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Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali 1
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali
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BioStrutture artificiali L 2
Protesi, impianti e fissazioni
• Protesi ortopediche– protesi d’arto– endoprotesi
• Impianti vascolari di origine sintetica• Fissazioni di fratture ossee
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Protesi d’arto• Le protesi d’arto sono dei dispositivi che sostituiscono
completamente un arto (superiore o inferiore) o una parte mancante dalla nascita o a seguito di amputazione.
• Le protesi d’arto hanno ruoli funzionali, ma anche finalità estetiche e la loro interfaccia con l’organismo è con la superficie cutanea. In tal senso non si considerano propriamente biomateriali i materiali con cui sono realizzate.
• Inoltre tali protesi vengono indossate e tolte, possono essere sostituite e riparate e ogni paziente può teoricamente averne uncorredo anche per utilizzare la più adatta alle varie esigenze.
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Endoprotesi• Le endoprotesi sono sistemi impiantabili
permanentemente all’interno della superficie corporea dove svolgono il loro ruolo in diretto contatto con i tessuti dell’organismo ospite.
• Sotto il nome di endoprotesi ortopediche si raggruppano le protesi articolari, cioè quei sistemi artificiali che sostituiscono in parte o totalmente un’articolazione che, a causa di patologie degenerative o traumatiche, non funziona più in modo adeguato.
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Articolazioni mobili• Le articolazioni di interesse per la sostituzione con protesi sono le
articolazioni mobili o diartrosi. Si tratta di giunture fra due elementi ossei ai quali permettono ampi movimenti relativi.
• Le articolazioni degli arti superiori sono:– spalla (scapolomerale)– gomito– polso (radiocarpica)– dita della mano
• Le articolazioni degli arti inferiori sono:– anca– ginocchio– caviglia (tibiotarsica)– dita dei piedi
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Gradi di Libertà• Ogni articolazione è caratterizzata da propri gradi di libertà (GdL),
caratterizzati da– assi di rotazione– angoli massimi di rotazione
• I GdL dipendono da:– forma delle superfici articolari– numero e tipo dei legamenti
• I Legamenti sono tessuti connettivi fibrosi che determinano l’unione delle superfici articolari durante il movimento, il quale è dovuto alla contrazione dei muscoli scheletrici della regione articolare.
• A titolo di esempio nella figura seguente è mostrata l’articolazione dell’anca o coxofemorale.
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Articolazione dell’Anca
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Caratterizzazione cinematica dello snodo sferico
• L’anca consente il movimento relativo fra la coscia ed il bacino. Il suo funzionamento si basa sull’accoppiamento sferico fra la testa del femore e la cavità acetabolare che la ospita; la cinematica e la dinamica dello snodo sferico sono illustrate nelle figure seguenti.
• La forma sferica delle superfici articolari rende possibili movimenti di rotazione rispetto ad una terna ortogonale di assi passanti per il centro della superficie sferica articolare.
• I movimenti rotatori hanno angoli limitati dalla presenza di strutture legamentose e muscolari, ma anche dall’acetabolo che presenta una struttura a labbro (detta cercine cotiloideo) che garantisce la stabilità dell’accoppiamento articolare.
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Caratterizzazione cinematica dello snodo sferico
• Altre articolazioni non presentano questa soluzione così vincolata, ovvero la presentano in modo limitato, come nel caso dell’articolazione scapolomerale;
• in tal caso si ha una riduzione di stabilità (rischio di lussazione[1]con perdita dell’accoppiamento tra le superfici articolari), ma aumento di movimento.
[1] Perdita permanente dei normali rapporti tra i due capi articolari che costituiscono un’articolazione.
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Caratterizzazione cinematica dello snodo sferico
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Caratterizzazione dinamica dello snodo sferico
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Appoggio bipodalico• Il peso corporeo meno il peso
di entrambi gli arti inferiori (C) risulta distribuito sulle due articolazioni (C/2).
• O baricentro
• Forze che agiscono sull’articolazione dell’anca in caso di appoggio bipodalico:– C peso corporeo – peso arti
inferiori– F = C/2 = forza agente
sull’articolazione.
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Appoggio monopodalico• Significato dei simboli:
– C peso del tronco più peso dell’arto sollevato;
– M momento generato dal peso C del tronco piùquello dell’arto sollevato;
– F = forza agente sull’articolazione;
– m muscoli abduttori;– R forza generata dalla
contrazione dei muscoli abduttori.
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Appoggio monopodalico• La sollecitazione sopportata
dalle superfici articolari cresce moltissimo.
• Sollevando un piede da terra, come avviene durante il passo, il baricentro della massa che grava sull’articolazione dell’arto che poggia per terra si sposta verso l’arto sollevato;
• questa massa è uguale al peso corporeo meno il peso dell’arto che poggia per terra.
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Appoggio monopodalico• L’equilibrio del bacino
rispetto all’articolazioneimpone l’annullamento del momento M generato dal peso C del tronco più quello dell’arto sollevato.
• Tale momento è annullato dalla forza generata dalla contrazione dei muscoli (R) che avendo un braccio inferiore a quello della forza peso C, è superiore a quest’ultima.
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Appoggio monopodalico• La forza F agente
sull’anca è pertanto pari alla somma vettoriale di Ce di R
F = C + R
e può raggiungere, in condizioni di appoggio monopodalico dinamico,come durante la camminata, la corsa, etc.,valori fino a oltre 7 volte il peso corporeo.
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Valori massimi delle forze che si trasmettono attraverso l’Anca e il Ginocchio per diversi tipi di attività
4.45.1Scendere una rampa
3.75.9Salite una rampa
4.47.1Scendere
4.47.2Salire le scale
4.37.6Velocemente
2.84.9Normalmente
2.74.9Lentamente
Camminare in piano
GinocchioAnca
Forza articolare [multiplo del peso corporeo]Attività
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Commenti• Si tratta pertanto di carichi estremamente elevati sia per quanto
riguarda le sollecitazioni di presso-flessione che si generano nelle ossa (per esempio nel collo del femore), sia per quanto riguarda le pressioni e le conseguenti deformazioni e forze di attrito trasmesse fra le superfici articolari.
• Tali carichi inoltre sono ciclici e pertanto, mentre nelle strutture ossee possono indurre risposte favorevoli da parte del rimodellamento osseo, nelle protesi producono fenomeni di fatica.
• In genere i malfunzionamenti articolari che conducono alla necessità di sostituzione sono evidenziati da una ridotta capacitàdi movimento, da dolore o da entrambi. Possono essere di origine degenerativa o traumatica.
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Metodi analitici per stimare la forza di contatto suAnca e Ginocchio
• Le forze interne agenti sulle articolazioni dell’Anca e del Ginocchio dipendono dalle forze esterne applicate all’arto e dalle forze interne generate dalla contrazione muscolare.
• Le forze sulle articolazioni possono essere stimate usando il cosiddetto Metodo Inverso applicato alla Dinamica. Esso consiste nel ricavare le forze ed i momenti interni che si scambiano i segmenti di arto in corrispondenza delle articolazioni:– misurando le forze vincolari esterne erogate dal suolo,– approssimando le proprietà inerziali dei segmenti d’arto, e– localizzando nello spazio tridimensionale le posizioni dei centri di
rotazione delle articolazioni durante le attività fisiche quotidiane.
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Metodi analitici per stimare la forza di contatto suAnca e Ginocchio
• Anche se si ricorre a semplificazioni degli aspetti anatomici, il problema dell’analisi delle azioni interne di contatto in corrispondenza dell’Anca e del Ginocchio rimane indeterminato. Pertanto, non è possibile pervenire ad un’unica soluzione per le singole forze muscolari se non a costo di ulteriori assunzioni semplificative. In generale, sono stati usati 2 approcci per risolvere il problema dell’indeterminazione.
• Il 1° è un metodo di “riduzione” che raggruppa i muscoli in unitàfunzionali, trasformando in questo modo il problema indeterminato in uno determinato.
• Il 2° approccio si basa su metodi di ottimizzazione nei quali la forza èdistribuita tra i muscoli in maniera tale che sia ottimizzato un qualche parametro, come ad esempio il minimo sforzo muscolare, la massima durata del muscolo, o la minima forza reattiva dell’articolazione.
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Bibliografia sui Metodi di Ottimizzazione
• Seireg & Arvikar (1975) The prediction of muscular load sharing and joint forces in the lower extremities during walking J. Biomechanics 8 89-102.
• Crowninshield et al. (1978) A biomechanical investigation of the human hip J. Biomechanics 11 75-85.
• Crowninshield & Brand (1981) A physiologically based criterion of muscle force prediction in locomotion J. Biomechanics 14(11) 793-801.
• Brand, Pedersen & Frierich (1986) The sensitivity of muscle force predictions to changes in physiologic cross-sectional area J. Biomechanics 19(8) 589-596.
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Metodi analitici per stimare la forza di contatto su Anca e Ginocchio
• Tuttavia, il funzionamento dell’articolazione può non essere normale in pazienti che hanno subito una sostituzione totale del giunto e può essere influenzato da altri fattori come il dolore o la stabilitàdell’impianto piuttosto che dalla minimizzazione dell’energia.
• Un’alternativa ai metodi di ottimizzazione consiste nel generare unintervallo di forze muscolari capaci di mantenere l’equilibrio meccanico dell’articolazione.
• Piuttosto che ottenere un solo valore per la forza di contatto o del muscolo, questo approccio parametrico determina un intervallo di distribuzioni di forze agoniste necessarie a bilanciare il momento esterno e un livello selezionato di attività muscolare antagonista.
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Bibliografia sul Metodo Parametrico
• Foucher et al. (1997) Reductions in hip contact forces due to gait adaptation in preoperative totale hip replacement in patients persist even if antagonistic muscle activity is increased 21th
Annual Meeting of American Society of Biomechanics 192-193.
