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DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010 / Numero 293 D omenica La di Repubblica Sangue le tendenze Gaga style, lady del momento DOMENICO DOLCE, STEFANO GABBANA e SERENA TIBALDI l’incontro Filippo Timi, imperfezioni perfette IRENE MARIA SCALISE l’attualità Presidenti nel pallone e capitani ribelli MAURIZIO CROSETTI e GIANNI MURA in cui non si era compiuto. Come nel 1973, quando fu colpita da un’e- pidemia di colera e come nel 1980, quando la città e l’intera regione furono devastate dal terremoto. «San Genna’ si’ ’nu chiavico, San Gennà si’ ’nu santo malamente». A quelle donne che si considerano discendenti del santo — le «parenti» — è consentito provocarlo; e mi ricordo che appena il sangue iniziò a sciogliersi, le stesse che sino a un momento prima l’avevano insultato, iniziarono a pregare e fe- steggiare e ringraziare. Per capire il rapporto tra San Gennaro e Napoli bisogna come la- sciarsi andare, non farsi troppo condizionare da categorie scientifi- che o antropologiche e auscultare il battito di questa strana magia culturale. Il miracolo rimane il trionfo del mistero, dell’eccezionale. Perciò è difficile circoscrivere con qualsiasi spiegazione razionale co- sa sia il culto di San Gennaro. (segue nelle pagine successive) con un articolo di MARINO NIOLA ROBERTO SAVIANO «F accia gialluta! Ma che stai arrabbiato? Nun fa o’ fess’ San Genna’, ti vott’ a copp’ a bascie». Quel che mi aveva sconvolto la prima volta che fui portato — un 19 settembre — ad assistere allo scioglimento del sangue furono gli insulti. De- cine e decine di donne imprecavano contro il santo per provocarlo e spingerlo a fare il suo dovere. Mi sembravano tutte vecchissime, ma le loro voci flebili durante la preghiera, diven- tavano improvvisamente acute se il sangue non si scioglieva e il ve- scovo girava e rigirava inutilmente l’ampolla. È così, sempre. Più il mi- racolo ritarda, più la tensione nel Duomo di Napoli cresce, più il co- ro di lamenti e imprecazioni si fa disordinato, assordante, sboccato. Ero un bambino e mai avrei creduto si potessero pronunciare tan- ti insulti in una chiesa. Ma il miracolo non arrivava e tra la folla già si iniziavano ad elencare le sciagure che Napoli aveva subito negli anni cultura La guerra giusta del soldato Švejk PAOLO MAURI spettacoli Bossa nuova, la versione di Toquinho GINO CASTALDO e ALFREDO D’AGNESE santo del il © RIPRODUZIONE RISERVATA Le grida, gli insulti, la festa Il racconto del “miracolo” che ogni 19 settembre scuote il ventre di Napoli FOTO CONTROLUCE Repubblica Nazionale

Sangue di San Gennaro

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Numero monografico di "Diario di Repubblica", 2010

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  • DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010 / Numero 293

    DomenicaLadi Repubblica

    Sangue

    le tendenze

    Gaga style, lady del momentoDOMENICO DOLCE, STEFANO GABBANA e SERENA TIBALDI

    lincontro

    Filippo Timi, imperfezioni perfetteIRENE MARIA SCALISE

    lattualit

    Presidenti nel pallone e capitani ribelliMAURIZIO CROSETTI e GIANNI MURA

    in cui non si era compiuto. Come nel 1973, quando fu colpita da une-pidemia di colera e come nel 1980, quando la citt e lintera regionefurono devastate dal terremoto. San Genna si nu chiavico, SanGenn si nu santo malamente. A quelle donne che si consideranodiscendenti del santo le parenti consentito provocarlo; e miricordo che appena il sangue inizi a sciogliersi, le stesse che sino aun momento prima lavevano insultato, iniziarono a pregare e fe-steggiare e ringraziare.

    Per capire il rapporto tra San Gennaro e Napoli bisogna come la-sciarsi andare, non farsi troppo condizionare da categorie scientifi-che o antropologiche e auscultare il battito di questa strana magiaculturale. Il miracolo rimane il trionfo del mistero, delleccezionale.Perci difficile circoscrivere con qualsiasi spiegazione razionale co-sa sia il culto di San Gennaro.

    (segue nelle pagine successive)con un articolo di MARINO NIOLA

    ROBERTO SAVIANO

    Faccia gialluta! Ma che stai arrabbiato? Nun fao fess San Genna, ti vott a copp a bascie. Quelche mi aveva sconvolto la prima volta che fuiportato un 19 settembre ad assistere alloscioglimento del sangue furono gli insulti. De-cine e decine di donne imprecavano contro il

    santo per provocarlo e spingerlo a fare il suo dovere. Mi sembravanotutte vecchissime, ma le loro voci flebili durante la preghiera, diven-tavano improvvisamente acute se il sangue non si scioglieva e il ve-scovo girava e rigirava inutilmente lampolla. cos, sempre. Pi il mi-racolo ritarda, pi la tensione nel Duomo di Napoli cresce, pi il co-ro di lamenti e imprecazioni si fa disordinato, assordante, sboccato.

    Ero un bambino e mai avrei creduto si potessero pronunciare tan-ti insulti in una chiesa. Ma il miracolo non arrivava e tra la folla gi siiniziavano ad elencare le sciagure che Napoli aveva subito negli anni

    cultura

    La guerra giusta del soldato vejkPAOLO MAURI

    spettacoli

    Bossa nuova, la versione di ToquinhoGINO CASTALDO e ALFREDO DAGNESE

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    Le grida, gli insulti, la festaIl racconto del miracolo

    che ogni 19 settembrescuote il ventre di Napoli

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    (segue dalla copertina)

    Inapoletani vedono nel miracoloquellaccadimento unico cheper si ripete da secoli, ogni an-no, sempre uguale e sempre nel-lo stesso giorno, a significare lec-cezionale oltre le abitudini quo-

    tidiane. E questo accadimento squarciacon tutta la sua forza lopacit della vita.In una citt disperata, dove spesso la vo-lont e lindividuo vengono schiacciatidallimpossibilit allazione, il Santo lasperanza, la sciorta, la certezza che pri-ma o poi qualcuno interverr con unaforza superiore e qualcosa andr bene.Sulla relazione tra il miracolo mancato ele disgrazie esiste persino uno studioscientifico o quasi risalente al 1924.Il miracolo di S. Gennaro di GiovanniBattista Alfano e Antonio Amitrano ri-porta che negli anni in cui non si com-piuto, Napoli sarebbe stata colpita da 22epidemie, 11 rivoluzioni, 3 siccit, 1 in-vasione dei turchi, 13 morti di arcive-scovi, 3 persecuzioni religiose, 7 pioggedisastrose, 9 morti di pontefici, 11 eru-zioni del Vesuvio, 19 terremoti, 3 care-stie, 4 guerre. Per i non credenti, natu-

    ralmente, esiste una spiegazione razio-nale. La rivista Nature riporta i risultatiottenuti da unquipe di ricercatori cheha riprodotto in laboratorio la composi-zione del sangue del santo, utilizzandosolo materie reperibili nel Trecento: gu-sci duovo, sale da cucina e carbonato diferro. Lo scioglimento avviene agitandoil composto coagulato, per un fenome-no conosciuto col nome scientifico ditissotropia. Resta per il problema chein genere tale composto dopo qualcheanno scade. Lunica risposta potrebbevenire analizzando il liquido contenutonelle ampolle, ma la Chiesa non accon-sente al prelievo che potrebbe arrecaredanno al liquido.

    Proprio la Chiesa, per, per anni sta-ta dubbiosa sul miracolo. Durante ilConcilio Vaticano II, decise persino didepennare San Gennaro dal calendario.Ma si scontr con la comunit napole-tana pronta alle barricate se il suo santonon avesse riavuto il posto che gli spet-tava. Cos la Chiesa dovette tornare suisuoi passi, degradandolo in pochi losanno al rango di santo locale. Maquesto poco cambia per i napoletani.Norman Lewis in quel capolavoro che Napoli 44(Adelphi) scrive: Da quattor-dici secoli, a partire dal giorno del suo

    martirio a Pozzuoli, san Gennaro limitala sua attivit miracolosa a Napoli, e si convinti che non alzerebbe un dito persalvare il resto del mondo dalla distru-zione. San Gennaro, come scrivevaMatilde Serao, un amico del cielo enon ha quasi nulla dei santi cui la tradi-zione cristiana ci ha abituati. San Gen-naro colui a cui pu essere richiestodavvero qualsiasi cosa. Che un furto va-da a buon fine, o che la pastiera vengabuona. Gli viene chiesto di guarire o diavere un figlio (anche se per ottenerequesto miracolo i napoletani si rivolgo-no spesso anche a Santa Maria France-sca), di fermare la lava, di pulire le stra-de dalla peste e dal colera ma anche diindovinare i numeri al lotto. Invocarlonon una risorsa estrema cui si ricorresolo per le questioni pi importanti,perch San Gennaro accoglie tutto esente tutti. E soprattutto non giudica.Sta a sentire e provvede. Non impone aisuoi devoti una rigida osservanza prati-ca. un santo capriccioso che proteggela citt e i suoi abitanti, non in quantobuoni cristiani o fedeli meritevoli ma inquanto napoletani e basta. E poi ce lhaa morte col resto della regione che lo hatradito, lo ha ucciso. San Gennaro erastato decapitato il 19 settembre del 305

    a Pozzuoli. Il racconto narra che subitodopo la decapitazione una devota di no-me Eusebia raccolse il sangue del marti-re e lo conserv in due ampolle. Le spo-glie di San Gennaro furono rubate daibeneventani nel 315, perch i sanniti loritenevano loro concittadino essendostato vescovo di Benevento, e solo nel1497 tornarono a Napoli. Il primo mira-colo del quale si ha notizia avvenne nel1389; nel 1631, quando le ampolle con lareliquia furono esposte mentre era incorso uneruzione del Vesuvio, la lava siarrest al Ponte dei Granili senza entra-re in citt. Norman Lewis, ufficiale bri-tannico di stanza nel sud Italia, descriveil comportamento degli abitanti di SanSebastiano, piccolo comune ai piedi delVesuvio, che per fermare la lava utilizza-vano leffigie del loro santo patrono. Madi riserva e ben nascosto sotto un len-zuolo perch San Sebastiano non sioffendesse conservavano anche unastatua di San Gennaro, lasso nella ma-nica che avrebbero sfoderato solo in ca-so di pericolo estremo perch chiederela grazia al santo fuori le mura di Napoli sempre un rischio, data la sua atavicaavversione per la provincia.

