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Anno I numero 1 aprile 2011 IL PRIMO FREE PRESS DEDICATO INTERAMENTE ALLA SANITA’ S anità Lazio la del SAN GIACOMO L'ospedale fantasma rimane chiuso La riconversione non parte E intanto costa ALLE PAGINE 4 e 5 ODONTOIATRIA LOW COST La crisi morde, i pazienti calano e qualche dentista prova a passare al pubblico A PAGINA 16 Connettiti a www.ONLINE - NEWS.it l’informazione a domicilio A PAGINE 6 TABULA RASA La complicata partita della riabilitazione IL RISCHIO DELLA TRATTATIVA Riabilitazione d'eccellenza, o la Regione mantiene gli impegni o si chiude A PAGINA 6

Sanità Lazio 2

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Sanità Lazio 2

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Anno I numero 1aprile 2011

IL PRIMO FREE PRESS DEDICATO INTERAMENTE ALLA SANITA’

SanitàLazioladel

SAN GIACOMO

L'ospedalefantasmarimane chiusoLa riconversionenon parteE intanto costa

ALLE PAGINE

4e5

ODONTOIATRIA LOW COST

La crisi morde,i pazienti calanoe qualchedentistaprova a passareal pubblico

A PAGINA 16

Connettiti a www.ONLINE - NEWS.it

l’informazione a domicilio

A PAGINE 6

TABULA RASALa complicata partita della riabilitazione

IL RISCHIO DELLA TRATTATIVA

Riabilitazioned'eccellenza,o la Regionemantienegli impegnio si chiude

A PAGINA 6

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IL “BORSINO” della sanità laziale Chi

Scende

ChiSale

Renata Polverini ha lasciatoil tavolo del confronto con itecnici del ministero del-

l’economia con il sorriso sullelabbra. Ha avuto delle forti racco-mandazioni e qualcosa di più delclassico “aiutino” (Palazzo Chigiha spinto parecchio, il Lazio haavuto delle corsie preferenziali ri-spetto alle altre regioni), ma orail governatore può legittimamentepresentarsi di fronte ai media eall’opinione pubblica come la sal-vatrice della Patria. I conti vannomeglio, non c’è dubbio. Ma la tra-versata è appena cominciata. Eai giornalisti Renata ha sottoli-neato solo i complimenti ricevuti,non le tirate d’orecchi ricevute.Come quella per gli impegni pub-blici presi per quanto riguarda ilfamoso Policlinico dei Castelli(compito da rifare), o come quellaper il sistema di accreditamento,tutto da rifare e in tempi rapidi(esami di riparazione tra tremesi); ancora, gli ospedali salvatiper ragioni di equilibri politici co-genti ma che i tecnici di Tremonticonsideravano chiusi. Vedi Mon-terotondo, Subiaco, ad esempio.Pensieri pesanti per la Polverini,ancora alle prese con la difficilequadratura delle nomine. Diconoche da un lato sia costretta ad unestenuante slogan tra paletti, vetiincrociati e opportunismi; ma chedall’altro scelga volutamentedelle persone di basso profilo perevitare sorprese e garantirsi lapossibilità di forti condiziona-menti. Di questo passo finirà la

squadra a ridosso delle prossimeamministrative e i prescelti nonavranno avuto il tempo necessa-rio per programmare alcunchè.Ma sulla scelta dei managergrava anche un’altra ombra,quella della provenienza, dellaappartenenza politica, delle ca-sacche indossate in precedenza.Se i pretoriani di Renata sonotutti rigorosamente Ugl e dintorni,gli uomini mandati (o lasciati) a

presidiare Asl e Ospedali sono inparte marrazziani o comunquelegati ad ambienti di centro sini-stra. A chi saranno fedeli? Sonocomunque gli stessi che nonhanno saputo evitare lo sfasciodella sanità, secondo le accusedel centro destra? Cambierannoimpostazione per far piacere allaPolverini? E la truppa dell’alleatoCiocchetti, piazzata numerosis-sima in posti di responsabilità? Il

leader dell’Udc è un alleato leale,certo, ma è anche uno dei pochiche di sanità ne capisce davvero.E dove ha potuto ha imposto per-sone sue, magari non brillantis-sime ma utili per la vecchia,efficace logica democristianadella occupazione del potere. Ilgovernatore ha dovuto abboz-zare, l’Udc è la stampella dellasua Giunta, una stampella es-senziale. Ma questa alleanza tat-tica rischia di essere messa inseria difficoltà sul piano locale invista delle prossime amministra-tive, dove la Polverini vuole dire

la sua, vuole fare le prove gene-rali del suo nascente partito (vedicaso Terracina, con lista capita-nata dal fedelissimo Sciscione,escluso dal Consiglio regionaledalla sentenza del Tar,in alterna-tiva a quella del Pdl). E si trova difronte l’Udc,decisa a mantenerele sue posizioni sul territorio, e glielettori inferociti per i tagli chehanno ridimensionato o chiuso lestrutture sanitarie locali di riferi-mento.

I veri problemi della Polverini

A sinistra dall’alto Ciocchetti e Mandarelli. A destra dal basso Montino e Rodano.

Se Renata Polverini riuscirà a risolvere le questioniGruppo S.Raffaele e S.Lucia (questioni distinte,messe nello stesso cesto solo per il denominatore co-mune della crisi finanziaria e della eccellenza incampo neuroriabilitatorio) non avrà solo un voto posi-tivo nel Borsino di Sanità Lazio, ma il ringraziamentoe l’applauso della intera comunità laziale. Per ora cista provando. La stima c’è, anche se non le siamosimpatici per quello che scriviamo senza peli sulla lin-gua. Diamo invece un voto di affetto e di stima a Lu-ciano Ciocchetti, celebrato su Online news, la testatagemella, come il vero assessore regionale ombra allasanità. Lui se l’è presa, ma in fondo l’ha gradito. In ef-fetti è uno dei pochi politici veramente competenti inmateria. Solo che ha la delega per l’urbanistica. An-cora, un voto di affetto e di stima a Donato Robilotta.Anche lui sarebbe un ottimo assessore alla sanità (enon solo). Politico di lungo corso, dispensa saggezzadal suo osservatorio privilegiato del Ministero del la-voro, in attesa di altro (forse). Le sue analisi, la sualettura dei dati sono fulminanti. Forse per questo fapaura (vedi questione del Policlinico dei Castelli, unodei suoi Hit). Un giudizio a labbra strette sulle ultimemosse di Luigi Frati, uno degli uomini chiave, datempo immemorabile, della sanità laziale. Fa il rettoredella Sapienza, indirettamente continua a fare il pre-side di Medicina e ancora più indirettamente il gover-

natore del Policlinico Umberto I. Ha sfidato (lui dice diaver concordato) la Polverini convincendo tutti che ilbuon Antonio Capparelli, avvocato e uomo dellacontinuità (era direttore amministrativo) è il migliore di-rettore generale possibile per traghettare la strutturasu lidi più sicuri. Non tutti ne sono convinti. E’ ancorauna incognita Giuseppe Antonio Spata, il nuovo subcommissario governativo chiamato a sostituire Mor-lacco nel ruolo di supervisore alla realizzazione delpiano di rientro. Spata viene dal Nord, ha gestito (parebene), piccole realtà ospedaliere. E’ anagraficamenteai limiti della pensione, Formigoni lo ha scaricato que-sto inverno per dare la sua poltrona ai leghisti. Mor-lacco aveva un ruolo attivo, non solo notarile, il nuovosub commissario farà altrettanto? Un piccolo ma im-portante ruolo se lo sta ritagliando Alessandra Man-darelli, presidente della Commissione Sanità.Potrebbe incidere di più. Dall’altra parte della barricataabbaiano ma non mordono, non riescono ad essereefficaci. Fateci caso, le critiche alla Polverini di Este-rino Montino e di Giulia Rodano sanno di stantio,sembrano fatte in fotocopia, sono puntuali quantosono attenti gli addetti stampa a seguire il corso degliavvenimenti. Non sono propositivi, quelli dell’opposi-zione, e nella media appaiono veramente grigi. Nonbasta restare sulla sponda del fiume per veder pas-sare il cadavere della Giunta Polverini.

