76
La rivista del Credit Suisse dal 1895 Numero 1 Marzo/Aprile 2008 Rivoluzioni Dieci eventi che hanno contrassegnato il XX secolo Diecimila giovani che difendono i valori degli Stati Uniti Asia-Pacifico A colloquio con il CEO Kai Nargolwala Sudafrica Crescita economica a briglia sciolta Fondazioni Il Credit Suisse e il suo impegno sociale Madeleine Albright L’importanza di lavorare sodo

Rivoluzioni - credit-suisse.com · smettere uno stile, un sistema, un dogma, una formula o una moda, ma esclusivamente quello di esercitare un influsso stimolante sulla progettazione»

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

La rivista del Credit Suisse dal 1895 Numero 1 Marzo/Aprile 2008

RivoluzioniDieci eventi che hanno contrassegnato il XX secolo

Diecimila giovani che difendono i valori degli Stati Uniti

Asia-Pacifi co A colloquio con il CEO Kai Nargolwala

Sudafrica Crescita economica a briglia sciolta

Fondazioni Il Credit Suisse e il suo impegno sociale

Madeleine Albright L’importanza di lavorare sodo

Desidera dare il suo apporto per lo sviluppodella nostra società?

Con una donazione, un lascito o un’istituzione d’erede può contribuire a cambiare il mondo.

Restiamo a sua completa disposizione per ulteriori informazioni:Fondazione di pubblica utilità SYMPHASIS, Schanzeneggstrasse 3, CH – 8070 ZurigoTelefono +41 44 332 14 45, fax +41 332 14 46, www.symphasis.ch, [email protected]

SYMPHASIS è sostenuta dal Credit Suisse

SYMPHASIS: la Fondazione di pubblica utilità per

Impegni in campo socio-caritativoProtezione di natura, ambiente, animali e specieSport di massa e per disabiliGiovani e anzianiCultura

Sym_Inserat_i.qxd 14.2.2008 12:42 Uhr Seite 1

03F

oto:

Céd

ric

Wid

mer

Editoriale

1° posto

La rivoluzione piace a tutti! E lo si capisce anche da quanto velocemente la redazione ha scelto l’argomento per questo numero del Bulletin. In effetti, il concetto si presta ottimamente a fare da tema principale: la rivoluzione è poliedrica, sorprendente, controversa, globale e, con un pizzico di buona volontà, ritrova una sua ragion d’essere anche a quarant’anni dal ’68.

Ma quando siamo entrati nel merito dei temi storici per i diversi articoli, im­provvisamente le cose si sono complicate. Come si definisce una rivoluzione? Una determinata fase di sviluppo non è piuttosto un’evoluzione? E ancora: invece che di rivoluzione non è forse più corretto parlare di rivolta? E dove mettiamo eventi come la rivoluzione industriale, ma anche e soprattutto la liberazione sessuale degli anni Sessanta?

L’Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse definisce il termine in generale come «rovesciamento radicale di un ordine politico­istituzionale costituito». Un dato interessante: il concetto fu utilizzato per la prima volta in astronomia per designare il «movimento orbitale periodico di un corpo celeste, attorno a un altro di massa superiore».

In tutti i dizionari segue poi un’ampia trattazione della rivoluzione in chiave socio­politica, con una lunga lista di esempi: dalla Glorious Revolution in Inghilterra alla rivoluzione americana, francese, d’ottobre, dei garofani, culturale, fino a quella dei tulipani kirghisa. Senza dimenticare la rivoluzione intellettuale, quella scientifica e quella keynesiana in economia. In poche parole: oggi il termine rivoluzione è decisamente inflazionato, a partire dalle virtù «rivoluzionarie» di qualsiasi aspirapolvere fino alla formula «rivoluzionaria» della nuova lacca per capelli…

In questi esempi tratti dal mondo del marketing è interessante notare che il termine ha sempre un’accezione positiva: la rivoluzione dell’aspirapolvere pro­ mette senza dubbio un netto miglioramento. Ma per le grandi rivoluzioni della storia non è così semplice: a seconda del credo politico, il giudizio storico può infatti risultare molto diverso. Ma non vogliamo aprire un dibattito ideologico: desideriamo piuttosto rendere giustizia, con parole e immagini, alla versatilità di questo concetto e illustrare l’ampio spettro di interessanti rivoluzioni inter­venute nei più diversi ambiti di vita. In questo senso vi auguro una piacevole lettura del nostro Bulletin, che alla fine non è poi così rivoluzionario. Daniel Huber, caporedattore del Bulletin

Investment Banking • Private Banking • Asset Management

Nuove Prospettive. Per Voi.

Dal 1993 sponsor principale della Nazionale di calcio.

Ci adoperiamo con profondo impegno af nché la passione giovanile si trasformi in una nuova prospettiva: il successo del calcio svizzero.www.credit-suisse.com/calcio

Per voi è l’ingresso in campo di un nuovo giocatore.

Per noi è anche il sostegno ai giovani talenti.

14061_220x297_Bulletin_fusA_i.in1 1 4.2.2008 8:46:12 Uhr

Sommario 05F

oto

di c

oper

tina:

Mat

hias

Hof

stet

ter

| Fot

o: S

tefa

n F

alke

Rivoluzioni  Si manifestano in modo violento o pacifico,  lentamente o dal giorno alla notte. Avvengono nella politica, nella cultura e nella tecnica. E sempre cambiano un poco il mondo.

06 _ Pietre miliari Dieci eventi che hanno contraddistinto il XX secolo

14 _ Tradizione  I fieri discendenti di chi ha lottato per la  libertà americana difendono i valori supremi del loro paese

18 _ Hedge fund Un prodotto classico che nell’ultimo  decennio ha rivoluzionato il mondo finanziario

22 _ Commercio equo La storia di uno svizzero che ha abbandonato la carriera per abbracciare la causa dei coltivatori di avocado

27 _ Business

28 _ Sfide Intervista a Kai Nargolwala, CEO della regione Asia-Pacifico

30 _ Viaggio per le PMI A tu per tu con l’impren­ditoria e la cultura cinesi

34 _ World Economic Forum Importanti colloqui in qualità di partner strategico

35 _ Invest Analisi e trend attuali

43 _ Economia

44 _ Vietnam Da fiacco paese agricolo a mercato emergente in pieno boom

48 _ Microtransazioni Benvenuti nell’economia digitale del mondo virtuale!

50 _ Sudafrica Crescita economica al galoppo

53 _ Traffico dei pagamenti Trasferimenti di denaro senza barriere

57 _ Sponsoring

58 _ Cecilia Bartoli Tournée europea con la kammerorchesterbasel

60 _ Calcio Una fitta rete di appuntamenti in attesa degli Europei

62 _ Dialogo culturale La New York Philharmonic incanta il pubblico asiatico

63 _ Società

64 _ Filantropia  Riflessioni sulla responsabilità sociale delle imprese

66 _ Ambiente Quando l’ecologia è una... carta vincente

68 _ Chantal Cavin Una vita a cento all’ora nonostante la cecità

70_ Leader Madeleine Albright Riflessioni sull’America, Dio e la politica globale

Informazioni pratiche

62 _ Sigla editoriale

43 _ Buono a sapersi

56 _ Appunti di lettura

74 _ @ proposito e link online

14

Il «Forest Stewardship Council» (FSC) definisce con dieci principi e criteri lo standard per un’economia forestale rispettosa delle norme ambientali e sociali. Carta svizzera (Z-Offset, con il 30% di quota FSC) ottenuta da cellulosa europea, fabbricata dalla Ziegler Papier AG di Grellingen, ditta certificata secondo la norma ISO 14001. Il nostro know-how a portata di clic: www.credit-suisse.com/infocus

Rivoluzioni del XX secoloIrrompono sulla scena in maniera violenta o pacifi ca, si manifestano lentamente o dal giorno alla notte e nei settori più disparati, dalla politica, alla cultura fi no alla tecnica. Cos’hanno in comune? Il mondo non è più lo stesso di prima. Ecco dieci esempi di rivoluzioni grandi e piccole che hanno cambiato la nostra vita.

Motorizzazione globale di massa Ciò che il miliardario indiano Ratan Tata vorrebbe raggiungere con la sua auto da 1700 euro «Tata Nano», ossia la motorizzazione globale di massa, ha in realtà inizio nel 1908 con il Modello T di Henry Ford. La «Tin Lizzie», così come veniva chiamata, approda inizialmente sul mercato al prezzo di 850 dollari. Ha una potenza di 20 CV per una velocità di 72 km/h e consuma 28 litri per 100 chilometri. Nel 1913 Ford inventa la produzione a catena: anziché in 12 ore e 7 minuti, la vettura viene assemblata in soli 93 minuti, facendo crollare il prezzo a 370 dollari. L’auto diventa così alla portata del ceto medio e le vendite fanno registrare livelli record. Nel 1914, i 13 000 dipendenti Ford producono più di 300 000 veicoli, più di tutte le altre 299 case automobilistiche messe insieme. Fino alla sua uscita di scena nel 1927, vengono prodotte più di 15 milioni di «Tin Lizzie». Henry Ford non ha rivoluzionato solo la nostra mobilità, ma anche la visione del mondo del suo tempo. «Credo nei cavalli» affermava l’imperatore Guglielmo II. «L’automobile è solo un fenomeno passeggero». mk Foto: montaggio a catena del Modello T nelle officine Ford a Highland Park, Michigan.

Versi senza parole Fondato a Zurigo nel 1916 da giovani immigrati e pacifisti come Hugo Ball e Hans Arp, il Dadaismo si trasforma rapidamente in una corrente dell’era moderna; raggiunge ben presto città come Berlino, Amsterdam, Roma e perfino Mosca e New York, diven-tando così un movimento internazionale. Il Dadaismo non vuole essere solo una corrente artistica, ma anche un’ideologia, contestando tutto quello che appare «obsoleto, imbalsamato, imbrigliato», così come descritto nell’almanacco del 1920. Gli artisti si scagliano anche contro l’arte, mettendo in discussione tutto quanto viene proposto dalla società e dal sistema di valori del tempo. «Riscriviamo quotidia-namente la vita»: il credo di Ball in relazione alla letteratura si traduce in un approccio libero da pregiudizi, e in parte casuale, alla lirica, alla parola e al suono. Nascono così poesie simultanee e fonetiche, i «versi senza parole» oppure poesie con un ordine casuale delle parole. Oggi, il Cabaret Voltaire a Zurigo testimonia l’origine di questa piccola rivoluzione (letteraria). rg Foto: Hugo Ball in un costume d’ispirazione cubista,

con commento scritto a mano, Zurigo, 23 giugno 1916

Fot

o: H

ulto

n A

rchi

ve,

Get

ty Im

ages

| P

rest

ito d

al la

scito

Hug

o B

all,

Arc

hivi

o R

ober

t W

alse

r, Z

urig

o

Rinuncia al passato «L’obiettivo non è quello di tra -smettere uno stile, un sistema, un dogma, una formula o una moda, ma esclusivamente quello di esercitare un influsso stimolante sulla progettazione». Secondo il suo manifesto, all’interno del Bauhaus fondato nel 1919 da Walter Gropius gli scultori, i pittori, gli architetti ed altri artisti devono lavorare insieme al «nuovo edificio del futuro», fondendo in un tutt’uno tecnica e arte. Con questo approccio e con la rinuncia ad elementi e stili di epoche passate, il Bauhaus percorre vie del tutto inesplorate e nuove, rivoluzionando il mondo dell’archi-tettura e dell’arte quale scuola più importante del XX secolo. L’esempio emblematico di queste idee è la scuola proget-tata da Gropius a Dessau, con la quale definisce i primi criteri di uno stile di portata internazionale. Fino alla chiusura nel 1933 ad opera dei nazionalsocialisti, al Bauhaus si sono succe-duti insegnanti del calibro di Paul Klee, Johannes Itten, Lyonel Feininger e Wassily Kandinsky. rg Foto: la facciata del Bauhaus a Dessau

Chic con il Che L’Avana, 5 marzo 1960: in occasione delle esequie per le 138 vittime di un’esplosione di una nave, Fidel Castro si rivolge al popolo. Al suo fianco si trovano Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre, ma ecco spuntare a lato del palco Ernesto «Che» Guevara. Scruta l’infinito con i capelli al vento e indossa un basco con una stella a cinque punte: è proprio in questo momento che il fotografo cubano Alberto Korda scatta due fotografie, dando vita all’immagine che ha fatto del Che l’icona rivoluzionaria più famosa di tutto il mondo. Inizialmente, il suo ritratto campeggiava sulle bandiere e le magliette dei sessantottini e degli oppositori del Vietnam. Oggi troviamo fazzoletti del Che, posa-cenere e perfino un orologio svizzero con il suo nome; un autonoleggio utilizza la sua immagine così come un operatore di telefonia mobile, mentre Giselle Bündchen indossa un bikini «modello» Che. Il Che non è solo chic, ma anche uno dei marchi di maggiore successo del capitali-smo. Proprio lui, un comunista caparbio e dogmatico che fi no alla sua morte nella giungla boliviana ha creduto nella rivoluzione mondiale. mk

Foto: le spille del Che sono la quintessenza del merchandising rivoluzionario

Gambe in vista Dalla fiducia incondi-zionata nelle autorità allo spirito ribelle, da Heintje a Hendrix, dalla gonna a pieghe alla minigonna: con questa scoperta, Mary Quant scatena quello che probabilmen-te è lo «shock tessile» più travolgente del secolo. Nel 1965, la giovane inglese disegna una gonna che termina almeno 10 centi-metri sopra il ginocchio. Dapprima percepita come scandalosa, fa rapidamente capolino negli armadi di tutte le donne alla moda, sia nobili che giovani, fornendo argomenti di discussione nei teatri o nelle serate di gala, specialmente quando nel 1969 la mini rag-giunge il suo record, coprendo a stento il fondoschiena. Disprezzata dalle femmi niste e amata dalle fautrici, in quanto non tra-sformava la donna in un oggetto sessuale bensì la liberava dalle costrizioni, la mini-gonna rivoluziona il mondo della moda fino ai giorni nostri, sebbene a volte con canoni estetici alquanto discutibili. rg Foto: Mary

Quant con una modella durante una prova

Fot

o: M

onik

a N

ikol

ic, a

rtur

| J

ohn

Van

Has

selt,

Cor

bis

| B

ettm

ann,

Cor

bis

Diritto alla protezione Dal momento che gli ideali morali degli anni Sessanta sono ancora estremamente conser-vatori (l’omosessualità è ancora punibile), la prima pillola viene prescritta solo alle donne sposate quale «rimedio contro i disturbi mestruali». Già qualche anno più tardi, la pillola anti-concezionale è molto diffusa, nonostante il contenuto di ormoni notevolmente elevato rispetto ai farmaci odierni. Accanto alle questioni sociali, il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo è un tema centrale dei movimenti femministi e delle loro rivolte in molti paesi europei. Infatti, la pillola non rappresenta solo l’emblema della rivoluzione sessuale e femminista, ma implica anche il cosiddetto «effetto pillola», ossia il forte calo delle nascite. A tutt’oggi è considerato il metodo contrac-cettivo più sicuro. Ma è un’altra rivoluzione a farsi attendere: il cosiddetto «pillolo». Nel 2007, anche l’ultima azienda farma-ceutica ha sospeso le attività di ricerca in questo settore. rg

Foto: la pillola

Carne marcia I movimenti di protesta hanno bisogno di eroi musicali. Frank Zappa non è il più famoso, ma probabilmente il più radicale tra questi. L’italo-americano, che fino alla sua morte nel 1993 ha pubblicato circa 60 album, era un anticonformista sotto tutti i punti di vista: univa il rock alla musica classica, sperimentando nuove tecniche di registrazione. Faceva recitare al pubblico delle poesie e gli gettava addosso carne marcia. Nei suoi testi, questo brillante autore schernisce, nel pieno spirito della cultura hippy, la pruderie e il culto della ban-diera dell’America cristiana. Era al tempo stesso un padre di famiglia, un critico delle droghe e un leader autoritario della sua band, sprezzante con i colleghi: «La mag-gior parte delle rockstar non è poi così intelligente. Non ho mai sentito il bisogno impellente di frequentarle». Frank Zappa è sinonimo di individualismo, libertà e indi-pendenza; è l’incarnazione del rivoluzio-nario che non si lascia monopolizzare né dall’industria d’intrattenimento, né dai partiti. mk Foto: Frank Zappa, provocatore e uno dei

chitarristi più talentosi del suo tempo.

2 300 000 000 000 Questo è il numero di SMS che, secondo una stima, verranno inviati in tutto il mondo nel 2008. Non possiamo più immaginare la nostra vita quotidiana senza messaggini e, di conseguenza, senza cellulare. Oggi, un telefonino rientra nell’«equipaggiamento base» di un bambino di dieci anni, uno scenario quasi impensabile fino a 15 anni fa. In quel periodo vengono create le prime reti di telefonia mobile a copertura totale, che richiedono una potenza ridotta delle batterie, permettendo di realizzare involucri più piccoli e quindi gli odierni cellulari. Negli anni successivi, la tecnica rivoluzio-na la vita quotidiana, dal momento che sia le informazioni, sia le persone sono reperibili in qualsiasi momento: il capo ci può rintracciare anche sulle piste da sci, per la festa della mamma facciamo gli auguri in fila alla mensa e concludiamo gli affari con un semplice «clic». Il cellulare avvicina il mondo: rimane solo da sperare che quest’anno ci faccia davvero avvicinare per ben 2300 miliardi di volte. rg Foto: un cellulare degli anni Ottanta

Fot

o: Im

ageS

hop,

Cor

bis

| M

icha

el O

chs

Arc

hive

s, G

etty

Imag

es |

Ton

y M

cCon

nell,

Sci

ence

Pho

to L

ibra

ry

Strudel, aringhe arrotolate o brioche alla cannella? Come spesso accade, anche questa rivoluzione tecnica sembra essere nata per errore. «Pensavo fosse solo un’idea carina, niente di più», afferma l’informatico Ray Tomlinson, che nel 1971 ha spedito la prima e-mail inserendo il simbolo @ all’interno dell’indirizzo. Trent’anni più tardi, ben 30 miliardi di messaggi elettronici sfrecciano ogni giorno su Internet e il simbolo @ è diventato l’emblema dell’era dell’informazione. La sua origine risale al Medioevo, quando i commercianti lo utilizzavano come unità di misura. Nel Rinascimento, il simbolo @ inteso come abbreviazione di «at» («presso») assume un altro significato e, dopo la rivoluzione industriale, si diffonde nel settore della contabilità, cosa che spiega perché Ray Tomlinson l’ha ritrovato sulla sua tastiera. Oggi, @ è il più inter-nazionale dei simboli; ma è alquanto sorprendente che non si sia diffuso un nome unitario per denominare la «chiocciola». I nomi variano da «strudel» (Israele) a «brioche alla cannella» (Svezia), fino ad «aringhe arrotolate» (Slovacchia e Repubblica Ceca). Ma sono gli estoni ad aver col-pito nel segno con il termine «Kriksatrulla», ossia «cosa incomprensibile». mk Ray Tomlinson, informatico di Cambridge, Massachusetts, inventore dell’e-mail con

il simbolo @.

Vive les couleurs! «Quando mi trovavo di fronte a un paesaggio mozzafiato, pensavo solo a far risuonare i miei colori senza tener conto di regole e divieti». Henri Matisse, che così si esprimeva in merito al suo nuovo atteggiamento verso il colore e la luce, getta nel 1905 le basi del Fauvismo insieme ad André Derain e Maurice de Vlaminck. In alcuni esperimenti iniziano a semplificare molto gli elementi figurativi, a rinun-ciare alla creazione dei modelli ricorrendo al chiaro/scuro e a dipingere con colori complementari puri, stendendoli a punti o a linee nette. «Les fauves» ossia le belve, come veniva etichettato il gruppo dai critici, non seguono una determinata teoria, bensì un atteggiamento mentale: allontanamento dal Naturalismo e dall’Impressionismo ed enfasi sulla composizione e sulla resa di una sensazione soggettiva. Questo rapporto casuale con il colore, la forma e il contenuto rivoluziona l’arte moderna. rg Foto: Tête de femme, 1905, André Derain

Fot

o: J

ason

Gro

w |

And

re D

erai

n (1

88

0–1

95

4),

Têt

e de

fem

me,

19

05

(olio

su

tela

), ©

Pri

vate

Col

lect

ion,

Pho

to ©

Lef

evre

Fin

e A

rt L

td.,

Lon

don,

The

Bri

dgem

an A

rt L

ibra

ry,

© 2

00

8,

Pro

Lit

teri

s, Z

urig

o

Figlie della rivoluzione: Olivia Bowie, 12 anni, e sua sorella Nora, 7 anni.

Credit Suisse Bulletin 1/08

14 Rivoluzioni Discendenti

15Rivoluzioni DiscendentiF

oto:

Ste

fan

Fal

ke

Credit Suisse Bulletin 1/08

I loro antenati hanno combattuto al fianco di George Washington per la libertà dell’America. Oggi i figli della rivoluzione americana considerano se stessi come i custodi di un grande patrimonio storico-culturale e si schierano a difesa dei valori supremi del loro paese.

Testo: Peter Hossli

Olivia Bowie lascia penzolare lentamente le gambe affusolate, e con un certo imbarazzo gira con le dita una ciocca dei lunghi capelli. Ha le unghie dipinte di arancio. In volto un’espressione trasognata. Ma la dodicenne sa già cosa farà da grande. «Voglio diventare Presidente», osserva spigliata. «Così potrò cambiare tut-to quello che non mi piace». E se proprio non dovesse riuscire ad arrivare alla Casa Bianca, Olivia ha già pronta un’alternativa. «Allora voglio diventare direttrice della mia scuola». L’importante è che possa dirigere gli altri, afferma. Ma l’approccio con cui la ragazza guarda al futuro è chiaro: «Farò sempre ciò che ritengo giusto, senza temerne le conseguenze».

«Non mollare mai» è il principio di vita della giovane americana, che si è ispirata al suo modello assoluto: George Washington, il generale che 232 anni fa guidò la Guerra di indipendenza, liberan-do le 13 ex colonie americane dal giogo della corona britannica. Al fianco di Washington si era battuto con coraggio anche un diretto antenato di Olivia: il maggiore John Bowie aveva infatti combattuto nella Carolina del Sud. Il padre di Olivia ha scoperto questa discen-denza due anni fa. Da allora, la ragazza legge soprattutto le gesta storiche dei giorni della rivoluzione, studia i piani dei campi di bat-taglia e le modalità di costruzione delle armi dell’epoca. «È stato bello sapere di avere un antenato così importante», afferma. «Nes-suna delle mie amiche vanta parentele con un vero rivoluzionario». I suoi occhi brillano. «Mi sento speciale».

Olivia è una figlia della rivoluzione americana, come le sue due sorelle e gli altri sette bambini che in questo sabato freddo e pio-voso si sono dati appuntamento in una casa privata dell’elegante cittadina di Sandwich a Cape Cod. Si tratta dell’incontro annuale del gruppo del Massachusetts dei Children of the American Revolution (CAR), un’associazione patriottica attiva in tutti gli Stati Uniti e fondata nel 1895 da Harriett Lothrop.

Lo scopo dell’autrice di libri per bambini era quello di insegnare ai giovani «il vero spirito del patriottismo e l’amore per il proprio paese». In questo modo, intendeva preparare i più piccoli al loro ruolo di futuri dirigenti e di membri esemplari della società. «I buo-ni cittadini non nascono dall’oggi al domani», affermava Lothrop.

«Devono acquisire consapevolezza di questo ruolo, giorno dopo giorno». Oggi l’associazione conta circa 10 000 membri di età com-presa tra un mese e 21 anni, in tutti i 50 stati federali e anche in numerosi paesi al di fuori degli USA.

Verifiche affidate a un esperto genealogista

All’associazione può iscriversi soltanto chi è in grado di comprovare una parentela di sangue con una persona che aveva servito nell’eser-cito continentale, oppure con qualcuno che aveva aiutato concre-tamente le truppe. Ma dimostrarlo è tutt’altro che semplice. Una testimonianza orale dei nonni non è sufficiente. Viene rifiutata an-che la candidatura di chi ha soltanto un albero genealogico «fatto in casa». È infatti necessario presentare documenti di valenza storica. Chi è in possesso di tali testimonianze può presentarle alla cen- trale CAR, dove un esperto genealogista sottopone il materiale a un’attenta verifica e prende la decisione definitiva sull’ammissione.

Chi riesce ad entrare nell’associazione ha la possibilità di allac-ciare preziosi contatti, utili per tutta la vita. Non a caso ne hanno fatto parte ben sedici presidenti, tra cui i due Bush (padre e figlio), Jimmy Carter, Dwight Eisenhower o Gerald Ford.

Assieme, i «figli della rivoluzione» svolgono ricerche sui loro avi, tengono riunioni regolari e si lasciano ispirare dai principi del Congresso statunitense. Senza alcun orientamento politico, i ragazzi imparano il funzionamento dello Stato, ma visitano anche musei, aiutano a restaurare monumenti storici o adornano i sacra-ri dei soldati rivoluzionari. La scorsa estate, Olivia Bowie ha collo-cato una targa di bronzo sulla tomba del colonnello Joshua Gray. Nominata storica ufficiale del gruppo del Massachusetts, nel tem-po libero Olivia raccoglie informazioni sulle persone che, pur non essendo state direttamente coinvolte negli eventi bellici, hanno supportato concretamente la rivoluzione, come infermieri, mani-scalchi o macellai.

Una volta terminato il pranzo, i giovani patrioti si dedicano alle loro attività produttive. «Venite tutti in soggiorno», chiama a raccol-ta Stephanie Pommrehn, di 19 anni. È vestita nei colori degli Stati Uniti: giacca di colore blu scuro con bottoni dorati, gonna bianca,

Figli della rivoluzione

>

Credit Suisse Bulletin 1/08

16 Rivoluzioni Discendenti

Fot

o: S

tefa

n F

alke

Nata nel Minnesota, Stephanie aveva quattro anni quando la sua famiglia si è trasferita nel Massachusetts, la culla della storia americana. Rovistando negli archivi genealogici, sua madre è giun-ta a individuare ben sette rivoluzionari direttamente imparentati con il marito Mark Pommrehn. Uno di questi, il colonnello John Potter, nel giorno di Natale del 1776 aveva attraversato il fiume Delaware al fianco del generale Washington. Così, mentre il padre Mark Pommrehn faceva il proprio ingresso nella sezione maschile Sons of the American Revolution, Stephanie è entrata di diritto nella CAR. Susan Pommrehn, la madre, è esclusa: i suoi antenati erano immigrati in America da Klosters, in Svizzera, e il matrimonio con un discendente rivoluzionario non è sufficiente.

Padre e figlia siedono assieme al tavolo da pranzo. L’elegante casa di due piani a Sandwich è addobbata per il Natale. Alle pareti sono appese foto antiche, e sopra l’ingresso si staglia la bandiera americana. «È straordinario essere legati così a doppio filo agli Stati Uniti e alla loro storia», osserva orgogliosa Stephanie. «Chiun-que può diventare cittadino statunitense, ma non tutti hanno questo vincolo di sangue con la storia americana».

Ma gli onori comportano anche obblighi precisi. La figlia della rivoluzione vuole mettersi al servizio del suo paese, lavorando presso la corte suprema degli Stati Uniti. «Voglio esercitare un’influenza concreta, e voglio che le persone mi ascoltino».

«I geni della rivoluzione nel proprio DNA»

È questa la consapevolezza che emana dalla maggior parte dei ragazzi riuniti a Sandwich. «Hanno il gene della rivoluzione nel pro-prio DNA», afferma William Battles, un robusto 67enne che lavora come talent scout nella grande distribuzione. Battles ha fatto il proprio ingresso nella CAR a otto anni, portato dalla nonna. Ai suoi tempi si imparava ancora come salutare le signore cavalleresca-mente, e come vestirsi in modo sobrio, spiega Battles, che tira le fila dietro le quinte del gruppo dei ragazzi.

Sul suo petto pendono delle decorazioni di guerra: ha servito nei Marines in Vietnam. Suo padre aveva combattuto nella Secon-da guerra mondiale, suo nonno nella Prima. «La nostra famiglia ha sempre lottato per il benessere dell’America». Ben venti dei suoi antenati hanno partecipato alla rivoluzione. «È eccitante sapere che il loro sangue scorre ancora nelle mie vene», afferma. «Dobbiamo mantenere in vita questo passato, perché è qualcosa di buono».

Al contempo, Battles mette in guardia dall’aura di snobismo che oggi sembra avvolgere le organizzazioni patriottiche. «Non siamo né migliori né peggiori degli altri americani». Attualmente le associazioni patriottiche sono considerate alla stregua di società segrete, e chi non le conosce ha riserve e pregiudizi. Peraltro, in occasione del primo tentativo di contatto, una telefonista CAR di Washington ci aveva risposto in modo altezzoso: «Parliamo soltanto con persone che siano dirette discendenti di rivoluzionari». «Ci vergogniamo per questa arroganza», ammette il marine Battles. «In fondo, cos’è che ci ha conferito il nostro status? Soltanto il nostro diritto di nascita».

A rivoluzione vinta, lo stesso George Washington aveva dato dimostrazione di quella modestia che contraddistingue gli Stati Uniti, opponendo con lungimiranza un rifiuto categorico ai suoi soldati che lo volevano acclamare imperatore. «Solo per questo motivo siamo oggi un paese libero», precisa Battles. Ed è proprio questa libertà che lo rende fiero di essere americano. «In questa

maglione a collo alto ornato da una medaglia su cui si staglia l’ef-figie di un’aquila dal collo bianco che porta in volo la bandiera a stelle e strisce. Si tratta di una medaglia presidenziale: per un anno, Stephanie Pommrehn dirige il gruppo CAR del Massachusetts. Se-guendo scrupolosamente le sue indicazioni, nove ragazze e un ragazzo mettono la mano destra sul cuore e recitano in coro e con tono solenne il giuramento di fedeltà allo Stato e alla bandiera, seguito dal credo ufficiale dei giovani rivoluzionari: «Il mio diritto di nascita mi conferisce la responsabilità di proseguire l’opera dei ragazzi e delle ragazze del 1776 che hanno svolto un ruolo attivo nella Guerra di indipendenza».

Raccolta di fondi per gli invalidi di guerra

Nella prima e unica sessione di lavoro della giornata, la presidente spiega che cosa si intende per «proseguire l’opera degli avi», tirando un bilancio del suo progetto annuale. Il gruppo raccoglie fondi per l’addestramento di cani assistenti, destinati ad agevolare la vita quotidiana degli invalidi di guerra reduci dall’Iraq o dall’Afghanistan. I ragazzi hanno quindi organizzato una vendita di biscotti per cani; alla fine riusciranno a mettere assieme poco più di 2000 dollari, in realtà una cifra simbolica rispetto ai 20 000 dollari necessari per l’addestramento completo di un cane.

Ma molto più importante della somma è l’effetto didattico, spiega Stephanie Pommrehn. «Facciamo qualcosa di utile per la società». La ragazza, che studia relazioni internazionali ed econo- mia alla University of St. Andrews in Scozia, è stata ispirata dalla sorte di sua cugina, una madre 29enne che prestava servizio nel- la US-Navy, morta in Iraq nella provincia di Al Anbar, vittima di un’esplosione. «I giovani americani in Iraq sono pronti a combattere per gli ideali del nostro paese, esattamente come avevano fatto i nostri padri durante la rivoluzione». Stephanie non commenta i motivi alla base dell’intervento armato: «Siamo un’organizzazione apolitica».

Children of the American Revolution (CAR) L’associazione CAR è stata fondata alla fine del XIX secolo da Harriett Lothrop, nota autrice di libri per l’infanzia, come sezione per bambini e ragazzi della Daughters of the American Revolution (DAR). Come per la DAR, anche nella CAR sono ammessi solo i discendenti diretti dei rivoluzionari ameri- cani. Harriett Lothrop riteneva che una simile associazione fosse il modo migliore per educare i giovani a essere veri americani. Oggi la CAR conta oltre 10 000 membri in tutti i 50 Stati, ma anche in Irlanda, Francia e Germania. Possono essere affiliati tutti i diretti discendenti dei rivoluzionari, dalla nascita fino al compimento dei 21 anni di età; in seguito, le ragazze passano alla DAR, i ragazzi nell’associazione Sons of the American Revolution.

Credit Suisse Bulletin 1/08

17Rivoluzioni Discendenti

contea di Barnstable, ed egli stesso fa parte dei Sons of the Ame-rican Revolution.

