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Rrose magazine Check Point Charlie
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magazine07aprile2010
Rrose Sélavy
CHECK POINTCHARLIE
magazine07aprile2010
RS
Settembre 2001. Le immagini delle Torri Gemelle che
crollano si riflettono nei nostri o
cchi, lucidi e spalan-
cati, pronti a vedere il futuro tra tutto il fu
mo bianco, lì,
dove la polvere disegna quello che la bocca non
riesce ad esprimere… La settimana del nostro primo
concerto non poteva essere più strana. Così nascono
i Check Point Charlie, in un garage umido che per noi
era la nostra casa. Salire sul palco e suonare, ecco
cosa volevamo fare, questo e niente altro. Concerti
qua e là, ovunque capitasse: assemblee, feste,
un’estate passata a spese di un Mc Donald’s. E
l’arrivo del primo assegno. Per quanto piccolo potes-
se essere, era la prima volta che qualcuno ci pagava
per fare quello che ci piaceva, quello che ci faceva
stare bene. Poi qualcosa ha iniziato a cambiare,
neanche noi, oggi, sapremmo dire come, perché pur
sedendo ogni giorno negli stessi banchi e dividendo
la stessa sala prove, le stesse giornate, abbiamo
iniziato a chiudere gli occhi, a muoverci sempre più
piano, finché tutto il g
ruppo non si è fermato; ma la
nostra amicizia era ed è qualcosa di molto più profon-
do. I secondi si sono fatti sempre più fitti, le settimane
sono passate e con esse i mesi, gli anni, finché
amore e rabbia non sono cresciuti così tanto da farci
desiderare di dividere quel palco di nuovo, tutti insie-
me, e con tutta la voglia che si possa immaginare.
ricc
ard
o g
iacc
on
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ante
cch
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pao
lo isab
ettini
and
rea mattiacci
magazine07aprile2010
RSPerché ci sono volte in cui non puoi tenerti tutto dentro e ci sono cose che non puoi affrontare da solo. Come d’incanto, ci siamo svegliati da un sonno durato anni, anni pieni di persone, di cambiamenti, anni gonfi di emozioni da tirare fuori, da sfoga-re nel momento giusto, insieme, di nuovo; basta una telefonata (mite inverno del 2006) per riportare alla luce sogni e sensazio-ni che aspettavano solo di essere sfiorati. Le prove si fanno raramente, i periodi di lontananza sono lunghi, ma non ha importanza, la nostra unione è così forte che non abbiamo bisogno di parlare per capirci. È con questo spirito che ci troviamo in quella che è la nostra nuova sala prove, la nostra nuova casa, colorata e viva, piena del rumore dei respiri profondi che non puoi evitare di fare, perché non si può scap-pare dal mondo intero. Così Le brutte notizie ti raggiungono anche lì, dove credi di essere al sicuro, e ti colpiscono tanto dentro da toglierti il respiro, ma non la voglia di respirare. Allora, l’unica cosa che puoi fare è prendere il tuo strumento, accendere le casse, sistemare i volumi e suonare, forte, così forte da non riuscire più a sentire i tuoi stessi pensieri. È così che di nuovo si riempiono i polmoni (caldo torrido dei primi giorni di luglio del 2007): il ritorno sul palco, molto più difficile della prima volta, ma così bello da non voler smettere più, mai più. È molto più che suonare, è qualcosa che non si può spie-gare, un’alchimia che è sconosciuta perfino a noi che ne siamo parte, è qualcosa di così intenso che tutti ne dovrebbero assaggiare un pezzettino. È per questo che siamo qui. Sono le nostre canzoni, siamo noi. Eleonora Santecchia
magazine07aprile2010
RS
Coloro il fondo dei miei guaiAffondo e annego in panna sprayScavando il solco del mio falso orgoglioNon sai pagare i debitiRispetti i tuoi limitiColpisci e affondi le mie ideeVedi mareeSei un'istantaneaLa mia mareaRitorni sempre quiSenza limitiAssumo aria in polvereDurante il viaggio a scendereSul panorama delle tue rovineArredi la mia volontà Tra tempeste di sabbiaPer assediare anche le mie difeseSei un'istantaneaLa mia mareaRitorni sempre quiSenza limiti