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Rockstage n 8 Ottobre
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Il momento dei
band del mese
Album:The beauty of fall,
Atlante,Storia
E in più:Le serate, le interviste
esclusive e unanuovissima sezione!
CAYNE
RockStagE La prima rivista che parla della TUA musica
Ottobre 2011 N
°08 Periodico Bim
estrale Free
Make Your Own Crew: Tutto quello che vorreste sapere su come funziona e su cosa si cela dietro ad una delle Agency più in voga del momento.
Ascoltate per voi:Tantissimi nuovi Album e Band che abbiamo ascoltato per voi per non lasciarvi a secco di buona musica
Band del mese:
L’ottavo numero di RockStage ha finalmente preso forma, e con esso anche noi. Ad un occhio esterno potrebbe non sembrare così ma RockStage è anche una forte esperienza formativa: impari a gestire le situazioni e gli imprevisti, a rapportarti con le persone e a riconoscerle al primo colpo.E ormai io sono un maestro, modestamente parlando. Credo che potrei quasi tenere dei corsi a pagamento, ma magari ne parliamo dopo. Il punto è che impari a distinguere le persone in due categorie. La prima cat-egoria è quella a cui apparten-gono le persone che darebbero il sangue per quello che stanno facendo. Persone che ci credono oltre ogni limite e che sono disposte a dare l’anima per la musica. E la danno canzone dopo canzone, serata dopo serata, giorno dopo giorno. Queste persone le riconosci perché sono sempre le prime ad arrivare e le ultime ad andare via. Spendono ogni istante della
pensare di poter fare soldi con i dischi, in un mercato discograf-ico morente che mette in ginoc-chio anche i grandi artisti.Beh, diffidate di questa gente perché sono i peggiori. Pen-sano di aver capito le regole del gioco ma non si rendono conto che così facendo stanno solo dando una coltellata alla mu-sica. Alle spalle, per giunta.
Danny
UNACOLTELLATAALLESPALLE
loro vita dietro al loro sogno, al loro obiettivo.Dall’altra parte, invece, abbiamo la seconda categoria di persone che “lavorano” nell’ambiente indipendente, e sono quelle che vogliono solo guadagnare. Certo, a tutti fa piacere rag-granellare qualche soldo, ma se i membri del primo gruppo lo vedono come un effetto col-laterale, quelli che si trovano in questa categoria lo vedono come l’obiettivo principe. E si scordano del resto. E li ricono-sci perché sono quelli che ai concerti gli chiedi se sono interessati a una recensione e dopo averti trascinato al banch-etto si dimenticano di te, met-tendosi a parlare con il primo stronzo che passa a tiro. E poi non vengono certo a cercarti, loro, le rockstar. Non sia mai. Anche perché per loro vali così poco che si sono già scordati di te. Oppure ci sono quelli che ti porgono l’album tutti sorriden-ti, e poi ti chiedono i soldi. E lì ti chiedi se non siano pazzi a
1 2
03 Festa Rock Novedrate
23 Destrage + Guests @Palazzo Granaio
01 Unacoltellataallespalle
49 Coming Next
50 RockStage
39 Intervista con... Destrage
41 Intervista con... MYO
07 Christian De Sucas
11 Labradors
14 Monkey Weather
19 Nemesi
27 Black Skyline
31 Marry me in Vegas
35 Till the Last Breathe
43 Mono di Motel 20099
44 L’Alba dei morti viventi di Nemesi
45 Nati negli anni ‘80 di Duracel
46 People Watch Me di Monkey Weather
48 Bravi tutti di Christian De Sucas
LE BAND
SERATE
SERVIZI
ALBUM
INTERVISTE
sommariorockstage numero ottoottobre duemilaundici
1 2
XV Festa Rock Novedrate@Novedrate, 28/08/2011
3 4
UN MELTING POT DI STILI, IN UNA SPLENDIDACORNICE ESTIVA.
3 4
a cura di Danny Martucci - Foto di Emanuela Giurano
Non si dica mai che noi di
RockStage non lavoriamo.
E infatti nei giorni più caldi
dell’estate, noi andiamo al
festival più caldo dell’estate.
Non fa una piega.
La macchinata giunge
al luogo del concerto e
questa volta con una spe-
cial guest: la mia ragazza.
Quindi prendiamo da bere
e da mangiare e dopo quat-
tro chiacchiere con band ed
organizzatori, aspettiamo.
Aspettiamo fino alle 21.51
spaccate quando sul palco
salgono finalmente i Chris-
tian De Sucas. Questi ra-
gazzi propongono un punk
fresco, spensierato, sulla
scia di una tradizione punk
italiana d’eccellenza. Testi a
metà tra il serio e il faceto e
un sound che si presta per-
fettamente ad aprire la se-
rata. Propongono vari pezzi,
per poi lasciare il palco al
gruppo seguente, i Labra-
dors.
Una band di giovani
5 6
con un sound coinvolgente e
vagamente sfumato di pop.
Un rock piacevole con basi
interessanti ed orecchiabili,
seppure non mi abbiano
fatto particolarmente emozi-
onare. Ad ogni modo se la
sono cavata bene, e questo
è l’importante. La serata nel
frattempo scorre e arriva un
nemico a cui nessuno aveva
pensato: il freddo. Impos-
sibile crederci ma il freddo
che ha fatto quel giorno di
fine agosto, non l’ho visto
neanche a marzo!
Tocca poi ai Monkey
Weather con il loro show
“sporcato” da vistose influ-
enze britpop che si sposano
bene con la band precedente
e danno continuità al sound.
