

3. Su 10 stranieri presenti in Italia, quanti sono

gli europei, quanti gli africani, gli asiatici e gli

americani?

4. Per indicare gli stranieri che non appartengono

all’Unione Europea s’indica il termine “extracomu-

nitario”. Quali tra questi sono “extracomunitari”?

Svizzeri, rumeni, canadesi, cechi, statunitensi,

marocchini, slovacchi, finlandesi, egiziani,

australiani, tunisini, neozelandesi, albanesi, giap-

ponesi.

5. Secondo la Caritas, la tendenza degli ultimi

anni vede aumentare la presenza di europei e

diminuire quella dagli altri continenti. Quale sarà

allora la religione predominante professata dagli

stranieri presenti in Italia? 73 pietistica = falsamente compas-sionevole.74 formine = piccoli rettangoli.

materiali didattici

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In questa seconda tabella sono invece indicati i 10 gruppi nazionali con più presenzein Italia nel 2001

Paese1.Marocco 158.094 8. Ex Jugoslavia 36.614

2.Albania 14.120 9. Germania 35.888

3.Romania 75.377 10. Senegal 34.464

4.Filippine 64.215

5.Cina Popolare 56.566

6.Tunisia 46.494

7.USA 43.650

Non tutti gli immigrati presenti in Italia sono regolari. La presenza di clandestini ed irregolari portala presenza di stranieri a circa 1.6 milioni (dati Caritas) o 1.5 milioni (dati Istat). La popolazione italiana nel 2001 era di 57,8 milioni di abitanti. Qual è la percentuale di stranieririspetto alla popolazione del nostro paese? Confronta questa percentuale con quella degli altripaesi europei.

L’emigrazione italiana

Anche gli italiani sono emigrati nei paesi extraeuropei ed europei per cercare fortuna. Si calco-la che attualmente siano circa 60 milioni gli oriundi, cioè cittadini d’altri paesi che hanno originiitaliane. Le persone effettivamente emigrate, a partire dal 1861 (sulle emigrazioni precedenti nonci sono dati) sarebbero state circa una trentina di milioni, di cui dieci milioni sarebbero poi rim-patriate. Il saldo di popolazione negativo sarebbe quindi di quasi 20 milioni.

DOMANDE

1. Quali pensi siano stati i vantaggi e glisvantaggi per il nostro paese di una per-dita così cospicua di popolazione? 2. Il numero degli uomini emigrati è quasiil triplo del numero delle donne. Quale

può essere stata la conseguenza per ilnostro paese?3. Fai una breve ricerca sull’emigrazio-ne italiana.

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Queste vignette sono tratte dal mensile Nigrizia. Sapresti trovare un titolo a questa pagina?

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Secondo l’Opera Nomadi, gli zingari in Europadovrebbero essere circa 9 milioni, di cui 2 milio-ni in Europa occidentale e 7 milioni in Europaorientale. Il 45 - 50% è costituito da persone aldi sotto dei 16 anni (4 - 4,5 milioni), il 70% neha meno di 30 (6,3 milioni), mentre gli ultrases-santenni corrispondono al 2 - 3% (0,18 - 0,27milioni).

Il tasso di natalità è superiore a quello europeo,ma anche la mortalità infantile è più alta di quel-la europea. La vita media non supera i 50 anni.

Gli zingari presenti in Europa appartengono acinque gruppi etnici: Rom, Sinti, Kalè, Manou-ches, Romanichais. I Rom sono presenti nelsud e nell’est dell’Europa, i Sinti nel nord del-l’Europa e in Italia, i Manouches e i Kalè rispet-tivamente in Francia e Spagna e i Romanichaisin Inghilterra. I cinque gruppi principali si divi-dono poi in gruppi e sottogruppi. In Italia sonopresenti soprattutto Rom, Sinti e una piccolaminoranza di Kalé.