A sinistra il ministro dell'Eco-nomia, Giulio Tremonti. In altoil titolare della Salute, Ferruc-cio Fazio. A destra il governa-tore del Lazio, RenataPolverini.

3L’EDITORIALESSLazio

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4Anno I numero 1

aprile 2011 ATTUALITA’

IN PRIMO PIANO

«E’ una situazione di stallo chedura da tre anni». Angelo Bar-lattani, specialista epatologo

della Asl Roma A, in pianta orga-nica anche al poliambulatorio Ca-nova, parla così dell’ospedale SanGiacomo di Roma, chiuso dall’exgovernatore Marrazzo il 31 ottobre2008. Uno dei tre ospedali più an-tichi del mondo da quel giorno hacessato la sua attività dopo 700anni perché – si diceva – avrebbeportato risparmio alle casse inrosso della sanità laziale. Una spe-ranza andata delusa invece daifatti: i dipendenti in tutto circa 200 -rappresentavano l’80% del bilancio- furono trasferiti presso altri ospe-dali e la ristrutturazione durata cin-que anni (fino al 2008) è costataalla Regione Lazio ben 13 milioni dieuro, solo 8 investiti negli ultimi dueanni prima della chiusura. La bassaperformance delle attività fu la mo-tivazione: si contavano pochi ac-cessi al Ps, pochi interventichirurgici, insomma poco prima

della decisione di chiudere l’ospe-dale donato dal cardinale Salviaticinquecento anni fa partì un’opera-zione mediatica straordinaria. Il finegiustifica i mezzi, sosteneva il Prin-cipe. E così partì un battage distampa negativa che mise in cat-tiva luce non tanto la struttura in séquanto gli stessi operatori e mediciche vi lavorano da trent’anni. «Non

è assolutamente vero che non eraperformante – ribatte Barlattani chedi memoria storica ne ha da ven-dere – dal 2003 il San Giacomo erain fase di ristrutturazione che ve-niva effettuata un reparto per voltae quindi inevitabilmente si lavoravaa ritmo ridotto». Il completamentodi quella ristrutturazione che avevaprevisto l’installazione di nuovi

macchinari, nuove tecnologie, la ri-costruzione estetica di vecchi re-parti di degenza avrebbe dato unnuovo impulso al San Giacomo,perfino la farmacia automatizzataera stata consegnata all’ammini-strazione a un mese della chiusura.Ma quale è lo scandalo cheemerge ora? Da tre anni la Re-gione continua a pagare ad esem-pio la manutenzione di unasofisticata Risonanza Magneticache si trova proprio all’interno del

nosocomio di via Canova, a duepassi da via del Corso e piazza delPopolo, una macchina in grado difare esami specialistici per la qualele liste d’attesa durano tra i sei e idodici mesi. Invece è lì, a pochimetri del poliambulatorio, e per dipiù dentro un ospedale “apparen-temente” chiuso. Senza contareche è presente 24 ore su 24 una vi-gilanza il cui costo (a carico sem-pre della Regione) supera i 150mila euro all’anno. Il paradosso in-vece per questa Risonanza Ma-gnetica è che nessun cittadino puòusarla nonostante il costo incidacostantemente da tre anni sul bi-lancio regionale. Oliva Salviatierede del cardinale ha fatto sua labattaglia per non vedere morirel’ospedale che il suo avo aveva do-nato alla città di Roma. E che findal 2001 il San Giacomo fosse fi-nito nel torbido ingranaggio dellacartolarizzazione, ossia della ven-dita dei beni delle Asl, ospedali

compresi, era cosa nota e che inrealtà la storia della copertura delbuco della sanità del Lazio fossesolo una grande bolla lo dice più diqualche rumor. La stessa erede delcardinale Salviati per esempio,qualche tempo fa, aveva esternatoi suoi dubbi sulla decisione assuntadalla giunta precedente di centro-sinistra di chiudere per tagliare iposti letto. «I posti letto del SanGiacomo non sono stati tagliati»,aveva dichiarato lanobildonna,«sono stati dati al Cam-pus biomedico dell’Opus Dei.Hanno tolto alla sanità pubblica perdare a quella privata convenzio-nata. Il Campus biomedico, rastrel-lando nella sanità pubblica, èarrivato a 280 posti letto». La ele-zione alla Regione della Polveriniaveva dato dunque nuove spe-ranze di riapertura del San Gia-como e tutti – cittadini ed exoperatori – avevano sperato in unavirata, invece nulla è cambiato.Sulla carta però esiste da sei mesiun decreto (n. 82) firmato dall’at-tuale commissario ad acta della sa-nità, ovvero dalla presidenteregionale, e che rientra nel piano diriordino della rete ospedaliera. Sequanto scritto nel decreto si tradu-cesse in realtà ci sarebbe un futuronuovo per il “San Giacomo”. Il suodestino è riassunto in una sigla.Ptp, “presidio territoriale di prossi-mità”. Nel decreto commissariale

Stefania Pascucci

Maria Lucia Panucci

A sinistra l'ex governatoredel Lazio, Piero Marrazzo.In alto il Poliambulatoriodella Asl Roma A

Chiuso da due anni e mezzo continua a costare di vigilanza e manutenzione

Il fantasma del San GiacomoNell’antico ospedale viene tenuta in vita – inutilizzata - l’attrezzatura per la risonanza magnetica

La “riconversione" è solo negli annunci. E il poliambulatorio di via Canova è quasi deserto

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non è indicata però la tempistica. Ilprovvedimento viene semplice-mente riassunto con la formula “Ri-conversione dell’ospedale SanGiacomo in servizi al territorio - 15posti letto”. Questi ultimi saranno adegenza infermieristica. Ma al po-liambulatorio di fronte all’ex noso-comio non ne sanno nulla, néhanno notato movimenti che pos-sano indicare una prossima riaper-tura. Intanto nel locale di viaCanova, che funge da presidio diprossimità aperto h 24, è pratica-mente impossibile sottoporsi adesami specialistici in tempi rapidi.

«Vuole fare un’ecografia? Ripassidopo settembre», dicono gli infer-mieri allargando le braccia. Stessitempi di attesa per un esame car-diologico. E di notte l’unico inter-vento che possono praticare è unavisita come potrebbe fare un me-dico di base, misurando la pres-sione. Suturare ferite anchesuperficiali neanche a parlarne,occorre rivolgersi al S. Spirito,l’ospedale nei pressi dove il Prontosoccorso, come tutti gli altri in que-sto periodo di tagli alla sanità pub-blica, scoppia e ci vogliono ore eore per essere visitati.