    Uno dei racconti pi belli sul santo ela citt lha scritto Matilde Serao nel pic-

    colo capolavoro San Gennaro nella leg-genda e nella vita(Palomar). Ricorda cheNapoli ha 50 patroni, visto che per unacitt cos grande e difficile ci voglionomolti santi. Un patrono per ogni tipo didisgrazie. Ma solo San Gennaro a rice-vere tutte le richieste, tutti i ringrazia-menti e tutti i doni. I doni che nobili, bor-ghesi e popolani hanno portato e conti-nuano a offrirgli hanno creato un tesorofamoso in tutto il mondo. nel tesoro diSan Gennaro che c quello che vieneconsiderato un artefatto dal valore ine-stimabile: la mitra, il copricapo vescovi-le creato da un orafo del Settecento con3700 rubini, smeraldi e diamanti inca-stonati, per la cui realizzazione furonoraccolti ventimila ducati fra il popolo, ilclero, gli artigiani, i nobili e il sovrano.Ma il pezzo pi pregiato la collana diSan Gennaro, probabilmente il gioiellopi prezioso al mondo. Una collana congrosse maglie in oro massiccio alla qua-le sono appese croci tempestate di zaffi-ri, diamanti e smeraldi donate da Carlodi Borbone, dai principi di Sassonia, daMaria Carolina dAustria, da GiuseppeBonaparte, da Vittorio Emanuele II diSavoia. Persino il fratello di Napoleonenon poteva fare a meno di rendereomaggio alla citt attraverso il dono al

    Il mio San GennaroROBERTO SAVIANO

    IL CARRO. I portantini del carro con la statua di San Gennaro LOSTENSIONE. Fedeli davanti alla sacra ampolla in Duomo

    I FEDELI. Lemozione di uno dei fedeli di fronte allo scioglimento del sangue LATTO. Un fedele posa la fronte sulla teca in segno di devozione

    Dopo secoli, anche oggi, come ogni 19 settembre,il patrono di Napoli chiamato a compiere il miracoloI fedeli in Duomo lo incitano: il sangue si scioglier?

    la copertina

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    suo santo. A Napoli anche le piante cheornano gli ingressi degli alberghi o deinegozi di lusso devono essere incatena-te e chiuse con lucchetti enormi per evi-tare furti, eppure il tesoro di San Genna-ro non mai stato toccato. Il furto del te-soro non and a segno nemmeno inOperazione San Gennaro divertentissi-mo film di Dino Risi, in cui il Dud (Ni-no Manfredi) avrebbe dovuto, in com-butta con una banda di americani e suindicazioni di Tot, rubare il tesoro.Dud, chiede il permesso al santo, pri-ma di accettare con gli americani di ru-bare il tesoro e scorge in un raggio di so-le che illumina la statua del santo, il suoassenso. Durante la guerra affidaronoloro al vaticano. La citt era continua-mente sotto bombardamento. Il 4 apri-le 1943 una bomba aveva colpito il Duo-mo. Finita la guerra, i napoletani chiese-ro di riavere il tesoro. Ma era impossibi-le trasportare un carico di preziosi dalvalore stimato allepoca in tre miliardi dilire, attraverso strade distrutte, infesta-te di malviventi, senza poter contare supoliziotti o carabinieri, perch non ce neerano abbastanza. Si offr Giuseppe Na-varra, piccolo camorrista ex palombarodal fisico massiccio, chiamato il re diPoggioreale, che si era arricchito traffi-

    cando prima a Marsiglia e poi a Napoli,dove girava con una Alfa 2880 apparte-nuta a Mussolini. Navarra part per Ro-ma accompagnato solo dal novantenneprincipe Stefano Colonna di Paliano, vi-cepresidente della Deputazione di SanGennaro. Al ritorno li blocc prima unapiena del Garigliano e poi due malin-tenzionati. Ma Navarra riusc nellim-presa e rifiut la ricompensa offertaglidal cardinale: Mi basta lonore di averreso un servizio a San Gennaro e a voi, ildenaro datelo ai poveri.

    La festa di San Gennaro quel miste-ro dentro cui c Napoli. Una terra che siliquefa e si ricoagula, che ha una consi-stenza indefinibile, mai certa, solida. Eche pure gronda di vita vera, contagiosa.Pi cade nellabisso senza regole, cru-dele, pi sembra in grado di rinnovarsi.San Gennaro c anche se non lo meriti.Non devi conquistarlo. Sei amato e for-se aiutato. Il mistero di San Gennaro tutto qui. In questa incredibile ambi-guit. Nella disperazione di una cittdalla vita cos dura, cos caotica, che de-ve rivolgersi ad un santo per immagina-re di trovare una regola.

    2010 Roberto Saviano/Agenzia Santachiara

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    LA PROCESSIONE. La statua di San Gennaro portata in processione per le strade di Napoli

    IL RITO. LArcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, mostra la teca con il sangue liquefatto

    Lautore di Gomorra ricorda il suo stupore di bambinoE racconta: In una citt disperata questa magia lunica

    speranza. Per capirla bisogna ascoltarne il battito

    Ethos e pathoscodici di una modernit liquida

    MARINO NIOLA

    Urbs sanguinum, la citt dei sangui. Cos veni-va chiamata Napoli nellEuropa del Seicentograzie al suo iperbolico catalogo di ampolle

    e fiale contenenti il sangue di santi e martiri di cuiSan Gennaro era il modello, tanto imitato quantoinimitabile. Erano pi di trecento le liquefazioniprodigiose. San Giovanni Battista, Santo Stefano,San Lorenzo, San Pantaleone, SantAndrea Avelli-no. Per finire in bellezza con Santa Patrizia, la metfemminile del cuore di Napoli, il cui sangue si scio-glie ancora oggi ogni settimana nella chiesa di SanGregorio Armeno. Una autentica lista di effetti spe-ciali. Che non si limitava al sangue. Se vero che il 14agosto, vigilia dellAssunta, alcune gocce del lattedella Madonna conservate nella chiesa di San Luigidei Minimi si scioglievano prodigiosamente.

    Alla base di queste credenze c un intreccio se-colare tra cristianesimo e paganesimo, tra il simbo-lismo della passione di Cristo e la potenza delle lin-fe vitali presente gi nelle antiche religioni mediter-ranee. Sta di fatto che il sangue, insieme alle lacrime, da sempre il grande codice dellethos e del pathospartenopei.

    Sono almeno quattro secoli che i migliori spiritidEuropa, da Berkeley a Montesquieu a Nietszche,si interrogano sullenigma del sangue che rivive.Charles de Brosses defin il miracolo un graziosissi-mo, quanto astuto, esperimento di chimica. Goethelo interpret come un esorcismo collettivo contro la

    morte. E a tuttoggi il fenomeno resta inspiegato.San Gennaro il vero Dio di Napoli, diceva Ales-

    sandro Dumas. Con unesagerazione che coglieper una profonda verit. Perch il santo patrono da sempre lidolo supremo del pantheon napoleta-no, un autentico Maradona della devozione. Ma anche uno straordinario logo identitario, un emble-ma civico a met fra religione e politica. Al punto chele ampolle con il sangue miracoloso sono tuttora af-fidate a una deputazione laica, nominata dal presi-dente della Repubblica e guidata dal sindaco.

    Proprio perch il santo rappresenta la citt inte-ra, la vox populiha sempre letto il miracolo come unavvertimento soprannaturale. Da interpretare allastregua di un antico oracolo. Se non si scioglie cat-tivo segno. Se si scioglie San Gennaro ha detto s. Fi-nendo per fare del santo uno spione di Dio, come di-cevano con un certo disprezzo gli illuministi parte-nopei. Spione forse una parola grossa, ma certa-mente il dio di Napoli un sismografo degli umoricollettivi. Il protagonista di un grande gioco socialeche unisce credenti e non.

    E adesso grazie allapplicazione i-sangennaro ilmiracolo ciascuno se lo fa sulli-phone. Muovendoil telefono il volume delle litanie aumenta, i cristallisi sciolgono e compare la scritta miracle. Cos la li-quefazione diventa liquida, proprio come la mo-dernit.

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  • assione e vanit, competenza e furore, denaro e tecnica, ragione e senti-mento. E numeri. il presidente del pallone. Non pi un ricco scemo, co-me nel lontano calcio dei nababbi, di certo non pi scemo e neanche pi tan-to ricco. C chi si rovinato, per quella poltrona imbottita (anche di chiodi)in tribuna centrale. E poi si capovolto un mondo. Giocatori che minaccia-no sciopero neanche fossero tornitori o assistenti di volo, sponsor che scap-pano (58 milioni di euro investiti per questo campionato, appena un annofa erano 75), tifosi che sarrabbiano (per la tessera che vorrebbe schedarli) eche non sabbonano pi (meno venti per cento complessivo), un mercatomeno obeso (200 milioni di euro di scambi, lanno scorso erano stati 464),un Everest di debiti (due miliardi di euro per la sola serie A), stadi decrepiti eniente legge per diventarne padroni (il provvedimento fermo alla Camerada due anni). Solo una risorsa sicura, finch dura, i diritti televisivi: 930 mi-lioni di euro per questo campionato, 965 per il prossimo. E dopo?

    Il presidente pu incarnarsi in svariate figure. Ci sono il magnate, il ty-coon, il petroliere, insomma i miliardari vecchio stile. I volti noti e le facce ar-rivate ieri. Ne abbiamo scelti due: unicona, Maurizio Zamparini, Palermo,e una novit, Igor Campedelli, Cesena. Due modi, e due mondi.

    Passa per un cannibale di allenatori, per un Hannibal Lecter dello spo-gliatoio, perch in carriera ne ha spolpati 28, per Maurizio Zamparini molto di pi e molto meglio. Sessantanove anni, cinque figli, 3.500 dipen-denti, costruttore di ipermercati, presidente prima di Pordenone e Venezia,ora del Palermo (dal 2002: 12 allenatori in 8 anni), e stava per comprarsi il Ge-noa. Friulano di Sevegliano, 1269 anime in provincia di Udine, uffici a Ver-giate, Varese, dove Zamparini va una volta a settimana col jet privato. Co-manda come un faraone, lo dicono sensibile e magnetico, facile alla com-bustione e sensitivo. Vede prima, e pi in l degli altri. Prende giocatori qua-si sconosciuti e li rivende campioni: Toni, Cavani, Barzagli, Zaccardo, Kjaer,Amauri. Il prossimo sar El Flaco, al secolo Javier Pastore, 21 anni. E poi ilnuovo stadio trasparente allo Zen, e lo Zampacenter, il centro commer-ciale che sorger a Fondo Raffo, Palermo, con quel nome da Ufo Robot.