La situazione degli zingari è particolarmentedifficile in Europa orientale. In tutta la regione,gruppi ed atteggiamenti razzisti sono riemersicome fantasmi dal passato, dopo essere statirepressi per decenni dai regimi comunisti. Ban-de di skinhead bruciano i quartieri dove vivonoi Rom in veri e propri pogrom. Sono inoltreriportati attacchi da parte della polizia che ricor-re spesso al maltrattamento e alla tortura perintimidire la comunità ed ottenere confessioni.La situazione è talmente grave da indurre orga-nizzazioni per i diritti umani ad intervenire.Negli ultimi anni, Amnesty International si èspesso occupata di casi di uso eccessivo dellaforza e di tortura da parte delle forze dell’ordi-ne anche ai danni di minori.

Gli zingari presenti in Italia sono circa 120.000(il 2 per mille dell'intera popolazione italiana), dicui oltre i 2/3 di cittadinanza italiana, mentre ilrimanente terzo è costituito da cittadini dell’U-nione Europea o cittadini della ex Jugoslaviache sono giunti in Italia in più riprese.

Un certo numero è arrivato dopo la Secondaguerra mondiale, altri a seguito del terremotoche devastò la Macedonia e gli ultimi dopo laguerra nell’ex Jugoslavia e nel Kosovo. Questiultimi erano sedentarizzati ed hanno perso leloro abitazioni per via della guerra. A causa del-la convinzione che tutti i rom siano nomadi, iprofughi della ex Jugoslavia di etnia rom, a dif-ferenza degli altri profughi, sono stati dirottativerso i campi nomadi.

Rifugiati politici (tratto da L’Urlo)75

di Valentina Piattelli

Paola mi porta da Nejad, un Rom del Kosovo.Com’è usanza nei Balcani, ci togliamo le scar-pe per entrare nella sua baracca. Il salotto ècomposto da tappeti e cuscini su cui sedersi.Ci sediamo in terra insieme a suo padre, lamoglie, i fratelli e i numerosi figli. Mi faccioraccontare la loro storia, simile a quella di tantialtri.

Abitavano vicino a Mitrovice (in Kosovo), ave-vano due case grandi. Fino a qualche anno favivevano tutti insieme: Serbi, Rom e Albanesi.Poi è cominciata la guerra fra Albanesi e Serbi,e i Rom si sono trovati nel mezzo. Gli Albanesidell’Uçk sono venuti con le armi e li hanno man-dati via insieme ai Serbi. Sono andati prima inSerbia, poi in Montenegro. Per un po’ hannolavorato in Montenegro, hanno raccolto un po’di soldi e sono venuti via. Gli hanno chiesto unmilione e mezzo di lire a testa per passare ilmare. La sua famiglia era composta da 10 per-sone, hanno quindi pagato 15 milioni per veni-re via. Li hanno stipati con altre persone su untraghetto vecchio e malandato e sono arrivati aBrindisi. Era l’agosto del 1999. Qualche giornodopo hanno saputo che un’altra nave, la“Mispatt”, è affondata con 114 persone a bordo.Un solo sopravvissuto. Molti erano diretti aFirenze e parecchie famiglie del Poderacciohanno perso familiari in questo naufragio. Pao-la mi racconta come una famiglia di suoi cono-scenti abbia perso 13 familiari.

Dalla Puglia hanno preso il treno per Firenze,dove avevano qualche familiare. Sul trenonon hanno pagato il biglietto. La tragedia delKosovo era sulle prime pagine dei giornali.Bastava che dicessero “Sono del Kosovo” e icontrollori li lasciavano stare, mi racconta uncugino di Nejad.

