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C’è bisogno di amore civile RIFORME LAICHE / IL CORAGGIO DI UN NUOVO DIRITTO DI FAMIGLIA DIEGO GALLI La conferenza "Amore civile", svoltasi a Roma dal 10 al 12 maggio scorso, è il se- condo appuntamento di una riflessione e di un'azione partita un anno fa in con- trapposizione al Family day, la manifesta- zione convocata a piazza San Giovanni dalle maggiori organizzazioni del cattoli- cesimo militante in opposizione al dise- gno di legge sui Dico. Allora, prendendo spunto da una lettera- tura ricchissima quanto poco conosciuta, tentammo di contrapporre alla parola d'ordine del "diritto naturale", con cui si tenta di fondare la difesa di un modello tramontato di famiglia fondato sulla ri- produzione, la parola "amore civile", co- me paradigma alternativo per leggere le trasformazioni dei legami affettivi. Il nuovo appuntamento ha ulteriormen- te arricchito questa riflessione, come di- mostrano gli interventi riportati da Agen- da Coscioni di Enrichetta Buchli, l'autri- ce di questa bellissima locuzione ("Il mito dell'amore fatale", Baldini Castoldi Dalai 2006), Piergiorgio Donatelli, Luigi Man- coni e Anna Laura Zanatta. In particolare, nel suo intervento Piergior- gio Donatelli ha sottolineato il legame che esiste tra la regolamentazione, e quindi il riconoscimento pubblico, di modalità di- verse di legami affettivi, e la vitalità dell'in- tero contesto sociale. «Ciò che è in gioco qui non è solo l'affermazione di sé e del proprio privato – afferma nel suo inter- vento – ma è in gioco la trasformazione del modo in cui i legami personali contri- buiscono a dare forma allo spazio pubbli- co. Una società dominata da rapporti per- sonali e familiari, da concezioni della ses- sualità che decostruiscono la cellula gerar- chica e claustrofobica della famiglia tradi- zionale e che inventano nuovi legami, nuove forme di vita associata, e quindi an- che nuove forme giuridiche – una società di questo tipo è anche una società diversa sotto altri aspetti del tutto indipendenti, è una società politica, economica, cultu- rale diversa». Il sottolineare l'importanza per l'intera so- cietà di un'apertura a nuove possibilità di sperimentazione nei rapporti affettivi e sessuali ha trovato una ricaduta pratica nelle proposte avanzate dai rappresentan- ti del Conacreis (di cui Agenda Coscioni riporta l'intervento) e dell'Istituto per lo studio del Cohousing. Si tratta di organiz- zazioni che promuovono nuove forme di vita associata, che superano, senza negar- le, la realtà familiare mononucleare pro- muovendo lo sviluppo di comunità inten- zionali. Una sorta di modernizzazione del- la forma familiare più tradizionale del mondo, quella della famiglia allargata, do- ve tuttavia il carattere "intenzionale" tra- sforma il legame di sangue in legame af- fettivo. Ma senza spingersi verso territori pionieri- stici, è già la realtà della famiglia attuale a dar vita a forme di famiglia allargata di fat- to. Come definire altrimenti le tantissime famiglie ricostituite, o la situazione dei fi- gli di genitori separati, che magari hanno dato vita a nuovi nuclei familiari. Situa- zioni che richiedono regole e tutele rispet- to alle quali il riferimento alla famiglia na- turale è del tutto vuoto e privo di significa- to. Ce ne hanno dato un'idea gli interven- ti delle associazioni dei padri separati (ve- di l'intervento di Maurizio Quilici). La famiglia che si apre quindi alla società, si democratizza, assume forme diverse, e che necessita anche di essere accolta. Se si lasciano gli individui soli e rinchiusi nelle mura domestiche i rischi sono elevatissi- mi. Per questo la conferenza Amore civile si è occupata anche del tema della violen- za sulle donne (anche con la proiezione e il successivo dibattito del bellissimo film "Ti do i miei occhi", summa di molti de- gli argomenti affrontati durante il conve- gno) e della mediazione familiare. C'è quindi bisogno di amore civile per le famiglie italiane, ma anche, e forse soprat- tutto, per la politica italiana, incapace di esprimere alcuna capacità di governo del- le relazioni affettive. A un anno dal Family day non sono certo aumentati gli asili nido, i servizi di assi- stenza a anziani e disabili, gli aiuti per l'au- tonomia economica dei giovani, insom- ma tutte quelle forme di sostegno concre- to alle famiglie che sono state evidente- mente invocate soltanto in modo stru- mentale, non per aiutare la famiglie esi- stenti, ma per impedire alle nuove di po- tersi creare. Per questo la conferenza Amore civile si è conclusa il 12 maggio, anniversario del re- ferendum sul divorzio, con una conferen- za stampa in cui è stato annunciato l'obiettivo politico dell'iniziativa, quello di presentare un disegno di legge di rifor- ma complessiva del diritto di famiglia e di raccogliere in un movimento di pressione tutte le associazioni interessate a questi te- mi. Il messaggio è stata subito raccolto. Inter- venendo alla conferenza stampa, il presi- dente dell'Arcigay, Aurelio Mancuso, ha affermato che «questa conferenza stampa rappresenta per noi un primo buon segna- le in una situazione sociale per noi preoc- cupante». Roberto Giachetti, parlamen- tare del Partito democratico, ha ad esem- pio esplicitamente aderito «a un'imposta- zione, dopo che noi per parecchi anni ab- biamo capato nel mazzo una serie di que- stioni che si sono trasformate in delle vere risse ideologiche, probabilmente provare un approccio complessivo che cerchi di ri- portare ogni argomento all'interno di un quadro generale che è quello della riforma del diritto di famiglia potrebbe essere un approccio che dà un'impostazione più se- rena all'analisi e anche più organica». Proprio mentre appaiono ulteriormente chiudersi tutte le possibilità di far passare in questo parlamento riforme laiche e il ri- conoscimento dei diritti civili, la confe- renza Amore civile rilancia proponendo una riforma a tutto campo del diritto di famiglia. E questo non solo perché non abbiamo paura della sfide ambiziose. So- prattutto perché riteniamo che sia questo il solo modo per essere riconosciuti, per far comprendere che la laicità non è sol- tanto neutralità o indifferenza, ma elabo- razione di visioni morali, di prospettive complessive di lettura e governo dei feno- meni sociali, di promozione di una ricer- ca intima e anche spirituale di felicità non fondata sui miti della tradizione e sulla so- pravvivenza di tabù e proibizioni. @approfondisci La Conferenza si è già messa al lavoro per elaborare la proposta di riforma del diritto di famiglia ed è aperta al contri- buto di tutti. Per chi volesse partecipare si può visitare il sito www.radioradicale.it/amorecivile o scri- vere a [email protected] In una società democratica è necessario tutelare ogni forma di convivenza indipendentemente da quella che è la tradizionale concezione della sessualità. Diego Galli Direttore di RadioRadicale.it, membro della Direzione di Radicali Italiani, è anche dirigente dell’Associazione Luca Coscioni www.radioradicale.it In esclusiva alcuni degli interventi più significativi del Convegno “Amore Civile”, tenutosi a Roma dal 10 al 12 maggio 2008

RIFORME LAICHE / IL CORAGGIO DI UN NUOVO DIRITTO DI FAMIGLIA … · me paradigma alternativo per leggere le trasformazioni dei legami affettivi. ... è già la realtà della famiglia

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C’è bisogno di amore civileRIFORME LAICHE / IL CORAGGIO DI UN NUOVO DIRITTO DI FAMIGLIA

DIEGO GALLI

La conferenza "Amore civile", svoltasi aRoma dal 10 al 12 maggio scorso, è il se-condo appuntamento di una riflessione edi un'azione partita un anno fa in con-trapposizione al Family day, la manifesta-zione convocata a piazza San Giovannidalle maggiori organizzazioni del cattoli-cesimo militante in opposizione al dise-gno di legge sui Dico.Allora, prendendo spunto da una lettera-tura ricchissima quanto poco conosciuta,tentammo di contrapporre alla parolad'ordine del "diritto naturale", con cui sitenta di fondare la difesa di un modellotramontato di famiglia fondato sulla ri-produzione, la parola "amore civile", co-me paradigma alternativo per leggere letrasformazioni dei legami affettivi.Il nuovo appuntamento ha ulteriormen-te arricchito questa riflessione, come di-mostrano gli interventi riportati da Agen-da Coscioni di Enrichetta Buchli, l'autri-ce di questa bellissima locuzione ("Il mitodell'amore fatale", Baldini Castoldi Dalai2006), Piergiorgio Donatelli, Luigi Man-coni e Anna Laura Zanatta.In particolare, nel suo intervento Piergior-gio Donatelli ha sottolineato il legame cheesiste tra la regolamentazione, e quindi ilriconoscimento pubblico, di modalità di-verse di legami affettivi, e la vitalità dell'in-tero contesto sociale. «Ciò che è in giocoqui non è solo l'affermazione di sé e delproprio privato – afferma nel suo inter-vento – ma è in gioco la trasformazionedel modo in cui i legami personali contri-buiscono a dare forma allo spazio pubbli-co. Una società dominata da rapporti per-sonali e familiari, da concezioni della ses-sualità che decostruiscono la cellula gerar-chica e claustrofobica della famiglia tradi-zionale e che inventano nuovi legami,nuove forme di vita associata, e quindi an-che nuove forme giuridiche – una societàdi questo tipo è anche una società diversa

sotto altri aspetti del tutto indipendenti,è una società politica, economica, cultu-rale diversa».Il sottolineare l'importanza per l'intera so-cietà di un'apertura a nuove possibilità disperimentazione nei rapporti affettivi esessuali ha trovato una ricaduta praticanelle proposte avanzate dai rappresentan-ti del Conacreis (di cui Agenda Coscioniriporta l'intervento) e dell'Istituto per lostudio del Cohousing. Si tratta di organiz-zazioni che promuovono nuove forme divita associata, che superano, senza negar-le, la realtà familiare mononucleare pro-muovendo lo sviluppo di comunità inten-zionali. Una sorta di modernizzazione del-la forma familiare più tradizionale delmondo, quella della famiglia allargata, do-ve tuttavia il carattere "intenzionale" tra-sforma il legame di sangue in legame af-fettivo.Ma senza spingersi verso territori pionieri-stici, è già la realtà della famiglia attuale adar vita a forme di famiglia allargata di fat-to. Come definire altrimenti le tantissimefamiglie ricostituite, o la situazione dei fi-gli di genitori separati, che magari hannodato vita a nuovi nuclei familiari. Situa-zioni che richiedono regole e tutele rispet-to alle quali il riferimento alla famiglia na-turale è del tutto vuoto e privo di significa-to. Ce ne hanno dato un'idea gli interven-ti delle associazioni dei padri separati (ve-di l'intervento di Maurizio Quilici).La famiglia che si apre quindi alla società,si democratizza, assume forme diverse, eche necessita anche di essere accolta. Se silasciano gli individui soli e rinchiusi nellemura domestiche i rischi sono elevatissi-mi. Per questo la conferenza Amore civilesi è occupata anche del tema della violen-za sulle donne (anche con la proiezione eil successivo dibattito del bellissimo film"Ti do i miei occhi", summa di molti de-gli argomenti affrontati durante il conve-gno) e della mediazione familiare.C'è quindi bisogno di amore civile per le

famiglie italiane, ma anche, e forse soprat-tutto, per la politica italiana, incapace diesprimere alcuna capacità di governo del-le relazioni affettive.A un anno dal Family day non sono certoaumentati gli asili nido, i servizi di assi-stenza a anziani e disabili, gli aiuti per l'au-tonomia economica dei giovani, insom-ma tutte quelle forme di sostegno concre-to alle famiglie che sono state evidente-mente invocate soltanto in modo stru-mentale, non per aiutare la famiglie esi-stenti, ma per impedire alle nuove di po-tersi creare.Per questo la conferenza Amore civile si èconclusa il 12 maggio, anniversario del re-ferendum sul divorzio, con una conferen-za stampa in cui è stato annunciatol'obiettivo politico dell'iniziativa, quellodi presentare un disegno di legge di rifor-ma complessiva del diritto di famiglia e diraccogliere in un movimento di pressionetutte le associazioni interessate a questi te-mi.Il messaggio è stata subito raccolto. Inter-

venendo alla conferenza stampa, il presi-dente dell'Arcigay, Aurelio Mancuso, haaffermato che «questa conferenza stamparappresenta per noi un primo buon segna-le in una situazione sociale per noi preoc-cupante». Roberto Giachetti, parlamen-tare del Partito democratico, ha ad esem-pio esplicitamente aderito «a un'imposta-zione, dopo che noi per parecchi anni ab-biamo capato nel mazzo una serie di que-stioni che si sono trasformate in delle vere

risse ideologiche, probabilmente provareun approccio complessivo che cerchi di ri-portare ogni argomento all'interno di unquadro generale che è quello della riformadel diritto di famiglia potrebbe essere unapproccio che dà un'impostazione più se-rena all'analisi e anche più organica».Proprio mentre appaiono ulteriormentechiudersi tutte le possibilità di far passarein questo parlamento riforme laiche e il ri-conoscimento dei diritti civili, la confe-renza Amore civile rilancia proponendouna riforma a tutto campo del diritto difamiglia. E questo non solo perché nonabbiamo paura della sfide ambiziose. So-prattutto perché riteniamo che sia questoil solo modo per essere riconosciuti, perfar comprendere che la laicità non è sol-tanto neutralità o indifferenza, ma elabo-razione di visioni morali, di prospettivecomplessive di lettura e governo dei feno-meni sociali, di promozione di una ricer-ca intima e anche spirituale di felicità nonfondata sui miti della tradizione e sulla so-pravvivenza di tabù e proibizioni.

@approfondisci

La Conferenza si è già messa al lavoroper elaborare la proposta di riforma deldiritto di famiglia ed è aperta al contri-buto di tutti. Per chi volesse parteciparesi può visitare il sitowww.radioradicale.it/amorecivile o scri-vere a [email protected]

In una società democratica è necessariotutelare ogni forma di convivenza

indipendentemente da quella che è latradizionale concezione della sessualità.

