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Ritmi e forme di un’audiovisione alterata Paolo Peverini Musica/droga. Non è necessario forzare l’immagina- zione per ritrovare in questo binomio l’origine di una va- sta mitologia sulle sottoculture giovanili, le cui forme non si esauriscono certo nella produzione e proliferazio- ne di luoghi comuni ma delineano un campo di riflessio- ne e di analisi trasversale rispetto ai generi del discorso sociale. Mappare un simile aggregato di testi, pratiche, discorsi è senz’altro impresa irrealizzabile, che peraltro si esporrebbe al rischio continuo di allargare le maglie della riflessione rendendo ulteriormente opaco un oggetto di indagine multiforme e in continua evoluzione, ampia- mente metabolizzato dal cinema e dalla letteratura. Del resto la mole inesauribile di romanzi e adattamenti cine- matografici testimonia il successo di un tema spesso tal- mente codificato da essere ricondotto quasi a una formu- la, una sorta di genere autonomo, rivolto a un pubblico che si vuole omogeneo e perfettamente aderente a una fi- gura dell’immaginario altrettanto ambigua e inamovibile: i giovani, le nuove generazioni. In questo corpus smisura- to, l’eterno dramma a tre personaggi – droga, musica, giovani – si rinnova spesso attraverso micro-variazioni, declinandosi nella prospettiva della denuncia sociale e/o del compiacimento generazionale. Ovviamente, come tutte le forme di mitologia contemporanea, gli stereotipi vengono convocati, riassorbiti, in un continuo bricolage di formule e stili che innesca sperimentazioni originali in

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Ritmi e forme di un’audiovisione alterataPaolo Peverini

Musica/droga. Non è necessario forzare l’immagina-zione per ritrovare in questo binomio l’origine di una va-sta mitologia sulle sottoculture giovanili, le cui formenon si esauriscono certo nella produzione e proliferazio-ne di luoghi comuni ma delineano un campo di riflessio-ne e di analisi trasversale rispetto ai generi del discorsosociale. Mappare un simile aggregato di testi, pratiche,discorsi è senz’altro impresa irrealizzabile, che peraltro siesporrebbe al rischio continuo di allargare le maglie dellariflessione rendendo ulteriormente opaco un oggetto diindagine multiforme e in continua evoluzione, ampia-mente metabolizzato dal cinema e dalla letteratura. Delresto la mole inesauribile di romanzi e adattamenti cine-matografici testimonia il successo di un tema spesso tal-mente codificato da essere ricondotto quasi a una formu-la, una sorta di genere autonomo, rivolto a un pubblicoche si vuole omogeneo e perfettamente aderente a una fi-gura dell’immaginario altrettanto ambigua e inamovibile:i giovani, le nuove generazioni. In questo corpus smisura-to, l’eterno dramma a tre personaggi – droga, musica,giovani – si rinnova spesso attraverso micro-variazioni,declinandosi nella prospettiva della denuncia sociale e/odel compiacimento generazionale. Ovviamente, cometutte le forme di mitologia contemporanea, gli stereotipivengono convocati, riassorbiti, in un continuo bricolagedi formule e stili che innesca sperimentazioni originali in

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cui il ricorso a dispositivi metatestuali prevale ampia-mente sulla costruzione di effetti di realtà.

A partire da queste considerazioni preliminari ci pro-poniamo di esplorare il legame tra le pratiche musicali el’esperienza delle sostanze stupefacenti, circoscrivendol’indagine all’analisi del videoclip, un fenomeno testualeche studiosi, registi, critici e pubblico hanno spesso chia-mato in causa nel dibattito dedicato alle forme di tradu-zione audiovisiva della droga. Forma breve da sempre“compromessa” con gli stereotipi (si pensi al canonicosex, drugs and rock’n roll), il videoclip viene consideratoin questa prospettiva come un luogo testuale esemplareper ricostruire le procedure di figurativizzazione deglistati alterati della percezione legati all’immaginario musi-cale. In particolare, l’ipotesi da cui muove questo saggioè che nei videoclip la sovrapposizione di suoni e immaginie le strategie di montaggio, modificando radicalmente ilgrado di realismo audiovisivo, si carichino di un effetto disenso che restituisce allo spettatore l’illusione di una perce-zione alterata dal consumo di sostanze stupefacenti. In al-tri termini, spesso il videoclip mira a valorizzare il branomusicale riattualizzando l’isotopia della droga tramite l’e-splicitazione dei suoi percorsi figurativi.