• Hurwitz (1994) Functional biomechanics of the hip as related to the total hip replacementsDoctoral Dissertation University of Illinois Chicago.
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Metodi analitici per stimare i valori di picco delle forze di contatto sull’Anca
Min. forze muscolari5.5Passeggiare“3.3Sollevarsi dalla sedia“7.4Salire le scale“5.0Passeggiare
Durata3.4Passeggiare senza bastone
Massimizzazione2.2Passeggiare col bastone
“7.1Scendere le scale“7.2Salire le scale
Metodo di Riduzione4.8PasseggiareForza sull’Anca
MetodoIntensità [%BW]Attività
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Protesi d’Anca• La protesi d’anca è l’endoprotesi articolare più
utilizzata in chirurgia ortopedica. Ciò dipende da diversi motivi dei quali i principali sono:– l’anca è fra le articolazioni quella che deve sopportare
i carichi maggiori e che quindi più facilmente va incontro a cedimenti meccanici;
– le patologie che limitano il funzionamento dell’anca sono molto invalidanti;
– la sostituzione dell’anca è chirurgicamente “facile”;– la cinematica dell’anca è facilmente riproducibile con
uno snodo sferico artificiale.
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Protesi d’Anca• Risale addirittura al 1890 il primo tentativo documentato di sostituire
l’anca con una protesi.
• A partire dalla fine degli anni ’30, sono stati poi sviluppati diversi modelli di portesi d’anca in cui l’evoluzione– sul disegno,– sui materiali,– sui metodi di
• impianto e• ancoraggio,
è stata quasi sempre dettata dal risultato dell’esperienza clinica.
• Negli anni sono state sviluppate protesi che coprivano solamente la testa del femore e che venivano fissate all’interno del canale midollare del femore, alcune di queste prevedevano anche la sostituzione dell’acetabolo.
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Le protesi d’Anca
più usate oggi sono costituite principalmente da 4elementi:
– uno stelo femorale metallico infisso nel canalemidollare del femore,
– una testina sferica metallica,– un elemento articolare acetabolare, in genere
polimerico ed– un supporto metallico (metal back) dell’elemento
acetabolare che lo vincola alle ossa del bacino.
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Protesi a 4 elementi
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Specifiche anatomiche, funzionali e di biocompatibiltà:
• consentire i gradi di libertà rotazionali consentiti dall’articolazione naturale fra la coscia e il bacino;
• sopportare i carichi applicati durante il passo. Si ricorda a questo proposito che tali carichi raggiungono valori pari a diverse volte il peso corporeo del soggetto;
• resistere alla fatica meccanica derivante dall’applicazione ciclica del carico durante il passo. In genere si ritiene che l’articolazione dell’anca sia sottoposta a circa 10 milioni di cicli di carico in 10 anni da un soggetto che conduce una normale attività. Il componente protesico maggiormente sollecitato a fatica è lo stelo femorale;
• avere delle superfici articolari resistenti all’usura o comunque tali per cui l’usura non produca danni funzionali né induca risposte indesiderate da parte dei tessuti ospiti;
• garantire la stabilità meccanica delle interfacce citate sia subito dopo l’impianto (stabilità primaria) sia nel tempo (stabilità secondaria);
• essere facilmente impiantabile;
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Specifiche anatomiche, funzionali e di biocompatibiltà
• essere fabbricata con materiali biocompatibili nel senso che non devono indurre alterazioni o risposte indesiderate nei tessuti ospiti oppure devono provocare una risposta biologica che favorisca la stabilità meccanica dell’interfaccia fra stelo e femore e fra metal back e bacino;
• essere facilmente sostituibile se si danneggia o comunque se il suo funzionamento si compromette. La facilità di sostituzione riguarda principalmente il fatto che la sua rimozione non deve danneggiate eccessivamente l’osso così che l’impianto di una nuova protesi possa avere probabilità di successo;
• avere un comportamento biomeccanico che non alteri le caratteristiche meccaniche globali del sistema bacino-femore. In particolare le attuali protesi hanno steli che irrigidiscono la parte prossimale del femore. Inoltre la catena stelo-testa-cotile[1] delle protesi è molto più rigida di quella naturale e ciò determina la trasmissione di carichi impulsivi potenzialmente dannosi;
• garantire nei tessuti ossei, specialmente del femore, uno stato di sollecitazione tale per cui il fenomeno del rimodellamento osseo non venga spostato verso il riassorbimento o la crescita anomala.
[1] Cavità articolare dell’ileo in cui si inserisce la testa del femore.
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Protesi non cementate e cementate
• Le prime protesi totali d’anca erano di tipo non cementato e il loro ancoraggio all’osso era dovuto al semplice incastro meccanico (press fit) fra lo stelo femorale ed il canale di dimensioni inferiori creato nel femore.
• Successivamente sono state sviluppate protesi cementate per le quali l’ancoraggio all’osso dipende da una resina acrilica, interposta tra la protesi e l’osso, che polimerizzando e indurendo determina la stabilitàall’interfaccia. Attualmente sono in uso entrambi i tipi che presentano diversi vantaggi e svantaggi.
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Protesi non cementate: osteointegrazione
• Il principale obiettivo delle protesi non cementate èl’osteointegrazione. Con il termine “osteointegrazione” si intende il contatto diretto fra la protesi e l’osso senza tessuto connettivo interposto.
• Tale contatto diretto deve essere meccanicamente stabile nel senso che la trasmissione delle forze all’interfaccia non deve generare movimenti relativi fra la protesi e l’osso.
• L’osteointegrazione dipende da:– forma,– dimensioni della protesi,– modalità di fabbricazione della protesi,– dai materiali di fabbricazione della protesi,– caratteristiche della sua superficie,– modalità chirurgiche di impianto.
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Protesi non cementate: sforzi meccanici
• Un primo aspetto riguarda la quantità di superficie dello stelo femorale a contatto con l’osso.
• Infatti il canale femorale che viene preparato dal chirurgo deveessere tale da garantire il contatto tra lo stelo e l’osso corticale in quanto la parte corticale ha le caratteristiche meccaniche tali da sopportare gli sforzi trasmessi dalla protesi.
• È però estremamente difficile ottenere una geometria del canale tale che tutta la superficie laterale dello stelo sia a contatto con l’osso.
• Minore è la superficie di contatto, maggiori sono gli sforzi locali che possono in alcune zone danneggiare l’osso.
• Peraltro dove non si ha contatto non vengono trasmesse sollecitazioni e può verificarsi riassorbimento osseo.
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Protesi non cementate: sforzi meccanici
• Un altro importante aspetto riguarda il rischio associato al cosiddetto stress shielding.
• Infatti avviene frequentemente che una protesi non cementata scarichi le forze provenienti dal bacino nella sua zona distale ed in tal modo il segmento prossimale del femore risulta poco sollecitato andando incontro a riassorbimento.
• Questo fenomeno, oltre a demineralizzare l’osso, induce la perdita della stabilità meccanica dell’interfaccia nella zona prossimale con una conseguente esaltazione del fenomeno dello stress shielding.
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Protesi non cementate: stabilità• Per evitare questi fenomeni occorre garantire la massima stabilità
primaria possibile e ciò dipende dalla precompressione che si riesce ad ottenere durante la fase di impianto che a sua volta dipende, oltre che dall’abilità del chirurgo, anche dalla forma dello stelo e da quella del canale ricavato nel femore.
• La finitura superficiale ovvero eventuali macroporosità o addirittura fori passanti attraverso lo stelo, possono svolgere un ruolo importante per l’osteointegrazione delle parti non cementate.
• Nelle due figure seguenti si presentano diverse soluzioni per favorire l’adesione degli steli femorali:
– fori passanti nei quali può crescere l’osso,– superficie rugosa,– superficie macroporosa,– superficie rivestita con Idrossiapatite.
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Aderenza• Uno stelo molto liscio si àncora difficilmente all’osso e si
ha la tendenza a non trasmettere sforzi tangenziali generando movimenti di scorrimento relativo che inducono lo stress shielding.
• Sono pertanto state sviluppate protesi con la superficie dello stelo lavorate in vario modo per favorirne l’adesione con l’osso. Le soluzioni adottate riguardano principalmente l’ottenimento di porosità superficiali con pori di dimensioni dell’ordine dei 100 µm così come il semplice aumento della rugosità superficiale.
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Aderenza• Una soluzione tecnologicamente e funzionalmente più
interessante riguarda il rivestimento dello stelo con Idrossiapatite. Infatti l’osso ha la tendenza a riconoscere l’Idrossiapatite, che è chimicamente lo stesso materiale costituente la componente minerale dell’osso corticale, e quindi legarsi chimicamente con essa.
• Ciò favorisce l’osteointegrazione e si ritiene che i legami chimici che si formano tra l’osso e l’Idrossiapaptite depositata sulla superficie dello stelo consenta la trasmissione degli sforzi tangenziali all’interfaccia tra osso e protesi inibendo pertanto i micromovimentirelativi.
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Rigidezza• Un altro importante aspetto che occorre considerare è la rigidità
dello stelo femorale, in genere metallico.
• Infatti la maggiore rigidità della protesi rispetto all’osso che la ospita tende provocare il fenomeno dello stress shielding, cioè a far sì che sia la protesi a sopportare i carichi mentre l’osso risulta scarico e tende ad atrofizzarsi conducendo alla mobilizzazione della protesi.
• Tale problema è stato affrontato cercando di realizzare delle protesichiamate isoelastiche, protesi cioè che presentano la stessa deformabilità dell’osso.
• Tali protesi non hanno però fornito risultati clinici interessanti perché non adatte a sopportare i carichi da cui le protesi d’anca sono normalmente sollecitate.
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Biocompatibilità• Il problema principale è la corrosione. Infatti la necessità di sopportare
carichi elevati impone l’uso di materiali metallici e tecnologie di lavorazione o per stampaggio ad alta pressione o per asportazione di truciolo partendo da materiale forgiato.