    Maurizio Zamparini, chi il presidente di calcio?Un personaggio che si trovato preso in mezzo, per gli piace da matti.

    ambizioso, ama apparire. Un godimento che si paga carissimo, perchquesto mestiere costa soldi e se non stai attento ti manda sul lastrico: bastauna retrocessione. Io ho messo sul tavolo 90 milioni di euro per prendere ilPalermo e, dopo, neanche un centesimo, perch ci autofinanziamo. Il no-stro bilancio 2009 stato definito il migliore della serie A. I grandi club han-no i soldi, ma a volte i ricchi sono flaccidi, non possiedono arguzia e fanta-sia. Io, modestamente, s. Mi ritengo tra i pochi che capiscono davvero di cal-cio: come me Cellino, Pozzo, Luca Campedelli e mica tanti altri. I giocatori liscelgo dopo averli visti in cassetta. Quando mi hanno mostrato Pastore, hoordinato: salite sul primo aereo, e se tornate senza di lui vi licenzio. La svol-ta per il calcio in crisi saranno gli stadi di propriet, se il Parlamento si deci-

    de a varare una legge che conviene a tutti. Non voglio poliziotti in curva e gab-bie per tifosi, non sono rottweiler ma persone, e se i miei ultr fanno dannine risponder io. Il meridione la parte migliore dItalia, qui investir sem-pre di pi. Lo sciopero dei giocatori? Devono vergognarsi dei loro stipendi,e la colpa anche nostra: troppo potere ad atleti e procuratori. folle consi-derarli lavoratori dipendenti, sono autonomi a tutti gli effetti. Io folcloristi-co? Scemenze, non mi infurio mai. Vedo le cose, capisco di calcio e decido.

    Igor Campedelli ha 36 anni, tre figli, ed presidente del Cesena dal 2007.Ha appena battuto il Milan sborsando 8,3 milioni di stipendi per tutta la suasquadra, meno della paga annuale di Ibrahimovic. Imprenditore immobi-liare (Medio, niente di pi) ed ex calciatore, ha scelto giocatori di 17 na-zionalit diverse (Metto il becco e so farlo, sono cresciuto a pane e pallo-ne). Chi guadagna di pi, prende 350 mila euro lordi allanno (Jimenez),mentre la media della serie A 900 mila. Nomi come Schelotto e Giaccheri-ni sono gi futuro. Igor Campedelli (non parente di Luca, presidente delChievo miracoloso) ha inventato il calciatore a cottimo (incassi se vinci), haappena risistemato lo stadio Manuzzi (23.900 posti) e gli abbonati conti-nuano a salire, come se Cesena non fosse in Italia.

    Igor Campedelli, chi il presidente di calcio?Una persona con un progetto sportivo chiaro e con un imperativo asso-

    luto: far tornare i conti. un capo dazienda: qui lavorano cento persone, piundici in campo. Quando sento dire che il calcio un giocattolo, vado in be-stia. Sono partito da Savignano sul Rubicone, mi occupavo del settore gio-vanile della Savignanese. Mio fratello Nicola giocava nel Cesena, si ruppe unpiede e chiuse la carriera in tre minuti, perch il calcio sa essere crudele, ol-tre che magnifico. Qui i giocatori hanno capito che la base dello stipendionon devessere alta, per la cifra cresce con i risultati: il rischio dimpresa selo accollano anche loro. Siccome a Cesena si vive bene, c chi ha deciso diguadagnare un po meno. Ho preso la societ mentre stava retrocedendonella vecchia C, e con tanta fatica labbiamo rianimata e portata fin qui. Oraalziamo lasticella. Un presidente deve anche saper dire no, altrimenti si ro-vina. Massimo rispetto per grandi club e fuoriclasse, per un altro modellodi calcio possibile. Gli stadi di propriet ci renderebbero meno schiavi del-le tiv. Lo sciopero? I privilegi restano troppi. Il nostro mondo sta cambian-do, esistono giovani procuratori preparatissimi, appena usciti dalluniver-sit, non solo i maneggioni vecchio stile. Anche tra i presidenti c movi-mento, e aria di cose nuove. Le mie parole chiave? Tre. Flessibilit, passionee lavoro. Lavorare mi piace tanto.

    36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    lattualitAutunni caldi

    C il magnate, c il tycoon e c il petroliere. Ci sono i volti notie quelli appena arrivati. C chi lo fa per passione e chi per vanit,chi ci mette il denaro e chi la tecnica. Ma tipologie a parte,che cosa vuol dire far funzionare una societ calcistica?Allombra dello sciopero minacciato dai loro ragazzi, lo abbiamo chiesto a due patron molto diversi:Maurizio Zamparini (Palermo) e Igor Campedelli (Cesena)

    Presidenteun mestierenel pallone

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    MAURIZIO CROSETTI

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    HERMANN BAUERGenoa (1898)Il primo scudetto

    RENATO DALLARABologna (1934-64)Quattro scudetti

    FERRUCCIO NOVOIl Grande Torino(1939-1953)

    Repubblica Nazionale

  • LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    Anche i calciatori hanno fatto il SessantottoGIANNI MURA

    Quel 3 luglio 68 nel suo studio di via Fontana 22, a Mila-no, il notaio Barassi fa lappello: Bulgarelli Giacomo(Bologna), Castano Ernesto (Juventus), Corelli Gianni

    (Mantova), De Sisti Giancarlo (Fiorentina), Losi Giacomo (Ro-ma), Mazzola Alessandro (Inter), Mupo Carlo (Reggina), Rive-ra Gianni (Milan), Sereni Giorgio (Padova), pi lex calciatore(Lanerossi Vicenza, Bologna) Sergio Campana. Assente giusti-ficato Eugenio Rizzolini (Parma). Sono 11, come una squadradi calcio, ed nata lAic, il sindacato dei calciatori, subito defi-nito Sindacato Miliardari (come in questi giorni, 42 anni dopo).

    Giacomino Losi, detto Core de Roma, aveva anticipato, inunintervista dellanno prima, problemi della categoria e iden-tikit del presidente: Bisogna assicurare un avvenire a tutti, sia-mo degli sbandati. I miei compagni di squadra appena accen-no al sindacato dicono bella roba e girano le spalle. Ci vor-rebbe uno come Campana, che sa di calcio e di leggi. Di cal-cio, da attaccante, ha avuto per allenatore Scopigno che gli da-va del lei e gli diceva: Domani stia sulla sinistra e faccia quelloche le pare. Ne aveva avuto un altro, Andreoli, che lo rimpro-verava vedendolo studiare sui testi universitari. Non va bene,cos fai soffrire la muscolatura. E quelli che stanno per ore agiocare a carte? ribatteva Campana. Loro no, non sono inte-ressate le stesse fasce.

    In breve la situazione questa: un sindacato non lo vuole lamaggior parte dei calciatori e nemmeno lo vuole il Palazzo, chedetiene tutti i poteri grazie al vincolo. Non accetti il trasferi-mento? Hai chiuso col calcio. Ogni calciatore solo a difende-re i suoi interessi, i procuratori ancora non esistono. Lunicasoluzione coinvolgere i grossi nomi, che si fanno coinvolge-re volentieri. nel ritiro della Nazionale che i capitani (quasitutti centrocampisti di gran talento) discutono, si parlano, but-tano gi bozze. Lultima riunione, quasi tra carbonari, primadi andare dal notaio a Milano, a Bologna, il 17 maggio.

    Il calcio italiano messo cos: due anni dopo la fatal Coreavince lunico Europeo della sua storia e tra due anni arriver in

    finale in Messico, dopo lesaltante 4-3 alla Germania. Il 68,chiedo a Campana, una data casuale? Forse s ma per me no.Cerano fermenti nel nostro mondo, si cominciava a parlare didiritti, di libert. Non molti sanno che c un precedente e ri-sale al 1945. Lidea di Felice Borel II detto Farfallino, di Anni-bale Frossi detto il Dottor sottile e di Bruno Camolese, che gio-ca in A nel Vicenza, laureato in Legge (come Frossi) e ha lo stu-dio a Bassano del Grappa, dov nato Campana. Nel 50 questoabbozzo di sindacato si spegne lentamente, non essendo rico-nosciuto n dai calciatori n dal Palazzo. Ma tra Camolese eCampana si stabilir un forte rapporto di stima e amicizia, e ilsindacato nato nel 68 avr pi successo.

    La prima battaglia vinta quella contro la grande nemicadella categoria, la clausola del 40%. In breve: al calciatore chenon gioca almeno 20 partite su 30 in serie A e 24 su 38 in serie Bviene automaticamente tagliato il 40% dello stipendio. Nonimportano i motivi, sia infortunio o cattiva forma o insubordi-nazione. Curiosamente, molti si fermano, anche se in perfettasalute, a 19 partite in A e 23 in B, perch allenatori conniventicoi presidenti fanno loro risparmiare un bel mucchio di soldi.Nella primavera del 69, lAic ha chiesto da tempo la cancella-zione retroattiva della clausola, la Lega ci sta ma a partire dallastagione successiva. I campioni si espongono in prima perso-na. Mazzola: importante abolirla perch tutti si rendanoconto che non siamo pi a ventanni fa. Rivera: Abbiamo at-teso sette mesi, adesso siamo stanchi. E qui esce per la primavolta la parola sciopero, per l11 maggio, penultima giornata diA. Il 10 maggio la Lega cede e accetta la cancellazione retroat-tiva. E poi cadr il vincolo e ci saranno tante altre vittorie.

    Oggi tutto pi difficile, i campioni ci mettono la faccia me-no volentieri, c meno solidariet per le categorie pi basse edesposte e la fantasia non andata al potere nemmeno tra i ti-tolisti: Sindacato Miliardari. Che pure una bella canzone diPaolo Conte, ma non parla di calcio.