Vestiti particolari e un
sound che rimane bene im-
presso, per una performance
davvero non male.
Nemesi. Il nome
della band basta per parlare
della loro performance. Se li
conoscete sapete che stiamo
parlando di una band con
i fiocchi, che non scende a
compromessi con nessuno.
Sono incazzati e sono “veri”,
nel senso più puro del ter-
mine. Hanno pezzi con un
sound mostruoso e testi im-
pegnati, e la gente sotto al
palco canta a squarciagola.
Dopo essere triplicata in nu-
mero. E anche il sottoscritto
alla fine lancia via la cartella
stampa di RockStage e corre
sotto al palgo a prendersi un
po’ di pogo. Festa fantastica
ed ennesima missione com-
piuta per RockStage.
5 6
5 6 7 8
PER UN PO’ DI PUNK,FRESCO E SPENSIERATO.
5 6 7 8
CHRISTIAN DE SUCAS
I Christian De Sucas sono
una di quelle band irriver-
enti composte da ragazzi che
oltre alla musica hanno in
mente anche un altro obiet-
tivo: divertirsi.
Ed è questo lo spirito con
cui i Christian De Sucas
sono saliti sul palco della
Festa di Novedrate, aprendo
le danze con il loro sound
punk fresco e veloce, tipi-
camente italiano. Testi al
limite del trash, ironici e
divertenti, con molti brani
presentati dal loro nuovo
album Bravi Tutti.Fanno anche qualche diver-
tente intermezzo per famil-
iarizzare con il pubblico e
scaldarlo in questa gelida
serata di agosto. Ma fortu-
natamente ci sono loro a
tirare su il morale.
Alternano pezzi più
veloci a suoni più melodici
e in linea di massima sono
perfettamente in tema con il
punk all’italiana di cui sono
tanto orgoglioso. O almeno
di parte di esso. Inoltre
questa sera presentano i
pezzi del loro nuovo disco
per la prima volta, quindi
non sono l’unico a non
sapere i testi delle canzoni
e ad essere curioso sul pro-
dotto finale. Inutile dire che
mi accaparro una copia del
disco di cui troverete una
recensione nel prossimo
numero.
“Siccome siamo a
corto di idee, abbiamo scrit-
to un’altra canzone su” e
non faccio in tempo a capire
cosa dice il cantante che
subito partono in quarta per
9 10
il loro pubblico. E la pre-
senza sotto al palco, se non
caldissima, è sicuramente
abbondante.
Tecnicamente non
sono nulla che faccia gridare
al miracolo, ma il punk è
questo e noi lo vogliamo
così: nudo, crudo e vero.
Fino in fondo. E io da
amante del genere so essere
anche sincero. Nonostante
questo suonano bene i loro
strumenti e l’affiatamento
generale è buono. Anzi, più
che buono. In quattro sul
palco e lo calcano come si
deve, tenendo le redini di un
concerto che già si prean-
nuncia interessante.
“Prossimo pezzo dedi-
cato a chi domani torna a
lavorare... dopo un mese di
vacanza!” e pronta la ris-
posta del compare sul palco
“Ma tu domani non lavori!”
e tra le risate del pubblico
partono gli ultimi pezzi della
loro esibizione, tre occhiali
“alternatvi” e questo cazzo
di “Burro” che non ha inter-
net ed è un vampiro. Chi
ha ascoltato il disco capirà,
chi non l’ha fatto beh, che si
sbrighi a farlo!
In conclusione una
band che può valere la pena
di seguire se il genere vi
piace, poiché molto “easy”
per dirlo all’americana e ina-
datti agli amanti dei virtuo-
sismi.
Danny
9 10
11 12
UN POP-ROCK PIACEVOLE, PERFETTO STACCO IN UNA LUNGA SERATA.
11 12LABRADORS
Questi Labradors non mi
hanno convinto. Voglio dire,
sanno suonare e hanno un
sound decisamente interes-
sante, ma peccano di origi-
nalità. E non in merito al
genere, un rock movimen-
tato dalle vaghe sfumature
pop, ma proprio nel loro
stesso repertorio. Ma ci ar-
riveremo con calma.
I Labradors sono saliti
sul palco dopo i Christian
De Sucas, come seconda
band della serata. Hanno
fatto una presentazione
decisamente sintetica: solo il
loro nome. Poi hanno attac-
cato a suonare e sicuramente
si tratta di un inizio curioso.
Partono con un pezzo
in inglese, ritmato in modo
travolgente, sminando quella
che sarà la traccia di tutta la
loro esibizione. Sono sfumati
di una vaga scia pop che
dà al tutto quella musicalità
travolgente che subito mi ha
colpito. Buona la voce che
si sposa perfettamente con il
genere che hanno scelto di
rappresentare con la loro
musica.
Sul palco sanno muo-
versi e non risultano statici,
eppure il pubblico è un po’
freddino. Sarà che anche
loro, sotto al palco, hanno
subito quello che io indicavo
all’inizio dell’articolo.
I Labradors hanno un buon
sound accattivante, una buo-
na presenza scenica unita ad
un affiatamento invidiabile.
Eppure non convincono a
pieno. Questo perché dopo
i primi tre o quattro pezzi,
tutto inizia a sembrare “già
13 14
sentito”. Al punto che i
pezzi iniziano a confond-
ersi tra loro e si fa fatica
a capire quando ne inizia
uno e quando ne finisce un
altro. Si perdono i confini di
ogni brano e il tutto diventa
un’unica nota di sottofondo
che dopo un poco inizia a
diventare seccante.