«È importante che le mie figlie imparino a conoscere i loro ante-nati», afferma. «Probabilmente, solo da adulte ne capiranno tutti i vantaggi».

Il pomeriggio volge al termine. Sue serve caffè, tè e pasticcini; Stephanie vende i biglietti per una piccola lotteria. In palio ci sono vari premi, tra cui un alce di peluche o la dichiarazione d’indipen-denza degli USA. Anche il denaro così raccolto andrà a favore del fondo per i cani guida per ciechi.

In seguito, la maggior parte dei genitori se ne va alla spicciolata con i propri figli. Chi rimane, chiacchiera perlopiù delle ormai imminenti elezioni presidenziali. Nessuno si schiera apertamente. In quanto organizzazioni di pubblica utilità, i patrioti non possono essere coinvolti nel processo politico. Per la scelta di un candidato, Battles ammette tuttavia di fare sempre lo stesso raffronto: «Darò il mio voto a chi, come George Washington, pone il servizio al-l’America al di sopra della propria persona». <

stanza ci sono 50 persone», spiega, mentre il suo sguardo attra-versa la sala. «Hanno 50 opinioni diverse; sono rappresentate al-meno sei religioni differenti, e forse ci sono anche degli atei, ma ciononostante qui sono tutti benvenuti. È per questa libertà che noi patrioti combattiamo».

Alla ricerca dei discendenti dei rivoluzionari afroamericani

In molti hanno fatto fatica a riconoscerlo, ma il dieci per cento dei soldati al fianco di Washington era composto da uomini di colore, figli di schiavi. Tuttavia, gli affiliati alle associazioni patriottiche sono perlopiù bianchi. Una situazione che deve cambiare. I genea-logisti stanno ricercando i discendenti dei soldati rivoluzionari afro-americani, soprattutto bambini. È inoltre necessario rintracciare i discendenti degli indiani che avevano combattuto per la libertà dell’America, ma anche gli irlandesi e i francesi giunti in aiuto di Washington e rientrati al proprio paese dopo la guerra.

Per giungere a Sandwich con le figlie, David Bowie ha guidato per quindici miglia; lavora infatti presso il tribunale minorile della

In alto a sinistra William Battles, 67 anni, ex marine, è entrato nella CAR a otto anni. Al centro a sinistra Lo stendardo dei figli della rivoluzione. In basso a sinistra Il giuramento di fedeltà alla bandiera americana (Pledge of Allegiance). A destra Stephanie e Mark Pommrehn. Sette dei loro antenati hanno combattuto con George Washington.

Credit Suisse Bulletin 1/08Credit Suisse Bulletin 1/08

Rivoluzioni  Hedge fund18

Credit Suisse Bulletin 1/08

19Rivoluzioni  Hedge fundF

oto:

Mat

hias

Hof

stet

ter

Non esiste una definizione universale di hedge fund: il termine «hedge» (protezione, copertura) potrebbe trarre in inganno, ma lo si deve probabilmente al fatto che nel 1949 il primo hedge fund uffi­ciale fu lanciato con l’obiettivo primario di offrire copertura contro le fluttuazioni del mercato azionario. Oggi, il loro scopo non è ne­cessariamente quello di offrire riparo dalle turbolenze delle borse, ma piuttosto di generare rendimenti positivi indipendentemente da contesto di mercato e asset class, un tipo di approccio noto anche come strategia absolute return. Altra loro caratteristica è l’addebi­to – oltre che della classica commissione di gestione – di una com­missione commisurata alla performance, in genere pari al 20 per cento circa del guadagno generato. Inoltre, gli hedge fund sono poco regolamentati rispetto ai fondi convenzionali e godono perciò di molta più libertà sul piano degli stili d’investimento praticabili.

Settore in rapida crescita

Negli ultimi 20 anni, il comparto degli hedge fund ha espresso una crescita esponenziale, galoppando dai circa 40 miliardi di dollari di patrimoni gestiti del 1990 agli 1,5–2 trilioni di oggi: uno sviluppo da attribuire in primis all’afflusso di nuovi capitali e in secondo luogo all’apprezzamento dei valori in portafoglio. Attualmente, in tutto il mondo si contano oltre 9000 hedge fund. «Gli investitori hanno sperimentato i vantaggi delle strategie absolute return rispetto a quelle parametrizzate su indici di riferimento», afferma Stephen Foster, responsabile Investment Management/Single Manager Portfolios del Credit Suisse. I fondi convenzionali puntano solita­mente a battere la performance di un indice o di altri gestori di fondi simili, ovvero i cosiddetti benchmark, senza considerare che

il rendimento sia positivo o negativo. In questo tipo di strategie, dette «relative return», il benchmark è rappresentato dal rendimen­to della asset class rilevante.

Le strade della diversificazione portano agli hedge fund

La ricerca di rendimenti migliori ha messo sotto pressione il vecchio modello d’investimento basato sul benchmark tracking. «Gli inve­stitori puntano decisamente alla diversificazione dei rendimenti», continua Foster. Gli hedge fund erano in passato riservati a clienti privati o famiglie facoltose, mentre oggi attraggono anche investi­tori istituzionali (banche, assicurazioni, broker e fondazioni). Anche i fondi pensione, notoriamente prudenti nell’approccio ai rischi, og­gi investono in hedge fund. Il settore della previdenza è parimenti alla ricerca di opportunità di diversificazione, soprattutto in previ­sione dell’imminente ondata di pensionamenti dei baby boomer. E la speranza di generare rendimenti annui maggiori si traduce nello spostamento verso nuove categorie d’investimento. Secondo gli analisti Casey, Quirk & Associates, tra il 2006 e il 2010 gli investi­tori istituzionali immetteranno negli hedge fund oltre 500 miliardi di dollari, segnando quindi una netta accelerazione rispetto ai circa 360 miliardi registrati sino alla fine del 2006. I fondi pensione costituiranno circa i due terzi di questo apporto. Secondo la rile­vazione di Casey, la diversificazione è il motivo più frequente che spinge gli istituzionali verso gli hedge fund.

Strategie d’investimento illimitate con un solo strumento

A differenza dei fondi comuni, gli hedge fund non si limitano a gestire gli attivi applicando la strategia d’investimento definita, >

Testo: Dorothée Enskog

La rivoluzione degli hedge fundGli hedge fund, un tempo dominio dei cosiddetti «high net worth individual» (clienti  privati facoltosi), sono attualmente una categoria d’investimento in forte crescita. Infatti, sempre più investitori istituzionali li scelgono per massimizzare i rendimenti e diversifi­care il portafoglio. Gli hedge fund hanno rivoluzionato i mercati finanziari e continuano a calamitare gli investitori; a tutt’oggi se ne contano circa 9000.

Credit Suisse Bulletin 1/08

20 Rivoluzioni  Hedge fund

ma possono per esempio effettuare vendite allo scoperto, ossia vendere azioni prestate da una parte terza: la scommessa degli hedge fund è che il loro prezzo scenda prima di doverle acquistare per restituirle al mutuante. Se questa ipotesi si rivela fondata, chi ha venduto allo scoperto realizza un margine di profitto pari alla differenza tra il prezzo delle azioni vendute e quello delle azioni comprate per rimborsare il prestito. Gli hedge fund sono inoltre autorizzati ad avvalersi di derivati, effetto leva e attivi in prestito per aumentare i propri profitti. «È proprio la leva che enfatizza l’impat­to sui mercati, sovente molto più accentuato di quello che il valore netto di inventario del fondo consentirebbe», sottolinea Foster. L’uso della leva fornisce ai mercati finanziari più liquidità, ma anche più volatilità, sia perché può essere manovrata assai rapidamente sia a causa delle strategie di trading attivo degli hedge fund. «Questi ultimi hanno reso più efficienti i diversi mercati grazie al monitorag­gio costante delle inefficienze e all’acquisto di relative posizioni, ciò che è senz’altro positivo da un lato, ma che dall’altro rende molto più difficile la gestione attiva dei portafogli rispetto al passato, quan­do le inefficienze erano relativamente abbondanti», dichiara Manuel Ammann, professore di finanza all’Università di San Gallo e diret­tore dello Swiss Institute of Banking and Finance. Inoltre, gli hedge fund hanno la fama immeritata di strumenti molto rischiosi e vola­tili, dato che possono ricorrere a vendite allo scoperto, derivati, arbitraggi ed effetto leva. In realtà, il panorama delle strategie di investimento adottate dagli hedge fund è estremamente variegato. «Alcune si profilano chiaramente con alto rischio e alto potenziale di rendimento, mentre altre sono meno rischiose e ovviamente meno redditizie», precisa Foster.

Obiettivo: rendimenti positivi

L’ampiezza e la profondità dei diversi strumenti finanziari di cui possono avvalersi i gestori di hedge fund si traducono general­

mente in performance migliori rispetto ai fondi classici. Dal 1994 al 2007, il rendimento medio degli hedge fund si è attestato al­ l’11,1 per cento annuo al netto delle commissioni (fonte: Credit Suisse/Tremont Hedge Fund Index), mentre nello stesso periodo S&P 500 e Dow Jones World Index si sono fermati rispettivamente al 10,5 e al 7,4 per cento. Solo due volte sull’arco di questi 14 anni, nel 1994 e nel 1998, l’hedge fund medio non ha generato rendi­menti positivi. «In generale gli hedge fund, grazie alle diverse stra­tegie di cui possono avvalersi, hanno una correlazione nulla rispet­to alle strategie d’investimento tradizionali: forniscono quindi ren­dimenti non correlati, ciò che costituisce un ulteriore motivo di appeal per gli istituzionali», continua Foster. Questi ultimi non solo investono in hedge fund, ma sempre più spesso ne creano di propri. Il Credit Suisse, per esempio, sta costituendo un proprio single­manager hedge fund da offrire ai suoi clienti. Contrariamente a quanto si crede, gli hedge fund da un miliardo di dollari, anche se fanno notizia, sono più l’eccezione che la regola: la maggioranza di essi gestisce infatti meno di 100 milioni di dollari. E spesso «picco­lo è bello», dato che i gestori hanno la possibilità di agire veloce­mente senza muovere i mercati.

Protezione contro scarse performance

L’opportunità di surclassare i fondi convenzionali comporta tuttavia un maggiore rischio per i gestori. Ovviamente, non tutti gli hedge fund mettono a segno risultati positivi. Per rendere più accettabile agli investitori il fatto di vedersi prelevare, oltre alla commissione di gestione dell’1 per cento circa, anche una commissione di per­formance o d’incentivo pari al 20 per cento, sono previste alcune restrizioni. Alcuni hedge fund la addebitano solo quando il rendi­mento del fondo supera una soglia predefinita, ad esempio para­metrizzata sul Treasury bill a un anno più uno spread. Ma per la verità non sono molti. Un altro tipo di protezione invece molto dif­

350

300

250

200

150

100

50

0

–50

Credit Suisse / Tremont Hedge Fund Index (USD)  S&P 500 (USD)  Dow Jones World Index (USD)

%

12.1

99

3

12.1

99

4

12.1

99

5

12.1

99

6

12.1

99

7

12.1

99

8

12.1

99

9

12.2

00

0

12.2

001

12.2

00

2

12.2

00

3

12.2

00

4

12.2

00

5

12.2

00

6

12.2

00

7

Rendimento del Credit Suisse/Tremont Hedge Fund Index rispetto agli indici azionariIl Credit Suisse/Tremont Hedge Fund Index è un indice con ponderazione in base ai patrimoni. Include oltre 5000 hedge fund, tutti con almeno 50 milioni di dollari in gestione, un track record di 12 mesi e rendiconti finanziari revisionati. Fonte: Credit Suisse Tremont Index LLC

Credit Suisse Bulletin 1/08

21Rivoluzioni  Hedge fund

Eventi rivoluzionari nel mondo della finanzaPagamenti in metalli preziosi  Babilonia, 1780 a.C.:  il codice di Hammurabi prevedeva leggi che regolava­no le operazioni bancarie e i pagamenti mediante misure d’argento.

Monete  Le prime monete furono battute in Lydia (Asia Minore) intorno al 650 a.C. con una lega natu­rale di oro e argento chiamata electrum.

Derivati  Nell’Antica Grecia sembravano essere piuttosto diffusi accordi simili alle attuali opzioni call: lo si deduce dagli scritti del filosofo greco Aristotele (300 a.C. circa) che citano un’intesa di questo tipo riferita a presse per le olive.

Banconote  La prima banconota di cui si ha notizia risale al 1024 in Cina, mentre la prima banconota europea fu emessa da Johan Palmstruch mediante la società privata Stockholm Banco nel 1661.

Obbligazioni  La prima obbligazione nota è stata emessa dalla Banca di Venezia nel 1157 per finanzia­re la guerra contro Costantinopoli.

Commodity future  Nel Rinascimento, i mercanti cominciarono a finanziare le spedizioni commerciali vendendo merci di cui non erano in possesso, ma che prevedevano di ricevere.

Azioni I primi certificati azionari negoziabili furono emessi nel 1606 dalla Dutch East India Company, fondata nel 1602, e furono poi trattati alla borsa di Amsterdam.

Financial futures I primi contratti financial futures sono stati negoziati nel 1972 e per tutti gli anni Settanta la loro popolarità è cresciuta parallelamen­te all’abbandono dei tassi di cambio fissi.

E­payment  Nel 2003, negli Stati Uniti i pagamenti elettronici hanno superato le transazioni in contanti.

fuso è il cosiddetto «high­water mark», che assicura il prelievo del­la commissione di performance solo sui profitti reali: il gestore viene in pratica pagato solo se genera un effettivo surplus e non se ripiana semplicemente le perdite degli anni precedenti. «Se un hedge fund non rende, gli investitori ritirano i propri capitali, e quando le risorse si assottigliano troppo non ha più senso gestirlo», spiega Foster. Dato che il reddito dei gestori proviene in larga misura dalle commissioni di performance, essi sono fortemente incentivati a chiudere i fondi che non rendono per riaprirne altri. Bisogna chiarire che gli hedge fund non offrono la liquidità giorna­liera dei fondi convenzionali: gli investitori devono osservare perio­di di blocco per il riscatto delle quote, che può generalmente avve­nire su base mensile, trimestrale, semestrale o persino annuale, ma sempre con un termine di preavviso.

Più diversificazione con i fondi di fondi

La maggior parte degli operatori non è tuttavia in grado di investire direttamente in hedge fund, dato che il collocamento minimo supe­ra spesso i 250 000 dollari. L’accesso agli hedge fund è anche severamente regolato in termini di numero e tipologia di investitori. Per ovviare a questi inconvenienti sono nati i cosiddetti fondi di fondi, vale a dire fondi che investono in hedge fund diversificati tra loro per valori, settori e regioni geografiche in cui collocano i propri attivi. I fondi di fondi sono perciò in grado di aumentare la diversi­ficazione e ridurre il rischio, anche se la loro performance dipende molto dall’abilità del gestore che seleziona gli hedge fund per costituire il portafoglio. Inoltre, il tutto non è propriamente gratuito: la commissione di gestione si aggira sull’1–2 per cento e la com­missione di performance sul 10 per cento (la metà rispetto a un fondo singolo). Importi che vanno ad aggiungersi a quanto già addebitato dal fondo singolo.

Una moda che sta passando?

L’attuale corsa agli hedge fund è destinata a rallentare? Non ne­cessariamente. Quello che emerge chiaramente è che il settore è in evoluzione: «Molti fondi scompariranno, ma la domanda di inve­stimenti liberi dalle diverse restrizioni dei fondi comuni continuerà», afferma Ammann. Secondo lui, i gestori di hedge fund saranno sempre più confrontati con la concorrenza di hedge fund sintetici, che perseguono l’obiettivo di generare rendimenti con una strategia d’investimento passiva e meccanica. Un altro fattore che potrebbe minare la forte crescita di questi mercati è la sottoperformance. L’ampio afflusso di capitale negli hedge fund potrebbe inoltre indurre i gestori ad abbandonare le strategie absolute return a favore di strategie più correlate ai mercati finanziari, con il risultato di riprodurre proprio l’approccio classico che si voleva sostituire. Uno scenario che tuttavia Foster non ritiene probabile. «Gli investi­tori non vogliono più rendimenti correlati con un benchmark. Sono disposti a pagare per i risultati ottenuti, perciò la domanda di stra­tegie absolute return utilizzate dagli hedge fund crescerà ulterior­mente. Non penso proprio che sia una moda che sta passando, penso piuttosto che durerà ancora a lungo». <

Rivoluzioni  Commercio equo

Credit Suisse Bulletin 1/08

22

Fot

o: T

hom

as E

ugst

er

Patrick Strübi è un imprenditore: spedisce container oltremare, ha trasformato la  sua azienda in una holding e si assicura contro i rischi valutari. Eppure, Strübi non è un  imprenditore come gli altri: paga i fornitori più di quanto dovrebbe e non percepisce alcun salario. La storia di un uomo che, per mestiere, si occupa di migliorare il mondo.

Testo: Ingo Malcher

Una donna sale le scale, si ferma sull’ultimo gradino, aspetta che l’uomo seduto alla traballante scrivania riappenda il telefono e poi dice: «Ci offrono 80 tonnellate di pompelmi dai coltivatori di Apat-zingan. Riusciamo a venderle?» L’uomo approfitta dell’interruzione per versarsi una tisana dal thermos e, facendo capolino dal laptop, risponde: «Le vendo subito». Abbassa nuovamente la testa e spe-disce una e-mail. Tre ore dopo un importatore di Amsterdam avrà acquistato 80 tonnellate di pompelmi.

L’uomo biondo alla scrivania si chiama Patrick Strübi, ha 40 anni e il suo motto è «chi si ferma è perduto». Stamattina si è alzato alle sei e mezza, ha fatto jogging nel parco e dalle otto è in ufficio. «Devo sfruttare le prime ore della giornata, altrimenti non trovo più nessuno in Europa a causa del fuso orario», spiega.

La storia di Patrick Strübi è quella di un uomo che, per mestiere, si occupa di migliorare il mondo. Nella sua «vita precedente» era un top manager che investiva a suon di miliardi e che, nel suo piccolo, influenzava le sorti dell’economia mondiale. Oggi lavora nel com-mercio equo e solidale, il cosiddetto «fair trade», e ha l’ufficio in una vecchia fabbrica. Ciò che non ha cambiato sono il piglio imprendi-toriale e l’abitudine a considerare i problemi come sfide; solo chi cambia resta se stesso.

Ma cominciamo dall’inizio. La sua azienda con sede a Uruapan (Messico occidentale) si chiama Fairtrasa, abbreviazione di «Fair Trade South America». Nell’ufficio in un angolo della vecchia fab-brica, tra intagliatori e tessitori, lavorano dodici persone affiancate dalle trenta del reparto imballaggio. In ufficio, tra telefoni che squillano e computer che ronzano, si organizza l’invio di container,

si sbriga il traffico dei pagamenti e si tratta con gli offerenti. Con il marchio «fair trade», Strübi esporta soprattutto avocado – ma anche noci di cocco, pompelmi, manghi e limette – inviati negli Stati Uniti in container refrigerati e da qui imbarcati per l’Europa. Ogni mese lasciano la sede di Fairtrasa oltre 20 tonnellate di avo-cado, caricate in dodici container con 950 000 frutti ciascuno. Gli europei e gli americani ne sono ghiotti e la domanda è in costante aumento.

Un settore in crescita

Il commercio equo e solidale ha il vento in poppa e, in Europa, le vendite sono in netta progressione. I prodotti fair trade, come il caffè delle cooperative nicaraguensi contrassegnato in passato dalla stella rossa, si trovano sempre più spesso anche nei super-mercati. Secondo i calcoli della Federazione internazionale dei marchi di garanzia del commercio equo e solidale («Fair Trade Labeling Organization» – FLO), in oltre 50 paesi di Africa, Asia e America Latina esistono 586 produttori riconosciuti, a fronte dei 224 nel 2001. In più, l’interscambio di prodotti equi e solidali è passato dagli 831 milioni di euro nel 2004 a 1,1 miliardi nell’anno successivo, con un incremento del 37 per cento.

«Fair trade» significa innanzitutto una migliore retribuzione dei piccoli coltivatori nei paesi di produzione. Tanto i produttori quanto gli esportatori come Strübi devono farsi certificare. Inoltre, questi ultimi pagano un prezzo minimo più un premio destinato a progetti sociali gestiti direttamente dagli agricoltori. Chi opera nel settore, quindi, deve essere ben convinto di ciò che fa – preferibilmente

Solo chi cambia resta se stesso

>

Rivoluzioni  Commercio equo

Credit Suisse Bulletin 1/08

24

Fot

o: T

hom

as E

ugst

er

quaderni per i miei figli, mangiamo meglio e ho ampliato la casa», continua e aggiunge: «La cosa più importante, però, è che adesso posso pianificare meglio, so di poter contare su un acquirente e un prezzo minimo».

Insomma, una piccola rivoluzione per il produttore messicano, che difficilmente riesce a entrare nelle logiche che regolano il mer-cato degli avocado a Uruapan. Il prezzo viene stabilito in città, a 40 minuti di macchina dalla sua fattoria, e gli acquirenti ne appro-fittano. Non a caso, gli agricoltori li chiamano «coyotes»: fanno il giro delle aziende agricole con le loro jeep e offrono spesso somme ridicole. «Anche ieri ne è venuto uno che voleva darmi 70 cent al chilo», afferma Anguiano. In un contesto simile, regole fisse per la vendita come quelle garantite da Strübi sono una vera manna.

La regione di Uruapan vive degli avocado, che vengono raccolti due volte all’anno. I coltivatori della zona, inoltre, hanno un vantag-gio decisivo: poiché gli alberi crescono in una fascia tra 1600 e 2600 metri, i frutti maturano in tempi diversi e si possono racco-gliere su tutto l’arco dell’anno. Ciò consente a Strübi di rifornire ininterrottamente i suoi clienti in Europa e negli Stati Uniti, e a Fairtrasa di avere praticamente il monopolio degli avocado equi e solidali. L’unico concorrente è il Sudafrica, che produce però un unico raccolto all’anno. Non sorprende quindi che Strübi sia molto ricercato tra gli importatori fair trade. «Avessi il doppio di avocado, li venderei senza problemi», spiega. Una posizione più che invidia-bile per un commerciante.

Truffatori sempre in agguato

La popolarità, però, ha anche i suoi risvolti negativi. Un importatore britannico aveva bombardato Strübi di e-mail per settimane, pre-gandolo di fornirgli le sue merci. Strübi non era convinto, pensava: «È uno a cui non importa nulla del commercio equo e solidale, ma che è costretto a mettere prodotti fair trade negli scaffali del suo supermercato in Inghilterra…». Tuttavia, quando l’importatore gli scrisse: «Per favore, mi dia una possibilità», Strübi pensò ai suoi coltivatori che più avocado vendono più guadagnano, e inviò diver-si container. Qualche giorno dopo gli giunse una breve e-mail: «La frutta è avariata, la prego di stornare la fattura. Saluti!». Strübi, conoscendo questi trucchetti, chiamò subito un altro importatore che aveva ricevuto un carico di avocado con la stessa nave: la qualità era ineccepibile. Strübi pensò: «Gli avocado sono sensibili agli sbalzi di temperatura e forse il cliente non li ha trattati in modo adeguato» e si rimise al laptop scrivendo: «Mi hai chiesto di darti una possibilità. Adesso lo faccio. Quindi: niente soldi per la merce fornita, ma niente più avocado in futuro». Qualche minuto dopo, il computer segnalò un messaggio in arrivo. Era il cliente inglese, conciso come sempre: «Sorry, Patrick!».

Sono questi episodi che tengono all’erta Strübi, lo fanno uscire dal suo consueto riserbo e gli richiamano alla memoria le sue espe-rienze precedenti. Conosce le regole del gioco e sa che la gente prova a imbrogliare, quando si parla di container inviati da un con-tinente all’altro.

Ma, come abbiamo detto, nella sua vita Strübi ha fatto anche altro: prima era revisore contabile da Deloitte, poi è passato a Glencore, gigante dell’industria mineraria per il quale ha seduto nel Consiglio di amministrazione di impianti di estrazione di tutto il mondo. La sua esistenza trascorreva tra voli in business class e camere d’albergo, viaggiando tra Asia, America Latina e Africa. O meglio: non viaggiava nei paesi, li attraversava di gran carriera,

un professionista con una buona dose di idealismo. «Il commercio equo e solidale è un business come un altro», puntualizza Strübi. «Tuttavia persegue un obiettivo particolare: il miglioramento della situazione dei produttori, che non può essere ottenuto solo con il denaro, ma con una nuova consapevolezza».

In una piccola valle circondata da piante di avocado – alte quasi due metri, con una crescita a cespuglio e foglie ampie e robuste – si trova la casa di Alfredo Anguiano, un 34enne dagli occhi scuri e un accenno di barba corvina che ci accoglie in pantaloni spor- tivi neri e maglietta bianca. Vivere in campagna non era propria-mente il suo sogno: nel 1993, infatti, attraversò tutto il paese in autobus fino alla frontiera con gli Stati Uniti, dove pagò un pas- satore che gli fece varcare il confine in una notte stellata. Nello Stato dell’Indiana si trovò a fare il lavapiatti e più tardi il muratore per 15 dollari l’ora. Ma quando la fattoria dei genitori a Uruapan minacciò di andare in rovina, fece ritorno in patria. «Quando rientrai, il mio primo impulso fu di ripartire subito, negli Stati Uniti la vita è diversa, qui c’è molta povertà». Eppure decise di restare, aderì all’associazione dei coltivatori biologici e iniziò a vendere i suoi avocado a Strübi.

Accompagnato da La Paloma e Clifford, i suoi amati cani, Anguiano ispeziona la piantagione. Sottobraccio ha un’asticella di legno che sistema sotto un ramo carico di frutti affinché non si spezzi. La prossima settimana vuole iniziare il raccolto, ha già ordi-nato il camion. Per gli avocado di Anguiano, Strübi paga un prezzo minimo di 1,14 dollari al chilo, più un premio di 8 centesimi, ma è pronto a pagare di più quando – come adesso – il prezzo di mer- cato sale. «Da quando sono entrato nel circuito fair trade per noi sono cambiate molte cose», spiega il coltivatore accarezzandosi la barba. «Ho più soldi per la mia famiglia, posso acquistare più

A sinistra La pioniera dell’export dell’avocado Susana Illsley: «All’inizio non volevo averci nulla a che fare».  A destra Patrick Strübi, che l’ha convinta con il suo modello aziendale.

>

Rivoluzioni  Commercio equo

Credit Suisse Bulletin 1/08

25

Ogni mese dodici container di avocado, ciascuno con 950 000 frutti, lasciano Fairtrasa, l’azienda fair trade di Strübi nel Messico occidentale. Le operazioni di imballaggio e carico degli avocado si svolgono di notte. 

Rivoluzioni  Commercio equo

Credit Suisse Bulletin 1/08

26

Fot

o: T

hom

as E

ugst

er |

Cre

dit

Sui

sse

| M

artin

Sto

llenw

erk

con la mente piena di cifre, prezzi di materie prime, costi degli investimenti, aspettative di rendimento, break-even... Era un pezzo grosso che preparava importanti progetti, decideva investimenti miliardari, negoziava contratti per forniture di carbone colombiano e creava holding nelle Filippine.

Ma un giorno cominciò a mettere in dubbio il suo operato. Si trovava a Lima, in Perù, quando il Consiglio di amministrazione di una miniera di cui era membro decise, come si dice in gergo, una «ristrutturazione». Strübi sapeva che, tradotto nel linguaggio dei dipendenti, «ristrutturazione» significava «licenziamento»: infatti, molti minatori si ritrovarono per strada. Strübi conosceva abbastan-za il mondo per sapere che, in un paese come il Perù, non avere lavoro equivale a non avere alcun reddito. La sera, nel suo letto d’albergo, non riusciva ad addormentarsi. «Faccio diventare i ricchi più ricchi e i poveri più poveri, è inconcepibile». Fu l’inizio di una rivoluzione.

Una rivoluzione che iniziò senza irruzioni nei palazzi, ma con un biglietto aereo di sola andata Zurigo–Città del Messico. Il 20 aprile 2003 si ritrovò all’aeroporto della capitale con una valigia in mano, senza lavoro e senza sapere dove avrebbe passato la notte. Più tardi affittò un appartamento a Morelia, prese lezioni di violino e si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’università. Poi, però, la voglia di fare iniziò a farsi sentire. Prima della partenza, in Svizzera, a una fiera aveva scoperto i prodotti del commercio equo e ne era rimasto entusiasta. Tramite un amico conobbe Susana e Rewi Illsley, due fratelli pionieri dell’esportazione di avo-cado, che nel 1982 furono tra i primi a esportare i frutti verdi dal Messico, ma che ora erano intenzionati a cessare l’attività. Nel loro periodo di maggior successo occupavano 200 persone tra raccoglitori, imballatori, contabili e specialisti di trasporti merci. Poi,

purtroppo, il fallimento in breve tempo di tre grossi clienti (due importatori canadesi e uno francese) li lasciarono con crediti mai riscossi di 450 000 dollari. Nel 1992, i fratelli arrivarono veramente «alla frutta» e, completamente al verde, furono costretti a chiudere bottega. Solo con fatica riuscirono a risalire la china e a ripianare i debiti con il commercio di teak. Un giorno si trovarono Strübi davanti alla porta.

Susana Illsley, 47 anni, ricorda: «All’inizio non volevo averci nul-la a che fare». Seduta su una panchina davanti alla fabbrica con in mano un Blackberry guarda il cortile e racconta: «Ma dopo lunghe discussioni ci siamo resi conto di condividere la stessa filosofia e da quel momento tutto è successo molto in fretta». Strübi trovò i clienti in Europa e gli Illsley si misero in contatto con un paio di coltivatori.

Correva l’anno 2003. L’associazione di agricoltori biologici di cui fa parte Anguiano partì con 20 membri, oggi sono 100. Tra il 2004 e il 2005 il loro reddito è aumentato del 2000 per cento. Ma c’è di più: con i premi incassati grazie al fair trade, l’anno scorso i cam-pesinos hanno potuto costruire una scuola per bambini disabili, cui seguirà un pozzo l’anno prossimo.

Sulla base dell’esperienza

Per lanciare l’attività, Strübi ha fatto tesoro del suo passato. Ha trasformato Fairtrasa in una holding con sede centrale a Zurigo e un’affiliata in Messico. Anche il traffico dei pagamenti viene gestito dalla città svizzera: «Ho la situazione sotto controllo e un management professionale, inoltre so come aggirare i rischi e gli elevati costi del mercato finanziario messicano», precisa. Fairtrasa è una multinazionale in miniatura, il business quotidiano è identico a quello di un grande gruppo e anche le fluttuazioni dei cambi vengono seguite con attenzione.

Strübi passa da una tabella Excel all’altra per calcolare il fabbi-sogno di capitale in pesos messicani per i prossimi tre mesi. Gli servono due milioni di dollari per pagare gli stipendi, i fornitori, l’affitto e i costi di trasporto. Afferra il telefono. Nei giorni scorsi il dollaro si è svalutato parecchio, toccando quota 10,84 pesos. Qualche settimana fa aveva sottoscritto un’opzione fissando un cambio dollaro/peso di 11,30. La collaboratrice della banca lo in-forma che sarebbe il caso di esercitarla per guadagnare subito 0,46 centavos per ogni dollaro! Strübi effettua queste operazioni di copertura valutaria sia in Messico tra peso e dollaro, che in Europa tra euro e dollaro. «Così mi tolgo il pensiero di dover segui-re ogni giorno il corso del biglietto verde, sul mercato spot perdo solo soldi», spiega. Strübi è un professionista deciso a migliorare il mondo: «Sono felice di avere imparato tutte queste cose dai miei ex datori di lavoro».

In effetti, Strübi resta un imprenditore con obiettivi da impren-ditore: crescere. In Argentina imbottiglia vino fair trade e, con uno scambio di azioni, è in procinto di acquistare un’azienda, mentre prevede di aprire una succursale di Fairtrasa in Brasile. È un fiume in piena e un modello di coerenza. Dalla fondazione dell’azienda, non ha percepito un centesimo di stipendio. Per farla decollare, vive dei suoi risparmi. Quando va in Argentina, prima viaggia in bus per sei ore fino a Città del Messico, poi in aereo per dieci ore, in classe economica. «Non si tratta solo di commercio equo e solidale, la posta in gioco è molto più alta», afferma Strübi. «Bisogna cam-biare le condizioni di vita nei paesi poveri, iniziando dalle piccole cose». Solo che lui, piccolo, non vuole restarlo. <

Prima, negli Stati Uniti, lavorava come muratore e guadagnava  15 dollari l’ora. Oggi dirige l’azienda di produzione di avocado del padre: Alfredo Anguiano (a sinistra) con la famiglia. 