Alla fine del 2000 tutta la famiglia ha fattodomanda di asilo politico, ma dopo 16 mesi nonsono stati ancora chiamati a Roma, alla Com-missione centrale per il riconoscimento dellostatus di rifugiato. Soltanto un loro parente èstato chiamato. Gli hanno concesso l’asilo uma-nitario, ma hanno scritto male il nome, nel tra-scriverlo dai documenti cirillici. Adesso c’è ilrischio che considerino i suoi documenti falsi.In compenso all’intera famiglia è stato dato unpermesso di soggiorno in attesa della valutazio-ne della domanda, con l’esplicito divieto di lavo-rare. “Ma come posso vivere senza lavorare?”mi chiede Nejad. E io non so cosa rispondergli.

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Quando lo Stato toglie a qualcuno un dirittofondamentale come quello di guadagnarsi davivere, dovrebbe sostituirlo per lo meno con unsussidio. In effetti quando fu deciso di vietareai richiedenti asilo di lavorare, furono stanziatianche dei fondi per permettere loro per lomeno di sopravvivere nell’attesa. Ma i soldierano pochi e sono finiti da anni. E nel frattem-po i tempi di attesa per arrivare all’agognatoasilo si sono allungati fino a raggiungere quasii 2 anni (mentre nei testi di legge si parla di duesettimane!).

E come possono vivere queste persone senzapoter lavorare?Mi fa vedere le foto delle due case che aveva inKosovo. Sono villette moderne e grandi. Valgo-no 300 milioni l’una, mi dice orgoglioso. “Chi ci vive adesso?” - gli chiedo. “Gli albanesi”,mi risponde. Poi mi spiega che in una ci vive unprofugo dalle campagne a cui han distrutto lacasa, nell’altra ci si è trasferito il loro vicino. Ilvicino (l’ex vicino?) gli ha proposto di comprareformalmente la casa, ma lui spera di poter tor-nare un giorno e non ha accettato.

Il termine “Rom”deriva dal sanscritodomba che significauomo libero. I Sintiderivano il loro nomedalla regione pakista-na del Sind, mentre iRomanichais inglesidevono il loro appel-lativo dall’espressio-ne roman chavé chesignifica figli zingari.

da: "Il paese dei campi. La segregazione razziale deiRom in Italia", serie “Rapporti nazionali”, n. 9, ottobre2000, dell’European Roma Rights Center

Alla base dell’azione del governo italiano nei confron-ti dei Rom, c’è la convinzione che questi siano “noma-di”. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90,dieci regioni italiane hanno adottato delle leggi per “laprotezione delle culture nomadi” attraverso la costru-zione di campi segregati. Questo progetto ha reso uffi-ciale la percezione che tutti i Rom e Sinti siano noma-di e che possano vivere solo in campi isolati dal restodella società italiana. Il risultato è che molti Rom sonostati effettivamente forzati a vivere la romantica erepressiva immagine degli Italiani; le autorità italianesostengono che il loro desiderio di vivere in vere casenon è autentico e li relegano in “campi nomadi”. M. D.,una ragazza di vent’anni, fa parte di una famiglia diSinti italiani che vive in caravan e viaggia d’inverno inItalia e l’estate in Germania e in Svizzera; eppure alladomanda dell’ERRC se volesse continuare a viveresempre così, lei ha risposto: “No, cerchiamo una casa euna vita come la vostra.” Questa e molte altre similisono voci che non raggiungono le sorde orecchie delle

autorità e dei semplici cittadini italiani non Rom. Peresempio, un delegato italiano ha spiegato al Comitatoper l’eliminazione della discriminazione razziale delleNazioni Unite, nel marzo del 1999, che i Rom, essendonomadi per natura, preferiscono stare nei campi.La teoria “nomade” è usata molto spesso come giustifi-cazione per escludere i Rom dalle responsabilità e dallescelte normalmente accordate alle persone adulte. Ladescrizione dei Rom come “nomadi” non è usata soloper segregare i Rom e per ridurli a una condizioneinfantile, ma anche per rinforzare l’idea corrente che iRom non sono italiani e che non hanno nulla a che farecon l’Italia. La smisurata sensibilità antropologica delleautorità italiane funziona solo in negativo, per elimina-re la possibilità di considerare i Rom come parte inte-grante della società italiana. Così, gli uffici che si occu-pano di Rom sono chiamati “Uffici nomadi” e ricadononella sfera di competenza della politica dell’immigra-zione. Analogamente, l’esistenza di uffici locali per“stranieri e nomadi” indica che i Rom appaiono agliocchi dell’autorità italiana come stranieri e vagabondi.Questi uffici sono responsabili anche per i Rom e i Sintiche non sono affatto immigrati ma cittadini italiani atutti gli effetti.