Quale pista seguire per provare a individuare in unaprospettiva sociosemiotica dei tratti distintivi comuni adue universi figurativi (musica e droga) apparentementetanto distanti? Proponiamo di partire dalle forme di ma-nipolazione del colore. Uno spunto interessante ci vienefornito da David Batchelor, docente di Teoria della criti-ca al Royal College of Art di Londra e autore di un sag-gio dal titolo provocatorio Cromofobia. Storia della pau-ra del colore.

Esiste una relazione abbastanza interessante fra le droghee il colore, e non è un’invenzione recente. Anch’essa, piut-tosto, risale all’antichità, ad Aristotele, che chiamava il co-lore una droga – pharmakón – e, prima ancora, all’icono-

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clasta Platone, per il quale un pittore era semplicementecolui che utilizzava “molti colori mescolati insieme”. A di-stanza di due millenni e mezzo, non sembra che le cosesiano cambiate molto. Negli anni sessanta, per esempio, ledroghe erano associate comunemente, e a volte comica-mente, non già alla distorsione delle forme quanto all’in-tensificazione del colore. Si pensi a quei film – Easy Riderè l’esempio più ovvio – che cercavano di rappresentare glieffetti dell’assunzione di LSD. Si pensi agli psichedelici; sipensi alle copertine di album, poster, testi di canzoni; sipensi, per esempio, a Her Satanic Majesty’s Request deiRolling Stones e alla canzone She Comes in colours (recen-temente ripresa per pubblicizzare i computer di tipo imac,colorati con colori vivaci (…) (Batchelor 2001, p. 31).

Nella sua esplorazione dedicata alla cromofobia Bat-chelor, giustamente, non si fa sfuggire un testo di riferi-mento come Le porte della percezione di Aldous Huxley.In questo, infatti, lo scrittore inglese descrive dettaglia-tamente l’esperienza dell’assunzione di mescalina, e ilprimo e più vistoso cambiamento che egli registra è pro-prio nella sua esperienza del colore:

Mezz’ora dopo aver ingoiato la droga divenni consapevoledi una lenta danza di luci dorate. Un po’ più tardi vi furo-no sontuose superfici rosse che ondeggiarono e si distese-ro da nodi brillanti di energia vibranti di vita ricopiata,continuamente mutevole (Huxley 1954, p. 15).

Nella sua descrizione della progressiva trasformazio-ne degli oggetti quotidiani, Huxley afferma: “oggi lapercezione aveva inghiottito il concetto”; e ancora: “leimpressioni visive sono grandemente intensificate e l’oc-chio recupera qualcosa della innocenza percettiva del-l’infanzia, quando il sensibile non era immediatamente eautomaticamente subordinato al concetto” (p. 19). Ri-conversione del figurativo nel plastico, rimodulazionedei contorni, sovrapposizione delle linee, la manipola-

RITMI E FORME DI UN’AUDIOVISIONE ALTERATA

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zione esasperata della dimensione cromatica reintroduceviolentemente nella dialettica tra soggetto e mondo ilpredominio del sensibile sull’intelligibile, riaffermandoancora una volta il primato di una predisposizione pre-cognitiva nei processi della significazione.

Huxley alla prova del videoclip? Perché no. La suadescrizione di uno stato di percezione alterata sembrarendere conto delle strategie testuali praticate in questeforme brevi per orientare il consumo degli spettatori.Infatti è proprio la manipolazione del colore a offrireuna delle chiavi di lettura dell’efficacia videomusicale.In un testo sincretico come il video, che nasce per valo-rizzare con le immagini una canzone, la manipolazionedel colore costituisce uno strumento estremamente ver-satile per tradurre sul piano visivo le proprietà sensibilidella musica come il ritmo e la melodia. Nei videoclip leproprietà del colore (tono, luminosità, grana, saturazio-ne) divengono oggetto di una pratica della manipolazio-ne visiva che si estende fino al recupero e alla ri-modula-zione di tutto un repertorio di figure tradizionalmenteassociate agli stati alterati della percezione. È proprio inquesto passaggio che emerge la presenza di un legamestretto tra i dispositivi audiovisivi che presiedono alla fi-gurativizzazione dell’esperienza della droga e gli stili diconsumo musicale del pubblico.