    LE PRIME RIUNIONINell aprile 1969 uno

    dei primissimi consiglidirettivi dellAic,

    in vista della commissioneparitetica della Lega CalcioDa sinistra in senso orario:

    il presidente Campana,Bulgarelli, Rivera, Sereni,

    De Sisti, Corelli, SandroMazzola e Mupo

    tanto hanno investitogli sponsornel campionato in corso:nello scorso i milionidi euro investiti furono 75

    58 milioni

    la montagna di debitiaccumulati nella solaserie A del campionatodalle varie societcalcistiche

    2 miliardi

    unica nota positiva,i diritti tv: 930 milionidi euro per questocampionato, 965previsti per il prossimo

    930 milioni

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    EFISIO CORRIASCagliari (1968-71)Uno scudetto

    DINO VIOLARoma (1979-91)Uno scudetto

    GIAMPIERO BONIPERTIJuventus (1971-90)Nove scudetti

    ANGELO MORATTIInter (1955-68)Tre scudetti

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    Repubblica Nazionale

  • E cos ci hanno ammazzato Ferdinando!. lincipitdel capolavoro antimilitarista di Jaroslav Haek, scrittotra gli anni della finis Austriae e il primo conflitto mondiale

    Affresco leggero delle miserie umane, condanna della carneficina natada un assurdo, satira delle ipocrisie tutte patria e imperatore. Censurato in Italiadal fascismo, ora torna in libreria con le illustrazioni della versione originale

    CULTURA*

    Il bravo soldato vejk, limmortale creazio-ne di Jaroslav Haek, attraversa due mo-menti estremamente significativi del No-vecento, la finis Austriae e la prima guerramondiale. Il tramonto di un impero, ormai,secondo gli anatemi del popolino, gover-

    nato da un monarca imbecille e scimmiesco, inca-pace persino di gestire i propri bisogni corporali ela carneficina frutto di un conflitto gigantesco eper molti versi assurdo. vejk viene a sapere del-lattentato di Sarajevo dalla sua governante signo-ra Mllerov, mentre intento a massaggiarsi le gi-nocchia. E cos ci hanno ammazzato Ferdinan-do! un incipit indimenticabile. Anche perchvejk ne approfitta subito per dire che lui, di Fer-dinandi, ne conosceva due, il primo che faceva ilgarzone di un droghiere e il secondo che racco-glieva la cacca dei cani. E quando laffittacamerechiarisce che si trattava dellarciduca, quello gras-so e religioso, vejk comincia a disquisire su tutto:la macchina, la pistola, gli attentati Nella vicen-da rester impigliato anche loste Palivec, figuracentrale nella narrativa haekiana: diceva merda eculo ogni due parole, ma qui, di fronte a un agentedi nome Bretschneider che fa di tutto per fargli am-mettere qualcosa di compromettente, si perde peraver detto che le mosche avevano riempito leffi-gie dellimperatore di cacatine e dunque lui avevamesso il ritratto in soffitta. Palivec si beccher do-dici anni di carcere, ma la cosa non sconvolge nlui n tutto sommato noi lettori: Haek ci abitua dasubito ad accettare a cuor leggero le tragedie del-lumanit e dei singoli. Non bisogna forse morireallegramente per limperatore e per la patria? quello che dir vejk a ogni pi sospinto: nessuno un militarista pi convinto di lui, nessuno , co-me lui, pronto a esaltare il fatto che una carnefici-na di soldati seppelliti alla belle meglio in un cam-

    po, invaso dal fetore della decomposizione, por-ter molti benefici ai futuri raccolti.

    La faccia di vejk e i suoi occhi celesti trasudanoinnocenza: nella lunga serie delle vicende che lovedono protagonista, spesso sullorlo della fucila-zione o dellimpiccagione per equivoci vari, moltevolte ristretto agli arresti, sbattuto in manicomio,sospettato dessere un simulatore o una spia rus-sa, vejk sar sempre lieto di servire lesercito e isuoi superiori e mai rinuncer alla formula di ritoin uso tra subalterni e ufficiali Faccio rispetto-samente notare.

    Quando noi incontriamo vejk, ormai da anniin congedo, ma pronto a correre in caserma, ve-niamo a sapere, lo abbiamo gi visto, che alloggiapresso una certa signora Mllerov e che per vive-re vende cani bastardi spacciandoli per cani di raz-za. Lo si fa bene, teorizzer a un certo punto, in-tontendo lacquirente con un mare di chiacchie-re. Le continue digressioni di vejk sono dunqueunarma e valgono altrettanti depistaggi renden-do il capolavoro di Haek una storia che contienein realt centinaia di microstorie. Sapremo subitoche vejk allesercito risulta essere un idiota no-torio.

    Haek lavor fin dal 1911 intorno a questo per-sonaggio a pi riprese, confezionando racconti efinalmente, nel 21, il grande romanzo che rimaseincompiuto (quasi mille pagine). Ora GiuseppeDierna lo ha magnificamente tradotto per Einau-di (I Millenni) dedicandogli anche un cospicuosaggio introduttivo che d conto della vicenda edi-toriale e del milieu culturale in cui lopera di Haek(che un coetaneo e un concittadino di Kafka) sicolloca. La precedente traduzione di Renato Pog-gioli risaliva agli anni Trenta, ma la pubblicazioneera stata ostacolata dal fascismo e avrebbe visto laluce solo dopo la guerra, integrata poi da BrunoMeriggi. Come il suo personaggio, Haek stava escriveva volentieri allosteria (tutta la guerra nei di-

    scorsi tra vejk e un suo commilitone sembra es-sere una parentesi tra due birre: per questo i due sidanno appuntamento a guerra finita Al calice,tra le sei e le sei e mezza).

    Di vena facile, Haek scriveva esattamentequello che serviva alla puntata (Le avventureusci-rono a fascicoli) e avrebbe potuto continuare al-linfinito, a costo di essere persino un po ripetiti-vo. I bersagli di Haek sono da subito chiari: lagrande impalcatura dellimpero multilingue gliappare ormai come una costruzione retorica, le-sercito e la guerra non sono da meno. Che sensoha mandare al fronte un supplente di matemati-ca nella speranza che ammazzi un altro supplen-te di matematica, schierato con il nemico? E chesenso ha per un cappellano militare benedire letruppe che vanno al massacro invocando la pro-tezione di Dio, mentre in campo nemico avvienela stessa identica cosa? Disgustato, Haek ha crea-to cappellani militari particolarmente lontanidalla religione e dediti anzi alla crapula pi sfre-nata. Di uno, il Feldkurat Otto Katz, sempre ubria-co e in bolletta, vejk diventa attendente. Un so-lerte attendente che procura un catechismo al suosuperiore perch ripassi almeno la procedura del-lestrema unzione. Ma Katz (che tiene sul como-dino una copia del Decameron) perder vejk acarte e dunque il bravo soldato passer alle di-pendenze del tenente Luk, un militare di carrie-ra amante del bel vivere e delle belle signore, spe-cie se sposate. vejk sar la sua dannazione, matalvolta anche il suo conforto.

    impossibile dire in breve quel che accade avejk, in perenne movimento (spesso in direzionecontraria a quella che la logica vorrebbe) per rag-giungere il fronte. Non ci arriver. Il suo destino la routine militare. Tra gli altri protagonisti eccel-le un volontario con ferma annuale che, incarica-to di scrivere la storia del battaglione, la annota al-legramente in anticipo, descrivendo il modo in cui

    38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    La guerra giusta solo in osteria

    PAOLO MAURI

    IL SOLDATOIl volto sorridente, gli occhi celesti che trasudano

    innocenza: vejk semprelieto di servire lesercito e i suoi superiori

    LA GOVERNANTELa Mllerov la governante della casa

    in cui alloggia il personaggio creato da HaekDa lei vejk ha notizia dellattentato di Sarajevo

    Repubblica Nazionale

  • creperanno i suoi commilitoni carichi di gloria.C poi un soldato gigante perennemente affama-to che ruba il cibo dappertutto e un sottotenenteincazzoso che a tutti recita la formula Lei non miconosce, intendendo dire che presto riveler ilsuo lato cattivo facendo piangere il soldato in que-stione.

    Nella biblioteca ideale di Haek abbiamo gi no-tato la presenza di Boccaccio. Viene citato ancheRabelais per via della fame pantagruelica di un al-tro Feldkurat e il don Chisciotte. Riferimenti per-fetti: in fondo anche vejk un cavaliere avventu-roso le cui peripezie sono quasi sempre fondate suun equivoco (non credo che Haek conoscesse ilBertoldo di Giulio Cesare Croce, ma per qualchevia un po della sagacia di quel villano astuto giunta fino a vejk).

    Haek, morto giovane e dimprovviso, non riu-sc a finire il suo capolavoro ed trascurabile chequalche altro si sia incaricato di concludere quel-le avventure. In realt vejk infinito, come videBrecht che lo riesum per la Seconda guerra mon-diale. un personaggio che vive anche al di l dellibro e persino si trova nei negozi per turisti di Pra-ga sotto forma di burattino in divisa. Un po comePinocchio. Chi ha la fortuna di non averlo mai let-to se lo gusti con calma: una compagnia piace-volissima e allarmante, lo specchio di un mondograndioso e grottesco da cui, volere o no, discen-diamo tutti noi.

    LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

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    IL LIBRO

    Le vicende del bravo soldato vejk durantela guerra mondiale, ovvero le tragicomicheavventure di un antieroe catapultatosenza alcuna convinzione al fronte, il romanzo pi celebre della letteratura ceca Uscir per Einaudi marted 21 settembre (Collana I Millenni, 1002 pagine, 85 euro)Le illustrazioni sono quelle originali di Josef Lada

    Un monarca imbecillee scimmiesco, cappellaniche non sanno il catechismo,ufficiali sempre ubriachi...

    I DISEGNIIn queste pagine, le vignette originali realizzate dal pittore cecoJosef Lada per illustrare, in modo ironico e divertente, il capolavorodellamico Haek. In particolare, i disegni si riferiscono al primocapitolo delle Vicende del bravo soldato vejk

    LOSTEFigura centrale nella narrativa haekiana,Palivec noto per essere molto sboccato

    Il vizio gli coster ben dodici anni di carcere

    IL POLIZIOTTOCliente dellosteria Al calice lagente di polizia

    Bretschneider cerca di attaccare discorsocon loste per carpirgli informazioni

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    Repubblica Nazionale

  • In mezzo secolo ha alternatomomenti bui a grandi ritorniOggi viene riscoperta

    grazie alla Rete. A trentanni dalla scomparsa di Vinicius de Moraesil suo compagno di avventura Toquinho racconta la seconda vitadi un genere al di sopra delle mode: Vi assicuro, compreso il rock

    SPETTACOLI

    40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    RAVELLO

    Il futuro della Bossa? Joao Gilber-to. Antonio Pecci Filho, meglio co-nosciuto come Toquinho, ride for-te nella hall di uno storico palazzo astrapiombo sulla costiera amalfitana. Leffetto car-tolina di notte assicurato e a stemperare lariaamarcord pensa il sessantaquattrenne musicistadi San Paolo con nonni italiani e un impressionan-te cursus honorum nella musica brasiliana con-temporanea. Toquinho ha da poche settimaneconcluso i concerti italiani di Ricordando Vini-cius, il tour che ha celebrato il trentennale dellascomparsa del poeta modernista di Rio, morto il 9luglio 1980, di cui stato il pi stretto collaborato-re per lungo tempo.