Diego GalliDirettore di RadioRadicale.it, membro della Direzione di RadicaliItaliani, è anche dirigente dell’Associazione Luca Coscioni

www.radioradicale.it

In esclusiva alcuni degli interventi più significatividel Convegno “Amore Civile”, tenutosi a Roma dal

10 al 12 maggio 2008

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II AMORE CIVILE

ENRICHETTA BUCHLI

Sono molto contenta che questo breve capi-tolo sia stato così importante per tutti noi eci abbia aiutato a riflettere su un processo ge-nerale di civilizzazione di un’umanità che èancora evidentemente lontana e, sopratutto,quello che poi riguarda il mio lavoro, per unapossibilità di salute mentale. L’idea naturalmente è stata ispirata anche dallibro di Giddens che insiste sul tentare unademocrazia all’interno dell’intimità. Sembre-rebbero cose molto scontate ma io sono rima-sta sempre molto impressionata dalle storiedei pazienti, sia delle storie di coppie che del-le storie familiari, in quanto invece mi sonoresa conto di come la democrazia non entrinelle mura domestiche e lì viga un clima ditirannia. C’è uno psicanalista francese che hascritto un bel libro e ve lo consiglio; lui sichiama Racamié, “Incesto e incestuale”, dove

in realtà la problematica incestuale non è sol-tanto legata a poche famiglie patologiche maè un po’ un clima che è paradossalmente dif-fuso. Paradossalmente la famiglia nucleare si barri-ca sempre di più in una sorta di isolamento,non ci sono molte relazioni sociali e pubbli-che sopratutto nelle famiglie urbane, si vedo-no le storie di crimini come ad esempio nellatrasmissione “Amori criminali” dove manmano la coppia si isola sempre di più e l’uo-mo vuole avere il dominio assoluto e totalesulla donna. Quasi sempre questo è quelloche succede e quasi mai, anzi mai, è viceversa,fino poi alla distruzione progressiva. L’ince-stuale non è l’incesto nel senso libidico ma èun modo di abusare e di de-umanizzare com-pletamente la persona, privandola, esatta-mente come succede nelle situazioni di schia-vitù, dei suoi diritti umani, anche della facol-tà e della possibilità di parlare; questo è tipicodelle tirannie, questo succede nei genitori ri-spetto ai figli che però non impostano una re-gola. Racamié non parla del super-io come la legge

generale che dovrebbe poi, all’interno dellafamiglia, rispecchiare anche la legge della so-cietà. Non è il padre, in questo senso, porta-tore del logos e delle regole e della civiltàquanto il soggetto che si impone, l’abuso nar-cisistico, “Tu devi fare quello che voglio io”per una sorta di arcaico giudizio. Ecco chequi, nella civiltà postmoderna, si ritorna a for-me di arcaismo primitivo dove prevale la leg-ge del sangue; “io ti ho fatto, io ti posso ucci-dere, se mi abbandoni ti uccido o mi facciofuori io. Se tu diventi quello che devi essere, setu realizzi il tuo sé, secondo il diritto di tuttele civiltà e anche quelle antiche - pensiamo aquello che c’è scritto nel Vangelo e anche pri-ma - se tu realizzi i tuoi bisogni psichici, indi-viduali, spirituali, neghi me”. Dunque il mes-saggio esplicito o, quasi sempre, implicito è“Non essere, non esistere. Tu devi essere unprolungamento della mia imposizione, diquello che voglio io”. Si tratta di problemati-che e di sintomi che hanno a che fare con scis-sioni della personalità perché la vera persona-lità deve essere negata dal figlio, dalla moglie,dalla persona e quindi poi si creano una seriedi situazioni gravissime, dalle incidenze disintomi come fobie, panico, problemi ali-mentari, disperazioni, depressioni, mancan-za di voglia di vivere all’impossibilità o impo-tenza di contrapporsi, di far valere i propri di-ritti anche nel mondo del lavoro. Insomma sitratta di molestie morali rispetto alle qualipurtroppo la legge non può fare niente per ilmomento - mentre qualcosa si comincia a fa-re con la violenza fisica - se questa violenza ènella psiche, ma nell’anima e non nel corponon si può fare niente. Adesso si comincia afare comunque qualcosa, sopratutto in Spa-gna ci sono tribunali che studiano anche que-ste questioni delle molestie morali che unavolta magari si potevano chiamare plagio ocrudeltà mentale, però, siccome non sonoquantificabili questi delitti, sono ancora invi-sibili, le persone soggette -e sono tantissime,quasi tutte le famiglie- ancora non possonofare niente. Ricordate che nella tragedia grecaSofocle è uno dei primi che comincia, già nel-l’iniziale prima forma di democrazia atenie-se, a contrapporre le idee arcaiche, tirannichee sanguinarie del diritto del sangue contro leleggi della democrazia di Apollo che vorrebbequalche cosa che riguarda il rispetto dell’in-dividuo e del soggetto.Perché è l’amore fatale questo? Perché questirapporti attuali e antichi contengono una pa-tologia che confluisce all’interno di tanti fat-tori tra cui anche purtroppo questo mito, chesi è imposto nel Medioevo, dell’amore asso-luto – pensate che tutti noi siamo andati ascuola leggendo queste bellissime poesie diDante, di Cavalcanti, di Petrarca… – però seguardiamo bene, io ho studiato bene questepoesie d’amore, non hanno niente ha che fa-re con l’amore vero rispetto a un soggetto per-ché l’altro, in questo caso la donna, è un pro-dotto immaginario -direbbe una psicanalistaamericana, tra l’altro femminista, Benjamin,che sono “oggetti soggettivamente concepiti”- quindi una figura del femminile che parteda una fantasia che non ha niente a che vede-re con la donna; la Dea, infatti la donna ange-licata è un prodotto dell’immaginazione . Tri-stano e Isotta è il primo grande romanzo diquesto tipo, che guarda caso si inserisce in uncodice non di eros ma di guerra . Tutta la ter-minologia che percorre la storia dell’umanitàfino ai giorni nostri, purtroppo, tutto il voca-bolario è un vocabolario di guerra; conquista-re, assoggettare, schiavi d’amore. E’ una guer-

ra. Denis de Ruchmont che è il primo che siè occupato di questa problematica in “Amo-re in Occidente” dice che questo non c’entraniente con l’amore, c’entra con un discorsoperverso di conquista e di assoggettamento diun altro, in nome di questo immaginario edove la donna si contrappone come esserereale in carne ed ossa viene vissuta come limi-te a questo immaginario e quindi deve esserefatta fuori. Comunque tutta la storia di que-sta passione che è stata tanto esaltata dalla let-teratura è un amore che è amore-morte e senon c’è l’ingrediente della distruzione finale- anche un libro che è andato per la maggio-re nei primi del Novecento di Bataille “La mi-stica dell’amore” deve poi portare alla dissolu-

zione perché l’unica vera unione con l’altro èla dissoluzione. Ma non può essere un’unionecon l’altro perché l’altro è un soggetto, incar-nato nello spazio e nel tempo, che non potràmai aderire né alle fantasie immaginarie, néessere re-inglobato magicamente in un corpofisico; quindi anche prima della nuova leggesulla violenza delle donne – è come se il desi-derio fosse quello di cannibalizzare l’altro, fa-cendolo diventare una preda – c’è stato anchequalche killer seriale che preso da questa pul-sione estrema si è mangiato la vittima.Cosa succede all’interno di una storia moltocomplicata e anche qui si inserisce l’atra que-stione colludendo col tema dell’amore asso-luto e fatale, una trasformazione dei rapportifamiliari che fino al 700 erano di tipo patriar-cale, qui parliamo di storia e non diamo del-le valutazioni certamente per i bambini è me-glio avere delle famiglie allargate che due ge-nitori pieni di stress che trasmettono involon-tariamente o volontariamente tutte le loro an-gosce della sopravvivenza su di loro che nonhanno strumenti per difendersi quindi per ifigli e meglio una quantità di persone chepossono essere anche testimoni di eventualiviolenze. La rivoluzione industriale ha creatola famiglia mononucleare ed ha coniugati ilmito dell’amore assoluto con il matrimonio.Con questa famiglia cominciano le patologiee nasce infatti la psicanalisi perché la donnanon può più parlare come faccio io adesso.Nel settecento le donne erano, infatti, infini-tamente più libere, ma non soltanto nelle cor-ti dove ci sono scienziate, amanti-consulentidei re, anche nella popolazione, si accentua lostereotipo di genere e l’ideale della donna di-ce Young, che ha l’io nell’ombra, si radica nel-l’ottocento, anche nei vestiti, pensiamo l’uo-mo nel 600 e nel 700 vestiva con parrucche,merletti, cipria, mentre nel 800 si veste di ne-ro, marrone, le donne erano vestite diversa-mente. Anche i padri della psicoanalisi hannonavigato in questa cultura.L’uomo per sopravvivere non può mangiarela carne cruda che strappa con le mani, l’uo-mo per sopravvivere ha iniziato la tecnica, esono iniziati degli strumenti culturali, ancheil dire cosa deve fare l’uomo cosa la donna ètutto un rapporto di esperienze che passano

da generazione in generazione ci sono dei co-dici che passano da inconscio ad inconsciocompresi i peccati così come dice la bibbiapurtroppo Freud, Young che da un lato han-no fornito strumenti per salvarci da questepatologie nello stesso tempo hanno pensatoche ci fosse l’aspetto del femminile e del ma-schile biologicamente motivati, addiritturauna allieva di Freud, Hellen, Doich, parla dimasochismo della donna biologicamentemotivato, mentre Freud diceva che la donnaè incapace di sublimazione.Passiamo all’amore civile l’amore civile è ri-spettare gli altri non in relazione al desiderioche l’altro si comporti come voglio io. Ledonne che subiscono questo pensano sia giu-

sto corrispondere completamente ai desideridell’altro e non esigono rispetto, la questioneè parlare, è creare dei piccoli parlamenti siafuori di se che dentro di se, in questo sensoun altro psicanalista, Winnicot, diceva l’equi-librio di una persona è creare una democra-zia interiore, e dunque negoziare sempre tut-to dichiarare, secondo i bisogni e le necessitàdel momento di entrambi i protagonisti del-la relazione, le soluzioni possibili non valgonoper tutti, per esempio Sartre e Simone de Be-auvoir, vissero la loro relazione civile intellet-tuale in case separate, quindi le soluzioni pos-sono essere diverse e giuste a secondo delleesigenze di ognuno.

Dall’amore fatale all’amore civile

LA DEMOCRAZIA FA BRECCIA NELLE RELAZIONI PRIVATE

Enrichetta BuchliFilosofa, psicoanalista, diplomata all’Istituto Jung di Zurigo,didatta e docente della Scuola di Psicoterapia. PerBaldini&Castoldi ha recentemente pubblicato:“Il mito dell’amorefatale”.

Conquistare,assoggettare,schiavi d’amore:tutta la terminologiache percorre lastoria dell’umanitàe dell'amoreassoluto è unvocabolario diguerra. Amore civile: una bibliografia

Enrichetta Buchli, Il mito dell’amore fatale,Baldini Castoldi Dalai, Milano 2006

D.De Rougemont, L’amore e l’occidente, tr. it.Rizzoli, Milano 1993

M.Hurni, G.Stoll-Simona, L’odio dell’amore.Le perversioni nelle relazioni umane,tr.it.L’Harmattan Italia, Torino 1998

S. Filippini, Relazioni perverse. La violenzapsicologica nella coppia, Franco Angeli, Milano2006

AAVV, I generi della violenza, Franco Angeli,Milano 2008

S.Mitchell, L’amore può durare?,Tr. it. Cortina,Milano 2003

P.C.Racamier, Incesto e incestuale, tr.it. FrancoAngeli, Milano 2003

M.Benasayag, G.Schmit, L’epoca delle passionitristi, tr.it. Feltrinelli, Milano 2004

Giddens, La trasformazione dell’intimità, tr.it. IlMulino, Bologna, 1995

Z.Bauman, Amore liquido, tr.it. Laterza, Bari2004

U.Beck, E.Beck-Gernsheim, Il normale caosdell’amore, Bollati Boringhieri, Torino 1996

M.T. Giannelli, Comunicare in modo etico,Cortina, Milano 2007

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MARCO [email protected]

Amore civile è il tentativo di “tenere tutto in-sieme”, di non occuparsi solo di una questio-ne particolare, come è stato fatto in questi an-ni, quando è stata ridotta tutta la questionedelle “famiglie” a una sorta di “rappresentan-za di interessi particolari”.

Fagioli ha parlato dell’identità sessuale, quasidicendoci: “non esiste un’identità sessuale”.E’ un’idea importante, che dobbiamo tenerepresente come risultato possibile in una so-cietà dove lo Stato è completamente neutralenei confronti delle scelte di vita e di sessuali-tà, rendendo superfluo cercare la propria

identità nel comportamento sessuale. Oggiperò delle discriminazioni ci sono, e vannosuperate non certo riducendo il problema aquello di minoranze che più fanno sentire lapropria voce e meglio riusciranno a elimina-re la propria specifica discriminazione. Que-sto schema ha fallito. Non è più nemmenovero per il mondo del lavoro, dove il lavorato-re non definisce più la propria identità nel-l’essere tale, né il “padrone” nell’essere “padro-

ne”, ma sono tutti al tempo stesso produtto-ri, lavoratori, consumatori. Ancora meno ve-ro è perciò quando è in gioco un insiememolto più complesso di interessi, quell’”amo-re civile” dove la libertà sessuale, la libertà nelmettere su una famiglia, la non discrimina-zione nell’accesso al lavoro riguardano sia la

“questione femminile” che la “questioneomosessuale”.

Occuparsene significa occuparsi di realtà so-ciali assolutamente maggioritarie, andandooltre la della difesa di una minoranza. Esiste,certo, un problema di discriminazione, cheva affrontato. Lo ricordava Bruno de Filippis:discriminazione dei figli nati fuori dal matri-monio, di un’unione rispetto all’altra, di unsesso rispetto all’altro. E’ difficile “chiamare araccolta” sui singoli temi, perché è difficile“chiamare” in termini di comunicazione, ed èanche difficile “raccogliere”, cioè dare unostrumento, uno sbocco politico ai diversi in-teressi in gioco. Va recuperata la radicalità del-lo scontro, perchè nei due anni di dibattito su“DICO e dintorni” si è persa di vista la que-stione epocale: quella della famiglia e delle fa-miglie. La natura umana è anche storia, ecambia con la storia dei rapporti sessuali, deirapporti di famiglia. Siamo arrivati a un tem-po in cui non c’è più un legame obbligato trasesso-amore-riproduzione-convivenza.

Stiamo facendo una battaglia che non riguar-da una minoranza, ma la stessa antropologia,il 100% delle libertà sessuali, di convivenza,di amicizia, di rapporti produttivi, persino dipolitiche abitative. Le nuove tecnologie sullafecondazione assistita, sugli anticoncezionaliseparano nessi obbligati tra sesso, amore,convivenza, lavoro. Tutto ciò sta già accaden-do indipendentemente dalle leggi. Il nostroproblema è allora quello di salvare il valoredelle leggi e della democrazia, perché quan-do le leggi e la democrazia corrispondono co-sì poco a una realtà sociale, la possono in par-te bloccare, producendo danni enormi sullepersone, ma il danno lo subisce la legge stes-sa. Lo Stato di diritto diventa una cosa chefunziona sempre di meno, ha un ruolo sem-pre meno importante ad aiutare in positivo lescelte individuali.

Ripartiamo attraverso la proposta legislativa,per l’eliminazione di ogni discriminazione dicomportamenti sessuali e familiari. Ripropo-niamo la radicalità di questo scontro in tuttala sua chiarezza, poi ci possono essere com-promessi. Ripartiamo anche dalla questionetransnazionale, perché la dove ci sembra chenon ci sia più nulla da fare nel nostro Paesepossiamo riferirci alla libera circolazione del-le persone all’interno dell’Unione Europea.

Dovremmo anche cercare di recuperare chie-dere una mano al mondo dell’arte, della cul-tura, del cinema, della canzone. Ho sentito a

Radio Radicale un dibattito nel quale Gian-franco Fini si diceva apertamente in disaccor-do con gli altri oratori (Aznar e Casini) sulSessantotto. Fini aveva detto che le ragioni del’68 erano di per sé positive.. Amore civile puòessere appuntamento annuale non solo di di-battito, ma anche un “Festival dell’amore ci-

vile”, per recuperare quello che ormai non siosa più fare (perché troppa è stata la burocra-tizzazione, la strumentalizzazione, il confor-mismo di regime delle corporazioni anche sulpiano culturale, a partire dai concerti del Pri-mo maggio). Dovremmo riprovare a chiede-re aiuto al mondo dell’arte per raccontare checosa significa l’”amore civile”, per raccoglierela sfida rispetto a chi fa bandiera ideologicadella famiglia tradizionale.

