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Relazione ambientale Punta Grò Sirmione

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E' da anni che il Comitato si batte in tutte le sedi opportune per il riconoscimento di Punta Grò come Oasi Naturale, per la non realizzazione della struttura alberghiera!Ci si preoccupa di ripristinare l'argine?a buon intenditore poche parole!Leggete con attenzione la relazione su Punta Grò redatta dal Dr. Parmigiani e utilizzata per la richiesta del riconoscimento e quello che sta accadendo adesso vi sembrerà una cosa minima!Sono riflessioni che andavano fatte a suo tempo.

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Vista satellitare Penisola di Sirmione e Punta Gro

Vista Aerea di Punta Gro

Punta Gro

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PREMESSA La filosofia progettuale, dovendo conciliare esigenze pubbliche con

necessità imprenditoriali del privato, che prevede l’utilizzo turistico della zona, ha portato ad una soluzione che si potrebbe definire come un Parco cittadino con annesso Museo.

Cio è in contrasto con le finalità della nostra Associazione che prevede nel suo statuto:

<Riconoscimento da parte delle Istituzioni dell’Area di Punta Grò come Oasi Naturale o Zona di rilevanza ambientale, costituendo tale zona un raro e rappresentativo esempio dell’ecosistema lacustre originario, ben integrato con l’attività antropica della pesca, e preservato sinora dall’urbanizzazione per la sua posizione decentrata>

La costruzione di una struttura turistica per sua natura stessa è di assoluto disturbo all’equilibrio ambientale in quanto genererebbe presenze concentrate soprattutto nel delicato periodo primaverile-estivo-autunnale.

La relazione del Dott. Parmigiani ne puntualizza alcuni importanti aspetti.

OSSERVAZIONI SUL PROGETTO DI TUTELA-CONSERVAZIONE-

RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA DI PUNTA GRO’ ELABORATO A CURA DELL’AMINISTRAZIONE COMUNALE DI SIRMIONE ( A cura del Dott. Guido Parmigiani)

Il piano di intervento sull’area di punta Grò in Sirmione, concepito

dall’Amministrazione Comunale nella forma di un “progetto integrato” ovvero contraddistinto dalla partecipazione di privati ad un piano di opere pubbliche, si presta , a parere degli scriventi, ad un duplice ordine di considerazioni per la diversità delle conseguenze che esso determinerebbe sull’area destinata ad accoglierlo.

Sono infatti riconoscibili nei presupposti del progetto almeno due

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finalità generali delineate con chiarezza : • un obiettivo di conservazione dei valori naturalistici e

paesaggistici del sito, tendente a realizzarsi soprattutto attraverso interventi di incremento e di riqualificazione del patrimonio vegetazionale, nel rispetto delle tipicità locali della flora arborea : appartengono a questo intendimento infatti le scelte di incrementare la varietà ed il numero degli esemplari arborei nell’area a prato e a pioppeto della zona Sud Est e Sud Ovest ; alla stessa preoccupazione di aumentare la qualità ambientale dell’area appare legata la decisione di riprogettare il degradato frontelago dell’area sud est con un sistema particolarmente innovativo quale la “Viminata viva”, per ridare naturalità ed integrità ad un tratto di riva lacustre già orlata da una massicciata di cemento ;

• un obiettivo di fruizione – divulgazione di valori naturalistici e storico culturali, legati tanto alla fisionomia del sito quanto all’attività della pesca che, più di tutte, lo ha caratterizzato in passato e continua a definirlo a tutt’oggi : tale appare il progetto di ristrutturazione conservativa della storica casetta di pesca, destinata ad ospitare un piccolo “Museo della pesca” ; nella stessa direzione sono pure orientati gli interventi di rifacimento della struttura del ponticello e il previsto intervento di ripristino delle vasche- peschiere, in disuso da svariati decenni , e lo scavo di una postazione didattica “subacquea” posta sotto di queste, per consentire l’osservazione del fondale lacustre e della fauna ittica.

Tuttavia , proprio a questo riguardo non ci si può esimere dall’osservare che su un’area come quella di Punta Grò su cui insiste un rilevante interesse naturalistico ambientale -per il buono stato di conservazione generale della vegetazione spontanea , acquatica ed

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arborea, e per l’integrità del sito, fortunosamente risparmiato dalle lottizzazioni che caratterizzano i dintorni - ogni opera di trasformazione o modifica dovrebbe rigorosamente operare una valutazione delle sue conseguenze e definire i termini del suo impatto sulla fisionomia complessiva del sito. E questo elemento appare significativamente assente in quella parte del progetto che è orientata verso un’ ipotesi di fruizione pubblica dell’area, da ottenersi attraverso la radicale risistemazione di una parte di essa.