Spesso nella produzione videomusicale la messa inscena di alcune forme appartenenti all’universo figurati-vo della droga è distratta dal suo scopo primario, non èfinalizzata banalmente a riprodurre in modo credibile,realistico, l’esperienza del consumo di sostanze stupe-facenti, ma mira innanzitutto a suscitare nello spettato-re l’effetto di senso di una fruizione immersiva dellamusica. In altri termini, gli effetti che intervengono arimodellare il piano dell’espressione audiovisiva, rimet-tendo in forma un vasto repertorio di figure dell’alluci-nazione, mirano a indurre nello spettatore una predi-

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sposizione a un consumo pre-cognitivo della musica,un’esperienza sensibile alterata, dunque pienamentecoinvolgente.

Perdere definizione. È in questa formula che la speri-mentazione sui regimi di visibilità del videoclip si saldaall’esperienza della percezione alterata dall’uso di so-stanze stupefacenti. L’efficacia della droga si rivela nellacapacità di rimodulare, sino a stravolgere, l’esperienzadel sensibile, forzando le categorie astratte con cui ilsoggetto attribuisce senso al mondo. Prospettive, distan-za, colori: la droga “agisce” il soggetto, veicolando unanuova forma di intelligibilità che coinvolge la percezionedel proprio corpo, sospende la coerenza dello spazio, losvolgersi regolare del tempo.

Questi scenari della percezione alterata divengonooggetto a livello audiovisivo di una strategia di figurati-vizzazione che forza la leggibilità, la regolarità del pianodell’espressione, attraverso sovrapposizioni di effettispeciali. Sotto l’effetto di una manipolazione radicaleche interviene a modificare drasticamente il grado direalismo delle immagini, la leggibilità del figurativo la-scia progressivamente spazio alle qualità sensibili delplastico. Linee deformi, colori alterati, spazi in movimen-to si saldano a sonorità distorte, melodie irregolari, scartiritmici improvvisi, simulando una piena convergenza trala presa sensibile della musica sul corpo e l’esperienza diuna visione tattile indotta dalla droga. L’intervento suiregimi di visibilità, la capacità di modulare i punti dicontatto tra suoni e immagini alternando la piena coin-cidenza audiovisiva a una frattura marcata sono sgan-ciati dalle logiche narrative. Cellule ritmiche e sonoritàdilatate sono prese in carico e ulteriormente rilanciatedalla grafica e dagli effetti speciali che inscrivono all’in-terno del video il simulacro di un enunciatario domina-to da un punto di vista irregolare, continuamente dislo-cato, e da un’attitudine a tradurre i ritmi audiovisivi in

RITMI E FORME DI UN’AUDIOVISIONE ALTERATA

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movimenti corporei che potremmo definire “incontrol-lata”, imprevedibile.

Del resto, come afferma Abruzzese (1989, pp. 54-55), per rendere conto dell’appeal dei video musicali èutile indagare le procedure di simulazione della dimen-sione “tattile” del consumo.

Questo risultato, proprio coinvolgendo tutti i sensi in di-namiche metaconcettuali e inconsce, può essere ottenutosoltanto attraverso la miscela esatta tra immagini, musica,rumori. E non soltanto: anche tra forme visive, contenutievocativi, suggestioni mitologiche, archetipi collettivi, ste-reotipi di massa, trasgressioni e choc, corpi e ritmi, che,con ciascuno dei sensi linguisticamente impegnati, conser-vano e rilanciano precise ed identificabili marcature narra-tive, iconologiche, musicali.