Ed è strano perché
nonostante questo hanno un
livello tecnico decisamente
buono, sia nel reparto stru-
mentale che in quello vocale.
Quindi capire il perché di
questa sensazione è ab-
bastanza dura. Personal-
mente credo sia colpa di
qualche “errore” nella com-
posizione dei pezzi. E l’ho
scritto tra parentesi perché
non si parla di un vero e
proprio errore, ma di un
piccolo difetto di progettazi-
one: sono tutti pezzi ottimi
se scelti singolarmente, ma
un’ora di concerto con ques-
ti brani diventa quasi insop-
portabile, se non altro per la
vaga aria di monotonia che
spira dopo qualche brano.
Per il resto una band che
vale la pena di ascoltare,
questo è sicuro, pur con le
dovute precauzioni: se siete
amanti dei sound “estremi”
e poliedrici, allora questi ra-
gazzi non fanno per voi. Se
cercate qualche ora di libero
svago con della musica dal
buon grado melodico e dal
ritmo trascinante, allora siete
nel posto giusto.
Danny
13 14
15 16
MONKEY WEATHER
15 16
SULLA SCIA DI UN ROCK SPORCATO DA SONORITà BRITPOP.
Al seguito dei Labradors
troviamo i Monkey Weather.
Bizzarre vesti e un sound
asperso di britpop, per loro.
Sono in quattro sul
palco e propongono un
sound davvero particolare,
come vi racconterà il nostro
Gilberto nella sezione album
dove compare un’esauriente
recensione del loro disco,
People Watch Me. Sono tecnicamente ot-
timi, i migliori finora lungo
la serata, e il loro stile parti-
colare li rende curiosi quan-
to basta per tenere fissi su di
loro gli occhi del pubblico.
Pubblico che ora è aumen-
tato e partecipa più attiva-
mente di quanto non abbia
fatto fino a quel momento.
I pezzi sono freschi e
ritmati, ballabili. Il ritmo dei
loro brani vi entrerà in testa
insieme ai loro ritornelli e
vi martelleranno senza sosta
per ore e giorni. Questo
perché hanno un sound stile
“loop” che resta impresso
a fuoco. I classici pezzi con
cui vi svegliate alla mattina
e che vi restano in mente
tutto il giorno!
La performance è stata
più che valida, anche se
non ho ben capito la funzi-
one ti un tipo che pareva il
cosplay di Rorschach, diret-
tamente da Watchmen, che
ha passato tutta l’esibizione
sul palco, in prima fila, con
un tamburello in mano,
agitato a ritmo di musica. E
nient’altro. E ad essere sin-
cero non l’ho trovato nep-
pure così interessante, ma se
a loro piace...
In ogni caso si tratta
sicuramente di una band
interessante, da tenere
d’occhio per gli sviluppi
futuri. Sono orecchiabili e
questo li rende decisamente
commerciabili: le porte del
successo potrebbero spalan-
carsi per loro da un momen-
to all’altro.
Simpatici, presenti sul palco,
ottimi musicisti: hanno tutti
i numeri per tentare di fare
successo e per riuscirci.
Se non lo avete mai sentiti
dal vivo vi consiglio di farlo.
Sono una band non facile,
il cui genere deve piacere
e i cui pezzi possono far
storcere il naso a qualcuno,
ma in fin dei conti vale la
pena di dare un’ascolto al
loro lavoro. Perché se non
altro resta frutto di passione
e lavoro, e tutto questo an-
drebbe ampiamente premi-
ato, come ben sappiamo.
Io veli consiglio e vi con-
siglio di mettere le mani
sul loro disco che promette
davvero di essere un buon
prodotto e di diventare il
loro biglietto da visita... e
per saperne di più schizzate
nella sezione dedicata agli
album!
Danny
17 18
17 18
19 20NEMESI
19 20
TANTA RABBIA E TESTIIMPEGNATI. UN SOUND SENZA COMPROMESSI.
I Nemesi. Una band che
non potete non ascoltare.
Mi hanno stregato in quel
di Novedrate, dove hanno
chiuso la festa con il loro
sound che ha spappolato
ogni cervello nel raggio di
un chilometro.
Parliamo di Crossover
e parliamo di ragazzi con
gli attributi che vogliono far
vedere cosa sono in grado di
fare. Li avevo ascoltati prima
di andare al concerto, come
faccio con ogni band che
non conosco, e già mi erano
piaciuti. Aggiungiamo che
hanno dei testi da paura
e che sanno esattamente
quello che fanno, ed otte-
nete una band che è entrata
di diritto tra le mie preferite
in assoluto e anche nel mio
lettore mp3.
I brani presentano un
suono potente ma alternano
benissimo passaggi più rit-
mati con altri più “distesi”,
aiutati anche dalla doppia
voce che rende il tutto an-
cora più evidente. Un misto
di stili e di suoni che rendo-
no unico ogni pezzo. So-
norità forti e ben delineate
nelle loro teste, per questi
ragazzi che sanno fare il
loro sporco lavoro.
A livello tecnico sono
ottimi, di sicuro i migliori
della serata, e ci hanno re-
galato dei passaggi di batte-
ria e degli assoli di chitarra
davvero notevoli. Ognuno
sul palco sa qual è il proprio
ruolo e lo ricopre dando il
massimo e cercando di af-
frontare ogni pezzo con la
giusta grinta. Sono una di
21 22
quelle band che sul palco
danno tutto, senza risparm-
iarsi.
