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Sala ® GREPPI Ministero per i Beni e le Attività Cultura li Dipartimento dello Spettacolo Con il Plllmcinio di RegioneLombardia Culture, ldenl ità e Autonomie dello L ombOrdlo PROVINCIA DI BERGA."10 COMUNE DI BERGAMO Assessorato alla Cultura, Spettacolo, Identità e Tradizioni Assessorato dello Sp ettacol o Edizione CHRISTIAN LEOTTA pianoforte GIOVEDI 4 OTTOBRE 2012 Concerto realizzato in collaborazione con BANCA POPOLARE DI BERGAMO Deloitte. l" CREDITO BERGAMASCO FONDAZIONE GRU PP O HAN CO POPOLAR E DELLA COMUNITA BERGAMASCA

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Sala ®

GREPPI

Ministero per i Beni e le Attività Culturali Dipartimento dello Spettacolo

Con il Plllmcinio di

RegioneLombardia Culture, ldenlità

e Autonomie dello LombOrdlo

PROVINCIA DI BERGA."10 COMUNE DI BERGAMOAssessorato alla Cultura,

Spettacolo, Identità e Tradizioni Assessorato dello Spettacolo

Edizione

CHRISTIAN LEOTTA pianoforte

GIOVEDI 4 OTTOBRE 2012

Concerto realizzato in collaborazione con BANCA POPOLARE DI BERGAMO

Deloitte. l"CREDITO BERGAMASCO FONDAZIONE GRU PP O HAN CO POPOLAR E DELLA COMUNITA BERGAMASCA

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CHRISTIAN LEOTTA

Christian Leotta è stato definito dalla leggendaria Rosalyn Tureck come "uno straordinario talento con una meravigliosa musicalità innata" e il grande Karl Ulrich Schnabel ha di lui scritto: "il suo rispetto delle indicazioni dei compositori classici e romanti­ci è perfetto e notevole è la loro comprensione". Nato a Catania, Christian Leotta ha cominciato lo studio del pianoforte all'età di sette anni. Ha stu­diato con Mario Patuzzi al Conservatorio "G. Verdi" di Milano, alla "Fondazione Internazionale Theo Lieven per il Pianoforte" sul lago di Como e, in Inghilterra, alla "Tureck Bach Research Founda­tion" di Oxford. Presentando per la prima volta nel 2002 a Montreal, all' età di soli 22 anni, l'integrale delle 32 sonate per pianoforte di Beethoven, Christian Leotta è il più giovane pianista al mondo, da quan­do Daniel Barenboim eseguì il ciclo negli anni '60 aTei Aviv, ad aver mai affrontato in pubblico l'ec­

~ cezionale impresa musicale. Da allora è stato pro­tagonista di ben tredici esecuzioni dell' integrale delle 32 sonate di Beethoven, interpretandole in Europa e in America in importanti capitali musica­li internazionali quali Città del Messico, Lima, Madrid, Montreal, Rio de Janeiro, Vancouver, Venezia e Ville de Québec, per le quali nell'aprile del 2004 il Presidente della Repubblica italiana, Ono Carlo Azeglio Ciampi, lo ha insignito con la sua prestigiosa Medaglia. Grazie allo straordinario successo di pubblico e di critica delle sue esecuzioni di Beethoven, Christian Leotta firma nel 2007 un contratto in esclusiva con la prestigiosa casa discografica canadese Atma Classique per la registrazione, in dieci CD, dell'in­tegrale delle 32 sonate per pianoforte. I primi tre volumi della serie, pubblicati dal 2008 al 20 II e comprendenti 19 sonate, sono stati accolti con i più lusinghieri giudizi dalla stampa specializzata inter­nazionale, che ha descritto Cluistian Leotta come "uno dei più straordinari interpreti di Beethoven dei nostri tempi" (Muzika21, Polonia), definendo la sua registrazione dell'integrale delle 32 sonate come "un importantissimo contributo agli altri cicli fino­ra disponibili" (Fanfare, Stati Uniti d'America). Le interpretazioni di Christian Leotta sono state apprezzate in modo particolare per "la sua tecnica prodigiosa, usata per esprimere al meglio la poesia della musica di Beethoven" (The Whole Note,