Il Ptp, acronimo che indica unpresidio territoriale di prossi-mità, rappresenta una nuova

forma assistenziale rispetto aquella offerta tradizionalmentedagli ospedali. Quale elementoinnovativo garantisce, attraversole "Unità Operative di DegenzaInfermieristica" (UODI), l’assi-stenza in regime residenziale dinatura medico-infermieristica diquei soggetti che, spesso appar-tenenti alle fasce più deboli dellapopolazione (anziani, fragili),sono affetti da riacutizzazione dipatologie croniche che non ne-cessitano di terapie intensive o didiagnostica a elevata tecnologiae che non possono, per motivi siadi natura clinica che sociale, es-sere adeguatamente trattati a do-micilio. Il Ptp favoriscel’integrazione dei servizi sanitarie sociali e valorizza il ruolo del

medico di Medicina Generalee degli altri professionisti cheoperano nell’area delle cureprimarie e intermedie. All’in-terno dei Ptp dovrebbero svol-gersi, in forma integrata anchecon il sociale, le attività di as-sistenza domiciliare, le cureintermedie, le funzioni specia-listiche territoriali e le attività dipromozione della salute/pre-venzione. Nel Ptp la direzione

sanitaria dovrebbe essere eserci-tata da un dirigente medico di Di-stretto ad essa preposto. Ladegenza dovrebbe rientrare nelle24 ore con assistenza medica.Inoltre il Ptp dovrebbe essere unambulatorio infermieristico e unpunto unico di accesso integratocon i servizi sociali dell’Ente Lo-cale. Dovrebbe offrire ambulatorispecialistici con la presenza e re-peribilità di medici ospedalieri e/ospecialisti ambulatoriali nelle 12ore, con particolare riferimentoalle branche di cardiologia, pneu-mologia, diabetologia, neurolo-gia/geriatria (finalizzateall’attivazione di specifici percorsidi cura). Il Ptp dovrebbe fornireanche assistenza domiciliare, do-vrebbe essere un centro diurnoper anziani fragili, una postazionedi 118 e dovrebbe garantire conti-

nuità assistenziale. All’interno delPtp possono essere inoltre previ-ste altre attività, nel rispetto delleopportune garanzie assistenzialie di sicurezza dei pazienti, qualiad esempio funzioni di day hospi-tal e day surgery, nonché day ser-vice ambulatoriale. La personaaccolta nella struttura deve es-sere dimessa entro il 15° giorno,salvo casi motivati in cui la de-genza può protrarsi fino a 20giorni. Non è comunque consen-tita la permanenza nella strutturaoltre il ventesimo giorno. Le pre-stazioni garantite nella degenzadel Ptp, oltre alle visite del me-dico di medicina generale (o altromedico Asl) e alle prestazioni dinatura infermieristica, sono assi-milabili a quelle usufruibili a livellodi specialistica ambulatoriale at-traverso gli ambulatori speciali-stici del distretto. L’ammissionealla struttura dovrà essere riser-vata a persone anagraficamenteresidenti in Comuni – Municipidella Asl di riferimento. I soggettiper i quali sarà formulata la pro-posta di ricovero saranno valutati,tramite appositi strumenti, siasotto il profilo dell’eleggibilità (se-condo i criteri di seguito specifi-cati), che riguardo al potenzialecarico assistenziale,quest’ultimo

distinto in tre classi: basso, medioe elevato. La suddivisione del ca-rico assistenziale in classi di pesodifferente consentirà, oltre cheuna più fine valutazione delle atti-vità della degenza, anche la for-mulazione di tariffe differenziate.Il ricovero in degenza PTP è sem-pre programmato e finalizzatoalla risoluzione di un problemasanitario attraverso la predisposi-zione di interventi di carattere cli-nico - assistenziale. Iltrasferimento in degenza Ptpviene richiesto dal medico di me-dicina generale se il paziente sitrova al proprio domicilio in assi-stenza domiciliare (assistenzaprogrammata o integrata), op-pure dal medico ospedaliero,previa informazione del medicodi medicina generale, qualora ilpaziente sia ricoverato presso unospedale per acuti. Per stabilirel’effettiva eleggibilità e per quan-tificare il bisogno assistenzialedel soggetto si procede ad unavalutazione multidimensionalecon opportuni strumenti che ten-gano in considerazione i giàmenzionati requisiti necessari al-l’ammissione. Nel caso che il pa-ziente si trovi al proprio domiciliola valutazione viene svolta dal-l’infermiere coordinatore del Ptp

e dal medico del Cad sentito ilparere del medico curante. Nelcaso di trasferimento da ospe-dale per acuti, la valutazione,eseguita nel reparto di prove-nienza, viene effettuata dall’infer-miere coordinatore del Ptp e dalmedico ospedaliero sentito il pa-rere del medico curante. In se-guito alla valutazione siprovvede, da parte dell’Infer-miere coordinatore e del medicodi medicina generale, alla formu-lazione del Piano di assistenzaindividuale (PAI), sulla base dellenecessità assistenziali e dellecondizioni cliniche del paziente,stabilendo gli obiettivi del rico-vero secondo il programma di as-sistenza. L’infermiere, attraversoil governo dell’assistenza, devesvolgere una funzione di garan-zia di qualità e dell’appropriatoutilizzo della degenza di prossi-mità, agevolando i percorsi assi-stenziali intra ed extra Ptp delpaziente. Quest’ultimo e i suoi fa-miliari sono messi a conoscenzadel piano di assistenza e dei trat-tamenti previsti tramite un appo-sito modulo di consensoinformato, che deve essere fir-mato dall’interessato o, nel casodi impossibilità, da un tutore o daun suo delegato.

Maria Lucia Panucci

Scheda/ Presidio territoriale di prossimità

La struttura assistenziale del futuro

Chiamiamoli Ptp (presidi territoriali di prossi-mità) oppure usiamo la nuova terminologiasancita nel Decreto 80 firmato dalla Polve-

rini in cui nasce la figura dell’ Ospedale Distrettualeo centri clinici dell’assistenza distrettuale: chi piùne ha, più ne metta. La confusione regna sovrananelle nuove (e future o futuristiche) strutture sani-tarie che non sono né ospedali, né poliambulatori.Quel che è certo è che non trattano acuti e codicirossi. I decreti 82 e 80 si riferiscono al patto dellaSalute per il triennio 2010-2012 con il quale si sta-bilisce un nuovo modello assistenziale “per le strut-ture pubbliche per acuti da riconvertire”, appuntol’ospedale distrettuale. Eppure a distanza di 6 mesinon è accaduto nulla per gli ospedali e le struttureda tramutarsi in servizi sanitari per il cittadino. Afarne le spese in questo caso sono sopratutto glianziani e le fasce più deboli della popolazione. Alladomanda dei cosiddetti "bisogni assistenziali" ogginon vi è risposta. E l'immobilismo a fare da pa-drone. L’Asp, agenzia di sanità pubblica della Re-gione Lazio, ha individuato 30 ospedali da chiuderee riconvertire, di cui 2 a Roma (Nuovo Regina Mar-gherita e il Centro paraplegici di Ostia), 4 nella pro-vincia di Latina (ospedale di Sezze, San Giovannidi Dio a Fondi, l’ospedale di Gaeta e l’ex ospedaledi Minturno), 5 nella provincia di Viterbo (Civile diAcquapendente, ospedale di Montefiascone, Civiledi Tarquinia che rimane per acuti, ospedale di Ron-ciglione e l’ospedale di Civita Castellana che ri-mane per acuti), 8 nella provincia di Roma

(L’ospedale Gonfalone a Monterotondo, Santis-simo Salvatore a Palombara Sabina, Angelucci diSubiaco che rimane per acuti, l’ex ospedale di SanGiovanni Battista a Zagarolo, Cartoni a RoccaPriora, Spolverini di Ariccia, Villa Albani di Anzio,Civile di Bracciano), 9 nella provincia di Frosinone(San Benedetto di Alatri che rimane per acuti, Ci-vile di Anagni, Civile di Ceccano, Del Prete di Pon-tecorvo, Presidio sanitario di Ceprano, Presidiosanitario di Ferentino, Santa Croce di Arpino eDella Croce di Atina rimangono solo per finalità so-ciali, In memoria dei Caduti all’Isola del Liri si ri-converte in Hospice), 2 nella provincia di Rieti(Marzio Marini di Magliano Sabina il cui striscione“salvate l’ospedale” campeggia sulla cima di unamontagna a ridosso dell’autostrada A1, e l’ospe-dale di Amatrice che rimane per acuti e conservauna elisuperficie). Anche al San Giacomo di Romasi prevede una riconversione con 15 posti letto maper ora tutto tace, nessuna iniziativa è stata presadalla Regione a parte la firma del decreto che lastabilisce. Sia per i Ptp sia per gli ospedali di di-stretto dovrebbe essere già partita la riconversionevera e propria ma non è così. Nulla si muove suquesto versante a dispetto dei decreti. L’unicoospedale di distretto che sembra vedere luce sa-rebbe l’ex ospedale San Giovanni Battista a Zaga-rolo ma l' esordio è attualmente oggetto di dibattitolocale. Insomma, tante belle parole e pochi fattinella sanità laziale.