ESERCIZI

VIVERE DA NOMADI

Gli zingari in Europa

1. Quali sono i cinque gruppi etnici principali in cui

sono suddivisi gli zingari e dove sono localizzati?

2. Quanti sono gli zingari presenti in Italia? Sono

tutti cittadini italiani?

3. Cerca informazioni sulla situazione degli zin-

gari che vivono in Europa orientale collegandoti

al sito di Amnesty International: www.amnesty.it

4. Gli zingari sono rappresentati da un’organizza-

zione non governativa chiamata International

Romani Union (IRU) che è stata fondata a Lon-

dra nel 1961. Puoi trovare informazioni su questa

associazione al sito: www.unionromani.org

Vivere da nomadi

1. Qual è la tesi dell’autore dell’articolo?

2. Sottolinea nel testo le argomentazioni a favore

della sua tesi.

3. Quale di queste ritieni più utile a sostenerla?

4. Sei d’accordo con l’autore?

75 www.squilibrio.it/Urlo contro lapena di morte.

materiali didattici

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Da: "Il razzismo" di Riccardo Mazzelli

Le "colpe" degli zingari

Gli zingari giunsero in Europa nel XV secolo(la prima notizia in Italia è del 1422) prove-nienti dal Nord dell'India attraverso il mondobizantino ed arabo.Inizialmente suscitarono curiosità, ma benpresto l'interesse si mutò in diffidenza: il colo-rito scuro della pelle, l'abbigliamento bizzarro,la lingua incomprensibile, i modi di vita, l'abi-tudine alla mendicità, il timore che potesserogettare il malocchio, li resero agli occhi deisedentari estranei e pericolosi.Anche in questo caso il colore scuro della pel-le divenne segno di inferiorità e di malvagità.La lingua inoltre, assai diversa da quella deisedentari, fece nascere l'idea, ancora ogginon del tutto superata, che gli zingari usasse-ro tra loro un gergo da malviventi per camuf-fare le loro reali intenzioni: in realtà essi parla-no il Romani, una lingua indoeuropea.Una delle accuse più comuni, non del tuttoinfondata, è quella di furto: si tratta però, ingenere di piccoli furti con destrezza praticatida donne e bambini a danno di persone inge-nue o distratte; sono invece eccezionali i furtinotturni o con scasso e rari gli episodi di vio-lenza.Bisogna sottolineare poi che sono i fattori cul-turali, non razziali, a spiegare il comportamen-to degli zingari; infatti il furto e la tendenzaall'accattonaggio scompaiono rapidamentequando modificano il loro modo di vita, adesempio con l'abbandono del nomadismo econ l'integrazione nelle popolazioni locali.Un'altra delle accuse che ricorre con più fre-quenza e che ancor oggi infiamma la fantasiapopolare è quella del rapimento dei bambini:questa convinzione è più il risultato di leggen-de e di detti popolari per intimorire i bambini,che di conseguenza di episodi realmenteaccaduti.