Credit Suisse Business

Credit Suisse Bulletin 1/08

27

Panoramica 28_Nargolwala 30_Viaggio per le PMI 32_Successione 33_Consulenza agli imprenditori 34_WEF

Omaggio all’imprenditoria Cosa fa di una persona un im­prenditore di successo? Senza dubbio il fatto di avere idee lun­gimiranti, le conoscenze neces­sarie per metterle in pratica, una solida rete di partner e ami­ci, una famiglia che lo sostiene e, non da ultimo, la volontà di as­sumersi le proprie responsabilità nei confronti della società. E cosa succede quando si chiede a diciannove giovani artisti emergenti di diverse regioni del mondo di interpretare termini come «vision», «knowledge», «network», «family» e «contribu­ting to society» in modo del tutto personale? Nascono un libro – intitolato «Art & Entrepreneurship» con una prefazione di Walter B. Kielholz e un articolo su quello che è forse stato il più importante imprenditore svizzero, Alfred Escher – e una sorta di mostra d’arte degli imprenditori che si potrà visitare nel corso dell’anno a Dubai, New York, Berlino, Mosca, Ginevra, Milano, Madrid e Londra. Il 24 novembre, nella capitale britannica, si terrà inoltre un’asta il cui ricavato andrà per metà agli artisti e per metà all’or­ganizzazione caritatevole Room to Read. schi/mar

India Economic Summit Le attività del Forum economico mondiale vanno ben oltre l’in­contro che si tiene ogni anno a Davos. A inizio dicembre, ad esempio, si è tenuto a Nuova Delhi il 23° India Economic Sum­mit, con il sostegno del Credit Suisse come partner strategico. Mickey Doshi, Country Manage­ment India, si è dichiarato molto soddisfatto della partecipazione record di oltre 800 ospiti di spicco. I temi trattati vertevano su Stato e competitività nonché su argomenti come la crescita, lo sviluppo delle infrastrutture e la gestione dei rischi. schi

Eric Varvel nuovo CEO della regione Europa, Medio Oriente e Africa Dal 1° febbraio Eric Varvel, al Credit Suisse da 17 anni, è CEO della regione Europa, Medio Oriente e Africa con sede a Londra. Nel contempo è entrato a far parte del Consiglio direttivo. Successore di Michael Philipp – che sarà Chairman Middle East and Africa e presiederà l’Envi­ronmental Business Group – Eric Varvel assume la sua nuova fun­zione in aggiunta ai suoi compiti di corresponsabile del diparti­mento Global Investment Banking e di responsabile del gruppo Global Markets Solutions all’In­vestment Banking. schi

Private Banking in Israele Il 4 dicembre il Credit Suisse ha ufficialmente aperto la sua suc­cursale di Tel Aviv. «È da quasi 20 anni che ampliamo le nostre attività in Israele e approfondia­mo le nostre esperienze», spiega Maya Salzmann, Chairman del Credit Suisse in Israele e re­sponsabile dell’area di mercato Private Banking UK, International and Eastern Europe. Muli Ravina, CEO del Credit Suisse in Israele, aggiunge: «I nostri clienti ope­rano a livello internazionale e ne­cessitano di soluzioni finanziarie sempre più innovative nonché dell’accesso a una piattaforma globale di prodotti e servizi finanziari specializzati». schi

Novità per i clienti commer-ciali «Chi smette di migliorarsi, smette di essere bravo». È con questa citazione dell’industriale Philip Rosenthal che Urs P. Gauch, responsabile Clientela commerciale Svizzera – Grandi imprese, ha sottolineato la volon­tà del Credit Suisse di perfe­zionare e ampliare costantemen­te la propria gamma di prodotti e servizi. Per i clienti commercia­li, ad esempio, sono stati intro­dotti due miglioramenti: la Single Euro Payments Area (si veda a pagina 53) e il Factoring (l’out­sourcing della gestione dei debi­tori). Nella foto Urs P. Gauch (a destra) con il comico australiano Rob Spence durante l’aperiti­ vo di Capodanno al Kaufleuten di Zurigo. schi

Credit SuisseInformazioni di prima manoQuest’anno l’Assemblea generale si terrà venerdì 25 aprile.

Dopo l’eccellente risultato per l’esercizio 2007 reso noto il 12 febbraio, in occasione della sua Assemblea generale annuale del 25 aprile il Credit Suisse renderà conto ai pro- pri azionisti della sua attività operativa durante lo scorso anno. I risultati del primo tri-mestre 2008 saranno comuni-cati già il giorno prima, giove-dì 24 aprile. A chi desiderasse ottenere informazioni più approfondite sull’operato della banca e sul modo in cui as-sume la propria responsabilità ecologica e sociale nei con-fronti della società raccoman-diamo la lettura di tre pub-blicazioni ormai note a molti lettori del Bulletin: la relazione sulla gestione, il rapporto annuale e il rapporto «Credit Suisse in der Gesellschaft». Questi documenti saranno disponibili in formato elettro- nico nel nostro Publishop a partire dal 18 marzo, mentre le versioni cartacee seguiranno il 4 aprile. È stato ampliato in particolare il rapporto «Credit Suisse in der Gesellschaft», che contiene informazioni sul-l’impegno della banca nel mondo. vz/mar

BusinessLe ultimissime dal mondo del Credit Suisse

Credit Suisse Business

Credit Suisse Bulletin 1/08

28

Regione Asia-Pacifico

Dopo un decennio di cambiamentil’Asia affronta nuove sfide

Secondo Kai Nargolwala, nuovo CEO della banca per la regione Asia-Pacifico, l’Asia dovrà affrontare nuove sfide dopo un decennio di rapidi cambiamenti. La principale è probabilmente la ricerca di talenti, ma anche nazionalismo e protezionismo sono problematiche importanti. Nel complesso, la regione mostra un grande potenziale.

Bulletin: È da molto tempo che lavora nella

regione Asia-Pacifico?

Kai Nargolwala: Sono arrivato a Hong Kong il 1° gennaio 1990 e da allora ho lavorato sempre in questa città o a Singapore, con una parentesi di due anni per un congedo sabbatico negli Stati Uniti. Inoltre sono nato in India, dove ho vissuto i primi 19 anni della mia vita.

All’epoca era prevedibile un tale svilup-

po dell’Asia?

Sicuramente si poteva percepire l’ambizione, l’energia e la determinazione dei governi asiatici nel far prosperare i loro paesi. Detto questo, ho sempre pensato che l’Asia potes­se riuscire a emergere, ma ero un po’ scettico riguardo alla vastità delle aspirazioni e degli obiettivi cui mirava la popolazione locale.

Ci può fare un esempio?

Mi ricordo di un viaggio a Shanghai agli inizi degli anni Novanta con il presidente della Bank of America, per cui lavoravo. Dal lungo­fiume di Shanghai, il Bund, stavamo guar­dando verso il Pudong, al tempo una distesa di campi di riso. Il sindaco della città ci stava dicendo che in dieci anni i campi sarebbero stati occupati da grattacieli futuristici, alcuni dei quali destinati a ospitare uno dei mercati azionari e obbligazionari più importanti del mondo. Entrambi abbiamo scosso la testa pensando che non sarebbe mai potuto acca­dere. Ebbene, sono passati un po’ più di dieci anni, ma ora a Pudong c’è un quartiere finanziario nuovo di zecca. E anche se forse non è la borsa più importante del mondo, Shanghai ospita sicuramente una delle piaz­ze borsistiche più vivaci e un settore finan­ziario effervescente.

Quanto l’ha aiutata il fatto di conoscere

il mondo asiatico?

È una domanda molto difficile. Oggi molte persone hanno la fortuna di vivere e lavo­

rare in posti diversi e io sono uno di que­ ste. Penso sia importante quanto il fatto di essere nato e cresciuto in Asia. Forse l’edu­cazione basata su valori asiatici e la cultura orientale mi hanno aiutato a capire le per­sone con cui lavoravo: clienti, collaboratori e autorità di regolamentazione. Ma in realtà ho constatato che molti di quei valori sono universali.

Cosa le piace di più della regione Asia-

Pacifico?

Direi innanzitutto la diversità. Molte persone fanno l’errore di parlare dell’Asia come se fosse una regione omogenea. In realtà, la cultura, ma anche il paesaggio, il clima, gli usi e costumi, le lingue, i tipi di scrittura, l’ali­mentazione, ecc. sono molto diversi all’inter­no della regione. Ciò che è comune a tutta l’Asia è la «freschezza» alla base di ogni ini­ziativa e il desiderio di riuscire e di migliorare le cose. Diversità ed esuberanza rendono l’Asia molto affascinante.

Diversità ed esuberanza potrebbero

essere anche le caratteristiche di alcuni

mercati dell’Asia-Pacifico. Quali sono

le nuove economie che osserva con mag-

giore interesse?

Ci concentriamo ad esempio su mercati come il Vietnam, che stanno avanzando per integrarsi nell’economia di mercato globale. Con 80 milioni di abitanti, tutti scolarizzati e per la maggior parte giovani, il Vietnam mostra un grande potenziale.

Poi vi sono due giganti, l’India e la Cina, che stanno insegnando al resto del mondo come stimolare la popolazione e renderla produttiva. Ma penso che sarebbe un errore considerare solo i mercati emergenti o di recente industrializzazione, perché anche alcune economie «più vecchie» stanno rina­scendo. Penso al Giappone, così come a Hong Kong e Singapore, due città­Stato che

si rinnovano costantemente, offrendo nume­rose opportunità agli investitori.

Le economie «giovani» stanno imparan-

do dagli errori di quelle più vecchie?

Penso di sì. Nel 1998 si cominciavano a percepire su larga scala gli importanti effet­ti negativi della crisi asiatica. Ciò che si è capito molto chiaramente è che molti gover­ni asiatici hanno sbagliato a puntare unica­mente sull’esportazione. Avrebbero avuto bisogno di una maggiore domanda interna per incentivare l’economia e offrire una vita migliore alle persone, piuttosto che produr­re solo per l’esportazione.

Questo cambiamento sta cominciando a prendere forma ora. E non solo nei mercati asiatici maturi, ma anche in paesi come il Vietnam. L’impatto di questi sviluppi si senti­rà ancora di più nei prossimi cinque–dieci anni e creerà enormi opportunità per tutti i tipi di aziende, dalle banche alle imprese di prodotti al consumo, così come alle società di servizi.

Ci può fare un esempio concreto?

Un buon esempio è il turismo asiatico, che sta crescendo a passi da gigante, oppure i servizi di assistenza sanitaria che registrano ritmi di crescita molto sostenuti. Se a ciò si aggiungono i cambiamenti demografici in atto in Asia, dove in alcuni paesi la popo­lazione ringiovanisce e in altri si osserva la tendenza inversa, ci si può fare un’idea di quali opportunità si potranno creare.

Ma questi cambiamenti non presentano

anche rischi e difficoltà? A quali sfide ci si

deve preparare?

Penso che la sfida maggiore per l’Asia sarà riuscire a soddisfare la domanda di talenti, che aumenterà di pari passo con l’espan­sione delle economie della regione e la mag­giore propensione di aziende e istituzioni ad affidare la loro gestione a personale locale.

Credit Suisse Business

Credit Suisse Bulletin 1/08

29F

oto:

Cre

dit

Sui

sse

Inoltre, anche se il bacino di talenti è poten­zialmente enorme, i sistemi d’istruzione in Asia non hanno ancora raggiunto il livello occidentale. Una delle sfide chiave sarà quindi fornire un numero sufficiente di talenti per sostenere la crescita asiatica.

Ve ne sono altre?

Un’altra sfida molto importante sarà la ten­denza al protezionismo e al nazionalismo. Quando i paesi asiatici, che finora si sono limitati a vendere prodotti all’America, inten­sificheranno gli scambi fra loro e con il resto del mondo, disavanzi e surplus di parte cor­rente tra gli Stati dell’Asia­Pacifico potreb­bero diventare un problema. Alcuni di essi saranno tentati di adottare politiche di cambio protezionistiche per tutelare alcuni settori che, per l’interesse più generale della regio­ne, dovrebbero invece rimanere aperti.

Sta pensando alla Cina?

Non in particolare, se si considera il protezio­nismo commerciale. Ma dato che l’ha menzio­nata, penso che le relazioni fra Cina e Stati Uniti saranno decisive. Potenzialmente po­trebbero essere molto produttive e positive per entrambe le parti oppure molto comples­se e piuttosto problematiche anche per il resto dell’Asia.

Considerando questo scenario, pensa

che gli istituti finanziari come il Credit

Suisse potrebbero aiutare a risolvere la

situazione?

Sì, assolutamente. E secondo me il Credit Suisse sta già creando numerose opportu­ nità in mercati emergenti come Indonesia, Brasile e Messico, dove ha già fortemente consolidato la sua presenza. In pratica abbia­mo aiutato persone che non avevano trovato aiuto altrove, ottenendo chiaramente anche buoni guadagni. E penso sia un settore in cui dovremmo espanderci.

Si riferisce alla cosiddetta «base della

piramide». E cosa pensa dell’influenza che

si potrebbe esercitare sui governi?

Non è una questione di influenza. Ma in di­versi paesi asiatici si può effettivamente fare molto per aiutare i governi a creare i propri mercati dei capitali. L’«influenza» del Credit Suisse come istituto finanziario con­siste nel formare le persone, nell’aiutare a scrivere le regole per operare in questi mer­cati, nell’essere un buon innovatore e, nello stesso tempo, un operatore responsabile. Penso che si possa fare molto, non solo tramite le opere di beneficenza, ma anche aiutando a migliorare le attività di business nella regione. Marcus Balogh

Cenni personaliKai Nargolwala è entrato al Credit Suisse nel 2008 ed è responsabile della

strategia bancaria integrata in Asia-Pacifico, che include il miglioramento

dell’assistenza alla clientela, il rafforzamento della leadership, la creazione

di una robusta struttura gestionale per i paesi e la gestione delle relazioni

con le autorità normative nella regione. È inoltre responsabile della per-

formance delle divisioni e dei paesi, incentivando il miglioramento dei pro-

venti e dell’efficienza di costo nelle divisioni Investment Banking, Private

Banking e Asset Management in Asia. In precedenza (dal 1998) ha lavorato

per la Standard Chartered Bank. Svolge inoltre la funzione di Non-Executive

Director della Singapore Telecommunications Limited.

Secondo il nuovo CEO del Credit Suisse per la regione Asia-Pacifico, l’Asia sta attraversando un periodo di rapidi cambiamenti. L’impatto di questi sviluppi si sentirà ancora di più nei prossimi cinque–dieci anni e creerà enormi opportunità.

Credit Suisse Business

Credit Suisse Bulletin 1/08

30

A sinistra Josef Meier, responsabile Corporate Banking, durante il viaggio ha acquisito nuove conoscenze grazie alle quali soddisferà ancora meglio le esigenze dei clienti commerciali. A destra Foto di gruppo con signore; malgrado l’intenso programma la comitiva non ha mai perso il buon umore. Hans Baumgartner, responsabile Clientela commerciale Svizzera-PMI (nono da sinistra), si è integrato al meglio nel gruppo e auspica una prosecuzione in Svizzera delle relazioni instaurate.

Il 7 febbraio in Cina è iniziato l’anno del Topo, seguito da sette giorni di festa nazionale. I partecipanti al viaggio per le PMI, organizza­to dal Credit Suisse, hanno salutato l’anno nuovo già il 25 gennaio recandosi al Con­certo del Capodanno cinese a Lucerna, a conferma degli effetti duraturi dell’esperienza vissuta insieme. Anche durante il viaggio, con tappa a Pechino, Shanghai, Shenzen, Guilin e a Hong Kong (quest’ultima opzionale), Andreas Kühnis, responsabile Financial Insti­tutions and Corporate Clients East Asia, ha attribuito grande importanza alla possibilità per gli imprenditori svizzeri di entrare a con­tatto diretto con la mentalità cinese e di individuare i fattori soft rilevanti per avviare con successo dei rapporti di business in Cina, grazie alla visita di monumenti storico­culturali come la Città proibita e il Tempio del cielo. «Una comprensione approfondita degli aspetti storico­culturali e un’elevata capacità di comunicazione interculturale rappresentano chiavi di successo molto più importanti di quanto non creda la maggior parte delle aziende», sottolinea Kühnis. Durante il viag­gio è stato accompagnato da Josef Meier,

responsabile Corporate Banking, e Hans Baumgartner, responsabile Clientela com­merciale Svizzera­PMI, ma anche da Regula Hwang, Geng Jinghai e Jiang Yong, coorga­nizzatori per il Credit Suisse in Cina. Nel corso del colloquio personale hanno potuto chiarire alcune peculiarità cinesi, contribuen­do così alla comprensione interculturale. I momenti clou del programma ricco di appunta­menti importanti sono stati un Surprise Dinner a Pechino – anche in Cina spesso gli affari si concludono a tavola – con rappresentanti de­gli industriali pechinesi, una cena con il Con­sole generale svizzero a Shanghai William Frei, nonché un networking lunch a Shenzhen con la partecipazione di circa 60 rappresen­tanti di aziende e autorità locali. Non è pos­sibile nominare tutte le persone che hanno contribuito alla buona riuscita del viaggio, ma un ringraziamento va senz’altro ai relatori Paul Thaler, Weinfei Lawyers, Kerstin D. Heid­rich, Ernst & Young, Fu Zhibin, European Business Park a Nanchang, Silas Chu, Hong Kong Trade Development Council, Charles Ng, InvestHK e ai rappresentanti del Credit Suisse Pechino Regula Hwang e Urs Buch­

mann. Quest’ultimo ha tenuto una conferenza sulle opportunità e i rischi per gli investitori stranieri in Cina e sul Sino­Swiss Partnership Fund. «Abbiamo attribuito particolare impor­tanza anche alla visita di ditte, non solo varie aziende produttive ma anche società di ser­vizi come la Foreign Enterprise Service Company e lo Swiss Center Shanghai», ag­giunge Kühnis. «In tal modo i partecipanti hanno ricevuto informazioni dai diretti interes­sati non solo sulle possibilità, ma anche sui limiti per le aziende svizzere in Cina».

Viaggio in India Nella seconda metà di otto­bre di quest’anno si svolgerà un Fact Finding Tour in India, organizzato dallo Swiss Venture Club. Si farà quindi tesoro delle esperienze acquisite in Cina adattandole alle peculiarità dell’India. Il programma comprende, oltre alla presentazione di joint venture, molto popolari in quell’area, contatti con zone d’investimen­to locali e associazioni economiche. Questo viaggio per le PMI è organizzato in collabora­zione con l’Ambasciata indiana in Svizzera, Ernst & Young e associazioni professionali indiane. Andreas Schiendorfer

Lo scorso mese di novembre il Credit Suisse ha organizzato per la quarta volta un viaggio in Cina per una ventina di dirigenti di PMI. Oltre a conferenze tematiche, workshop e incontri personali, la banca ha offerto la possibilità di conoscere la cul-tura cinese. In autunno la meta sarà invece l’India.

Credit Suisse Lead to China

Gli imprenditori svizzeri imparano a conoscere la cultura e l’economia della Cina

Fot

o: C

redi

t S

uiss

e |

Kle

men

s O

rtm

eyer

Credit Suisse Bulletin 1/08

Abitare nel verde grazie alla nuova homepage

Il Credit Suisse vuole raggiungere l’obiet­tivo di diventare la banca ipotecaria n.1 in Svizzera non solo con prodotti speciali come il Credit Suisse Hypo Care Life (si veda a lato), ma anche grazie a un servizio eccellente. A inizio anno è stata quindi crea­ta l’interessante «Guida dedicata al costrui­

re e all’abitare con stile» sotto forma di sito Internet (www.credit- suisse.com/abitare) che oltre a importanti informazioni commer­ciali su ipoteche e concorsi contiene interessanti articoli spe­cialistici. Attualmente il tema principale è «Abitare nel verde», ovvero i giardini, la relativa pianificazione e architettura e la scelta delle piante. È inoltre possibile individuare il proprio giardino idea­le grazie al test: «Che tipo di giardino sei?». Gli argomenti prece­denti erano l’illuminazione e la consulenza illuminotecnica; le infor­mazioni su questi temi sono tuttora disponibili (si veda la rubrica «Abitare»). schi

La Svizzera rimane un’importante sede per l’informaticaOggi in Svizzera vi è carenza di giovani informatici di talento. Ciò si deve al ruolo di secondo piano dell’informatica nelle scuole oltre che allo scoppio della bolla di Internet, a causa del quale la pro­fessione è vista negativamente. Un contributo positivo dovrebbe arrivare da Informatica08, evento sostenuto dal Credit Suisse. Un’iniziativa importante sono le Swiss Olympiad in Informatics; la finale si terrà il 16/17 maggio presso il centro Uetlihof del Credit Suisse a Zurigo. I migliori potranno disputare le olimpiadi inter­nazionali di informatica ad Alessandria d’Egitto. Grazie a Informa­tica08 Karl Landert, CIO Private Banking e CIO Europe, spera di attirare l’attenzione del pubblico sull’informatica. «La Svizzera rimarrà una sede di lavoro per gli informatici qualificati», sottolinea Landert. «Negli ultimi tre anni in Svizzera le assunzioni in campo informatico hanno nettamente superato i licenziamenti o le delo­calizzazioni all’estero». L’informatico è quindi la professione del futuro e una figura importantissima per il Credit Suisse. «La ban­ca è informatica», è il laconico commento di Landert. «Soltanto in Svizzera gli informatici assunti a tempo pieno sono 4248, con un aumento di quasi 800 unità rispetto al 2003. Includendo anche i collaboratori con funzioni indirettamente legate al­l’informatica, i posti di lavoro salirebbero ad addirittura 6000». www.informatica08.ch mp

Copertura assicurativa per la casa di proprietàÈ possibile assicurare adeguatamente se stessi, la propria famiglia o il proprio partner contro le conseguenze finanziarie di un decesso o di un’incapacità di guadagno. Con Credit Suisse Hypo Care Life, il Credit Suisse, in collaborazione con il partner assicurativo Swiss Life, lancia un nuovo prodotto che risponde all’esigenza di maggio­re sicurezza. Abbinate a un’ipoteca del Credit Suisse sono possi­bili le due seguenti varianti. L’assicurazione del rischio in caso di decesso garantisce una parte dell’importo ipotecario; in caso di decesso dell’assicurato, la somma concordata è utilizzata per ri­durre il debito ipotecario e quindi l’onere mensile dei familiari. L’as­sicurazione del rischio d’incapacità di guadagno alleggerisce con pagamenti regolari gli interessi ipotecari al termine del periodo d’at­tesa e contribuisce alla sostenibilità a lungo termine della casa di proprietà. Questa variante può essere affiancata all’assicurazione del rischio in caso di decesso. schi

Gestione di creatività e innovazioneIn collaborazione con il «Wirtschaftsmagazin» di Manuela Stier, a fine gennaio il Corporate Banking ha organizzato nel centro per la comunicazione Bocken a Horgen un evento specialistico sulla «gestione di creatività e innovazione». Visto l’interesse, Hans Baumgartner, responsabile Clientela commerciale Svizzera­ PMI, ha deciso di pubblicare le registrazioni di tutti gli inter­ venti, compreso il proprio sul finanziamento di innovazione e crescita. I video sono disponibili al sito www.credit-suisse.com/clienticommerciali. schi

Credit Suisse Business 31

Credit Suisse Business

Credit Suisse Bulletin 1/08

32

Michael Hilti e Pius Baschera, «ospiti» del Bulletin sulla successione.

La successione nell’impresa

Vicinanza alla clientela e conoscenze specialistiche: un connubio vincenteVi sono imprese di famiglia che vantano oltre 500 anni di tradizione e successi. Ma contemporaneamente si assiste alla scomparsa di sempre più posti di lavoro perché non si è pensato per tempo a pianificare il pas­saggio generazionale nell’azienda. Il Credit Suisse si è specializzato nel delicato ambito della successione.

Lo scorso anno il Credit Suisse ha avviato la serie di sondaggi «Tendenze fondamentali. Opportunità e rischi per PMI», in cui si è inda­gato in particolare il megatrend della demo­grafia. È emerso che il tema della pianifica­zione successoria è ancora più scottante di quanto ipotizzato. «In Svizzera, due terzi degli imprenditori stanno vivendo la seconda fase della loro esistenza e devono interrogarsi sul­la loro successione», dichiara Nello Wiesen­danger, responsabile dell’Entrepreneur Desk di San Gallo. «Nel 64 per cento delle PMI svizzere intervistate, ossia pressoché 185 000 aziende, la successione è un quesito sul qua­le occorrerà chinarsi nei prossimi dieci anni. Il panorama imprenditoriale svizzero è dun­que alle soglie di profonde trasformazioni. Eppure solo una PMI su tre sta attualmente tematizzando la pianificazione successoria».

Questo atteggiamento potrebbe avere conseguenze disastrose, tant’è vero che se­condo uno studio del Center for Family Bu­siness dell’Università di San Gallo ogni anno più di 1800 imprese con circa 15 000 posti di lavoro devono chiudere i battenti per non aver programmato l’avvicendamento ai verti­ci aziendali. C’è da temere che negli anni a venire il numero dei posti di lavoro persi sen­za motivo sia destinato a crescere.

Antiche imprese di famiglia Fortunata­mente vi sono anche esempi positivi. Dal 1522 la famiglia Fonjallaz, la più antica azienda a

conduzione familiare svizzera, produce vini sulle sponde del Lago Lemano. In Germania, dove per l’assenza di una regolamentazione successoria scompaiono ogni anno 5900 aziende, le origini dell’impresa familiare più antica, la Birreria Zötler nell’Oberallgäu, risalgono addirittura al lontano 1447. E anche un’abbazia come quella di Einsiedeln, fonda­ta nel 934, può essere accomunata in certo qual modo a una PMI. «Non sono altro che un anello della catena», confessa l’abate Martin Werlen nel Bulletin Speciale «Successione». «Prima di me c’è stato il 58° abate, dopo di me ci sarà il 60°». Il «CEO» Werlen, che tiene anche conferenze sull’economia aziendale all’ETH di Zurigo, sa che il suo mandato non è eterno. Nessun rischio, quindi, che dimenti­chi di regolare per tempo la sua successione.

Il quotidiano posticipa il futuro Nelle aziende, la situazione è diversa. Molti impren­ditori sono così sollecitati nella realtà quoti­diana da non trovare più l’energia per inter­rogarsi e pensare al futuro con l’opportuno anticipo. «Uno dei compiti più importanti di noi consulenti consiste nel far presente al­l’imprenditore l’ineluttabilità del suo ritiro dall’azienda e anche nel tematizzare il periodo successivo al passaggio delle consegne», racconta per esperienza Patrick Schenk, con­sulente clientela commerciale a Neuchâtel. Al riguardo, il tempo, guardando appunto agli aspetti fiscali, è denaro. Molto denaro.

Grazie alle sue dimensioni e alla collabora­zione interdivisionale, il Credit Suisse è in grado di offrire ai suoi clienti un solido know­how globale. Al tempo stesso, con la maggior parte delle aziende a conduzione familiare sono state intessute relazioni d’affari ormai decennali che hanno propiziato la nascita di un rapporto di fiducia tale da permettere an­che l’approccio a tematiche relativamente personali. Il felice connubio di vicinanza al cliente e conoscenze specialistiche consen­te al Credit Suisse di ritagliarsi un decisivo margine competitivo.

Pubblicazioni e forum online Il tema del­ la successione è trattato in vari opuscoli, come «La gestione della successione nelle PMI» o «Diritto matrimoniale e successorio. Guida pratica per la successione patri­moniale». Entrambi – così come il Bulletin Speciale «Successione» – possono essere ordinati con il modulo inserito in questo numero. Ulteriori informazioni sono dispo­nibili all’indirizzo www.credit­suisse.com/clienticommerciali.

La pianificazione e la gestione di una successione aziendale sono soggette a di­rettive chiaramente definite. Nel contempo ogni caso è unico e irripetibile. Due esperti del Credit Suisse, Reto Fehr e Thomas Schwarze, sono a disposizione per un forum online. Le relative informazioni sono riportate a pagina 74. Andreas Schiendorfer

Credit Suisse Business

Credit Suisse Bulletin 1/08

33F

oto:

Mic

hael

Egl

off

Consulenza agli imprenditori in Germania e Austria

In un ristorante a cinque stelle lo chef non pela le patate

Molte banche private hanno scoperto il segmento degli ­imprenditori­e­offrono­specifici­servizi.­Il­Credit­Suisse­ è particolarmente ambizioso: in tema di qualità vuole ­diventare­capoclassifica­in­Europa­e­proprio­per­questo­ ha­messo­a­punto­un­modello­operativo­del­tutto­nuovo.

«In Germania ci distinguiamo dai concorren-ti. A cominciare dal fatto che ci mettiamo a disposizione anche di piccole e medie impre-se, mentre gli altri propongono i loro servizi di Corporate Finance soprattutto alle gran- di aziende, perché nella loro ottica le PMI non rientrano nella clientela interessante», afferma Thomas Schwarze, responsabile al Credit Suisse per la consulenza agli impren-ditori in Germania, Austria e Lussemburgo. Un settore, questo, nel quale la banca esige giustamente un solido bagaglio dai suoi con-sulenti: i Senior Advisor devono infatti avere all’attivo 10–15 anni di valida esperienza pro-fessionale in ambito Investment Banking, Corporate Finance o M&A.

Tariffe a portata di tutti Il modello di assi-stenza del Credit Suisse permette ai consu-lenti di gestire in modo particolarmente pro-ficuo il loro tempo. Vediamo come sull’esem-pio della vendita di un’impresa: per essere seguita come si deve, questa operazione richiede l’impegno di due o tre professionisti per diversi mesi. Per questo la consulenza M&A ha costi elevati, spesso anche troppo per le PMI. Il Credit Suisse offre questa consulenza anche a un’impresa con un fattu-rato di 20 milioni di euro. Motivo: i consulen-ti di Corporate Finance vengono alleggeriti dei compiti di routine e possono focalizzare la loro attenzione sulle fasi decisive del pro-cesso, ovvero l’analisi delle opzioni strategi-

che, la scelta di possibili acquirenti, la strut-turazione del processo o le trattative con gli interessati. Ambiti nei quali i lunghi anni di esperienza devono fare la differenza e garantire di fatto al cliente il migliore risulta- to. Ma a costare molto tempo sono anche i compiti svolti, dopo un’adeguata introduzio-ne, da consulenti meno esperti: ad esem- pio l’allestimento di archivi di dati oppure la segreteria di progetto. «In un ristorante a cinque stelle non è certo lo chef a pelare le patate», afferma Schwarze a proposito dei differenti ruoli.

Il coaching è compreso nel servizio La consulenza agli imprenditori non vuole essere un «investment banking a scartamento ridot-to», ma parte di un programma completo di gestione patrimoniale. Un business in cui le relazioni di lungo periodo sono essenziali, e per questo l’assistenza professionale in tema di successione sta particolarmente a cuore ai consulenti. «Un imprenditore che ha lavo-rato duro per tutta una vita deve avere la certezza di lasciare in buone mani la sua opera e anche di mettersi finanziariamente al sicuro», commenta Robert Ehrenhöfer, responsabile della consulenza agli imprendi-tori in Austria.

Moltissimi imprenditori vogliono privile-giare i figli nel passaggio di consegne, ma spesso tardano troppo a occuparsi dei molti aspetti importanti e complessi di questa ces-

sione. Al centro dell’attenzione viene posta la formazione del giovane e la sua graduale as-sunzione di responsabilità in azienda.

Ma a dispetto di tutto, il trapasso genera-zionale comporta molti problemi legali, fisca-li e finanziari. Chi lo progetta accuratamente e tempestivamente può sfruttare in modo ot-timale gli spazi di azione – ad esempio per ridurre gli oneri fiscali legati all’eredità, assi-curare adeguate liquidazioni agli ex soci e considerare equamente le pretese avanzate dai familiari non attivi in azienda.