(S.P.)

Ptp, ospedali di distretto,per il momento

sono solo parole

5ATTUALITA’

IN PRIMO PIANOSSLazio

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6ATTUALITA’

Anno I numero 1aprile 2011

L’allarme arriva nelle redazionidei giornali attraverso unanota del presidente della

Commissione parlamentare per glisprechi e gli errori sanitari, LeolucaOrlando. Quest’ultimo fa sapere diavere chiesto conto al governatoredel Lazio Polverini della situazionedel Gruppo San Raffaele, 17 strut-ture nel Lazio tra cui un Irccs, mi-gliaia di dipendenti e collaboratorie di pazienti. Ha appena annun-ciato la chiusura, il 15 aprile. Vantacrediti per 150 milioni, è stato mas-sacrato dai tagli, la Regione non haneppure preso in considerazione leproposte avanzate, le tariffe sonoferme al secolo scorso. E’ l’enne-simo bluff? Pressioni per ottenerequalche cosa? Scattano una seriedi meccanismi e di opzioni, la Pol-verini non gioca a poker, non“vede” le carte dell’avversario, sela minaccia sarà portata fino infondo il Lazio vedrà uno tsunamisuperiore a quello che mise a duraprova il sistema con la crisi Alitalia,oltre2500 famiglie in difficoltà, al-trettanti pazienti da sistemare inpochi giorni. Convoca una riunioneurgente, è il 4 aprile, parla con laproprietà e con i sindacati. Piovonole solidarietà politiche, le interroga-zioni, le protestre. In parallelo c’èl’altra crisi da gestire, quella del-l’Irccs Fondazione S.Lucia. Anchein questo caso la Regione è ina-dempiente, anche in questo caso laminaccia di chiusura c’è. Da setti-mane un presidio sotto le finestredella Polverini ricorda questa emer-genza. In entrambi i casi – a dirlatutta soprattutto per il S.Lucia - lapolitica si è spesa a parole per di-

sinnescare la crisi. Le foto dellaPolverini con la maglietta (vedi co-pertina di Sanità Lazio) di solida-rietà ha fatto il giro dei giornali, ilvice presidente Ciocchetti alla Fon-dazione di via Ardeatina è pratica-mente di casa; improvvisamentescoprono l’urgenza. E’ una lottacontro il tempo e già nella primagiornata di colloqui arriva il disgelo,un piccolo sblocco di fondi al SanRaffaele e al S.Lucia. La proprietà

del primo annuncia che pagherà glistipendi di marzo, ma non ritira lelettere di licenziamento né la deci-sione di chiudere. Il 10 aprile si ri-prende, la sensazione è che sipossa arrivare ad un armistizio,mentre tutti si chiedono: non si po-teva arrivare prima alla defini zionedi una piattaforma di trattativa?Non si poteva pilotare la crisi? Con-sideriamo le due vicende su pianidiversi. La Fondazione S.Lucia è

Giovanni Tagliapietra

I casi del S.Raffaele e della S.Lucia test decisivo per il Governatore

Il rischio della trattativa“O si cambia o si chiude”, arrivano migliaia di lettere di licenziamento e l’annuncio di una chiusura

Poi improvvisamente qualcosa succede, si sbloccano dei fondi e si apre il confronto

Vadc

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L’Irccs Fondazione S.Lucia ha un presidio permanente sotto le finestre della Polverini,dipendenti, operatori, pazienti, hanno dato vita a innumerevoli manifestazioni. Vantacrediti ingenti dalla Regione. Ora la direzione ventila azioni legali più vigorose. Il gruppo

San Raffaele è una realtà sanitaria più complessa nella regione. Diciassette strutture (tra lequali un Irccs, il San Raffaele Pisana), migliaia di dipendenti e di pazienti. Vanta un creditodi 150 milioni dalla Regione, i suoi piani di riassetto non sono stati nemmeno presi in con-siderazione. La proprietà prende una decisione drastica, si chiude tutto il 15 aprile. Letteredi licenziamento ai dipendenti, preavviso agli ospiti. Due situazioni drammatiche, due ec-cellenze nel campo della neuroriabilitazione delle quali il territorio non può privarsi. Ma dellequali rischia seriamente di dover fare a meno nel giro di pochi giorni. Sono i primi giorni diaprile, il senatore Domenico Gramazio, vice presidente vicario della Commissione Sanità,

segue da sempre le vicende di S.Lucia e San Raffaele. Capisce che questa volta non è ilsolito tira e molla, ma il rischio è serio. Scrive subito di suo pugno un appunto urgente al mi-nistro della Salute Fazio ricordando per sommi capi il problema. Gli chiede di intervenire.Fazio gli risponde subito, stiamo lavorando sul caso assieme alla Polverini. Ma Gramazionon molla, butta giù una interrogazione urgente a risposta scritta con gli stessi elementi didenuncia e valutazione, poi si va a cercare uno per uno i senatori, li fa firmare: Gasparri, Al-legrini, Barelli, Cicolani, Cursi, Cutrufo, De Lillo, Fazzone, Tofani. E la fa protocollare. Poitelefona ai giornali, agli amici, mette in atto tutti gli strumenti orizzontali di mobilitazione, pa-trimonio di quarant’anni di attività politica sul territorio. La Polverini convoca separatamentei rappresentanti delle aziende interessate. Vengono stanziati due finanziamenti. Poca roba,ma basta a distendere gli animi. Trattative ad oltranza.

Il pressing del senatore Gramazio. Prima una letteraal ministro, poi una interrogazione a risposta scritta

Le eccellenze sanitarie

non si toccano, sono patrimonio di tutti i laziali

IN PRIMO PIANO

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7SSLaziostata sommersa dipromesse ma nondi soldi; è all’angoloe combatte unabattaglia a colpi dicarta bollata. I quo-tidiani locali hannodedicato alla que-stione aperture digiornali, la Regionenon ha sborsatouna lira. Si è dovutiarrivare all’ultimoatto per cercare sulserio una viad’uscita e c’èanche chi è con-vinto che all’Istituto

di via Ardeatina non spettino tutti isoldi che chiede. Altra storia quelladel San Raffaele. Una portaereidella sanità laziale. Dall’Irccs di viadella Pisana alle cliniche sparse aRoma e nel Lazio, alle Rsa, ai po-liambulatori. I tagli e gli aggiusta-menti della Polverini hanno creatoproblemi seri, ma le reiterate pro-poste di una autonoma riorganizza-zione delle strutture e dei posti lettonon sono mai state valutate dallaRegione. La crisi era nell’aria, poi ladecisione, fredda, degli imprendi-tori. Che non possono lavorare inperdita per anni e non avere l’ossi-geno di un piano industriale ragio-nevolmente certo. Ma c’è unproblema, un problema giudiziariodi mezzo. Un’inchiesta in corso conaccuse pesanti legate alla clinica diVelletri. Gli uomini della Polveriniprobabilmente prendevano tempoproprio in funzione degli sviluppi diquel processo. Mentre gli sciacalli(leggi imprenditori concorrenti)aspettavano. Da qui la spallatadella proprietà Le trattative servi-ranno a mettere ordine? Si tratta diuna sceneggiata concordata? Sipoteva fare diversamente? Ai di-pendenti con la lettera di licenzia-mento in mano la voglia diapprofondire, di vedere l’eventualebluff non è venuta. I primi segnalisono ragionevolmente positivi.Qualche rinuncia qua, qualche con-cessione là, si può arrivare ad uncompromesso. Anche se la sensa-zione che tutti abbiano lavoratomale, che una soluzione si sarebbepotuta trovare per tempo rimane. Epesa come un macigno. Un’ultimaosservazione a corollario. E i sinda-cati? Se ne sono stati buoni, ai mar-gini. Non si sa più da che partestiano.