Ancora il 14 agosto 1968 il "Corriere dellaSera" usciva con questo fuorviante titolo: "Tro-vato bambino rapito dagli zingari"; nell'articoloperò non si parla affatto di zingari, ma si dànotizia di un bambino minorato di cinque anni,

ritrovato tutto solo in una casa in costruzione,mentre in un primo momento si era pensatoche fosse stato rapito; avviene spesso che igiornali pubblichino notizie sensazionali che sirivelano in seguito prive di fondamento.Ma l'accusa più falsa e malvagia fra tutte quel-le mosse agli zingari fu quella di antropofagia.Un episodio clamoroso e dalle tragiche conse-guenze si ebbe in Ungheria nel 1782: era sta-ta catturata una banda di zingari sotto l'accu-sa di furto e, poiché nello stesso periodo sem-brava che fossero scomparse alcune persone,si pensò di incolpare gli zingari anche di omi-cidio. Vennero quindi sottoposti a tortura fin-ché uno di loro gridò: "Li abbiamo mangiati!".Il processo che ne seguì, basato su confes-sioni strappate con supplizi terribili, si conclu-se con l'esecuzione capitale di oltre quarantapersone. L'imperatore Giuseppe II, dubitandodei fatti, inviò un commissario per indagare sulposto: si scoprì così che le persone ritenuteassassinate erano tutte vive per cui, reso evi-dente troppo tardi l'errore giudiziario, si rila-sciarono gli zingari che ancora rimanevano incarcere.Gli zingari vennero inoltre regolarmente accu-sati di spargere sporcizia e malattie: l'appari-zione del colera in Italia, nel 1910, fu attribuitaa certe tribù di zingari russi che avrebbero por-tato tale malattia a Bari; perciò in varie regioniitaliane furono scacciati dalla popolazionelocale e vessati dalle autorità finché un esamemedico ufficiale dimostrò che gli zingari russierano sani e che non avevano avuto tra di loronessun caso di colera.

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1. Quali sono le accuse che vengono rivolte ai nomadi?

2. Sono tutte fondate?

3. Perché secondo l'autore gli zingari commettono dei furti? E tu che ne pensi?

PENE CONTRO GLI ZINGARILe pene andavano dalla messa al bando alla fustigazione,

dal marchio a fuoco al taglio delle orecchie e persino alla

morte.

Nel 1501, ad Augusta, la Dieta stabilì che chi uccideva

uno zingaro non commetteva reato.

Nel 1558 la Repubblica di Venezia emanò un decreto che

fissava a 10 ducati il premio per chi consegnasse uno zin-

garo vivo o morto.

Nel 1663 una grida del Ducato di Milano diede diritto a

qualunque cittadino di uccidere gli zingari e di tenersene

gli averi.

LETTURA GUIDATA ED APPROFONDIMENTO

“Uccisa donna zin-gara col suo piccolo” (elenco delle prede di

una giornata di caccia

di un nobile terriero

del Reno)

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elliSantino Spinelli 76

Santino Spinelli (in arte Alexian) è Rom abruz-zese. Nato a Pietrasanta di Lucca il 21 luglio1964, risiede a Lanciano (Chieti). Si è laureatopresso l’Università di Bologna in Lingue e Let-terature straniere moderne e si sta laureando,sempre a Bologna, in Musicologia. Studiaanche direzione d’orchestra. E’ titolare dellacattedra di Lingua e cultura zingara presso l’U-niversità di Trieste. È inoltre musicista e can-tautore e dirige il Centro didattico musicale ita-

liano di Lanciano. Fondatore e principale ani-matore, insieme alla moglie Daniela, dell'asso-ciazione culturale rom "Them romanó". L’asso-ciazione pubblica l'omonimo giornale ed orga-nizza ogni anno un concorso letterario denomi-nato "Amico Rom". Da piccolo, come molti bam-bini rom, viveva con la sua famiglia di espe-dienti e chiedeva l’elemosina.Le poesie di Santino sono scritte in romanésabruzzese, uno tra i dialetti zingari italiani piùantichi. Esse nascono spesso come testi dicanzoni o lo diventano.

Maledizione zingara

1. A quale evento della storia degli zingari fa riferi-

mento l’autore di questa poesia?