La performance poi è
spettacolare, a stretto con-
tatto con le persone del
pubblico, che conoscono a
memoria tutti i pezzi e li
cantano a squarciagola con
loro. E quando arriva Bla Bla Bla, non c’è più santo
che tenga: band e pubblico
esplodono su un pezzo che è
uno dei loro cavalli di batta-
glia. Inutile dire che i brani
sono estratti dal loro ultimo
disco, L’alba dei morti vi-venti, che vi consiglio cal-
damente di recuperare visto
che si tratta veramente di
un gioiello in mezzo a tanta
merda.
Unico “neo” è la
dedica del cantante. Scopro
infatti che il ragazzo sul
palco non è il cantante della
formazione originale della
band, perché purtroppo
quest’ultimo è venuto a
mancare recentemente. E
quando una vita così gio-
vane e così carica di talento
viene portata via, non c’è
molto da stare allegri.
Ma credo che sia anche in
questo che la band trova
forza e rabbia di andare
avanti e far vedere che il
sogno di quel ragazzo non
si è sento né affievolito, ma
è lì che brucia nel petto di
tutti coloro che lo ricordano.
Credetemi, in Italia è vera-
mente dura trovare di meg-
lio, attualmente.
Danny
21 22
23 24
a cura di Danny Martucci - Foto di Emanuela Giurano
LA MUSICA PIù ESTREMA, LE BAND PIù BRUTALI.
23 24
a cura di Danny Martucci - Foto di Emanuela Giurano
Destrage + Guests@Palazzo Granaio, 10/09/2011
Quando si va a seguire un
concerto dei Destrage c’è
poco da fare, sai già che ci
sarà un macello fuori da
ogni logica. E questa volta
non sono da meno, anzi.
RockStage arriva pun-
tuale e dopo aver scambiato
due chiacchiere con Claudio,
l’organizzatore (e founder
di MYO, di cui potete tro-
vare un’intervista in questo
numero), e con un po’ di
amici, ci mettiamo l’anima
in pace ed aspettiamo.
Arrivano le 22.45 e il con-
certo finalmente inizia: un
po’ tardi ma l’importante è
che si cominci.
Salgono i Black Sky-
line, con il loro hardcore
pesante anche se a tratti sfu-
mato di melodie non male.
Sono in cinque sul palco
e tra cori e brani estrema-
mente aggressivi terminano
al loro esibizione. Ci sono
numerosi problemi tecnici
quest’oggi, forse a causa di
un soundcheck non perfetto.
25 26
Ma è stata una serata un po’
“così” tra corde che saltano
via, casse che “friggono” e
volumi non proprio regolati
al top delle possibilità.
Il palco poi va
ai Marry me in Vegas,
band sempre sullo stile
della precedente, ma con
voce femminile. Vengono
da Savona e ci regalano
un’ottima esibizione, sep-
pure i volumi non ci per-
mettano di goderne come
vorremmo. La voce di lei è
splendida e si fa apprezzare
più sul melodico che sul
growl. Chiudono con una
cover e qualche altro pezzo
del loro repertorio e lasciano
spazio all band successiva:
Till the last breathe.
Questi ragazzi sono
molto giovani e se la cavano,
mantenendo lo stile sempre
sull’hardcore, però più crudi
e “pesanti” rispetto alle
band precedenti. Hanno una
notevole presenza scenica e
intrattengono alla perfezione
il pubblico che sotto al palco
si è fatto numeroso ed è
pronto a spaccarsi nel pogo.
Infine tocca ai nostri
amati Destrage che salgono
sul palco per regalarci le
perle estratte dal loro The King is Fat ‘n Old. E come
al solito non hanno bisogno
di molte parole, le loro esibi-
zioni parlano perfettamente
da sole. Presenza scenica
da paura e livello altissimo.
Intrattengono anche il sot-
toscritto che gettati i fogli
al vento si butta nel pogo a
sudare a più non posso.
E se voi non c’eravate, beh,
peggio per voi.
Danny
25 26
27 28
HARDCORE NELL’ANIMA.SENZA SCUSE.
27 28
BLACK SKYLINE
29 30
I Black Skyline sono degli
ottimi musicisti e sanno si-
curamente stare su un palco.
L’unico problema è che sono
una band hardcore come
tante altre, non aggiungo
molto al panorama già ben
farcito di cui stiamo parlan-
do. Ma questo forse è sec-
ondario. Quello che importa
è che la loro è comunque
musica di qualità, suonata
col cuore e con l’anima, e
questo è ciò che ci importa.
Sul palco sono in
cinque e sanno farsi valere.
Propongono un sound pe-
sante, ma coadiuvato da pas-
saggi melodici che rendono
il tutto molo più d’effetto. Il
pubblico tuttavia è freddino
e credo sia colpa del fatto
che siamo a inizio serata in
aggiunta al fatto che l’audio
non ci ha aiutati molto.
Anzi, ha messo i bastoni
tra le ruote tutta la sera,
tra corde che saltavano via
e volumi regolati un po’ a
caso.
Ad ogni modo la loro
esibizione fila via liscia,
complice anche una buona
presenza scenica che li fa
stare a loro agio e gli per-
mette di interagire per bene
col pubblico. Pezzi validi,
a volte alcuni tratti blues
emergono dalle chitarre e
risuonano in tutto Palazzo
Granaio.
“Get down for sure, il
prossimo pezzo che è anche
il nostro video che vi invito
a guardare sul nostro canale
di youtube” è la frase con
cui il cantante introduce uno
degli ultimi pezzi della band,
prima di lasciare il palco alla
band successiva.