L’altro strumento del quale dobbiamo dispor-re riguarda la forma-partito, l’organizzazionepolitica. Come Associazione Luca Coscioniabbiamo cercato di farlo a partire da quelmotto “Dal corpo dei malati al cuore dellapolitica”. Oggi esiste la possibilità tecnologi-ca di collegare persone e iniziative. Intorno auna grande idea di fondo sulla libertà e re-sponsabilità, c’è finalmente la possibilità tec-

nologica di “tenere assieme”, di connetterel’impegno su fronti diversi: le scelte di auto-determinazione sulla salute e la libertà di cu-ra, l’eutanasia, il testamento biologico, la fe-condazione assistita, le scelte di sessualità, difamiglia.

Abbiamo la necessità di recuperare un radi-camento nella società su queste battaglie, sen-za avere la pretesa di dire “io sono rappresen-tante dei malati di questa malattia, o delledonne, o degli omosessuali,...”. Questa im-postazione è stata una delle ragioni dei falli-menti recenti. Nonostante la società e le tec-nologie andassero verso una direzione, siamostati incapaci nel nostro Paese – al contrariodi altri - di realizzare riforme di libertà. Nonvoglio con questo dire che la “rappresentanza”non serva più a nulla, che non ci sia bisognodi difendere anche sindacalmente i diritti del-la persona omosessuale discriminata in quan-to omosessuale. E’ importantissimo farlo, sul-la questione del matrimonio e su tutte le altrealle quali Bruno de Filippis sta cercando didare una sistematicità giuridica. Dobbiamolavorarci, senza però illuderci che i rappresen-tanti, le corporazioni, i partiti vanno poi a“mediare” in Parlamento. La vecchia idea del-la “cinghia di trasmissione” - in base alla qua-le c’è un problema sociale, c’è chi si batte per

il problema sociale, poi c’è il rappresentantedel problema sociale nel sindacato e poi c’è ilrappresentante del problema sociale in Parla-mento - è un’idea perdente. Dobbiamo ripar-tire dai casi individuali: così come “dal corpodei malati al cuore della politica”, bisognapartire “dal corpo, dalla carne e dall’amore”delle persone. Oggi serve un nuovo modellodi associazione “aperta”, che raccoglie anchela sfida del caso individuale, cercando di fare

“massa critica” di singoli problemi senza pre-tese di omogeneità “ideologica”. Ciò non ob-bliga a fare tutti le stesse battaglie, ma pone lasfida di non essere settari sul piano delloschieramento, sul singolo problema, e aprir-si il più possibile ai problemi degli altri.

In questo senso l’amore civile può essere mol-to di più di un appuntamento di convegno,può essere il luogo dove si aggancia il pacchet-to legislativo della riforma del diritto di fami-glia con l’azione di associazioni, storie e per-sone che mantengono tutta la loro identità epeculiarità.

Un esempio concreto è il portale “SoccorsoCivile” dell’Associazione Luca Coscioni, do-ve forniamo questo servizio: un tuo parenteha bisogno dell’eutanasia? Noi ti spieghiamocome andare in Svizzera per l’eutanasia, op-pure come ottenere legalmente in Italia la so-spensione delle terapie (come ha fatto Pier-giorgio Welby dopo tre mesi di lotta conl’aiuto di giuristi, di avvocati, di medici); op-pure spieghiamo come ottenere la cannabisterapeutica per malati. Ora abbiamo inseritola questione di cui parlava Bilotti: la registra-zione delle unioni civili.

L’altro strumento che ci prepariamo ad usareè quello dell’iniziativa popolare, sulla questio-ne delle non discriminazione nei servizi pub-blici e sociali nei confronti delle unioni di fat-to e quindi anche delle unioni omosessuali.Vogliamo utilizzare la democrazia diretta,l’iniziativa popolare per mettere in rete nelsingolo comune il singolo problema, la sin-gola persona. Proviamo a collegare tutto questo, a unire leforze delle persone che hanno intelligenza epassione da dedicare a queste libertà, a creareil movimento dell’amore civile.

“Amore civile” in movimentoL’INIZIATIVA POLITICA

IIIINTERVENTI AL CONVEGNO

“Soccorso civile”sulle unioni di fatto:così come “dalcorpo dei malati alcuore dellapolitica”, bisognapartire “dal corpo,dalla carne edall’amore”

Le discriminazionivanno superatefacendo “causacomune” tra idiversi interessidelle diverse“minoranze”, peruna battaglaantropologica cheriguarda il 100%dei cittadini

Dovremmo provare a chiedereaiuto al mondodell’arte per raccontare che cosa significal’“amore civile”

Marco CappatoEurodeputato radicale, Segretario dell’Associazione LucaCoscioni

Riforma del diritto di famiglia, Festival dell’amore civile, democrazia diretta: le nuove libertà NON sono soltanto questioni di “minoranze”

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IV AMORE CIVILE

BRUNO DE FILIPPIS

C’è un romanzo, “La cattedrale del mare” diIldefonso Falcones, un avvocato spagnoloche si è molto documentato sulla storia deisecoli passati. Egli utilizza una bella immagi-ne: nel XIV secolo, quando Barcellona eraminacciata, le campane suonavano e la gen-te accorreva. Questa immagine la prendo inprestito. Campane che suonano per chiama-re a raccolta i cittadini, quando vi è qualcosadi inaccettabile. Trasferiamoci nel 1968, allorché vigeva unalegge che puniva l’adulterio della donna conil carcere. L’uomo, invece, era punito solo ilconcubinato. Intervenne la Corte Costitu-zionale e abrogò questa norma. Ci aspette-remmo che tutti, all’epoca, fossero d’accor-do e anzi fossero lieti dell’eliminazione di unatale ingiustizia. Ho invece di recente seguitouna trasmissione Rai intitolata: “Le voci del

1968”, nella quale si riportava il commentodi un politico, un giornalista ed uno studio-so a questa abrogazione e il commento eranegativo. Essi s’indignavano per tale decisio-ne, richiamando una vignetta apparsa su diun giornale, che rappresentava un carabinie-re nell’atto di scoprire due amanti e dire loro:“In nome della legge… continuate”. Costo-ro volevano che il diritto penale continuassea perseguire l’adultera e il suo compagno. Es-si dimenticavano che l’adulterio era comun-que sanzionato civilmente oppure ciò, per lo-ro, non bastava: volevano il carcere per gli“adulteri”. Tale reazione sembra incredibile,ma c’è dell’altro. Nel ‘75 è stata realizzata la riforma del dirit-to di famiglia, la quale, pur non eliminandotutte le ingiustizie, ha posto termine ad alcu-

ne di esse. Dopo la riforma, il marito non erapiù “il capo”, ma tutti erano uguali, i figlierano tutti uguali sia se nati fuori che dentroil matrimonio. Nulla di più giusto e inoppu-gnabile. C’è tuttavia chi non è d’accordo eaddirittura vi è una sentenza (tribunale diModena, 19 aprile 1991), in cui si dice chein un giudizio di separazione necessariamen-te soccombenti sono i figli, i quali non posso-no difendersi contro “il sopruso della legge edello Stato”. Leggo testualmente: “sembrainfatti che questo nuovo tipo di uomo mo-derno sia tanto sazio e tanto disperato da as-sumere, come il comportamento dei prota-gonisti della presente causa e di tante altre, ecome associato comportamenti come quelliche derivano dalla riforma del diritto di fa-miglia , comportamenti di tale egolatria danon rispettare nemmeno le regole naturaliproprie degli stessi altri animali che sono interra”. La riforma che pone fine alle ingiustizie vie-ne definita come comportamento che nonrispetta le regole naturali! La mia campanasuona per dire: chi è d’accordo con questamotivazione non venga qui, chi la ritiene in-credibile invece accorra. La cosa incredibile, a mio avviso, è che qual-cuno possa non essere d’accordo e non plau-dire dinanzi al fatto che i figli, con la riformadel diritto di famiglia, siano finalmente dive-nuti tutti uguali.Gli esempi che possono farsi sono tanti. In una rivista del 1974, in un’epoca in cui ifigli adulterini non potevano essere ricono-sciuti e, quindi, per legge non potevano ave-re un padre (la riforma del diritto di famigliaha eliminato questa assurdità) un autore af-fermava che la categoria dei figli adulteriniera espressione dell’interesse sociale di difesadell’istituzione del matrimonio “contro laprevaricazione e la sfida dell’adulterio”.Vi era quindi allora e forse vi è ancora ades-so, chi pensa che i figli nati in questa situa-zione non debbano avere diritti. Chi la pen-sa in questo modo, per me è nemico della ci-viltà e del progresso giuridico. Si sono fatti dei passi avanti dal 1948, epocain cui una sentenza del tribunale di Ferrara,dovendo decidere a chi affidare i figli in se-guito ad una separazione, disse semplice-mente che i figli dovevano essere affidati allamadre “perché religiosissima” e non al padreperché “ateo perfetto”.Da allora per fortuna il diritto di famiglia hafatto dei passi in avanti. Facciamone ancora.La riforma ha detto che la famiglia è una so-cietà tra uguali, come già affermava la Costi-tuzione, mentre il codice civile, fino al 1975,diceva che il marito è il capo della famiglia eaffermava la vigenza della potestà maritale.Oggi la completa uguaglianza ancora nonc’è. Basta pensare alla disciplina del cogno-me dei figli. Elaboriamo un progetto che fi-nalmente svecchi tutto.Nel nostro diritto c’è ancora l’influenza di Ip-pocrate, vissuto nel quattrocento avanti Cri-sto. L’attuale art. 232 del codice civile stabi-lisce se il figlio è nato dentro o fuori il matri-monio, e quindi è legittimo o meno, in basea presunzioni che risalgono alla scienza me-dica di Ippocrate. Oggi abbiamo altri meto-di, ma il problema non è questo. La presen-za di Ippocrate nel codice del 2000 può co-stituire solo una curiosità. Il guaio è che questa trasmissione pedissequadelle regole del passato conduce a violazionidi diritti fondamentali. Ad esempio, abbia-mo una norma come il 147 del codice civile,

la quale stabilisce i diritti dei figli nei con-fronti dei genitori. Questa norma, invece diessere collocata nel capitolo relativo alla filia-zione, si trova nel capitolo matrimonio. Abbiamo un sistema che è stato tramandatodal diritto canonico, perché tutto il diritto difamiglia deriva dal diritto canonico. Il siste-ma si è perpetuato comprimendo il diritto dimolte persone, ad esempio, i diritti degliomosessuali. Come si è detto, in passato laCostituzione affermava che marito e mogliesono uguali, mentre il codice civile dicevache il marito è il capo famiglia. La situazioneè ora analoga sotto un altro aspetto: mentrel’articolo 3 della Costituzione dice che tutti icittadini sono uguali senza nessuna discrimi-nazione, vi sono chiare discriminazioni nei

confronti degli omosessuali.Queste discriminazioni non si giustificano,anche per il contenuto dell’art. 2 della me-desima Carta Costituzionale, la quale affer-

ma il diritto di realizzare la propria persona-lità. Non si comprende perché gli eteroses-suali possono realizzarsi tramite un rapportodi coppia e gli omosessuali no.Dire che questi ultimi possono realizzarsi tra-mite un rapporto con un nome diverso dalmatrimonio sarebbe un buon compromes-so, ma neanche ciò è, secondo l’ordinamen-to vigente, possibile. Tutto il retaggio del passato è foriero di di-scriminazioni.

Si deve concludere che abbiamo un diritto difamiglia tramandatoci dal passato e dal dirit-to canonico. Ora che siamo in Europa, nonpassa giorno che non arrivino raccomanda-zioni aventi ad oggetto svariati aspetti del di-ritto di famiglia, che puntualmente ignoria-mo. L’Europa ci invita a elaborare un diritto di fa-miglia più moderno e noi invece conservia-mo quello vigente, e abbiamo suggestioni ditipo medievale, desiderando imitare Paesi neiquali l’influenza della religione è ancora mag-giore. Ovviamente c’è molto altro da dire, ad esem-pio sulla legge sul divorzio che è estrema-mente punitiva per chi vuole divorziare e re-clama di essere semplificata, e su numerosi

altri aspetti del diritto in tema di rapporti fa-miliari, procreazione e violenza intrafamilia-re.

***Si è capito che se le truppe sparse della pro-creazione assistita si recano a combattere unabattaglia, gli omosessuali a combatterneun’altra, etc. sono considerate tutte battagliedi categorie, espressione di interessi e, spes-so, risultano purtroppo battaglie perdenti.Se invece vi è un progetto complessivo, ingrado di unire e di motivare, la situazionecambia. Questa iniziativa deve essere un’ini-ziativa con la “I” maiuscola; o si fa un grandeprogetto o niente.Non si può coltivare l’idea di riformare il di-ritto di famiglia come se fosse una delle tan-te proposte in campo. Per le implicazioni chela riforma ha, le ricadute su ogni aspetto del-la vita civile e politica, essa deve avere unaforte, se non assoluta, priorità. Il progetto non sarà un “pacchetto di propo-ste di legge”, ma una riscrittura del libro IIdel codice.Non si tratta, ad esempio, di presentare unaproposta di legge sull’adozione, ma della ri-scrittura di tutto il capitolo sulla filiazione,dentro la quale deve essere inserita la disci-plina dell’adozione.Il primo articolo di questa materia deve direche “Tutti i figli sono uguali e hanno gli stes-si diritti a prescindere di come siano nati”, ilsecondo articolo deve precisare quali sonoquesti diritti.Per quanto concerne le “linee guida” delnuovo diritto di famiglia, penso che esso do-vrebbe basato sui punti che seguono, comin-ciando dall’istituto matrimoniale. Il matrimonio dovrebbe essere costruito inmodo di realizzare una pluralità di figure,aventi tutte pari dignità, idonee a far stare in-sieme le persone in un rapporto di tipo fami-liare. Nel capitolo matrimonio dovrebbe esservi ilmatrimonio tradizionale (possono esservimotivi per abrogare il matrimonio concor-datario o gli accordi che sono stati fatti nel1984 da Craxi, ma non per abolire la figuradel matrimonio tradizionale), ma accanto ad

Riforma radicale per un dirittoinfluenzato ancora da Ippocrate

PER LA RIFORMA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA

Bruno De Filippisgiurista esperto di diritto di famiglia

La riforma del 1975ha detto che lafamiglia è unasocietà tra uguali,come giàaffermava laCostituzione,mentre il codicecivile, fino ad allora,diceva che il maritoè il capo dellafamiglia edaffermava lavigenza dellapotestà maritale.

Il guaio è che nelnostro diritto latrasmissionepedissequa delleregole del passatoconduce aviolazioni di dirittifondamentali.Anche per questol’Europa ci invita adelaborare un dirittodi famiglia piùmoderno

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DIEGO SABATINELLI

Il 12 maggio del 1974 gli italiani approvava-no con un referendum la legge sul divorzio;nel 1987 viene introdotto il divorzio su ri-chiesta congiunta e si abbrevia il tempo in-tercorrente dalla separazione dei coniugi al-l’ottenimento del divorzio, portandolo a 3anni. Sono passati oltre 20 anni da questoprovvedimento e la situazione in Italia è deci-samente cambiata. Non è più in discussionesolo la durata della separazione, ma la neces-sità stessa del giudizio di separazione, inutileduplicazione che comporta, per ognuno deigiudizi, tre possibili gradi. Un iter che non la-scia al cittadino la libertà di scegliere di acce-

dere immediatamente al giudizio di divorzio,che riteniamo contenga già in sé i tempi diriflessione e di pausa necessari ad una valuta-zione da parte della coppia.