Toronto), per "la sua capacità di sorprendere dav­vero l'ascoltatore in momenti inaspettati" (Ali Music Guide, Stati Uniti d'America), descrivendo­lo come "un pianista di altissimo livello: tecnico, musicale ed interpretativo tutti insieme" (La Presse, Montreal). La sua recente esecuzione del ciclo dei 5 Concerti per pianoforte e orchestra e della Fantasia per pia­noforte, coro e orchestra di Beethoven, interpretati nel 20 I O nel Teatro Degollado di Guadalajara, ha una volta in più mostrato le grandi doti comunica­tive di Christian Leotta, capaci di conquistare sia il pubblico, sia la critica. Christian Leotta ha collaborato con le maggiori orchestre, quali i "Mi.inchner Philharmoniker", i "Wiener Kammerorchester", 1"'Orchestra Nazio­nale Sinfonica della RAI", 1"'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi", suonando in prestigio­se sale concertistiche, come la Philhanllonie del Gasteig di Monaco di Baviera, la Konzerthaus di Vienna, la Tonhalle di Zurigo, la Sala Verdi e l' Au­ditorium di Milano, la Salle Claude-Champagne di Montreal, la Sala Grande del Teatro Bunka Kaikan di Tokyo. I prossimi impegni concertistici e discografici di rilievo includono recital solistici e con orchestra in Italia, Europa e America, una tournée in America Latina di quattro settimane (in Messico, Brasile, Argentina e Perù), una in Estremo Oriente (in Cina e Giappone), l'esecuzione del ciclo integrale delle 32 sonate di Beethoven a SeuI, in Corea del Sud, e l'incisione del quinto ed ultimo volume della sua integrale discografica delle 32 sonate di Beethoven per Atma Classique, che conclude, con il lancio nel 2013, la monumentale impresa disco­grafica.

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(1770 - 1827)

6. in mi V"lllVl1" i Hle,",,,,-j'"'' (;<111(;<'Hl" e con moto

LLO

Trentatre variazioni di Anton Diabelli op.l20

maestoso

6.

9. e lO. Presto

Il. 12. Un poco più moto

13. Vivace 14. Grave e maestoso 15. Presto

16. Allegro 17. Allegro

18. Poco moderato 19. Presto

20. Andante 21. con - Meno

22. Allegro molto (alla "Notte e di 23.

24.

ma non sempre cantabile

31. Largo, molto p"r,rPlo"nln

32. Allegro 33. Tempo di minuetto moderato

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LUDWIG VAN BEETHOVEN Bagatelle op.126

Le sei Bagatelle op.126, composte tra il 1823 e il 1824, sono considerate dallo stesso Beethoven "pro­babilmente le migliori che abbia mai scritto". La dif­ferenza con le due precedenti raccolte (op.33 e op.119) è che per la prima volta Beethoven crea una raccolta composta da sei movimenti legati tra loro senza soluzione di continuità, creando in questo modo un ciclo, una sorta di sonata atipica: il titolo originale lo conferma "Ciclus von Kleinigkeiten" ovvero Ciclo di piccole cose, di miniature. Rappresentano l'ultima opera pianistica composta da Beethoven e nonostante l'impegno profuso sia stato minore rispetto ad altre opere composte nel medesimo periodo come gli ultimi Quartetti, la nona Sinfonia e altro, a detta di Solomon è proprio qui che "Beethoven si rivela un maestro della miniatura, capace di tratteg­giare una gamma di strati emotivi con pochi tratti sonori" Il primo dei sei brani è un Andante con moto in sol maggiore dove la frase principale non ha modo di dipanarsi completamente perché immediatamente arricchita da ornamentazioni che ne modificano i lineamenti e dove successivamente domina un inciso ancora variato e portatore di un'intima agitazione. Il secondo brano, Allegro in sol minore, si apre con un furioso tema all'unisono che si intreccia con una frase cantabile più volte interrotta. Il terzo pezzo, Andante cantabile e grazioso in mi bemolle maggiore, ha carat­tere di inno o di corale. Il tema principale, dopo un breve recitativo in funzione di parte mediana del brano, ricompare variato prima di una piccola coda che conclude il brano in pianissimo. La quarta baga­tella è la più lunga e sicuramente la più elaborata del­l'op.126. Si tratta di un Presto in si minore che alter­na una martellante danza in ritmo di bourrée con un trio che pare quasi una ninna nanna caratterizzata da una semplicità quasi disarmante e con la mano sinistra che suona un bordone di quinta vuota molto simile all'accompagnamento di una cornamusa. Il quinto brano è Wl Quasi Allegretto in sol maggiore, è carat­terizzato dal pacato dialogo delle due mani quasi a evocare una scena campestre. I.:ultima bagatella inizia con un Presto di sei battute in mi bemolle maggiore. Dopo questa immagine frettolosa quasi fosse un 'aper­tura di sipario assai affrettata se non addirittura una ouverture d'opera di sole sei battute, inizia un Andante lirico e ispirato in 3/8. Si chiude con le sei