Sicuramente dei gio-
vani interessanti, sepure la
loro esibizione sia stata non
molto di più di quella di
tamte altre band che abbia-
mo già visto. Le premesse ci
sono tutte e il talento anche,
e mi rendo persino conto
che il genere è quello e non
c’è motlo modo di spaziarvi
all’interno. Eppure sono
sicuro che potrebbero trova-
re quel pizzico di person-
alità che li renderebeb
davvero completi. Anche
perché il livello tecnico è
alto, sia nel raparto musi-
cale che in quello vocale, e
l’affiatamenteo generale della
band sul palco è alto ed
evidente agli occhi di chi ne
osserva le esibizioni.
Vi intito dunque a
seguirli e cercarli sul web,
ricordando che il cantante
ha detto durante il concerto
che si possono trovare i loro
pezzi da scaricare gratuita-
mente.
Danny
29 30
31 32
MARRY ME IN VEGAS
31 32
HARDCORE SENZACOMPROMESSI CON UN’ANIMA TUTTA AL FEMMINILE.
Questa band mi è piaciuta
soprattutto per la voce
femminile. Sì, lo ammetto. E
oltretutto voglio rovinare il
divertimento a tutti dicendo
che i pezzi migliori che ho
ascoltato sono stati quelli
melodici in cui la voce della
cantante era più apprezza-
bile, rispetto al growl che a
tratti risultava più forzato.
Nel complesso sono
degli ottimi musicisti e tec-
nicamente non c’è nulla da
eccepire. Anche loro hanno
avuto problemi con l’audio
ma la colpa non è loro,
quindi possiamo passarci
sopra. I loro pezzi sono
generalmente supportati
da ottime basi che unite al
talento dei musicisti diven-
tano delle canzoni complete
e degne di questo nome.
I brani sono buoni,
melodici al punto giusto e
cattivi quando serve. Sono
stati scritti con cognizione
di causa, e si vede, anche se
spesso ci sono ritmi parti-
colari che a un primo colpo
possono apparire come una
“nota stonata”. Ma così non
è e vi basta ascoltare un
loro concerto per intero per
capirlo.
La performance è stata
buona, grazie anche alla
cantante che ha un’ottima
presenza scenica e un caris-
ma degni di questo nome. A
darle man forte ci sono gli
altri membri della band che
si prestano per cori e sec-
onde voci, rendendo il tutto
uno spettacolo per gli occhi
e le orecchie. E propongono
anche una cover, prima di
33 34
andare via. Parlo di Shake It dei più noti Metro Sta-
tion. Nonostante la mia
avversione per le cover sia
ormai proverbiale, devo dire
che questa l’ho apprezzata
anche perché è stata l’unica
dell’esibizione, è stata ben
rivisitata ed anche piacev-
ole da ascoltare... insieme
al simpatico “balletto” che
i musicisti hanno improvvi-
sato sul palco.
Quindi in definitiva
sono una band che merita
attenzione anche perché il
loro sound non è una fotoc-
pia di quello di altre band
dello stesso panorama. E
anzi, hanno dei tratti dis-
tintivi abbastanza buoni, a
partire dalla voce femminile
che gli dona molti punti.
Un altro punto a
favore è quello che va al
chitarrista solista che come
presenza e come musica
ha fatto vedere ciò di cui è
capace. Ed è inividiabile dav-
vero.
“Qualcuno ha mai
incontrato un Kraken? Il
prossimo pezzo parla di pi-
rati... Arrrh!” è la frase con
cui la cantante introduce un
pezzo che si rivelerà essere
tra gli ultimi della loro esibi-
zione.
Chiudono poi lascian-
do il palco ai Till the last
breathe, dopo averlo calcato
degnamente ed aver fatto
scatenera il pubblico sotto di
esso.
Danny
33 34
35 36
RABBIA E BRUTALITà.UNITE AD UN SOUNDESTREMO.
35 36
TILL THE LAST BREATHE
Salgono sul palco e partono
“crudi”, molto più delle
band precedenti. E questo è
stato il primo tratto distin-
tivo rispetto alle altre band
della serata. La intro del pri-
mo pezzo deve il suo merito
al batterista che presta la
voce e ci regala globalmente
una performance davvero ot-
tima. Anche per loro ci sono
parti vagamente più me-
lodiche, che permettono di
godere a pieno delle canzoni
che propongono.
Hanno una notev-
ole presenza scenica e sul
palco sono a loro agio. Si
muovono bene e il pubblico
sotto al palco apprezza. Ol-
tre ad essere aumentanto è
anche più partecipativo.
I pezzi sono ben
strutturati e supportati da
un buon reparto ritmico e
musicale. Sono rinforzati
da testi degni e sono inter-
pretati ancora meglio. Non
sono quanto di più originale
abbiamo mai sentito, e qui
vale il discorso fatto in
precedenza per l’altra band,
ma il loro genere è questo e
non si può pretendere anche
un’ampia varietà all’interno
di questo.
Globalmente comu-
nque meritano, pur soffren-
do di tutte le debolezze già
elencate per i Black Skyline.
La differenza qui è lo zam-
pino del batterista che fa
davvero la differenza. Oltre
ad essere il miglior musicista
del gruppo, è anche quello
che presta la voce in alcune
parti più degli altri e quindi
i pezzi diventano subito più
apprezzabili, variando dalla
struttura base che si aspet-
terebbe. Sono stati comu-
nque i degni successori dei
Marry me in Vegas, sul
palco del Palazzo Granaio,
in questa serata completa-
mente dedicata all’hardcore
nudo e crudo, come piace a
noi. Detto questo, c’è solo
da vedere una loro esibiz-
ione per poterli giudicare
anche voi con i vostri occhi,
e vedere voi stessi se il mio
parere è un’idiozia o meno.