Ma cosa ci dicono i dati? Che una modificadella legge coinvolgerà migliaia di cittadiniitaliani è di tutta evidenza, i divorzi sono increscita in questi ultimi 10 anni, così come leseparazioni. I primi sono aumentati del 74%,le seconde del 57,3%; addirittura negli ulti-mi anni l’aumento in percentuale è sensibi-le: solo tra il 2005 e il 2006 i divorzi sono au-mentati del 25%, e solo una piccola parte deidivorzi ha rispettato i tempi, i tre anni neces-sari di separazione, nel 37% dei casi si supe-rano i 4 anni. Al 2006 ci vogliono 670 gior-ni, in media, per concludere un divorzio giu-diziale e ben 130 per un divorzio congiunto,

che non dovrebbe avere eccessive discussio-ni.Ma poi ci sono picchi: si raggiungono tran-quillamente i 10 anni. Picchi che hannospinto magistrati come Francesco Greco,procuratore aggiunto di Milano, a sentenzia-re che in Italia si fa prima ad uccidere il co-niuge piuttosto che a divorziare. E ultima,ma non ultima, la parcella per gli avvocati:un giro d’affari che è stato stimato dalla stam-pa, ma sembra per difetto, tra i 500 milioni eil miliardo di euro l’anno. Nel resto d’Euro-pa, a parte le cattoliche Irlanda e Polonia, e aMalta dove sono ammessi solo i divorzi regi-strati in altri paesi, si sono adottate legislazio-ni che tendono a ridurre al massimo i tempi

per ottenere lo scioglimento del matrimonioe i costi per ottenerlo.

Obbiettivo della Lega italiana per il divorziobreve è quello di valorizzare la volontà e la re-sponsabilità dei singoli attraverso l’elimina-zione della procedura della separazione, ma-gari inserendo al suo posto un passaggio dimediazione familiare, o un breve iter giudi-ziario con funzione “riconciliativa”, al termi-ne del quale si può accedere direttamente aldivorzio. Eliminare comunque la proceduradella separazione in caso di accordo tra co-niugi sulle condizioni che li riguardano. Ri-ducendo in questo modo il carico di lavorogravante sulla giustizia civile ed i costi per leparti coinvolte. Però è necessario fare i conticon una realtà politica che vede i vari tentati-vi intrapresi nelle passate legislature non riu-

scire a concludersi in modo positivo perun’opposizione a tutto campo della Gerar-chia della Chiesa cattolica che, intervenendodirettamente nel dibattito politico, ha criti-cato questa presunta minaccia alla famiglia.Nella legislatura appena conclusa il tentativodi rivedere la legge sul divorzio aveva fatto deipassi avanti significativi: una volta licenziatoil testo base nella II Commissione –giustizia-del Senato, la possibilità che approdasse inAula un testo condiviso era molto alta. Pur-troppo la fine anticipata della legislatura haimpedito che ciò accadesse.

Non abbiamo ancora idea di cosa possiamoaspettarci da questo nuovo Parlamento. E’necessario che si ripeta quello che avvennenella scorsa legislatura, giungere ad una pro-posta condivisa trasversalmente agli schiera-menti, che possa ottenere una maggioranzaparlamentare. Quindi il nostro lavoro deveessere in queste settimane, in questi mesi,quello di raggiungere tra opposizione e mag-gioranza la condivisione di una proposta cheveda il Parlamento farsi carico di questa ur-genza sentita da molti cittadini che sono or-mai da troppo tempo in attesa di rifarsi unavita, di normalizzare i propri rapporti ed irapporti con i propri familiari. All’interrogativo: se provare a creare unamaggioranza trasversale, anche se su un testonon del tutto adeguato, e intanto porre rime-dio a situazioni difficili; o affrontare il giudi-zio parlamentare con una riforma radicaledella legge, non sembrerebbe esserci altra viache un tentativo di mediazione. Il tutto peròse è inserito in una riforma complessiva deldiritto di famiglia che comporta una seried’interventi che con il tempo possono atte-nuare l’inadeguatezza di quelle proposte chefin’ora hanno ottenuto maggior successo. In-somma, solo una globale riforma del dirittodi famiglia, come fu nel ’75, può in realtà da-re un respiro più ampio alla nostra battaglia,e quindi su questo non possiamo che contri-buire con la necessaria energia.

@pprofondisciIl sito della Lega italiana per il Divorzio Breve: www.divorziobreve.it

esso dovranno essere previste ipotesi alterna-tive, del tipo Pacs o Di.Co.. Devono esservipossibilità aperte all’autonomia privata, nelsenso che persone le quali vogliano sceglieremodelli diversi siano libere di farlo.Queste figure devono essere aperte a tutte lepersone senza nessuna distinzione. Una vol-ta che sono stati indicati il matrimonio e lepossibilità di unione familiare alternative adesso, non è giusto dire ad alcun cittadino chenon può accedervi, per qualsiasi ragione, op-pure che, per la sua “diversità”, può accederesolo ad una di esse e non alle altre.Per la separazione e il divorzio devono esser-vi due obiettivi fondamentali. Il primo deveessere quello di abolire la necessità di un dop-pio giudizio, perché questa è una singolaritàdell’ordinamento italiano, frutto di un’otticadissuasiva, se non apertamente punitiva. La “ratio” dell’esistenza di un doppio giudi-zio per pervenire ad un unico risultato è lastessa che intende impedire, pur in un ordi-namento che ammette l’interruzione della

gravidanza, l’uso della “pillola del giorno do-po”. Vale a dire si vuol rendere più gravosol’accesso all’istituto, perché le persone sianoindotte a meditare e possano rendersi contodella gravità del problema. L’ottica dissuasi-va, in tema di divorzio, opera raddoppiandoi tempi e i costi del processo. Anche in que-sto settore l’Italia deve adeguarsi agli standarseuropei. E’ poi necessario, nella separazionee nel divorzio, l’intervento della mediazionefamiliare. Dei tribunali, dei giudici c’è biso-gno, ma sullo sfondo, nel caso in cui le perso-ne non riescano a trovare da sole una solu-zione con l’aiuto della mediazione. Conun’immagine già altre volte richiamata, sipuò dire che attuare giudizi di divorzio o diseparazione senza la mediazione familiare ècome effettuare interventi chirurgici senzaanestesia. Si tratta di un’incomprensione del-la situazione e della sofferenza delle personecoinvolte, che bisogna eliminare. Deve poi essere previsto il capitolo relativo afecondazione assistita, aborto e clonazione

terapeutica. Proposte già elaborate su questiargomenti devono entrare nel codice, cosìcome deve entrarvi l’interruzione della gra-vidanza. Il codice è una somma di leggi cherappresenta tutto quello che c’è in quella de-terminata materia, in quel determinato argo-mento. Sul codice civile italiano in tema didiritto di famiglia è stata giocata questa par-tita per ragioni di carattere ideologico e nonsi è voluto che determinati istituti entrasseronel codice. Finanche il divorzio non è maientrato nel codice, è rimasto come legge spe-ciale. Il divorzio deve essere invece inseritonel codice civile, dove è giusto che sia, comedeve essere inserita nel codice la legislazionespeciale relativa alla procreazione assistita.Questo inserimento deve avvenire nel capi-tolo dedicato alla filiazione, perché la PMA èuno dei modi in cui è giusto che si possanoavere dei figli e si possano avere figli sani.Analogamente deve entrare nel codice la leg-ge sull’interruzione della gravidanza.Si è più volte accennato al discorso dei figli

legittimi e naturali, al fatto che oggi sonosoggetti a sperequazioni. In ragione di ciò,uno degli obiettivi di fondo, dell’ossatura delnuovo diritto di famiglia, deve essere il di-scorso della parità dei figli, comunque essisiano nati. La parità tra uomo e donna devediventare totale. Ancora oggi c’è la questionedel cognome della moglie e dei figli, che al-cuni ritengono marginale, ma invece è un se-gno del non definitivo riconoscimento dellaparità. Per le successioni dovrebbe essere pre-vista una maggiore libertà. L’argomento del-le successioni è unito a quello della famigliaper effetto degli obblighi previsti per la suc-cessione legittima. La legge si adegua alla tra-dizione secondo cui il patrimonio familiarenon deve mai uscire, se non in piccola parte,dalla famiglia. Il testatore non è libero diprovvedere diversamente, quali che siano irapporti che egli ha con i suoi familiari. An-che questo è un argomento da discutere e daverificare.

Divorziare stanca. Una riforma per abbreviare l’iter.

LEGA PER IL DIVORZIO BREVE

VINTERVENTI AL CONVEGNO

Obbiettivo dellaLega italiana per il divorzio breveè quello divalorizzare lavolontà e laresponsabilità deisingoli attraversol’eliminazione dellaprocedura dellaseparazione.

Diego SabatinelliSegretario Lega italiana per il Divorzio Breve

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VI AMORE CIVILE

PIERGIORGIO DONATELLI

Possiamo affrontare la sfera degli affetti, dei le-gami personali e della sessualità da varie pro-spettive. Un’idea che vorrei suggerire è che, maicome in questa sfera, ciò che ci appare di voltain volta naturale, essenziale, costituivo della na-tura umana è invece l’esito complicato di pro-cessi di sviluppo storico, di consolidamento dipratiche, percezioni, sentimenti. Credo che siautile tenere presente la varietà ampia di coseche gli esseri umani hanno fatto della loro ca-pacità di legame, di affetto, di esperienza ses-suale, per allargare la nostra visione, per supe-rare una certa ottusità e una mancanza di im-maginazione che può stringere i nostri pensie-

ri e i nostri sentimenti. In questo senso è utilefare una ragionevole decostruzione dei nostriaffetti.Dobbiamo nutrire il nostro senso della giusti-zia e della simpatia umana con l’immaginazio-ne e riuscire a inventare modi nuovi e ineditidi vivere, di sperimentare la vita. In questo sen-so Mill diceva che una buona società consentedi fare una molteplicità di esperimenti di vita,da cui imparare per migliorare e trasformarsi,personalmente e come collettività. Ora misembra che le sfere dell’intimità, quelle dei le-gami e della sessualità, siano invece aree diesperienza in cui spesso gli esseri umani han-no cercato di imbrigliare le possibilità di speri-mentazione. Proverei a vedere con voi i modi

diversi in cui queste sfere sono state messe alcentro della considerazione delle società uma-ne e degli individui. Voglio proporre questaidea: nei modi specifici in cui gli affetti umanisono stati imbrigliati, plasmati sotto l’effetto diinteressi diversi da quelli della formazione li-bera della propria soggettività, gli esseri umanihanno trovato e direi possono ancora trovare imodi di rispondere criticamente per affermarese stessi. Ora credo che sia interessante vederela varietà di modi in cui gli affetti e l’intimitàumana sono stati plasmati.Un primo asse da seguire è chiaramente quel-lo del diritto e dell’economia, in particolarecon l’idea che al centro della società ci sono gliuomini, mariti e padri, e quindi l’idea del pa-triarcato. Questa è forse la storia di più lungadurata perché, se pensiamo ai cambiamenti

enormi che sono intercorsi tra le società classi-che, in Grecia e a Roma, e le società europeecristianizzate, oltre alle trasformazioni internea queste stesse società, ebbene l’elemento dicontinuità principale è proprio nel ruolo di do-minio, giuridico ed economico, del maschiosulla donna. Dal punto di vista della storia deldiritto e dell’economia i cambiamenti centra-li sono davvero molto recenti, a partire dagli

anni Cinquanta dello scorso secolo, e riguar-dano il ruolo occupazionale della donna che èandato imponendosi in modo significativo inalcune società e le parità dal punto di vista giu-ridico che sono state guadagnate. In alcune so-cietà, come quelle scandinave, il nuovo ruolooccupazionale delle donne, la parità nei dirittie un intelligente welfare, hanno prodotto unaparificazione nei fatti tra uomo e donna, una

“Famiglia”: una, nessuna, centomila

UNA RAGIONEVOLE DECOSTRUZIONE DEGLI AFFETTI

Piergiorgio DonatelliDocente di Bioetica all’Università di Roma “La Sapienza”

Pensare ai legamiprivati come formedi amicizia, con leidee di eguaglianzama anche con ilcarattereesplorativo eaperto che esseportano con sé, misembra checontenga unapotenzialità positivanei confronti dellatrasformazionedella società nelsuo complesso.

Stencil / Melfeasance

Nelle sfere dei legami affettivi, dell’intimità e della sessualità l’uomo, storicamente,ha “sperimentato”. Una “buona società” gli deve consentire di poterlo fare ancora.

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erosione dell’asimmetria non solo culturale maanche biologica insita sia nel collegamento trasessualità e procreazione sia nella stessa capaci-tà procreativa della donna. Con una adeguatacultura sessuale e con l’aiuto intelligente delloStato alle donne in gravidanza, in modo danon favorire una dipendenza dagli aiuti stata-li, è possibile erodere l’asimmetria e generareun’eguaglianza, cioè una liberazione delle don-ne dal bisogno del maschio, che è la caratteri-stica di lunga durata della storia della sessuali-tà e dei generi. In questa linea possiamo fare anche la storiadella famiglia. Le rivendicazioni di diritti delledonne, la rivendicazione dei diritti di nuove fa-miglie gay, la rivendicazione di avere la possibi-lità di fare bambini innanzitutto come donnee non come mogli di qualcuno (come è scrittoinvece nella Legge 40) o di crescere i figli in-nanzitutto come persone singole o in coppia,responsabili e desiderose di maternità e di pa-ternità, indipendentemente dalla continuitàbiologica o dall’orientamento sessuale – que-ste rivendicazioni appartengono a questa sto-ria, come un rovesciamento, una critica inter-na a questo modo di vedere giuridico ed eco-nomico della sfera degli affetti. La democraziache entra nella famiglia – un’idea difesa congrande forza già da Mill negli anni Cinquantadell’Ottocento e riproposta da Giddens –,l’amore e la sessualità e la procreazione che di-ventano civili, sono idee che appartengono al-

la storia giuridica ed economica della sessuali-tà. Potremmo porre la questione in questo mo-do: la ricerca umana della felicità è stata imbri-gliata con gli strumenti del diritto che ha co-dificato un certo tipo di famiglia eterosessualegerarchica e discriminatoria; dall’interno delmondo del diritto con il tipo di universalitàche gli appartiene, le persone hanno rivendi-cato nuovi diritti, altri diritti, e hanno rovescia-to questa costruzione con le tappe che cono-sciamo, con i diritti della donna, dei figli, conil nuovo diritto di famiglia e ora fuori dal no-stro paese con il matrimonio gay e con le altrelegiferazioni che sono andate in questa direzio-ne. Questo mi sembra un primo asse di spiega-zione dei cambiamenti che sono intervenuti.Un altro asse di spiegazione è quello della per-cezione dei corpi e quindi anche della sessuali-tà. La sessualità umana è tra le cose più sor-prendenti. Dovremmo evitare la via facile se-condo cui la sessualità sarebbe una sfera quasiistintuale, molto vicina alla nostra natura me-ramente biologica, rispetto alla quale si è eser-citato in modo più o meno repressivo il pote-