2. Quali sono le espressioni che indicano la morte

violenta degli zingari? Di che morte si tratta?

3. Perché l’autore ha intitolato questa poesia Male-

dizione zingara?

Piccola poesia

1. Qual è la funzione della Piccola poesia per il

poeta?

2. Qual è il messaggio che dovrebbe portare?

3. A cosa si riferisce Santino Spinelli con le espres-

sioni "le parole dei padri" e "scolpisci nel tempo l’e-

sistenza zingara"?

4. Ci sono elementi in comune tra le due poesie?

Busibbé romanó

Surdé vast kalé sdiné ku them,paní milaló acarél u sirósa tritimmé,ni luk asunép pandindó,nikt asunél.Dziné bi nafélku mirribbé ngirdé,nikt a dikkjánikt a varikiá.Mulé ridzdziddéandré u paní milaló,xalé muj anlál ku kham,u ngustó a sinnlangiál ki kon

Gilurí

Cijómmete upréndre i rat ta li cilinjáa kirjommete.Tu sinjan i gilí kju sukárprisó vakirés tru jiló.Su kirés ki ni gilí?Dep ku tem.Dza anglé! Gilurí,de u lav ku jiló di li vavérsar kirián ki mants;pe li lav kju nguldé,ta sa ki kulá ta rovén.Dza! De ki li cavéli lav di li datta ci ndre temu dzivibbé romanés!a kwit aciló.

Maledizione zingara

Gelide mani nere rivolte al cielo,la palude ricopre la testaschiacciata,un grido soffocato si eleva,nessuno ascolta.Un popolo inermeal massacro condotto,nessuno ha vistonessuno ha parlato.cadaveri risortidalla palude,orribili visi mostrati al sole,il dito puntatoverso chi ha taciuto.

Piccola poesia

Ti ho inventata,tra la notte e l'albati ho creata.Sei la poesia piu bellaperché parli dal profondo del cuore.Cosa farsene di una poesia?la si dona al mondo.Va' oltre! Piccola poesia,inebria il cuore di altricome hai fatto col mio;sussurra le parole piu dolci,sorridi a coloro che soffrono.Vai! Reca ai figlile parole dei padrie scolpisci nel tempol'esistenza zingara!

Poesie di altri autori rom e sinti si possono trovare sul sito www.vurdon.it

ESERCIZI

76 Il sito Internet di Santino Spinelliè: http://web.tiscali.it/themromano.

materiali didattici

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Io Rom - musicista e docente all’Università,ambasciatore di un'antica culturadi Santino Spinelli

La mia esperienza come docente non è sologratificante, ma anche soddisfacente grazieanche ai miei studenti che con attenzione,curiosità e rispetto hanno seguito le mie lezio-ni riguardanti la lingua, le tradizioni, la culturadella popolazione romaní costituita da Rom,Sinti, Kalé, Manouches, Romanichals. Ottimi irisultati al primo appello di esame del 13 giu-gno, non ne avevo dubbi, visto le premesse edil rapporto instaurato con i miei studenti. Essihanno compreso come bisogna superare il"concetto di zingaro", i tempi ormai sonomaturi per cancellare questa parola dal nostrovocabolario, perché non esprime una conno-tazione etica, ma un sentimento di avversità,visto il carico di negatività che racchiude.Esso va sostituito con popolazione Romaní ocomunità Romanès anche perché i Rom, Sin-ti, Kalé, Manouches, Romanichals, con i loroinnumerevoli sottogruppi, utilizzano la linguaRomaní o Romanès che deriva dal Sanscritoed è strettamente imparentata con le lingueneo indiane come l'Hindi e il Punjabi ed arric-chita dagli imprestiti delle popolazioni lungo ilviaggio dall'India del Nord fino all'Occidente.Rom, Sinti, Kalé, Manouches, Romanichalssono etnonimi, ovvero il modo in cui noi defi-niamo noi stessi, zingaro è un termine che iGagé (i non Rom) ci hanno attribuito inmaniera dispregiativa. Il termine comunquederiva dal greco Atsinganos, il nome di unasetta eretica dedita alla magia. Con il Corsodi Lingua e Cultura Romaní all'Università diTrieste presso la Facoltà di Lettere e Filoso-fia, nell'ambito del corso di Scienze e tecni-che dell'interculturalità, la popolazione roma-ní ha la possibilità di farsi conoscere inmaniera veritiera.Il corso prevede una parte generale riguardan-te: la storia, la lingua, la letteratura romaní,audizioni di musica romaní, proiezioni di videoe film anche in lingua romaní, la cultura spie-gata dal punto di vista antropologico. Nella par-te monografica si approfondisce una delle tan-te tradizioni culturali Romanès: quest'anno si èanalizzato il Buchvibbé, la serenata dei RomAbruzzesi, il mio gruppo di appartenenza, arri-vati in Italia sei secoli fa. Ovvero il mezzolegale per proporre un'alleanza matrimonialeseguendo un rito solenne e antichissimo.