Terminano poi
l’esibizione con i ringra-
ziamenti del caso e si ap-
prestano a lasciare il palco ai
Destrage che concluderanno
la serata. Palazzo Granaio
è un macello ed è anche
grazie a questi ragazzi, ad
ognuno di loro, per l’anima
e il sudore che ci hanno
buttato sopra. Consigliatis-
simi se siete fan del genere
mentre, in caso contrario,
potreste correre il rischio di
annoiarvi un poco.
Danny
37 38
37 38
INTERVISTA CON...
DESTRAGE
DOPO IL TOUR IN GIAPPONE PER LA PROMOZIONE DEL LORO ULTIMO ALBUM, THE KING IS FAT ‘N OLD, UNO SGUARDO AL
FUTURO DELLA BAND PIù CHIACCHIERATA DELL’ANNO. 39 40
servizio a cura di Danny Martucci - foto di Emanuela Giurano
INTERVISTA
D: Cominciamo con un clas-
sico: da dove arriva il nome
Destrage?
R: è nato quando avevamo
circa 17 anni, è stato detto
per scherzo ci è piaciuto e
non ci siamo mai più posti
il problema... A noi è sem-
pre suonato bene anche se
non significa niente!
D: Cos’è cambiato da Urban
Being a The King is Fat ‘n
Old?
R: Molte cose. come molte
cose cambieranno nel suo
sucessore. Dalla produzione,
alle scelte delle metodolo-
gie delle registrazioni, dalla
composizione dei brani alle
loro strutture, ma soprat-
tutto sono idee e concetti
diversi ed espressi in mani-
era diversa. Il filo condut-
tore è per noi l’attitudine a
trovare nuove idee e suonare
insieme.
D: Dai testi e dalle sonorità
che vi contraddistinguono si
evince la presenza di molte
influenze, spesso molto
diverse tra loro: come fate a
non scannarvi?
R: Le influenze di tutti noi
cinque messe assieme cre-
erebbero una lista a dir poco
infinita. E parlo di tutto ciò
che è racchiuso tra musica
classica e techno. Abbiamo
davvero influenze e back-
ground assai diversi eppure
non c’è stato il minimo
problema su niente. Sape-
vamo tutti cosa volevamo da
questo disco, come doveva
suonare ed è uscito tutto in
maniera più che naturale.
D: E il tour in Giappone?
Come vi hanno accolti?
R: E’ stato semplicemente
assurdo. situazioni incredi-
bili e accoglienza paurosa. Il
Giappone è già di per se un
posto da visitare, da vivere,
figuriamoci a farci un tour!
Vi consiglio vivamente di
guardare il video tour diary
sul nostro canale You Tube!
D: A livello più generale, c’è
molta differenza tra pubblico
italiano e straniero?
R: La differenza più ecla-
tante penso sia nel modo di
porsi. Il Giapponese è molto
più “timido” e riservato
quando ti incontra giù dal
palco e mentre sei on-stage
si scatena e canta a squar-
ciagola ogni verso della tua
canzone. L’italiano vive il
concerto in maniera diversa.
Ci tengo comunque a dire
che stiamo ricevendo grandi
soddisfazioni dail pubblico
nostrano.
D: ... e dopo il re grasso e
vecchio?
R: Credo che questa sia la
prima intervista in cui dicia-
mo ufficialmente che siamo
in piena fase di scrittura. E
noi in primis non abbiamo
la minima idea di cosa as-
pettarci a lavoro finito. ma
è questo il bello! Intanto
continueremo a suonare in
tutta Italia e in Europa.
39 40
MYO-
MAKE YOUROWN CREW
DUE CHIACCHIERE CON UNO TRA GLIORGANIZZATORI PIù ATTIVI NEL PANORAMA
INDIPENDENTE.
41 42servizio a cura di Davide Bruno - foto di Emanuela Giurano
AGENZIA
41 42
La serata di cui vi abbiamo parlato qualche pagina ad-dietro con ospiti i Destrage non è la prima serata che seguiamo organizzata dalla MYO, e sicuramente non sarà l’ultima, questo perchè attualmente è sicuramente uno degli organizzatori (se così la si può definire) più attivi sul territorio Lom-bardo, per questo motivo mi sono preso la briga di blin-dare Claudio, responsabile di quella che letteralmente prende il nome di Make Your Own Crew per fare una bella chiaccherata su come funzioni e cosa ci sia dietro al successo delle sue serate. Pariamo subito dalla storia, la MYO nasce più come agenzia come una vera e propria Crew di band, in modo da creare una sorta di coordinamento e un contatto più mirato tra band e locali. Da subito il progetto risulta funzionare al meglio, grazie sopratutto al presupposto di base di mostrare ai locali che si può guadagnare bei soldini anche ospitando con-certi di band rock e metal del panorama emergente, ed è proprio per questo motivo che i gruppi che hanno la fortuna di poter collabo-rare con MYO riescono a suonare in serate in alcuni dei locali più grandi e esclu-sivi. Voi penserete a questo punto:”Bhe capirai che no-vità, la MYO fa quello che cercano di fare anche tutti gli altri, ma come mai ci riesce?”, dietro alla loro ri-uscita non c’è nessun circolo mafioso o altro, ma sem-plicemente la volonta delle Band che fanno parte di questa grossa Crew, infatti