Se manca un successore idoneo all’inter-no della famiglia, spesso l’alienazione dell’im-presa è la soluzione più ragionevole. Oltre alla concorrenza, quali potenziali compratori possono entrare in linea di conto anche forni-tori, clienti, dirigenti o investitori finanziari. I consulenti individuano i migliori acquirenti e fungono da intermediari professionali. Un processo di vendita ben organizzato è confi-denziale, non intralcia praticamente il funzio-namento dell’azienda e permette di ricavare un buon prezzo. Quale sia la soluzione miglio-re, ossia un «taglio netto» o un ritiro a tappe, dipende dal modo in cui si riescono a conci-liare gli interessi dell’acquirente con quelli del venditore. Il ricavo della cessione offre a que-st’ultimo un futuro con tante possibili opzioni. Gli imprenditori apprezzano il sostegno for-nito dal Credit Suisse in questa fase. In fin dei conti, ai più capita una sola volta nella vita di vendere un’impresa… Matthias Wiemeyer

Nel­Bulletin­sulla­successione­prende­la­parola­Helga­Rabl-Stadler.­­

Credit Suisse Business

Credit Suisse Bulletin 1/08

34

Fot

o: T

hom

as E

ugst

er |

Ale

ssan

dro

Del

la V

alle

, K

eyst

one

Uno sguardo al futuro lascia subito intrave­dere che i principali ostacoli frapposti al pro­gresso mondiale sono dati dalla crescente complessità, dai conflitti di interessi e dalla scarsità di risorse. In questo contesto stimo­lante, il World Economic Forum ha promosso il meeting annuale 2008 all’insegna del mot­to «Il potere dell’innovazione collaborativa».

Nell’ambito di circa 200 panel, dal 23 al 27 gennaio oltre 2000 personalità provenien­ti da un centinaio di paesi hanno tematizzato singoli aspetti, ovvero come incentivare la collaborazione a dispetto della concorrenza, quali risposte dare alle incertezze econo­miche o ancora com’è possibile superare dif­ferenze e divergenze di opinione e trovare interessi comuni. La 38a edizione del WEF sottolinea una volta ancora la grande forza del Forum, ovvero di offrire una piattaforma per un confronto comune sulle sfide del futu­ro spaziando su tutti i settori, paesi e ambiti specialistici.

Partner strategico Il Credit Suisse era presente a Davos con un proprio padiglione. In proposito abbiamo raccolto il pensiero del presidente del CdA Walter B. Kielholz: «Davos ha consentito in una modalità esclu­siva di incontrare decisori provenienti dai set­tori più disparati, di dialogare con loro e scambiarsi opinioni su tematiche che amplia­no l’orizzonte della propria attività, spingen­dosi però anche oltre». La presenza del Credit Suisse a Davos è stata coordinata da René Buholzer, responsabile Public Policy, che con rara maestria ha saputo posizionare al meglio con la loro strategia il Credit Suisse e i suoi rappresentanti all’interno di questa rete di attori della scena politica, economica e sociale.

Nel segno dell’ospitalità Nella lounge del Credit Suisse si sono alternati vari eventi e incontri con Walter Kielholz, il CEO Brady Dougan e altri membri del Consiglio diretti­ vo. Paul Callelo, CEO Investment Banking, e

Al World Economic Forum il Credit Suisse ha messo a frutto la sua posizione di partner strategico per promuovere a sua volta eventi e incontrare decision maker dei più svariati settori nel proprio padiglione. Oltre al presidente del Consiglio di amministrazione Walter B. Kielholz, al Forum sono intervenuti anche il CEO Brady Dougan e il responsabile Investment Banking Paul Calello.

World Economic Forum a Davos

Il potere dell’innovazione collaborativa

In alto A Davos il Credit Suisse era presente con un proprio padiglione. In basso a sinistra Michael Philipp (in piedi) e John A. Cavalier, IBD Energy Americas Power Group, hanno tematizzato con i loro ospiti il progetto Masdar ad Abu Dhabi. In basso a destra Il presidente del CdA Walter B. Kielholz ha discusso a un panel di rischi finanziari.

Michael Philipp, Chairman Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA) hanno promosso due manifestazioni dedicate, da un lato, allo sviluppo futuro delle infrastrutture e, dall’al­tro, al nuovo paradigma di energia e ambien­te, che ha dato modo di discutere del futu­ristico e promettente progetto Masdar ad Abu Dhabi.

Interventi al Forum Il Credit Suisse è in­tervenuto più volte nel programma ufficiale del meeting annuale. A un panel incentrato

sul tema «Evaluate Financial Risks», Walter Kielholz ha ad esempio discusso del control­lo delle agenzie di rating con autorevoli espo­nenti governativi e rappresentanti di società dell’Unione europea, del Giappone e degli Stati Uniti. Paul Calello si è intrattenuto con altri specialisti finanziari sulle tendenze in atto sul mercato delle acquisizioni e fusioni societarie, mentre il CEO Brady Dougan ha aperto un dibattito sulle opportunità e i rischi del cambiamento climatico per il settore fi­nanziario. Mario Tuor

Credit Suisse Invest

Credit Suisse Bulletin 1/08

35

Fatti salienti febbraio 2008

Nei prossimi mesi l’economia USA dovrebbe crescere a stento.

Tuttavia il sostegno della politica monetaria e fiscale riduce

sensibilmente i rischi di recessione. Peggioramento anche del-

l’economia mondiale, ma trasmissione nettamente più debole

dei rischi per la crescita rispetto ai cicli passati.

Le banche centrali internazionali stanno riducendo i tassi

e la Fed dovrebbe ulteriormente tagliarli in primavera, mentre la

BCE dovrebbe intervenire in questa direzione solo in estate.

La BNS dovrebbe mantenere invariati i tassi per via della solidità

della congiuntura.

Resta elevata la volatilità sui mercati azionari. Tuttavia le

azioni presentano delle valutazioni vantaggiose e dai primi indi-

catori sul sentiment emerge una ripresa del trend di crescita.

Prediligiamo la Svizzera e una selezione di mercati emergenti.

Il CHF trae vantaggio dall’elevata volatilità sui mercati e dai

rimpatri di capitali. Le valute asiatiche mostrano una tendenza al

rialzo sul piano strutturale e ciclico.

Prosegue il mercato rialzista delle materie prime, ma anche

in questo caso bisogna fare i conti con un rialzo delle oscillazio-

ni dei prezzi. Petrolio e metalli industriali ancora sotto pressione

nel primo semestre dell’anno.

Prospettive globali

Permangono i rischi per la congiuntura e volatilità del mercato elevata

Prospettive per la Svizzera

Economia con il vento in poppaApprofittare dei vantaggi offerti dai mercati aperti

Investment Focus

Mercati di frontieraScoprite mercati nuovi – i cosiddetti mercati di frontiera

Panoramica 36_Prospettive globali 38_Prospettive per la Svizzera 40_Previsioni 42_Investment Focus

Credit Suisse InvestAnalisi e trend attuali

Sommario

Credit Suisse Invest

Credit Suisse Bulletin 1/08

36

Tassi & obbligazioni

Le banche centrali internazionali tagliano i tassiA inizio anno la Fed ha ridotto i tassi di 125 pb in pochi giorni per porre un cuscinetto al rialzo dei rischi per la crescita. Dal momento che l’economia USA non ha ancora toccato un minimo, dovrebbero verificarsi ulteriori tagli dei tassi negli USA, sebbene in misura più prudente. Anche in Eurolandia sono presenti segnali che lasciano presagire un taglio dei tassi. Tuttavia la BCE, in virtù della congiun-tura che, su base relativa, è ancora robusta e dell’inflazione elevata dovrebbe intervenire solo in estate. Prevediamo ulteriori tagli dei tassi anche in Gran Bretagna, mentre la banca centrale giapponese dovrebbe restare alla finestra in presenza di un livello dei tassi co-munque poco elevato. ah

Dopo che sono stati pubblicati i recenti dati congiunturali USA, da cui traspare una certa debolezza, anche la discussione sui rischi di una recessione nel paese si è intensificata. Sebbene anche la situazione congiunturale in Europa sembra arrancare, gli effetti diretti della notevole fase di debolezza negli USA dovrebbero essere moderati, e la stessa BCE sembra considerare l’ipotesi di tagli dei tassi. Ciononostante, la volatilità sui mercati finanziari dovrebbe continuare a essere elevata e ora è presente, oltre che sui mercati azionari, obbligazionari e delle divise, anche sui mercati delle materie prime.

Congiuntura

Crescita stentata dell’economia USA nei prossimi mesiDopo la pubblicazione dei recenti dati congiunturali USA, che evi-denziano una debolezza, si è intensificata anche la discussione relativa ai rischi di una recessione nel paese. Anche noi riteniamo che le possibilità di crescita per l’economia USA nel 1H siano ridot-te. Ciononostante il pacchetto di incentivi sul piano fiscale e di poli-tica monetaria dovrebbe poter ottenere l’effetto auspicato nel 2H. Anche in Europa sono presenti segnali di una situazione non facile. Tuttavia le conseguenze dirette del notevole indebolimento della crescita USA dovrebbero continuare a essere modeste. Ciò vale ancora di più per l’Asia (ex Giappone), dove l’economia interna continua a crescere molto e, nel caso di un indebolimento, sussiste un sufficiente margine di manovra sul piano della politica fiscale ai fini di uno stimolo dell’economia. ah

Prospettive globali

Dati USA eterogenei. Espansione dell’indice dei direttori di acquisto nel settore manifatturiero, ma l’indice dei servizi evidenzia una recessione. Fonte: Credit Suisse, IDC

Normalizzazione delle condizioni sui mercati monetari. I rischi sono calati dopo che le banche centrali hanno ridotto o si sono mostrate disposte a ridurre i tassi. Fonte: Credit Suisse, IDC

01. 2007 03. 2007 05. 2007

Diff. dei tassi tra tasso target banche centrali e tasso a 3 mesi

1,2

1,0

0,8

0,6

0,4

0,2

0

–0,2

–0,4

–0,6

07. 2007 09. 2007

USA UME Gran Bretagna

11. 2007 01. 2008

Indice

70

65

60

55

50

45

40

Indice direttori d’acquisto serviziIndice direttori d’acquisto settore manifatturiero

1997 20001998 1999 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Credit Suisse Invest

Credit Suisse Bulletin 1/08

37

Mercato azionario

L’insicurezza dovrebbe permanere nel medio termine Sebbene la crescita dell’economia mondiale mostri un arretramento, continuiamo a non prevedere una recessione globale. Nei prossimi mesi dovrebbero comunque persistere le incertezze sui mercati finanziari determinate dalla crisi creditizia negli USA. Tuttavia le azioni presentano attualmente delle valutazioni molto interessanti, non da ultimo in virtù delle recenti correzioni dei corsi. Inoltre i primi indicatori tecnici e sul sentiment indicano un’inversione di tendenza, pertanto raccomandiamo di continuare a sovrappesare le azioni. Oltre al mercato azionario svizzero ci focalizziamo, in particolare, su una selezione di ME poiché sta diminuendo parecchio la loro dipen-denza dagli USA grazie a una rapida crescita del mercato domestico. Riteniamo che siano di particolare interesse gli stati del Golfo e l’Asia (ex Giappone). db

Valute

Tendenza rialzista delle valute asiaticheNonostante i chiari segnali di un rallentamento della crescita negli USA, nei mesi scorsi le valute asiatiche si sono apprezzate. Questo trend dovrebbe durare almeno per altri dodici mesi. Le valute conti-nuano a essere sottovalutate e, a nostro giudizio, le autorità moneta-rie cercheranno di arginare l’inflazione anche tramite un apprezza-mento delle proprie divise. Il renminbi dovrebbe avere il ruolo princi-pale nell’ambito di questa tendenza.

Il suo esempio dovrebbe essere seguito da altre valute asiatiche, come il dollaro di Singapore. In generale le divise dei mercati emer-genti che presentano un surplus della bilancia delle partite correnti (come ad es. il real brasiliano) restano interessanti in una prospettiva di 12 mesi. mh

Materie prime

Buon avvio d’anno per le materie primeAnche nel nuovo anno i mercati delle materie prime hanno proseguito il trend ralzista. I tagli dei tassi negli USA e l’indebolimento dell’USD sostengono i prezzi dei metalli preziosi. Aumentano sensibilmente anche i prezzi delle materie prime agricole. La crescente richiesta di biocombustibili determina un calo delle scorte, soprattutto di cereali. Sotto pressione sono petrolio e metalli industriali per via della debolezza degli USA. La situazione dovrebbe cambiare nel 2H in virtù di una ripresa dell’economia. Anche nei prossimi mesi le materie prime dovrebbero conseguire rendimenti positivi. Tuttavia la debole crescita negli USA determina anche maggiori rischi. La volatilità di tutte le classi d’investimento è nettamente salita e, nei prossimi mesi, le oscillazioni dei prezzi saranno più consistenti anche per le materie prime. tm

Nel corso della recente correzione sui mercati azionari i principali indici hanno lasciato sul terreno l’8–15% e le azioni europee sono state le più colpite. Fonte: Credit Suisse

10. 2007

MSCI World S&P 500 Dow Jones Europe Stoxx 600 MSCI Emerging Markets

115

110

105

12. 200711. 2007 02.200801. 2008

Sottovalutazione, notevoli surplus delle bilance delle partite correnti e pressione inflazionistica sono i fattori a favore di un rafforzamento delle valute asiatiche. Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

Indice (1.1.2005=100)

125

120

115

110

105

100

95

90

85

01. 2005

USD/JPY USD/KRW USD/SGD USD/CNY

07. 2005 01. 2006 07. 2006 01. 2007 07. 2007 01. 2008

Di recente è cresciuta la volatilità in tutte le classi d’investi-mento. Bisognerà fare i conti con consistenti oscillazioni dei prezzi anche per le materie prime. Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

Volatilità a 60 giorni su base storica in %

JPM Global Government Bond Index MSCI World Index EUR/USD Dow Jones AIG Commodity Index

03. 2003

25

20

15

10

5

0

03. 2004 03. 2005 03. 2006 03. 2007

Credit Suisse Invest

Credit Suisse Bulletin 1/08

38

L’economia svizzera ha iniziato l’anno con il vento in poppa. Ma quest’anno la dinamica congiunturale dovrebbe indebo-lirsi leggermente anche in Svizzera, pur rimanendo robusta se raffrontata a livello internazionale. In particolare dovrebbe rimanere solida la dinamica delle esportazioni verso i paesi emergenti e pertanto prediligiamo lo SLI rispetto agli altri ­indici­internazionali.­Anche­il­CHF­dovrebbe­trarre­vantaggio­dalle­incertezze­ancora­presenti­sui­mercati­finanziari.­La­BNS non dovrebbe pertanto intervenire in relazione all’attuale banda dei tassi.

Congiuntura

Tracce di petrolioL’economia svizzera ha iniziato l’anno con un notevole vento in poppa. Gli ordinativi sono al completo e le aziende valutano ancora positi­vamente gli ordini in entrata. Nel corso dell’anno la dinamica dovreb­be perdere vigore, sebbene la crescita economica dovrebbe restare solida. A questa tendenza contribuiscono, non da ultimo, i consumi privati, che nel 2008 dovrebbero mettere a segno una crescita reale di poco inferiore al 2% e trarre vantaggio dall’aumento dell’occupa­zione e dal maggiore potere d’acquisto delle famiglie.

Tuttavia la crescita del reddito disponibile viene ridimensionata dal rialzo dell’inflazione. A gennaio il tasso d’inflazione si è attestato al 2,4%, quindi al di fuori della banda compresa tra lo 0 e il 2% de­finita dalla BNS quale stabilità dei prezzi. In questo senso riveste un ruolo importante il rialzo dei prezzi del petrolio. Ma, anche trala­sciando questo fattore, è presente comunque una leggera crescita della pressione inflazionistica. Il tasso d’inflazione medio nel 2008 dovrebbe attestarsi all’1,5%. ab

Tema principale

I mercati aperti rendonoLe aziende svizzere offrono all’incirca 2,2 milioni di posti di lavoro all’estero. Molto spesso si tratta di impieghi altamente specializzati. Nel 2006 le nostre aziende hanno incrementato i propri investimenti diretti al di fuori della Svizzera di oltre 87 miliardi di CHF, una cifra record. Le operazioni commerciali e finanziarie tra la Svizzera e l’este­ro producono di anno in anno un surplus crescente della bilancia delle partite correnti. Nei primi nove mesi del 2007 il relativo dato si è attestato a quota 65,8 miliardi di CHF, solo 5,9 miliardi di CHF al di sotto del risultato per tutto il 2006.

La notevole penetrazione sui mercati esteri testimonia la tradizio­nale vocazione internazionale dell’economia svizzera, che trae van­taggio più di altre dalla globalizzazione. L’apertura dei mercati di merci, lavoro e capitali consente buoni risultati e resta una ricetta di successo per la Svizzera. ab

Prospettive per la Svizzera

Inflazione (al netto dell‘andamento dei prezzi alimentari e di bevande, tabacco, prodotti di stagione, energia e carburanti) Inflazione totale

I­prodotti­petroliferi­accrescono­la­pressione­dell’inflazione­ Fonte: UFS

%

3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

0,0

–0,5

94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08

Bilancia commerciale (merci) Bilancia delle part. correnti Redditi da capitale *gennaio–settembre

La bilancia delle partite correnti svizzera sta per toccare un surplus record Fonte: Banca nazionale svizzera

mia. di CHF

90

80

70

60

50

40

30

20

10

0

–10

90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07*

Credit Suisse Invest

Credit Suisse Bulletin 1/08

39

Tassi & obbligazioni

La­Banca­nazionale­non­modifica­il­proprio­tasso targetAlla luce della perdurante solidità dei dati economici, la BNS non dovrebbe modificare significativamente il corso della sua attuale po­litica monetaria. Sebbene i mercati dei future, già da diverso tempo, abbiano iniziato a scontare un livello dei tassi più basso nel breve termine, la BNS lascia ancora a intendere di ritenere adeguato un tasso target pari al 2,75%. Al fine di contrastare la tendenza al ribas­so del LIBOR a 3 mesi, da metà gennaio la BNS ha rialzato continua­mente il tasso repo a una settimana. Nel settembre dello scorso an­no il tasso è stato notevolmente ridotto sulla scia delle impasse sul fronte della liquidità, cosicché lo spread rispetto al tasso target si è ampliato a 70 pb. Attualmente la BNS è tornata a fare nuovamente uso di questo strumento, questa volta al fine di evitare un calo dei tassi nel breve termine. fh

Mercato azionario

Raccomandabile lo SMI, che ha caratteristi-che difensiveA inizio anno lo SMI è stato fortemente colpito (–8,7% YTD al 14.2.08) dalle turbolenze sui mercati creditizi e dal rallentamento della con­giuntura globale, soprattutto negli USA. Nonostante questo difficile avvio d‘anno manteniamo un atteggiamento positivo verso le azioni svizzere, che presentano valutazioni molto attraenti in virtù di un rapporto P/E 2008E di 11,8, il più basso da oltre 10 anni. Inoltre il quadro macroeconomico continua a essere favorevole per le aziende svizzere: se rapportati al resto del continente, i consumi privati mostrano solo lievi segnali di debolezza e le esportazioni continuano a essere solide, in particolare in virtù del miglioramento sui ME. Nella fase attuale di volatilità anche il profilo difensivo dei principali titoli che compongono l’SMI è a favore di una sovrapponderazione delle azioni svizzere. db

Valute

I rimpatri di capitali rafforzano il CHFNei mesi scorsi è cessata la discussione se il CHF abbia perso il proprio ruolo di rifugio sicuro sulla scia della maggiore volatilità dei mercati finanziari. Non siamo mai stati sostenitori di questa tesi, seb­bene gli anni passati siano stati caratterizzati da un quadro estrema­mente positivo sui mercati finanziari.

Nel frattempo abbiamo assistito a un rialzo dei tassi in Svizzera, la volatilità è nettamente aumentata e il CHF presenta una consi­stente sottovalutazione. Comunque gli ultimi dati relativi alla bilancia dei pagamenti mostrano i primi flussi di capitali che rientrano in Svizzera. Pertanto ci aspettiamo che, in un orizzonte di 12 mesi, il CHF si rafforzerà in rapporto all’EUR verso quota 1.54–1.56. mh

La BNS ha cercato di evitare un calo del LIBOR a 3 mesi. Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

Le azioni svizzere mostrano attualmente un P/E di 11,8, che rappresenta un minimo negli ultimi 12 anni. Fonte: Credit Suisse, Bloomberg

Investimenti diretti esteri, flussi in portafoglio e crediti (su base cumulativa di 12 mesi) Surplus delle partite correnti (su base cumulativa di 12 mesi) Bilancia delle partite correnti meno bilancia dei movimenti di capitale (un meno indica un deflusso di capitali) (su base cumulativa di 12 mesi)

L’elevato surplus della bilancia delle partite correnti e i rimpatri netti di capitali in Svizzera incidono positivamente sul CHF. Fonte: Banca nazionale svizzera, Credit Suisse

99 Q4

in mio. di CHF

100 000

50 000

0

–50 000

–100 000

–150 000

–200 000

00 Q4 01 Q4 02 Q4 03 Q4 04 Q4 06 Q405 Q4

%

3,0

2,8

2,6

2,4

2,2

2,0

1,8

1,6

1,4

1,2

1

Libor a 3M Tasso Target Libor a 3M Tasso repo a 1 settimana

02.0811.0708.0705. 0702.0711.0608.0605. 06

25,5

23,5

21,5

19,5

17,5

15,5

13,5

11,5

P/E forward a 12 mesi Media +/– 1 deviazione standard

1995 1997 20011999 2003 20072005

Credit Suisse Invest40

Credit Suisse Bulletin 1/08

Sintesi previsioni 15 febbraio 2007Azioni & materie prime: una selezione di indiciFonte: Bloomberg, Credit Suisse

Selezione Valore Da inizio anno

Previsioni3 M.

Target 12 M.

S&P 500 1’348.78 –8,1% 1’570

SMI 7’453.36 –12,2 10’100

FTSE-100 5’918.80 –8,3 6’800

Euro Stoxx 50 3’777.26 –14,1 4’480

Nikkei 225 13’310.37 –13,0 15’500

Oro 764 19,9%

Petrolio 87 41,9%

Dow Jones AIG Commodity Index

351 11,63%

Crescita reale del PIL in % Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

2006 2007E 2008E

CH 3,2 2,5 1,9

UME 2,7 2,5 1,5

USA 2,9 2,2 1,5

GB 2,8 3,1 1,8

Giappone 2,2 1,7 1,3

Inflazione in % Fonte: Bloomberg, Credit Suisse

2006 2007E 2008E

CH 1,1 0,7 1,5

UME 2,2 2,1 2,3

USA 3,2 2,9 2,6

GB 2,3 2,2 2,0

Giappone 0,3 0,1 0,1

Tassi a breve termine LIBOR a 3MFonte: Bloomberg, Credit Suisse

15. 2. 2008 3 M. 12 M.

CHF 2.77 2.7 – 2.9

EUR 4.36 3.5 – 3.7

USD 3.07 2.5 – 2.7

GBP 5.65 4.8 – 5.0

JPY 0.90 0.6 – 0.8

Rendimento titoli di stato a 10 anniFonte: Bloomberg, Credit Suisse

15. 2. 2008 3 M. 12 M.

CHF 2.86 3.0 – 3.2

EUR 3.96 4.1 – 4.3

USD 3.77 4.0 – 4.2

GBP 4.60 4.5 – 4.7

JPY 1.46 1.7 – 1.9

Economia svizzera (variazione % rispetto all’anno scorso) Fonte: Credit Suisse

2006 2007E 2008E

Prodotto interno lordo (reale) 3,2 2,5 1,9

Consumi privati 1,5 2,1 1,9

Consumi pubblici –1,4 –0,6 0,1

Investimenti in impianti e macchinari 8,9 8,4 2,8

Investimenti nel settore edilizio –1,4 –2,4 –1,3

Esportazioni 9,9 9,8 4,0

Importazioni 6,9 6,5 3,8

Occupazione 1,0 2,5 1,4

Disoccupazione in percentuale 3,3 2,8 2,6

CambiFonte: Bloomberg, Credit Suisse

15. 2. 2008 3 M. 12 M.

USD/CHF 1.09 1.06 – 1.10

EUR/CHF 1.61 1.54 – 1.58

JPY/CHF 1.01 1.00 – 1.04

EUR/USD 1.47 1.43 – 1.47

USD/JPY 108 103 – 107

EUR/JPY 158 150 – 154

EUR/GBP 0.75 0.74 – 0.76

GBP/USD 1.96 1.91 – 1.95

EUR/SEK 9.30 8.95 – 9.15

EUR/NOK 7.91 7.40 – 7.60

AUD/USD 0.91 0.88 – 0.92

NZD/USD 0.79 0.73 – 0.77

USD/CAD 1.01 0.98 – 1.02

Credit Suisse Invest

Credit Suisse Bulletin 1/08

41

Informazioni importantiLe informazioni e le opinioni espresse in questa relazione sono state prodotte dal Credit Suisse al momento della pubblicazione e sono suscettibili di modifiche in ogni momento. Il documento è stato redatto unicamente a scopo informativo e non rappresenta pertanto né un offerta né un invito, da parte o per conto del Credit Suisse, ad acquistare o vendere un determinato titolo o strumenti finanziari collegati, o a partecipare ad eventuali strategie di trading in un determinato ordinamento giuridico. La presente relazione è stata redatta senza prendere in considerazione gli obiettivi, la situazione finanziaria o le esigenze di determinati investitori. Il documento non contiene alcuna raccoman-dazione di natura legale, contabile, fiscale o d’investimento. Inoltre, non costituisce in nessun modo una dichiarazione d’investimento o di strategia personalizzata o adeguata alle condizioni individuali del cliente, né qualsiasi altra raccomandazione personale rivolta a determinati investitori. Qualsivoglia riferimento a performance passate non costituisce necessariamente un’indicazione per i risultati futuri.

Sebbene le informazioni siano state raccolte e abbiano preso spunto da fonti ritenute attendibili, il Credit Suisse non rilascia alcuna garan-zia sulla loro accuratezza o completezza. Il Credit Suisse declina ogni responsabilità per eventuali perdite derivanti dal loro uso.

LA PRESENTE RELAZIONE E LE EVENTUALI COPIE NON POSSONO ASSOLUTAMENTE ESSERE INVIATE, PORTATE O DISTRIBUITE NEGLI

STATI UNITI O A CITTADINI STATUNITENSI. In determinati ordinamenti giuridici, la distribuzione delle relazioni di ricerca può essere sog-getta a limitazioni dalle leggi e dai regolamenti locali.

La presente relazione è distribuita dal Credit Suisse, un istituto di credito svizzero autorizzato e soggetto al regolamento della Commissione federale svizzera delle banche.

È proibito riprodurre la presente relazione, interamente o in parte, senza il permesso scritto del Credit Suisse. Copyright © 2007 del Credit Suisse Group e/o delle sue affiliate. Tutti i diritti riservati.

Sigla editoriale InvestEditore Credit Suisse, Casella postale 2, 8070 Zurigo Redazione Alois Bischofberger (ab), d. ssa Anja Hochberg (ah), Marcus Hettinger (mh), Tobias Merath (tm), David Brönnimann (db), Fabian Heller (fh)

Marketing Veronica Zimnic E-mail [email protected] Internet www.credit-suisse.com/infocus Inserzioni Pauletto Gmbh, Daniel Pauletto, Kleinstrasse 16, 8008 Zurigo, telefono/

fax +41 43 268 54 56 Stampa NZZ Fretz AG Riproduzione con l’indicazione «tratto dal Bulletin del Credit Suisse»

Credit Suisse Invest

Credit Suisse Bulletin 1/08

42

Investment Focus

Il rispetto dell’ambiente

Energie alternativeLa richiesta di energia in tutto il mondo sem­bra insaziabile. Le riserve di petrolio tuttavia ­sono­limitate,­e­il­clima­presenta­sfide­sempre­più complesse.

Esistono innumerevoli fonti di energia alternativa da sfruttare, tra cui etanolo, me­tano, energia eolica e solare. Nei prossimi anni le energie alternative saranno un tema di crescita in tutto il mondo. L’indice Global Alternative Energy del Credit Suisse è uno dei più rappresentativi delle energie alter­native. Questo indice e l’Investment Focus «Energie alternative» offrono agli investitori una rassegna competente della ricerca nel settore.

Scoprite all’interno dell’Investment Fo­cus le vostre possibilità d’investimento nel settore e come partecipare a questa cre­scita.

Una nicchia interessante

NanotecnologiaLa tecnologia è ormai così progredita da consentire la manipolazione di strutture di dimensioni comprese tra 1 e 100 nanometri, permettendo­di­modificare­le­caratteristiche­dei materiali.

La ricerca in questo settore è già avan­zata, il suo potenziale d’impiego invece è ancora lontano dal pieno sfruttamento. Si prevede che la nanotecnologia potrà aprire nuovi mercati e fornire nuovi motori di cre­scita in tutti i settori.

Tuttavia, come investire in questo setto­ re così interessante? L’Investment Focus «Nanotecnologia» illustra le possibilità di questa tecnologia e indica alcune proposte d’investimento interessanti.

Nuovi mercati

Mercati di frontieraI fondamentali macroeconomici dei mercati emergenti sono migliorati, tanto che i loro profili­sono­ormai­simili­a­quelli­dei­paesi­svi­luppati. Le prospettive di crescita pertanto si riducono e la richiesta di nuovi mercati in via di sviluppo è sempre più pressante.

Opportunità d’investimento molto pro­mettenti sono offerte dai cosiddetti mercati di frontiera, che hanno sostanzialmente le stesse caratteristiche dei mercati emergenti prima del loro sviluppo. Sono ancora nella fase iniziale del percorso verso la stabilità economica ed è lecito prevedere un forte potenziale di crescita.

L’Investment Focus «Mercati di frontiera» illustra le possibilità di accesso a questi mer­cati molto interessanti.

L’Investment Focus è una pubblicazione tematica che si basa sulle idee della sezione Research del Credit Suisse. Oltre ai principali fatti relativi ad attraenti temi d’investimento, la brochure viene arricchita dalla presentazione di soluzioni d’investimento adeguate.

Il Credit Suisse offre un’ampia gamma di soluzioni d’investimento, quali prodotti strutturati, investimenti alternativi, prodotti sul mercato dei cambi e fondi comuni che fanno riferimento a questi e ad altri temi.

Per ulteriori informazioni vi preghiamo di rivolgervi al vostro con­sulente personale per la clientela o al contatto riportato qui di seguito.