In particolare infatti il progetto di ripristino delle vasche anticamente utilizzate per la collocazione del pesce vivo, lungi dall’apparire una necessità dell’odierna attività della pesca, si configura ,a parere di chi scrive, come un intervento inopportuno, ingiustificato e fortemente invasivo – se non apertamente distruttivo - delle caratteristiche di naturalità e di qualità ambientale dell’’area che ne è interessata.

Lo spazio delle peschiere, dismesso forse negli anni ’50 e mai più da allora riutilizzato, è infatti un esempio evidente di un processo di rinaturalizzazione compiutosi nel corso di alcuni decenni in un’area precedentemente destinata a fungere da supporto alla pesca.

L’antico spazio delle “vasche del pesce”, riconoscibile nella planimetria acclusa ( e segnatamente nella sezione parte “ RECUPERO

VASCHE INTERRATE” della Relazione tecnica a cura del Settore Urbanistica ed Edilizia privata del Comune di Sirmione ), è di fatto una sorta di golfo che si apre sul fianco occidentale della penisoletta di

Punta Grò, con un’estensione complessiva di circa 1500 m2 . L’originario intervento, risalente agli anni ’30, di adattamento della morfologia della

penisola agli usi della pesca ha provveduto a separarla dall’adiacente canale mediante un muretto divisorio, che presentava un’apertura per

consentire l’afflusso delle acque del lago nell’invaso. L’abbandono dell’uso ed il trascorrere del tempo hanno poi prodotto il parziale

rovinio della struttura di contenimento e la trasformazione di tale sito in un’ area palustre dai tratti pressoché unici nel bacino gardesano : le sue caratteristiche morfologiche infatti la fanno assomigliare ad una “ lanca” fluviale non dissimile da ambienti presenti ad esempio nel parco

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naturale del Mincio o del Ticino.

Il processo di rinaturalizzazione compiutosi nei passati decenni ha

prodotto una vigorosa espansione della vegetazione palustre sia ripariale che acquatica ; essa circonda i bordi della bordi dell’area come una fitta quinta o ne occupa lo specchio interno: si hanno infatti nello spazio lacustre una rara stazione di Iris giallo ( Iris pseudocorus) – la sola del bacino gardesano! foto n 2 - mentre i limiti dell’insenatura delle peschiere sono segnati da una densa cortina arbustiva di Ontani , Pioppi bianchi, Salici, Rubus fructicosus. Il sito, così rinaturalizzato , risulta densamente avvolto dalla vegetazione palustre ed arborea e presenta oggi i tratti di una ridotta ma suggestiva wilderness lacustre che manifesta una propria indiscutibile peculiarità paesaggistica , connotandosi come un ambiente unico nel suo genere nell’intero bacino gardesano , particolarmente meritevole perciò di conservazione e salvaguardia . Inoltre, per la sua natura di luogo appartato e tranquillo, esso si caratterizza anche per essere un eccellente ed importante spazio di biodiversità che offre infatti ricetto a numerose specie animali, soprattutto anfibi e uccelli protetti, come lo Svasso maggiore, il Tuffetto, l’Usignolo di fiume, la Cannaiola, ed altre ancora che nidificano nel vicino canneto ma anche tra la vegetazione riparia dell’area delle ex peschiere. Si è ad esempio recentemente segnalata, proprio nello spazio compreso tra il canale d’accesso alla darsena e la lanca palustre/ex

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peschiera, la nidificazione della Moretta (Anthus moretta), un’anatra tuffatrice che sverna in consistenti popolazioni nella vicina area del Laghetto del Frassino ma che da tempi remoti non è presente sul Garda come nidificante. La notizia , che ha un’indiscutibile rilievo scientifico-ornitologico, conferma le potenzialità biologiche ed ecosistemiche dell’area ex vasche

Il progetto dell’Amministrazione comunale non tiene in considerazione invece queste caratteristiche né considera in alcun modo le rilevanti qualità vegetazionali, ambientali ed ecologiche del sito. Anzi, nel definire l’intervento di ripristino delle antiche vasche il progettista incaricato si limita a parlare di “vegetazione infestante”, prospettando interventi di rimozione su vasta scala della vegetazione arborea e la completa asportazione della vegetazione acquatica