l’unica cosa che è richiesta per entrare nel giro è quello di partecipare attivamente agli eventi organizzati dalla MYO e supportare le al-tre band partecipanti con pubblicità alle serate e pas-saparola vario, concetto di gran lunga più funzionale, efficente e corretto nei sensi dei musicisti rispetto al classico:”Ti faccio suonare solo se mi porti almeno x persone alla serata” in cui chiunque abbia suonato almeno una volta sarà incap-pato. Ovviamente la MYO non punta solo sull’essere una grossa compagnie di gruppi che si “autoali-menta”, ma punta tanto anche su un martellamento costante del territorio con i propri eventi in modo da farsi conoscere sempre di più sia dal pubblico amante del genere che dai locali, infatti solo nel 2010 è rius-cita a organizzare qualcosa come 120/125 serate, roba da niente no? Se facciamo conto che praticamente tutte le serate sono andate più che splendidamente come afflusso di pubblico (Rock-stage ne è testimone, infatti in entrambe le serate che abbiamo seguito al Palazzo Granaio a malapena si rius-civa a entrare nel locale) si può certamente capire con che numeri la MYO si pre-senti ai vari locali chidendo di ospitare i loro eventi. Chiedo a questo punto come mio solito a Claudio se avessi una band come potrei en-trare nel circolo, e mi spiega, oltre
a quanto già detto sul sos-tenimento degli eventi della Crew, che basta inviargli una Demo, in modo che venga valutato artisticamente l’idea e se ritenuta valida in-serita nel circolo. Un punto importante su cui bisogna fare attenzione è che la MIO non è un’etichetta o un Agency, Claudio, infatti ci tiene a precisare che cè chi di sicuro è organizzato meglio di loro per fare da Agency. Voglio terminare chiedendo i futuri progetti e anche qui Claudio non và per il leggero, infatti quello su cui punta è, oltre a repli-care lo scorso anno in ter-mini di numeri, spingere su alcune band e se possibile organizzare qualcosa di in-ternazionale. Saluto Claudio, piacevolmente soddisfatto da quanto appreso su questo gruppo, perchè è grazie a persone come lui se la mu-sica Rock & Metal ancora non è del tutto morta. Davide
CONTATTI:
MYSPACE: http://www.myspace.com/ makeyourowncrew
FACEBOOK: www.facebook.com/ makeyourowncrew
La lingua italiana è una
lingua molto affascinante (e
anche complicata), che rende
tantissimo con la musica.
Se la musica in questione è
infulenzata dall’indie-rock
più selvaggio e la qualità
sonora strizza l’occhio al
lo-fi, allora si parla di un
progetto interessante. Vi sto
parlando dei Motel 20099,
band di Sesto San Giovanni
(vicino a Milano) che pro-
prio quest’anno ha prodotto
l’album “Mono”, il loro
secondo lavoro. La sostanza,
dunque, è questa: testi in
italiano (tralaltro ottimi,
un esempio è la title track
Impacchettato), dinamiche
rock/indie/garage, e inoltre,
un talento pop (in senso
buono) che spicca in can-
zoni come Federico Aldro-vandi, Lezioni Di Nuoto e Quattro Passi, che lasciano
vedere un’influenza beatle-
siana. Addirittura in Mole-
skine si sente il post punk:
i Joy Division, ovviamente
un pochino più allegri. Non
manca il pezzo su cui scat-
enarsi: Lucifero ha un tiro
che può spezzare in due an-
che Ivan Drago. Sotto sotto,
però, hanno l’anima rock
blues. L’album si chiude con
una ballad acustica sognante
che riassume il tutto nella
maniera migliore. La qualità
audio ricorda vagamente le
registrazioni low-fidelty degli
anni beat e dell’indie-rock
americano anni ‘90 ed è un
fattore che impreziosisce.
Un’altro segno che dice che
qui in Italia, col cazzo che
siamo indietro! Band così mi
fanno convincere sempre più
di questa idea.
Ah, Motel 20099 si
legge motel venti zero no-
vantanove, proprio come un
codice postale, poichè quello
appunto è il codice postale
di Sesto San Giovanni.
Gilberto
ALBUM MONO di MOTEL 20099
43 44
I Nemesi sono una realtà
importante nel panorama
italiano. Non solo perché
il loro sound è una perla
difficilmente trovabile per
il genere che fanno (ricor-
dando che cantano in ital-
iano) ma anche perché i
loro testi rispecchiano quella
rabbia e quel rancore che i
giovani covano dentro di sé.
Angosce e frustrazioni che
ci portiamo dentro e che
loro hanno saputo esternare
perfettamente sia a livello
di testi che di musicalità. E
non è certo un fattore da
tutti.
Nel loro disco si alter-
nano pezzi di una potenza
disarmante come L’alba dei morti viventi, che dà anche
il titolo al disco, e Il mio compleanno che ammetto
essere la mia traccia preferita
nonché quella che racchiude
meglio lo spirito Nemesi
all’interno dell’album, ma
anche pezzi più “tranquilli”,
per così dire, come Questa città o Quanto fa male. Tecnicamente inec-
cepibili, impreziosiscono il
tutto con una doppia voce
che ha realmente un fascino
irresistibile. Aggiungete che
fanno un genere difficile da
gestire in lingue italiana,
da riuscire a far impallidire
perfino i migliori Linea 77.
Anzi, vincono su tutta la
linea senza termine di para-
gone a mio avviso.
Nel disco potete sen-
tire il cantante della for-
mazione originale che oggi,
purtroppo, non è più con
noi. Un enorme dispiacere
per la perdita di un giovane
così talentuoso e “carico”.