Contatto Maria Dolores Lamas, Managing Director, Responsabile Financial Products & Investment Advisory

Telefono: +41 44 333 31 22 E­mail: structured.investments@credit­suisse.com Internet: www.credit­suisse.com/structuredproducts Intranet: http://buffet.csintra.net/focus

Credit Suisse Bulletin 1/08

43F

oto:

Wal

ter

Bib

ikow

, G

etty

Imag

es |

Yel

low

Dog

Pro

duct

ions

, G

etty

Imag

es |

Get

ty Im

ages

| S

teve

n P

uetz

er,

Pri

sma

Buono a sapersi Tre voci del lessico finanziario

Credit Suisse Economia

CollarStrumento di copertura del rischio in caso di eccessivo rialzo o ribasso dei tassi d’interesse

Il collar è un contratto che permette di contenere eventuali fluttuazioni dei tassi combi-nando un limite superiore e un limite inferiore di tasso: l’ideale per evitare i rischi e le cattive sorprese. Questa soluzione, infatti, consente di contenere le oscillazioni dei tassi all’interno di una fascia prestabilita. Per il prezzo di un’operazione con flussi di pagamento permanenti, questo strumento di copertura presenta grandi vantaggi. Se il valore di riferimento concordato supera il limite superiore definito contrattualmente, il venditore paga all’acquirente del collar la differenza fra il valore di riferimento e tale limite. Viceversa, se il valore di riferimento scende al disotto della soglia inferiore con-venuta, l’acquirente del collar deve versare al venditore la differenza rispetto al valore di riferimento. In altre parole, le fluttuazioni dei tassi sono perfettamente controllate, senza lasciare alcuno spazio agli imprevisti. mp

Negoziazione alle gridaMetodo di contrattazione presso una borsa valori

Immaginatevi una grande sala di borsa stipata di broker vestiti di tutto punto che gesti-colano come forsennati gridandosi a vicenda offerte di acquisto e di vendita. In termini tecnici si parla di «compravendita di titoli alla corbeille». I partecipanti a questo mercato si incontrano di persona, a orari prestabiliti e in un dato luogo, per regolare i loro affari. Gridando («à la criée») o facendo gesti codificati, gli agenti di cambio fanno capire di essere interessati a una transazione a un determinato prezzo. Tra i termini più usati figurano «denaro», per esprimere un’intenzione di acquisto, e «lettera» usato da chi dichiara di voler vendere. La negoziazione vera e propria viene poi effettuata dagli operatori ai margini della corbeille. Questo metodo di contrattazione appartiene ormai al passato: oggigiorno a prevalere sono infatti le borse elettroniche e i sistemi di contrattazione telematici. Solo piccole borse valori regionali, come quelle di Berlino e Stoccarda, hanno mantenuto questo sistema, lasciando che i broker si scatenino sulla corbeille. mp

MicrofinanzaRetail banking per i poveri nei paesi in via di sviluppo

Per microfinanza s’intende la concessione di microcrediti alle piccole e piccolissime imprese nei paesi in via di sviluppo. Grazie a questa formula, le persone che altrimenti non avrebbero accesso ad alcun tipo di servizio finanziario hanno la possibilità di avviare un’attività economica. E non si tratta certo di elemosina: come ogni credito, infatti, questi finanziamenti vanno remunerati e puntualmente rimborsati. Le imprese di microfinanza gestite in modo competente registrano tassi di rimborso che sfiorano il 100 per cento. Il rischio dell’investitore è quindi molto ridotto. Si tratta dunque di investimenti molto attrattivi, anche se di regola sono gli aspetti sociali e di politica di sviluppo a passare in primo piano. Inoltre, l’autofinanziamento reso possibile grazie a queste operazioni favorisce lo sviluppo sostenibile, perché chi riesce a migliorare la sua situazione economica con le proprie forze non accetta più il ruolo di vittima e di assistito. Nel 2006 l’economista bengalese Muhammad Yunus, fondatore del sistema dei microcrediti, ha vinto il Nobel per la pace per la sua Grameen Bank. Un progetto che ha indotto numerosi istituti finanziari a ispirarsi a questo esempio, come il Credit Suisse con il suo Global Microfinance Fund. mp

Credit Suisse Bulletin 1/08

44 Economia  Vietnam

 Vietnam

Da mercato di frontiera  a economia in pieno boom

Credit Suisse Bulletin 1/08

45F

oto:

W. G

. Allg

oew

er,

Blic

kwin

kel

| R

DB

, R

eute

rsEconomia  Vietnam

Dal suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) l’11 gennaio 2007, il Vietnam è in pieno fermento. Riforme strutturali, stabilità politica, vantaggi compe- titivi e una delle popolazioni più giovani d’Asia hanno trasformato il paese in una delle economie più dinamiche del mondo.

Testo: Cheuk Wan Fan, Equity Research Analyst, Hong Kong, e Maggie Yeo, Equity Research Analyst, Singapore

La capacità del Vietnam di trasformarsi da sconosciuto mercato di frontiera a florido mercato emergente ha lasciato di stucco gli investitori internazionali. Infatti, non solo ha superato i dolorosi problemi economici e sociali ereditati dal conflitto degli anni Set­tanta, ma è anche stato in grado di imporsi come la seconda fabbrica globale dell’Asia, dopo la Cina.

Il ruolo dell’OMC 

L’adesione ufficiale del Vietnam all’OMC quale suo 150° membro dopo 11 anni di preparativi dovrebbe fungere da importante catalizzatore per le riforme di apertura del mercato e la liberalizzazione economica del prossimo decennio. In vista dell’integrazione

nell’economia internazionale, il governo viet­namita ha concordato di accelerare il suo programma di privatizzazione delle imprese pubbliche ponendosi l’obiettivo di comple­tare il processo entro il 2009.

Nel periodo precedente all’adesione al­l’OMC sono state avviate numerose iniziative che hanno trasformato il contesto economi­co in modo radicale. Ispirandosi alle riforme di mercato e alla politica delle porte aperte messe in atto con successo dalla Cina, nel 1986 il governo vietnamita ha lanciato una politica di rinnovamento, nota come Doi Moi.

Il Doi Moi ha permesso all’economia di mercato di soppiantare l’economia pianifica­ta, promuovendo la proprietà privata, la de­regolamentazione e gli investimenti esteri.

Inoltre, in virtù degli accordi di adesione al­l’OMC, la riduzione delle restrizioni e delle tariffe doganali dovrebbe agevolargli l’ac­cesso ai mercati globali. Nel 2008 si annun­cia dunque una forte crescita dei proventi delle esportazioni nonostante il rallenta­mento economico previsto negli Stati Uniti, il principale mercato di sbocco del Vietnam.

Secondo le stime, nei prossimi anni an­che le importazioni vietnamite realizzeranno una crescita sostenuta. Composte principal­mente da macchinari, beni intermedi e pro­dotti finali, beneficeranno della riduzione delle tariffe doganali decise dal governo per adempiere ai principi dell’OMC e del­l’area di libero scambio dell’Associazione delle nazioni del Sud­Est asiatico (ASEAN). >

Credit Suisse Bulletin 1/08

46 Economia  Vietnam

L’impennata delle importazioni farà molto probabilmente segnare un disavanzo re­ cord alla bilancia commerciale del Vietnam. Per istituire un regime dei cambi più fles­sibile nel corso dell’integrazione nell’OMC, il 1° gennaio 2007 la Banca nazionale viet­namita ha esteso la fascia di oscillazione in cui il dong vietnamita può fluttuare nei confronti del dollaro dallo 0,25 allo 0,5 per cento su base giornaliera; nel dicembre 2007 il valore superiore è stato portato allo 0,75 per cento. A seguito di questa mag­giore flessibilità il tasso di cambio del dong contro il dollaro è diventato leggermente più volatile.

Crescita del PIL sostenuta

Nell’ultimo decennio il prodotto interno lordo (PIL) reale del Vietnam si è espanso a un ritmo del 7,1 per cento all’anno. A livello regionale, solo la Cina ha ottenuto un risul­tato superiore (9,1 per cento). Considerando la crescita media del PIL sull’ultimo triennio, il Vietnam si classifica terzo in Asia dopo Cina e India. Il principale motore di questa evoluzione è l’elevato tasso d’investimento del paese che, stando alle previsioni, do­vrebbe rappresentare dal 41 al 42 per cento del PIL nel 2008, a fronte del 40 per cento del 2006.

L’incremento degli investimenti in attività immobilizzate è supportato da una significa­tiva crescita del credito. Quest’ultima, che ha segnato una media del 29 per cento negli ultimi cinque anni – ha parimenti determina­

to un rapido aumento della domanda interna e del potere d’acquisto. Il governo prevede di stanziare il 25 per cento circa degli inve­stimenti totali per la risoluzione dei problemi infrastrutturali, ossia l’11,4 per cento del PIL per il periodo 2006–2010, contro il 9,4 per cento del 2002–2003.

Anche la robusta spesa per consumi ali­menta la rapida espansione economica del Vietnam. Negli ultimi due anni i consumi privati hanno contribuito alla crescita nella misura del 7,5 per cento, complice l’aumen­to dei redditi e l’avvento di una giovane classe media. Il paese vanta infatti una del­le popolazioni più giovani d’Asia (il 70 per cento ha meno di 35 anni). Trainato dalla massiccia crescita di investimenti, esporta­zioni e consumo privato, il PIL del Vietnam è progredito dell’8,5 per cento nel 2007, e il governo stima incrementi dall’8,5 al 9 per cento per il 2008.

Il team di Investment Banking del Credit Suisse addetto all’economia asiatica preve­de che il PIL del paese crescerà del 9,1 per cento circa nel 2008 e si rafforzerà legger­mente nel 2009. In termini pro capite, il PIL reale vietnamita rappresenta il 42 per cento di quello cinese. Ciò significa che se il PIL continuasse a espandersi a un ritmo del 7,1 per cento all’anno come ha fatto nell’ultimo decennio, fra 13 anni raggiungerà l’attuale livello di PIL pro capite della Cina.

A corollario del programma di industria­lizzazione e modernizzazione avviato, si è osservata una transizione dall’agricoltura al­

l’industria. Puntando sul suo vantaggio competitivo in termini di costo del lavoro, il Vietnam è assurto a seconda fabbrica a livello mondiale dopo la Cina. Dal 1990 al 2007, infatti, il contributo al PIL dei settori edile e industriale è passato dal 25,2 al 41,6 per cento. Quanto al settore primario, il suo contributo è sceso da oltre il 40 degli anni Ottanta al 20,2 per cento del 2007. Ciononostante, dato che i tre quarti della popolazione vivono in aree rurali, questo set­tore rimane la principale fonte d’impiego, rappresentando il 57 per cento della forza lavoro totale, pari a 42 milioni di persone.

I capitali esteri alimentano la crescita

La rapida espansione economica del Viet­nam è parimenti frutto della politica gover­nativa di impiegare gli investimenti esteri per condurre le riforme nel settore pubblico tramite privatizzazioni e quotazioni in borsa delle imprese statali. Nell’ottobre 2005 è stata emanata una nuova legge sugli inve­stimenti con la quale è stato aumentato dal 30 al 49 per cento il limite di partecipazione degli investitori esteri (banche escluse) alle società quotate di modo da incrementare la liquidità del mercato. Inoltre dal 2001 è salito il numero delle imprese pubbliche pas­sate in mano privata.

Questo è stato molto importante per lo sviluppo della borsa vietnamita in quanto ha alimentato il mercato con nuove emis­ sioni azionarie: nel 2006 e nel 2007, infatti, sono state privatizzate numerose grandi imprese pubbliche eccellenti, come la Viet­nam Dairy Products Joint Stock Company (Vinamilk), la Saigon Thuong Tin Commer­cial Bank (Sacombank), la Vinh Son – Song Hinh Hydropower Joint Stock Company (Vinh Son), la Bao Viet Insurance e la Vietcombank.

La revisione della legge sulle parteci­pazioni estere, le quotazioni di ex imprese pubbliche e il crescente afflusso di capitali nella regione asiatica hanno determinato una sensibile espansione della capitaliz­zazione delle borse valori del Vietnam, che hanno raggiunto i 13,9 miliardi di dollari nel 2006, una cifra pari al 25 per cento del PIL del paese.

La privatizzazione delle banche commer­ciali statali, parte integrante della riforma bancaria avviata nel 2001, ha l’obiettivo di ristrutturare le banche in mano pubblica tramite la ricapitalizzazione, la gestione dei crediti in sofferenza e il miglioramento del­ la performance operativa e infine di farle

La crescita del PIL vietnamita è la terza più alta in AsiaIl principale motore della robusta crescita è l’elevato tasso d’investimento del paese. La forte espansione dei crediti ha determinato rapidi aumenti della domanda interna e del potere d’acquisto.  Fonte: CEIC, Credit Suisse

  Crescita media su tre anni 

0% 5% 10% 15%

Cina

India

Vietnam

Singapore

Hong Kong

Malaysia

Filippine

Indonesia

Thailandia

Taiwan

Corea

Credit Suisse Bulletin 1/08

47Economia  Vietnam

ammettere in borsa. Il governo conta di far quotare almeno una grande banca com­merciale statale all’anno e di privatizzare 1500 delle 2100 imprese pubbliche rimanen­ti (71,4 per cento) nei prossimi cinque anni.

Forte impegno in borsa

Il governo e la State Securities Commission (SSC) intendono istituire entro il 2010 una borsa con un valore di mercato pari al 30–40 per cento del PIL nazionale. A fine 2006, allo scadere degli incentivi fiscali offerti alle imprese che si quotavano in borsa, il loro numero era quintuplicato, passando a 192, e la capitalizzazione di borsa era incremen­tata di 19 volte rispetto all’anno precedente, attestandosi a 13,9 miliardi di dollari. A fine 2007, le società quotate erano 240 (+25 per cento rispetto al 2006) e la capitalizzazione di borsa aveva già superato l’obiettivo del governo in termini di percentuale del PIL (30–40 per cento entro il 2010).

Dal 2005 la SSC collabora con il governo per creare un’infrastruttura di mercato per il settore finanziario vietnamita. L’inaugura­zione del Vietnam Securities Depository (VSD) ad Hanoi il 7 luglio 2006 e il varo da parte della SSC della nuova legge sui valori mobiliari il 1° febbraio 2007 hanno posto le basi per il rapido sviluppo delle borse valori vietnamite. Disporre di un sistema di depo­sito è infatti fondamentale per la compen­sazione e il regolamento efficienti delle tran­sazioni di borsa entro termini brevi, mentre i requisiti più severi sulla riservatezza in cam­po finanziario previsti dalla nuova legislazio­ne miglioreranno gli standard di corporate governance e la fiducia degli investitori nel­la qualità dei titoli quotati in borsa.

Rischio di surriscaldamento

In Vietnam le contrattazioni sono organizzate in due piattaforme di trading, l’Ho Chi Minh Stock Exchange (HOSE) e l’Hanoi Securities Trading Centre (HASTC), istituiti rispettiva­mente il 28 luglio 2000 e l’8 marzo 2005. Pur essendo relativamente recente e molto più piccola di quelle degli altri mercati asiatici in termini di capitalizzazione di borsa, l’HOSE ha catturato l’attenzione degli investitori in­ternazionali, specie dopo la strepitosa per­formance del 144 per cento nel 2006.

Secondo la SSC, il numero dei depositi di negoziazione è salito a 100 000 a fine 2006 (di cui 17 000 detenuti da investitori esteri), aumentando di tre volte rispetto al­l’anno precedente e di trenta volte dall’avvio dell’HOSE sei anni fa. Sempre a fine 2006,

In Vietnam con il Credit Suisse  A inizio novembre Arthur Vayloyan, responsabile Investment Services and Products alla divisione Private Banking del Credit Suisse, ha invi- tato un gruppo di investitori asiatici, canadesi ed europei  a partecipare al quarto Interactive Field Trip organizzato  dal Credit Suisse per far scoprire loro le opportunità offerte  dal Vietnam. Il viaggio ad Hanoi e Ho Chi Minh City – il cui ricco programma informativo prevedeva una ricerca appro-fondita e un intenso scambio con esperti locali – includeva una serie di presentazioni tenute da alcuni degli speciali- sti più noti dei mercati finanziari e immobiliari vietnamiti e visite alle principali imprese statali e alle aziende private  più dinamiche. 

i fondi d’investimento in azioni vietnamite erano passati a 23, con una capitalizzazione totale di circa 2,3 miliardi di dollari, e le orga­nizzazioni estere internazionali operanti sul­le borse valori vietnamite – principalmente tramite collaborazioni con broker locali – erano una cinquantina.

Nondimeno, il massiccio afflusso di capi­tali esteri e l’eccesso di liquidità nel sistema finanziario mettono potenzialmente sotto pressione l’economia. Dopo il picco storico di 1170,67 raggiunto dall’Ho Chi Minh Stock Index il 12 marzo 2007, il mercato ha subito una correzione del 20 per cento. Questo crollo è stato innescato dalle valutazioni eccessive comportate dal rialzo del 56 per cento messo a segno dal mercato dall’inizio del 2007 e dalla mancanza di nuove quota­zioni azionarie che attirassero l’interesse degli investitori.

Il governo di Hanoi si mantiene vigile su­gli effetti dell’eccesso di liquidità nel siste­ ma finanziario e sulla minaccia dell’infla­ zione. Quest’ultima, infatti, è in aumento: in novembre l’indice dei prezzi al consumo ha registrato il livello massimo degli ultimi tre anni (+10 per cento sull’anno precedente), soprattutto a causa dell’incremento dei prez­

zi per beni alimentari, carburante e immobi­li. A contribuire maggiormente al rincaro sono tuttora i beni alimentari, per effetto di un’invasione di parassiti nella regione con la maggiore produzione di riso nel delta del Mekong.

La Banca nazionale vietnamita è consa­pevole dei rischi inflazionistici e il 24 dicem­bre 2007 ha reagito portando dallo 0,5 allo 0,75 per cento il valore superiore della fascia di oscillazione entro la quale il dong può flut­tuare nei confronti del dollaro. Inoltre è mol­to probabile che nei prossimi mesi il governo adotterà una politica monetaria selettiva per assorbire l’eccessiva liquidità e contenere la pressione inflazionistica. In generale, sarà messa in atto una politica moderatamente restrittiva per evitare di destabilizzare il mer­cato azionario e immobiliare in vista delle numerose privatizzazioni previste per i pros­simi anni.

Il governo ha escluso il rischio che le par­tecipazioni estere degenerino in una specu­lazione eccessiva da parte degli investitori internazionali. Dovrebbe pertanto tenere fede alla linea adottata finora e seguire un approccio di moderato inasprimento per minimizzare il rischio di bolla finanziaria. <

Credit Suisse Bulletin 1/08

48 Economia  Microtransazioni

Saranno le  microtransazioni la chiave di volta di Internet?

Credit Suisse Bulletin 1/08

49Economia  Microtransazioni

Un’auto nuova per un dollaro, una camera da letto per 50 centesimi, uno smart phone dell’ultima generazione per dieci centesimi, la formula magica per sconfiggere il  pericoloso nemico del livello cinque per due centesimi a utilizzo… Benvenuti nell’econo-mia digitale del mondo virtuale, dove customizzazione, disponibilità e distribuzione  possono trasformare piccole cose in grandi business.

Testo: Steven Soranno, Equity Research Analyst, New York

In Asia e in India, le strade a pedaggio hanno contribuito alla globalizzazione del commer­cio almeno dal quarto secolo a.C. I Romani, in epoca imperiale, utilizzarono il sistema del dazio per finanziare la protezione dei mer­canti sui fiumi più importanti. E molte delle vie di comunicazione moderne esistono per­ché la loro costruzione è stata sovvenziona­ta con lo stesso metodo.

Passiamo al virtuale e alla realizzazione dell’infrastruttura di Internet, con il rapido sviluppo dell’economia digitale: privati e aziende devono essere incentivati a inno­vare, creare e vendere beni su Internet non­ché a rifornire di contenuti il mondo digitale. Attualmente, lo possono fare soprattutto con la pubblicità online, un elemento ormai tradizionale del web, oppure sfruttando l’op­portunità delle microtransazioni, minuscole compravendite da meno di un dollaro l’una. Negli anni scorsi, in assenza di sistemi di pagamento elettronico all’altezza e di una base di utenti disponibili a servirsene, fra i due metodi ha prevalso di gran lunga l’adver­tising. Ora le tecnologie si stanno evolven­ do rapidamente e al contempo si sta affer­mando una nuova generazione di utilizzatori cui non mancano né le competenze né i mezzi finanziari. Sui nuovi siti dei fornitori di contenuti e servizi, lo spazio è saturo delle più varie opportunità di microtransazioni, dai diritti d’accesso a pagamento a pagine In­ternet fino all’offerta di personaggi di video­giochi. Le microtransazioni hanno la stessa funzione svolta per secoli dal pedaggio sulle strade del mondo: piccoli importi moltiplica­ti per un grande numero di passaggi contri­buiscono a recuperare gli investimenti nelle autostrade dell’informazione.

È possibile salvare su conti online i dati della propria carta di credito, oppure utiliz­zare sistemi di pagamento elettronico come PayPal di eBay o ancora crediti prepagati per le piccole spese da saldare mentre si naviga, si intrattiene la propria rete sociale o si gioca online. Vi piace la canzone che accompagna la vostra Maserati sul lungo­mare di Monaco mentre giocate al vostro

videogame preferito? A qualcuno della fami­glia serve un breve documentario? Acqui­state un accesso a tempo. Volete migliorare qualche elemento visivo del vostro sito web personale? Bastano un paio di clic per com­prare la nuova versione.

Con la pubblicità digitale, le aziende beneficiano offline della tecnologia online. Le microtransazioni sono il passo successi­vo: l’acquisto, quindi il profitto, sono diretti. Dopo il ruolo fondamentale nell’economia del mondo reale, il sistema dei pedaggi ha molte probabilità di rappresentare uno snodo importante anche in quella virtuale.

Le microtransazioni a un punto di svolta

Le infrastrutture per il pagamento elettroni­co si evolvono rapidamente e favoriscono su Internet la proliferazione di offerte di micro­transazioni. Diversi paesi arrivano a conside­rarne prioritario lo sviluppo. Ad esempio, Singapore sta creando una valuta elettronica, il Singapore Electronic Legal Tender (Selt), che avrà corso legale dalla fine di quest’anno. Anche India e Cina mirano a sviluppare siste­mi regionali di elaborazione delle transazioni elettroniche, per sottrarre ai gestori occiden­tali di carte di credito il controllo su questo processo economico vitale. Da uno studio della società di analisi Gartner è emerso che i sistemi di pagamento causano un aumento del prezzo delle merci acquistate in misura del 3–5 per cento; questa tassa è in gran parte dovuta alla gestione dei passaggi di contanti fra i diversi attori del processo.

Interattività, dinamismo, mobilità dei con­tenuti online stanno facendo crescere espo­nenzialmente i costi. Il fenomeno è traspa­rente soprattutto nel settore dei videogiochi, in cui i produttori non possono continuamen­te aumentare i prezzi per non compromettere la diffusione dei prodotti. David Christensen, Vice President of International Operations di Sony Online Entertainment, ha descritto recentemente il business dei giochi online dell’azienda in questi termini: «Con le micro­transazioni, i ricavi (dai giochi scaricabili libe­ramente) superano spesso quelli derivanti

dai diritti d’utilizzo (generalmente, fra 10 e 20 dollari al mese): spesso questi giochi liberi sono facili da utilizzare e quindi si dif­fondono rapidamente. Infatti gli utenti spen­dono ben oltre 20 dollari al mese per articoli vari».

Le microtransazioni stanno prendendo piede anche sulla maggior parte delle piatta­forme di social networking. La seconda al mondo per numero di utenti, Facebook, ha introdotto a febbraio 2007 la possibilità di acquistare regali digitali da un dollaro. Alla fine di dicembre ne erano stati venduti 24 milioni. Negli ultimi tre anni, i videogame online gratuiti RuneScape, Habbo Hotel e MapleStory hanno conquistato oltre 20 milio­ni di utenti attivi, finanziandosi unicamente attraverso microtransazioni e inserzioni onli­ne. In MapleStory, ad esempio, due persone possono «sposarsi» per una tassa simbolica, rafforzando i legami tra i giocatori: un servizio di incontri virtuali. Alla Target, la seconda catena di supermercati statunitense, la carta prepagata di MapleStory è diventata rapida­mente la più venduta, dopo quella di iTunes.

Cambiamento radicale anche per Internet

Probabilmente saranno le microtransazioni a favorire il nuovo grande salto di Internet nella mobilità. Negli Stati Uniti, ad esempio, il marketing dei gestori wireless mira ancora ad attirare nuovi clienti verso i propri servizi vocali. Ma dato che questi ultimi rimangono sempre più fedeli ai loro servizi di telefonia mobile, i gestori stanno passando a modelli innovativi che rendano più redditizia la ven­dita di dati a questa base di clientela. Le microtransazioni hanno le caratteristiche adatte per combinarsi con il digital adverti­sing e creare la nuova struttura di questo settore ancora giovane.

Fra le qualità più preziose di Internet c’è quella di rendere informazioni e servizi frui­bili a un pubblico sempre più vasto. Le microtransazioni possono giocare un ruolo chiave proprio in questo ambito, e favorire lo sviluppo di connettività e contenuti della prossima generazione. <

Credit Suisse Bulletin 1/08

50 Economia  Sudafrica

Sudafrica

Speranze e sfide della nazione arcobaleno

Credit Suisse Bulletin 1/08

51Economia  SudafricaF

oto:

Rei

nhar

d E

isel

e, p

roje

ct p

hoto

s |

Bom

bard

ier

| A

rchi

tett

i von

Ger

kan,

Mar

g e

Par

tner

, Im

mag

ine:

Mac

ina

| A

lexa

nder

Joe

, A

FP

| B

rent

Stir

ton,

Get

ty Im

ages

| P

eter

Ada

ms,

Get

ty Im

ages

A 14 anni dal crollo dell’apartheid che spianò la strada al primo governo a maggioranza di colore democraticamente eletto, il Sudafrica sta attraversando il periodo di crescita economica più lungo della sua storia: 96 mesi. E sembra destinato a continuare…

Negli ultimi quattro anni l’economia è cresciu­ta di circa il 5 per cento, creando 500 000 nuovi impieghi nel solo 2007. L’efficace riforma fiscale è stata uno dei maggiori risultati ottenuti dal governo del dopo apar­theid. Sull’orlo di una crisi finanziaria nei primi anni Novanta, oggi il paese vanta conti in pareggio e in Africa viene spesso citato a esempio per la sua gestione fiscale responsabile. Ma anche le riforme sociali stanno dando frutti: acqua corrente ed elet­tricità cominciano ad arrivare nelle baracco­poli, una corte costituzionale efficiente e una stampa libera proteggono la giovane democrazia, mentre l’accesso a istruzione e opportunità si estende ormai anche a fasce di popolazione che prima non avevano alcun diritto. Fattori che hanno dato vita a una nuova classe media nera che oggi conta 2,6 milioni di sudafricani. E mentre il paese si prepara ad ospitare i Mondiali di calcio del 2010, il governo nutre piani ambiziosi: dimezzare povertà e disoccupazione entro il 2014 portando la crescita economica dal­l’attuale 5 per cento al 6 per cento nel perio­do 2010–2014. Spinto da un forte ottimismo, il paese che fu uno Stato paria oggi è diven­tato un esempio per tante giovani democra­zie africane.

Cambiano i fattori di crescita

Il boom economico degli ultimi anni ha bene­ficiato della forte espansione dei consumi interni da parte di un ceto medio in continuo aumento. Inizialmente, un deciso impulso è venuto dalla politica fiscale espansiva varata nel 1999, che prevedeva agevolazio­ni per privati e imprese oltre che maggiori investimenti in servizi sociali e infrastrut­ ture. I provvedimenti fiscali, il maggiore reddito disponibile, l’inflazione stabile e i bassi tassi d’interesse hanno impresso una vigorosa spinta ai consumi interni, che an­cora oggi sostengono la crescita economica del paese. Il rovescio della medaglia sono

l’aumento dell’inflazione e i livelli insosteni­bili dell’indebitamento privato. Da un lato, l’inflazione ha ripreso a crescere negli ultimi due anni superando addirittura, nel marzo 2007, la fascia del 3–6 per cento indicata come obiettivo dalla banca centrale. Dall’al­tro, il rapporto debito/reddito ha raggiunto il preoccupante livello dell’80 per cento nel 2007 (50 per cento nel 2003), a conferma del fatto che i privati ricorrono sempre più spesso al prestito per finanziare le proprie spese. Questi dati hanno spinto la South African Reserve Bank a portare i tassi d’in­teresse dal 4 per cento all’attuale 11 per cento per frenare la spesa al consumo. Se da un lato la stretta monetaria sortirà l’ef­fetto auspicato, dall’altro dovremmo assi­stere a un’ondata di investimenti infrastrut­turali, che si apprestano ormai a sostituirsi ai consumi come principale fattore di cre­scita economica. Questo «passaggio» è già

in atto ed è stato indotto dall’annuncio che il Sudafrica avrebbe ospitato i Mondiali di calcio del 2010.

Boom di investimenti infrastrutturali

La necessità di nuove infrastrutture e opere pubbliche è sotto gli occhi di tutti. Anni e anni di sottoinvestimenti hanno determinato una serie di ritardi che stanno ora seriamen­te penalizzando le esportazioni e creando notevoli difficoltà nella fornitura di corrente elettrica. L’aumento della domanda di ener­gia elettrica è dovuto principalmente alle migliaia di sudafricani in precedenza privati di ogni diritto che lasciano le bidonville per trasferirsi in case dotate di elettricità e acqua corrente. Oggi il tasso di investimen­to (investimenti/PIL) è in ripresa (si veda il grafico a pagina 52). Il governo ha per esem­pio stanziato un totale di 420 miliardi di rand sudafricani da destinare alle infrastrut­ >

Testo: Robert Ruttmann, Equity Research Analyst, Dubai

Fasi di crescita del PIL in Sudafrica14 anni dopo le prime elezioni democratiche, il Sudafrica sta attraversando il periodo di espansione del PIL più lungo della sua storia. Gli investimenti in forte aumento stanziati in vista dei Mondiali di calcio nel 2010 dovrebbero continuare a sostenere la crescita. Fonte: South African Reserve Bank, Credit Suisse

Fasi di crescita del PIL in Sudafrica

60–64 65–69 70–74 75–79 80–84 85–89 90–94 95–99 00–04 05–06

6

5

4

3

2

1

0

% su base annua

Credit Suisse Bulletin 1/08

52 Economia  Sudafrica

ture nei prossimi tre anni. Agli investimenti partecipa anche il settore privato. Con una quota pari al 70 per cento degli investimen­ti complessivi in conto capitale, le società private impegnano parte della cospicua liquidità presente nei loro bilanci. Questo sforzo concertato ha permesso di dare il via al primo rilancio coordinato degli investimen­ti infrastrutturali, con una crescita annua della spesa totale stimata tra il 10 e il 15 per cento nel periodo 2008–2014. Il settore privato e quello pubblico stanno inoltre coor­dinando i propri sforzi tramite cosiddette compartecipazioni pubblico­private. L’esem­pio più importante e noto è la costruzione del collegamento ferroviario ad alta velocità Gautrain, un progetto da 23 miliardi di rand finanziato congiuntamente da fondi pubblici e privati. Altri progetti analoghi sono già in corso, mentre la realizzazione di strade, porti, aeroporti, centrali elettriche e stadi procede a un ritmo forsennato in vista dei Mondiali di calcio del 2010.

Prospettive solide con qualche rischio

Nonostante i numerosi progressi compiuti, i motivi di preoccupazione non mancano. Pri­mo fra tutti, l’istruzione. Una delle eredità più pesanti lasciate dall’apartheid è la bassa scolarizzazione della maggioranza nera. Per troppi sudafricani il basso livello dell’istru­zione costituisce ancora un ostacolo alla mobilità sociale. Oggi il 57 per cento della popolazione vive con meno di 3000 rand (430 dollari) all’anno. Nonostante la crea­

zione di 500 000 nuovi posti di lavoro ogni anno, il tasso di disoccupazione resta al di sopra del 25 per cento e colpisce soprattutto i lavoratori neri senza formazione. La man­canza di manodopera specializzata continua a causare carenze di capacità e le imprese in costante espansione faticano a trovare personale adeguato. Altro problema grave: la criminalità. Con oltre 18 000 omicidi e 50 000 casi di violenza carnale nel 2007, il Sudafrica presenta un tasso di criminalità tra i più alti del mondo. Quasi tutti hanno un episodio da raccontare sulla delinquenza dilagante nel paese, di solito legato a rapine o furti d’auto. Altrettanto preoccupante è la crisi dell’AIDS, che ha già mietuto 5,5 milio­ni di vittime e continua a uccidere quasi 1000 sudafricani al giorno. Il governo è stato aspramente criticato per come ha gestito l’epidemia. Per troppo tempo ha negato il problema o lo ha affrontato promuovendo cure tradizionali a base di barbabietole, aglio, limone e patate africane. Messo alle strette, il governo ha offerto trattamenti antiretrovi­rali a 250 000 persone, una risposta che tanti osservatori ritengono insufficiente e tardiva visto che il numero di nuovi contagi non accenna a diminuire.

L’ANC domina incontrastato

La principale preoccupazione di tanti inve­stitori stranieri è che il Sudafrica è ancora lontano dall’obiettivo di una democrazia piena. Dopo aver sconfitto l’apartheid e gettato le basi della democrazia nel 1994,

l’African National Congress (ANC) oggi do­mina la scena politica senza una reale oppo­sizione da parte dei piccoli partiti avversari. Il principale partito di opposizione, la Demo­cratic Alliance (DA), di impronta liberale, ha conquistato soltanto il 12,4 per cento dei voti alle ultime elezioni generali nel 2004 e rimane fermo al 2 per cento dei consensi nell’elettorato di colore. La DA non può dun­que insidiare seriamente il dominio dell’ANC, composto da gruppi eterogenei come ex combattenti per la libertà, sindacati e il Par­tito comunista sudafricano. Dopo 14 anni di potere ininterrotto l’ANC rischia di diventare un’istituzione politica pigra e compiaciuta, incapace di rinnovarsi e votata a creare una cultura della compiacenza piuttosto che una cultura della competenza. Se la politica sud­africana non saprà liberarsi dall’idea che l’ANC sia legittimato a governare a tempo indeterminato, sarà la democrazia del paese a farne le spese.