• I metalli principalmente usati nella realizzazione degli steli femorali sono– la lega di Titanio Ti6Al4V,– l’Acciaio inox AISI 316L con Ni, Cr e Mo,– la lega di Cobalto Co-Cr-Mo.
• Queste leghe, per quanto resistenti alla corrosione, hanno la tendenza a rilasciare modeste quantità di ioni metallici che, a seconda del tipo di ioni e della capacità dell’organismo di smaltirli, possono essere dannosi per le cellule.
• Gli effetti della corrosione localizzata, se associati a sollecitazioni cicliche come nel caso delle protesi d’anca, possono portare a cedimenti dello stelo per fatica meccanica.
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Chirurgia• Il buon esito dell’impianto di uno stelo femorale dipende molto dall’osteointegrazione, quindi dalla
stabilità primaria e dall’estensione della superficie di contatto osso-protesi rispetto alla superficie della protesi.
• Lo stelo femorale deve essere bloccato contro la corticale della zona diafisaria del femore per mezzo dell’inserimento a pressione in un canale preparato dal chirurgo e di sezione leggermente inferiore a quella dello stelo. La preparazione del canale viene effettuata usando delle raspe per osso preparate appositamente per ogni tipo di protesi. È evidente che la preparazione del canale è tanto più difficile quanto più complessa è la forma dello stelo.
• Pertanto in genere la superficie di contatto tra la corticale e lo stelo inserito nel canale èsensibilmente inferiore a quella ideale e, se è troppo piccola, può essere favorito il precoce insuccesso dell’impianto per mobilizzazione dello stelo.
• Peraltro, a parità di dimensioni dello stelo, le protesi non cementate necessitano di un canale di dimensioni inferiori rispetto a quelle cementate e quindi rendono più agevole l’impianto di una seconda protesi, anche cementata, successivamente ad un possibile insuccesso.
• L’espianto è infatti poco distruttivo per l’osso ospite, tranne nel caso di steli con fori passanti nei quali la crescita di osso neoformato può richiedere procedure più complesse e traumatiche per l’estrazione dello stelo.
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Protesi cementate• L’uso del cemento consente
uno stabile ancoraggio della protesi riempiendo del tutto lo spazio fra lo stelo e il canale femorale.
• I cementi per ossa sono materiali a base di PoliMetilMetAcrilato(Plexiglas).
• Il riempimento degli spazi compresi fra la protesi e l’osso ha lo scopo di migliorare la distribuzione degli sforzitrasmessi dalla protesi all’osso durante il carico.
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Protesi cementate• La migliore distribuzione
riduce la concentrazione di sforzi e la conseguente necrosi ossea che si osserva con una protesi non cementata male impiantata.
• Un secondo scopo dell’uso del cemento per ossa è di ridurre il dolore dovuto ai micromovimenti relativi fra stelo e osso. Di fatto il cemento blocca ma non è un materiale adesivo.
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Protesi cementata• Nella figura sono marcate
– la linea di azione dei muscoli abduttori (A),
– la distanza (c) dal centro di rotazione alla retta d’azione della forza A,
– la linea di gravità (bianca), lungo cui agisce la forza peso W,
– la distanza (b) dal centro di rotazione alla linea di gravità,
– la linea d’azione della forza reattiva (J) di contatto della testa del femore con l’acetabolo.
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Protesi cementata• Il collo della testa del
Femore è in valgo.
• L’assetto in valgo diminuisce i momenti flettenti nel fusto della protesi ma aumenta la forza reattiva del giuntocome conseguenza della riduzione del vantaggio meccanico dei muscoli abduttori (il braccio “c” si accorcia).
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Protesi cementata• La radiografia è stata presa
nell’appoggio su di un’unica gamba, in cui la linea di gravitàsi muove verso l’Anca, diminuendo il braccio degli abduttori rispetto al peso corporeo W.
• Pertanto il paziente adatta il suo passo e la sua postura in modo da ridurre la richiesta sui muscoli abduttori appoggiandosi sulla gamba, riducendo così il braccio b, e quindi zoppicando un po’.
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Ritiro ed espansione• I cementi per ossa sono progettati tenendo presente la necessità di limitare i ritiri
volumetrici durante il processo di indurimento. Infatti il cemento è inserito ancora fluido nel canale femorale che viene preparato dal chirurgo di dimensioni maggiori dello stelo femorale della protesi; quest’ultima viene inserita nella massa di cemento prima che questo indurisca.
• Pertanto se durante l’indurimento si avesse un sensibile ritiro volumetrico del cemento, si avrebbe il distacco della protesi dal cemento e/o del cemento dall’osso con perdita di stabilità meccanica delle interfacce e mobilizzazione della protesi.
• I cementi commerciali hanno un ritiro volumetrico compreso fra lo 0.5 e lo 1.0% durante l’indurimento e nei successivi 30 giorni subiscono un’espansione volumetrica dello 1÷2% a causa dell’assorbimento di acqua e di lipidi dall’ambiente biologico circostante.
• La contrazione volumetrica è parzialmente compensata dall’espansione dovuta al temporaneo aumento di temperatura dovuto alla polimerizzazione esotermicadel cemento, ma è aumentata dalla presenza di porosità interne. In genere la porosità è compresa far lo 1% e il 10% ed il suo aumento riduce le proprietàmeccaniche del cemento fra cui la sua resistenza alla fatica meccanica.
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Problemi termo-elastici• Il processo di indurimento del cemento per ossa ha tre tempi
caratteristici: il tempo di mescolamento, il tempo di indurimento e il tempo di applicazione.
• Il tempo di mescolamento è l’intervallo di tempo per il quale èpossibile mescolare il cemento prima che si attacchi ai guanti chirurgici. In condizioni ambiente (temperatura di 23÷25°C e umiditàrelativa 65%) il tempo di mescolamento è di 2÷3 minuti a partire dall’unione dei due componenti.
• Il tempo di indurimento, misurato anche questo a partire dall’unione dei due componenti, è il tempo necessario perché la massa mescolata di cemento raggiunga la metà della sua temperatura massima. Il tempo di indurimento è in genere compreso fra 8 e 10 minuti.
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Problemi termo-elastici• L’aumento di temperatura è dovuto al processo di
polimerizzazione che produce 12-14 Kcal ogni 100 g di cemento.
• Il calore si sviluppa omogeneamente all’interno della massa di cemento e si trasmette verso la superficie da dove viene disperso.
• Per questo motivo la temperatura sulla superficie del cemento raggiunge valori crescenti con la massa di materiale che polimerizza.
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Problemi termo-elastici• Quantità di cemento pari a 50÷60 g possono
raggiungere temperature superficiali massime di 70÷80°C.
• Tuttavia, durante la cementazione di steli femorali, la dissipazione del calore prodotto è favorita dalla:– presenza dello stelo metallico con
• la sua capacità termica e• il suo coefficiente di trasmissione del calore,
– circolazione sanguigna nei tessuti circostanti.
• In tali condizioni e per spessori del cemento di circa 5 mm si stima che la temperatura all’interfaccia osso-cemento non superi i 42°C e solo per tempi molto brevi.
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Confronto protesi cementate e non• Utilizzando il cemento per ossa si possono ottenere dei significativi
benefici in confronto con quanto avviene con l’uso di protesi non cementate. Infatti si ottiene:– la massimizzazione della superficie di contatto e pertanto– la riduzione degli inconvenienti che derivano dalla piccola superficie di
contatto fra protesi ed osso.
• Nel tempo però possono verificarsi comunque fenomeni indesiderati:– degradazione del PMMA ad opera dei tessuti circostanti,– riduzione delle proprietà meccaniche e dell’integrità dell’osso
all’interfaccia dovuta ai traumi termici della polimerizzazione di PMMA.
• Un problema non trascurabile delle protesi cementate è la presenza di due interfacce (metallo-cemento e cemento-osso): entrambe infatti possono cedere causando la mobilizzazione della protesi.
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Il giunto articolareha il doppio obiettivo di:• trasmettere i carichi attraverso l’articolazione• permettere i movimenti articolari.
Tali obiettivi devono essere raggiunti:• limitando l’usura del giunto• garantendone la stabilità spesso compromessa
da una ridotta o assente funzionalità dei legamenti normalmente presenti nelle articolazioni naturali.
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L’articolazione naturaleè costituita da due corpi solidi, le terminazioni ossee, ciascuna delle quali è
rivestita da uno strato elastico e poroso, la cartilagine. Fra le cartilagini si trova la sinovia che è un liquido lubrificante viscosocomposto da plasma contenete acqua con proteine, Sali e acido ialuronico. Il liquido sinoviale, a seconda del tipo dia articolazione, può separare più o meno completamente le cartilagini fra loro. L’intero sistema articolare ècontenuto in una capsula sigillante.
In condizioni di funzionamento normale questo sistema lubrificato non subisce usura grazie a meccanismi idrodinamici ed elastoidrodinamici. Il coefficiente d’attrito normalmente è compreso nell’intervallo 0.005 ÷ 0.025.
Le patologie che riducono la capacità lubrificante del liquido sinoviale, ovvero che danneggiano le superfici articolari, aumentano il coefficiente d’attrito inducendo l’usura delle superfici con conseguente dolore, perdita della funzionalità articolare e necessità di impianto di una protesi.
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I giunti articolari artificialinon sono in grado di riprodurre l’efficacia del sistema naturale nel
ridurre il coefficiente di attrito e l’usura.
In genere la mancanza del lubrificante sinoviale, che peraltro èparticolarmente dannoso in presenza della protesi sia perchétende a degradare i materiali polimerici, sia perché corrode quelli metallici, determina il contatto diretto fra le superfici articolari generando attrito ed usura.
