1
pag.cinque 7. 9-22aprile2007 Politica Innovazione, in Italia resta il nodo «culturale» Il dibattito. La ricetta dei manager ICT per la crescita e il futuro del Paese Ritardo culturale, mancanza di una organizzazione declinata in nome dell’efficienza operativa e delle di- namiche che sottostanno alle logiche dell’ICT, incapacità di fare sistema. L’Italia dell’innovazione ha ancora molta strada da fare. Nonostante i riconosciuti passi in avanti - certifi- cati dalla progressiva diffusione delle connessioni broadband, dall’impegno della PA nel riammodernare la mac- china pubblica a servizio di cittadini e imprese (di cui la realizzazione del Sistema Pubblico di Connettività rap- presenta senza dubbio la punta di dia- mante) e dalle performance di ICT, IT e informatica che indicano una ripresa, seppur non consistente, del settore -, nonostante tutto ciò, si dice- va, l’innovazione all’italiana è ancora allo stato embrionale. “L’economia di mercato e il valore della concorrenza non sono nel dna degli italiani”, ha sottolineato l’economista Giacomo Vaciago dal palco dell’Innovation Forum di Roma, la due giorni che ha fatto il punto sul tema e che ha riunito a dibattito fra le maggiori azien- de dell’ICT. “Il peggio è stato superato - ha detto Vaciago -. Ora però è ur- gente tornare a definire le prio- rità per il Paese e a finalizzare al meglio l’impegno del Governo. Un’esigenza che vale oggi e che vale ancor di più per i prossimi anni. È forse prematuro eccedere in otti- mismo eppure nel caso dell’Europa ci sembra di poter avvertire qualcosa di più robusto e persistente di una semplice ripresa ciclica”.Il peggior nemico del-l’innovazione è la me- diocrità: questo il parere di Alberto Tripi, presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici. “Mediocrità è ad esempio opporsi alla concorren- za. E mediocrità è non saper ri- spondere alla fa- me di efficienza e di innovazione che caratterizza il nostro Pae- se”. Secondo Tripi “bisogna spostare il tiro dall’hardware alle applicazioni e dalla gestione singola a quella di filiera”. La nascita della nuova Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, frutto dell’unione tra Federcomin e Fita, con 17mila imprese all’attivo e 40 associazioni, marcia proprio in direzione della creazione di una filiera nazionale dell’ICT. “Le asso- ciazioni in campo hanno dato vita ad una filiera del settore, quella del business processing services ossia di un’offerta basata sulla logica del servizio. In questo modo si dice no alla dittatura della mediocrità e si appoggia la democrazia dell’eccel- lenza”, spiega Tripi. La logica del MILAFIORDALISI dovrebbe poi essere accompagnato da una maggiore sensibilità da parte degli istituti finanziari e da una sem- plificazione dei progetti”. Sul concetto di semplificazione, Nicola Aliperti, ad di Hp puntua- lizza che “la diffusione dell’ICT ha cominciato a farsi consistente nel momento in cui si è resa l’offerta più comprensibile per le aziende. Si è partiti dalle grandi aziende per poi mettere a punto offerte specifiche per le piccole realtà; ciò ha rappresentato un’ulteriore svolta soprattutto in un Paese, come l’Italia, in cui le pmi so- no il cuore dell’impresa nazionale”. La disponibilità di soluzioni sul mer- cato però non è sufficiente. “Il digital divide è infrastrutturale ma soprattut- to culturale. Ed è proprio il problema culturale a frenare l’utilizzo delle in- frastrutture - è il parere di Stefano Venturi, ad di Cisco Systems -. Quando il processo cul- turale funziona automatica- mente scatta la domanda”. Secondo Ven- turi l’Italia non sarebbe poi così indietro, quantomeno considerando la risposta del mercato alla domanda. “Non siamo messi male sul fronte dell’offerta tecnologica e quindi sulla risposta del mercato alle necessità in- frastrutturali del Paese. Siamo messi male rispetto agli altri Paesi Ue ma non rispetto alla domanda interna”. E basterebbe analizzare il grande successo della telefonia mobile in Italia per attestare - sostiene Fabio Primerano, ad di Siemens IT Solu- tions and Services - “che in tema di innovazione non siamo affatto sem- pre ultimi”. Il problema vero è che i mercati business e consumer non seguono le stesse logiche: “Sul fronte consumer la tec- nologia è legata all’aspetto di community che crea un’effetto valanga. Ma nel business non è così perché non si è creata, come invece sarebbe auspicabile, un’integrazione della filiera”. La questione “cul- turale” rappre- senta dunque la priorità numero uno. “Non bisogna insegnare l’ICT, ma utilizzare l’ICT per insegnare”, sottolinea ancora Primerano facendo proprio lo slogan lanciato da Giaco- mo Vaciago. “Si parla tanto di digital divide ma va affrontato seriamente il problema del cultural divide”, incal- za Sergio Rossi, ad di Oracle Italia. Ed ecco che l’attenzione si sposta dalle tecnologie ai servizi. “Il cam- biamento e l’evoluzione - sottolinea Carlo Magistrelli, ad di Eds Italia. - passano attraverso l’adozione di tecnologie orientate ai servizi, come le service oriented architecture, e at- traverso competenze specifiche e una profonda conoscenza della missione della PA”. GIACOMO VACIAGO