Al fine di riattualizzare rapidamente sul piano visivo“l’onda d’urto estesica” – che in una situazione live è in-nescata dalla combinazione di musica, apparato sceno-grafico, movimenti del performer, reazioni senso-moto-rie del pubblico – nella produzione videomusicale sisperimentano forme di alterazione della percezione sem-pre più esasperate. Come afferma Frith (1988, p. 253)

Per le stelle del rock l’interrogativo è come ricostruire sulpiccolo schermo il senso di comunione che nelle esibizioniin diretta dipende dal rumore (…) il movimento diviene lametafora del suono – nell’eccesso visivo, nei tagli rapidi,nei frammentati corpi turbinanti, nella velocità senza sco-po; siamo sopraffatti dalle immagini per compensare l’es-senziale fiacchezza del suono televisivo.

L’esplicita assenza di realismo delle figure, la pro-gressione apparentemente casuale degli effetti speciali, ilritmo irregolare nei cambi delle inquadrature traduconodunque sul piano visivo l’irregolarità e l’incontrollabilitàdelle reazioni passionali e corporee indotte dall’ascolto

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della musica dal vivo. In una prospettiva semiotica la fi-gurativizzazione dell’isotopia di una visione alteratarientra in una strategia testuale complessiva che, agendosulle figure del ritmo, mira a suscitare l’interesse dellospettatore scavalcando il suo coinvolgimento cognitivo,stimolando piuttosto una reazione corporea istantanea,istintiva.

1. L’alterazione in video. Logiche di conversione

Per ricostruire le logiche che nei videoclip regolano ilfunzionamento e l’efficacia delle forme di traduzionedella percezione alterata è necessario interrogarsi sullostatuto semiotico delle forme di manipolazione delle im-magini (cfr. Peverini 2004b). Innanzitutto, proponiamodi ripartire dalla celebre distinzione elaborata da Chri-stian Metz ne La significazione nel cinema (1972) tratrucchi impercettibili, visibili, invisibili. Dal lavoro diMetz emerge con chiarezza che la nozione di truccoesprime inevitabilmente una certa duplicità:

Vi è in esso qualcosa che è sempre nascosto (poiché è untrucco solo fin tanto che la percezione dello spettatore èpresa di sorpresa) e contemporaneamente qualcosa che sipalesa sempre, poiché ciò che importa è che questa sor-presa di senso sia attribuita ai poteri del cinema (Metz1972, p. 279).

Tra i trucchi visibili ci sono senz’altro gli effetti otti-ci, che non mirano a restituire allo spettatore in modo“realistico” tutto ciò che rientra nella categoria del pro-filmico, a documentare in modo neutrale la presenza difigure poste davanti alla macchina da presa, ma si di-staccano in modo più o meno esplicito dalla normaledimensione diegetica, inscrivendo all’interno del testoindicazioni di ordine metalinguistico. Tornando al no-

RITMI E FORME DI UN’AUDIOVISIONE ALTERATA

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stro oggetto d’analisi, nell’ambito dei videoclip le tran-sizioni marcate, le sovrapposizioni, le accelerazioni, iralenti, la divisione dello schermo in riquadri, le negati-vizzazioni, le deformazioni, possono essere consideratea pieno titolo come interventi visivi appartenenti allacategoria degli effetti ottici. Per innescare l’effetto disenso di una visione alterata, distorta, il videoclip non silimita a recuperare dal cinema questo vasto repertoriodi trucchi visibili ma lo mette in scena facendo ampioricorso a processi sinestesici e a meccanismi di tipo se-misimbolico. L’allucinazione come effetto di senso nonemerge semplicemente a partire da una coincidenza dibattute musicali e tagli di montaggio, ma dall’attitudine atrasporre sul piano visivo il timbro e l’andamento tensivodella musica attraverso la manipolazione della grana del-le immagini. La distorsione delle forme, l’iperrealismodei colori, gli angoli di ripresa impossibili e i movimentidi macchina irreali si accordano con la musica saldan-dosi senza soluzione di continuità alle figure dai contor-ni ben distinti, alle sequenze in bianco e nero, a unacomposizione dell’inquadratura canonica, “neutrale”.Più di quanto non accada nel cinema, nel piccolo scher-mo e nel tempo contratto di una forma breve come ilvideoclip, suoni e immagini non corrono paralleli ma sisovrappongono. Logiche tensive distinte si ricompon-gono in combinazioni audiovisive in cui la musica si in-carna in un regime della visione irregolare, e contempo-raneamente il potere ipnotico delle figure dell’allucina-zione investe l’ascolto delle sonorità, fino a ri-orientar-lo, facendo riemergere le qualità sensibili della sostanzadell’espressione, la grana dei suoni.