Prescindendo dalla geometria delle superfici articolari che determinano la cinematica del giunto (nel caso dell’anca le superfici sono sferiche) le caratteristiche tribologiche dipendono dai materiali con cui sono costituite le due superfici.
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I giunti articolari artificiali• Nella Tabella seguente sono riportati i principali accoppiamenti
impiegati per le protesi d’anca.
• Significato dei simboli:• PTFE Teflon• UHMWPE PoliEtilene molto pesante• PE-CF PoliEtilene• POM PoliOssiMetilene• PETP PoliEstere
• Legenda:• + in valutazione clinica• ++ di uso clinico• ? non ancora sperimentato• - fallito clinicamente• x tecnicamente non sostenibile
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Combinazioni di materiali impiegati per le superfici articolari delle protesi d’anca
xx???+?Zr02
++x???++?Al2O3
xxxx--?Ti6Al4V
x++---++?CroMo
xx??x++?FeCrNiMnMoNbN
xx??-++-FeCrNiMo
Al2O3CoCrMoPETPPOMPE-CFUHMWPEPTFEMetalli
ceramicametallopolimeri
CotileTestina
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Accoppiamenti testina-cotile• Attualmente la soluzione più comunemente adottata per
le protesi d’anca è l’accoppiamento di– testine d’acciaio austenitico o in lega di Co-Cr-Mo e– di cotili in PoliEtilene ad altissimo peso molecolare (UHMWPE).
• Con questi accoppiamenti si ottengono usure lineari medie di circa 0.15 mm/anno in condizioni di uso normale.
• I tentativi di utilizzare altri materiali polimerici al posto dello UHMWPE non hanno dato risultati accettabili.
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Accoppiamenti testina-cotile• L’accoppiamento fra Allumina e Allumina produce, in
condizioni corrette di posizionamento e di tolleranze dimensionali, un’usura lineare di circa 8 µm/anno.
• Nel caso invece in cui il contatto non avvenga in modo corretto, evenienza molto probabile e dovuta alla difficoltà di ottenimento di strette tolleranze dimensionali,
si ha un aumento della pressione di contatto che può produrre un’usura catastrofica dovuta al cosiddetto effetto valanga in cui i grani di Allumina si staccano progressivamente dalla massa di materiale.
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Accoppiamenti testina-cotile
• Anche l’accoppiamento fra testine di Allumina e cotili in UHMWPE ha mostrato bassi coefficienti di attrito con un’usura lineare compresa fra 0.05 e 0.013 mm/anno.
• Nella Tabella seguente sono riportati i coefficienti di attrito dinamico di alcuni accoppiamenti articolari.
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Coefficienti di attrito dinamico di alcuni accoppiamenti articolari
0.002Articolazione anca (con fluido sinoviale)
0.005 ÷ 0.01Articolazione anca (con soluzione salina)
0.05UHMWPE – Al2O3 (con soluzione salina)
0.09Al2O3 – Al2O3 (con soluzione salina)
0.05 ÷ 0.12UHMWPE – Ti6Al4V (con siero)
0.05 ÷ 0.11UHMWPE – Co-Cr (con siero)
0.4 ÷ 0.5UHMWPE – Acciaio (con fluido sinoviale)
0.12 ÷ 0.7UHMWPE – Acciaio (con siero)
0.35Co-Cr – Co-Cr
0.5Acciaio-Acciaio
Coefficiente di attrito dinamico Accoppiamento
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Problemi meccanici dell’accoppiamento testina-cotile
• L’usura delle superfici articolari conduce ad alcuni problemi che possono causare il fallimento dell’impianto:– la modificazione geometrica e quindi cinematica del giunto,– il dislocamento o lussazione dell’articolazione (questa può in
parte dipendere anche da fenomeni di viscosità del componente polimerico),
– la produzione di detriti polimerici che, come mostrato nel seguito, possono portare alla mobilizzazione della protesi.
• Il metal back, che si rende necessario nel caso di cotile in UHMWPE, serve ad evitare che i micromovimentifra il cotile e l’osso che lo ospita generi l’usura massiccia del PoliEtilene con elevata produzione di detriti.
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Problemi meccanici dell’accoppiamento testina-cotile
• Sia l’usura sia le caratteristiche meccaniche dell’accoppiamento dipendono da:– materiali con i quali è realizzato l’accoppiamento e dalla finitura
superficiale delle superfici articolari,– dimensioni dell’accoppiamento sferico.
• Attualmente le testine più impiegate hanno diametro uguale a 28 o32 mm.
• L’accoppiamento fra testina e stelo femorale avviene mediante un accoppiamento conico, che è reso stabile dall’attrito che si genera tra le superfici coniche successivamente all’assemblaggio forzato.
• La stabilità dipende sia dalle tolleranze dimensionali sia dalla rugosità superficiale.
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Le funzioni della protesi d’ancasono:• sostituire la funzione articolare,• garantire
– cinematica,– trasmissione dei carichi.
L’insuccesso è determinato dalla mobilizzazione della protesi che consiste:
• nella perdita delle:– stabilità meccanica dell’interfaccia fra protesi e osso,– funzionalità cinematica o
• in fenomeni di risposta biologica dei tessuti che provocano dolore nel paziente.
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Interfaccia protesi-osso forzata• Un primo tipo di interfaccia è quello in cui la stabilità primaria fra protesi e
osso è dovuta all’attrito che si genera successivamente alla forzatura della protesi nell’osso.
• Questo tipo di interfaccia è tipico dei mezzi di osteosintesi impiegati per favorire la guarigione delle frattura e che usano viti e placche per stabilizzare i segmenti ossei.
• La forza di contatto, quindi l’attrito, può diminuire nel tempo a causa di fenomeni di:
– viscosità delle deformazioni (creep),– rilassamento degli sforzi,– necrosi ossea,– rimodellamento osseo.
• Il progetto di una protesi che preveda questo tipo di interfaccia è difficile in quanto non esistono conoscenze consolidate sulla risposta dell’osso al carico pressorio indotto dalla forzatura della protesi.
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Interfaccia protesi-osso cementata• Un secondo tipo di interfaccia è quello che prevede l’uso del
cemento a base di PMMA.
• Fra lo stelo e il cemento è interposta una membrana fibrosaspessa 50÷100 µm.
• Una simile membrana è interposta anche fra il cemento e l’osso. Questa seconda membrana, il cui spessore varia da 50 µm a 1.5÷3 mm, si stima che prevenga la perdita della stabilità se è di spessore inferiore a 1 mm.
• Il cemento può migrare all’interno dell’osso anche per spessori di 1÷1.5 cm senza provocare reazioni dannose nell’osso.
• L’interfaccia con cemento è mostrata nella figura seguente.
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Interfacce tra protesi e osso: a) cementata, b) aderente, c) penetrata
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L’Interfaccia protesi-osso penetrata
è quello che si stabilisce quando l’osso è a contatto con una protesi dalla superficie porosa che lascia crescere, almeno in parte, l’osso all’interno dei pori.
Esistono diversi tipi di superficie porosa che dipendono dal tipo di tecnologia impiegata. In figura sono mostrate tipiche sezioni di superficie che favorisce l’interfaccia per penetrazione, ottenute per:
– a) fusione,– b) sinterizzazione,– c) plasma spray,– d) rivestimento con strutture fibrose.
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L’Interfaccia protesi-osso aderente
è quello in cui si ha adesione fra l’osso e la superficie della protesi.
• Questo fenomeno può avvenire su superfici lisce di Titanio puro o su superfici trattate con rivestimenti di ceramiche bioattive con una adeguata stabilità primaria e in presenza di modesti carichi dell’interfaccia.
• In genere i rivestimenti che sono fragili hanno spessori inferiori a 500 µm e l’adesione non presenta una membrana di separazione fra l’osso e la protesi.
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I differenti tipi di interfacciaproducono differenti sollecitazioni meccaniche locali, l’entità delle quali può indurre
micromovimenti relativi all’interfaccia. L’entità dei micromovimenti può determinare la perdita nel tempo dell’interfaccia.
• A questo proposito è importante anche considerare la differente capacità di trasmettere e sopportare i carichi dei differenti tipi di interfaccia.
• L’interfaccia cementata consente movimenti relativi fra la protesi e l’osso che vengono assorbiti dal cemento che ha un modulo di elasticità inferiore a quello di osso e protesi. Pertanto tali movimenti e le sollecitazioni associate non determinano danni alla interfacce osso-cemento e cemento-protesi.
• L’interfaccia con osso penetrato nella porosità mostra una capacità media di assorbire i movimenti in quanto l’osso vicino all’interfaccia è meno duro dell’osso corticale e quindi più elastico.
• L’interfaccia aderente è invece la più fragile.
• Nella Tabella seguente sono riportare alcune proprietà meccaniche sia dei materiali impiegati per la realizzazione e l’impianto di protesi articolari, sia di alcuni tipi di osso.
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Proprietà meccaniche dell’osso e di materiali impiegati per la realizzazione di protesi articolari
4.510900110Ti6Al4
9.281800230CoNiCrMo (forgiato)
8.38660230CoCrMo (getto)
7.991000200Inox 316 L SS (forgiato)
Metalli
1.02.520.1Osso spongioso
2.016012Femore cortic.dir. tang.
2.0313017Femore cortic. dir. long.
Osso
Densità di massa [g/cm3]
Allung. a rottura[%]
Sforzo a rottura[MPa]
Modulo di Young[GPa]
Materiale
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Proprietà meccaniche dell’osso e di materiali impiegati per la realizzazione di protesi articolari
0.94200301UHMWPE
1.13302PMMA cemento per ossa
1.185653PMMA solido
Polimeri
3.20.17200120Idrossiapatite
2.50.1200200Vetro ceramica
3.90.065260400Al2O3
Ceramici
Densità di massa [g/cm3]
Allung. a rottura[%]
Sforzo a rottura[MPa]
Modulo di Young [GPa]
Materiale
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Produzione di detriti
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BioStrutture artificiali S 73
La produzione di detritidi Polietilene è dovuta all’attrito sulle superfici articolari nel cotile di
Polietilene. I detriti escono dall’accoppiamento e si depositano sulla superficie femorale resecata in prossimità dello stelo protesico e del gran trocantere.