Economista ALBERTO TRIPI Presidente Confindustria servizi tecnologici e innovativi MARCO COMASTRI Ad Microsoft Italia ANDREA PONTREMOLI presidente e Ad Ibm Italia servizio passa attraverso le Soa, ser- vice oriented architecture: “Le Soa stanno sortendo benefici nel mondo aziendale. E quando la PA si doterà di questo tipo di tecnologie per separare le infrastutture dalle applicazioni ci saranno oggettivi vantaggi operativi - sottolinea Andrea Pontremoli, pre- sidente e Ad di Ibm Italia -. Bisogna tornare a considerare il cliente e il cittadino in qualità di elemento ag- gregante”. “Rispetto agli altri Paesi la PA ha fatto passi da gigante nel- l’utilizzo della tecnologia come leva del cambiamente - dice Renzo Va- netti, Ad di Sia -. Ora è il momento di integrare i servizi e far conoscere a cittadini e imprese i vantaggi di queste realizzazioni”. Almeno tre gli ingredienti della ricerca secondo Marco Comastri, ad di Microsoft Italia. “Ci vuole una maggiore foca- lizzazione della compagine politica sui temi dell’innovazione: il Governo dovrebbe impegnarsi al massimo per sostenere l’innovazione attraverso politiche economiche ad hoc. Il tutto Vaciago: «Il peggio è superato ma è necessario definire le priorità e finalizzare l’impegno di Governo» Tripi: «Dire no alla dittatura della mediocrità. È tempo di dare vita alla democrazia dell’eccellenza» «Basta con le duplicazioni» Il ministro Nicolais invita a riflettere su sprechi e inefficienze operative: «Far convivere carta e strumenti digitali non significa fare innovazione» È sulla Pubblica amministrazione che si sono accesi i riflettori del dibattito sull’innovazione nazionale che ha anima- to la seconda edizione dell’Innovation Forum di Roma. Sul palco il ministro delle Riforme e Innovazioni nella PA, Luigi Nicolais e il sottosegretario Bea- trice Magnolfi e, in rappresentanza del ministero delle Comunicazioni il sot- tosegretario Luigi Vimercati. E non è mancato all’appuntamento Livio Zoffoli, presidente del Cnipa. Il ministro ha focalizzato l’attenzione sui passi avanti compiuti dalla PA in materia di innovazione sottolineando però alcuni errori di approccio che an- cora caratterizzano la mentalità italiana. “Il trasferimento di best practice da altri Paesi, contrariamente a quanto si pensi non rappresenta affatto un’innovazione se durante il trasferimento non si tiene conto delle peculiarità del nostro Paese”. Non solo: secondo Nicolais “bisogna mettere fine al processo di sostituzione: non si può pensare ad esempio di sostituire la carta con gli strumenti digitali se ciò non ha comportato alla base una rivisitazione dei processi. Sostituire uno strumento con l’altro non determina in sé un’innovazio- ne. Né è innovazione la duplicazione de- gli strumenti: se la carta continua a essere utilizzata e non sostituita completamente allora i costi raddoppiano ma non aumenta l’efficienza”. Al ministro ha fatto eco la relaazione del sottosegretario Magnolfi, la quale ha detto che “le vecchie prassi non sono state rottamate, quindi siamo in pieno doppio regime. Se la PA abban- donasse l’utilizzo massiccio della carta ci sarebbe un risparmio di ben 100 milioni di euro ”. “Il core business del Paese - ha puntualizzato il sottosegretario - è fare in modo che lo Stato funzioni. L’innovazione passa attraverso un cambiamento continuo e se è vero che la PA si è modernizzata sul fronte delle tecnologie lo stesso non può dirsi in tema di prassi operative”. Vimercati ha espresso la necessità di una svolta: “Alcune tecnologie, come la banda larga, non possono più essere considera- te servizi accessori, ma devono diventare servizi universali. In questo senso le reti di nuova generazione faranno la differenza. Intanto però bisogna provvedere a garan- tire a tutti l’accesso ai servizi. Il Governo sta lavorando molto in questo senso e non a caso molte delle interrogazioni e delle interpellanze parlamentari sono dedicate alla questione della copertura dei servizi”. Zoffoli non poteva mancare di elogiare il ruolo del Cnipa nella creazione del nuovo Spc: “Il Sistema pubblico di connettività porterà enormi benefici sul fronte dei servizi”, ha detto il presidente. LUIGI NICOLAIS Il ministro delle Riforme e Innovazioni nella PA ha puntato il dito anche contro la duplicazione delle best practice: «Il trasferimento da altri Paesi non funziona senza l’adeguamento alla nostra realtà» I nostri distretti assomigliano ad agenzie Idc: «I modelli emergenti di distretti tecnologici in Italia assomigliano ad agenzie dell’innovazione con forte orientamento a gestire bandi e supportare le Pmi. Ma ci sono anche distretti rimasti da anni sulla carta: forse sarebbe il caso di abbandonare il tentativo di forzare lo sviluppo quando il sistema non è in grado di sostenerlo» Il ritardo dei grandi sistemi di servizi Idc: «Il ritardo di innovazione è particolarmente evidente nei grandi sistemi di servizi (sanità, turismo, beni culturali, università e ricerca), dove l’intreccio fra operatori pubblici e privati diventa un ulteriore elemento di freno rispetto all’innovazione di filiera. In questi sistemi diventa sempre più urgente il problema della governance»