    Nel suo vocabolario assente la parola nostalgia.Larte del ricordo lo porta a sorridere, a evocaregioia: Trentanni senza Vinicius sono unassenzaper me, per il Brasile, per il mondo. In vita statomolte persone e sembrava avere il dono dellubi-quit. Abbiamo vissuto molto insieme. Mi mancacome amico e compagno di avventura, ma preferi-sco pensare che sia in viaggio, magari a Parigi. Vi-nicius era luomo che arrivava sempre, mentre glialtri partivano. Era un poeta eclettico, in grado discrivere per i bambini e per i giorni di festa, raccon-tando la gioia e la sofferenza. Diceva sempre che i

    poeti amavano attraverso i muri. E lui ha cercatolamore eterno, perfetto, la passione con tutte leforze. Ha sposato otto donne credendo sempreogni volta di avere scelto quella della sua vita. Lhovisto piangere pi volte per amore, lui, lunico let-terato in grado di scrivere poesie gi adattate me-tricamente per la musica. Un talento unico e irri-petibile.

    Antonio Jobim, Joao Gilberto, Vinicius De Mo-raes sono stati la santissima trinit della Bossa No-va alla fine degli anni Cinquanta. Lunico supersti-te di quella formidabile squadra di lavoro proprioGilberto, additato da Toquinho come la speranzadel domani, una provocazione come quella diAndy Warhol quando defin i Pink Floyd il futurodel rock. Dico questo perch non ha tempo di-ce, sforzandosi di rimanere serio stato lui a spo-stare i confini del vecchio samba. Vinicius, Jobim,Baden Powell, Carlos Lyra hanno capito e lo hannoseguito. un artista maniacale. Pu allenarsi ancheper sei mesi per eseguire una sola canzone. Vive perraggiungere la perfezione. Io sono stato fortunatoa essere l, unico rappresentante della mia genera-zione a essere ammesso in quella universit dellamusica. Sono stato lanello di congiunzione tra ilpassato e il presente.

    Un anello tanto solido da aver deciso di tentareun salto mortale, quello di incidere un album (chevedr la luce nei prossimi mesi da noi) con il rockercarioca Paulo Ricardo intitolato Viva Vinicius, tre-

    ALFREDO DAGNESE

    La ragazza di Ipanemadimentica la saudade

    LE IMMAGINIIn alto a destra,Toquinhocon la sua chitarraIn queste pagine,copertine di dischistorici di bossa nova

    Repubblica Nazionale

  • Rio de Janeiro 1960il cuore del mondo

    GINO CASTALDO

    Chi non ha fatto per una volta il gioco: quan-do e dove avresti voluto essere una voltanella vita? Le risposte possibili sono tante,

    ovviamente, anche solo limitandosi al secolopassato: la Parigi del 1925? La San Francisco del1967? Uno di questi imperdibili luoghi dello spa-zio-tempo sicuramente Rio de Janeiro, tra il1958 e il 1960. In quei mesi un gruppo di illumi-nati, avvolti in una bohme leggiadra e sensuale,decisero di inventare una nuova musica, la BossaNova per lappunto, che distillava gli africaniritmi del samba in un delicato uptempo capace distregare chiunque lascoltasse.

    La sacra trinit di questo nuovo verbo, influen-te e dilagante come un vangelo scritto con appa-rente understatement, era formata da tre purissi-mi geni: Tom Jobim, il musicista, compositore,creatore di melodie che ancora oggi produconoscintille di piacere, Joao Gilberto, linterpreteinarrivabile, maestro zen di invisibili perfezioni,capace di scuotere le fondamenta della musicacon semplici microvariazioni di ritmo, e infine Vi-nicius De Moraes, il grande poeta che rifiut glionori dellaccademia per raccontare la vita, quel-la vera, e adattarla su queste nuove miracolosemelodie. Non cerano solo loro ovviamente, male grandi folgorazioni arrivarono da loro tre, mae-stri di vita, eretici saggi e impudenti, amici e cul-tori dellamicizia, strambi e imprevedibili eroi dimagnifiche notti in cui ci scambiava idee, amori,malinconie, paesaggi e storie, in una Rio de Ja-neiro gonfia di protettivi locali in cui perdere in-tere nottate a bere e cantare, e di strade intasate diritmi primitivi e lussureggianti.

    A colpi di pezzi come Chega de Saudade, Garo-ta de Ipanema, Desafinado, Samba de una notaso, il gruppo degli illuminati lanci un amo am-maliante al mondo il cui riverbero, si pu dire,non mai finito. I night club di tutto il pianeta,Dolce Vita compresa, ne fecero una semplifica-zione per cuori teneri e appartati, in compenso iljazz prese la pi colossale infatuazione mai avu-ta in tutta la sua storia per qualcosa che arrivavada fuori dallAmerica, al punto che Joao Gilbertofu letteralmente rapito dai jazzisti di stile califor-niano per dischi memorabili, e poi, somma di-chiarazione di resa, alcuni pezzi, in particolarequelli scritti dalla coppia Jobim e De Moraes, co-me Agua de beber e Garota de Ipanema, sono en-trati nel repertorio standard dei pi prestigiosivocalist, vedi Sinatra ed Ella Fitzgerald.

    Ma infine cosera la Bossa Nova? A definirla cihanno provato in tanti. Diciamo pure una legge-ra increspatura poetica, una sfida al senso di gra-vit, un ritmo che sembra non ripetersi mai esat-tamente allo stesso modo, un canto che fatto disussurrati e progressivi slittamenti in avanti. Maforse limmagine pi emozionante ce lha offertauno degli eredi di quella prima rivoluzionaria ge-nerazione, ovvero Caetano Veloso, raccontandodella sua adolescenza a Santo Amaro, nella pro-vincia di Bahia. Un giorno, ha detto, ascolt allaradio Joao Gilberto che cantava Desafinado. Ri-mase senza fiato. Non aveva mai sentito niente disimile, un alieno gentile che sembrava figlio as-soluto della tradizione brasiliana ma allo stessotempo nuovo, inedito, ancora non del tutto com-prensibile tanto era moderno, ma sicuramentesuperiore. Era la voce da un altro mondo che glidiceva quello che avrebbe dovuto fare da grande:scrivere canzoni, cantare, interpretare il mondocon una visione di ritmi e melodie. Anni dopo,proprio su Joao, ha scritto un verso che sembradefinitivo: Pi di tutti c Joao, e pi di Joao c so-lo il silenzio.

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    LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    dici tracce tra cui linedita Romeo e Julieta, una bal-lata rimasta nei cassetti per decenni e ritrovata allavigilia delle registrazioni. Ho dovuto sudare perconvincere i suoi eredi a darci lautorizzazione. Ab-biamo utilizzato rock ed elettronica per dare nuo-vi arrangiamenti a vecchi brani. So che mi crocifig-geranno quando arriver nei negozi, ma sono sicu-ro che Vinicius oggi amerebbe essere consideratoun pop artist. Questo disco gli piacerebbe. Non lunico progetto in corso. Nel 2011 dovrebbe arri-vare nei negozi anche Opera de arte, disco realizza-to a quattro mani con lo scrittore Antonio Skrme-ta, una collaborazione spericolata in italiano, spa-gnolo e portoghese che in qualche modo continualo sposalizio tra musica e letteratura che per anniToquinho ha sperimentato con de Moraes. Misento un irresponsabile, ma lunico modo di an-dare avanti. C un rispetto che castra larte, men-tre io voglio essere allegro e tranquillo. Come dice-va il calciatore Socrates, non bisogna avere lango-scia del gol. Altrimenti fallisci. Portare in scena OPoetinha una sfida che puoi vincere solo appel-landoti al senso della leggerezza.

    A cinquantanni dalla sua nascita la Bossa an-cora una cosa viva. Tra qualche giorno arriver neinegozi Esttica di Marcos Valle, uno dei campionidi questo genere che per loccasione unisce melo-die, fiati, archi e sintetizzatori. Altro ritorno impor-tante quello di Gilberto Gil con F Na Festa, ulti-mo arrivato di una produzione di cinquantadue al-bum con cui il padre fondatore del tropicalismo haconquistato sette Grammy e svariati dischi doro edi platino. Ma per Toquinho la Bossa sta diventan-do eterna, una febbre che in tutto il mondo e cheha avuto landamento di una ola. Ha alternato mo-menti bui a grandi ritorni. Oggi i giovani lhanno ri-scoperta grazie a Internet, cos cominciata unanuova rilettura. La Bossa inarrestabile, sta viven-do una nuova stagione al di sopra delle mode. nel-la chitarra di ognuno di noi, anche di chi apparen-temente fa altro. nelle corde di Caetano Veloso edi Chico Buarque, nelle voci di Bebel Gilberto, Ro-sa Passos e Marisa Monte, nelle percussioni di Car-linhos Brown, nelle note dei sambisti. Non possia-mo pi liberarci della Bossa Nova. E il futuro? To-quinho scuote la testa, si passa la mano tra i capel-li ingrigiti dagli anni. Difficile parlare oggi del do-mani. Lindustria e il mercato sono sempre pichiusi, la tv non trasmette musica perch non fa au-dience, lhome recording inflaziona la produzione.Si fanno troppi dischi e molti sono di scarsa qualit.Ma sono certo che pi passer il tempo pi la Bos-sa si consolider. un sentimento perpetuo neltempo. un giorno di sole sulla spiaggia di Rio, unmassaggio allanima. Il rock, a confronto, invec-chiato peggio. Woodstock e Janis Joplin hannounimmagine quasi antica. La ragazza di Ipanemaha una freschezza che oggi non riconosco pi in Sa-tisfaction. Il futuro sono il rigore e lo studio, il pro-fessionismo maniacale. Vede? Stiamo diventandoun po tutti Joao Gilberto.

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    Repubblica Nazionale

  • 42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    i saporiForti

    LOktoberfest lo celebrain questi giorni a Monacocon le migliori birreMa a battezzare il paninopi conosciuto al mondosembra sia stato un venditoredi salsicce di New YorkIl suo consumo ovunquein costante ascesae di pari passo aumentail rischio di trasformarsiin tipico esempio di junk foodPerci addentatelo purema attenti alla qualit

    Non condanner nessuno per aver messo del ketchup sullhot dog. Siamouna terra di libert. nel diritto di chiunque mettere maionese, o scirop-po di cioccolata o peli di gatto. loro diritto essere dei barbari. Il premioPulitzer americano Mike Royko era serissimo, mentre con un celebre mo-nologo metteva i paletti alla preparazione del cane bollente in versionechicagoan. I concittadini del presidente Obama, infatti, si considerano i

    depositari della ricetta-madre, quella dei puristi dellhot dog: pane, wurstel e senape (mustard).In realt, pare che a battezzare il panino pi consumato del mondo sia stato un venditore di sal-

    sicce al New York Giants Stadium. Il suo slogan: Get your dachshund sausages while theyre hot,comprate le salsicce (dove dachshund identifica il bassotto tedesco, di cui ricordano la forma)mentre sono bollenti, si accorci rapidamente, grazie allinglese spiccio e sincopato degli ameri-cani. Una contrazione lessicale sancita qualche tempo dopo dalla matita del vignettista Tad Dor-gan, con il suo bassotto a mo di wurstel, stretto tra due fette di pane.