• Nel caso in cui i detriti rimangano all’interno dell’articolazione, provocano l’usura a 3 corpi, che a sua volta produce un sensibile aumento di detriti peggiorando così il fenomeno ed i suoi esiti.
• In queste condizioni la stabilità dell’interfaccia diminuisce progressivamente spostandosi verso zone sempre più distali. In queste zone aumenta l’entità del carico trasmesso e nel tempo si arriva alla mobilizzazione.
• Questo fenomeno è stato osservato in maniera drammatica in qui cotili privi di metal back, i quali subivano un’elevatissima usura nella zona posteriore a causa dei micromovimenti contro l’osso del bacino.
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BioStrutture artificiali S 74
Il meccanismo degli abduttori cambia con l’angolo della testa del femore o con la lunghezza del collo. Un angolo del collo valgo diminuisce il braccio del momento, mentre un angolo del collo varo o una aumentata lunghezza del collo aumentano il braccio del momento.
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Posizione dello stelo nel canale femorale
• Sia l’esperienza clinica sia analisi biomeccaniche degli sforzi suggeriscono che la posizione “valga” dello stelo fornisce risultati migliori che non una posizione “vara”.
• Modelli agli elementi finiti indicano che gli steli “vari” subiscono maggiori picchi di sforzo rispetto a posizioni “valghe” o neutre a parità di condizioni di carico.
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BioStrutture naturali S 76
Forze su una protesi d’Anca strumentata durante una passeggiata.
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BioStrutture naturali S 77
Forze su una protesi d’Anca strumentata durante una passeggiata.
• Un aumento dell’attività muscolare alla cadenza piùrapida produce maggiori sollecitazioni sulla protesi.
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BioStrutture artificiali S 78
Picchi della forza di contatto sull’Anca
• A, collocazione normale del centro dell’Anca;
• D, centro dell’Anca 20 mm mediale, 20 mm inferiore e 10 mm anteriore;
• I valori di picco del momento sono stati calcolati con un procedimento di ottimizzazione che minimizza lo sforzo dei muscoli.
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BioStrutture artificiali S 79
Picchi del momento intorno al giunto tra collo e fusto della protesi
• A, collocazione normale del cento dell’Anca;
• D, centro dell’Anca 20 mm mediale, 20 mm inferiore e 10 mm anteriore;
• I valori di picco del momento sono stati calcolati con un procedimento di ottimizzazione che minimizza lo sforzo dei muscoli.
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BioStrutture artificiali S 80
Misure in vivo su impianti cementati durante attività della vita quotidiana
• Le 3 figure successive riportano i valori– medi (altezza della colonna)– massimi assoluti (triangolo)
per 2 pazienti– EB (EBL anca sinistra, EBR anca destra)– JB
di– forza risultante di contatto– momento flettente nel piano frontale– momento torcente nel piano trasversale
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BioStrutture artificiali S 81
Misure in vivo su impianti cementati durante attività della vita quotidiana
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali S 82
Misure in vivo su impianti cementati durante attività della vita quotidiana
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali S 83
Misure in vivo su impianti cementati durante attività della vita quotidiana
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BioStrutture artificiali S 84
Forze di contatto misurate in vivosu impianti strumentati con trasduttori (strain gages)
2.6Passeggiare a velocità bassa2.7 ÷ 4.3Passeggiare da velocità normale a
alta
1.8Passeggiare a bassa velocità (grucce)
2.3 ÷ 2.5Passeggiare da velocità normale a alta
Forza sul Ginocchio3.9 ÷ 5.1Scendere le scale3.4 ÷ 5.5Salire le scale velocemente2.6 ÷ 3.6Salire le scale a velocità normale
Forza sull’AncaForza di picco [%BW]Attività
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Geometria del Giunto ricostruito• Le alterazioni della collocazione del centro dell’Anca hanno un
considerevole effetto sulla capacità di generare momento da parte dei muscoli e sulla forza risultante applicata all’Anca.
• Le forze sul giunto previste sono minimizzate quando il centro del giunto èspostato medialmente, inferiormente e anteriormente. Questa posizione massimizza la capacità di generare momento da parte degli abduttori e porta il centro dell’Anca più vicino alla linea d’azione della forza reattiva del suolo sul piede, riducendo pertanto il momento esterno che deve essere bilanciato dalle forze muscolari.
• Sebbene i modelli possano predire posizioni del centro del giunto che minimizzano la forza risultante, queste posizioni possono non essere pratiche per la componente acetabolare.
• Le condizioni patologiche influenzano fortemente lo collocazioni potenziali del centro dell’Anca. Per esempio, l’osteoartrite frequentemente comporta che la testa del femore sia spostata lateralmente, superiormente e posteriormente.
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Variazione percentuale nella densità di energia di deformazione nelle regioni mediale e laterale della
corteccia (analisi FEM 3-D)
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Densità di energia di deformazione• Il fenomeno dello stress shielding nasce da un decremento della
distribuzione dello sforzo nell’osso femorale come conseguenza della presenza dello stelo dell’impianto che ha una rigidezza maggiore o uguale a quella del Femore.
• Variazioni del carico comportano un rimodellamento dell’osso.
• Una volta che ha luogo la crescita dell’osso all’interno nel caso di protesi non cementata, può avvenire un trasferimento di carico attraverso le superfici di adesione all’osso.
• Tuttavia, il rimodellamento osseo non ripristina i normali livelli deformativi dell’osso corticale.
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Densità di energia di deformazione
• L’adattamento della protesi nel canale femorale, come pure le proprietà del materiale (rigidezza) costituente lo stelo, influenzano l’importanza dello stress shielding.
• La riduzione maggiore della densità di energia di deformazione nel Femore si verifica nell’impianto piùrigido (CoCr).
• Il Femore con l’impianto più flessibile (Composito 1) presenta la minore riduzione di densità di energia di deformazione.
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Cenni sugli altri tipi di protesi articolari
• Nel seguito saranno brevemente illustrate le soluzioni adottate per le principali protesi articolari oltre l’anca. Si tenga presente che tali dispositivi mostrano gran parte dei problemi descritti per l’anca, anche se di volta in volta alcuni sono più gravi di altri a seconda della complessità della cinematica articolare, dell’entità dei carichi trasmessi, etc.
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BioStrutture artificiali L 90
Il ginocchio
è un’articolazione la cui cinematica è molto più complessa di quella dell’anca, ma i carichi trasmessi sono minori (Diap. 11).
Il movimento dell’articolazione del ginocchio è definito da strutture legamentose che vincolano le posizioni relative di tibia e femore e rendono possibili solo i movimenti consentiti all’interno del rango fisiologico.
Nella figura seguente è mostrato uno schema cinematico rappresentativo del movimento del ginocchio. Tale schema riguarda esclusivamente il movimento nel piano sagittale, che è il principale movimento del ginocchio, ma è opportuno ricordare che il ginocchio consente anche modeste rotazioni in altri piani, rotazioni che sono stabilizzate da altri legamenti.
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BioStrutture artificiali L 91
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Due legamenti crociati
(AD posteriore e BC anteriore) formano, insieme al femore e alla tibia, un quadrilatero articolato. La forma delle superfici articolari può essere determinata sulla base del movimento che ne deriva. Si tenga presente che i legamenti non sono strutture rigide, ma possono subire allungamenti in condizioni fisiologiche di carico.
• Il ginocchio, oltre alla complessa anatomia delle superfici articolari, comprende altre strutture quali i menischi e la rotula, i quali hanno ruoli di:
– stabilizzazione,– riduzione dell’attrito e– trasmissione dei carichi.
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BioStrutture artificiali L 93
Metodi analitici per stimare i valori di picco delle forze di contatto sul Ginocchio
“7.0“
Ottimizzazione3.0“
“4.0“
Metodo di Riduzione3.2Passeggiare
Forza sul Ginocchio
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Le due principali tipologie di protesi
del ginocchio sono:• la ricostruzione delle superfici articolari (più conservativa) e• quella in cui si ha una maggiore osteotomia e la protesi sostituisce una certa porzione
delle estremità di tibia e femore.
Nella figura seguente è mostrata una protesi di ginocchio del primo tipo. Essa ècostituita da un componente metallico in Co-Cr-Mo, che sostituisce i condili femorali e che si articola su di un piatto tibiale in UHMWPE. Quest’ultimo èsupportato da una base metallica generalmente in Ti6Al4V. I due componenti metallici devono garantire la stabilità meccanica dell’interfaccia osso-protesi.
Come nel caso dell’anca essi possono essere cementati o non cementati. Se necessario, si può anche rivestire la parte interna della rotula con un componente in Polietilene e metallo.
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Carichi sull’articolazione artificiale patello-femorale
• (Alto) Il momento che tende a flettere il Ginocchio durante la salita delle scale mostra le differenze tra i pazienti con troclea nonanatomica e anatomica.
• (Basso) pazienti con trocleanon anatomica subiscono una maggiore flessione del Ginocchio nella parte finale della fase di appoggio (indicata da *). L’aumento di flessione èbilanciata da un aumento del momento flettente (bilanciato dalla contrazione del Quadricipite ) durante la parte finale della fase di appoggio.
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Lo sforzo di contatto previsto aumenta al diminuire della Conformità
• Il grado di conformità tra il componente femorale ed il componente tibiale dipende dal rapporto tra i raggi dei due componenti. All’aumentare del raggio del componente tibiale rispetto a quello del componente femorale, la conformità diminuisce e lo sforzo di contatto tra i due componenti aumenta(Figure precedente).