Noi possiamo solo ascoltare
il disco e farli rivivere at-
traverso al sua stessa voce.
Danny
ALBUM L’ALBA DEI MORTI VIVENTI di NEMESI
43 44
Si tratta “soltanto” del loro
terzo disco, ma siamo da-
vanti ad un lavoro di prima
categoria.
“Nati negli anni ‘80” è un
disco che riesce a portare
tutta la malinconia che
questi ragazzi hanno dentro,
diritto nelle vostre orecchie
con un sound tutt’altro che
triste. Infatti sono le tipiche
sonorità dei nostri amati
Duracel, ormai un classico
del punk italiano. La prima
canzone è anche quella che
dà il titolo all’album ed è
quella che ci regala una pan-
oramica su tutti gli anni ‘80,
nominando quelli che sono
dei veri e propri must: The
Ramones, i “primi soldi”,
rockstar e i primi spot
commerciali rimasti famosi
nella memoria. Un viaggio
attraverso i segni distintivi
di quegli anni.
E basta guardare la
copertina e la cura dei det-
tagli in essa per capire che
il contenuto non può che
essere più che spettacolare.
Tutto il disco viaggia in chi-
ave punk italiana, melodica
e ascoltabile fino in fondo.
Anche ballabile. Difficil-
mente riuscirete a stare fer-
mi con questo disco che vi
spacca le orecchie.
Un collage di suoni e
melodie, ricordi e citazioni
che faranno piacere a chi è
nato negli anni Ottanta e li
ha vissuti in prima persona.
Tecnicamente un ot-
timo lavoro che comprova
il talento di questi ragazzi e
la loro naturale attitudine a
scrivere musica, quasi come
gli uscisse dalle vene, dotata
di vita propria. Un ottimo
disco che bisogna sicura-
mente ascoltare se vi piace
il genere. E anche se non
è sulle vostre corde, il una
chance gliela darei lo stesso.
Danny
ALBUM NATI NEGLI ANNI ‘80 di DURACEL
45 46
Ah, i Monkey Weather.
Sono una band formata da
tre componenti, originaria
del Piemonte, terra genera-
trice di ottimi artisti (cito i
miei cari Ufomammut prima
di tutti). L’album si chiama
People Watch Me, ed è un
prodotto interessante. La
prima volta che l’ho sentito,
mi ha lasciato sbigottito: è
un mix bizarro di idee, che
però mi ha impressionato
piacevolmente. Parto dalla
title track, un brano interes-
santissimo, le influenze sono
varie: una base strumentale
dark che è a metà tra i Joy
Division e il rock’n’roll con
un ritornello che ha dei cori
Beatlesiani, con tanto di as-
solino col wah-wah. Lickin’
Yellow, è diversa, ma è sullo
stesso filo conduttore: è una
ballad soave ma grintosa che
mi ha ricordato un po’ gli
Who, per via della struttura.
Black Hole Box, invece, è
una canzoncina simpatica
che prende spunto, come
sempre, dalla new-wave,
stavolta quella più “groove”
e funky, e ci unisce un can-
tato quasi parlato per poi
attaccare un ritornello tipica-
mente rock e finire su ques-
ta “retta via”. Sara Wanna Dance potrebbe essere un
ottimo pezzo pop, ma è di
più: c’è il brit-pop degli anni
‘60, ma anche una verve
rock che rende tutto più
vivace. Stesso discorso per I Was Sleeping, stavolta però l’influenza brit è più mod-
erna. Silence è la chicca che
chiude tutto: si preannuncia
come pezzo rock i primi sec-
ondi, ma invece procede su
un groove funky piacevole,
con tanto di flauto traverso.
Beh, che dire, album
interessante e particolare che
consiglio a tutti!
Gilberto
ALBUM PEOPLE WATCH ME di MONKEY WEATHER
45 46
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47 48
I Christian De Sucas sono
una di quelle band che vi
prende sul ridere. I loro
pezzi infatti non possono
non strapparvi un sorriso.
Ad iniziare con il primo
pezzo, Stefano è di nuovo bocciato, che si apre con
una citazione da un person-
aggio “discolo” per eccel-
lenza: Pierino.
Tutto il disco, in linea
di massima gira su testi a
metà tra il serio e il faceto,
coadiuvati da basi allegre e
veloci, fresche e ben ritmate,
capaci di far pogare anche i
più timidi e restii. Di certo
c’è che non si tratta di un
tipo di musica adatto a tutti,
ma con il punk all’italiana
questa premessa è sempre
d’obbligo. I brani sono corti
e hanno un filo condotture
che ci guida dall’inizio alla
fine. Carino il tormentone
su questo “Burro” che pare
proprio uno sfigato: non ha
internet ed è un “vampiro”.
E se queste parole vi sem-
brano criptiche fate meglio
a procurarvi l’album e as-
coltarlo per farvi due risate
e trascorrere del tempo in
estrema tranquillità, allegria
e spensieratezza. Perché è
proprio questo l’intento dei
Christian De Sucas, farvi
divertire.
L’intero album è
farcito di pezzi spediti e
allegri. Non c’è spazio per
noia, riposo o musi lunghi.
è un “tour de force” tra
ritmi scatenati ed altri ancor
più scatenati. Trombamica, Selvatico e per chiudere
Caro ministro sono tutti
pezzi allegri che vi terranno
col cervello (semi)spento e
le braccia all’aria per una
mezzoretta: l’album è infatti
molto corto, ma il punk va
via così, tutto d’un fiato!
Consigliato.
Danny
ALBUM BRAVI TUTTI di CHRISTIAN DE SUCAS
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