Manager sanitari, le ultime nomine

Abbiamo pubblicato nel numero scorso una intera paginacontenente le“terne” del potere sanitario nel Lazio. Non possiamo farealtrettanto oggi perragioni di spazio ma ci torneremo prossimamente. Quellatabella aveva dei

tasselli vuoti, dei punti di domanda. Qualche casella si èriempita, qualche altra hasubito delle variazioni. Al Policlinico Umberto I,ad esempio, Antonio Capparelli, giàdirettore amministrativo sotto la gestioneMarrazzo, da commissario straordinarioè diventato direttore generale in virtùdi un accordo-compromesso tra il rettoreFrati (nella foto) e la Polverini. Qualche malignolo ha visto in prima fila qualchegiorno fa ad un convegno sulla sanitàorganizzato dall’Udc Ciocchetti. Ha cambiatoscuderia? Al suo fianco, nellastessa occasione, è stata vista Rosalba Buttiglieri(anche lei in quota Udc?),nominata direttore sanitario della Asl RmD (Graziella An-suini, per oltre unanno commissario straordinario, è direttore amministrativo).Anche laButtiglieri viene dal Policlinico Umberto I, dove sotto la direzione diCosi,diversi anni fa, fu direttore sanitario di presidio. Poi alcuni anni comedirettoregenerale di un Policlinico calabrese e ora il ritorno nella capitale,alla RmD. E’ ar-rivata la conferma ancheper Morrone, da commissario straordinarioa direttoregenerale del San Camillo (anche se su di lui c'è una pesante incognita di ineleg-gibilità) e per la Corradi, stessa situazione als.Andrea. Infine Gerardo Corea è il-nuovo direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera S.Giovanni Addolorata. Unmanager di marca marrazziana, giàdirigente dell’ufficio accreditamenti della Re-gione e dirigente nella Asl RmG.Anche lui” ciocchettiano”? Pare di no. Il sostegnomaggiore lo avrebbe avutodalla associazione medici cattolici di Di Virgilio.

Nuove domande di salute:curare per cambiare

L ’opinione

di Cinzia Quondamcarlo*

La crisi della sanità non è solo economica. Nasceda una di-versa domanda di salute del cittadino-utente, in termini diqualità e non di quantità. E’ aumentata la richiesta della ti-

pologia di visita e di esame diagnostico. La riflessione parte datre domande: c’è forse incapacità delle strutture ospedaliere disoddisfare l’esigenza dei territori? Quale è il problema da dipa-nare? E, infine, quale anello della catena si è spezzato? Vi sonotre livelli di assistenza che vengono richiesti in modo forte dal cit-tadino – paziente: le prestazioni di emergenza/urgenza leggi:Pronto Soccorso – Dea; le prestazioni per malati cronici: onco-logici, neurologici, anziani e le prestazioni che garantiscono laprevenzione: visite specialistiche, screening e gli esami dia-gnostici di alta specializzazione. Per queste prestazioni il nostrosistema sanitario tradizionale non è preparatoLa rivoluzione in atto tenderà a questo. Ma oggi le Aziendeospedaliere sono strutturalmente e funzionalmente inadatte edimpreparate per questo tipo di assistenza, vale a dire che i no-stri elefantiaci ospedali con 1000 posti letto di degenza ordina-ria non servono più in questo modo. Una buona parteandrebbero riconvertiti per i ricoveri brevi e ricoveri di Day Ho-spital per l’esecuzione di esami diagnostici invasivi ad alta spe-cializzazione, mentre i ricoveri di degenza ordinaria sonoindispensabili per le chirurgie e le terapie intensive e rianima-zione (carenti nel nostro territorio). Avremmo necessità di am-pliare l’assistenza per la terapia del dolore ed avviare un veroservizio di assistenza anestesiologica ospedaliera per le seda-zioni coscienti e profonde per gli esami diagnostici invasivi epoco tollerati dai pazienti, ma questo già accade nei paesi piùevoluti in medicina sociale.E poi bisognerebbe creare nuovi Hospice e Centri di assistenzaper i malati di SLA ed i loro familiari oltre a facilitare l’esecuzionedegli screening per tumori in particolare del colon e mammella,creando dei percorsi ben precisi sul territorio. La struttura “ospe-dale” non è collegata con il territorio e gli ambulatori di Distrettoe il gap crea molti problemi: sono due realtà ben distinte tra loro.Per gli esami radiologici come Tac, Risonanza magnetica nu-cleare, Pet per i quali i pazienti ancora fanno i “viaggi della spe-ranza” da Roma a Napoli, da Napoli a Milano, per una PET ecosi’ via si allungano le liste d’attesa. Queste prestazioni si po-trebbero eseguire nel pomeriggio o di notte per abbreviare iltempo degli appuntamenti con il medico specialista, forse conmaggiori risorse umane e tecnologiche. Al centro di tutto dunqueva pensato il malato oncologico che oltre alla sofferenza per lamalattia vive il disagio di dover cercare l’ospedale, l’ambulato-rio che effettui in tempi brevi ciò di cui ha urgente bisogno, peressere assistito e curato nel percorso già doloroso della lotta altumore. Oggi ci si rende conto che un segnale di cambiamentova dato con estrema urgenza. *Specialista Gastroenterologa

ale la pena di citare i passi essenziali del comunicato emesso dalla presidenzadella Regione. Riguardo il San Raffaele, è stata raggiunta una intesa, su un per-corso di lavoro, condiviso nei suoi punti salienti, lungo il quale procedere per arri-d una possibile e auspicabile soluzione delle diverse problematiche riferite al, a cominciare dalla tutela dei pazienti e dei lavoratori. Un primo accordo è stato

nto anche in merito alle problematiche relative alla Fondazione Santa Lucia conterventi di carattere urgenti in vista di proseguire il confronto per individuare solu-rutturali. In particolare, la Regione si è impegnata ad intervenire immediatamentene criticità a partire dall’erogazione, già nei prossimi giorni, di oltre 4 milioni di euroall’attività 2010. La Regione provvederà a costituire un organo tecnico di verificacedere alla valorizzazione delle prestazioni di alta complessità riabilitativa per gli

006-2009, così da consentire la relativa liquidazione entro 45 giorni dall’inizio delleioni di verifica. Le parti si sono impegnate a concordare un nuovo incontro entrodel mese per affrontare la tematica del finanziamento strutturale della Fondazione.pena di citare i passi essenziali del comunicato emesso dalla presidenza della Re-Riguardo il San Raffaele, è stata raggiunta una intesa, su un percorso di lavoro,so nei suoi punti salienti, lungo il quale procedere per arrivare ad una possibile eabile soluzione delle diverse problematiche riferite al gruppo, a cominciare dalla tu- pazienti e dei lavoratori. Un primo accordo è stato raggiunto anche in merito alle

matiche relative alla Fondazione Santa Lucia con primi interventi di carattere ur- vista di proseguire il confronto per individuare soluzioni strutturali. In particolare,one si è impegnata ad intervenire immediatamente su alcune criticità a partire dal-zione, già nei prossimi giorni, di oltre 4 milioni di euro relativi all’attività 2010. Lae provvederà a costituire un organo tecnico di verifica per procedere alla valoriz-

e delle prestazioni di alta complessità riabilitativa per gli anni 2006-2009, così dantire la relativa liquidazione entro 45 giorni dall’inizio delle operazioni di verifica. Le

sono impegnate a concordare un nuovo incontro entro la fine del mese per af-e la tematica del finanziamento strutturale della Fondazione.