• La conformità è spesso utilizzata per caratterizzare l’articolazione tra una superficie tibiale imbutita ed un componente femorale arrotondato, ma può anche essere usata per descrivere l’articolazione tra una superficie tibiale piatta ed un componente femorale anch’esso piatto.
• Una geometria imbutita ha una conformità di 1 e non vincola il moto rotazionale o traslazionale come richiesto da una soluzione che conserva il legamento crociato posteriore. Una geometria imbutita ottiene conformità e vincolo come richiesto nel caso di eliminazione della soluzione che prevede l’eliminazione del legamento crociato posteriore.
• Per mantenere la cinematica nel piano sagittale, il componente femorale deve avere un raggio posteriore più piccolo ed un raggio anteriore piùgrande. Pertanto, non è possibile raggiungere la conformità nel piano sagittale sia in flessione che in estensione (Figura seguente).
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• Il raggio del componente femorale varia con l’angolo di flessione del ginocchio.
• Pertanto, nel piano sagittale non è possibile raggiungere la conformitàottimale sia in flessione sia in estensione
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BioStrutture artificiali L 100
Fenomeno della delaminazione per usura nel PoliEtilene con difetti intergranulari.Il diagramma in basso spiega una possibile ragione per cui
questo fenomeno non si verifica in assenza di difetti
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Delaminazione per usura nel PoliEtilene
• Il danno del PoliEtilene è strettamente collegato al suo spessore, alle proprietà del materiale, alla presenza di particelle di corpi terzi (cemento), e alle zone di elevati sforzi di contatto.
• I difetti nel PoliEtilene fungono da siti di iniziazione e propagazione della cricca. L’aumento dello spessore di PoliEtilene ad almeno 8÷10 mm riduce gli sforzi di contatto e dovrebbe diminuire anche l’intensitàdell’usura. A questo scopo è stato anche introdotto il metal backing per distribuire più uniformemente il carico sul sottostante osso spugnoso della Tibia prossimale.
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BioStrutture artificiali L 102
La protesi che prevede la sostituzione totale dei condili femorali e del piatto tibiale
è ovviamente molto più distruttiva della precedente ed in genere si considera l’ultima soluzione prima di bloccare definitivamente l’articolazione.
La soluzione prevede l’ancoraggio della protesi mediante dei fittoni, simili allo stelo femorale della protesi d’anca, che si bloccano nel femore e nella tibia.
In genere questo tipo di ginocchio artificiale è costituito da un giunto il cui movimento è la rotazione intorno ad un asse fisso o traslante. Si tratta quindi di una cerniera stabile e i due componenti non sono disaccoppiabili.
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BioStrutture artificiali L 103
La spalla
è schematizzabile con il modello di vincolo interno denominato “giunto sferico”(Diapp. 6 e 7).
Il principale movimento della spalla è rappresentato da tre componenti di rotazione, le cui ampiezze limite sono maggiori di quelle consentite all’anca e che sono le massime ammesse nel corpo umano.
Le protesi di spalla sono funzionalmente e strutturalmente simili alle protesi d’anca, m ovviamente hanno forma e dimensioni diverse. Possono essere applicare con cemento per ossa o senza, mediante press fit.
La sfera del giunto è generalmente solidale con l’omero, ma in alcuni casi èsolidale con il componente fissato nella scapola.
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BioStrutture artificiali L 104
La protesi di gomito
è generalmente costituita da un giunto schematizzabile come una cerniera cilindricainterna con moto di rotazione in un solo piano e che vincola stabilmente il componente omerale e quello ulnare. I due componenti sono vincolati alle ossa dell’arto superiore mediante l’uso di fittoni cementati e non cementati.
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BioStrutture artificiali L 105
• Lo schema consente una limitata rotazione nei piani varo/valgo e assiale e
• tiene conto del fatto che il moto del Gomito non può essere rappresentato da una semplice cerniera cilindrica.
Schema della sostituzione totale di Gomito semivincolato
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BioStrutture artificiali L 106
Il polso e l’articolazione tibio-tarsica
sono due articolazioni molto complesse sia per i movimenti che consentono sia per il numero di ossa che coinvolgono.
Esistono alcune soluzioni tecnologiche che sono in genere molto limitanti nella mobilitàarticolare e necessitano importanti osteotomie per l’impianto. Il loro uso clinico èmolto limitato.
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BioStrutture artificiali L 107
Le articolazioni di un dito
sono tre.
Esse sono controllate da tendini e legamenti in modo da non cedere sotto carichi di compressione.
Il movimento di queste articolazioni è abbastanza complesso.
Il trattamento chirurgico necessario per trattare le patologie degenerative è quello di praticare un’artroplastica resecando le estremità delle articolazioni, ma in questo modo si perde la stabilità e la capacità di sostenere i carichi.
Esistono pertanto delle protesi che• semplicemente distanziano le superfici articolari o• che realizzano il movimento articolare con
una cerniera cilindrica interna ocon l’interposizione di un materiale elastico flessibile.
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 108
Le protesi vascolari
sono dispositivi medici che sono impiantati permanentemente per ripristinare l’efficacia di un tratto vascolare che, per qualsiasi motivo, non sia più in grado di trasportare correttamente il sangue.
• Gli impianti vascolari sono, nella quasi totalità dei casi, impianti arteriosi. Ciò dipende dal fatto che le patologie venose sono molto meno frequenti e molto meno gravi in quanto la pressione venosa è minore di quella arteriosa.
• Inoltre i bassi valori di portata e di pressione venosa rendono critico il problema della biocompatibilità degli impianti venosi: il sangue infatti tende a coagulare maggiormente su superfici di materiali artificiali quando il flusso è basso.
• Per quanto riguarda il letto arterioso esistono diverse possibili malattie della parete vascolare che conducono alle due principali cause di malfunzionamento:
– stenosi,– aneurisma.
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BioStrutture artificiali L 109
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 110
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 111
Impianti vascolari• Impianti vascolari di origine biologica
– non trattati chimicamente• vena del paziente stesso (autologa)• arteria del paziente stesso (autologa)• vena di altro soggetto umano (eterologa)• arteria di alto soggetto umano (eterologa)
– trattati chimicamente• vena ombelicale umana• vaso bovino• protesi prodotta con pericardio bovino
– con supporto sintetico• protesi prodotta all’interno del paziente stesso• protesi prodotta all’interno di un animale• protesi fabbricata per coltura di tessuti viventi
• Impianti vascolari di origine sintetica– in PoliTetraFluorEtilene (PTFE Teflon)
• tessuto• espanso (Gore-Tex)
– in PoliEtilenTerEftalato (PET Dacron)• poroso (light weight design)• velour• woven o knitted• rinforzato• rivestito
– in PoliUretano– bioassorbibile
• Nel seguito saranno esaminati solo gli impianti vascolari di origine sintetica.
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BioStrutture artificiali L 112
Impianti vascolari di origine sintetica
• Le protesi vascolari in tessuto sono realizzate in Dacron(PoliEtilenEnterEftalato, PET).
• Le proprietà meccaniche della fibra di Dacron– stirata– non stirata
sono state mostrate nella figura seguente.
• La fibra stirata ha maggiori:– rigidezza,– resistenza a rottura,– stabilità dimensionale.
Resistenza dei BioMateriali
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Resistenza dei BioMateriali
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Tessitura
I tipi fondamentali di tessitura utilizzati per realizzare protesi vascolari con fibra di Dacron sono:woven (=tessuto)
grande stabilità dimensionale nelle direzioni delle fibre, perpendicolari tra loro;una delle direzioni delle fibre corrisponde alla direzione dell’asse della protesi.
knitted (=lavorato a maglia)le fibre sono disposte secondo un disegno che prevede continue curvature;tale disposizione rende le protesi vascolari meno stabili dimensionalmente.
• weft (=trama)tendenza a smagliarsi quando sono tagliate;la tendenza a smagliarsi aumenta se il taglio non è perpendicolare all’asse della protesi.
• warp (=ordito)fibre tessute secondo la direzione longitudinale della protesi;il numero di curvature e di connessioni fra le fibre è superiore a quello della tessitura weft knitted;maggiore resistenza alla smagliatura del tessuto tagliato;maggiore stabilità dimensionale in direzione radiale;riduzione del rischio che a seguito della dilatazione possano prodursi rotture della protesi.
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Woven
Resistenza dei BioMateriali
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Weft knitted
Resistenza dei BioMateriali
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Warp knitted
Resistenza dei BioMateriali
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I vantaggi e difetti
delle protesi ottenute per tessitura di fibresintetiche riguardano:
– flessibilità,– porosità,– elasticità.
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La flessibilità
della protesi è la sua capacità di seguire curve, ad esempio quando la protesi è impiantata in corrispondenza di un’articolazione quali l’anca o il ginocchio.
• In tal caso le protesi tessute tendono ad occludersi a seguito della flessione.
• Per ovviare a questo inconveniente la protesi è corrugata a fisarmonica.
• Il corrugamento consente la curvatura della protesi in quanto èpossibile l’allungamento della superficie più esterna del tubo e l’accorciamento della superficie più interna.
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Effetto del corrugamento
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La porosità
di una protesi vascolare è un termine improprio con cui si indica la permeabilità della protesi al sangue.
Le protesi tessute, in particolare le knitted, sono porose e quindi tendono a far uscire il sangue che fluisce al loro interno.
Per eliminare questo inconveniente, il chirurgo bagna la protesi nel sangue del paziente prima dell’impianto. Il sangue coagulando all’interno della porosità del tessuto
lo rende impermeabileed inoltre innesca quei fenomeni già descritti che conducono alla crescita di un tessuto endoteliale che rende emocompatibile la superficie interna della protesi.