Altri concetti vanno superati: come quello dinomade e di campo nomadi. Il nomadismocome si è sviluppato in Europa non ha una

connotazione culturale, ma è stata la conse-guenza delle politiche persecutorie: le comuni-tà romanès erano "obbligate" a spostarsi con-tinuamente così come il campo nomadi è l'e-spressione della segregazione razziale e delladiscriminazione. In una società civile questasituazione non è più tollerabile. L'emarginazio-ne, il furto e l'accattonaggio non sono espres-sioni culturali, ma fenomeni sociali e come talivanno affrontati. La cultura è un'altra cosa,faccio un esempio: quando parliamo di culturaitaliana, non si spiega prima il fenomenomafioso e camorristico, il terrorismo e la pedo-filia per poi parlare di Leopardi e Verdi. La cul-tura romaní è l'unica ad essere "forzatamente"confusa con gli aspetti più deleteri della suacomunità, come se solo le comunità romanèsavessero difetti. Questo atteggiamento in real-tà cela la volontà di non conoscenza, alza bar-riere razziali e una contrapposizione violenta.L'opinione pubblica così non solo resta ignarae nella più completa disinformazione, ma sipriva del diritto alla conoscenza di una civiltà.Questo corso universitario non solo pubblica-mente ridona al popolo Rom la dignità che gliappartiene, ma crea le premesse per lo svi-luppo della "terza via"; mi spiego: si potevaessere Rom o emarginato (anche auto esclu-dendosi) o assimilato, oggi la mia esperienzadimostra alle nuove generazioni che si puòrestare Rom, essere fierissimi della propriacultura e identità, e nello stesso tempo essereun soggetto attivo e partecipe alla vita sociale,economica e culturale della società maggiori-taria, contribuendo al suo sviluppo senza perquesto avvilire la cultura d'origine. È questa, amio avviso, la strada da battere, ma occorremunirsi - da parte di tutti - di tanto coraggio edi tanta pazienza, la strada che porta alla cittàdella felice convivenza è all'orizzonte seppurpiena di insidie. Non più solo oggetto di studio,ma soggetti di confronto. Sono orgoglioso diappartenere all'unico popolo al mondo a nonaver mai dichiarato guerra a nessuno perchénon ha mai avuto l'esigenza di rivendicare unterritorio e quindi di scalzare altre popolazioniper un insediamento, ne si è mai organizzatoin formazioni terroristiche per rivendicare i pro-pri diritti esistenziali, culturali e sociali. La cul-tura romaní, basata essenzialmente sul con-cetto di "puro" e "impuro", ereditato dall'anticacultura indiana, ed espressione di una societàsemplice basata sul concetto di dare-avere ericambiare, non prevede l'omicidio (mardipé) ola guerra (merribé) in quanto considerati asso-lutamente "impuri".Personalmente sono un musicista prestato almondo accademico, la mia "vera" attività è