    Esattamente come per lhamburger, il cui nome deriva dalle linee navali amburghesi in colle-gamento con gli Stati Uniti su cui si mangiavano i dischi di carne arrostita, anche in questo caso il

    cibo di sussistenza importato dagliemigranti tedeschi stato rapida-mente assunto come proprio. Unatrasformazione che ha fatto di pa-ne & salsiccia un campione della-limentazione, orgoglio di uninte-ra nazione e come tale sottopostoai consueti tourbillon di marketinge iperproduzione.

    Cos, tra un campionato mon-diale di mangiatori il 5 luglio scorso, lannuale Nathans Famous International Hot Dog EatingContest, trasmesso in diretta tv, stato vinto da Joey Chestnut con 54 hot dog in 10 minuti e iconsumi in ascesa costante e vertiginosa 150 milioni di pezzi solo durante la festa americanadellIndipendence Day sullimpero degli hot dog non tramonta mai il sole.

    Peccato che la qualit media sia tristemente bassa: pani collosi, salsicce improbabili e salse dabruciore di stomaco avviliscono un cibo da strada goloso come pochi altri, trasformandolo inesempio perfetto di junk food. Basta cercare in Rete per verificare attraverso i video industriali (co-me quelli della serie How they are made) le modalit con le quali inquietanti mix di carni indi-stinguibili, pressate, sterilizzate, aromatizzate irrorate con i famigerati smoke flavours, il fumochimico pi volte finito sotto accusa per sospetta cancerogenicit, diventano gli insaccati desti-nati a farcire i lunghi panini caldi di chioschi e rosticcerie.

    Se invece lOktoberfest (fino al 3 ottobre) la vostra meta, risalendo lItalia fermatevi a Rovere-to ad ammirare lHot Dog disegnato da Roy Lichtenstein nel 1964 e ospitato al Mart, il museo diarte contemporanea di Rovereto. Arrivati a Monaco, un bellhot dog artigianale al Viktualien-markt, il glorioso mercato cittadino, vi riconcilier con la salsiccia bassotto. Crauti a piacere.

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    Quando il wurstelcade nel sandwich

    Pane al latteBurro e latte nellimpasto

    dei filoncini morbidissimi,

    spennellati di latte

    in superficie

    prima della cottura,

    da bucare sullapposito

    attrezzo o tagliati a met

    per accogliere

    il wurstel e le salse

    WurstelLa salsiccia di Francoforte,simile al corpo

    di un bassotto,

    fatta con carni bovine

    e suine macinate

    finissime, emulsionate

    con aromi e additivi,

    cotte a vapore

    e insaccate nel budello

    SenapeSemi di Brassica Alba (o juncea), macinati e addizionati con sale,

    zucchero, aceto

    e spezie per la salsa-base

    (mustard in inglese)Esiste in versione

    piccante o dolce

    (suesser senf)

    KetchupCipolla, sedano

    e aglio per il soffritto

    in cui cuocere polpa

    di pomodoro, alloro,

    timo, aceto e senape

    Chiodi di garofano,

    zucchero e cannella

    per regalarle una nota

    dolce e speziata

    Maionese a base di rosso duovo

    e olio (da quello di semi

    allextravergine) la regina

    delle salse fredde

    Limone e/o aceto

    per acidulare

    Al posto del tuorlo

    si pu usare

    la lecitina di soia

    LICIA GRANELLO

    Hotdog

    le calorie complessive

    di un hot dog

    247i visitatori dellOktoberfest

    a Monaco di Baviera

    6.000.000lanno in cui il panino viene

    battezzato cane bollente

    1867

    Repubblica Nazionale

  • LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    Hot FishAl Les Parasols di Numana, Ancona, MarcoPerissinotto prepara un wurstel a base di tonno e spezie. Tra due fette tostate di ciabatta,anche pomodori, lattuga e maionese al peperone

    MiniPier Christian Zanotto del ristorante Gambrinusdi San Polo in Piave in provincia di Treviso servecome stuzzichino una versione in miniatura,farcita con salmone selvaggio e aneto

    TartufoAl Serendipity 3 di New York, Joe Calderoneha ideato una versione extra-lusso: il pretzelviene farcitocon olio extravergine e burro al tartufo,foie gras danatra, mostarda di Digione e cipolle

    CalamariMoreno Cedroni Madonnina del Pescatore,Senigallia cambia il protagonista della ricetta,infilando nel panino una salsiccina di calamari con emulsione di totani e senape

    VegetarianoPietro Leeman Joia, Milano ridefinisce il concetto di wurstel con panino: al posto dellinsaccatodi carne mette gli asparagi. E poi pomodori, fagioli,pesto genovese e maionese al lampone

    Isaac AsimovAmo gli hamburger,gli hot doge tutta quella robama mia moglie non vuole

    LappuntamentoHa duecento anni la festa

    di birra & gastronomia nataper le nozze tra il principe Ludwig

    e Teresa di Sassonia. LOktoberfest,che vanta ormai cloni ed eventi affiliati

    in tutto il mondo, dallAustralia(Brisbane) agli Stati Uniti (La Crosse,

    Chicago), si svolge a Monacodi Baviera fino al 3 ottobre

    In Italia, negli stessi giorni, birrae hot dog a Genova e Rieti

    NEW YORKGRAYS PAPAYA402 Sixth AvenueTel. (001) 212-2603532

    CHICAGOHUEYS HOT-DOG1507 West Balmoral Av.

    PARIGILA MOSAIQUE 56 rue du Roi-de-Sicile(Marais)

    LONDRAROASTBorough Market

    STOCCARDAIMBISS ZUMBRUNNENWIRT Leonhardsplatz 25Tel. (0049) 711-245021

    BERLINOCURRY 36Mehringdamm 36Tel. (0049) 30-2517368

    BARCELLONATHE DOG IS HOT Joaquin Costa 47 Tel. (0034) 931-859517

    MILANOMARGY BURGERPiazza Santo Stefano 2Tel. 02-58303734

    BOLOGNAWOLF PUBVia Massarenti 118Tel. 051-342944

    FERRARABIRRERIAMAIN STREETViale Cavour 85Tel. 0532-205134

    PISTOIABAR BENIGNI Viale Adua 285Tel. 0573-400436

    FIRENZETEMPLE HOT DOGVia Palazzolo 104/r

    ROMABIRRERIA PERONIVia San Marcello 19 Tel. 06-6795310

    TORRE DEL GRECO (NA)BULL HOT DOGVia A. de Gasperi 90 Tel. 081-8814904

    Una grande festa per la Bavieraun rito primitivo per noi berlinesi

    PETER SCHNEIDER

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    LOktoberfest una festa pagana unica al mondo e si tiene nella cattolica Baviera del Papa, ma per quan-to mi riguarda la sento estranea. Io bevo vino, non birra, e bevitori di vino e di birra sono due razze in-compatibili. Tra gli amanti della birra mi sento uno straniero, un alieno. Non mi appartiene la loro ten-

    denza a gridare, a darsi vigorose pacche sulle spalle, n quellaspetto cupo delleuforia pesante dovuta alla bir-ra. Per questo io allOktoberfest non ci sono mai andato. Non mi attira. E mi stupisce che sempre pi italiani civadano. Guardandoli, ho a volte il sospetto che anche la cultura televisiva la propaganda di un primitivismoglobale li spinga l (ma ubriacarsi insieme di birra non mi sembra il miglior modo di fraternizzare tra due po-poli). Gli italiani arrivano numerosi, dal paradiso del vino al deserto della birra, vengono soprattutto in campere sfidano la rigorosa polizia bavarese parcheggiando in modo spregiudicato.

    Eppure, lattrazione per lOktoberfest resta. E resta anche il fatto che sia un evento unico che non sfocia maiin gravi episodi di violenza. un rito selvaggio in una terra profondamente cattolica, la Baviera in cui nacqueRatzinger. Ed ecco un altro particolare importante: i numerosissimi stranieri che accorrono a godersi lOkto-berfest sono convinti di assaggiare la vera Germania. Invece sono solo in Baviera, un luogo e una cultura profon-damente diversi da Berlino, o comunque dal resto del Paese. LOktoberfest e resta un antico rito prettamen-te bavarese, un momento di trasgressione e delirio barbarico. Poi, dopo la sbornia, vengono confessione, pen-timento e ritorno alla normalit quotidiana. Tradizione arciconservatrice, dunque, ma anche modernit estre-ma, perch in questa stessa terra le aziende sono efficientissime e Monaco funziona molto meglio di Berlino ed anche pi bella e pi pulita. Certo, una modernit diversissima, inconciliabile con quella berlinese. E infat-ti bavaresi e berlinesi non si sopportano. LOktoberfest espressione del saper vivere bavarese e una provoca-zione eterna per il Berlino prussiano. Non a caso i bavaresi corteggiano voglie secessioniste. E dicono Its ni-ce to be a preiss, its higher to be a bayer, bello essere un prussiano ma pi figo essere un bavarese.

    Calzoni di cuoio di cervo (500 euro), terribile musica popolare, fusti di birra in legno (il sindaco di MonacoChristian Ude deve gran parte della sua popolarit alla sua capacit di aprire il primo fusto con due colpi) sonotutti simboli ben diversi dal mito del mutamento permanente e dalle pratiche multiculturali di Berlino fin daquando i re prussiani sposarono lilluminismo. Ma a tutto questo va aggiunto che la Baviera dellOktoberfest anche economia global player allavanguardia, meno povert, meno disoccupazione, pi integrazione deglistranieri. Non a caso Monaco stata giudicata prima della classe nel mondo per qualit della vita.

    E allora cerchiamo di capirli, i cari bavaresi, anche in questi giorni di sbronza collettiva. Non potremo maiconciliarci con loro, ma apprezziamo almeno il loro modo di essere originari e autentici, antichi e moderni. Delresto difficile paragonare la loro festa ai riti pagani e alle follie xenofobe nellItalia di Bossi o nella Germania diBerlino, Bassa Sassonia e Brandeburgo. Gli stranieri a Monaco sono in percentuale tanti quanti a Berlino, mameno ghettizzati. Insomma, rispettiamolo il modello bavarese, anche se diverso dal nostro, rispettiamo lOk-toberfest e tutto il resto. E poi se i bavaresi, in Germania, sono i primi della classe in tante cose dallindustriaallalta tecnologia alle scuole ricordiamoci che primeggiare stressa. Ed giusto che chi primeggia si rilassicon la valvola di sfogo di questa grande ubriacatura pagana, di questa gigantesca orgia in terra cattolica.