Resistenza dei BioMateriali
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L’elasticità
consente la dilatazione radiale delle arterie quando la pressione del sangue ènel picco sistolico ed il loro recupero dimensionale durante la diastole.
La velocità di propagazione (ν) delle onde di pressione dipende: • dall’elasticità della parete dei vasi (E),• dal loro spessore (s),• dal loro diametro (D) e• dalla densità (ρ) del sangue.
Quando un tratto di arteria, nel caso specifico un tratto sostituito con una protesi vascolare, ha proprietà elastiche radiali diverse, in genere maggiore rigidità, si hanno due principali conseguenze.
• La sezione di interfaccia tra il vaso naturale e quello artificiale è la sezione in cui si verifica la discontinuità fluidodinamica ed è sede di fenomeni di riflessione d’onda. Le riflessioni d’onda possono provocare sovrapressioni locali che possono a loro volta causare la formazione di nuovi aneurismi.
• Le sollecitazioni sulla sutura delle anastomosi termino-terminali, dovute al fatto che il vaso naturale si dilata radialmente, mentre la protesi mantiene la dimensione originale.
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Le curve sforzo-deformazione
in direzione a) circonferenziale,b) longitudinale,
di protesi tessute in i) PET (Dacron)ii) PTFE (Teflon)
e di diversi tratti di aorta mostrano come:le protesi tessute siano molto più rigide dei tratti di aorta in direzione circonferenziale,il comportamento è molto più simile in direzione longitudinale.
Ancora si può notare che:le protesi in PET sono più rigide rispetto a quelle in PTFE,la tessitura woven è più rigida della knitted.
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Legenda:1. Protesi in PET woven2. “ PTFE “3. “ PET knitted4. “ PTFE “
5. Arteria iliaca6. Aorta addominale distale7. Arteria femorale8. Aorta addominale prossimale9. “ toracica distale10. “ toracica prossimale11. “ ascendente12. “ toracica13. “ addominale
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Direzione circonferenziale
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Dimensione logitudinale
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Minore rigidità radiale
è ottenuta con fibre di PoliUretano rispetto a quelle in PET e del PTFE;
Purtroppo le protesi tessute in PoliUretano non sono impermeabili in quanto, proprio a causa della loro deformabilità radiale, aumentano la loro porositàdurante l’aumento sistolico della pressione.
Invece, le protesi vascolari in Gore-Tex (PTFE Teflon espanso) non si occludono quando sono curvate ed hanno ottime proprietà meccaniche e di biocompatibilità.
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Fissazioni cervicali
• Cervicale anteriore• Occipito-cervicale posteriore• Atlanto-assiale posteriore• Caratteristiche meccaniche dei materiali
per Innesti
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• Un esempio di piastra cervicale anteriore applicata a due segmenti vertebrali su un modello delaSpina cervicale. Le viti non penetrano la corteccia posteriore e sono e sono saldate alla piastra per evitarne l’espulsione.
Fissazione cervicale anteriore
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Fissazione occipito-cervicale
posteriore
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Fissazione occipito-cervicaleposteriore
• La fissazione è realizzata in acciaio inossidabile e collegata con fili ad un modello di scheletro.
• L’anello craniale è attaccato all’Occipite usando fili che passano attraverso coppie di fori a tutto spessore.
• Si noti che i fili sono stretti sotto la svasatura dell’anello in modo da mantenere la distrazione tra l’Occipite e l’asse della vertebra.
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Fissazione atlanto-assialeposteriore
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Fissazione atlanto-assialeposteriore
• La figura precedente mostra la vista posteriore della fissazione del segmento cervicale atlantoassiale mediante morsetti ed innesti.
• Il dispositivo permette il bloccaggio e la stabilizzazione immediata.
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Resistenza a compressione di vari materiali per Innesti
500 µm diametro del poro
338 ± 78 NIdrossiapatite
200 µm diametro del poro
Il poro di diametro 200 µm è significativamente più resistente del poro di diametro 500 µm
1420 ± 480 NIdrossiapatite
452 ± 192 NCostola
667 ± 311 NCresta iliaca posteriore
1150 ± 487 NCresta iliaca anteriore
La struttura fibulare èsignificativamente piùresistente degli innesti di cresta o costola
5070 ± 3250 NStruttura fibulare
CommentoMedia ± Deviazione Standard
Tipo di Innesto
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Fissazione di fratture
• Fili• Viti• Piastre• Aste• Fittoni• UltraSuoni
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Fissazione provvisoria di piccole fratture
• Prima di una fissazione rigida si può usare il sistema costituito da spinottitranscutanei irrigiditi mediante due fili per ciascun frammento osseo.
• I fili non devono essere paralleli per evitare l’effetto “stantuffo” dei frammenti ossei lungo i fili.
• Spinotti filettati forniscono un ulteriore contributo alla stabilitàpoiché minimizzano lo scorrimento dei frammenti ossei, ma la loro rimozione èpiù difficile.
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Fattori che influenzano la capacità portante della vite
• Intrinseci:diametro esterno,
• configurazione della filettatura,
• lunghezza della filettatura
• Estrinseci:• qualità
dell’osso,• tipo e
orientazione dell’inserimento della vite,
• Coppia torcente.
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Capacità portante della vite• La capacità portante di una vite è funzione del prodotto del diametro
esterno della filettatura per la lunghezza di ancoraggio all’interno dell’osso.
• Quando sono usate per tenere insieme due frammenti d’osso, le viti sono comunemente applicate in modalità di ritardo, nella quale la porzione prossimale della vite rimane libera all’interno di un frammento (usando un profilo di vite senza filettatura prossimale o allargando il foro nel frammento prossimale, accorgimento che richiede l’uso di una rondella o di una rosettasotto la testa della vite per avere un sostegno adeguato).
• La coppia di serraggio determina la forza con la quale i frammenti d’osso sono tenuti insieme, la quale forza – a sua volta – genera l’attrito che impedisce il loro moto relativo. Il controllo della coppia di serraggio (attuato mediante la chiave dinamometrica) è importante per impedire la spanaturadell’osso o il collasso della testa della vite per eccessiva torsione.
• Anche la qualità dell’osso influenza la capacità portante della vite; l’osso corticale è circa 10 volte più resistente di quello spugnoso. Lo spessore della corteccia e la densità ossea sono fattori critici per la resistenza della fissazione ed condizionano il numero di viti richiesto per ottenete una stabilità adeguata. L’uso di viti in maniera bicorticale aumenta apprezzabilmente la resistenza della fissazione.
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• I due tipi fondamentali di viti sono corticale e spugnosoe si distinguono per la diversa filettatura;
• le viti spugnose hanno maggiore– passo della
filettatura– rapporto tra i
diametri della filettatura e del fusto.
• Sinistra, corticale. Centro, spugnosa, Destra, spugnosa con ritardo (lag).
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Chiave dinamometrica
• Normativa Costruzioni Metalliche
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Concentrazione di sforzo• L’effetto delle concentrazioni di sforzo sulla vita delle Ossa e delle
Attrezzature ortopediche è molto importante.
• Si è notato che dopo la rimozione di viti ortopediche da un osso, i fori delle viti rimangono nell’osso per molti mesi.
• Durante i primi pochi mesi dopo la rimozione delle viti, le ossapossono fratturarsi in corrispondenza delle sezioni di uno dei fori delle viti.
• Un foro di vite nell’osso causa effetti di concentrazione di sforzo e rende l’osso più debole, particolarmente in flessione e torsione.
• Gli effetti della concentrazione di sforzo possono esser ridotti da una buona rifinitura della superficie e evitando fori non necessari o altre variazioni di forma brusche nella struttura.
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Sito ottimale per la collocazione di
una piastra
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Sito ottimale per la collocazione di una piastra
• Vincoli anatomici limitano il numero o la dimensione delle viti che possono essere applicate in una certa regione.
• Di conseguenza, le viti sono spesso associate a piastre per ottenere un’adeguata stabilità ed una maggiore resistenza di fissazione.
• Il sito ottimale per l’applicazione di una singola piastra èsul lato dell’osso soggetto a trazione (Fig.precedente);
• di solito si applicano due piastre per aumentare la stabilità della fissazione).
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Effetto della direzione del carico sulla
rigidezza della piastra
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Piastre• A causa di vincoli anatomici come ad esempio lo spessore di tessuti
molli, alcune volte si usano piastre sottili (come per la stabilizzazione delle fratture dell’avambraccio); queste piastre devono possedere una rigidezza B sufficiente ad evitare il moto indesiderato della frattura come conseguenza dei carichi flettenti (fig. precedente):
B = E I (E modulo di Young, I momento d’inerzia)I = b h3 / 12I1 (flessione posteriore) = 0.5 x 1.83 / 12 = 0.243 cm4
I2 (flessione mediale) = 1.8 x 0.53 / 12 = 0.01875 cm4
dove b è la larghezza e h l’altezza.Pertanto la piastra è 13 volte più rigida nella flessione posteriore che in quella mediale.
• L’inserimento delle viti dovrebbe essere attuato con una chiave dinamometrica in modo da controllare serraggio di ciascuna di esse ed evitare che una sola vite sopporti la maggior parte del carico, con conseguenti rischi di collasso.
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BioStrutture artificiali S 146
I dispositivi per la fissazione della frattura dell’Anca
• possono essere– interni o– esterni
• nella loro applicazione;
• il dispositivo esterno più comune consiste in una piastra laterale attaccata al Femore, la quale sostiene una vite a scorrimento ritardato che passa nel collo del Femore attraversando la frattura.
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BioStrutture artificiali S 147
Dispositivi intra- (basso) e extra-midollare (alto)
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BioStrutture artificiali S 148
Dispositivi intra-midollari• I dispositivi per la fissazione interna sono di solito aste intra-midollari ed in
confronto con i dispositivi esterni essi sono soggetti a carichi minori a causa della loro collocazione che è più vicina all’asse neutro di flessione dell’osso.