Per effetto di questo processo di “contagio recipro-co”, la sensibilità dello spettatore è investita globalmen-te: inutile tentare di isolare la direzione e l’intensità del-lo sguardo dalla seduzione del suono che già investe l’o-recchio. Forzati da strategie di montaggio che esaltano i

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ritmi di superficie a scapito dello sviluppo armonico del-le architetture narrative, i dispositivi canonici di tradu-zione tra linguaggi autonomi retrocedono. L’alternanzadei punti di sincronizzazione si impone allo sguardo-ascolto rivelando una logica della tensività che mira acolpire, a confondere, a sospendere il giudizio sugli ef-fetti di realtà/finzione, sull’accordo tra il mondo possibi-le del testo e la coerenza rassicurante del mondo ester-no, contribuendo a far emergere progressivamente unregime della percezione che potremmo definire audiovi-sione alterata. Spesso ogni tentativo da parte dello spet-tatore di ricondurre questa polifonia audiovisiva a mec-canismi di tipo narrativo crea spaesamento, cade nelvuoto. Il testo istituisce questo orientamento a un’audio-visione alterata privando lo spettatore della possibilità diricondurre il proprio sguardo al punto di vista di una fi-gura delegata, di un osservatore interno.

Nei videoclip il montaggio, ritornando sugli stessi motivi,e giocando ogni volta su quattro o cinque temi visivi dibase, (…) è, più che un modo per far avanzare l’azione,un modo per far girare le facce del prisma, e per crearecosì, tramite la rapida successione dei piani, una sensazio-ne di polifonia visiva e persino di simultaneità (Chion1990, p. 140).

L’unica forma di adesione possibile sembra essere di ti-po estesico, passionale. Non resta che seguire il ritmo realedi un’allucinazione simulata. Se il videoclip trae spuntodal linguaggio cinematografico, per tradurre in sequenze iltema dell’alterazione della percezione, dal punto di vistadello svolgimento tensivo sviluppa dinamiche proprie.

Per quanto riguarda le strategie di montaggio, sul pia-no visivo l’isotopia della percezione alterata non manifestauna logica di sviluppo autonoma rispetto alla musica. Daun punto di vista ritmico tutti gli interventi che investonola dimensione visiva traggono la propria efficacia dalle

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procedure di sincretismo che li legano alla componentemusicale. Questo regime della visione si accende e si con-suma con un punto di sincronizzazione, il suo destino rit-mico è affidato alle linee evolutive di una battuta musicale.

Paradossalmente è proprio in questa solidarietà mar-cata in cui lo sguardo e l’ascolto si influenzano reciproca-mente e contribuiscono a trasformarsi che la traduzioneaudiovisiva della percezione alterata rischia di perdereefficacia. Le risonanze audio-visive che scaturiscono daquesta originale forma di sincretismo possono decretareuna rapida usura della formula, innescare un effetto disenso inverso in cui l’esperienza unica di un’allucinazio-ne simulata perde intensità, sfuma progressivamente inindifferenza seguendo il ritmo disteso di un manierismoriassumibile in uno slogan di successo mtvlike, stile mtv.

2. Nuove figure della percezione alterata

Accanto a un numero sempre maggiore di produzio-ni che si limitano a dare forma al connubio musica-dro-ga, riattualizzando soluzioni narrative e stilistiche conso-lidate, è possibile individuare alcuni testi esemplari incui la messa in scena delle forme di alterazione dellapercezione non è banalmente al servizio di un cliché col-laudato che vede la star nei panni del naughty boy, vitti-ma ammiccante e consapevole delle sostanze stupefa-centi, ma di una sperimentazione originale sulle strategiedi montaggio e sugli effetti di senso di cui si caricano leforme di manipolazione delle immagini.