re della società. Non perché non vi siano statiprocessi di repressione e di liberazione. Non c’èdubbio, ad esempio, che nell’Ottocento si è re-gistrata una fase repressiva che è stata seguitanei primi decenni del Novecento da una altret-tanto incredibile atmosfera di apertura e di spe-rimentazione, in alcuni luoghi in particolare,come la Berlino di Weimar o in alcune città de-gli Stati Uniti, e a cui è seguito a sua volta unlungo periodo repressivo, realizzato in vari mo-di, attraverso le atrocità dei nazisti o con i me-todi più dolci delle democrazie. Ma la spiega-zione in termini di repressione e di liberazionenon è sufficiente, perché nasconde l’enormediversità di ciò che di volta in volta si vuole re-primere o che trova il modo di liberarsi. In re-altà, nel corso dell’umanità la sessualità è statamolte cose diverse. Possiamo fare alcuni esem-pi. La sessualità nel mondo classico è fonda-mentalmente una questione di ruolo sociale,non ha nessun carattere di intimità come ce lorappresentiamo noi ora: è legata essenzialmen-te al proprio ruolo pubblico. In questo sensoci spieghiamo la totale assenza di qualcosa cheassomigli alla nostra nozione di eterosessualitàe omosessualità nel mondo greco, ad esempio,e la concentrazione davvero molto bizzarra sul-le modalità della condotta sessuale più che sul-l’oggetto, legate a idee di mascolinità e femmi-nilità pensate in termini totalmente pubblici:cioè nei termini del contrasto tra il dominio at-tivo di sé e della città, da una parte, e la condi-zione di subordinazione e sudditanza, dall’al-tra. La sessualità dei lunghi secoli dell’Europa cri-stiana è una cosa molto diversa, legata al suocarattere generativo. Ma la stessa connessionetra sessualità e procreazione non è sufficiente aspiegare il processo che rende la sessualità gra-dualmente qualcosa di personale e di intimo ein fondo alla vicenda una vera cifra ineludibi-le della nostra identità: qualcosa di impensabi-le per i greci. Questo avviene con i controllisempre più stretti che il cristianesimo cominciaa instaurare, prima delle condotte e poi deipensieri e degli aspetti più intimi dell’immagi-nazione. Rispetto a questa storia, la medicaliz-zazione della sessualità a partire dalla metà del-l’Ottocento trasforma questa scena ma a suomodo la radicalizza e ci consegna oggetti checi sono ben presenti come gli eterosessuali e gliomosessuali. C’è un salto enorme tra il sodo-mita e l’omosessuale, tra il vizio e l’anormalitàdella propria natura che è anche però un pas-saggio di radicalità: dalla condotta viziosa e dalpeccato si passa a una cifra se vogliamo proprioindelebile, che è quella della natura medica epsichiatrica della persona. Ho voluto accennare a questa storia per sugge-rire che i materiali storici dell’Europa modernache hanno generato questo concetto di sessua-lità sono stati reimpiegati anche per opporviuna resistenza e alla fine per rovesciarne i con-tenuti. Come sappiamo, da principio l’inven-zione di categorie psichiatriche come quella diomosessualità fu vista dai primi difensori pub-blici e politici di queste condotte, come il mo-vimento contro l’abolizione del paragrafo 175del codice tedesco che sanciva l’interdizionedei diritti civili per atti omosessuali, fu vista dacostoro (Kertbeny, Hirschfeld) come unachance di cambiamento. Ma la resistenza e sevogliamo il rovesciamento è stato operato soloin seguito nei decenni più vicini a noi, con la li-berazione sessuale che ci ha consegnato l’ideadi identità sessuale: gay, lesbica, transgender. Equindi non più l’omosessuale, questa parolaavvolta da tutta la sua diabolica maestosità, co-me scrive Edmund White nella sua autobio-grafia, ma le persone gay e tutte le altre identi-tà in via di definizione. L’idea di avere unaidentità di cui essere orgogliosi, una identitàche è la trama del proprio essere e che si situaquindi sul confine tra la natura e la cultura, mache è al contempo l’esito tutto culturale, socia-le e politico dei movimenti di liberazione chel’hanno prodotta e delle società democraticheche l’hanno accolta, è la risposta, il rovescia-mento, la resistenza alla creazione di una iden-tità malata nel sesso, la risposta che afferma unaidentità che è invece il coronamento felice del

proprio io. Ma c’è ancora un asse lungo il quale possiamoesaminare la sfera dei legami personali e dellasessualità. Questa in effetti è stata non solo unastoria giuridico-economica e una storia di cor-pi ma è stata anche una storia di governo dellesocietà. La famiglia diventa a un certo momen-to un ganglio fondamentale nel governo dellepersone. Il concetto di famiglia, che molti an-cora nella nostra società chiamano naturale eche in larga parte non corrisponde più alla vi-ta reale delle persone, la famiglia borghese, pa-dre madre figli tutti sotto lo stesso tetto, orga-nizzata secondo un’etica familiare, questa fa-miglia è figlia anche dell’interesse dei governiper la società. L’interesse e il controllo dei go-verni della salute, della sessualità, delle condot-te private potenzialmente pericolose, ha comepunto di appoggio la famiglia, diciamo a par-tire dal XVIII secolo. Rispetto alle altre duestorie a cui ho accennato, questa è la storia piùrecente, la storia delle società industriali, bor-ghesi, che si strutturano attorno alla centralitàdi una società produttiva, commerciale e diconsumo funzionante. In questo contesto lafamiglia è lo snodo fondamentale della societàin termini di popolazione, di salute, di morali-tà pubblica. Ora quando questo fenomeno ècompiuto la famiglia si è caricata di tutti que-sti significati sociali. Il rifiuto della famiglia nonappare più come una scelta tra le altre, magaribizzarra ma niente più di questo, ma come unainsubordinazione al modello stesso della socie-tà.In questo senso possiamo leggere ancora unavolta i movimenti di liberazione come movi-menti di resistenza a questo tipo di modello. Imovimenti di liberazione femminile nell’Ot-tocento sono presi all’inizio con incredulità escherno proprio perché appaiono sovvertireuna intera etica civile, il ruolo assegnato a cia-scuno dentro la società, appaiono sovvertire lasocietà stessa. E lo stesso vale naturalmente peril movimento di liberazione gay. Ma allora pos-siamo leggere questi movimenti come formedi resistenza che hanno di mira la formulazio-ne di un modo nuovo di essere in società.Quindi ciò che è in gioco qui non è solo l’affer-mazione di sé e del proprio privato ma è in gio-co la trasformazione del modo in cui i legamipersonali contribuiscono a dare forma allo spa-zio pubblico. Una società dominata da rappor-ti personali e familiari, da concezioni della ses-sualità, che decostruiscono la cellula gerarchi-ca e claustrofobica della famiglia tradizionale eche inventano nuovi legami, nuove forme divita associata, e quindi anche nuove forme giu-ridiche – una società di questo tipo è ancheuna società diversa sotto altri aspetti del tuttoindipendenti, è una società politica economi-ca culturale diversa.Credo che i nuovi legami personali, intimi, dicoppia, sessuali, faticosamente stiano inven-tando e depositando nuove forme che mettereiin collegamento con l’idea di amicizia. L’ami-cizia come sappiamo è la forma di legame piùantica e precedente alla famiglia cioè quandola famiglia, come nel mondo classico, era inlarga parte un istituto giuridico patrimonialeche riguardava i beni tra cui vi era la prole. Oracredo che l’amicizia sia qualcosa da esplorare. Inuovi legami familiari che non vogliono adat-tarsi al concetto di matrimonio e di famigliatradizionali stanno in effetti sperimentandoforme di amicizia. Le coppie gay che vivonocome famiglie esplorano anch’esse cosa signifi-ca l’amicizia. L’amicizia è un rapporto tra parie ha un carattere esplorativo, i cui criteri nonsono tutti fissati in anticipo. Il modello del-l’amicizia mi sembra che porti con sé delle po-tenzialità trasformative anche per quanto ri-guarda lo spazio pubblico. Quando Mill ripen-sava al matrimonio proponeva il rapporto tra idue sessi come un rapporto tra amici che si sti-mano e si confrontano in una emulazione reci-proca: un rapporto che doveva educare ancheal proprio ruolo pubblico, di cittadini. Pensa-re ai legami privati come forme di amicizia,con le idee di eguaglianza ma anche con il ca-rattere esplorativo e aperto che esse portanocon sé, mi sembra che contenga una potenzia-

lità positiva nei confronti della trasformazionedella società nel suo complesso.Ho presentato tre modi diversi di leggere le tra-sformazioni che hanno riguardato le sfere degliaffetti e della sessualità, in fondo tre modi di-versi di leggere le nostre battaglie attuali. Sonobattaglie giuridico-economiche, sono battaglieper un nuovo concetto di sessualità, sono bat-taglie per inventare nuove forme di conviven-za, nuovi modi di essere se stessi nella società. Non voglio dire niente del nostro paese. Neifatti, credo, la famiglia tradizionale, la cosid-detta famiglia naturale, è in larga parte morta.In termini quantitativi le famiglie eterosessua-li riproduttive sono sempre meno e si formanoa un’età sempre più avanzata, vi sono semprepiù celibi e il tasso di fecondità totale è tra i piùbassi al mondo. Ma è un paese che ci tienemolto a non mettere in circolazione la varietàdi stili di vita che nonostante tutto stanno cre-scendo a dispetto della famiglia tradizionale,un paese che non tesaurizza questa varietà, chela nasconde. È una società sprofondata semprepiù sotto il peso gigantesco dell’ipocrisia. Ma,come sappiamo, un fenomeno peculiare èpurtroppo quello in cui i gusci vuoti di prati-che, istituzioni e significati che un tempo ave-vano una vita, i gusci di forme di vita da cui lospirito è volato via (come scrive Weber), con-tinuano a loro modo a governare le vite dellepersone. Questa mi sembra per molti aspettila condizione nel nostro paese e non è unabuona condizione.

VIIINTERVENTI AL CONVEGNO

Nel nostro paese,istituzioni esignificati che untempo avevanouna vita, i gusci diforme di vita da cuilo spirito è volatovia - come dicevaWeber -continuano agovernare le vitedelle persone.

Stencil / Melfeasance

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VIII AMORE CIVILE

ANNA MAFFEI

“Non è bene che l’uomo sia solo”. E’ la fraseche nel secondo racconto biblico della crea-zione Dio pronunciò dopo aver modellato eanimato Adamo, da Adamah, terra, l’esseretratto dalla terra.Questa storia, come tutte le storie biblichefondative, va col linguaggio del mito, al cuo-re dell’esperienza umana, dei suoi bisogniprofondi.Ecco allora che la Scrittura riconosce la com-pagnia come il bisogno umano per eccellen-za immediatamente dopo quello del cibo, del

lavoro, del luogo dove vivere, richiamati neltesto subito prima. Non è bene che l’uomosia solo. Gli farò un aiuto che gli corrispon-da, che sia adatto a lui.

“Così - dice la Scrittura – Dio formò dalla ter-ra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccel-li del cielo e li portò all’uomo perché desse lo-ro dei nomi…. Ma per l’uomo non si trovòun aiuto che fosse adatto a lui.”Il primo tentativo di Dio di dare una compa-gnia all’uomo, attraverso gli animali, dunquenon riuscì.La solitudine, disagio esistenziale profondodella creatura umana, vuoto dell’anima, nonera alleviata.

E’ così che la storia si evolve: Dio diviene ilgrande anestesista e chirurgo:

“Dio fece cadere un profondo sonno sull’uo-

mo, prese una delle costole di lui e richiuse lacarne al suo posto e con la costola che avevatolta all’uomo formò la donna”.Al risveglio l’uomo si aprì al linguaggio e allinguaggio della poesia che, come accade, na-sceva dalla sorpresa e dalla scoperta. Fu il lin-guaggio immediato del riconoscimento del-l’altra come l’essere che gli corrispondeva, inebraico anche nel nome, Ish, uomo, ishah,donna.“Questa finalmente è ossa delle mie ossa ecarne della mia carne”

Miriadi di cose sono state dette in tutte leepoche a partire da questo testo. Si è volutafondare qui la subordinazione della donna al-l’uomo, si è letta in queste righe l’origine di-vina del matrimonio monogamico… non èdi queste interpretazioni che pure sono im-portanti – ma solo per essere confutate – chevorrei parlarvi oggi.

Vorrei solo riflettere ad alta voce con voi suquesto bisogno che abbiamo dentro di com-pagnia, di relazione alla pari, di questa neces-sità di verbalizzazione perfino poetica dell’im-portanza dell’altro/a per noi, questo bisognodi corrispondenza di ossa, di carne, di pellecon l’altro/a di fronte a noi. Questa capacitàsempre nuova di stupirci dell’altro o dell’altraper il solo fatto che prima non c’era e ora c’èdi fronte a noi. Un dono inatteso.

Perché l’esistenza “di fronte” a noi (la corri-spondenza) e l’esistenza “con noi” (la compa-gnia) precedono in importanza perfino ilconcetto di aiuto reciproco.

Le prime due creature umane sono create sulpiano di assoluta parità (il concetto di corri-spondenza) perché non siano sole, e poi an-che perché si aiutino.L’essere con viene prima dell’essere per. L’esistenza dell’altro/a come mio compagno/aviene prima della sua utilità per me.

Anche la procreazione in questo raccontofondante c’è, ma viene solo molto dopo. Inquesto primo quadro, potrà stupire, ma al-l’orizzonte ancora non c’è.

E la compagnia è anche un concetto teologi-co importante. La fede ebraico cristiana credee afferma che c’è un solo Dio ma non conoscela tristezza di un Dio solo. Il Dio che nel pri-mo racconto della creazione crea parlando èl’Iddio che entra in relazione con il creato econ la creatura umana con la parola, appun-to.

Il Dio cristiano, che è in sé trinitario, radica-lizza ancor di più questa caratteristica del Dioche non è solo. Dio non è solo perché entra inrelazione, perché cerca compagnia stabilen-do un legame di amicizia con l’umano primae con un popolo specifico poi. Ma si dice dipiù: il Dio trinitario non è mai stato solo in sestesso e lo rivela nell’incarnazione quando vi-ve e conosce la “compagnia” con noi e scegliedi vivere questa compagnia fino alla più tota-le identificazione con l’umano, fino a diven-tare “uno di noi”, un compagno che ci cam-

mina al fianco. Quando Dio viene e ci incon-tra il suo nome è Emmanuele, l”Iddio connoi”. Dunque la compagnia del Dio trinita-rio è una compagnia aperta, che tende a in-cludere chi si fida, chi ha fede.

Ultima osservazione in questa sommaria car-rellata, aspetto storico di quanto appena det-to: la prima comunità cristiana era una com-pagnia di discepole e discepoli intorno, insie-

me a Gesù, il Cristo, che con lui condiviseroidee, progetti, successi, fallimenti, esperienzeentusiasmanti, delusioni, abbandoni, soldi(pochi), tutto. Era un gruppo fluido da cui sipoteva entrare e uscire in libertà. La sua ca-ratteristica fondamentale era però la capacitàdi fare spazio a tutti, nessuno escluso. Man-giare insieme era il simbolo di questa capaci-tà di accoglienza. La tavola comune come an-ticipazione del grande progetto di cui Gesùera precursore: il Regno di Dio.

E così, in parte almeno, avvenne anche per lecomunità dei credenti dei primi secoli dell’eracristiana. Man mano poi le cose sono cam-biate ma mai, in nessuna epoca, si è spentadel tutto l’eco di questa realtà della fede cri-stiana. Magari era qualche gruppo eretico, ocosì chiamato, che riviveva l’antica compa-gnia dei discepoli e delle discepole del Signo-re con libertà e capacità visionaria. Si è spessocercato di cancellarli, farli sparire, ma risorge-vano da qualche altra parte, sempre. Dandofastidio. Fino a oggi.