    (testo raccolto da Andrea Tarquini)

    gli indirizzi

    Repubblica Nazionale

  • 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    le tendenzeTormentoni

    Ha sbaragliato gli ultimi Mtv Video Music Awards,si imposta in modo fulminante come icona pop,le griffe la adorano. Comunque la pensiate, il suo lookfatto di abbinamenti apparentemente impossibiliha riempito le strade. Benvenuti nel regnodella Lady pi famosa del mondo

    styleGaga

    Benvenutinel mondo di Lady Gaga: prendete po-sto, e godetevi lo spettacolo. Immaginare anchesolo un paio di anni fa cosa sarebbe diventata lacantante italo-americana sarebbe stata purafantascienza: nessuno aveva previsto che que-sto scricciolo, al secolo Stefani Germanotta, au-

    trice di canzoncine dance facili facili e dal look piuttosto im-probabile, sarebbe diventata una guru dellimmagine. E inve-ce, tra i primi video che sembrano fatti in casa e la ribalta in-ternazionale il salto stato paurosamente breve. Merito dellamusica riempipista, e del team che la segue dietro le quinte uno su tutti, litalo-nipponico Nicola Formichetti, il suo styli-st. Ma soprattutto merito suo, di Stefani: nessuno, negli ultimianni, ha costruito un personaggio di tale impatto come que-sta ragazza, ventiquattro anni dichiarati (e alcuni di pi so-spettati). Lei sempre Lady Gaga: quando si aggira per Londracon in mano una tazza da t, in aeroporto con gonna con stra-scico di Martin Margiela e zeppe da venti centimetri e pa-zienza se cade rovinosamente davanti ai fotografi vestita da

    dominatrice sadomaso in palestra, non esce mai dal perso-naggio. Lo persino quando si traveste da uomo, con lo pseu-donimo di Joe Calderone, per la cover di Vogue Giappone Uo-mo(per ledizione da donna si coperta di bistecche, mise ap-pena riproposta agli MTV Video Awards).

    Non ha paura delleccesso, del ridicolo, non si preoccupa diessere bella in senso convenzionale; fondamentale stupire,ed questo ad averla trasformata in pioniera della moda: co-me potevano gli stilisti non innamorarsi di lei? La girandola dicitazioni sulle passerelle cominciata circa tre stagioni fa, conun numero sospettosamente alto di gambe al vento, spalleenormi, giganteschi occhiali e cascate di strass. Poi sono arri-vati gli abiti creati appositamente per le sue esibizioni: Arma-ni lha ricoperta di spire luminose, Alexander McQueen lhatrasformata in alieno. Tutto per lei, musa ideale fedele solo ase stessa.

    Gli echi di unonda cos intensa non potevano non arrivareanche sulla strada, toccare la vita reale: ed ecco ancora il suogenio. Osservando molti suoi look, si coglie la loro scomponi-bilit, il poter essere presi a piccole dosi, scegliendo pezzi dainserire nel proprio guardaroba senza sconvolgerlo. Una scel-ta non casuale, che rafforza ancora di pi la sua presa sullo sti-le contemporaneo: se nel video di Bad Romance dello scorsoanno a fare epoca sono state le scarpe Armadillo di Mc-Queen, dai tacchi vertiginosi, altrettanto bene ci si ricorda deisuoi primi piani con un paio di occhiali Carrera. Alejandro, ul-timo video in ordine di tempo, un susseguirsi di coreografieda pseudo-Kamasutra, ma a risaltare, alla fine, la sua castabiancheria color carne. Accanto allo spettacolo puro, allini-mitabile, Lady Gaga ha innestato la realt, rendendo eviden-te quanto certi pezzi siano parte del suo mondo, che siano sta-ti o meno creati pensando a lei. I plateau pi alti, le t-shirt daicolori acidi, il pizzo dal sapore rtro, le silhouette pi definite:tutto questo ora suo.

    Lattrazione fataledegli opposti

    SERENA TIBALDI

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    Repubblica Nazionale

  • LA DOMENICA DI REPUBBLICA 45DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

    DOMENICO DOLCE e STEFANO GABBANA

    Nella nostra storia di stilisti ci sono quattro donne di famamondiale che ci stanno particolarmente a cuore e chehanno condiviso con noi il nostro successo. Sono Ma-

    donna, Naomi Campbell, Monica Bellucci e Scarlett Johans-son. Insieme a loro le celebrities che vestiamo sono tante e unposto speciale spetta anche a Lady Gaga. Pi di due anni fa, ve-nuta a presentare un suo show case nel nostro quartiere gene-rale della D&G indossando subito i nostri abiti, addirittura quel-li presi direttamente dalla collezione: erano perfetti su di lei.

    Non sappiamo se fa parte del nostro carattere, ma noi con lenostre dive storiche abbiamo un rapporto speciale, umano,fraterno, perch a differenza di quello che la gente pensa, perriuscire a vestire rockstar, top model e attrici non ci vuole soloprofessionalit ma anche stima reciproca, feeling e (perchno?) un pizzico di fortuna. su queste basi che un rapporto cre-sce negli anni e si consolida. Tanto che molto spesso basta uncolpo di telefono o una semplice e-mail per capire, ad esempio,come scegliere labito che in quel momento ha in testa Madon-na. Il primo incontro con lei risale al 1990. Ci siamo visti a NewYork in un ristorante italiano. Noi eravamo giovani e in totale fi-brillazione allidea stare a tu per tu con quella che per noi erarealmente laMadonna. arrivata vestita da uomo con il ba-schetto in testa. Ci siamo parlati e subito capiti e da allora c sempre stata una sintonia perfetta. Due giorni dopo quellin-contro abbiamo disegnato il primo dei tanti body-corsetto chelei ha usato per il suo tour. Abbiamo il suo manichino in stu-dio, con tutte le sue misure che negli anni nonsono cambiate, perch ha un fisico incredibilegrazie anche a una grande disciplina.

    Nelle ultime campagne pubblicitarie Ma-donna stata scelta come protagonista perch,come diciamo spesso, lei molto Dolce e Gab-

    bana e riesce sempre a interpretareperfettamente il nostro pensiero. E

    questa grande sintonia si concretizza-ta nel progetto degli occhiali MDG, una

    collaborazione assolutamente inedita trastilisti e celebrities: abbiamo messo insie-

    me le nostre creativit per creare un proget-to nuovo e diventare soci in affari. Inutile

    negare che vestire una rock-star come Ma-donna un privilegio che ha una eco planetaria

    che diffonde il marchio Dolce & Gabbana in tut-to il mondo.

    Nella nostra famiglia unaltra figura estrema-mente importante Monica Bellucci. Lei una devota as-

    soluta del nostro nero. lunico colore che adora e il nostrosicilian style fatto di abiti fascianti con lo scollo panora-

    mico sul seno, su di lei sono un vero trionfo. Pur essendo ilvolto di un altro noto brand, la nostra amicizia fa si che ci

    non sia un problema. Abbiamo conosciuto Monica ventitranni fa e il legame tale che oggi abbiamo in collezione per-sino un sandalo modello Bellucci. Insieme elaboriamomise per le sue uscite pubbliche, tenendo conto che lei ol-tre a essere una diva anche una vera donna e madre ita-liana, molto legata alle figlie, che cresce e allatta.

    E naturalmente c Naomi. Il rapporto iniziato quan-do lei aveva diciassette anni e cominciava a sfilare pernoi. Oggi riusciamo a confrontarci sullo stile di un abitoda realizzare nelle situazioni pi disparate. Anchequando stiamo insieme in cucina al mattino e aspet-tiamo che le uova bollite siano pronte. Naomi va a col-po sicuro, vuole sempre i corpetti strutturali con gon-ne che variano di lunghezza a seconda delle occa-sioni e del mood del momento. E il nostro feeling tale che a volte ci capiamo con un semplice colpodocchio.

    Poi c Scarlett. lultima arrivata ed diventa-ta subito il volto del nostro make up e testimonialdel nostro profumo. una ragazza di una bellez-

    za moderna, molto simpatica e semplice. Estremamen-te camaleontica, sta bene con tutti i vestiti e siamo entrati im-mediatamente in perfetta sintonia.

    1. BATTESIMO stata Lady Gaga a indossareper la prima volta, agli MTV Awards,i bijoux della nuova linea di Zanotti,una cascata di luci e cristalliche sembra fatta apposta per lei

    2. RTROOmaggio alle forme degli anniCinquanta, il completo di pizzocon reggicalze della linea Shapingdi Intimissimi va lasciato semprebene in vista

    3. CLASSICAStrano ma vero, la borsa preferitada Lady Gaga la Kelly di HermsLe sue (ne possiede diverse)sono decorate dall'artista TerenceKoh, suo amico e collaboratore

    4. BONDAGEAderenti come una seconda pellee resi ancora pi aggressividai legacci sulle gambeEcco i jeans denim-shock pensatida Seven For All Mankind

    5. GUERRIERASembrano riprendere la lavorazionedelle cotte dei guerrieri medioevaligli stivaletti di camoscio e metallocon tacco altissimodi Rodolphe Menudier

    7. DARKDa dive in pectore gli occhiali grandie avvolgenti di Dior by Safilo Group:fondamentali per nasconderelo sguardo e assumereun alone di mistero

    8. ANIMALIERIn equilibrio tra bon toned eccentricit i guanti di Roger VivierSono in cavallino stampatoe richiamano il manto delle giraffeversione notte

    9. IN VETTATacchi vertiginosi e plateauimportante: quello che serveper dominare la scena nel vero sensodella parola e stare una spannasopra tutti. Di Loriblu

    SHININGStupisceed esalta

    le lineedel corpo

    il miniabitodi Versace

    di pellemetallizzataa specchio

    PELUCHEElogio

    delleccessoLa tuta

    di peluchedi Chanel:

    caldissimaDi sicuro

    non passainosservata

    CONTRASTIImpeccabilegiaccasartorialee cortissimasottovestedi pizzo l'insiemedi Dolcee Gabbana

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    Intuizione e stimacos vestiamo le star

    DIVELady Gaga vestitada Dolce e GabbanaSotto, gli stilisticon la loro Madonna

    6. SCAMBIOPrestiti fra star. Le sneakerscon zeppa e borchie di Ashsono state create per Madonna,ma sono anche perfettamentein tendenza Lady Gaga. Un caso?