resta il nodo «culturale» Innovazione, in Italia Il ...€¦ · Fita, con 17mila imprese all’attivo e 40 associazioni, marcia proprio in direzione della creazione di una filiera

  • Upload
    others

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: resta il nodo «culturale» Innovazione, in Italia Il ...€¦ · Fita, con 17mila imprese all’attivo e 40 associazioni, marcia proprio in direzione della creazione di una filiera

pag.cinqueN°7. 9-22aprile2007 Politica

Innovazione, in Italiaresta il nodo «culturale»

Il dibattito. La ricetta dei manager ICT per la crescita e il futuro del Paese

Ritardo culturale, mancanza di una organizzazione declinata in nome dell’efficienza operativa e delle di-namiche che sottostanno alle logiche dell’ICT, incapacità di fare sistema. L’Italia dell’innovazione ha ancora molta strada da fare. Nonostante i riconosciuti passi in avanti - certifi-cati dalla progressiva diffusione delle connessioni broadband, dall’impegno della PA nel riammodernare la mac-china pubblica a servizio di cittadini e imprese (di cui la realizzazione del Sistema Pubblico di Connettività rap-presenta senza dubbio la punta di dia-mante) e dalle performance di ICT, IT e informatica che indicano una ripresa, seppur non consistente, del settore -, nonostante tutto ciò, si dice-va, l’innovazione all’italiana è ancora allo stato embrionale. “L’economia di mercato e il valore della concorrenza non sono nel dna degli italiani”, ha sottolineato l’economista Giacomo Vaciago dal palco dell’Innovation Forum di Roma, la due giorni che

ha fatto il punto sul tema e che ha riunito a dibattito fra le maggiori azien-de dell’ICT. “Il peggio è stato superato - ha detto Vaciago -. Ora però è ur-gente tornare a definire le prio-rità per il Paese e a finalizzare

al meglio l’impegno del Governo. Un’esigenza che vale oggi e che vale ancor di più per i prossimi anni. È forse prematuro eccedere in otti-mismo eppure nel caso dell’Europa ci sembra di poter avvertire qualcosa di più robusto e persistente di una semplice ripresa ciclica”.Il peggior nemico del-l’innovazione è la me-diocrità: questo il parere di Alberto Tripi, presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici. “Mediocrità è ad esempio opporsi

alla concorren-za. E mediocrità è non saper ri-spondere alla fa-me di efficienza e di innovazione che caratterizza il nostro Pae-se”. Secondo Tripi “bisogna spostare il tiro dall’hardware alle applicazioni e dalla gestione singola a quella di filiera”. La

nascita della nuova Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, frutto dell’unione tra Federcomin e Fita, con 17mila imprese all’attivo e 40 associazioni, marcia proprio in direzione della creazione di una filiera nazionale dell’ICT. “Le asso-ciazioni in campo hanno dato vita ad una filiera del settore, quella del business processing services ossia di un’offerta basata sulla logica del servizio. In questo modo si dice no alla dittatura della mediocrità e si appoggia la democrazia dell’eccel-lenza”, spiega Tripi. La logica del