battute del Presto iniziale l'ultima composizione per pianoforte di Beethoven, quasi fosse una meditazione isolata dal mondo esterno da due grosse parentesi.

Trentatre variazioni in do maggiore su un Valzer di Anton Diabelli op.120

All'editore viennese Anton DiabelJi venne l'idea di mettere insieme una raccolta chiedendo a molti com­positori residenti nell'impero asburgico di scrivere ciascuno una Variazione su un suo valzer. La raccolta, pubblicata nel 1824 sotto il pomposo titolo "Società Nazionale degli Artisti. Variazioni per pianoforte su un tema originale, composte dai più eccellenti compo­sitori e virtuosi di Vienna e dell'Impero Austriaco", comprendeva cinquanta variazioni di cinquanta diver­si compositori. Tra i cinquanta troviamo molti musici­sti oggi sconosciuti e qualche celebrità: Schubert, Moscheles, Hummel, Czerny, Kalkbrenner, il giova­ni ssimo Liszt. Non troviamo Beethoven, perché Beethoven si era messo a lavorare sul valzer di Diabelli fin dal 1819, e nel 1823 aveva consegnato all 'editore un monumento di ben trentatre Variazioni , che furono pubblicate nello stesso anno con dedica ad Antonia Brentano, moglie del banchiere Franz e cognata di Bettina e Clemens Brentano. Le Variazioni op. 120 sono la composizione che rias­sume in sé, in una sintesi storica irripetibile, tutto il cammino a ritroso compiuto da due generazioni di musicisti che avvertirono per primi il problema di inserire la creazione musicale nella storia anziché nel­l'attualità. Partendo dalla geometria elementare, ma non banale, del valzer di Diabelli, Beethoven ripercor­re la storia della musica fino al barocco attraversando i diversi stili per concludere con cinque Variazioni di sapore arcaico, che ricordano il barocco. La riacquisi­zione di stili del passato è un tratto fondamentale del tardo Beethoven (si pensi alle fughe delle ultime sona­te e degli ultimi quartetti). Qui Beethoven torna verso il barocco: le Variazioni ventinovesima e trentunesima sono due adagi barocchi, la Variazione trentesima è un 'invenzione a quattro voci e la trentaduesima è una doppia fuga . Altra costante dell 'ultimo Beethoven è anche l'uso della variazione che è da considerarsi un aspetto fon­damentale: sonate pianistiche come l'op. 109 e l'op. l l l, rispettivamente la terzultima e l'ultima delle tren­tadue Sonate per pianoforte di Beethoven, terminano infatt i con un tema e variazioni che comporta un fina­le "aperto" rispetto ad una conclusione più tradiziona­