Le prime intese

Nella foto a sinistra, al cen-tro il ministro della SaluteFerruccio Fazio con il sena-tore del Pdl, Domenico Gra-mazio. In alto la protesta delSan Raffaele.

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9ATTUALITA’

LE COSE DA NON DIRE

Settantacinquemilioni dieuro. E’ quanto ha pagatoil Lazio per la cosiddetta

mobilità sanitaria nel 2010. Untrend negativo pesante se sipensa che la Lombardia ha al-l’attivo oltre 444 milioni di europer le prestazioni interregio-nali,l’Emilia Romagna 358,mentre nella regione governatadalla Polverini l’unicoospedalead averci guadagnato è il Bam-bino Gesù con un attivo interre-gionale di161 milioni.Insommamentre alcune regioni del solito“Nord virtuoso” riescono a capi-talizzare i flussi di pazienti dauna zona all’altra del Paese, fa-cendo cassa e rinforzando i bi-lanci, altre regioni del Centro edel Sud, nonostante la spesasanitaria imponente, alla finedei conti risultano addirittura inperdita. Il sistema va riformato.Ma non sempre le buone inten-zioni riescono a centrare l’obiet-tivo prefissato. “Con lariorganizzazione dell’offerta sa-

nitaria messa in campo dallagiunta di centro-destra – attaccail segretario regionale della Fial-sConfsal, Gianni Romano – ilturismo sanitario che nel Laziorappresentava uno dei fiori al-l’occhiello tra le eccellenze delcentro Italia, viene cancellato”.Secondo il sindacato infatti laperdita di 75 milioni di euro di ri-sorse per il Lazio è solo l’inizio.Il trend negativo proseguirànegli anni allargando il deficit.

“Quando il taglio dei posti lettoinizierà a funzionare a regime –denuncia ancora Romano - cisaranno sempre meno servizi esempre più viaggi della spe-ranza fuori regione. Sembraquasi di inaugurare una nuovaforma di pellegrinaggio:quelladella sanità itinerante come mo-strato dal ‘modello Polverini’ chemandai camper in giro per lacittà a fare le visite specialisti-che gratuite.Purtroppo però –

ha aggiunto Romano – l’offertadei camper è per ovvi motivito-talmente insufficiente. Chi hadavvero bisogno di esami cliniciveloci è costretto anche a pre-ventivare cifre importanti per re-carsi nelle regioni limitrofe.Infatti seppur fuori dai confini re-gionali il cittadino/utente paga lostesso ticket per prestazioni neitempi, mentre le spese di viag-gio sono a carico delle sue ta-sche. Oltre ad eventuali spesedi soggiorno. Unamortificazioneanche per la professionalità deibravi operatori sanitari delLazio,che senza colpa alcunasubiscono attoniti una migra-zione di malati verso altre re-gioni, dove la ricettività degliospedali, dotati di attrezzaturemedicali di avanguardia, per-mettono dei ricoveri più celeri”.Cornuti e mazziati. A leggere idati la situazione attuale risultainsopportabile, un paradosso in-comprensibile che costringe icittadini del Lazio da una partea versare le addizionali tra le piùalte del resto d’Italia, dall’altraad intraprendere i cosiddetti“viaggi della speranza ”.“Spesso curarsi in altre zone del

Paese è una necessità e nonuna scelta – attacca ancora ilsegretaro della Fials Confsal –nel Lazio i tempi di attesa sonoun’oltraggio, non è possibilepensare di dover attendereanche un anno e mezzo per unaecografia addominale, fino a 2mesi per una tac, oltre 3 mesiper una visita oculistica,4 mesiper una mammografia e spessoaddirittura mesi per un ricoveroordinario”.Il problema è tuttoqui: i costi non corrispondono aiservizi resi, la spesa esorbitantedella Pisana non è riconvertitain prestazioni accettabili per ipazienti del Lazio, tanto che inmolti casi si è costretti ad emi-grare fuori regione per farsi cu-rare. E, oltre al danno la beffa,questa migrazionesanitaria èaddirittura costosa. “Servonodegli investimenti mirati perre-cuperare il terreno perso incompetitività con Lombardia edEmilia Romagna,le riconver-sioni degli ospedali e il taglio deiservizi sanitari sono stati unvero fallimento come dimo-strano i milioni di euro che si do-vranno pagare per lamobilitàpassiva dei residenti nel Lazio”.

Salvatore Bergamo

L’Intervista/ Parla Maria Concetta Tufi (Asl RmG)

Operazione screening, un investimento che vale

Nel Lazio l’unico ospedalead averci guadagnato è ilBambiNo Gesù con un at-tivo interregionale di 161milioni.

Migliaia di utenti in viaggio per farsi curare fuori confine

La grande fuga dal LazioGli ultimi dati disponibili sulla mobilità passiva sanitaria bocciano la regione

che nel 2010 ha fatto registrare un passivo di 75 milioni di euro. E il Nord ci guadagna

Direttore dell'Unità Opera-tiva Complessa (UOC) diScreening e Prevenzione

della Asl Roma G, Maria Con-cetta Tufi opera in staff con laDirezione Generale della AslRoma G. Il nuovo manager,Nazareno Renzo Brizioli, puntamolto sul discorso della preven-zione e la dottoressa Tufi, chericopre anche l'incarico di Coor-dinatore Aziendale per il PianoRegionale della Prevenzione2010-2012, appare lanciatis-sima e determinataIl suo lavoro nella UOC diScreening introduce il temadella prevenzione, un con-cetto che si è molto evolutonegli ultimi anni I programmi di screening sonoLivelli Essenziali di Assistenzae una sfida prioritaria per il Ser-vizio Sanitario regionale delLazio. Il Piano Sanitario Regio-nale, sulla scorta delle indica-zioni del Piano Nazionale dellaPrevenzione, ha come obiettivo

prioritario di offrire a tutta la po-polazione che ne può trarre gio-vamento programmi discreening per il tumore dellamammella, della cervice uterinae del colon-retto. Gli orienta-menti legislativi in materia pre-vedono l’abbattimento dellediseguaglianze in ambito di pre-venzione oncologica; “comuni-care salute” a tutte le fascesociali, quindi un impegno civileed etico per lo staff dello scree-ning di questa Asl. La Asl RomaG ha da tempo avviato il Pro-gramma di Screening per il can-cro del collo dell’utero conl’utilizzo del test Hpv per l’indivi-duazione del Papilloma virus.Viene erogato quindi il test Hpvcome test primario nell’ambitodella prevenzione del cervico-carcinoma; il Programma coin-volge circa 130.000 donne infascia di età 25/64 anni residentinel territorio della ASL Roma G. Quanto conta lacomunica-zione, sopratutto quella me-diatica, in tema diprevenzione?La comunicazione di qualità èper gli screeningoncologici un