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quella di musicista. Giro con il mio gruppo,l'Alexian Group, la musica romaní del terzolivello, la musica non dell'intrattenimentosociale o della speculazione commerciale incui i Rom suonano per gli altri, ma quellafamiliare in cui i Rom suonano per se stessiper comunicare, per mantenersi uniti, per tra-mandarsi. La musica romaní, carica di pathosda un lato e sorretta da ritmi incalzanti dall'al-tra, è un mezzo importante per entrare nellasensibilità e nella cultura di un popolo presso-ché sconosciuto poiché il mondo romaní è fil-trato solo attraverso stereotipi negativi. Feno-meni sociali vengono elevati a modelli cultu-rali e l'errore del singolo porta alla condannadi intere comunità fra loro diversissime. Ciòimpedisce la vera conoscenza di un patrimo-nio umano, artistico, musicale, letterario, lin-guistico e culturale nelle diverse tradizioni,che appartiene all'intera umanità. La musica,superando qualsiasi barriera linguistica erazziale, è un veicolo di conoscenza straordi-nario. Il nuovo Eurotour "Romano Drom", che

prende il nome dall'omonimo CD recente-mente pubblicato dalla Ethnoworld e distribui-to a livello internazionale dalla M.A.P. -Venus, mi permetterà di offrire all'opinionepubblica questo terzo livello di musica romaníche è pressoché sconosciuta in Italia, ancheperché complessini di non Rom scimmiottanola musica romaní e, con la connivenza dietnomusicologi disinformati e di managerspeculatori, propongono al pubblico ignarol'imitazione della musica romaní. Il danno èdoppio sia perché si vende fumo, sia perchéci si priva del diritto alla conoscenza. Un'altraattività che prediligo è quella teatrale, nel1994 ho ottenuto un premio per il teatro alconcorso "Premio Internazionale Flaiano" diPescara ed oggi, assieme al coautore, portia-mo in giro per i teatri e per le scuole questodramma che si intitola “Dui Furatte Muló”(Due Volte Morto). È la prima espressioneteatrale professionale romaní in Italia conmusiche, canti e danze originali e può esseredefinito il teatro della verità.

materiali didattici

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Renata Toninato, 47 anni, insegnante, volontaria in Amnesty International dal 1988, fa parte del Gruppo diTreviso e del Coordinamento Nazionale Minori/Bambini, una struttura di Amnesty International che pro-muove e coordina il lavoro dell’associazione sui diritti dei minori.Ha collaborato a diverse pubblicazioni di Amnesty International ed è coautrice di Tutti i bambini del mondo.Liberi ed uguali in dignità e diritti, ECP, Fiesole, 1998; Quando i grandi fanno la guerra, ECP, Fiesole, 2000;Bambini da salvare: uno sguardo sui diritti dei minori, Amnesty Intenational, settembre 1999 e Bambini dasalvare, Amnesty International, 2002.Ha prodotto unità didattiche per la scuola media e la scuola superiore su tematiche inerenti l’Educazioneai Diritti Umani.

Paola Schiavon, 39 anni, insegna in un liceo psico-sociopedagogico all’interno del quale ricopre l’incaricodi referente del progetto educazione ai diritti umani. Ha collaborato alla produzione di unità didattiche perla scuola superiore su tematiche inerenti i diritti umani.

Ringraziamenti a:

Chiara Magoga per la rilettura dei testi e gli ottimi suggerimentiTiziano Toninato per il supporto tecnicoFrancesca Cesarotti, Flavia Citton e Riccardo Noury per la redazione

La presente pubblicazione è stata realizzata nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Equal del Fondo SocialeEuropeo, nel quadro delle attività del Progetto Etnequal Social Communication (IT-S-MDL-144).

COMUNITÀ EUROPEAFondo sociale europeo

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