Un regista che ha trasformato la ricerca sulle poten-zialità del linguaggio audiovisivo e sul portato esteticodegli effetti speciali in una vera e propria poetica dellapercezione alterata è Michel Gondry, il cui lavoro è statorecentemente celebrato con l’uscita di un DVD che rac-coglie una produzione videomusicale realizzata nell’arco

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di oltre quindici anni. In particolare, nel videoclip diLike a Rolling Stone il trattamento delle immagini, se-condo diversi gradi di deformazione, ha contribuito a ri-definire in modo radicale le forme di traduzione audio-visiva degli stati allucinatori indotti dal consumo di dro-ghe. Nel video, un complesso lavoro di post-produzioneha permesso di modificare, plasmare, rimodulare il ma-teriale visivo, investendo spazi e corpi di un’opacità dif-fusa la cui unica presa per lo spettatore è vincolata alpunto di vista continuamente dislocato, sfocato dellaprotagonista, una giovane donna tossicomane, e allosguardo apparentemente onnisciente di un osservatoreimplicito che in realtà si situa al margine della diegesi.

La figura del morphing gioca un ruolo strategico nel-la costruzione di un percorso della visione alterato, in-troducendo uno scarto violento nella dialettica tra vede-re e sapere; costringe lo spettatore a sospendere il giudi-zio sulla soglia che separa realtà e finzione.

Stavo cercando di sperimentare un modo nuovo di usarel’effetto morphing. Avevo due idee. La prima era di scatta-re dei fermi immagine che formassero una serie di quattroframe in un secondo e poi usare il morphing tra di loro inmodo che il personaggio ne uscisse modificato ma non losfondo. Si sarebbe deformato come se stessero tirando lasua pelle. Il secondo effetto nasceva dall’idea di stoppare iltempo usando due camere che scattassero dei fermi imma-gine da posizioni differenti, ma contemporaneamente, eusare il morphing tra di loro1.

In Like a Rolling Stone la deformazione del visibile èstrumento di una strategia testuale complessa che orche-stra abilmente gli effetti di senso innescati dalle due for-me di morphing con un’articolazione narrativa non li-neare. La progressione del percorso figurativo dell’allu-cinazione si sovrappone alle isotopie tematiche e allascansione dei programmi narrativi, dando forma in mo-

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do frammentato alla parabola discendente di una donnabenestante e anticonformista innescata dal consumo disostanze stupefacenti e di alcolici.

Nel video il primo tipo di morphing è impiegato sen-za distinzione per restituire il punto di vista della donnanei confronti del mondo esterno, ma anche per simulareil suo sguardo interiore, un labirintico viaggio nella me-moria filtrato dalla droga, in cui i ricordi e le allucina-zioni si confondono fino a rendere indistinguibile la so-glia tra realtà e finzione.

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Allo scopo di accrescere l’effetto di senso di una sen-sibilità corporea irregolare, di uno sguardo in balia de-gli effetti delle sostanze stupefacenti, l’operazione dicontrazione/dilatazione del morphing si combina con losfocato. Per effetto di questa sovrapposizione, la bassadefinizione delle immagini, la dispersione dei contorni,i movimenti di macchina scomposti, le transizioni mor-bide, “liquide” tra i fotogrammi si armonizzano, entra-no in risonanza, fanno sistema, traducendo sul piano vi-sivo una blurred vision2, una forma di presa sul mondodefinitivamente fuori controllo.

The Rolling Stones, Like a Rolling Stones. Regia:Michel Gondry.