elemento di fondamentale im-portanza per migliorare l’effica-cia el’efficienza di programmi,servizi e prestazioni. I pro-grammi di screening peri tumoridella mammella, della cerviceuterina e del colon retto in Ita-lia,come dicevamo, sono consi-derati Livelli essenziali diassistenza, cioè undiritto di tuttii cittadini. Per questo, negliscreening oncologici lastrategiadi comunicazione ha comeobiettivo prioritario la promo-zione diun’adesione consape-vole, basata su un’informazionetrasparente. Il sistemasanitariodeve essere in grado di comuni-care limiti e incertezze, ma allo-stesso tempo di ascoltare isoggetti coinvolti, poiché è gra-zie alla loro partecipazione cheè possibile ottenere un migliora-mento continuo della qualitàdiservizi e prestazioni. La sceltastrategica è quella dell’empo-werment,che ha l’obiettivo di for-nire alle persone sufficienticompetenze pereffettuare Quando è nata la sua UOC di-screening e prevenzione?Ho iniziato adoccuparmi di gine-

cologia preventiva nel 1999 conl’istituzione del serviziotrans mu-rale per la diagnosi precocedelle malattie dell’apparato ge-nitalefemminile; successiva-mente, nel 2001, ho partecipatoall’istituzione dell’areaomoge-nea complessa materno-infan-tile. Nel 2002 è stata quindiistituita l’UnitàOperativa di pato-logia cervico-vaginale con DayHospitale ma è nel 2004 cheèstato avviato il primo pro-gramma di screening, per il tu-more della mammella.Nel 2005si è avviato il secondo, per il tu-more della cervice uterina, e più-recentemente, nel 2009, il terzoprogramma per il tumore delcolon-retto. Come è articolato ilservizio?I Programmi di Screening pre-vedono più step nella loro offertadi diagnosi precoce: la popola-zione interessata viene invi-tata,con lettera spedita adomicilio, ad aderire al test pre-ventivo (mammografia,hpv-test,ricerca del sangue occulto fe-cale). Il referto, se negativo, vie-neinviato al domicilio mentreeventuali casi dubbi o sospetti

vengono richiamatitelefonica-mente per sottoporsi ad appro-fondimenti diagnosticidirettamente presso la sedecentrale, oggi a Tivoli. Per ga-rantire uniformità di accesso, eper meglio garantire la cittadi-nanza, abbiamo scelto da tempodi avvalerci di Unità Mobili ap-positamente attrezzate per l’ero-gazione delle mammografie edeitest ginecologici. I mezzi ven-gono via via stazionati sui di-versi Comuni, all’insegna delmotto “la sanità incontra ledonne”. Si è trattato di unascelta indubbiamente vincente,che ci aiuta a superare le diffi-coltà derivantidalla vastità ecomplessità del territorio. Perquanto riguarda invece la som-ministrazione del test per la ri-cerca del sangue occulto fecale,ciavvaliamo della preziosa colla-borazione delle Farmacie. Quali comuni interessa?La Asl Roma Gdetiene la mag-gior estensione territoriale traquelle della provincia di Roma,ela sua sfera di competenza in-veste 70 Comuni ed una Comu-nità Montana.

Giulio Terzi

SSLazio

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Nel 2010, nel Lazio 8.923donne sono ricorse alpronto soccorso dichia-

rando di aver subito un’aggres-

sione: 797 di queste donne sisono ripresentate in ospedale per-ché vittime di violenza.E’ quantoemerge dal workshop “Percorso

assistenziale in acuto della vittimadi violenza” che il 7 aprile al SanGallicano, ha posto l’attenzionesul fenomeno della violenza sulledonne e sui bambini. La giornata– organizzata dall’Agenzia di Sa-nità pubblica con il patrocinio dellaSIMEU (Società dei Medici diEmergenza e Urgenza) ha pre-sentato i primi risultati di un pro-getto formativo volto a preparareil personale ad affrontare e gestireal meglio l’assistenza alle vittimedi violenza. Durante il convegnosono intervenuti il Direttore Gene-rale dell’Asp Gabriella Guasticchi,il dg dell’Ares 118 Antonio DeSantis e la Presidente della SimeuMaria Pia Ruggeri.I DATI- Le donne vittime di vio-lenza sessuale che si sono rivolteai servizi di emergenza sono state115, nella maggioranza (32.5%)con età compresa tra i 25 e i 34anni. Gli atti di violenza sessualehanno comunque colpito le donne

dai 15 ai 50 anni senza sostanzialidifferenze di età.Il 58% dei casi in-dividuati in pronto soccorso ri-guardano donne italiane mentre lestraniere sono il 42%.I BAMBINI Anche il numero delleviolenze registrate sui bambini (0-14 anni) descrive una realtà pre-occupante: nel 2010 i bambinivittime di aggressione curati neiPronto Soccorso del Lazio sonostati 930: 96 nella fascia da 0 a 3anni; 83 nella fascia da 4 a 6 anni;165 nella fascia da 7 a 10 anni;579 nella fascia da 11 a 14 anni.

Inquietante dossier dell’Agenzia di sanità pubblica

Violenza sulle donne, è allarmeNel Lazio novemila casi solo nel 2010, quasi la metà sono straniereIn aumento anche le aggressioni ai minori: 930 in pronto soccorso

Marta Proietti

Di violenza sulle donne si èparlato al workshop “Per-corso assistenziale inacuto della vittima di vio-lenza” che ha avuto luogoil 7 aprile al San Gallicano.

11ATTUALITA’

LE COSE DA DIRESSLazio

Connettiti a ONLINE - NEWS

l’informazione a domicilio

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13ATTUALITA’

SERVIZISSLazio

C’è un vecchio progetto chevede coinvolti a diverso ti-tolo l’amministrazione lo-

cale di Guidonia, l’Università LaSapienza, la Asl RmG, e che hacome obiettivo la realizzazione diun posto complesso di PrimoSoccorso nell’area di Guidoniaper far fronte alle emergenze sa-nitarie del territorio, altrimenticompresse sugli ospedali di Tivolie Monterotondo o orientate suRoma. Un progetto aperto e an-cora di estremo interesse. Ma c’èuna realtà sul campo che sur-roga, supplisce, integra quelleesigenze. A partire dal 1° maggio2009, la Croce Blu ha instauratocon l’ARES 118 una proficua col-laborazione, grazie alla quale

l’Associazione è riuscita a met-tere in atto un progetto ambiziosoe che, nel corso del tempo, si èrivelato innovativo ed estrema-mente utile alla popolazione lo-cale. La convenzione con l’ARESprevede che, presso la sede dellaCroce Blu in Via Casal Bianco aGuidonia, sia attiva una posta-zione 118 operativa 24 ore su 24con un equipaggio formato daun’ambulanza con infermiere, au-tista soccorritore e due militi soc-corritori a bordo, ma soprattuttoun’automedica con autista soc-corritore e medico a bordo. Un

servizio di questo tipo si è rivelatoestremamente utile in un territo-rio come quello di Guidonia, checonta più di 90.000 abitanti ed è ilterzo comune più grande delLazio, ma presenta diverse ca-renze dal punto di vista socio-sa-nitario, basti pensare che nonesiste una struttura ospedalierasul territorio e che il Pronto Soc-corso più vicino si trova a Tivoli. E’ stato infatti riscontrato che incaso di emergenza l’intervento diun medico specializzato sul postorappresenta una garanzia per ilpaziente o il ferito, poiché la pre-senza di una figura professionale

di questo tipo dà maggiore sicu-rezza al malato. Inoltre, è possi-bile risolvere molti interventi sulposto, senza dover trasportare ilpaziente all’ospedale: in questomodo si riducono le attese e gliintasamenti presso i P.S. - so-prattutto quello dell’Ospedale diTivoli – e si è riscontrata una di-minuzione sensibile dei ricoveriche si aggira intorno al 40% inmeno.