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le lasciando molto spazio alla fantasia e all'immagina­zione dell'interprete e dell'ascoltatore. Punto di riferimento di un ciclo di variazioni podero­so come l'op.120 furono sicuramente le Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, in cui l'analisi della struttura del tema da variare è molto approfondi­ta e consente di conciliare fantasia e rigore nella com­posizioni della variazioni e nel delineare tutto l'im­pianto formale della raccolta. Le suddivisioni strutturali non sono indicate da Beethoven. La divisione in due parti è evidente: la straordinaria ventesima variazione, che Liszt chia­mava "la Sfinge" e che tanto piaceva a Gabriele d'Annunzio, tutta condotta al limite di intensità piano, con bassissima densità ritmica e senza che venga mai toccato il registro acuto del pianoforte, rappresenta nel modo più chiaro la conclusione della prima parte e lo spartiacque tra la prima e la seconda. Come fa notare Piero Rattalino le due parti seguono la proporzione della sezione aurea, perché il rapporto tra i trentaquat­tro pezzi (tema e trentatre variazioni) dell'insieme e i ventuno (tema e yenti variazioni) della prima parte è uguale al rapporto tra i ventuno della prima e i tredici (variazioni dalla ventunesima alla trentatreesima) della seconda parte. Anche le due parti sono a loro volta suddivise secondo la sezione aurea: la prima parte presenta una suddivisione tra la dodicesima e la tredicesima variazione, la seconda tra la ventottesima e la ventinovesima. La composizione è quindi organiz­zata secondo questi quattro gruppi principali: Tema - Variazione XII (13 pezzi) Variazione XIII - Variazione XX (8 pezzi) Variazione XXI - Variazione XXVIII (8 pezzi) Variazione XXIX - Variazione XXXIII (5 pezzi) Infine, anche il primo gruppo è suddiviso secondo la sezione aurea: questa suddivisione è meno evidente, ma in realtà è importantissima, perché nella quinta variazione viene cambiata per la prima volta la strut­tura tonale del valzer. Con l'ulteriore suddivisione del primo gruppo Beethoven stabilisce quindi, all'interno della suddivisione generale secondo la sezione aurea, una suddivisione sinunetrica: 5, 8,8, 8, 5 pezzi. La struttura del valzer di Diabelli nella sua schemati­cità quasi elementare consentÌ a Beethoven un lavoro di trasformazione di grande complessità e di ricchez­za fantastica: come sostiene Pierre Boulez: "La ric­cheZZ11 del risultato deriva dal fatto che le strutture prime sono cosi generali, [. ..] il compositore si cura assai più dell'archetipo fondamentale cui il tema obbedisce che della sua apparenza reale".

Osserviamo in dettaglio qualche singola variazione: la marcia della prima variazione che annienta immedia­tamente il tempo di valzer è seguita dal un piccolo scherzo di atmosfera mendelssohniana (ante litteram) e dai due graziosi Liindler (variazioni n.3 e 4). Segue uno scherzo tipicamente beethoveniano (var.5), un piccolo notturno (var.8). Spiccano nella seconda parte pagine umoristiche di meravigliosa fattura come la variazione n.22 citazione della prima aria di Leporello del Don Giovanni di Mozart ("Notte e giorno faticar, per chi nulla sa gradir, piova e vento sopportar, man­giar male e mal dormir"). Secondo Cari Czerny una risposta alle insistenti pressioni di Anton Diabelli affinché Beethoven terminasse al più presto il ciclo di variazioni. La fu ghetta della variazione n.24 è la pagi­na che più si avvicina allo spirito e alla scrittura delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach e la n.31 è un mirabile adagio barocco che chiude un pic­colo ciclo di tre variazioni (n.29, 30, 31) in tonalità minore. La trentaduesima variazione è una doppia fuga di gusto haendeliano e di straordinaria energia con funzione quasi liberatoria dalle precedenti varia­zioni in minore. Il percorso che comincia con la prima variazione "Alla Marcia maestoso" che si preoccupa immediatamente di allontanare dalla nostra mente il ritmo di valzer del tema funge quasi da "Introitus", porta d'ingresso a tutto il cosmo, musicale e non, che è costituito da questo ciclo di variazioni. La fuga della variazione n.32, che un tempo avrebbe potuto essere degno coronamento e conclusione dell'opera (si pensi alle sonate op.l 06 e op.l1 O), qui funge nelle sue ulti­me battute da torcia per cercare ed illuminare la giusta direzione musicale da intraprendere, la giusta tonalità da cui sgorga la meravigliosa meditazione finale della trentatreesima variazione: Tempo di Minuetto mode­rato. Completamente trasformato, trasfigurato rispetto ad altri minuetti composti in precedenza per sonate, composizioni cameristiche e sinfonie, il Minuetto ha perso quasi completamente il carattere di danza sette­centesca per divenire una contemplazione su tutto il mondo scoperto in questo ciclo di variazioni, uno sguardo dall'alto ma non per questo distaccato e privo di coinvolgimento emotivo e spirituale come già era accaduto con la Sonata op. III e come accadrà pochi mesi dopo con le Bagatelle op.l26.

Luca Dj Guljo

CECO DI BERGAMO

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