MILAFIORDALISI dovrebbe poi essere accompagnato da una maggiore sensibilità da parte degli istituti finanziari e da una sem-plificazione dei progetti”. Sul concetto di semplificazione, Nicola Aliperti, ad di Hp puntua-lizza che “la diffusione dell’ICT ha cominciato a farsi consistente nel momento in cui si è resa l’offerta più comprensibile per le aziende. Si è partiti dalle grandi aziende per poi mettere a punto offerte specifiche per le piccole realtà; ciò ha rappresentato un’ulteriore svolta soprattutto in un Paese, come l’Italia, in cui le pmi so-no il cuore dell’impresa nazionale”.La disponibilità di soluzioni sul mer-cato però non è sufficiente. “Il digital divide è infrastrutturale ma soprattut-to culturale. Ed è proprio il problema culturale a frenare l’utilizzo delle in-frastrutture - è il parere di Stefano Venturi, ad di Cisco Systems -. Quando il processo cul-turale funziona au toma t i ca -mente scatta la domanda”. Secondo Ven-turi l’Italia non sarebbe poi così indietro, quantomeno considerando la risposta del mercato alla domanda. “Non siamo messi male sul fronte dell’offerta tecnologica e quindi sulla risposta del mercato alle necessità in-frastrutturali del Paese. Siamo messi male rispetto agli altri Paesi Ue ma non rispetto alla domanda interna”. E basterebbe analizzare il grande successo della telefonia mobile in Italia per attestare - sostiene Fabio Primerano, ad di Siemens IT Solu-tions and Services - “che in tema di innovazione non siamo affatto sem-pre ultimi”. Il problema vero è che i mercati business e consumer non seguono le stesse logiche: “Sul fronte consumer la tec-nologia è legata all’aspetto di community che crea un’effetto valanga. Ma nel business non è così perché non si è creata, come invece sarebbe auspicabi le , un’integrazione della filiera”. La questione “cul-turale” rappre-senta dunque la priorità numero uno. “Non bisogna insegnare l’ICT, ma utilizzare l’ICT per insegnare”, sottolinea ancora Primerano facendo proprio lo slogan lanciato da Giaco-mo Vaciago. “Si parla tanto di digital divide ma va affrontato seriamente il problema del cultural divide”, incal-za Sergio Rossi, ad di Oracle Italia. Ed ecco che l’attenzione si sposta dalle tecnologie ai servizi. “Il cam-biamento e l’evoluzione - sottolinea Carlo Magistrelli, ad di Eds Italia. - passano attraverso l’adozione di tecnologie orientate ai servizi, come le service oriented architecture, e at-traverso competenze specifiche e una profonda conoscenza della missione della PA”.

GIACOMO VACIAGOEconomista

ALBERTO TRIPI Presidente Confindustria servizi tecnologici e innovativi

MARCO COMASTRIAd Microsoft Italia

ANDREA PONTREMOLIpresidente e Ad Ibm Italia

servizio passa attraverso le Soa, ser-vice oriented architecture: “Le Soa stanno sortendo benefici nel mondo aziendale. E quando la PA si doterà di questo tipo di tecnologie per separare le infrastutture dalle applicazioni ci saranno oggettivi vantaggi operativi - sottolinea Andrea Pontremoli, pre-sidente e Ad di Ibm Italia -. Bisogna

tornare a considerare il cliente e il cittadino in qualità di elemento ag-gregante”. “Rispetto agli altri Paesi la PA ha fatto passi da gigante nel-l’utilizzo della tecnologia come leva del cambiamente - dice Renzo Va-netti, Ad di Sia -. Ora è il momento di integrare i servizi e far conoscere a cittadini e imprese i vantaggi di

queste realizzazioni”. Almeno tre gli ingredienti della ricerca secondo Marco Comastri, ad di Microsoft Italia. “Ci vuole una maggiore foca-lizzazione della compagine politica sui temi dell’innovazione: il Governo dovrebbe impegnarsi al massimo per sostenere l’innovazione attraverso politiche economiche ad hoc. Il tutto