Con Zuma presidente possibile scissione

Le recenti tensioni che hanno accompagna­to la nomina del controverso Jacob Zuma a leader dell’ANC lasciano intravedere un rafforzamento dell’opposizione, forse all’in­terno dello stesso ANC. Qualora dovesse essere eletto presidente alla fine del manda­to di Thabo Mbeki nel 2009, Zuma potrebbe incontrare qualche difficoltà nel conciliare la politica economica liberale sinora per­seguita dall’ANC con le richieste che alcuni alleati di partito pongono a fazioni come il Congress of South African Trade Unions e il Partito comunista sudafricano. A fronte di una situazione di paralisi governativa, il par­tito potrebbe dividersi.

Creazione di una democrazia pluralista

Il Sudafrica è una democrazia giovane e fragile che porta ancora profondi i segni di 50 anni di oppressione violenta. Dopo aver smantellato il regime di apartheid, il paese dovrà affrontare la prossima sfida: instau­rare una tradizione di democrazia pluralista, capace di promuovere un dialogo aperto sulle idee politiche e dare ampio spazio al dibattito. In questo, il Sudafrica servirà da modello per altre giovani democrazie del continente africano. Ora che tutti gli occhi sono puntati sul Sudafrica in vista dei Campionati mondiali di calcio del 2010, il gigante economico dell’Africa sarà chia­ mato a rimarginare le ferite del passato e a garantire crescita economica e stabilità politica per il futuro. <

Investimenti totali  Settore privato  Settore pubblico Media di lungo periodo

1970 1973 1976 1979 1982 1985 1988 1991 1994 1997 2000 2003

35

30

25

20

15

10

5

0

Ancora sotto la media di lungo periodo del 20,8 per cento

%

Tasso d’investimentoSale il tasso d’investimento (investimenti/PIL) dopo due decenni di sottoinvestimenti. Pur attestandosi sotto la media di lungo periodo, gli investimenti stanziati in  vista dei Mondiali di calcio nel 2010 dovrebbero continuare a sostenere la crescita.  Fonte: South African Reserve Bank, Credit Suisse

Credit Suisse Bulletin 1/08

53Economia  Traffico dei pagamenti

LT00 0000 0000 0000 0000

GB00 0000 0000 0000 0000 00

NO00 0000 0000 000

ES00 0000 0000 0000 0000 0000

IS00 0000 0000 0000 0000 0000 00

Codice paeseNumero di controlloCodice bancaCodice sportelloNumero di contoCaratteri di controlloCodice succursaleAltre funzioni

Testo: Dennis Brandes, Economic Research, Zurigo

Una svolta nel traffico  dei pagamenti

Che si tratti di pagare la spesa con la carta, versare l’affitto o ancora saldare l’abbona­mento a una rivista con il sistema di adde­bito diretto, i servizi di pagamento senza contanti sono parte integrante non solo del mercato finanziario, ma anche della nostra

vita quotidiana. Proprio per la sua impor­tanza, il traffico dei pagamenti deve essere costantemente perfezionato. L’Unione euro­pea (UE) ha quindi avviato nel gennaio 2008 un progetto di miglioramento di ampia por­tata al quale aderisce anche la Svizzera: la

A fine gennaio è iniziata una nuova era per il traffico dei pagamenti europeo.  La Single Euro Payments Area (SEPA), a cui aderisce anche la Svizzera, armonizza  infatti i servizi di pagamento internazionali.

Single Euro Payments Area (SEPA), l’area unica dei pagamenti in euro.

L’obiettivo della SEPA è armonizzare il mercato dei pagamenti in euro in contanti allo scopo di rendere i pagamenti all’estero rapidi, pratici e affidabili quanto quelli >

Credit Suisse Bulletin 1/08

54 Economia  Traffico dei pagamenti

USA

Svizzera

Svezia

Paesi Bassi

Italia

Gran Bretagna

Francia

Germania

Belgio

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

  Bonifici    Addebiti diretti    Assegni    E-money    Pagamenti mediante carta

Importanza relativa dei singoli metodi di pagamentoDistribuzione percentuale delle transazioni senza contanti (2005)   Fonte: Banca dei regolamenti internazionali (BRI)

nazionali. Inoltre mira a ridurre la necessità, soprattutto per le imprese, di detenere con­ti in paesi diversi. Fatti salvi i dovuti adegua­menti di ordine fiscale, dopo l’attuazione del progetto anche le imprese potranno riceve­re ed effettuare pagamenti in tutta Europa con un solo conto. Sarà inoltre possibile pa­gare comodamente a Parigi o a Roma, così come a Ginevra o a Lugano, con carte di debito (in Svizzera le carte Maestro) oltre che con carte di credito.

60 miliardi di transazioni in Europa

Le economie asiatiche sono interessate da una rapida crescita, e il prodotto interno lordo (PIL) pro capite americano è deci­samente superiore a quello europeo. Nel complesso, però, l’Europa rappresenta la maggiore area economica del mondo in ter­mini di PIL: nel 2006 il PIL nominale dei paesi SEPA (UE e EFTA) era pari a 15,3 mi­liardi di dollari, rispetto ai 13,2 miliardi di dollari degli Stati Uniti. Di conseguenza, anche il mercato dei servizi di pagamento senza contanti si distingue per importanza e dimensioni.

Nel 2003 in Svizzera sono stati realizzati circa un miliardo di pagamenti senza con­tanti, nell’UE 59 miliardi, mentre in tutta l’area SEPA circa 60 miliardi. Tali operazio­ ni hanno coinvolto circa 25 milioni di impre­se, 9000 banche, oltre 18 sistemi di carte, 6,7 milioni di punti vendita presso i quali è

possibile effettuare pagamenti non­cash, 339 000 distributori automatici e una popo­lazione di oltre 500 milioni di persone.

Il mercato europeo dei servizi di pagamen­to è però tutt’altro che omogeneo. Queste cifre nascondono infatti peculiarità naziona­li talvolta del tutto diverse. Rispetto ad altri paesi europei, in Svizzera il ricorso al bonifi­co è ad esempio superiore alla media, men­tre l’addebito diretto è decisamente meno popolare (si veda il grafico).

Gli standard adottati finora nelle opera­zioni di pagamento transfrontaliere (SWIFT) sono nettamente inferiori a quelli della SEPA in termini di efficienza dell’esecuzione. Ne consegue un dislivello qualitativo talvolta notevole tra i servizi di pagamento naziona­li e quelli internazionali. Anche l’isolamento relativo dei singoli mercati dei servizi di pagamento, che ostacola la concorrenza, contribuisce a produrre soluzioni nazionali di diversa qualità. La sfida lanciata dalla SEPA consiste proprio nell’armonizzare i frammen­tati sistemi nazionali di pagamento.

Passaggio alla SEPA previsto per il 2010

L’azione sinergica dei protagonisti del traf­fico dei pagamenti europeo, ovvero le isti­tuzioni dell’UE da un lato e i prestatori dei servizi di pagamento dall’altro, punta a elimi­nare l’attuale frammentarietà dei vari siste­mi nazionali. La comunità bancaria europea ha costituito nel 2002 il Consiglio europeo

per i pagamenti (EPC), organo preposto al­l’elaborazione di standard e processi relativi ai prodotti per il traffico dei pagamenti. Nel­l’autunno 2007 l’UE ha approvato la diret­ tiva sui servizi di pagamento, che stabilisce i requisiti minimi necessari per gli addebiti diretti nonché gli standard minimi per la tutela dei consumatori. Gli Stati membri dovranno attuare tali disposizioni entro il novembre 2009.

Alla SEPA aderiscono 31 paesi: i 27 Stati membri dell’UE, i tre Stati SEE (Islanda, Liechtenstein, Norvegia) e la Svizzera qua­ le membro dell’EFTA. Quest’ultima, non essendo vincolata a tutti i regolamenti UE, non è tenuta ad applicare la direttiva sui servizi di pagamento. Gli istituti finanziari svizzeri possono comunque partecipare alla SEPA poiché, da un lato, una perizia legale ha dimostrato che la normativa sviz­zera non contrasta con quanto previsto dalla SEPA e, dall’altro, l’EPC si fonda sul diritto privato.

I prodotti per i quali sono già stati defini­ti standard o condizioni SEPA sono i bonifici, gli addebiti diretti e i pagamenti mediante carta (per i dettagli si veda il riquadro a pa­gina 55). In futuro altre categorie potrebbe­ro seguire. Durante la fase transitoria i nuo­vi prodotti SEPA sostituiranno gradualmen­te quelli vecchi in un mercato concorrenzia­le: dovranno quindi offrire dei vantaggi per potersi imporre. Si prevede che saranno

Credit Suisse Bulletin 1/08

Economia  Traffico dei pagamenti 55

I prodotti SEPA del Credit Suisse

Bonifici SEPA  È possibile effettuarli sin dall’avvio della SEPA, ovvero dal 28 gennaio 2008. Il tempo di esecuzione è generalemente di  un giorno. Se la liquidità è sufficiente, l’operazione viene eseguita alla data di valuta. La maggiore efficienza dei bonifici SEPA comporta anche una riduzione delle spese: per i clienti commerciali tali operazio- ni sono infatti gratuite, mentre i clienti privati pagano dal 28 gennaio solo 2 franchi per bonifico anziché 5 franchi, purché vengano rispettati  i seguenti standard:

  transazione in EUR nell’area UE/SEE;   IBAN (International Bank Account Number) del beneficiario;   BIC (Bank Identifier Code) della banca del beneficiario;    nessuna indicazione in merito alla via di pagamento;   nessuna comunicazione alla banca del beneficiario;   opzione di spese «Suddivisione delle spese» (Shared, SHA).

I principali vantaggi dell’opzione di spese:   l’intero importo del bonifico deve essere accreditato e indicato;   le commissioni per l’elaborazione dell’ordine o dell’entrata di paga-mento possono essere addebitate dalla banca del committente  o da quella del beneficiario solo nei confronti del proprio cliente.

Addebiti diretti SEPA  Il lancio del prodotto in una fase successiva  è tuttora in esame: dipenderà dall’implementazione puntuale della direttiva sui servizi di pagamento da parte dei paesi membri dell’UE.

Pagamenti SEPA mediante carte  Le carte Maestro utilizzate in Svizzera rispondono già ai requisiti SEPA. Dato che non ancora tutti i sistemi  di carte adottati nell’UE sono conformi a tali requisiti, l’introduzione dei sistemi di carte SEPA sarà rimandata in tutta l’area europea dei paga-menti.

Per ulteriori informazioni sui prodotti SEPA del Credit Suisse potete consultare il sito Internet www.credit-suisse.com/sepa.

1 BCE (2007), The Economic Impact of the Single Euro Pay­

ments Area, Occasional Paper No. 71, Francoforte sul Meno

molti i clienti che passeranno ai nuovi pro­dotti entro il 2010.

Pagamenti più convenienti

Vista l’introduzione progressiva della SEPA, i suoi effetti potranno essere valutati solo col passare del tempo. L’obiettivo è unificare i mercati nazionali dei servizi di pagamento, oggi artificiosamente divisi tra loro, in modo che tutti i pagamenti nell’ambito della SEPA possano essere effettuati come operazioni nazionali, le quali sono oggi più convenienti, rapide ed efficienti: con l’attuazione com­pleta si prevede pertanto un significativo miglioramento sul piano dell’efficienza gra­zie a maggiori effetti di scala e alla riduzione delle procedure da eseguire manualmente. Non va tuttavia trascurato l’aspetto dei costi da affrontare nella fase transitoria per il cambiamento e l’approntamento dei nuovi prodotti.

In un recente studio1 fondato su un’in­dagine effettuata tra i prestatori di servizi di pagamento, la Banca centrale europea (BCE) ha valutato il possibile aumento delle spese per il settore bancario al 4,8 per cento nella fase transitoria, relativamente a uno scenario di base senza l’introduzione della SEPA. Dopo l’attuazione completa i costi totali dovrebbero invece ridursi del­ l’1,3 per cento. Se si aggiungono gli ulte­ riori contributi apportati al traffico dei paga­menti senza contanti ed elettronico, si può prevedere una riduzione delle spese del 6,8 per cento.

Questo conferma che, pur rappresen­tando un passo decisivo, la SEPA non è che una tappa di un processo di miglioramento continuo. Quello dell’innovazione sarà un aspetto di notevole importanza anche dopo la sua attuazione completa. L’apertura dei mercati e la maggiore concorrenza favori­ranno le idee di prodotto che sapranno im­porsi. Le banche svizzere sono ben prepa­rate e possono partecipare attivamente alla definizione dei futuri standard di prodotto nell’ambito dell’EPC. <

Credit Suisse Bulletin 1/08

56 Economia  Appunti di lettura

The Black Swan The Impact of the Highly  Improbable

Di Nassim Nicholas Taleb Edizione rilegata400 pagineISBN 0-713-99995-0Disponibile solo in inglese Su www.getabstract.com è disponibile un riassunto del libro.

Secondo il critico Harold Bloom, il problema di Amleto non è che «pensa troppo» ma piuttosto che «pensa troppo bene», essendo in sostanza «incapace di trovare requie in illusioni di alcun tipo». Lo stesso potrebbe dirsi del filosofo, saggista e trader Nassim Nicholas Taleb, che vede del marcio nei confusi ma molto presun-tuosi guru degli investimenti, trader, gestori di hedge fund, bancari di Wall Street, titolari di MBA, CEO, premi Nobel per l’economia e altri che affermano di saper predire il futuro e spiegare il passato. Come tutti, sostiene Taleb, questi presunti «esperti» non prendono in considerazione i «cigni neri»: eventi estremamente importanti ma rari che rendono le previsioni e le spiegazioni standard del tutto inutili. Lo stile di Taleb è personale e letterario, ma le sue idee eterodosse sono rigorose (benché non esenti da ricami autoriali). Ne risulta un libro avvincente, inquietante, controverso e indimenticabile sul caso e la probabilità. Taleb offre un farmaco potente che a qualcuno potrebbe a tratti sembrare troppo amaro, ma getAbstract lo prescrive a chiunque cerchi un vaccino efficace contro la cre-dulità. © getAbstract

Immigrants Your Country Needs Them

Di Philippe Legrain Edizione in brossura 384 pagine ISBN 0-316-73248-6Disponibile solo in inglese

Malgrado le peculiarità nazionali, tutti i paesi sono accomunati dallo stesso atteg-giamento verso l’immigrazione. Nel suo stimolante libro Philippe Legrain si propo-ne di smontare le paure suscitate dagli immigranti, con ottimi risultati.

Egli paragona l’immigrazione al libero scambio e dimostra che i paesi ricchi non solo necessitano di immigranti qualificati, ma – malgrado l’opinione corren- te – traggono beneficio dai lavoratori poco qualificati. I paesi ricchi hanno più capitale e tecnologia di quelli poveri, che però hanno molta manodopera. In termi-ni ricardiani, quindi, ai paesi ricchi converrebbe aprire le porte agli stranieri. Gli immigranti svolgono mansioni rifiutate dagli indigeni, come le pulizie o l’assistenza agli anziani. Inoltre, le loro rimesse sono un efficace aiuto allo sviluppo. Legrain esamina anche «i tre più comuni pregiudizi» sul tema, dimostrando l’infondatezza delle teorie secondo cui gli immigranti sono attratti solo dal benessere. Quanto al controverso tema degli «idraulici polacchi», Legrain critica la credenza diffusa che esista un numero fisso di posti di lavoro: «Non ci si limita a svolgere un lavoro, lo si crea», sfruttando ciò che in fondo è un’«importazione di servizi economici, poco qualificati e ad alta intensità di lavoro dai paesi poveri».

Legrain, discendente di immigrati, presenta una lunga serie di dati conditi dai racconti tragici ma incoraggianti. Peccato che non approfondisca abbastan- za il circolo vizioso del lavoro nero e della criminalità, una delle principali fonti di preoccupazione dell’opinione pubblica. In attesa del verdetto svizzero sul rin-novo dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE, il libro ricorda però a tutti i paesi l’importanza dell’apertura per una crescita economica soste-nibile. sg

Manuale dei settori 2008Strutture e prospettive

Editore Credit Suisse  Economic Research  Opuscolo rilegato 42 pagine in tedesco e francese L’opuscolo può essere ordinato tramite il modulo allegato.

La versione italiana è disponibile online al sito www.credit-suisse.com/ research > Economia svizzera > Settori

Nel 2007 l’economia svizzera ha continuato a beneficiare del buon contesto con-giunturale. Le premesse per il 2008 sono positive, visti i fitti carnet degli ordini e l’incoraggiante situazione del mercato del lavoro. Non sarà tuttavia più possibile raggiungere la dinamica di crescita dello scorso anno. In questa fase di maturità l’incertezza aumenta. L’esperienza mostra che un boom economico regala ottimi risultati a quasi tutti i settori e occulta spesso i problemi strutturali irrisolti o ricor-renti. Nel Manuale dei settori 2008 gli economisti del Credit Suisse offrono una panoramica delle prospettive dei principali settori economici elvetici. La valuta-zione opportunità-rischi a medio termine misura le debolezze e i punti di forza strutturali dei diversi settori economici. A questo proposito il primato indiscusso spetta all’industria chimico-farmaceutica e a quella degli strumenti di precisione, inclusa l’industria orologiera. Seguono la sanità, l’assistenza sociale e i servizi alle imprese. L’ultimo posto spetta all’agricoltura. Anche i settori alberghiero, del-la ristorazione e del commercio al dettaglio devono affrontare difficili sfide. schi

Credit Suisse Bulletin 1/08

Fot

o: C

redi

t S

uiss

e |

Tonh

alle

-Ges

ells

chaf

t di

Zur

igo

Credit Suisse Sponsoring 57

Wölfli, Hodler e Alice’s Garden Fino al 18 maggio è in corso al Kunstmuseum di Berna la straordinaria retrospettiva inti­tolata «Adolf Wölfli Universum». Dal 9 aprile al 10 agosto l’agenda sarà arricchita dall’esposizione «Ferdinand Hodler – Eine symbo­lische Vision». Venerdì 28 marzo avrà luogo la Notte dei musei di Berna, che vede per la prima volta il Credit Suisse partecipare con un contributo proprio in ve­ste di sponsor principale. In que­sta occasione, il Credit Suisse aprirà anche le porte della rinno­vata succursale di Piazza federa­le, all’interno della quale si potrà ammirare «Alice’s Garden», il paese delle meraviglie dell’artista bernese Esther van der Bie. schi

www.kunstmuseumbern.ch e

www.museumsnacht-bern.ch

Il centenario di Max Bill Inizia la sua carriera artistica come apprendista argentiere ma è destinato a diventare uno dei massimi esponenti del Movi­mento Arte Concreta: Max Bill, che il 22 dicembre compirebbe 100 anni, era al tempo stesso architetto, artista e designer ma anche uomo politico; negli anni Sessanta è stato infatti consiglie­re comunale e nazionale. Fino al 12 maggio, la città di Winter­thur dedica a uno dei suoi più illustri cittadini un’interessante retrospettiva presso il Kunst­ museum. schi

www.kmw.ch

Luc Bondy e Carmen Il Pre­mio del Festival di Zurigo 2008 sarà assegnato al sessantenne regista di teatro, d’opera e cine­matografico Luc Bondy, come ha reso noto Peter F. Weibel, Presidente del Festival di Zurigo, in occasione di una conferenza stampa. Bondy inscenerà a Zurigo la pièce «La seconda sor­presa dell’amore» di Marivaux, mentre il vincitore dell’edizione 2007 Heinz Holliger presenterà, tra l’altro, «Il martirio di San Sebastiano» con l’Orchestra del­la Tonhalle. Uno dei momenti clou, anche grazie al sostegno del Credit Suisse, è senz’altro la prima della Carmen di Bizet, eseguita dall’orchestra dell’Ope­ra di Zurigo e diretta da Franz Welser­Möst, con le voci di Ves­selina Kasarova e Jonas Kauf­mann. Il Festival di Zurigo si terrà dal 20 giugno al 13 luglio su ini­ziativa dei quattro grandi enti cul­turali – l’Opera, il Kunsthaus, lo Schauspielhaus e la Tonhalle – e con la collaborazione di altre isti­tuzioni culturali. schi

www.zuercher-festspiele.ch

«junge ohren» 2007 Il primo premio «junge ohren» è stato conferito nel 2007 al pro­getto «Windrose», realizzato dalla kammerorchesterbasel in collaborazione con Education Projekte Region Basel. Partendo da una rivisitazione creativa del brano per piccola orchestra «La rosa dei venti» di Mauricio Kagel, l’opera evidenzia come l’inse­gnamento della musica possa di­ventare esso stesso una forma d’arte. Il lavoro, che ha coinvolto in egual misura musicisti profes­sionisti nonché insegnanti e allie­vi, mostra in modo esemplare come il sodalizio tra diverse isti­tuzioni possa dar luce a un even­to musicale in una città come Basilea. schi

L’arte dei re Il paesaggio ver­deggiante nel Nordovest del Camerun ha visto susseguirsi nel corso dei secoli molti piccoli re­gni presso le cui corti gli scultori hanno creato eccezionali opere d’arte figurativa. Fino al 25 mag­gio sarà possibile visitare l’espo­sizione permanente «Camerun – L’arte dei re» nel Museo Rietberg a Zurigo. schi

www.rietberg.ch

tonhalleLATE I giovani amanti della musica si sono già segnati il 18 aprile, data della prossima manifestazione tonhalleLATE in cui l’Orchestra della Tonhalle si esibirà sotto la direzione di Ton Koopman. schi

Note mondiali nella Svizzera centrale Dal 1994 le Giornate musicali di Stans offrono l’op­portunità di interessanti incontri musicali. Quest’anno l’evento durerà dal 31 marzo al 5 aprile, ma sarà anticipato dal progetto speciale «Fil Rouge» realizza­ to dall’artista autoctono Rainer Hummel con il sostegno del Credit Suisse. L’inaugurazione è in programma domenica 9 marzo. schi

www.stansermusiktage.ch

Panoramica 58_Bartoli 60_Calcio 61_Formula 1 62_Tournée asiatica

Credit SuisseAgenda 1/08Musica classica

Tournée europea Filarmonica di New York28/29 agosto | LondraProms, Royal Albert Hall 30 agosto | Francoforte Alte Oper 31 agosto | Amburgo Musikhalle 2–4 settembre | Lucerna KKL (Centro Cultura e Congressi di Lucerna) 5/6 settembre | Essen Philharmonie 8/9 settembre | Parigi Salle Pleyel 10 settembre | Stoccarda 11 settembre | Baden-Baden Festspielhaus 12 settembre | Bonn

Orchestra della TonhallePeter Oundjian, direttore Sergej Khachatryan, violino Opere di Mozart, Brahms, Vaughan Williams1–3 aprile | ZurigoTonhalle

Arte

EuropopFino all’11 maggio | ZurigoKunsthaus

Neoimpressionismo e Modernismo da Signac a EliassonFino al 22 giugno | ZugoKunsthaus

Enigma Helvetia27 aprile–17 agosto | LuganoMuseo d’Arte Moderna

Balthus13 giugno–19 novembre | MartignyFondazione Pierre Gianadda

SponsoringCultura e sport

Credit Suisse Bulletin 1/08

58

Fot

o: M

arc

Wet

li |

The

Art

Arc

hive

, C

orbi

s |

Anj

a Ta

nner

Credit Suisse Sponsoring

Musica classica – Tour «La rivoluzione romantica»

Cecilia Bartoli, la Malibran dei giorni nostri, in tour con la kammerorchesterbasel

Cecilia Bartoli, l’esuberante ed espressiva mezzosoprano italiana, rende onore alla straordinaria cantante, musicista e compositrice del XIX secolo Maria Malibran – nata esattamente 200 anni fa – con una tournée europea assieme alla kammerorchesterbasel (Orchestra da camera di Basilea).

La mezzosoprano italiana Cecilia Bartoli dedica l’attuale stagione musicale al periodo di inizio XIX secolo, più precisamente a Maria Malibran. Attualmente sta girando l’Europa con la kammerorchesterbasel, esibendosi in ben 22 concerti dedicati a «la Malibran», come veniva solitamente chiamata. La scelta è lungi dall’essere casuale, viste le tante affi -nità che legano le due mezzosoprano. En-trambe provenienti da famiglie di musicisti, hanno debuttato nel ruolo di Rosina nell’ope-ra rossiniana «Il barbiere di Siviglia». Succes-sivamente, hanno interpretato ruoli mozar-tiani prima di concentrarsi sul repertorio barocco. «Tutte queste affi nità ci hanno indot-to a ricalcare le orme della Malibran», affer-ma Cecilia Bartoli, aggiungendo che è stato proprio il suo produttore discografi co a infon-derle la passione per la cantante di origini

spagnole. Infatti, all’inizio della sua carriera, Christopher Raeburn le regalò un ritratto del-la Malibran come portafortuna.

A 200 anni dalla nascita La tournée dedi-cata alla Malibran coincide con il 200° anni-versario della nascita della famosa cantante, musicista e compositrice che ha segnato pro-fondamente il XIX secolo. Maria Malibran non ha solo ispirato compositori, scrittori e poeti suoi contemporanei, come Vincenzo Bellini e Felix Mendelssohn. «Era una superstar. La diva di tutte le dive, con una voce straor-dinaria», spiega Cecilia Bartoli. «Ha saputo incarnare la donna emancipata». Sfortunata-mente, la Malibran non ha avuto il tempo di interpretare tutte le opere appositamente composte per lei, morendo a soli 28 anni in un incidente a cavallo. Il 24 marzo si terrà a

Parigi un concerto di gala, a 200 anni esatti dalla sua nascita.

Ritorno al periodo del belcanto «Ho volu-to rispolverare il periodo del belcanto e ren-dere omaggio a Maria Malibran», spiega Cecilia Bartoli. Lo scorso ottobre ha quindi inciso un disco dal titolo «Maria», con brani scritti per e dalla Malibran stessa. «La Son-nambula» di Bellini, l’«Infelice» di Mendels-sohn e «Irene» di Giovanni Pacini sono solo alcune delle arie contenute nel CD. I concer-ti che Cecilia Bartoli terrà durante la tournée europea in corso si concentrano sul reper-torio della Malibran. Per ottenere il massimo in termini di autenticità, la kammerorchester-basel che accompagna Cecilia Bartoli utiliz-za strumenti degli inizi del XIX secolo, che sono stati accordati a 430 hertz, tonalità tipica del tempo e più bassa di quella utiliz-zata oggi, pari a 443 hertz.

In tournée con uno speciale camion- museo La passione di Cecilia Bartoli per la cantante spagnola non fi nisce qui. Infatti, negli ultimi 15 anni ha collezionato un’ottan-tina di oggetti legati alla Malibran, tra cui ma-noscritti musicali, locandine, lettere, gioielli di scena e medaglie d’onore della diva, ora esposti in uno speciale camion-museo che accompagna i musicisti nella loro tournée. «Tutti questi oggetti mi hanno fatto capire la sua persona e la sua musica. Ho pen sato fosse una buona idea condividere questa collezione con il grande pubblico durante la tournée, cosicché ognuno possa farsi un’idea della sua personalità e del perio do». Il camion-museo, il cui interno è rivestito di seta creata appositamente per l’occasione, è posteggiato vicino ai luoghi dei concerti. L’ingresso è libero. Dorothée Enskog

Cenni personaliNata a Roma nel 1966, Cecilia Bartoli è figlia di una soprano e di un

tenore. Prima di concentrarsi sul canto, da bambina sogna di diventare

una ballerina di flamenco e suona il trombone classico. Da allora sua

madre, Silvana Bazzoni, è stata la sua unica insegnante di canto. Cecilia

Bartoli irrompe sulla scena all’età di 19 anni, in seguito a un’apparizione

televisiva. Ma è un’esibizione a un gala in onore di un’altra diva di nome

Maria, la Callas, ad attirare l’attenzione del direttore d’orchestra Daniel

Barenboim, con il quale inizia poi a collaborare. Nel corso della sua

carriera ventennale, la mezzosoprano perfeziona un repertorio adatto alla

sua estensione vocale di tre ottave, concentrandosi in particolare su

Mozart e Rossini. Il repertorio è completato da compositori come Gluck,

Vivaldi, Salieri, Haydn e Händel. Ha venduto oltre sei milioni di CD, ha

vinto quattro Grammy ed è stata insignita del titolo di Cavaliere della

Repubblica e di quello di «Chevalier des Arts et des Lettres» in Francia.

È anche membro onorario della Royal Academy of Music di Londra.

Credit Suisse Bulletin 1/08

59Credit Suisse Sponsoring

In alto La mezzosoprano italiana Cecilia Bartoli dedica la stagione musicale in corso al periodo del belcanto, più precisamente alla straordinaria mezzosoprano Maria Malibran. In basso a sinistra Ritratto di Maria Malibran (1808–1836), detta anche «la Malibran»: la prima diva della storia del teatro lirico. In basso a destra La kammerorchesterbasel accompagna Cecilia Bartoli nei suoi 22 concerti, concentrandosi sulla musica scritta per o dalla stessa Malibran. I musicisti terranno concerti in tutta Europa nel corso della tournée «La rivoluzione romantica».

Credit Suisse Sponsoring

Credit Suisse Bulletin 1/08

60

Fot

o: C

redi

t S

uiss

e |

BM

W A

G

Bulletin: Signor Dickenmann, ricorda ancora

dove si trovava all’inizio di settembre 1993?

Urs Dickenmann: Lo ricordo ancora molto bene. Quando fu ufficializzato il contratto di sponsorizzazione, ero a casa seduto davanti alla televisione e stavo guardando la partita di qualificazione per i Mondiali di calcio tra Scozia e Svizzera. Grazie a un gol di Georges Bregy, la Svizzera si aggiudicò ad Aberdeen un punto in trasferta estremamente impor­tante nella lotta per la conquista del biglietto per l’America. Infine la Svizzera si qualificò a spese del Portogallo, vincendo in casa con­tro l’Estonia. Per l’allora Credito Svizzero fu un avvio favoloso di una partnership che dura da ormai 15 anni. Tra l’altro, io lavoravo già per la banca quale consulente clienti commerciali nella regione Zurigo Nord.

Nel suo lavoro ha potuto beneficiare

delle esperienze fatte durante il periodo in

cui ha giocato a calcio a livello agonistico?

Il periodo trascorso come calciatore ha avuto un’enorme importanza per lo sviluppo della mia personalità. Uno sportivo di alto livello apprende a porsi obiettivi concreti e a perse­guirli con determinazione. Si tratta di ricor­rere al proprio potenziale nel momento giusto e, allo stesso tempo, di migliorarsi costante­mente facendo autocritica su se stessi e sulle proprie prestazioni. Uno sportivo deve affer­marsi in una continua competizione interna ed esterna. Se poi fa parte di una squadra, allora sa di essere anche legato al team. Quando si lotta per un posto da titolari, ci si deve inserire e svolgere il ruolo assegnato lavorando insie­me agli altri per raggiungere l’obiettivo defi­nito. Anche l’esperienza fatta nella collettività, in cui si condividono emozioni come gioia e dolore, mi ha lasciato un buon ricordo.

Uno dei punti forti del Credit Suisse

riguarda la regolamentazione della succes­

sione. Nello sport si parlerebbe di promo­

zione delle giovani leve…

La promozione delle giovani leve costituisce la chiave per il successo a lungo termine in

La partnership tra il Credit Suisse e l’Associazione Svizzera di Football dura già da 15 anni e, tra qualche mese, toccherà il suo apice con il Campionato ­europeo­di­calcio­che­si­svolgerà­nel­nostro­paese­(e­nella­confinante­Austria).­Abbiamo intervistato Urs Dickenmann, responsabile Private Banking Svizzera ed ex giocatore di Lega nazionale A.

Urs Dickenmann

«I calciatori devono trasmettere un’immagine positiva, per il loro sport e per la Svizzera»

tutti i settori. Questo discorso vale per la fami­glia, la professione e anche per lo sport. Lo testimonia la lungimiranza dei responsabili di quel periodo che stabilirono per contratto di destinare metà del contributo allo scopo spe­cifico di promuovere i talenti in erba. Solo que­sta garanzia consentì all’ASF di assumere Hansruedi Hasler come direttore tecnico a tempo pieno e di professionalizzare progres­sivamente l’attività di promozione delle gio­vani leve. Guardo con piacere alla prossima estate, quando i centri di formazione per cal­ciatori di talento a Payerne, Emmen e Tenero, nonché per le calciatrici a Huttwil, cambie­ranno il nome in Credit Suisse Academies.

Che posto occupa il calcio amatoriale?