Ma questo discorso che appare astratto e lon-tano dalla vita di tutti i giorni, questi accennia categorie e simboli così antichi, come posso-no aiutarci? Possono davvero orientare l’at-tuale ricerca di comprensione della nostra vi-ta e delle nostre relazioni? Cosa voglio proporvi a partire da una fedecristiana che si situa non nel cattolicesimo manell’ambito culturale e teologico del prote-stantesimo?

Ho cinque parole da lasciare alla vostra rifles-sione, cinque più una fuori quota. Accompa-gno queste parole con domande aperte equalche traccia di riflessioni. Non ho rispostedefinitive, ma questo è il metodo della ricer-ca biblica: sempre più domande che risposte.Le parole le abbiamo già sentite, sono: corri-spondenza, compagnia, aiuto reciproco, in-clusione, progetto.

CorrispondenzaLa prima parola è “corrispondenza”. La do-manda è: ma l’esperienza che Adamo fa da-vanti alla creatura posta di fronte a lui, l’espe-rienza verbalizzata del riconoscimento dellareciproca corrispondenza: ossa delle mie os-

sa, carne della mia carne, questa esperienza èpossibile soltanto fra un uomo e una donna?Oppure può essere anche scoperta e vissutafra persone dello stesso sesso?La risposta a questa domanda, come si sa di-vide, le chiese cristiane trasversalmente. Una minoranza di tali chiese avendo ascolta-to persone dello stesso sesso che ne hanno fat-to esperienza, sostiene che tale corrisponden-za possa ritrovarsi fra due persone concrete

uniche indipendentemente dalla loro appar-tenenza sessuale. La maggioranza delle chiese cristiane ritieneinvece che fra due persone dello stesso sessonon ci sia corrispondenza ma identità e chequesta relazione non può perciò rientrare neipiani originali di Dio nella creazione.La prima posizione ha una prevalenza pasto-rale, la seconda risponde maggiormente al-l’esegesi biblica tradizionale.Domande che ne aprono altre: se mi accadeche io riconosco in te, colui o colei che piùprofondamente mi corrisponde, se vivo que-sto come una scoperta, come un dono che misorprende, chi potrà definire l’essenza e laqualità di questa esperienza se non io stessa? Se sono una credente poi mi chiedo: c’entraDio in questa scoperta? E Lui che mi ha fattoquesto dono? Ho la libertà di vivere l’incon-tro come un dono? Chi ha l’autorità di to-gliermi questa libertà? Quali sono i limiti diquesta libertà?

CompagniaLa seconda parola è “compagnia”. Le doman-de: la compagnia fra due persone che si ritro-vano e si riconoscono, quella compagnia chevince la solitudine ed è verbalizzata nella reci-procità è, per due credenti, benedetta da Diosolo se istituzionalizzata pubblicamente nelmatrimonio? Oppure la benedizione di Dioprecede ed è indipendente dalla sua eventua-le pubblica istituzionalizzazione?E una volta istituzionalizzata nel matrimonio,perché tale compagnia liberamente scelta e ri-conosciuta dovrebbe diventare per Dio vin-colo irrevocabile anche quando non sussisto-no più le condizioni originarie? Queste domande investono questioni com-plesse che hanno a che fare con le diverse teo-logie delle chiese cristiane. E’ noto che chiesediverse danno risposte diverse e non abbiamotempo di approfondire. Dico solo, ed è il miopunto di vista, che nella compagnia perchérimanga tale e sia una benedizione c’è biso-gno di riconoscimento reciproco riconferma-to ogni giorno. Non è facile ma è possibile.La compagnia perde la sua caratteristica didono e non è più una benedizione quandodiventa per uno dei due o per tutti e due unpeso non liberamente portato. Dio in questonon c’entra se non nella preghiera l’uno per

Una riflessione biblica sulla compagnia

CREDENTI IN ALTRO CHE NEL POTERE

Anna MaffeiPresidente dell’Unione cristiana evangelica battista d'Italia

La compagniaperde la suacaratteristica didono, e non è piùuna benedizione,quando diventa peruno dei due o pertutti e due un pesonon liberamenteportato. Dio inquesto non c’entrase non nellapreghiera l’uno perl’altro.

“Non è bene che l’uomo sia solo. Gli farò un aiuto che gli corrisponda, che sia adat-to a lui”. Anche le sacre scritture riconoscono la compagnia come bisogno umano pereccellenza.

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MASSIMO FAGIOLI*

Appena arrivato ho sentito una frase che mi èsembrata interessante: “la sessualità non è sol-tanto una questione del corpo, non è soltantouna questione legale, non è soltanto una que-stione sociale”. E’ vero. Io però vorrei critica-re questa affermazione, nel senso che la sessua-lità è anche una questione che riguarda lamente. Forse mi potrete accusare di deforma-zione professionale però io son convinto chesia anche e soprattutto una questione dellamente. Questo è il fondamento, la base percominciare a fare una ricerca sull’identitàumana. Il fondamento della storia dell’identità umanaè il fatto che l’umano non è soltanto un fatto

biologico, perché c’è questa emergenza o na-scita del pensiero dalla realtà biologica. Ma co-me mai – mi è stato chiesto – la Chiesa Catto-lica considera che la realtà umana sia soltantoun fatto biologico quando va a sostenere cheuno è “individuo”, cioè ha un’identità, fin dal-

lo zigote come se la realtà umana fosse un fat-to biologico punto e basta. Mentre poi, abbia-mo detto, non è la sessualità un fatto biologi-co. Essendo una questione della mente, per-ché altrimenti sarebbe sessualità animale, dob-biamo iniziare a pensare e vedere l’altra que-stione, ovvero quella dell’“identità”. La sessua-lità umana è una questione di identità. E quiiniziano i problemi. Perché tutto quello che èun discorso, una lotta, una campagna del tut-to apprezzabile degli omosessuali, per propor-re un’identità sociale della sessualità, è un pro-blema enorme. E’ forse molto coraggioso, pe-rò parte – credo – da un difetto. Il difetto didire che l’identità legata alla sessualità è unacosa già risaputa.

Sono cinquant’anni di che mi occupo di que-ste cose e mi pare che la parola sessualità è le-gata a tutto un tipo di ricerca, non si sa micacosa sia esattamente. Nella misura in cui è le-gata all’identità, è funzione dell’identità, citroviamo di fronte al fatto che le identità per-

sonali sono le più varie possibili; c’è da pensa-re che siano sei miliardi, le identità umane,ognuna diversa dall’altra. Il volto esprime que-sto. Esistono sei miliardi di volti diversi. Men-tre è difficile distinguere il muso di un cervodal muso di un altro cervo; così il muso di unaleonessa dal muso di un’altra sua simile. Nel-la società e nella storia invece le due cose sonodel tutto separate. Le identità sociali non sonoidentità fisiche. E questa è una cosa importan-te per il discorso laico, per il discorso che sipuò accettare del logos occidentale. Nella so-cietà esistono identità sociali e professionali,non personali. Per cui, anche per pari oppor-tunità, la donna ingegnere è uguale a un uo-mo ingegnere. Quello che conta è l’identitàprofessionale nella società. A livelli più profondi dobbiamo considerareche c’è un livello di indifferenza nella societàassolutamente necessario: non si può viveretroppo passionalmente la guida di una mac-china perché allora si arriva a centocinquantaall’ora e ci si spacca la testa; non si può legaread altra cosa che non sia questo fondamentorazionale dell’essere e del movimento nella so-cietà. In questo caso appunto ci sono identitàche poi – con una brutta parola – sono chia-mate “di appartenenza”. Ma poi sappiamo chein un regime laico le identità religiose non de-vono essere prese in considerazione, per cui seuno è ebreo o mussulmano, è liberissimo diesserlo e nessuno si deve occupare delle cre-denze religiose degli altri. Perché allora si deveoccupare della sessualità? Quando poi a me ri-sulta non essere una cosa definita. Essere me-dico o essere ingegnere o essere quel che vole-te è questione abbastanza definita, come è ab-bastanza definita quello che è un corpo sanoda un corpo malato. Ma quando andiamo al-la mente, qual’è quella malata? Qual’è quella

sana? Qual’è questa sessualità… come se fos-se un punto di arrivo, invece no, io credo siaun punto di partenza. Dunque se c’è una associazione degli omoses-suali, c’è anche magari un’“associazione di ca-sti”! Hanno fatto un’identità della castità. Unaltro potrebbe fare un gruppo in cui rivendicala masturbazione. Però io non credo che sipossa portare nella società un’identità per cui“tu sei ingegnere?” “no, io sono un masturba-tore”. Non è un’identità che può essere porta-ta nella società. Per cui la critica è questa. [...]E poi che significa essere omosessuali? Signifi-ca, fare certe cose, sfregandosi il corpo etc.?No, signori miei! La sessualità umana non èanimale, per cui basterebbe il funzionamentoormonale e il discorso della scarica…La cosafinisce li? No, è un confronto di identità uma-ne; e se nella società c’è un confronto dialetti-co più o meno tra chi è più bravo e chi è piùintelligente, più libero e tutte queste caratte-ristiche della coscienza, nel rapporto privato,una volta che uno ha chiuso la porta, cadonotutte le identità di appartenenza. Non solo seuno è ingegnere o principe o operaio etc. per-ché deve venir fuori l’identità. Nell’identitàumana c’è una questione non solo di “rappor-to di corpi” ma c’è anche un “rapporto dimenti”. Non è solo una questione di scaricheormonali che arrivano a sedici anni per cui bi-sogna sfogarsi. Una cosa di questo genere lega-lizza i violentatori e addirittura i violentatoridei bambini che non potrebbero fare a menodi scaricarsi, uccidendo il bambino. E non esi-ste accettare questo. Si tratta, invece, di unadialettica tra persone dal corpo diverso. [...]

* Stralcio dell’intervento, non rivisto dall’autore.

l’altro, quando c’è, nel sostegno spiritualedella comunità di fede, quando c’è, e nel ri-spetto degli impegni presi l’uno verso l’altra.

Aiuto reciprocoLa terza parola è aiuto reciproco. Vorrei ri-chiamare a questo punto un bel testo del li-bro del Qoelet: “Ho anche visto un’altra vani-tà sotto il sole: un tale è solo, senza nessunoche gli sia vicino, non ha né figlio, né fratello,e tuttavia si affatica senza fine, i suoi occhinon si saziano mai di ricchezza.(...) Due val-gono più di uno solo, perché son ben ricom-pensati della loro fatica. Infatti se l’uno cade,l’altro rialza il suo compagno, ma guai a chi èsolo e cade senz’avere un altro che lo rialzi!Così pure se due dormono assieme, si riscal-dano, ma chi è solo come farà a riscaldarsi”(4,7-11).Ho messo l’aiuto reciproco al terzo posto, maè un posto di tutto rispetto. Questo è unaspetto delle convivenze che può non averenulla a che fare con l’intimità affettiva e ses-suale, tuttavia va preso nella giusta conside-razione. Non dovrebbero tutte le convivenze,a richiesta dei conviventi, essere riconosciutecome fonte di alcuni importanti diritti e re-lativi doveri, anche quelle non caratterizzateda rapporti di particolare intimità fisica?

InclusioneLa quarta parola è “inclusione”. Nel docu-mento preparatorio a questo convegno si di-

ceva:Anche il cristianesimo ha proposto valori incontrasto con una visione morale confinataall’interno della famiglia. E’ stato Cristo a di-re «sono venuto a dividere il figlio da suo pa-dre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suo-cera; e i nemici dell’uomo saranno quelli stes-si di casa sua. Chi ama padre o madre più dime, non è degno di me; e chi ama figlio o fi-glia più di me, non è degno di me» (Mt 10,34-37). Nel primo nucleo di discepoli di Cri-sto i legami familiari non sembrano aver gio-cato un ruolo primario, al contrario eranoimportanti i legami elettivi incentrati sulla fi-gura di Cristo e sulla comunanza di fede e diricerca comune della volontà di Dio. E comeabbiamo già visto i legami fra discepoli nonerano esclusivi, bensì molto inclusivi. Anzi ta-le estremismo dell’inclusività provocò nonpoche critiche a Gesù e ai suoi compagni ac-cusati di mangiare e bere con le prostitute,con gli odiati esattori delle tasse per l’imperoromano, con gente da nulla, pazzi, ubriaconie indemoniati.La domanda è, ma questa volta è una doman-da retorica: se la mensa di Cristo era così aper-ta a gente emarginata, fallita, esclusa, comemai l’eucaristia è diventata per alcune chieseluogo esclusivo al quale alcune categorie dipersone non possono avvicinarsi? Divorziatirisposati per esempio. Chi ha il diritto e il po-tere di chiudere il cerchio? Quella tavola è no-stra o è Cristo che ci invita a cena? C’è qual-

cuno che pensa davvero di esserne degno? Piùdegli altri?

ProgettoEcco la quinta parola: progetto. All’inizio diquesto contributo abbiamo detto che nelquadro originario della creazione (raccontonumero due) la prole non è contemplata, maviene dopo. Ed è così. Non posso dilungarmisulla poesia e la misericordia che precede l’as-segnazione del nome alla donna che vienechiamata Eva, dalla parola ebraica che signifi-ca Vita. Dico soltanto che i figli nella tradi-zione biblica sono importanti perché sono ilmezzo che consente agli umani di immagina-re un domani per la terra che sanno di doverlasciare. Se ci saranno i figli, i figli loro e i figlidegli altri, forse penseranno con più serietà acosa lasciare dopo di loro. Le nuove generazioni dunque è sano che ri-mangano nell’orizzonte degli adulti e poi de-gli anziani. Ne va della loro salute, del loroequilibrio vitale, ne va della terra che era sta-ta loro affidata, come ad Adamo “perché fos-se coltivata e custodita”.Vorrei quasi concludere questa riflessioneproprio con la parola progetto, nella doppiaaccezione di regno dei cieli e di terra affidata-ci, luogo dove Dio desidera che “il dirittoscorra come acqua e la giustizia come un tor-rente perenne”, secondo le parole del profetaAmos (5,24).La condivisione di un progetto di vita che si

snodi nell’orizzonte ampio della giustizia, del-la pace, della preservazione della terra, dellacostruzione di un futuro accogliente per lenuove generazioni, non dovrebbe mancarefra chi si incontra, si riconosce, si fa compa-gnia.Per i credenti dunque non l’istituzione con lesue strutture, anche giuste e utili, non le leg-gi, che pure vanno rispettate, costituiscono ilcuore della benedizione di Dio, ma la condi-visione di un progetto che è sempre davanti,che precede, di cui si attende fattivamente fi-no alla fine la realizzazione. Teologicamentel’altro nome di questo progetto è speranza.Essa si alimenta prendendosi cura delle nuo-ve generazioni e ci sono molti modi per farlo.

AmoreE la speranza è compagna stretta di una pa-rola che non ho osato finora pronunciare per-ché mille volte abusata e travisata, è la sestaparola, quella fuori quota, parola che pronun-cio sempre a fatica, con pudore, parola cheperò porta con sé un’esperienza primordialedi cui nessuno di noi può fare a meno, comel’aria, come l’acqua. Amore. Senza amore cisi lascia morire.

Forse ho scoperto mentre riflettevo in vista diquesto incontro che amore civile e amore diDio non sono in fin dei conti poi tanto lon-tani.