    Repubblica Nazionale

  • lincontro

    Trasversali

    Capire le donne uno sforzo inutileCarmelo Benediceva sempreche farle piangere una cosairreparabilee io sono pienamentedaccordo con lui

    Ha una rara malattia agli occhi,ma diventato uno scrittore famosoHa la balbuzie, ma diventatouno degli attori pi richiesti. Mamma

    infermiera, pap operaio,da bambino sognavodi firmare gli autografialle ragazze, come Elvis,invece ero uno sfigatoNon ha paura di passarecontinuamente

    dal palco al set, ma della morte s: Quando ci penso allunghereiun braccio per aggrapparmi a Dio

    MILANO

    Cita i grandi filosofi maavrebbe voluto essereElvis Presley. Recita convoce profonda ma

    quando non sul set sinceppa sulle pa-role. Ha uno sguardo intenso ma soffredi una rara malattia agli occhi che gli im-pedisce di vedere il centro delle cose.Scrive libri ed diventato famoso comemattatore. Ha paura di volare eppure sempre in viaggio. Filippo Timi, tren-tasei anni, nuovo mito trasversale. Spe-cialmente per le donne. Lui, onesto,ammette: Seduco a trecentonovantagradi.

    Alto, spalle larghe, barba e capelli ar-ruffati, quarantasei di piede, Timi unuomo ingombrante. Si racconta sem-pre divertito e, anche quando esita sul-le sillabe, sdrammatizza. Negli ultimitre anni ha scelto di vivere a Milano,citt che ama perch la trova comodis-sima. Lungo i Navigli si muove disinvol-to, sorriso aperto e passi lunghi. um-bro. Ponte San Giovanni, appena fuoriPerugia. Ama la sua terra e quando tor-na a casa sempre unemozione. So-prattutto per mia madre che si agita co-me una bambina appena legge un arti-colo che mi riguarda sul Corriere del-lUmbria. Sospetto per che lorgoglioaumenti quando sulla stessa paginamagari compare anche una foto dellaBellucci, compatriota di Citt di Ca-stello. Uninfanzia semplice quella diTimi: Da bambino facevo parte delgruppetto degli sfigati, soffrivo anche diernia e i medici avevano ordinato aimiei di non farmi piangere: mia sorellami odiava perch mi vedeva come unprivilegiato. Ero il classico ciccio chenon ha mai avuto il motorino. Quel tipo

    di bambino che fa tenerezza agli adultie che i coetanei sfottono.

    Mamma infermiera e pap operaio,Filippo sognava in grande: In un temadi quinta elementare scrissi che dagrande mi sarebbe piaciuto essere unaspecie di Elvis Presley per avere tanteragazze che mi chiedessero lautografo.Finita la scuola, invece, mi sono messoa studiare filosofia e al secondo esameun professore mi ha cacciato perchavevo deciso di applicare con lui il me-todo di Socrate, rispondendo alle do-mande con un altro quesito. Una pes-sima partenza che lo fa velocementetraslocare allistituto darte. Ero tra ipi bravi, facevo duecentocinquantadisegni alla settimana con gli insegnan-ti che mi passavano i fogli di nascostoperch consumavo carta in modo com-pulsivo. L mi si aperto un mondo. Hoscoperto quanto era meraviglioso stu-diare, e ho cominciato a immaginareuna vita dartista anche se mia madreera sempre l a ricordarmi che i soldi permantenermi non cerano.

    Poi, come a volte succede, tutto si ri-solve per caso: Sono andato ad accom-pagnare un mio amico a un provino ehanno scelto me. Un successo ina-spettato, nonostante levidente balbu-zie. Non capisco cosa accade quandorecito ma ogni esitazione sparisce, for-se perch entro nelle cose con il cuore econ gli occhi. Anzi, proprio quellinco-gnita nella parola che mi d un punto inpi nel rapporto con il pubblico. Gior-gio Barberio Corsetti, il regista, si ap-passiona a questo strano personaggio.Lo prende nella sua compagnia teatra-le e gli cambia la vita. Era un modo perfuggire dal niente. E dopo un mese diprova ho potuto interpretare Edipo ilgiovane con lo stesso Corsetti, che an-cora recitava, e un anziano Franco Cittiche interpretava il vecchio e mi parlavain romanesco. Mi sembrava di sognare.Lavoravo senza aver fatto nessunascuola. Solo energia pura.

    In quegli anni viene fuori per il pro-blema agli occhi. Una malattia degene-rativa, la sindrome di Stargardt, che glicomplica i sogni. Ogni tanto penso aquanto mi piacerebbe guidare, rac-conta con un sorriso. Con il computermi sono abituato a usare i caratteri qua-ranta e grazie alliPhone riesco a invia-re anche i messaggi. Anzi, propriograzie ai suoi caratteri al cubo se di-ventato anche scrittore. Scrivo in con-tinuazione, unurgenza sotto la pelleche forse un modo per sfogarsi. Sce-neggiature, pensieri, testi teatrali masoprattutto tre libri tra cui Tuttalpimuoio, concepito a quattro mani conEdoardo Albinati. Un libro da cui ha

    tratto e interpretato ladattamento tea-trale La vita bestia. Cera un po din-coscienza nel fare un passo cos impe-gnativo, poi quando lho visto in libre-ria mi preso un attacco di panico. An-che la rappresentazione non statasemplice, un monologo di due ore contemi molto personali.

    Il silenzio della mattina milanese rotto da una telefonata. Filippo Timi sialza dal tavolo e per non disturbare lat-mosfera sonnacchiosa del vecchiocaff milanese, esce dal locale. La cittrisplende di quella luce speciale cheogni tanto la illumina. Una breve pausae ricomincia a raccontarsi. A venti-quattro anni, nel 99, ho debuttato nelcinema con un film di Anna Negri.Unesperienza indimenticabile. Daquel momento molti registi lo scopronoe sembrano innamorarsi di questo ra-gazzone. Improvvisamente ovunque.In memoria di me di Saverio Costanzo,in Saturno controdi Ferzan Ozpetek, neI demoni di San Pietroburgodi GiulianoMontaldo, in Signorina Effe di WilmaLabate, in Come Dio comanda di Ga-

    briele Salvatores. E naturalmente inVincere di Marco Bellocchio. Al cine-ma ho portato molto del teatro, soprat-tutto la forza espressiva del mio corpo,forse perch non mi fido della parola.Attraverso la parola spesso tradisciquello che vuole dire il personaggio, eproprio per costruire un ruolo credibi-le non mi baso mai su quello che il per-sonaggio dice.

    La continua oscillazione tra set e pal-coscenico non lo spaventa. Anzi: Il tea-tro corpo a corpo, un modo di fare la-more con il pubblico. Al cinema invecebasta pensare una cosa e la macchina tiriprende, non devi avere coscienza masolo farti rubare. C un tempo cinema-tografico che diverso da quello del tea-tro ma, soprattutto, da quello della vita.Per pochi fortunati un dono naturalee, tra questi, sicuramente c Elio Ger-mano. Che appena vinto la Palma do-ro a Cannes al telefono gli ha detto:Ah, Fil, sto vicino a Javier Bardem:ma lo sai che siete identici!.

    Con la televisione ha un rapporto sin-copato. Generalmente se ne dimentica,poi ogni tanto sappassiona a qualcheserie e allora diventa unossessione.Non fa altro per giorni. che non co-nosco il piacere della sosta. Se faccio trecose mi concentro meglio che se ne af-frontassi una sola, adoro lavorare persottrazione. ansioso, ma in un modotutto suo. Non ho timori per me ma mipongo domande impressionanti del ti-po: dove andremo a finire?. Nella vita quasi sempre innamorato: Lamore loconcepisco in modo francescano, nonho il senso dellappartenenza ma voglioessere amato a tutti i costi. Anche per-ch non puoi recitare in teatro senzache ti batta il cuore. Sino ad ora non haapprofittato del suo successo con ledonne. Casomai il contrario. Ho trop-po rispetto per me stesso per abbando-narmi alle avventure. Senza contareche la mia generazione stata inibitadalla paura dellAids e questo mi ha pa-recchio frenato. Il mondo femminile loaffascina, anche se sa bene che ognisforzo per comprenderlo inutile.Carmelo Bene diceva che far piangereuna donna una cosa irreparabile e iosono pienamente daccordo con lui.Ma per esempio non capisco cosa pas-sa nella testa di Nina, una delle prota-goniste del mio primo libro, che nonama pi e continua fare lamore con ilmarito. Perch le donne spesso accetta-no una storia fatta di un rapporto ses-suale che equivale a uno stupro?.

    Del successo non ha ancora la sicu-rezza paludata. bello e gratificantesapere che fai un lavoro che smuovequalcosa negli altri e che degli estranei

    spendono energie per venire a vederti eper farti i complimenti. Spero solo dimantenere questa leggerezza che mi faaspettare ancora con curiosit che ac-cadano le cose. Della malattia e dellamorte cerca razionalmente di farseneuna ragione, ma listinto bestiale diterrore puro: Se penso alla morte vor-rei allungare un braccio e aggrapparmia Dio. Da un po ho anche timore di vo-lare. Nei viaggi lunghi mi ripeto frasiscontate tipo nulla pu accadere si-no a quando non arriva il tuo momen-to . Poi per mi assale il dubbio atro-ce che il momento sia arrivato per ilmio vicino. E allora entro nel panico.

    Di figli ne vorrebbe, ma non subito.Quando torno in Umbria e vedo le fi-glie gemelle di mia sorella le trovo me-ravigliose, ma molto impegnative. E poiancora non ho un rapporto stabile. Sosolo che un giorno sar padre. Lestatescorsa ha portato ancora in tourne Ilpopolo non ha il pane? Diamogli le brio-che, di cui autore, regista (assieme aStefania De Santis) e interprete. Una ri-lettura di Amleto. Gioco e ira. Struggi-mento e provocazione. Da quando unattore comincia a fare teatro sogna din-terpretare Amleto, e io su quel palco-scenico ogni sera soffro perch muoio,uccido, amo. E la sera successiva soffronuovamente. Uso la risata come spec-chio della vita e pur essendomi basatosulle tragedie di Shakespeare e sui testifilosofici di Agamben, rileggo tutto amodo mio. Dopo i mesi caldi dedicatia premi e festival, dopo aver partecipa-to al film che Michele Placido ha pre-sentato fuori concorso a Venezia Val-lanzasca. Gli angeli del malee aver reci-tato un cammeo in La solitudine dei nu-meri primi, ora ci sono le prime ripresedel film di Cristina Comencini, Quandola notte. Un altro inizio per Filippo Timi.

    IRENE MARIA SCALISE

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    Filippo Timi

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    46 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19 SETTEMBRE 2010

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