Desidero solo ricordare la Credit Suisse Cup. A questo campionato per le scuole par­tecipano con entusiasmo circa 100 000 ra­gazzi e ragazze ogni anno. Tutti questi giova­ni calciatori costituiscono la base per il calcio del futuro – molti di loro si impegnano a titolo onorifico nello sport e sono anche quei fanta­stici tifosi su cui può contare la nostra nazio­nale. Inoltre vorrei citare la Young Kickers Foundation. Con questa fondazione, che viene finanziata principalmente dal Credit Suisse, siamo già riusciti a sostenere diversi importanti progetti trasversali nel calcio.

Cosa si aspetta il Credit Suisse in qua­

lità di sponsor principale della nazionale

svizzera? E quali speranze ripone lei perso­

nalmente nella squadra?

Per me i puri risultati non sono prioritari. Riten­go importante che i calciatori svizzeri trasmet­tano un’immagine positiva, per il loro paese, per il loro sport e anche per il loro sponsor principale. Essi devono, assieme all’intera popolazione, destare una buona impressione e trasmettere gioia. Se poi esprimeranno an­che tutto il loro potenziale, il contributo sarà davvero più grande di quanto pensano molti detrattori. Scommetto che arrivano in semi­finale. Magari mi sbaglio, e la nazionale riu­scirà addirittura a disputare la finale. schi

Il Credit Suisse si fa sentireDa 15 anni è sponsor principale della nazionale di calcio svizzera e in quanto tale gli sta particolarmente a cuore che la Svizzera calcistica si cali nel migliore dei modi nell’atmosfera dei Campio­ nati europei che inizieranno il 7 giugno. Ecco quattro principali appuntamenti da ricordare.

Spettacolo di arte illuminotecnica Dal 4 febbraio al 7 marzo il noto artista Gerry Hofstetter ha illuminato tutti i monumenti cantonali raffigurati nel passa­porto svizzero con i suoi spettacolari giochi di luce. Chi si fosse lasciato sfug­gire l’occasione potrà godersi lo spet­tacolo sul sito www.credit­suisse.com/calcio. A maggio sarà pubblicato un libro su questo evento.

Palloni da calcio per la Svizzera A partire dal 16 aprile il Credit Suisse di­stribuirà complessivamente in tutte le 183 succursali svizzere circa 200 000 palloni da calcio. Quanto dureranno le scorte?

Swiss All Stars 1993 – 2006 Scegliete il vostro dream team dell’era «ASF­Credit Suisse» e vincete un viaggio ai Campionati mondiali di calcio in Sud­africa. Per ulteriori informazioni visitate il sito www.swissallstars.ch.

La nazionale in visita Il 18 maggio diversi giocatori della squa­dra rossocrociata renderanno visita alle succursali del Credit Suisse nella loro regione d’origine. Un’occasione ghiotta per assicurarsi un autografo. In serata seguirà la Notte del calcio svizzero. Ulte­riori informazioni sono disponibili alla pagina www.credit­suisse.com/calcio.

Credit Suisse Sponsoring

Credit Suisse Bulletin 1/08

61

In attesa dell’inizio della stagione 2008, la Formula 1 si è presentata al grande pubblico con un nuovo volto di modestia. Mentre la FIA intende introdurre un tetto massimo di spesa, i gruppi automobilistici iniziano a risparmiare già nella presentazione dei loro nuovi bolidi: dopo Ferrari (Fiat), McLaren-Mercedes e Toyota, per la presentazione della nuova F1.08 a Monaco di Baviera anche il team BMW Sauber ha rinunciato a sfarzi, osten-tazioni e glamour. L’evento tenutosi il 14 gen-naio all’interno del «BMW Welt», il centro polifunzionale dall’architettura futuribile ubi-cato presso l’Olympiapark, è stato infatti al-l’insegna dell’essenzialità, senza per questo sminuire lo splendore della nuova monoposto «made in Hinwil».

«Non ho mai visto una vettura di Formula 1 così bella», ha affermato con orgoglio il pilota Nick Heidfeld (30 anni). Il tedesco, che vive a Stäfa sul lago di Zurigo, ha potuto effettuare per primo alcuni piccoli giri a velocità ridotta con la BMW più veloce di tutti i tempi. Così la Formula 1 ha vissuto a Monaco di Baviera anche la sua prima presentazione indoor.

Rispetto al modello dell’anno precedente, la BMW Sauber F1.08 rappresenta una «evo-luzione radicale», come ha tenuto a precisare il direttore tecnico Willy Rampf. Gli obiettivi principali sono stati il miglioramento del-l’aerodinamica e del grip meccanico. Ma non tutto è cambiato: la F1.08 ha ancora un mo-tore da 750-800 CV con cilindrata di 2,4 litri, cambio sequenziale a sette rapporti (più retromarcia), un peso di 605 kg (incl. pilota, serbatoio vuoto) e il suo prezzo può essere stimato a circa un milione di euro. Totalmen-te nuovi sono l’ala anteriore più accentuata, il musetto più filante, la coda rastremata con il cofano motore più stretto e le nuove appendici aerodinamiche laterali. Da non dimenticare anche le nuove carenature dei cerchi. Una notevole influenza sul comporta-mento di guida della F1.08 sarà esercitata dall’introduzione della centralina elettronica

Tabella di marcia per il titolo mondiale

La BMW Sauber punta alla prima vittoria in un Gran Premio

Nel 2007 il team BMW Sauber si è affermato come la terza forza della Formula 1. Quest’anno, l’ambiziosa squadra intende fare un ulteriore passo avanti: con gli stessi piloti e una nuova vettura, vuole mettere in discussione il predominio di Ferrari e McLaren.

standard, fornita a tutte e undici le scuderie da McLaren Electronics Systems (MES), e che dal 2008 implica il divieto del controllo della trazione. Viene quindi meno ogni sup-porto di guida elettronico, che in passato permetteva di evitare anche il pattinamento delle ruote. Acquistano quindi molta più im-portanza la sensibilità di guida del pilota e la sua capacità di «dosare» l’acceleratore.

Alla domanda se la nuova monoposto sia anche veloce è stata data una risposta positiva sia dopo il cosiddetto «roll out» del 15 gennaio a Valencia, sia dopo ulteriori test su pista: «La nuova vettura va bene» ha affer-mato Willy Rampf.

Il direttore Mario Theissen e i suoi 740 collaboratori – 430 a Hinwil (telaio, aerodina-mica) e 310 a Monaco di Baviera (motore, cambio) si sono posti obiettivi ambiziosi: dopo essersi affermata nel 2007 come terza forza del Mondiale alle spalle di Ferrari e

Nick Heidfeld: «Non ho mai visto una vettura di Formula 1 così bella».

McLaren-Mercedes, nella sua terza stagione la scuderia BMW Sauber intende colmare il divario che la separa dai vertici, arrivando alla vittoria in almeno un Gran Premio. Finora, Theissen e il suo team hanno rispettato alla perfezione la «tabella di marcia per la conqui-sta del titolo mondiale»: tra i migliori cinque nel 2006, tra i migliori tre nel 2007. Se nel 2008 il team riuscirà a conseguire la sua prima vittoria, nel 2009 la strada per il Mon-diale potrebbe essere spianata. «Si tratta di un obiettivo molto ambizioso», ammette Theissen, «e per raggiungerlo dobbiamo migliorarci in ogni settore. Ma i risultati degli ultimi due anni indicano che ci stiamo muo-vendo nella giusta direzione».

«Ferrari e McLaren-Mercedes resteran- no a bocca aperta quando vedranno la nostra nuova vettura», afferma ottimista Heidfeld, pregustando già la sua prima vittoria mon-diale. Robert Höpoltseder

Credit Suisse Sponsoring

Credit Suisse Bulletin 1/08

62

Sigla editoriale

EditoreCredit SuisseCasella postale 2, 8070 ZurigoTelefono 044 333 11 11Fax 044 332 55 55

RedazioneDaniel Huber (dhu) (Head of Publications), Michèle Bodmer (mb), Dorothée Enskog (de), Regula Gerber (rg), Mandana Razavi (mar), Andreas Schiendorfer (schi ), Marcus Balogh (ba)

[email protected]

Collaboratori di questo numeroMichael Krobath (mk), Robert Höpoltseder, Peter Hossli, Ingo Malcher, Mayra Pfi ster (mp), Sandro Grünenfelder (sg)

Internetwww.credit-suisse.com/infocus

MarketingVeronica Zimnic (vz)

Traduzione italianaServizio linguistico del Credit Suisse: Francesco Di Lena, Luigi Antonini, Michele Bruno, Tiziana Centorame, Deborah Cometti, Alessandra Maiocchi, Simona Meucci Cimiotti, Antonella Montesi, Ezio Plozner Antonella Montesi, Ezio Plozner

Progetto grafi cowww.arnolddesign.ch: Daniel Peterhans, Monika Häfl iger, Manuel Schnoz, Petra Feusi (gestione del progetto)

Inserzioni Pauletto GmbH, Daniel Pauletto, Kleinstrasse 16, 8008 Zurigo, telefono/fax 043 268 54 56

Tiratura certifi cata REMP 2007145 733

Registrazione ISSNISSN 1662-4580

StampaNZZ Fretz AG

Commissione di redazioneRené Buholzer (Head of Public Policy), Monika Dunant (Head of Communications Private Banking), Urs P. Gauch (responsabile Clientela commerciale Svizzera – Grandi clienti), Fritz Gutbrodt (Head Chairman’s Offi ce), Angelika Jahn (Investment Services & Products), Hubert Lienhard (Asset Management Distribution Services), Andrés Luther (Head of Group Communications), Charles Naylor (Head of Corporate Communications), Fritz Stahel (Credit Suisse Economic Research), Christian Vonesch (Head of Private & Business Banking Aarau)

Anno 114Esce 5 volte all’anno in italiano, tedesco, francese e inglese. Riproduzione di testi consentita con l’indicazione «Dal Bulletin del Credit Suisse».

Cambiamenti di indirizzoVanno comunicati in forma scritta, allegando la busta di conse-gna originale, alla vostra succursale del Credit Suisse oppure a: Credit Suisse, ULAZ 12, Casella postale 100, 8070 Zurigo.

La presente pubblicazione persegue esclusivamente fini informativi. Non costituisce né un’offerta né un invito all’acqui-sto o alla vendita di valori mobiliari da parte del Credit Suisse. Le indicazioni sulle performance registrate in passato non ga-rantiscono necessariamente un’evoluzione positiva per il futuro. Le analisi e le conclusioni riportate nella presente pubblica-zione sono state elaborate dal Credit Suisse e potrebbero essere già state utilizzate per transazioni effettuate da società del Credit Suisse Group prima della loro trasmissione ai clienti del Credit Suisse. Le opinioni pubblicate in questo documento sono quelle del Credit Suisse al momento della stampa (con riserva di modifi che). Il Credit Suisse è una banca svizzera.

Fot

o: C

hris

Lee

Ultime notizie

Lorin Maazel e la New York Philharmonic conquistano i melomani asiatici

La New York Philharmonic, la più vecchia orchestra americana, incanta il pub-blico non solo alla Avery Fisher Hall, ma anche durante le tournée all’estero. Dopo essersi esibita con grande successo in Asia nel mese di febbraio, questa estate la rinomata orchestra farà tappa in Europa.

La musica val bene un viaggio. La New York Philharmonic ne è talmente convinta che non considera le trasferte all’estero come un dovere inevitabile, ma come un arricchimen-to artistico e un’opportunità per incontri mu-sicali. Nessun’altra orchestra effettua più volentieri delle tournée, e nessun’altra orche-stra viene accolta così a braccia aperte come la New York Philharmonic, fondata nel 1842 e dal 2002 diretta dal maestro Lorin Maazel. Sin dalle prime note della tournée di febbraio non vi sono stati dubbi sul fatto che in Asia la musica occidentale è conosciuta e molto apprezzata, sia che si tratti di Beethoven,

Mendelssohn, Dvořák, Strauss, Brahms, Rossini, Cajkovskij, Mozart, Bartok, Barber o Elgar. A Taipei e a Kaohsiung, sull’isola di Tai wan, nonché a Hong Kong, Pechino e Shang hai il pubblico si è fatto trasportare con molto entusiasmo per la grande soddi-sfazione dei maggiori esponenti locali del Credit Suisse: Kai Nargolwala, CEO Asia-Pacifi co, Jack So, Vice Chairman Greater China, Marcel Kreis, responsabile Private Ban king Asia, e Anuj Khanna, respon sabile Private Banking North Asia. Andreas Schiendorfer

Lorin Maazel e la New York Philharmonic hanno conquistato il pubblico asiatico. Il diario della tournée è riportato al sito www.credit-suisse.com/infocus > Sponsoring.

Per le date della tournée europea si veda l’agenda.

Credit Suisse Bulletin 1/08

63Credit Suisse Società

Panoramica 64_Le fondazioni sotto lo stesso tetto 66_Carta sostenibile 68_Campionessa di nuoto

Nel cuore della societàIl Credit Suisse è convinto che la responsabilità aziendale verso la società e l’ambiente sia un fattore importante ai fini del successo economico.

Nella sua tesi di dottorato, Marlen Knobloch ha avanzato nuove ipotesi sulle cause dell’Alzheimer. Come Eline Vrieseling ha ricevuto l’«Empiris Award for Research in Brain Deseases 2007», premio che onora l’impegno profuso nella ricerca di base nel campo delle malattie cerebrali.

Credit Suisse Bulletin 1/08

64

Fot

o: M

artin

Sto

llenw

erk

Società  Fondazioni

La nuova responsabilità  delle imprese«Filantropia» è un termine coniato nel XVIII secolo dal greco «phílos» (amico) e ­«ánthropos»­(uomo),­e­significa­sentimento­di­amore­e­solidarietà­per­gli­altri­ e per l’umanità in generale. Un concetto che gioca un ruolo sempre più importante   anche nel mondo dell’economia. 

Testo: Mandana Razavi

Il mondo cambia. E con esso l’economia. E con l’economia cambiano le aspettative nei confronti dei grandi gruppi imprenditoriali che operano a livello planetario. Il termine «responsabilità aziendale» corre ormai sulla bocca di tutti: clienti, collaboratori, investito­ri, organizzazioni non governative… a tutti i livelli se ne discute, si definisce, si reinventa.

Ma per quanto disparate possano essere le interpretazioni date a questa parola, tutti – e anche questo non è nulla di nuovo – con­dividono la medesima aspettativa: deside­rano che le imprese lavorino con profitto, siano datori di lavoro attraenti e in grado di competere ai più alti livelli nei rispettivi set­tori d’attività.

Nuovo è invece il trend che vuole l’impre­sa sempre più attiva anche al di fuori del proprio core business e più disposta ad as­sumersi la propria responsabilità sociale al­l’interno e nei confronti della società.

Approccio globale sotto ogni aspetto

Al Credit Suisse è Fritz Gutbrodt, nella sua qualità di responsabile Chairman’s Office, che si occupa del settore impegno sociale e filantropia. Gutbrodt, che è anche professo­re di scienze della letteratura e letteratura comparata presso l’Università di Zurigo, è entrato nel nostro istituto solo lo scorso autunno, portando con sé una ricca e vasta esperienza del mondo economico, in modo particolare quella accumulata negli 11 anni passati alla Swiss Re, quale direttore del Centre for Global Dialogue. Appena entrato

in carica, Gutbrodt si è trovato ad affrontare una grossa sfida: riunire sotto un unico tetto le diverse fondazioni della banca. A fine 2007, a seguito dell’implementazione del modello aziendale integrato si è deciso di riunire la Fondazione del Giubileo e la Credit Suisse Group Foundation delle regioni Sviz­zera e Asia Pacifico in una nuova fondazione globale. Una decisione che dimostra chiara­mente come la banca intenda operare in modo più strategico anche al di fuori del pro­prio core business, in particolare sul piano filantropico.

Gutbrodt illustra così il nuovo approccio del Credit Suisse: «L’unificazione ha dato la possibilità di definire iniziative globali, ossia di concentrare gli sforzi su alcuni grandi progetti di utilità pubblica invece che disper­derli in tante piccole iniziative. In questo senso, per il 2008, all’insegna del motto ‹Innovate – Educate – Participate› il Credit Suisse ha lanciato quattro iniziative globali che offrono concrete possibilità di attuazio­ne del nostro modo di interpretare il concet­to allargato di responsabilità aziendale. Con queste quattro iniziative desideriamo infatti valicare il limite tradizionale della filantropia e toccare un tema importante come quello della protezione del clima». I progetti men­zionati sono descritti alla pagina accanto.

Pensare globale, agire locale

Sono quindi finiti i tempi in cui si sostene­vano anche piccoli progetti, come una casa per disabili in una regione periferica? «Al

contrario», afferma Gutbrodt, «siamo del­l’idea che la filantropia debba inquadrarsi nel locale. Per definizione è un’attività in­centrata sull’uomo, quindi, in ultima analisi è sempre a livello locale che essa viene praticata. Un inestimabile vantaggio della nostra scelta di base è però l’interscambio culturale che nasce dall’intensa collabora­zione tra le regioni. La riunione delle fon­dazioni offre inoltre diversi vantaggi a livello organizzativo, tra cui una migliore comuni­cazione, direttive unitarie e maggior traspa­renza riguardo all’investimento di mezzi e risorse».

Vivere i valori aziendali

Le imprese – come d’altronde i privati – hanno fondamentalmente due possibilità per dare forma concreta al loro impegno socia­le: tempo e denaro. Al Credit Suisse siamo convinti che, in modo particolare nel caso del volontariato (come per esempio la par­tecipazione ad azioni della Croce Rossa), si produca un plusvalore per i collaboratori e di conseguenza anche per l’azienda stessa. Ecco perché mette a disposizione dei colla­boratori un giorno di lavoro da dedicare a un progetto di pubblica utilità.

«Un impegno di questo tipo può avere varie conseguenze positive: stimola la com­petenza sociale, consente uno scambio di conoscenze ed esperienze con le nostre organizzazioni partner e, non da ultimo, per­mette di mostrare che noi applichiamo e vi­viamo i valori della nostra azienda, valori che

Credit Suisse Bulletin 1/08

65Società  Fondazioni

dovrebbero essere molto più di semplici enunciati», afferma Fritz Gutbrodt. La sua frequentazione degli studenti all’università l’ha inoltre convinto che la prossima gene­razione non è disposta a lavorare per ditte i cui valori aziendali non collimano con i loro elevati valori etici, sociali ed ecologici. Non per nulla, nei sondaggi negli atenei, la Croce Rossa Internazionale viene sempre indicata come uno dei datori di lavoro preferiti.

Doppio profitto

L’esigenza di una componente sociale all’in­terno del concetto di «responsabilità azien­dale» si fa sempre più forte. Le imprese ci tengono a impegnarsi sempre di più. Non manca tuttavia chi osserva con occhio criti­co lo slancio filantropico delle aziende. «Per­sonalmente ritengo che un’impresa debba comportarsi alla stregua del singolo indivi­duo: non fare di più, ma nemmeno di meno. Come banca, desideriamo da un lato essere direttamente coinvolti nei progetti che soste­niamo; dall’altro osserviamo come anche i nostri clienti, specialmente nel Private Banking, desiderino sempre più impegnarsi in questo campo».

In effetti, la disponibilità a investire dena­ro in modo che non renda solo a livello pecuniario, ma, per così dire, anche a livello sociale è in costante aumento. Ecco perché da qualche tempo ormai non sono più solo i verdi a optare per investimenti alternativi. Anche questo mercato è in costante cresci­ta. In fin dei conti, allora, la tendenza alla filantropia non è null’altro che un affare? «No» ci dice Gutbrodt, «ma come banca possiamo anche fornire un contributo che rientra nella sfera del nostro core business. Per esempio informando i clienti che sap­piamo sensibili a queste problematiche sui nostri Philantrophy Services o sulle fondazio­ni per i clienti (si veda il contributo a lato). Con il nostro impegno sociale, con le nostre diverse iniziative globali – ma anche con i nostri prodotti e le nostre prestazioni – desideriamo estendere l’accezione del termi­ne ‹responsabilità aziendale›, includendovi, in modo credibile, una componente sociale ed ecologica. E questo mi pare oltremodo importante». <

«Desideriamo estendere l’accezione del termine ‹responsabilità aziendale›, includendo  una componente sociale ed ecologica»: Fritz Gutbrodt, responsabile Chairman’s Office del Credit Suisse.

Le iniziative Corporate Citizenship del Credit SuisseProtezione del clima  Entro il 2009 il Credit Suisse intende pareggiare il proprio bilancio­dei­gas­serra,­migliorando­l’efficienza­energetica­degli­immobili­di­proprietà­e utilizzando unicamente elettricità proveniente da fonti rinnovabili. 

Partnership con il CICR­ Il­Credit­Suisse­intensifica­il­proprio­impegno­umanitario.­Oltre a siglare una partnership strategica con il Comitato Internazionale della  Croce Rossa, estende la propria collaborazione con le società della Croce Rossa presenti nelle singole nazioni. 

45 000 posti di formazione  Secondo il Credit Suisse, l’istruzione è un elemento fon- damentale per uscire dalla povertà. Nei mercati emergenti e in via di sviluppo esso finanzia­posti­di­formazione­per­45 000 allievi, uno per ogni collaboratore della banca.

Promozione­della­microfinanza  Il Credit Suisse amplia il proprio impegno sul fronte della­microfinanza.­Oltre­a­sviluppare­e­finanziare­nuove­strutture­di­formazione­ per­collaboratori­di­istituti­di­microfinanza,­incoraggia­lo­scambio­di­informazioni­fra­il­mondo­finanziario,­le­organizzazioni­impegnate­a­favore­dello­sviluppo­e­ la­scienza,­affinché­in­futuro­i­servizi­finanziari­diventino­più­accessibili­anche­alle­persone povere.

Fondazioni per i clienti e Philantrophy Services Tramite le nostre fondazioni di utilità pubblica i nostri clienti possono impegnarsi  a­scopo­benefico,­creando­propri­fondi­con­finalità­specifiche­a­loro­scelta­oppure­investendo in strumenti già esistenti. Per tutte queste fondazioni il Credit Suisse  si assume i costi amministrativi. La Fondazione Accentus si focalizza su progetti umanitari culturali, sanitari ed ecologici mentre Empiris indirizza la propria atten-zione sulla scienza e la ricerca, appoggiando in particolare la ricerca di base nelle scienze neurologiche. A sua volta, Symphasis si concentra su ambiente e cultura. Con i Philanthropy Services desideriamo estendere le nostre attività di consulenza al settore dell’impegno sociale in tutte le regioni del mondo in cui operiamo.

Credit Suisse Bulletin 1/08

66 Società  Carta FSC

Carta sostenibile

Solamente il 30 per cento circa della super-ficie terrestre è ancora ricoperta da foreste. I boschi forniscono materie prime, acqua potabile, alimenti e proteggono dalle cata-strofi naturali. Tuttavia, in seguito al loro pro-gressivo sfruttamento, il patrimonio arboreo è in pericolo e il crescente consumo di car-ta ne è una delle cause principali. Secondo il WWF oltre il 40 per cento del legname ricavato industrialmente viene trasformato in prodotti cartacei.

La carta riciclata ed ecologica certificata, come la carta PEFC o FSC, fornisce un con-siderevole contributo allo sfruttamento so-stenibile delle foreste. Il marchio FSC viene assegnato dal Consiglio per la Gestione Forestale Sostenibile (Forest Stewardship Council), che ha stabilito criteri per una gestione forestale rispettosa dell’ambiente e socialmente compatibile. La superficie boschiva dotata del marchio FSC ha oggi un’ampiezza di 88,5 milioni di ettari, che cor-rispondono a un’area estesa tanto quanto la Francia, l’Italia e la Svizzera insieme.

Carta «made in Switzerland»

Il Credit Suisse si impegna a minimizzare il più possibile l’impatto ambientale dell’azien-

da. Per questo motivo dal 2007 viene utiliz-zata carta FSC per la produzione di moduli, buste, documentazione per la clientela e car-ta per fotocopiatrici. A partire da quest’anno, e per la prima volta con la presente edizione, il Credit Suisse impiega carta prodotta se-condo criteri ecologici anche per il Bulletin.

Questa carta viene prodotta dalla ditta Ziegler Papier AG di Grellingen (Basilea Campagna). La tradizionale azienda a con-duzione familiare è stata fondata nel 1861 ed è ormai giunta alla quinta generazione. La ditta, la cui conduzione è oggi affidata ai cugini Urs e Bernhard Ziegler, produce car-ta fine e speciale di qualità pregiata che vie-ne esportata in tutto il mondo. Dal 2002 l’azienda mette in atto un sistema di gestio-ne ambientale certificato in conformità alla norma ISO 14001 ed è l’unica fabbrica di carta certificata secondo gli standard FSC di proprietà elvetica.

«Oltre a offrire buona qualità», afferma il CEO Urs Ziegler, «come produttori svizzeri dobbiamo anche tenere presente in ogni ambito l’aspetto della sostenibilità». Per questo motivo la ditta Ziegler non solo pro-duce carta conforme agli standard FSC, ma trasforma in parte anche la cellulosa prove-

niente dagli scarti di segheria. Al fine di ri-durre le sue emissioni di CO2 l’azienda ha inoltre elaborato un programma con l’Agen-zia svizzera per l’energia. «Raggiungeremo gli obiettivi fissati nel Protocollo di Kyoto prima del previsto», sostiene Urs Ziegler.

La vendita di prodotti lignei e cartacei con il label FSC riscontra sempre maggior suc-cesso. Nel 2006 le imprese appartenenti al WWF Wood Group hanno realizzato un fat-turato di 179 milioni di franchi. Attualmente la domanda di carta FSC supera addirittura l’offerta e questo benché sia generalmente più costosa rispetto a quella convenzionale. Soprattutto nelle aziende che operano a livello internazionale, e su cui è puntata l’attenzione pubblica, aumenta la sensibilità per il tema della sostenibilità, osserva Urs Ziegler. Per quanto concerne l’impiego di carta ecologica la Svizzera è uno dei paesi leader in Europa. Presso il Credit Suisse in Svizzera la quota di carta FSC corrisponde approssimativamente al 70 per cento del totale. Dal 2000 al 2006 l’istituto è riuscito a diminuire il consumo complessivo di carta del 35 per cento. L’obiettivo per l’anno in corso è attuare ulteriori misure tese a ridur-re in modo duraturo il consumo di carta. <

Testo: Michael Krobath

Oltre il 40 per cento del legname ricavato a livello industriale viene trasfor­mato in prodotti cartacei. La carta fabbricata in modo rispettoso del­l’ambiente contribuisce a un’economia forestale più sostenibile. Sempre più imprese puntano su questo tipo di carta, anche il Credit Suisse.  

A sinistra  Marchi come FSC garantiscono l’acquisto di legno e di carta provenienti da una gestione delle foreste eco e sociocompatibile.   Al centro  La macchina raccoglitrice consente la produzione meccanizzata di legname: abbatte gli alberi, li dirama e taglia il tronco.  A destra   Fabbricazione di carta presso la Ziegler Papier nella valle di Laufen basilese, l’unica fabbrica di carta certificata FSC di proprietà svizzera.

Credit Suisse Bulletin 1/08

67F

oto:

K. B

ecke

r, W

WF

| G

. Fuc

hs,

FS

C S

vizz

era

| Z

iegl

er P

apie

r A

G |

Pet

ra R

appo

Società  Notizie

Fondata a New York la «borsa verde»Dopo Chicago, ora anche New York ha una «borsa verde». «The Green Exchange», fondata dal New York Mercantile Exchange (Nymex), la maggiore piazza mondiale di materie prime, e da società fi­nanziarie internazionali incluso il Credit Suisse, negozia diritti di emissione del gas a effetto serra (anidride carbonica, CO2) e delle sostanze nocive ossido di sodio e ossido di azoto. Lo scorso anno il volume mondiale delle negoziazioni di diritti di emissione è triplicato, toccan­do quota 30 miliardi di dollari. Mediante normative statali il mercato è incoraggiato a limitare le emissioni di gas serra e di sostanze dan­nose e a consentire la partecipazione allo scambio di quote di emis­sioni. «Il Credit Suisse è lieto di sostenere lo sviluppo di una borsa con prodotti ambientali di prima qualità e capacità di clearing», ha affermato Paul Ezekiel, Managing Director e responsabile Environ­mental Markets. «La Green Exchange è molto ben posizionata per supportare la costante crescita dei mercati dell’ambiente globali». mk

Nuovo prodotto legato al CO2

Il Credit Suisse amplia la propria vasta gamma di prodotti e ser­vizi per il finanziamento di progetti ambientali con un nuovo stru­mento d’investimento legato al CO2. Questo prodotto finanzia pro­getti infrastrutturali nel campo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, che generano diritti d’emissione nel quadro del Protocollo di Kyoto. Il fondo investirà prevalentemente in pro­getti di prima qualità per l’infrastruttura energetica, con certifica­zione Gold Standard. Questi offrono opportunità d’investimento particolarmente allettanti poiché i diritti di emissione dei progetti certificati Gold Standard sono negoziati a corsi superiori alla me­dia e al contempo promuovono lo sviluppo sostenibile nei paesi emergenti e in via di sviluppo. Gold Standard può essere applica­to esclusivamente a progetti nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica con obiettivi di sviluppo duraturi. «Con questo prodotto abbiamo sviluppato per i nostri clienti un’innova­tiva opportunità d’investimento in campo ambientale che illustra in modo esemplare il potenziale e l’attrattiva di questo settore», afferma Ralph Kretschmer, corresponsabile dell’Environmental Business Group del Credit Suisse. mk

Oski protagonista di un libroDurante un soggiorno in fattoria con la pro­pria classe, alcuni undicenni di Basilea si sono affezionati a un maialino di nome Oski. Dopo aver saputo che sarebbe finito al macello, gli scolari sono riusciti con molta fantasia a salvare il simpatico animaletto. La fondazione «Mensch und Tier» ha trova­

to per Oski e altri animali una nuova dimora presso una scuola di etica. L’obiettivo della fondazione è promuovere contatti più ap­profonditi fra le persone – in particolare i bambini – e gli animali e le piante. La commovente storia ha ispirato Petra Rappo e Chri­stopher Zimmer nella realizzazione del libro illustrato «Oski ganz gross». La fondazione di pubblica utilità Symphasis ha finanziato a nome del fondo Hürlimann la stampa di questa bella storia. mp

Istruzione scolastica per bambine orfane in KeniaLa fondazione International Council of Nurses e la Florence Nightingale International Foundation hanno istituito congiunta­mente il Girl Child Education Fund (GCEF). Il fondo si propone di favorire l’istruzione scolastica di orfane di infermiere nei paesi in via di sviluppo e quindi di offrire loro un futuro migliore. La fondazione di pubblica utilità Symphasis sostiene ora un’iniziativa comune del GCEF e della National Nurses Association of Kenya per orfane di infermiere decedute a causa dell’AIDS. mar

Antoine Tamestit insignito del Credit Suisse Young Artist Award 2008

Il violista francese Antoine Tamestit è il quin­to vincitore del Credit Suisse Young Artist Award, un premio che, oltre a un conside­revole montepremi in denaro, dà la possibi­lità di esibirsi in concerto come solista con l’Orchestra Filarmonica di Vienna al Lucer­ne Festival. Tamestit succede al pianista

tedesco Martin Helmchen, vincitore del Credit Suisse Young Artist Award nel 2006. Nonostante il livello molto elevato dei due giorni di audizioni nella sala Brahms della Wiener Musikverein, la giuria presieduta da Michael Haefliger, direttore del Lucerne Festival, ha preso la decisione all’unanimità. Questo premio internazionale per giovani talenti è stato indetto nel 2000 grazie a un’iniziativa comu­ne del Lucerne Festival, dell’Orchestra Filarmonica di Vienna, del­la Società degli Amici della musica di Vienna e della Credit Suisse Group Foundation. Viene conferito a cadenza biennale in alternan­za al Prix Credit Suisse Jeunes Solistes, attribuito a livello svizzero, l’ultima volta nel 2007 alla flautista zurighese Aniela Frey. schi

Capitale per le PMI nei paesi emergentiNei paesi emergenti e in via di sviluppo le piccole e medie impre­se (PMI) sono spesso escluse dai servizi finanziari. Esse hanno sì la possibilità di fruire di crediti, ma per espandere le loro attività aziendali necessitano di una base di capitale proprio adeguata alla crescita e quindi dell’accesso al capitale di rischio. Attualmen­te per le PMI è praticamente impossibile reperire capitale di rischio, in particolare quello proveniente da fonti private internazionali.