L’insostenibile identità“omosessuale”

LO PSICHIATRA “ERETICO”

IXINTERVENTI AL CONVEGNO

Massimo FagioliLaureatosi in Medicina all'Università di Roma e specializzatosi inNeuropsichiatria, dopo una lunga analisi personale e circa 10 annidi pratica psicoanalitica individuale, propone nel 1971 agliambienti psicoanalitici il risultato delle sue esperienze e della suaformazione con il volume "Istinto di morte e conoscenza". La suaelaborazione teorica suscita la reazione della SocietàPsicoanalitica Italiana che decreta la sua espulsione nel 1976.

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X AMORE CIVILE

LUIGI MANCONI

Vorrei cogliere anzitutto un passaggio di que-sto dibattito, il riferimento alla necessità diabbandonare stereotipi e pregiudizi, anchepregiudizi positivi, perché non si deve avereritrosia ad affrontare le questioni complesse eaggrovigliatissime che la globalizzazione ciconsegna e dunque ad affrontare i conflitticulturali ed etici che le migrazioni portanonel nostro paese e che vivono, in manieraspesso dirompente, all’interno delle stesse co-munità straniere che vivono nel nostro Pae-se. E dunque il riferimento a culture altre,presenti in Italia, che riproducono elementidi disparità nel rapporto uomo-donna è unpassaggio obbligato che abbiamo tardato aconsiderare. Quando per la prima volta, unaquindicina d’anni fa, mi capitò d’interessar-mi alla grande questione - così dolente e do-lorosa - delle mutilazioni sessuali, appresi un

dato che da allora mai ho dimenticato e chein ogni occasione mi preoccupo di ricorda-re, ovvero il fatto che la mobilitazione con-tro infibulazione e mutilazioni sessuali haavuto, nei paesi dove esse vengono praticate,come ruolo fondamentale di lotta controquelle pratiche efferate, i movimenti femmi-nili. Ma contemporaneamente noi dobbiamoconsiderare anche i più classici meccanismidel pregiudizio e dell’intolleranza. Per ven-t’anni di migrazioni nel nostro paese la situa-zione è stata, in qualche misura, sotto con-

trollo. Di più: l’Italia è stato l’unico Paese eu-ropeo, attenzione, l’unico Paese europeo, chenon aveva all’interno del quadro politico unpartito che ponesse l’espulsione degli stranie-ri come prima e fondante ragione della pro-pria identità. Ciò a differenza di tutti gli altriPaesi europei dove abbiamo avuto in questidecenni partiti che si caratterizzavano emi-nentemente con la lotta contro lo straniero econ l’obiettivo dell’espulsione di esso. Si no-minavano, si definivano attraverso questoobiettivo. Questa situazione che con ironiaamara si può definire di relativo privilegio, èstata rotta esattamente nell’anno di grazia2008: le elezioni politiche nazionali del 13-14 aprile e le elezioni per il Comune a Romahanno visto la rottura di quello che chiame-rei un “patto di civiltà pubblica”. Cos’eraquesto patto di civiltà pubblica? Consistevanel fatto di non accogliere quella che, nellasua sintesi estrema, era la scellerata equazio-ne “rumeno uguale stupratore”. Pur ignoran-do questioni come quella dell’intolleranza,della discriminazione e della xenofobia, l’ef-fetto diretto dell’equazione “rumeno ugualestupratore”, dobbiamo assumere come deci-sivo il fatto che quell’equazione scellerata èfalsa perché nel momento in cui viene assun-ta come verità pubblica, cancella la vera real-tà dei fatti, ovvero “italiano uguale stuprato-re”, ovvero “stupro uguale pratica domesti-ca, familiare”, come si può dire, “infra-mura-ria”. Ecco quindi l’effetto devastante chequella affermazione razzistica determina poinella società, nella mentalità comune e nelsenso collettivo che, introducendo e definen-do quella equazione, occulta quell’altra real-tà.

Ma non voglio sottrarmi invece aitemi che più direttamente riguardano l’in-contro di oggi, e qui mi preme unirmi aimolti che hanno molto apprezzato, oltre -come è giusto - allo sviluppo del dibattito, ilsuo titolo. L’amore civile è una definizioneche non va considerata come una tra le mol-te. Penso che sia felicissima come formula-zione letteraria e sapientissima come sensopolitico; perché noi stiamo parlando appun-to di “amore civile”, cioè stiamo parlando ap-punto di quella democrazia dell’intimità checostituisce tema del lavoro di Giddens, mache è poi l’esito di una discussione che ha, inItalia e in Europa, una storia ormai quasiquarantennale e che partendo da una attivi-tà critica contro quella che Habermas defi-niva la “colonizzazione del quotidiano”, hafatto sì che si considerasse la sfera delle rela-zioni private, l’ambito degli affetti, la dimen-sione dei rapporti personali, come questionepolitica decisiva. E’ qualcosa che già a metàdegli anni ‘70 emergeva con forza grazie almovimento femminista, e che poi via via èdiventato posta in gioco dei movimenti col-lettivi e dei conflitti che attraversano tutte ledemocrazie mature, tutte senza eccezioni. Ionon mi stanco di ricordare che alle elezionipresidenziali americane precedenti due deidecisivi dibattiti televisivi tra candidati ver-tevano esattamente su tali temi: l’amoreomosessuale, l’aborto, il testamento biologi-co e l’eutanasia, ovvero le questioni che lacultura più gretta all’interno di tutto lo schie-ramento politico, considera impolitiche opre-politiche - precedenti cioè alla politicavera e propria, quella economico sociale - ocomunque prive di implicazioni politiche.Questioni che hanno costituito e costituisco-no, in tutte le democrazie mature, il cuoredei grandi conflitti etico-giuridici che appas-

sionano le opinioni pubbliche e però arriva-no a determinare le opzioni, quelle che poiformano le maggioranze e le minoranze inquei Paesi. Per ragioni storiche ben note, tut-to ciò avviene – seppur tardivamente - anchein Italia. Dunque la “democrazia dell’intimi-tà”, assieme alle grandi questioni di vita e dimorte, diventano, grazie al Cielo, cuore del-l’azione pubblica. E’ fondamentale che que-sto, chi ha avuto la fortuna di intuirlo, possaoggi operare per metterlo almeno all’internodell’agenda politica come domanda, comerivendicazione, come capacità di apertura diconflitti. Dal momento che temiamo seria-mente che non sarà questo Parlamento aconsiderarlo tra le proprie priorità, allora sa-rà compito di chi dentro al parlamento vuo-

le giocare un ruolo attivo e dinamico, far sìche sia posto come problema, che sia apertocome conflitto, che sia interpellato comequestione che non può essere rinviata. A me è capitata la fortuna, che ritengo davve-ro tale, di presentare il primo disegno di leg-ge sulle unioni civili in Italia nel 1995. Que-sto fatto io oggi lo posso considerare sottodue punti di vista; un punto di vista mi in-durrebbe a dire: “Ahimè, ahinoi, nulla è suc-cesso da allora!”. Tredici anni sono passati in-vano senza che si facesse un passo avanti no-nostante che, esattamente nell’ultima legisla-tura, abbiamo sperato che qualche passoavanti si potesse fare. Questa prospettiva di-sincantata è profondamente motivata macredo sia consentita anche un’altra prospetti-va, ovvero il fatto che nel 1995, quando iopresentai quel disegno di legge, la formula“unioni civili” era sconosciuta ai più e scono-sciutissima alla stragrande maggioranza deiparlamentari. In tredici anni non è più così:soprattutto nella società è cresciuto in misu-ra rilevantissima il consenso intorno a que-sto tema. In misura rilevantissima. La socie-tà è davvero cambiata da questo punto di vi-sta. C’è una trasformazione materiale delledomande e delle forme di vita che nessunopuò ignorare e che, nel momento in cui laclasse politica e il parlamento chiudessero gliocchi di fronte a esse, a quelle domande,questo implicherebbe un costo per la classepolitica. Dunque iniziative come quella dioggi, il lavoro meticoloso, paziente, persinoumile - chiedo scusa per l’uso di un termineequivoco -, che è stato fatto in questi anni,che bisogna continuare a fare e che la crea-zione dell’associazione Certi Diritti, il lavorodell’associazione Luca Coscioni, garantisco-no, io penso che sia decisivo. Perché abbia-mo tutto l’interesse a che, se il parlamento ela classe politica vorranno davvero ignorarequeste tematiche, siano queste tematiche ainterpellare, con la forza di una mobilitazio-ne civile, il parlamento e la classe politica.

Per concludere: io penso che lapossibilità di successo a tutti i livelli e nellediverse dimensioni - intanto in quello della

società, ma poi sul piano culturale, istituzio-nale e infine politico-parlamentare - abbiamolto a che vedere con un dato. Sintetizzoin maniera brutale: non per colpa dei presen-ti, anzi, nonostante i presenti, il dibattito suquesti temi si è consentito che fosse rappre-sentabile in maniera caricaturale. Ovvero, dauna parte la morale tradizionale che ha nellafamiglia eterosessuale, monogamica e pro-creatrice, il suo modello; dall’altra parte, unasorta di diritto al libertinaggio. Da una par-te un pieno di morale, dall’altra parte unasorta di amoralità secolarizzata. Questa rap-presentazione caricaturale, che peraltro gravapesantemente su tutti i conflitti etico-giuri-dici che affrontiamo, compreso quello relati-vo al testamento biologico, rimanda all’enor-

me responsabilità di chi non è religioso nelnon aver lavorato per elaborare un propriosistema di valori. Questa rappresentazionecaricaturale funziona eccome. Funziona per-ché, ad esempio, la domanda di riconosci-mento politico delle unioni civili, nella ver-sione più “indulgente”, viene considerata daparte degli avversari come una sorta di con-cessione a un principio di autodeterminazio-ne che nelle moderne società delle libertà èdifficile comprimere, o comunque l’accogli-mento di una rappresentazione sociologicaper cui vi sono varie forme di famiglie, maesse – tutte – rimandano sostanzialmente auna sorta di sfera della sregolatezza, della li-cenziosità, appunto, una sorta di diritto al li-bertinaggio. Ovviamente non ho nessun pre-giudizio contro il diritto al libertinaggio, mipiacerebbe persino praticarlo se ne fossi ca-pace, ma non è questo il punto: è che lo ri-tengo poca e debole istanza rispetto a quel-l’apparato ideologico, fondato su una mora-le tradizionale che si vuole “naturale”, e dun-que destinato a soccombere di fronte a que-sta morale tradizionale definita come natu-rale. Ritengo che sulle unioni civili, ma an-che su altri temi, noi dobbiamo rivendicarecon forza e con fierezza, senza mai scordar-cene, che noi stiamo chiedendo riconosci-mento di diritti individuali, prerogative di ci-viltà, garanzie sociali, sulla base del fonda-mento morale di una forma di unione civileche è tale, cioè ha un suo fondamento mora-le altrettanto degno, dunque degno di tutelaquanto altre forme coniugali, in quantol’unione civile esprime anch’essa un proget-to, una reciprocità, una mutualità, dunqueun sistema di valori. E allora quei diritti civi-li che si chiedono e di cui si vuole il ricono-scimento giuridico, hanno anche un lorofondamento morale. Io ritengo che questonoi questo dobbiamo cominciare a dire e ciò,e solo ciò, a mio avviso, potrà aiutarci a sfug-gire a quella condizione di sostanziale subal-ternità che il dibattito pubblico su questi te-mi costantemente ci assegna.

Intimità democraticaUNA NUOVA AGENDA PER LA POLITICA ITALIANA

Luigi ManconiMembro della direzione dell’Associazione Coscioni è un politico,sociologo e giornalista italiano, già portavoce nazionale esenatore dei Verdi, oggi del Partito Democratico, è statosottosegretario alla Giustizia

Fino ad oggi si èconsentito che ildibattito su questitemi fosserappresentabile inmanieracaricaturale.Ovvero, da unaparte la moraletradizionale che hanella famigliaeterosessuale,monogamica eprocreatrice, il suomodello; dall’altraparte, una sorta didiritto allibertinaggio.

Amore omosessuale, aborto ed eutanasia non sono questioni pre-politiche. Nelle democrazie mature costituiscono il cuore dei conflitti etico-giuridici.

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ELFO FRASSINO (ANTONIO BERNINI)

Le comunità rappresentano una tra le formepiù antiche di aggregazione tra esseri umani:oggi possono costituire avanzati laboratori disperimentazione sociale, eppure non esisto-no strumenti giuridici per regolare le svaria-te attività che queste realtà comprendono.L’Italia ha una lunga e ricca storia di espe-rienze comunitarie, che i sociologi indicanocon il termine “intenzionali” per distinguer-le dalle "comunità di fatto", cioè quelle che siformano spontaneamente: ma dispetto diuna storia così ricca e vivace, le esperienze co-munitarie non hanno trovato finora colloca-zione nell’ordinamento giuridico italiano. Laquestione che si solleva interessa altre espe-

rienze di fatto che risultano, appunto, privedi propri diritti e, proprio per questo, conminori opportunità di esprimere le loro ca-ratteristiche e potenzialità, e quindi discrimi-nate.Con l'espressione "riconoscimento giuridi-co delle Comunità Intenzionali" intendiamoin primo luogo affermare l'esistenza di unmodello sociale, economico e di valori, cherivendica la piena dignità della propria espe-rienza. In altri termini, l'idea di un "ricono-scimento" non indica la richiesta di vantaggidi parte, ma rappresenta il modo per poterefficacemente esprimere - con pienezza dicomprensione ed in coerenza con l'Ordina-mento giuridico italiano - ciò che si è e si fa,inquadrandolo nel contesto in cui si è inseri-ti.

L’utilità sociale delle ComunitàNel concepire l'idea di una legge che ricono-sca le Comunità Intenzionali è necessario co-noscere le molteplici opportunità di utilità ecrescita sociale che queste costituiscono, nonsolo per il territorio sul quale sono insediate,quanto per lo Stato stesso.A questo proposito, basti ricordare il ruolosvolto nella tutela, nel recupero e nella valo-rizzazione di siti spesso marginalizzati, neiquali l'operosità comunitaria produce il mi-glioramento di terre incolte, procedendo conelementi quali la riforestazione, la praticadell'agricoltura biologica, la valorizzazionedei prodotti tipici, il riutilizzo di infrastruttu-re, il recupero delle consuetudini che eranoalla base degli usi civici, così come molto al-tro ancora. In altri termini le comunità possono essereconsiderate i sensori dei bisogni del territo-rio, la cui efficacia potrebbe essere amplifica-ta se esistessero apposite convenzioni con leistituzioni. [...]

Le Comunità nel contesto urbanoPer ampliare le considerazioni su come leComunità Intenzionali possano costituireimportanti risorse per la società, occorre non

limitarsi ad osservare le comunità che si co-stituiscono in territori extra-urbani, ma an-che quelle che si costituiscono nelle grandicittà.

E' sempre più frequente leggere sulle primepagine dei giornali notizie su come l'inflazio-ne abbia raggiunto dimensioni preoccupan-ti, con conseguente impennata dei prezzi re-lativi ai generi di prima necessità e la difficol-tà ad "arrivare alla fine mese" per un nume-ro crescente di famiglie. I dati Istat pubblica-ti lo scorso anno indicano che più di13.000.000 di persone sono a rischio di po-vertà nel nostro Paese e, purtroppo, si trattadi un trend in aumento.Parallelamente occorre considerare che un

problema crescente della nostra società è co-stituito dallo sfilacciamento del tessuto so-ciale, che unitamente a problemi di isola-mento e solitudine, si amplifica soprattuttonei grandi centri. La riduzione della quanti-tà e qualità delle relazioni interpersonali è lacarenza più grossa che può affliggere una so-cietà, in quanto nessuna politica pubblicapuò avere efficacia se non ha una base, ancheculturale, su cui poggiare.