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Questa configurazione di effetti ottici entra in unaprecisa rete di corrispondenza con le sequenze in cuiviene utilizzata la seconda serie di effetti speciali speri-mentati da Gondry. La tecnica nota come bullet timepermette di dinamizzare una singola inquadratura, si-mulando tramite il morphing tra i diversi fotogrammi,un movimento circolare completo intorno a una figura.In Like a Rolling Stone questo spostamento della mac-china da presa, combinato con un’alta definizione delleimmagini, si alterna alle soggettive reali e mentali dellaprotagonista innescando una relazione di tipo semisim-bolico che si carica di una forte valenza veridittiva. Dacui lo schema:

Figure distorte Forme regolariSfocato vs Immagini nitideBassa definizione Alta definizioneMovimenti m.d.p. irregolari Movimenti m.d.p. regolari__________________________________________________Allucinazione Realtà

Questi interventi che investono il piano dell’espres-sione del testo innescano un contrasto plastico e figura-

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The Rolling Stones, Like a Rolling Stones. Regia:Michel Gondry.

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tivo che si rivela molto efficace nel restituire la difficoltàdi essere presenti a se stessi, padroni del proprio corpo.La sanzione finale non è esplicitata, il lieto fine è cancel-lato. L’incapacità di tenere la posizione, la difficoltà aorientarsi nello spazio interpellano lo spettatore fino al-l’ultimo fotogramma, lasciando emergere accanto allasospensione del percorso narrativo della droga le traccedi un’altra inevitabile odissea, l’alienazione, il rifiuto so-ciale del contatto.

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The Rolling Stones, Like a Rolling Stones. Regia: MichelGondry.

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3. Labirinti

Basta uno sguardo, anche distratto, a un frammentodella programmazione attuale delle televisioni musicaliper rilevare i segnali di una prima evidenza: l’esigenza diraddoppiare sul piano visivo l’appeal di un brano musi-cale contribuisce a rinnovare costantemente il repertoriodelle forme di alterazione delle immagini. Elaborare unatipologia in grado di ricondurre gli interventi di defor-mazione ottica agli stati alterati della percezione deri-vanti dall’assunzione di droghe differenti è un’operazio-ne destinata a infrangersi sotto la spinta di continue eimprevedibili trasformazioni innescate innanzitutto dal-l’evoluzione dell’industria degli effetti speciali. È inne-gabile tuttavia che i generi musicali di riferimento, le so-norità, l’immagine pubblica di un performer o di unaband contribuiscano a condizionare la scelta dello stiledi regia e, di conseguenza, il ricorso a forme di manipo-lazione delle immagini in grado di evocare le sensazioniindotte dal consumo di droghe.

Acido. Il termine cela una piccola forma di mitologiacontemporanea in cui le dimensioni distinte della droga,della musica e del video si sovrappongono, si rafforzanoappropriandosi reciprocamente di percorsi narrativi estrategie della figurativizzazione la cui efficacia si fondasulla capacità di prendere in carico e rimodulare i movi-menti corporei e le passioni del soggetto. Nell’immagi-nario collettivo l’acido gioca un ruolo essenziale nell’o-perazione necessaria a far collimare i due universi figu-rativi della musica e della droga, innescando una formadi traduzione talmente efficace da neutralizzare almenoin apparenza le distinzioni tra sistemi di significazioniregolati da logiche differenti. Suoni acidi/Colori acidi.Ovviamente?

Un videoclip in cui il trattamento delle immagini recu-pera e rimette in forma l’immaginario collettivo legato alla

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percezione alterata dal consumo di sostanze lisergiche pervalorizzare l’album musicale è Mixed Bizness, realizzatonel 2000 da Stephane Sednaoui per Beck. Allo scopo ditrasporre sul piano visivo l’andamento sincopato del sin-golo, un brano electro-funky in cui prevalgono ritmi irre-golari e scarti melodici, nel video vengono convocate di-verse figure della distorsione. Morphing, ripartizione delloschermo in riquadri, sovrapposizione delle figure, solariz-zazioni si susseguono, infrangendo la dimensione del vero-simile audiovisivo fanno irrompere un regime della visioneirregolare che permette allo spettatore di accedere a unadelle infinite declinazioni dell’irreale. La metafora del trip,di un viaggio in cui la droga allucinogena stravolge la per-cezione del soggetto, contribuendo a ridefinirne l’identità,è esplicita. La saturazione dei colori è oltre il limite, rosso-verde-giallo si fanno fluorescenti, staccandosi dalle figure,dai corpi, dagli spazi invadono tutto lo spazio dell’inqua-dratura, cancellano il nero neutrale del fondo.