«Responsability», la specialista elvetica per investimenti socia­li, in cooperazione con lo Swiss Investment Fund for Emerging Markets (SIFEM), ha colmato questa lacuna, creando nel contem­po nuove opportunità d’investimento per gli investitori istituzionali. Al primo closing, in cui è stata conseguita una capitalizzazione di oltre 30 milioni di franchi, ha preso parte anche il Credit Suisse. «Con il nostro investimento desideriamo contribuire alla creazione di una base economica duratura nei paesi in via di sviluppo ed emergenti», afferma Arthur Vayloyan, responsabile Private Banking Investment Services and Products del Credit Suisse. mk

Notizie in breve

Credit Suisse Bulletin 1/08

68 Società  Accessibility

Fot

o: R

ose

Mar

ie V

ocat

Quando, alle 8 del mattino, Chantal Cavin giunge in ufficio, ha già alle spalle un’ora e mezzo di allenamento in piscina. La sua giornata incomincia alle 5 e termina alle 21. La ventinovenne trascorre la mattinata pres-so il Credit Suisse di Berna, dove lavora part-time come consulente, mentre il pomeriggio e la sera li dedica agli allenamenti nella pri-ma squadra del club di nuoto di Berna.

L’impressione che si ha sentendola par-lare al telefono, ossia di una persona gioio-sa e dinamica, trova conferma nel suo modo di salutare semplice e cordiale. Senza il mi-nimo indugio, Chantal Cavin ci mostra il suo posto di lavoro e ci spiega gli strumenti che usa. Si serve di una tastiera che riproduce in forma di scrittura braille tattile il testo che compare sullo schermo o il contenuto della navigazione. Chantal Cavin scrive con una tastiera normale, ma verifica sempre in

braille ciò che ha scritto, oppure prende appunti con l’ausilio di un dispositivo di scrit-tura braille. Queste tecniche le consentono di lavorare con una rapidità impressionante, tanto che i clienti che ha al telefono non notano minimamente la sua disabilità. Per lei è una questione d’onore riuscire a svol-gere la sua attività al pari delle persone vedenti. «Sono contenta di poter lavorare qui. Mi sento integrata nel team, e se qual-cosa non funziona si cerca sempre una solu-zione. Sette anni fa, quando avevo presen-tato la mia candidatura presso numerose aziende, ero stata rifiutata quasi ovunque. Qui mi è invece stata offerta un’opportunità, nonostante la mia cecità rappresentasse una sfida anche per la società. Per fortuna non è stato necessario cambiare nulla, si trattava solo di vedere quale degli strumen-ti utilizzati al Credit Suisse era quello più ido-neo per me». Anche nel suo ruolo di esper-ta per la valutazione dell’applicabilità di nuo-vi ritrovati della tecnica si sente a suo agio. Nell’ambito del progetto del Credit Suisse «Accessibility» (si veda alla pagina accanto), che si propone di rendere completamente accessibili alle persone disabili i servizi del-la banca, Chantal Cavin ha infatti già avuto modo di testare software o sportelli automa-tici. La sua esperienza quotidiana le ha in-segnato che le insidie della tecnologia limi-tano l’autonomia dei non vedenti: per questo accoglie con entusiasmo le nuove opportu-nità. Sarebbe anche disposta a impegnarsi maggiormente su questo fronte, ma la sua vita sportiva non glielo consente. Tutti i giorni si allena con i migliori nuotatori – ve-denti – della Svizzera, alle stesse condizioni. L’unica differenza è che una persona le de-

ve toccare la testa con un bastone con una precisione al decimo di secondo per segna-larle che deve fare una capriola evitando co-sì di finire contro la parete della piscina a tutta velocità. L’esercitazione di questa pro-cedura richiede un’ora al giorno.

Fino ai limiti del possibile

Grazie al duro allenamento, Chantal Cavin occupa da ormai due anni le prime posizioni nella classifica mondiale dello sport per di-sabili nei 50 e 100 metri stile libero. Lo scor-so anno si è guadagnata la medaglia d’oro nei 100 metri stile libero, e il 2° posto nei 50 e 400 metri stile libero e nei 100 metri rana. Non sorprende quindi che nell’ambito dei Credit Suisse Sport Awards 2007 si sia classificata al 2° posto dietro Edith Hunke-ler come atleta disabile dell’anno. Chantal Cavin ne è particolarmente fiera, soprattut-to perché come nuotatrice non vedente in Svizzera si sente ancora un’eccezione. «In-nanzitutto, questo sport gode tuttora di una maggiore popolarità all’estero rispetto alla Svizzera, e io spero che questo riconosci-mento possa contribuire a cambiare le cose. Inoltre, gli atleti disabili si allenano spesso solo con altri disabili. Sarebbe invece auspi-cabile che i club regolari fossero più aperti», dichiara la nuotatrice. E naturalmente con-sidera il premio anche un riconoscimento per i risultati raggiunti, che le piacerebbe confermare il prossimo settembre alle Para-olimpiadi di Pechino.

Chiunque pratichi sport si sarà probabil-mente chiesto che cosa hanno in più questi atleti di punta rispetto agli altri per ottenere certi risultati. Chantal Cavin è animata da un forte desiderio di confrontarsi con i nuo-

Testo: Regula Gerber

La campionessa delle sfide

Da un giorno all’altro Chantal Cavin ha perso la vista. Non ha tuttavia perso l’energia, che le consente di dedicarsi al nuoto con grande successo.

La sportiva d’élite Chantal Cavin ha perso la vista a 14 anni in seguito a un incidente. Anziché cedere alla rassegnazione si misura giornalmente con il mondo dei vedenti, sia sul lavoro che nel tempo libero. Ritratto di una donna con una grande forza di volontà  e che ama la competizione.

www.arminstrom.ch

L’orologiaio svizzero Armin Strom è uno dei pochi a padroneggiare oggi la straordi-

naria tecnica della scheletratura di movimenti a mano. Da oltre 25 anni

raffi na movimenti con maestria e con un accurato lavoro artigianale, scheletrando ponti e platine. Gli elementi rimanenti vengono incisi manualmente a regola

d’arte. Oltre a pezzi singoli, in linea con lo stile personale dei suoi clienti, la prestigiosa

casa Armin Strom realizza anche serie pregiate per persone dal gusto esclusivo.

THE TRADITION OF SKELETON TIMEPIECES

PERFEZIONE SVIZZERA PER UN GUSTO ESCLUSIVO

serat_CS_Bulletin.indd 3 2.3.2007 16:26:43 Uhr

tatori vedenti, sebbene questi ultimi siano chiaramente avvantaggiati rispetto a lei. L’atleta ne dà una spiegazione semplice e al contempo sorprendente: «La maggior parte delle persone che contano nella mia vita è vedente. È quindi normale che io mi voglia misurare con chi mi sta intorno». Per Chantal Cavin si tratta di qualcosa di natu-rale, come naturale è la sua voglia di com-battere. Ed ecco il motivo di questa sua disinvoltura: «Ancora oggi per me non è l’aspetto della competizione che conta, ben-sì la mia grande passione per lo sport, per il movimento. Mi piace potermi misurare, tentare l’impossibile durante l’allenamento. Sono una persona dotata di una buona dose

di ottimismo, tenacia ed energia». Il suo al-lenatore la definisce risoluta e talvolta un po’ testarda: caratteristiche che probabil-mente le consentono di raggiungere questi ottimi risultati. Anche i suoi obiettivi per que-st’anno rispecchiano questo atteggiamento: «Ovviamente desidero vincere le Paraolim-piadi. La concorrenza è forte, soprattutto da parte delle atlete asiatiche, avvantaggia-te perché di casa: non devono infatti adat-tarsi al fuso orario, al cibo e al clima. Non sarà quindi un’impresa semplice». Questo significa che talvolta teme di non riuscire a superare i propri limiti mentali? «Veramente gli unici limiti sono quelli che mi impongono gli altri», ribatte senza mezzi termini. <

Il progetto Accessibility  Nella vita di tutti i giorni le per- sone disabili devono affrontare numerosi ostacoli: sportelli  automatici troppo alti, scalini insormontabili, documenti impossibili da leggere. Il Credit Suisse è stato il primo dei maggiori fornitori di servizi finanziari in Svizzera ad avere iniziato a rendere accessibili alle persone disabili sia le pro-prie sedi sia i propri servizi. A tale scopo sono stati esa- minati attentamente, tra le altre cose, succursali, processi, Contact Center e siti web per individuare gli adeguamenti necessari per le persone con disabilità visive e motorie, per- sone non udenti e ipoudenti, nonché per gli anziani. Molte modifiche sono già state implementate: ad esempio, diversi sportelli automatici sono stati installati a un’altezza ridotta,  i siti Internet sono stati sonorizzati, mentre l’offerta di online banking Direct Net è stata adeguata alle norme di accessi-bilità internazionali. Il Credit Suisse è quindi la prima banca svizzera che dà a tutti la possibilità di accedere all’online banking. Dal gennaio 2008 l’accessibilità è stata estesa anche alla rivista online «In Focus» e al portale web «Clienti privati Svizzera». I due portali hanno ottenuto dalla fon-dazione «Accesso per tutti» la certificazione con il massimo riconoscimento: AA+.

Dal luglio 2008 i servizi della banca in questo ambito verran-no ulteriormente migliorati: si potranno inviare estratti  conto in braille, i documenti PDF verranno elaborati in modo da essere consultabili dalle persone minorate della vista e  si utilizzeranno sportelli automatici parlanti. Un obiettivo più a lungo termine prevede invece la ristrutturazione di tutte  le succursali a misura di disabili e anziani. Per ulteriori informazioni relative al progetto Accessibility potete consultare il sito Internethttp://www.credit-suisse.com/responsibility/it/accessibility.html

Leader  Madeleine Albright70

Credit Suisse Bulletin 1/08

71F

oto:

Jud

ith S

tadl

er

Credit Suisse Bulletin 1/08

Leader  Madeleine Albright

Bulletin: Nel 1948 la sua famiglia è  

fuggita dalla Cecoslovacchia comunista 

per rifugiarsi negli Stati Uniti. Come  

ha influito questa esperienza su di lei e

sul suo modo di vedere l’America?

Madeleine Albright: Mi chiedono spesso quale sia stato l’evento che più mi ha segna­ta nella mia vita e io immancabilmente ri­spondo: il mio arrivo negli Stati Uniti. Torno ora da Praga, dove mi reco spesso, e a vol­te mi domando come sarebbe stata la mia vita se i miei genitori non fossero fuggiti. Sarebbe stata completamente diversa. Gli americani sono stati molto generosi ad ac­cogliere gli emigrati e a dare loro la possibi­lità di integrarsi. Ciò mi ha fatto capire che paese straordinario sono gli Stati Uniti. An­che prima di diventare segretario di Stato, ho beneficiato dei vantaggi comportati dal fatto di vivere in America: ho frequentato ottime scuole, ho avuto la possibilità di par­tecipare al sistema politico statunitense e di fare quello in cui penso gli americani siano molto bravi: lavorare sodo. >

Riflessioni sull’America, Dio e la politica internazionale

Intervista: Michèle Bodmer

Il ricordo più vivido dell’arrivo di Madeleine Albright negli Stati Uniti è lo stesso di tanti altri rifugiati politici: la Statua della  Libertà, il simbolo del sogno americano, della speranza di rag-giungere grandi cose con la perseveranza e il lavoro duro. Un messaggio che Madeleine Albright ha preso alla lettera perché è proprio lavorando sodo che è diventata il primo segretario  di Stato donna degli Stati Uniti.

Quanto sono importanti per lei le sue 

origini cecoslovacche?

Sono fiera di essere nata in Cecoslovacchia, ma è in America che sono cresciuta. Mi han­no chiesto più di una volta di diventare pre­sidente della Repubblica Ceca – è ancora successo durante l’ultima visita – e ci ho pensato, perché è indubbiamente un grande onore, ma sono troppo americana per quan­to riguarda il mio atteggiamento nei confron­ti della libertà individuale e del ruolo che il governo dovrebbe avere. L’America ha cam­biato il mio punto di vista sulla vita.

A suo avviso, l’immagine che gli Stati

Uniti offrono oggi al mondo è cambiata 

rispetto a quando lei era in carica?

Sì, e sono molto preoccupata per la guerra in Iraq: mi sono state poste molte domande sull’argomento. In qualità di copresidente nel progetto Pew Attitude Survey, una serie di sondaggi svolti a livello mondiale, posso dirvi che la reputazione dell’America all’este­ro, il rispetto che la gente porta nei nostri confronti e la nostra popolarità hanno ovun­

que subito un drastico calo. Alcuni paesi ritengono che gli Stati Uniti siano più perico­losi di altri. In Turchia, nostro alleato nella NATO, il nostro grado di popolarità è sceso al 9 per cento. La guerra in Iraq ha dan­neggiato la nostra reputazione, e temi come Guantanamo pesano sull’opinione che il pub­blico ha di noi.

Un altro aspetto è forse la difficoltà di

capire perché gli americani tengano  

così tanto alla propria libertà religiosa e 

come mai a volte la religione sconfini nel

dibattito politico. Come spiega questo

fenomeno?

È una domanda interessante. Quando ho iniziato a scrivere il mio secondo libro, «The Mighty and the Almighty: Reflections on America, God and World Affairs», dove affronto il ruolo della fede nelle relazioni internazionali, ero partita dal presupposto che il Presidente Bush fosse un’anomalia nella storia americana per via del suo rap­porto con Dio. Ma in America – come acca­de senz’altro anche in altri paesi – la

Credit Suisse Bulletin 1/08

Fot

o: J

udith

Sta

dler

Leader  Madeleine Albright72

storia la si impara a comparti. Vi sono ad esempio corsi sulla storia economica, o su quella culturale. Nello scrivere questo libro ho analizzato la storia degli Stati Uniti at­traverso le lenti della religione e ho consta­tato che ogni presidente americano – e non dobbiamo dimenticare che gli Stati Uniti sono stati fondati dalle vittime del­l’intolleranza religiosa britannica, che però erano a loro volta una colonia cristiana – ha invocato Dio.

Ciò significa che gli americani sono più

religiosi degli europei?

I sondaggi di cui parlavo prima parlano chiaro: gli americani sono decisamente più religiosi degli europei e hanno un senso di appartenenza religiosa molto difficile da capire nel Vecchio continente. Penso che ciò sia in parte dovuto al fatto che gli euro­pei siano stati confrontati a guerre religiose per molti secoli e che gli Stati Uniti siano un paese giovane nato da origini diverse. Sono gli americani in generale ad essere molto religiosi e non solo il Presidente George W. Bush.

Come vorrebbe che l’America fosse 

considerata? O quale reputazione vorreb- 

be che avesse?

Vorrei – e so quanto sia difficile per i non americani – che la gente tornasse a vedere l’America per quel paese straordinario che è. E per ottenere questo risultato non pos­siamo chiedere che vengano fatte eccezio­ni per noi. Ho riflettuto a lungo su questo aspetto e vorrei mostrarle una pagina del mio libro dove approfondisco l’argomento.Non la leggerò tutta, o forse sì, perché pen­so proprio che spieghi al meglio quello che voglio dire:

«Gli Stati Uniti sono un paese di risorse abbondanti, grandi conquiste e capacità uniche. Abbiamo la responsabilità di essere leader, ma nell’adempiere questo obbligo dobbiamo tenere presente che la libertà, perlomeno nel senso del libero arbitrio, è un regalo di Dio e non nostro. Ed è anche moralmente neutro. Non sarà di aiuto alla nostra causa se siamo convinti di essere nel giusto al punto da dimenticare la nostra inclinazione umana a commettere errori. Anche se l’America sa essere eccezionale, non possiamo chiedere che vengano fatte eccezioni per noi. Non siamo al di sopra della legge e non ci è stata affidata la mis­sione divina di diffondere la democrazia più di quanto non siamo legittimati a diffon­dere il cristianesimo. Ci siamo assicurati il diritto di chiedere ma non quello di insistere

o semplicemente supporre che Dio bene­dice l’America». Detto questo, ritengo giu­stificato il nostro ruolo di leader, ma non di un leader che pensa di poter ignorare il pa­rere degli altri. Così vorrei che fossero nuo­vamente gli Stati Uniti.

Avrebbe mai immaginato di essere un 

giorno chiamata «Madam Secretary»?

In tutti gli anni in cui ho studiato, allevato i miei figli e svolto opere di volontariato, non ho mai pensato di diventare un giorno se­gretario di Stato americano. Non che mi mancasse l’ambizione. Solo che non avevo mai visto un segretario di Stato in gonnella. Questa è una delle ragioni per cui faccio tutto quanto in mio potere per garantire che le giovani donne possano realizzarsi, purché siano disposte a lavorare sodo per raggiun­gere i loro obiettivi.

Come ha affrontato i pregiudizi nei

confronti delle donne al governo?

Come prima donna a rivestire questa carica, sono stata tenuta sotto attenta osservazio­ne e ho dovuto imparare a gestire il proble­ma di lavorare in un mondo prevalentemen­te maschile. La situazione non mi era nuova, ma il livello era più alto e le pressioni più intense. Mi chiedono spesso se venivo trat­tata con sufficienza dagli uomini quando viaggiavo nei paesi arabi o in altri paesi con tradizioni molto radicate. E ho sempre rispo­sto di no, perché ogni volta che arrivavo da qualche parte scendevo da un grosso aereo con la scritta «United States of America» sul fianco. Ho riscontrato più problemi con gli uomini del mio stesso governo. Di fatto, i cinque paesi a prevalenza musulmana han­no avuto capi di Stato donne.

Ad ogni modo, il problema della di­scriminazione fra sessi non si limita a una particolare cultura o tradizione. È un pro­blema globale che richiede una soluzione globale. Ovunque nel mondo le donne con­tinuano a essere una risorsa umana sotto­valutata e sottosviluppata. Ecco perché nei miei anni al governo ho cercato di cambiare le cose affinché le donne entrassero a far parte a pieno titolo della politica estera statunitense.

Perché è stato così importante per lei?

Perché è una causa in cui credo, e non solo perché sono una femminista o perché voglio fare gli interessi delle altre donne, ma per­ché era un passo logico e dovuto da tempo. Non vi può essere democrazia se le donne vengono trattate come cittadini di serie B ed è impossibile realizzare un’economia flo­rida se metà della popolazione mondiale non

23 gennaio 1997: Madeleine Korbel Albright presta giuramento come  64° segretario di Stato, diventando  così la donna con la più alta carica governativa nella storia degli Stati Uniti. In precedenza ha ricoperto varie po- sizioni in seno al Consiglio di sicurezza nazionale e come ambasciatore ame-ricano alle Nazioni Unite. Il suo cammino verso le alte sfere della Casa Bianca durante l’amministrazione Clinton non è stato facile. Nata a Praga il 15 mag- gio 1937, lascia il paese con la sua fami- glia in seguito all’avvento del regime comunista e nel 1948 si trasferisce negli Stati Uniti. Diventa cittadina ameri- cana nel 1957 e, due anni dopo, si diplo- ma in scienze politiche al Wellesley College. Consegue altresì un master e un dottorato in diritto pubblico presso la Columbia University nonché un certificato presso l’Istituto russo dello stesso ateneo. È autrice dei bestsel- ler «Madam Secretary» e «The Mighty  and the Almighty: Reflections on America, God, and World Affairs» (di- sponibili solo in inglese) e del recente «Memo to the President Elect: How  We Can Restore America’s Reputation and Leadership», pubblicato nel gen-naio 2008. È inoltre titolare dell’Albright Group LLC, un’azienda per la strate- gia globale, e titolare e presidente del-  l’Albright Capital Management LLC, una società di consulenza d’investimento orientata ai mercati emergenti.

Credit Suisse Bulletin 1/08

73Leader  Madeleine Albright

ha la possibilità di contribuire. Le società sono più stabili se le donne hanno un ruolo attivo nella politica e nell’economia.

Pensa di aver contribuito a spianare la 

strada alle altre donne in governo?

Durante il mio mandato ho dovuto affronta­re domande su come una donna potesse rivestire la carica di segretario di Stato. Ora penso che la gente abbia capito che una donna è in grado di farlo. Sono contenta che ve ne sia una seconda e che quelle doman­de siano state accantonate.

Cosa consiglia alle donne che cercano 

di conciliare famiglia e lavoro?

Questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere, perché ogni situazione è diversa. Ho tre figlie, tutte molto motivate, tutte con un lavoro e una famiglia, che continuano a chiedersi: «Come riusciamo a fare tutto?».

A volte penso che sia possibile fare tutto, ma non allo stesso momento. Quello che evito di fare è dare una risposta standard a questa domanda, perché ritengo che le donne debbano poter scegliere liberamente come impostare la propria vita. La possibi­lità di scelta, che si tratti di pianificazione familiare o carriera, è essenziale per me. Nessuna donna dovrebbe essere costretta a fare qualcosa contro la sua volontà.

Quali sono state le principali difficoltà

che ha dovuto affrontare in quanto donna

in carriera con una famiglia?

L’aspetto più difficile da accettare è il mo­ do in cui le donne considerano le altre per quanto riguarda lo stile di vita scelto. Se una donna vuole fare la casalinga, quelle che lavorano non dovrebbero giudicarla. Viceversa, se una donna sceglie la carriera, le casalinghe dovrebbero essere tolleranti nei suoi confronti. Molte donne che non lavorano si chiedono perché le donne che lo fanno non trascorrano più tempo con i propri figli, mentre queste ultime ribatto­ no che le casalinghe stanno sprecando la propria formazione. Le donne dovrebbero invece avere rispetto le une per le altre e gli uomini dovrebbero rendersi conto che la parità fra i sessi porta solo vantaggi per le loro attività. Dico sempre: «C’è un posto speciale all’inferno per le donne che non si aiutano a vicenda».

Qual è la sua definizione di diplomazia?

Spesso chi parla di diplomazia usa l’imma­gine del gioco degli scacchi. Ma la diploma­zia è tutt’altro. Negli scacchi vi sono due persone sedute in una stanza tranquilla (a meno che non stiano partecipando a un tor­neo) che seguono una strategia di lungo

termine e qualche tattica, e valutano bene ogni mossa. Io penso invece che la diplo­mazia sia come il biliardo: c’è un tavolo con delle palle nel mezzo e a un certo punto qual­cuno prende in mano una stecca e spera di mandare una palla in buca. Ma è molto più probabile che nella sua traiettoria colpisca più di una palla e cambi la dinamica di tutte le palle presenti sul tavolo. È un gioco oriz­zontale e lo stesso vale per gli affari: non si tratta altro che della conseguenza involon­taria del fatto di andare da un posto all’altro, di chi si incontra lungo il cammino e di quel­lo che succede quando le cose cominciano a complicarsi. La diplomazia è dinamica.

Qual è la lezione più importante che ha

imparato durante i suoi anni in governo?

Ho imparato quanto sia importante saper trovare informazioni corrette e accurate, e a confrontarne i contenuti prima di prendere una decisione, perché vi sono pochissime cose nella vita che sono solo meri fatti. Quando si è al governo, si ottengono infor­mazioni da tantissime fonti diverse e occor­re poi assimilare e accumulare quelle che si ritengono corrette e non quelle falsate da persone che vogliono fare i propri interessi.

Lei è un’esperta quando si tratta di

prendere decisioni. Può darci un consiglio 

in proposito?

Sono pochissime le decisioni dai contorni netti o del tutto rivoluzionarie, dove si cam­bia totalmente direzione. Quello che ho im­parato è che spesso le persone prendono piccole decisioni senza rendersi conto che esse ne condizionano altre. Con una prima piccola decisione, si è già indicata la via di come saranno la nona, la decima e la ven­tesima decisione. Il fatto stesso di prendere una decisione innesca una reazione a cate­na. Ogni decisione va quindi ponderata at­tentamente per le possibili conseguenze che ne derivano.

E quale è stato il suo atteggiamento in

proposito?

Per ogni decisione riflettevo o facevo riflet­tere chi era coinvolto sul rovescio della me­daglia e su quale sarebbe stato il piano al­ternativo se la decisione si fosse rivelata errata. Non voglio sembrare pessimista, ma penso che sia importante andare oltre l’evi­denza. Ho sempre cercato di far riflettere le persone su chi avrebbe contestato la nostra decisione e perché. Ho visto troppe situa­zioni in cui le persone erano sorprese delle conseguenze inaspettate delle loro decisio­ni solo perché non avevano considerato il quadro generale.

Alcune decisioni devono però essere 

prese rapidamente…

Questo è un problema dell’era moderna. Una volta la gente aveva molto tempo a di­sposizione per decidere, oppure poteva ri­battere «la lettera non è arrivata» o «mi è impossibile restituirle il documento». Ora, con le nuove tecnologie, le persone voglio­no le risposte subito. È chiaro che a volte occorre prendere decisioni immediate. Ma nella maggior parte dei casi penso che sia utile fare almeno un bel respiro e rifletter­ ci sopra. Quando si ricopre una posizione come quella di segretario di Stato, è molto importante conoscere a fondo il proprio team, anche se in definitiva l’ultima parola su molte decisioni spetta alla persona più in alto nella gerarchia.

E questa è una qualità che contrad-

distingue un buon leader?

Un buon leader esige di ricevere consi­ gli tempestivamente; di conseguenza devi sapere se puoi fare affidamento sulle per­sone attorno a te e se devi prendere una decisione entro un’ora, 6 ore o 24 ore. Quin­di credo fermamente nel lavoro di squadra, ma anche nella responsabilità individuale, imprescindibile quando si dirige un gruppo. È anche importante creare un ambiente in cui nessuno abbia paura di esprimere il pro­prio parere. La cosa peggiore è essere attor­niati da persone che ripetono «Hai ragione». Insomma, ogni tanto una bella discussione ci vuole!

Cosa va assolutamente evitato nella 

vita professionale, a prescindere dalla

posizione gerarchica?

Dire: «Non è colpa mia, X mi ha detto di farlo». Preferisco qualcuno che mi dice: «Mi dispiace, ero io responsabile e ho commes­so un errore». Oltretutto è assolutamente disarmante sentirsi dire così. È importante che le persone che ti attorniano sappiano che le loro carriere non dipendono dal fatto di ripetere continuamente: «Sissignore! Sis­signore, lei ha fatto la cosa giusta». E non è così semplice. Ma è un punto che un lea­der deve mettere in chiaro. <

Il Bulletin ha intervistato Madeleine Albright dopo il discorso da lei tenuto a Zurigo durante il simposio annuale «Meet Her» del Credit Suisse Private Banking Switzerland. «Meet Her» fa parte dell’iniziativa «Femme  et Finance» promossa dalla banca, il cui obiettivo è fornire alle donne consulenza professionale e offrire loro l’opportunità  di partecipare a eventi esclusivi. 

Credit Suisse Bulletin 1/08

74

credit-suisse.com/infocus

Fot

o: M

artin

Sto

llenw

erk

| P

hilip

e K

aren

Sm

ith,

Get

ty Im

ages

In punta di mouse www.credit-suisse.com/infocus

@ proposito

Il neologismo «couch surfing» non è ancora molto noto, ma mi impegnerò per diffonderlo. Tuttavia, il concetto in sé dà adito a ogni sorta di frainteso. Ad esempio, il mio collega si rite­neva un accanito «couch surfer» dopo che, grazie ai miracoli della tecnologia wireless, aveva gradualmente trasferito il suo posto pre­ferito da cui navigare su Internet dalla scrivania al più comodo divano.

Ma non si può certo dire che chi naviga in rete seduto sul sofà sia un couch surfer, al limite è un «couch potato».

Per prevenire ulteriori equivoci, sarà me­glio svelare l’arcano: il «couch surfing» è un network internazionale di ospitalità in cui i pri­vati offrono ai viaggiatori un alloggio per un periodo limitato di tempo senza esigere in cambio alcuna forma di remunerazione mone­

taria. Può trattarsi di uno o più pernottamenti, di un pasto o anche di un semplice caffè. O forse un giro alternativo della città, lontano dalle consuete attrazioni turistiche e dai mo­numenti storici. Non di rado, in questo modo si fa la conoscenza di personaggi straordina­ ri, come ad esempio una coppia di artisti del Sultanato del Brunei che per molti anni han­ no condotto una vita da veri e propri globe­trotter, visitando oltre 40 paesi. Poi la donna ha perso la vista, e da allora la coppia ha aper­to le porte della propria casa a ospiti di tutto il mondo.

Il principio del «couch surfing» è semplice: basta iscriversi, creare il proprio profilo (dati personali, interessi, foto, commenti di altri couch surfer, ecc.), et voilà! Si fa già ufficial­mente parte della razza privilegiata di gira­

mondo che conquistano i continenti alla ricer­ca di un divano libero, di confronti culturali e, perché no, anche di un pizzico di avventura! Per chi ha budget limitati e uno spiccato spiri­to di adattamento, questo modo di viaggiare entrando a fondo nella sfera personale di perfetti sconosciuti rappresenta un’impresa quantomeno avvincente. Ma non sempre ciò che ha l’aria di essere elettrizzante lo è poi davvero: in realtà, il couch surfing è consiglia- to soltanto a chi non ha aspettative o pretese eccessive, visto che, come dice la parola stessa, in fondo non viene offerto altro che un posto dove dormire su un divano in un angolo più o meno sperduto del mondo.

L’angolo in cui mi trovo io è Zurigo, il mio divano non è estraibile e sono una couch surfer.

[email protected] Couch surfing, o come il mio divano ha imparato a volare

Forum online: la regolamentazione successoria riguarda tutti noi

Arrivare ad avere un’azienda tutta propria resta per molte persone un grande traguardo. Sorprendere il mercato con idee innovative, soddi­sfare i clienti con un accurato lavoro di qualità, garantire ai propri collaboratori un futuro sicuro grazie a un’accorta politica aziendale: per molti imprenditori non si tratta soltanto di un sogno, bensì di una real­tà concreta. L’economia può funzionare soltanto attraverso una buona interazione tra grandi gruppi internazionali e molte piccole e medie im­prese (PMI). Ma nell’era della globalizzazione, anche in questo ambito qualcosa è cambiato: oggigiorno, molte PMI hanno un orientamento internazionale, con possibili risvolti insoliti sul piano finanziario e stra­tegico. Inoltre, spesso non è più possibile «imporre» al primogenito o al figlio più giovane di proseguire l’attività di famiglia, come invece accadeva in passato. In senso positivo, oggi può quindi essere una figlia la persona più indicata a dirigere l’azienda; in senso negativo, accade tuttavia spesso che il successore designato non sia in grado o non voglia prendere le redini. Per preservare l’opera di tutta una vita è quindi necessario ricercare per tempo opzioni alternative. Chi è aperto a tutte le possibili varianti, trova spesso la soluzione ottimale. È inoltre

necessario effettuare un’adeguata pianificazione per la terza età: chi ha diretto per anni un’azienda con impegno e dedizione non merita infatti di ritrovarsi con una lacuna previdenziale.

Il forum con Reto Fehr e Thomas Schwarze sarà attivato lunedì 10 marzo 2008 e resterà online per due settimane. Durante questo periodo, gli utenti potranno porre ai nostri esperti domande sui temi regolamentazione successoria, promozione delle giovani leve e con­sulenza aziendale. Poiché in alcuni casi più delicati la discrezione è d’obbligo, in via eccezionale è possibile inoltrare le domande anche in forma anonima, richiedendo una risposta al di fuori del forum. La natura stessa di questa forma di comunicazione consente soltanto brevi rispo­ste scritte, che non sempre riescono a soddisfare appieno le proble­matiche poste. In questi casi, il Credit Suisse sarà lieto di proporvi un approfondito colloquio di consulenza. schi

Per maggiori informazioni: www.credit -suisse.com/infocus >

Successione.

La regolamentazione successoria è il ponte fra tradizione e futuro.

a CREDIT SUISSE GROUP company www.claridenleu.com

Zurigo, Basilea, Ginevra, Losanna, Lugano, Buenos Aires, Dubai, Guernsey, Hongkong, Istanbul, Il Cairo, Lisbona, Londra, Monaco, Montevideo, Mosca, Nassau, Oslo, Riga, São Paulo, Singapore

Quale banca privata svizzera ricca di tradizione, Clariden Leu dà molta importanza allo stile curato in ogni particolare. Con la stessa attenzione sviluppa prodotti d’investimento innovativi e definisce, in base alle vostre precise esigenze e ai vostri obiettivi, servizi finanziari creati su misura grazie a una consulenza individuale articolata in più fasi. Perchè Clariden Leu mira a soddisfare sempre le vostre esigenze. Saremo lieti di incontrarvi personalmente per parlare di Private Banking di successo. Chiamateci al numero +41 58 205 21 11.

Esclusività nel Private Banking.