• Le loro dimensioni sono critiche poiché le loro rigidezze flessionali e torsionali sono proporzionali al diametro secondo la 4ª potenza. Questo spiega perché un solo chiodo grande fornisce una fissazione piùrigida rispetto a più aste sottili.
• La dimensione, la quantità della curvatura, la quantità di alesaggio(diametro interno del cilindro) sono pure importanti poiché la stabilità della fissazione dipende dal trasferimento di carico all’osso.
• Spesso viti distali e prossimali inserite attraverso l’osso e asta sono usate per aumentare la stabilità torsionale (si veda la figura seguente).
• La flessione dell’asta come conseguenza dell’inserimento in una cavitàmidollare curva può rendere difficoltosa l’inserzione di viti distali.
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Dispositivo extra-midollare
• Il dispositivo extra-midollare è meno rigido e quando ècaricato subisce una deformazione maggiore, generando nel Femore sforzi mediali più alti.
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Statica di un chiodo intertrocanterico
• Per collaudare un chiodo intertrocanterico, lo si vincoli saldamente al banco di prova e gli si applichi un a forzaverticale verso il basso di intensità
F = 1000 N• Si vogliano determinare gli
sforzi nella sezione bb del chiodo, situata ad una distanza orizzontale
d = 6 cm• misurata dal punto di
applicazione della forza sul chiodo. La sezione bb del chiodo è quadrata di lato
a = 15 mm
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali S 151
Statica di un chiodo intertrocanterico
• Si sconnette idealmente il chiodo in due elementi mediante la sezione bb, e si ottiene il diagramma di corpo libero della parte prossimale del chiodo.
• L’equilibrio delle forze in direzione verticale richiede la presenza di una forza di compressione nella sezione bb con un’intensità uguale a quella della forza esterna (F = 1000 N).
• Il bilancio dei momenti richiede che nella sezione bb ci sia un momento flettente orario di intensità:M = F d = 0.06 x 1000 = 60 Nm
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali S 152
Statica di un chiodo intertrocanterico
• L’area della sezione bb èA = a2 = (0.015)2 = = 2.25 x 10-4 m2
• La forza di compressione di intensità F nella sezione bb dà luogo in quella sezione ad uno sforzo assiale di intensità
σa = F / A = = 1000 / (2.25x10-4) = = 4.4 x10+8 Pa = 4.4MPa
Resistenza dei BioMateriali
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Statica di un chiodo intertrocanterico
• Il momento d’inerzia I della sezione bb è:I = a4 / 12 = (0.015)2 / 12 = = 4.2 x 10-9 m4
• Il momento flettente M nella sezione dà luogo ad uno sforzo assiale σb, che attinge i valori massimo e minimo ai lembi mediale e distale rispettivamente indicati con le lettere M e L:
σbmax = M a / (2 L) = (60 x 0.015) / (4.2 x 10-9) / 2 = = 107.1 x 106 Pa = 107.1 MPa
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali S 154
Statica di un chiodo intertrocanterico
• Lo sforzo assiale σb(dovuto alla flessione) varia linearmente sulla sezione bb.
• Esso è– di compressione sulla
metà mediale della sezione,
– nullo nel mezzo,– di trazione sulla metà
laterale della sezione.
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BioStrutture artificiali S 155
Statica di un chiodo intertrocanterico
• La sovrapposizione degli sforzi assiali dovuti alla forza assiale (σa) e al momento flettente (σb) èminima (negativa, di compressione) sul lembo mediale della sezione bb:
σM = σmin = - σa - σbmin =
= - 111.5 MPa
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali S 156
Statica di un chiodo intertrocanterico
• Sul lembo laterale della sezione bb, lo sforzo assiale σbmax dovuto alla flessione è di trazione e quindi lo sforzo assiale totale è
σL = σbmax – σa =
= 102.7 MPa
Resistenza dei BioMateriali
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Radiografia di un dispositivo extramidollare intertrocanterico
• Una piastra è stata applicata ad un collo di Femore fratturato.
• I carichi vengono trasmessi dalla piastra all’Osso per il tramite delle viti.
• Materiale osseo è stato depositato intorno alle viti per sopportare questo incremento di carico.
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BioStrutture artificiali L 158
Piastra a 2 viti
• La Figura seguente mostra un dispositivo di fissazione di una piastra e 2 viti, che può essere usato per stabilizzare ossa fratturate. Durante la fase di appoggio su di una sola gamba, una persona può applicare il suo intero peso sul suolo attraverso un solo piede.
• In tali situazioni, il peso totale della persona èapplicato per reazione sulla persona attraverso il medesimo piede, che ha un effetto di compressione sulla gamba, le sue ossa, e le sue articolazioni.
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Piastra a 2 viti• Nel caso di un paziente con
una gamba fratturata (in questo caso, il Femore), questa forza è trasferita dalla parte distale a quella prossimale della frattura attraverso le viti del dispositivo di fissaggio.
• Se il diametro delle viti è D = 5 mm e il peso del paziente è W= 700 N, si determini lo sforzo tangenziale esercitato sulle viti di un dispositivo di fissaggio a 2 viti durante la fase di appoggio sulla sola gamba con un osso fratturato.
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 160
Piastra a 2 viti
• I diagrammi di corpo libero del dispositivo di fissaggio e delle viti sono mostrati nella Figura seguente. Si noti che la vita sopra la frattura spinge la piastra verso il basso, mentre la vite sotto la frattura spinge la piastra verso l’alto. Ciascuna vite applica alla piastra una forza uguale al peso della persona. Una forza con la medesima intensità è applicata sulle viti ma in versi opposti.
• Per esempio, per la vite sopra la frattura, la piastra esercita una forza verso l’alto sulla testa della vite e l’osso applica una forza verso il basso. Gli effetti delle forze applicate sulle viti sono tali che tendono a tagliare le viti stesse in un piano ortogonale all’asse delle viti. Rispetto alle sezioni rette delle viti, queste sono forze “trasversali”.
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BioStrutture artificiali L 161
• Gli sforzi tangenziali τgenerati nelle viti possono essere calcolati usando la seguente relazione tra la forza trasversale Fe l’area Asulla quale lo sforzo tangenziale deve essere determinato:
τ = F / A
Piastra a 2 viti
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 162
Piastra a 2 viti• In questo caso, F è uguale al peso (W = 700 N) del
paziente. Dal momento che i diametri delle viti sono dati, si può calcolare l’area della sezione retta di ciascuna vite come
A = π D2 / 4 = 19.6 mm2 = 19.6 x 10-6 m2
• Sostituendo i valori numerici di F e A nella formula precedente ed effettuando il calcolo si ottiene
τ = 35.7 x 106 Pa = 35.7 MPa
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 163
Piastra a 4 viti• Si noti che se avessimo
un dispositivo di fissazione a 4 viti, come mostrato nella Figura seguente, anziché a 2, allora ciascuna vite sarebbe soggetta ad una forza trasversale uguale alla metà del peso totale del paziente.
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 164
Piastra a 6 viti
• Rappresentazione schematica di un Radio che illustra la cicatrizzazione – con contatto nella
corteccia sotto la piastra (sinistra) e
– con gap sulla corteccia opposta (destra).
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 165
Dispositivi per fissazione esterna
• Per la stabilizzazione delle fratture si usano anche fissatori esterni; spinotti transcutanei multipli sono inseriti nell’osso e stabilizzati con una o più barre o anelli esterni.
• I fattori che influenzano la stabilità e la rigidezza meccaniche di queste strutture sono– numero,– diametro,– orientazione– Lunghezza
di questi spinotti e la loro relazione rispetto alla frattura.
• Spinotti larghi e corti collocati vicino alla frattura forniscono la fissazione più rigida.
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 166
Tipico fissatore esterno e le variabili che ne influenzano la stabilità
Resistenza dei BioMateriali
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Rottura della piastra di fissaggio
Resistenza dei BioMateriali
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Rottura della Piastra di Fissaggio• La figura precedente mostra la rottura di una piastra di fissaggio che
sosteneva la frattura del Radio. La rottura è stata la conseguenza di fenomeni di Fatica protrattisi per 20 anni.
• Carichi e scarichi ripetuti del materiale causano la rottura, anche se i carichi sono al di sotto dello sforzo ultimo. Ciascun ciclo di carico produce una quantità piccolissima di microdanno che si accumula con la ripetizione dei carichi finché il materiale collassa.
• Si devono quindi prendere in considerazione parametri meccanici quali l’intensità e la ripetizione dei carichi ai quali la fissazione sarà soggetta, insieme alla vita a fatica del materiale. Questi parametri sono registrati su una curva di sforzo in funzione delnumero di cicli.
• Pertanto, sforzi più elevati producono collasso in un minor numero di cicli (la sollecitazione fino allo sforzo ultimo provoca la rottura in un solo ciclo), mentre sforzi più modesti sono tollerati per un tempo più lungo.
Resistenza dei BioMateriali
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Trattamento con gli UltraSuoni per la cicatrizzazione delle Fratture
Resistenza dei BioMateriali
BioStrutture artificiali L 170
Trattamento con gli UltraSuoni per la cicatrizzazione delle Fratture
• La figura precedente mostra una frattura tibiofibulare sinistra trattata con una fissazione esterna.
• Per ottenere la riparazione della frattura è stato fatto uso con successo di UltraSuoni pulsanti a bassa intensità. Gli UltraSuonisono una radiazione acustica con frequenza superiore al limite dell’udito umano.
• La radiazione acustica, sotto forma di onde di pressione, applica sforzi meccanici di microintensità sull’osso e sui tessuti circostanti. Lo stimolo meccanico gioca un ruolo importante nel processo di cicatrizzazione dell’osso poiché l’osso reagisce all’intensità e alla direzione dello sforzo applicato e si rimodella per adattarsi alla sollecitazione meccanica che subisce.