Calarsi un acido: la metafora si incarna in una sequen-za di zoom in e zoom out che hanno origine e conclusione

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Beck, Mixed Bizness. Regia: Stephane Sednaoui.

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dal corpo della star musicale e che fanno emergere neltesto l’isotopia spaziale della caduta e della riemersione.La figurativizzazione di una percezione alterata, ritmi eforme di una visione mediata dalle droghe sintetiche, so-no innescati da una figura ambigua, un buco-specchioche in un processo di replica apparentemente senza finericopre il vestito e il corpo del musicista.

Queste fessure interrogano lo spettatore; oggetti im-possibili, agiscono alternativamente come filtro inter-di-mensionale o come superficie riflettente in grado di esa-sperare il gioco delle deformazioni. Nel primo caso la fi-gura-buco agisce esplicitamente come un dispositivodella veridizione, come soglia tra due mondi completa-mente sganciati e resi attraverso uno stile di regia cheesaspera il gioco dei contrasti plastici. Prima dell’ingres-so nel foro. Beck è protagonista di una performance psi-chedelica sofisticata, priva di scenografie, in cui domina-no sfondi elettronici, e i continui cambi di inquadraturaesaltano i movimenti sensuali delle ballerine e i dettaglidei loro corpi che si deformano al ritmo della musica.Dopo l’ingresso nel corpo del performer, la macchina dapresa rivela paradossalmente un mondo rovesciato, inbianco e nero, in cui le figure sono perfettamente distin-guibili, e i paesaggi acidi dell’elettronica lasciano spazioalle dune di sabbia. Nel secondo caso la figura si rivelauno specchio deformante, dispositivo di enunciazioneenunciata che rilancia e moltiplica all’infinito i diversiregimi di visibilità e di conseguenza gli effetti di veridi-zione di cui si caricano all’interno del testo (realtà/illu-sione; autenticità/finzione). Il performer, preso nel giocodei riflessi, perde la faccia davanti allo specchio, innescan-do una singolare mise en abîme in cui il morphing rendeindistinguibile sfondo e primo piano, discesa e risalita.

L’originalità di questa messa in scena della psichede-lia, tuttavia, non si riduce al ritmo sfrenato con cui sisusseguono gli effetti speciali né al gioco dei rimandi in-

RITMI E FORME DI UN’AUDIOVISIONE ALTERATA

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tertestuali. L’alternanza di simulazioni e rivelazioni, le fi-gure di una percezione acida, filtrata dagli allucinogeni,rientrano in una strategia globale di legittimazione del-l’identità della star che si riappropria dell’universo figu-rativo legato alla disco music per valorizzare le sonoritàdel brano musicale. Il buco-specchio si rivela un efficaceconnettore isotopico, in grado di agire come dispositivodi occultamento/rivelazione dei dispositivi finzionali,ma anche di aprire al recupero di figure come la strobo,che nell’immaginario collettivo condensano l’esperienzadella fruizione della musica in discoteca restituendo sulpiano visivo, attraverso le infinite sequenze di figureastratte, lo sbilanciarsi sfrenato dei corpi nei club.

Un (semplice) gioco di luci, forme e colori?

PAOLO PEVERINI

Dopo aver raggiunto un livello massimo di sofistica-zione nelle forme di trattamento degli effetti ottici, latraduzione visiva del trip celebra le sue stesse origini, ri-porta alla luce l’antico dispositivo che da sempre per-

Chemical Brothers, Let Forever Be. Regia: Michel Gondry.

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mette all’uomo di perdersi felicemente in un viaggio-la-birinto, innescando una frattura temporanea nella rego-larità del mondo e del suo sguardo. Il caleidoscopio.

1 Dichiarazione rilasciata da Michel Gondry e pubblicata in I’ve beentwelve forever, book allegato al Dvd The Work of Director Michel Gondry,Palm Pictures, 2003.

2 Sullo statuto semiotico delle immagini sfocate cfr. Dusi 1999.

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