( Punto “A”, sezione “Recupero vasche interrate” della già citata

Relazione tecnica), utilizzando una terminologia incongrua ed omettendo, nella valutazione delle caratteristiche dell’area, qualsiasi riconoscimento del suo valore paesaggistico e ambientale. La visione dell’Amministrazione si orienta invece esclusivamente verso un’astratta ipotesi di ripristino di una struttura dismessa che si vorrebbe destinata ad un’utilizzazione didattica da attuarsi anche mediante l’invasivo progetto di accesso al fondale attraverso il cosiddetto “percorso di visita interrato” : ma al di là di questa previsione

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– che appare a chi scrive niente più che una forzatura di inutile ingegneria ambientale – nulla giustifica oggi la riattivazione delle vasche la cui originaria destinazione è stata totalmente abbandonata per cessazione di utilizzo e la cui riattivazione non è in alcun modo funzionale all’odierno esercizio della pesca . La previsione d’intervento dell’Amministrazione comunale pecca dunque di evidente superficialità nella mancata valutazione delle conseguenze di alterazione e depauperamento dell’ambiente naturale di Punta Grò che deriverebbero dalla realizzazione di questa tranche del “progetto integrato” e si configura come un’ inaccettabile distruzione di uno spazio di vegetazione spontanea che le finalità di fruizione didattica non giustificano affatto.

In singolare contrasto con questa parte del progetto appaiono infatti i suoi obiettivi generali “di riqualificazione ambientale”, e di “ recupero paesaggistico ambientale” – pagg. 1 e 2 della Rel Tecn.- dell’area : obiettivi che , se formulati con maggior coerenza, avrebbero dovuto invece far considerare con più attenzione le modalità attuative dell’intervento stesso, escludendo ipotesi di rimodellamento troppo marcato o di pesante modificazione dell’assetto attualmente acquisito dagli spazi naturali.

Debole e non condivisibile, anche alla luce dei criteri largamente conservativi che oggi ispirano gli interventi di rimodellamento paesistico e di ingegneria ambientale, appare pertanto l’analisi sulle caratteristiche del sito sviluppata dall’Amministrazione così come la mancata previsione di un impatto ambientale e paesaggistico derivante dalla ricostituzione “simulata” delle peschiere . La valutazione d’impatto, che dovrebbe invece costituire l’elemento qualificante di qualsiasi intervento di modificazione anche minima di spazi naturali, è invece del tutto assente nel progetto comunale.

Si tenga presente, a semplice titolo comparativo, che la confinante area di rive e canneti che si sviluppa in territorio veronese, ad Est di Punta Grò fino all’abitato di Fornaci ( Peschiera del Garda), costituisce dal 2004 il Sito di Importanza Comunitario “ Basso Garda” . Tale SIC è

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parte delle aree europee meritevoli di speciale protezione, perché incluse nella Rete Natura 2000 : in tali aree la Valutazione d’Incidenza è passaggio obbligato per qualsiasi intervento che si configuri anche come lieve modificazione antropica dello stato dei luoghi. Nulla invece è stato previsto per l’area di Punta Grò che presenta valenze ambientali simili, se non superiori per alcuni aspetti, alla confinante area veronese ma nessuna soglia di tutela della sua eccezionalità. Tale carenza costituisce pertanto un pesante limite della progettazione comunale.

Tanto forti sono state le perplessità e le contrarietà suscitate da questo e da altri segmenti del “progetto integrato” da aver favorito la nascita di un Comitato spontaneo per la conservazione di Punta Grò – poi trasformatosi in Associazione- che ha raccolto il consenso di più di 500 cittadini del Comune di Sirmione, avanzando all’Amministrazione la richiesta di mantenere l’area nelle condizioni in cui si trova, conservandone la vegetazione e gli spazi naturali.

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Le nostre Associazioni chiedono pertanto di respingere,

considerandolo non conforme alle inequivocabili esigenze di tutela dell’area di Punta Grò nè ad un coerente piano di conservazione/valorizzazione ambientale, il progetto comunale perché ciò determinerebbe la distruzione della vegetazione spontanea e l’ irreparabile alterazione di un sito con caratteristiche di alto pregio ambientale e paesaggistico.

Vista Aerea da Nord: L’urbanizzazione incalza l’oasi