Vaciago: «Il peggio è superato ma è necessario definire le priorità e finalizzare l’impegno di Governo»

Tripi: «Dire no alla dittatura della mediocrità. È tempo di dare vita alla democrazia dell’eccellenza»

«Basta con le duplicazioni»Il ministro Nicolais invita a riflettere su sprechi e inefficienze operative: «Far convivere carta e strumenti digitali non significa fare innovazione»

È sulla Pubblica amministrazione che si sono accesi i riflettori del dibattito

sull’innovazione nazionale che ha anima-to la seconda edizione dell’Innovation Forum di Roma. Sul palco il ministro delle Riforme e Innovazioni nella PA, Luigi Nicolais e il sottosegretario Bea-trice Magnolfi e, in rappresentanza del ministero delle Comunicazioni il sot-tosegretario Luigi Vimercati. E non è mancato all’appuntamento Livio Zoffoli, presidente del Cnipa.Il ministro ha focalizzato l’attenzione sui passi avanti compiuti dalla PA in materia di innovazione sottolineando però alcuni errori di approccio che an-cora caratterizzano la mentalità italiana. “Il trasferimento di best practice da altri Paesi, contrariamente a quanto si pensi non rappresenta affatto un’innovazione se durante il trasferimento non si tiene conto delle peculiarità del nostro Paese”. Non solo: secondo Nicolais “bisogna mettere fine al processo di sostituzione: non si può pensare ad esempio di sostituire la carta con gli strumenti digitali se ciò non ha comportato alla base una rivisitazione dei processi. Sostituire uno strumento con l’altro non determina in sé un’innovazio-ne. Né è innovazione la duplicazione de-gli strumenti: se la carta continua a essere utilizzata e non sostituita completamente

allora i costi raddoppiano ma non aumenta l’efficienza”. Al ministro ha fatto eco la relaazione del sottosegretario Magnolfi, la quale ha detto che “le vecchie prassi non sono state rottamate, quindi siamo in pieno doppio regime. Se la PA abban-donasse l’utilizzo massiccio della carta ci sarebbe un risparmio di ben 100 milioni di euro ”. “Il core business del Paese - ha puntualizzato il sottosegretario - è fare in modo che lo Stato funzioni. L’innovazione passa attraverso un cambiamento continuo e se è vero che la PA si è modernizzata sul fronte delle tecnologie lo stesso non può dirsi in tema di prassi operative”. Vimercati ha espresso la necessità di una svolta: “Alcune tecnologie, come la banda larga, non possono più essere considera-te servizi accessori, ma devono diventare servizi universali. In questo senso le reti di nuova generazione faranno la differenza. Intanto però bisogna provvedere a garan-tire a tutti l’accesso ai servizi. Il Governo sta lavorando molto in questo senso e non a caso molte delle interrogazioni e delle interpellanze parlamentari sono dedicate alla questione della copertura dei servizi”. Zoffoli non poteva mancare di elogiare il ruolo del Cnipa nella creazione del nuovo Spc: “Il Sistema pubblico di connettività porterà enormi benefici sul fronte dei servizi”, ha detto il presidente.

LUIGI NICOLAISIl ministro delle Riforme e Innovazioni nella PA ha puntato il dito anche contro la duplicazione delle best practice: «Il trasferimento da altri Paesi non funziona senza l’adeguamento alla nostra realtà»

I nostri distretti assomigliano ad agenzieIdc: «I modelli emergenti di distretti tecnologici in Italia assomigliano ad agenzie dell’innovazione con forte orientamento a gestire bandi e supportare le Pmi. Ma ci sono anche distretti rimasti da anni sulla carta: forse sarebbe il caso di abbandonare il tentativo di forzare lo sviluppo quando il sistema non è in grado di sostenerlo»

Il ritardo dei grandi sistemi di serviziIdc: «Il ritardo di innovazione è particolarmente evidente nei grandi sistemi di servizi (sanità, turismo, beni culturali, università e ricerca), dove l’intreccio fra operatori pubblici e privati diventa un ulteriore elemento di freno rispetto all’innovazione di filiera. In questi sistemi diventa sempre più urgente il problema della governance»