In risposta a questi disagi stanno nascendorisposte spontanee da parte di gruppi di cit-tadini che si organizzano in forma solidale,per affrontare insieme problemi comuni chealtrimenti, da soli, non si potrebbero risolve-re.Ad esempio, nelle grandi città si stanno dif-fondendo forme di collaborazione interfami-liari per svolgere acquisiti condivisi (Gruppidi Acquisto Solidale), esempi di applicazionea fattispecie diverse dei modelli comunitari,che la recente Legge Finanziaria ha voluto in-centivare attraverso trattamenti fiscali agevo-lati. Recentemente stanno nascendo, anche nelnostro Paese, vere e proprie comunità urba-ne, ispirate all'esperienza nord europea delco-housing, altrimenti detti “condomini so-lidali“.Si tratta di esperienze che non hanno nulla ache vedere con gli squatter e le case occupa-te: sono infatti tradizionali nuclei familiari esingole persone che scelgono di vivere assie-me per fronteggiare, uniti, problemi econo-mici e disagi difficili da affrontate in solitudi-ne.Dalla coabitazione, nata così per necessità diuna vita più serena e facile, si sviluppano ac-cordi reciproci, forme organizzate di mutoaiuto e gestioni economiche condivise, cre-ando ad esempio per le spese condivise una"cassa comune", fino ad arrivare a regole divita comuni, condivisione di tempi, di auto,di lavatrici, e altre situazioni comuni scelte,alle quali ispirarsi. Così facendo si attivanoprocessi compensativi che permettono diammortizzare tra più persone quei costi eoneri e difficoltà che altrimenti sarebbero in-

sostenibili per un solo nucleo familiare, con-trastando nel contempo i problemi derivan-ti dal crescente isolamento.

Gli strumenti giuridici a disposizio-ne delle ComunitàDopo aver riassunto come le Comunità In-tenzionali costituiscano delle straordinarieopportunità di utilità sociale, vediamo oraquali difficoltà queste affrontino e di qualistrumenti giuridici possono disporre.

In estrema sintesi gli aspetti che occorrereb-be disciplinare con una legge appropriata ri-guardano:- la proprietà, da intendersi in forma collet-tiva;- l'organizzazione del lavoro; - le opportunità urbanistiche, da applicare amisura della socialità comunitaria;- i diritti ed i doveri tra gli appartenenti allastessa comunità.

Non esistendo attualmente una disciplinache possa consentire al modello comunitariodi esprimersi completamente, le comunitàfanno ricorso agli istituti giuridici vigenti,evidenziando i limiti della loro applicazione.[...]

Per un riconoscimento giuridico del-le Comunità IntenzionaliUn riconoscimento giuridico delle Comuni-tà Intenzionali dovrebbe innanzitutto defi-nirne finalità ed oggetto, istituendo un ap-posito registro nazionale.Tra criteri per l'iscrizione al suddetto registrosarà opportuno stabilire l'anzianità minimaed il numero di aderenti, scoraggiando even-tuali impieghi impropri e strumentali delnuovo isituto. Il carattere da evidenziare inquesto senso è la stabilità del percorso comu-nitario svolto fino al momento del riconosci-mento, pertanto, a titolo indicativo, potran-no risultare congrui gli istituti comunitarisorti con almeno 5 anni di attività e la com-posizione di 20 soggetti appartenenti, mino-ri compresi.Tra gli elementi identificativi dovranno altre-sì essere misurabili, in termini oggettivi, qua-li sono le ricadute di utilità sociale che le co-munità costituiscono per la collettività. Aquesto proposito potrà essere opportuno de-finire l'attività profusa in termini di volonta-riato, od equivalente impegno quantificabi-le, che consenta anche di stabilire forme dicollaborazione concertata con le Istituzioni.Uno strumento che si può impiegare in talsenso è il Bilancio-Etico-Sociale, rendicon-tando tramite esso sulle attività svolte e sullericadute di queste, delineando un quadroomogeneo, puntuale e trasparente dellacomplessa interdipendenza tra i fattori eco-nomici e quelli socio-politici connaturati econseguenti alle scelte fatte.La proprietà potrà essere intesa in forma col-lettiva, ai sensi degli art. 2659 e 2660 del co-dice civile, con l’obbligo di destinare i beniricevuti e le loro rendite al conseguimentodelle finalità istituzionali.Le Comunità intenzionali potranno stabilirerapporti di lavoro al loro interno in regimedi agevolazione fiscale, in ragione della loroaccertata utilità e di quanto espressamenteaffermato nelle finalità statutarie. Si richia-ma a tal proposito quanto illustrato sopra in

merito alla collocazione del lavoro svolto inambito comunitario, in una posizione me-diana tra le attività "non profit" e quelle pre-cipuamente finalizzate al profitto.Oltre al lavoro, le risorse economiche attra-verso cui le Comunità Intenzionali potran-no finanziarsi riguarderanno, a titolo nonesaustivo: donazioni, lasciti, eredità ed ero-gazioni liberali, contributi di amministrazio-ni od enti pubblici, entrate derivanti da pre-stazioni di servizi verso terzi privati o pubbli-ci.La disciplina dovrà anche prevedere la rego-lazione dei rapporti intercorrenti tra i mem-bri conviventi della comunità, ribadendo co-me diritti e doveri abbiano una natura mu-tualistica e solidaristica, equiparati a quellitra familiari come disciplinati dal Codice Ci-vile, anche ai fini dell’assistenza sanitaria, ri-spetto ai conviventi residenti.Sarà inoltre opportuno prevedere la possibi-lità di concedere opportunità urbanistichesecondo parametri ed indici che tenganoconto delle esigenze di gruppi umani comu-nitari. Tali possibilità saranno recepite all'in-terno dei Piani Regolatori comunali, anchericorrendo allo strumento delle Aree Specia-li.La normativa di riferimento per quanto nonespressamente previsto dalla legge potrebberimandare alla disciplina delle associazioni dipromozione sociale (L. 383/2000).

@pprofondisciSul sito dell’Associazione Luca Coscioni puoileggere una prima stesura della proposta dilegge, oggetto del confronto che si sta svolgen-do tra le comunità italiane aderenti al Cona-creis ed al Rive (Rete Italiana Villaggi Ecologi-ci): www.lucacoscioni.it/cohousing

Per un riconoscimento giuridicodelle Comunità Intenzionali

AGGREGAZIONI SPECIALI

XIINTERVENTI AL CONVEGNO

Elfo Frassino (Antonio Bernini) Presidente Conacreis, Coordinamento Nazionale Associazioni eComunità Etica, Interiore e Spirituale

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XIIAMORE CIVILE

L’iniziativa “Amore civile” sta lavorando allacomposizione di un “Tavolo di Lavoro perma-nente per la Riforma del Diritto di Famiglia”.Al Tavolo già oggi partecipano numerosi stu-diosi, di molteplici discipline, i quali hanno tut-ti dichiarato la propria disponibilità per fornireun contributo di riflessione e studio, conl’obiettivo di unificare le proposte progressisteche attualmente pendono in tema di Diritto diFamiglia e dar vita ad un progetto globale di ri-forma, paragonabile a quello che fu trasforma-to in legge nel 1975. Con la riforma del 1975, parità tra le persone,libertà e pari dignità di scelte diverse sono statein parte affermate, ma resta ancora da compie-re buona parte del cammino. Il “Tavolo per laRiforma” vorrebbe dare un contributo in que-sta direzione. A tal fine, gli organizzatori dell’iniziativa han-no previsto – assieme agli esponenti politici eparlamentari che parteciperanno la presenta-zione di alcune proposte “simbolo” della Rifor-ma in cantiere. Si tratta di proposte che ovvia-mente non esauriscono il lavoro da compiersi,ma vogliono farne comprendere i principi difondo e, al tempo stesso, sollecitare l’attenzionedell’opinione pubblica, favorendo il coinvolgi-mento di altri studiosi nell’iniziativa. Queste so-no alcune delle proposte di legge già deposita-te dai deputati radicali che fanno parte del co-ordinamento.

1.Modifiche al codice civile in tema diimpedimenti matrimoniali e di cogno-me dei coniugi

Con essa, non si vuole ribadire la scelta in favo-re del matrimonio tradizionale (il taglio com-plessivo del progetto di riforma è anzi in favoredi una ampia libertà di scelta e di valorizzazio-ne dell’autonomia privata), ma si vuole affer-mare la netta opposizione ad ogni discrimina-zione o creazione di categorie di persone allequali, in aperta violazione degli artt. 2 e 3 dellaCostituzione, non vengano riconosciuti gli stes-si diritti degli altri.

2.Modifiche e aggiornamenti alla leg-ge 4 maggio 1983, n. 184, in tema diadozioni Essa è rappresentativa del medesimo principiodi non discriminazione, nella parte in cui, inItalia, l’adozione da parte delle persone singoleesiste, ma è considerata di “serie B”. (Si noti che,secondo la nostra legge, un single può adottareun bambino portatore di handicap, ma senzache a quest’ultimo siano riconosciuti i dirittiche spettano nell’adozione piena). Dall’altro, lascelta in favore dell’adozione da parte delle per-sone singole è simbolo della necessità di ade-guarsi, senza sotterfugi, alla normativa europea,perché l’Italia, in questa materia, ha approvatola relativa Convenzione, ha ratificato la leggeconseguente, ma non vi ha mai dato concretaattuazione, restando a tutt’oggi inadempiente.

3.Modifiche alla legge 4 aprile 2001,n.154 violenza nelle relazioni familiari Anche in questo caso, l’obiettivo è quello di evi-tare “diritti negati” e discriminazioni. La pro-

posta prevede modifiche alla legge esistente,tendenti ad assicurare l’effettività della tutelaper i soggetti deboli, tutela che, in alcune areeterritoriali del Paese, appare ancora sostanzial-mente negata.

4.Modifiche al codice civile in materiadi figli legittimi e naturali La riforma del diritto di famiglia del 1975, mo-dificando l'art. 261 del codice civile, ha sancitoil principio dell'eguaglianza dei diritti tra figlilegittimi e figli naturali. Nonostante questo,permangono numerose differenze – soprattut-to in materia di successione (art. 537 e 565 c.c.)- che occorre eliminare.

5.Modifiche al codice civile in materiadi cognome dei coniugi e dei figli Il cognome dell'uomo -marito o genitore- og-gi prevale, persino come consuetudine nei casiin cui la legge tace, come per i figli nati nell'am-bito del matrimonio. E' necessaria e urgente,invece, una modifica del Codice Civile che ri-specchi non solo i cambiamenti di costume mache prenda atto dell'uguaglianza uomo-donna.

6.Norme in materia di correzione del-l'attribuzione di sesso Come riconosciuto dalla giurisprudenza dellaCorte europea dei diritti dell'uomo, e afferma-to con le recenti leggi approvate in Gran Breta-gna con il Gender Recognition Act del 2004, ela Spagna con la legge reguladora de la rectifica-

ción registral de la mención relativa al sexo delas personas del 2007, il riconoscimento giuri-dico dell'identità di genere non deve necessa-riamente dipendere dall'intervento chirurgicodi riattribuzione dei genitali.

7. Norme contro le discriminazionifondate sull'orientamento sessuale osull'identità di genere La presente proposta di legge ha l'obiettivo digarantire l'attuazione delle direttive sulla paritàdi trattamento in maniera conforme alle dispo-sizioni europee, con particolare riferimento al-la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27novembre 2000, che stabilisce un quadro ge-nerale per la parità di trattamento in materia dioccupazione e di condizioni di lavoro, e alla di-rettiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giu-gno 2000, che attua il principio della parità ditrattamento fra le persone indipendentementedalla razza e dall'origine etnica.

8.Modifiche al codice civile e altre di-sposizioni in materia di unione civile Con la modifica al libro I del codice civile cheistituisce il registro delle unioni civili tra perso-ne di diverso o dello stesso sesso e la corrispon-dente disciplina normativa si intende dare for-ma e sostanza giuridica alla vita di decine dimigliaia di «coppie di fatto», oltre che «coper-tura» normativa a tutti quegli ambiti diespressione e di svolgimento della personali-tà finora lasciati giuridicamente inespressi.

L’iniziativa necessaria, la riforma possibile

IN PARLAMENTO

GIANFRANCO [email protected]

Non c’è personaggio che con più immedia-tezza provochi l’immedesimazione, come co-lui che ha patito un’ingiustizia (secondo solo,credo, all’innamorato).Sarà che nella vita associata, l’ingiustizia è unrischio, se non una realtà effettiva, incom-bente su ognuno; o sarà che, più oscuramen-te, ci sentiamo tutti defraudati dei nostri di-ritti. Fatto sta che, come gli sceneggiatori diHollywood sanno bene, i casi di ingiustiziae di successiva vendetta o riparazione, tocca-no un nervo scoperto; sono una garanziaquasi certa, di presa emotiva.Ne è una riprova il film svedese “Racconti daStoccolma” di Nillson (vincitore del premiodi Amnesty International al festival di Berli-no).L’autore non va troppo per il sottile. L’ingiu-stizia prende qui le forme inequivocabili del-la violenza fisica contro chi è ritenuto più de-bole: una ragazza, in una famiglia di immi-grati arabi, sospettata di rapporti sessuali fuo-ri del matrimonio; una giornalista picchiata

e umiliata dal marito, invidioso del suo suc-cesso professionale; il buttafuori e il proprie-tario di una discoteca, nel mirino di un grup-po di teppisti, perché in odore di omosessua-lità. Le vittime sono generalmente comprensivenei confronti dei loro carnefici; disposte, inun primo momento, alla riconciliazione; mapoi, viste le recidive, spesso coraggiose e coe-renti nella rivendicazione dei propri diritti. Icarnefici sono tetragoni, compenetrati quasisenza incrinature nella volontà di perpetrareil male (con una significativa, quanto pocoverosimile, eccezione); disposti alle violenzepiù efferate come alle astuzie più subdole.Sul volto di uno dei teppisti, si dipinge unasmorfia truce delle labbra, che non stonereb-be disegnata in un fumetto.In due casi su tre, la polizia sembra misterio-samente paralizzata, incapace di proteggerele vittime e di catturare i carnefici. Almenoin un caso, la società civile si stringe perfinoa protezione del colpevole.(E perché le ragazze arabe, con una poco cre-dibile perseveranza nell’errore, continuano afidarsi della loro madre, e cadono nei suoi

turpi tranelli, quando l’hanno già ampia-mente scoperta ossequiente alle legge dei Pa-dri?). Ma è proprio grazie all’elementarietàdel racconto - i cui personaggi, specie i “cat-tivi”, sono maschere rigide, inflessibilmenteancorate al loro ruolo – che il film crea unaforte atmosfera; sembra farci precipitare inun sogno angoscioso (vagamente kafkiano),dove non si comprendono a fondo le ragionidi quel che accade, ma tutto obbedisce a unalogica misteriosa, che vuole la nostra soffe-renza, la nostra punizione e anche la nostramorte.Così “Racconti da Stoccolma” finisce percoinvolgere ed emozionare.E l’immagine conclusiva dei tre aerei che nel-lo stesso tempo, sullo stesso cielo, conduco-no in salvo le vittime (in un caso, a Bruxelles,al Parlamento Europeo, per denunciarequanto in patria è accaduto), credo che facciaesultare ogni spettatore come un segno disperanza.

“Racconti da Stoccolma”.Storie di ordinaria violenza.

LA PELLICOLA DI ANDERS NILSSON

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