In particolare, durante il 2009, ilmedico dell’automedica, su 1015emergenze (codici verdi/ bian-chi), ne ha trattate 412 sul posto.Le restanti 603 emergenze di co-dici bianchi e verdi si possonotrattare direttamente sul posto diprimo soccorso. Riassumendo,una sola postazione di 118 com-posta da ambulanza e auto me-dica che effettua in un anno 2575soccorsi, garantisce che ben il60% - 1545 pazienti - non tran-siti attraverso i pronto soccorsodegli ospedali.

Il ruolo chiave degli uomini della Croce Blu a Guidonia

“Così fronteggiamo l’emergenza”In accordo con l’Ares 118 da due anni funziona un presidio operativo 24 ore su 24

Copre un territorio con 90mila abitanti privo di strutture. Diminuiti del 40% i ricoveri a Tivoli

Giulio Terzi

L’associazione è nata nel 1989, daun'idea dell’attuale presidente dellaCroce Blu che, insieme ad ungruppo di amici decide di costituirela PA Soccorso Guidonia Monte-celio, nel nome di uno spirito divo-lontariato, di solidarietà sociale eassistenziale: una struttura cheope-rasse nel sanitario era da anni unaesigenza della città, e la nascita diuna PA va intesa, nelle intenzionidei fondatori, come soluzione aquesta lacuna.Fu in effetti una grossa novità per lacittà: fin dalla sua costituzionel’emergenza medico-sanitaria harappresentato per la pubblica assi-stenza l’attività principale; erano iprimi passi del volontariato a Gui-donia, e i servizi di primo soccorsovenivano prestati gratuitamente sututto il territorio della provincia nord-est di Roma.La struttura di Guidonia aderisce al-l’ANPAS nel 1990 con il nome diPubblica Assistenza Soccorso Gui-donia Montecelio, e, grazie alla so-lidarietà di una delle associate,riceve la prima ambulanza, una Fiat238 inaugurata con il nome di GM1, dove GM sta per Guidonia Mon-tecelio e diventa, con l’ampliamentodel parco mezzi, un simbolo di ap-partenenza alla città di nascita e didistinzione dalle pubbliche assi-stenze circostanti.

L’iscrizione all’Albo delle associa-zioni di volontariato è stato un

passo importante per l’evoluzionedella Pubblica Assistenza, che ini-zia ad uscire fuori dai confini comu-nali. Prova di questo è ciò cheaccade nel 1996, quando nel Lazioviene istituito il Comitato Regio-nale ANPAS, e il Presidente del-l’associazione ne viene eletto allaPresidenza. Nello stesso annoviene acquistata la prima autome-dica, prima anche nel Lazio, e nel1997 con il Decreto n. 306 del21/02/97, la Regione Lazio auto-rizza la Pubblica Assistenza al tra-

sporto infermi. Nel 1998 viene sti-pulata una convenzione con il Co-mune di Guidonia Montecelio per iltrasporto dei bambini disabili nellescuole. Nel 1999 viene concessoun contributo regionale per la rea-lizzazione del progetto Bed andBreakfast e per la costituzione dellaCasa Alloggio Millefiori: con il con-tributo dei volontari vengono ristrut-turati i locali destinati al progetto,terminati nel periodo del Giubileo edutilizzati come accoglienza per i pel-legrini dell’Anno Santo.Il periodo tra

il 2000 e il 2005 è per l’Associa-zione di fortissima crescita. Il parcomezzi è cresciuto notevolmente e sisviluppano le attività nei confrontidell’Azienda Sanitaria localeRM/G.L’Associazione è pronta per

impegnarsi nel trasporto dei dializ-zati, nel servizio di navetta intero-spedaliero, nelle convenzionistipulate con enti privati della città:impegni quotidiani, resi possibiligrazie alla disponibilità dei volontari.Nell’Assemblea Straordinaria del 4Marzo 2005 l’Associazione deliberauna campagna di rinnovamentodella propria immagine.Obiettivodella campagna è rafforzare l’iden-tità associativa: nasce appunto laCroce Blu, dalle ceneri di quello cheera il Soccorso Guidonia Montece-lio, conservandone tuttavia il nomeai soli fini legali. La Croce Blu in-tende andare incontro ai cittadinigrazie ad una comunicazione piùcurata ed efficace, e creare unamaggiore riconoscibilità dell’asso-ciazione sul territorio per distin-guersi da altri operatori cheoperano nello stesso settore. Unaevoluzione che ha portato numerosicambiamenti, nella gestione delpersonale, che diventa sempre piùqualificato, nel numero di mezzi adisposizione, che cresce insieme alnumero dei servizi effettuati; neicampi di azione, sempre più nume-rosi ed eter

La sede si trova nell’area dell’ex-mattatoio del comune di Guidonia Montecelio.In accordo con il Comune, l'Associazione ha portato avanti un progetto per il recupero della strut-tura che, da completo stato di abbandono, è stata ristrutturata ed ampliata e si trova ora ad ospi-tare, oltre alla sede operativa, anche una casa alloggio a disposizione della collettività, inparticolare di quanti si trovino in uno stato di disagio. La struttura è suddivisa in diverse aree adi-bite a specifiche funzioni: una Centrale Operativa, aperta tutti i giorni, 24 ore su 24 ore; una Se-greteria Operativa, aperta dal lunedì al sabato, dalle ore 8.00 alle ore 13.00; la Casa AlloggioMillefiori, con 11 camere, di cui 2 per disabili, una saletta per la colazione e un’ampia cucina; unaSala Militi a disposizione dei volontari e dei soci che si trovano a prestare il loro servizio; un ma-gazzino per custodire attrezzature, vestiario e materiale sanitario; una officina per le prime ripara-zioni e la manutenzione dei mezzi; un’ampia sala utilizzata per i corsi di formazione e losvolgimento di eventi legati alla vita dell’associazione stessa.Per l’espletamento dei servizi di tipo sanitario e sociale, l’associazione dispone di unparco macchine di 38 mezzi: 1 Ambulanza con un sistema di telecontrollo e monitoraggio abordo, 9 Ambulanze di tipo A (Unità Mobile di Rianimazione), 7 Ambulanze di tipo B (Ambu-lanza da Trasporto), 1 Ambulanza veterinaria , 12 Automediche, 6 Pulmini per trasporto di-sabili, 2 Auto per Servizi Sociali.

Codice rosso 320

Codice giallo 420

Codice verde 460

Codice bianco 143

Interventi ambulanza 1343

2009-2010

Codice rosso 255

Codice giallo 565

Codice verde 362

Codice bianco 50

Interventi auto medica 1232

Nell’ex mattatoio la centrale operativaUomini e mezzi sempre a disposizione

La

SCHEDA

Nella foto gli operatoridelle ambulanze Croce Blucon il Eligio Rubeis, sin-daco di Guidonia Montece-lio

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“Attenzione! Avviso alla clientela:se fra i presenti c’è un medico èpregato cortesemente di recarsi

con urgenza in infermeria, al pianoterra. Ripeto: un medico è pregatodi recarsi con urgenza in infermeriaal piano terra”. La voce metallicadell’altoparlante irrompe nel vociare

confuso dei padiglioni affollati: haun tono allarmato e ansiogeno, eturba all’improvviso la piacevolezzadi un momento di svago. Siamo inuno dei più noti e popolati centricommerciali della capitale, in untranquillo pomeriggio del fine setti-mana, quando giovani e meno gio-vani, e numerose famiglie conpargoli al seguito, approfittano deltempo libero per fare acquisti.Fra i colori squillanti e il luccichiodelle vetrine, il sottofondo della mu-sica in diffusione, e il profumo leg-gero dei vicini caffè, il mondoall’esterno quasi scompare ed è fa-cile arrendersi alla fascinazione del

luogo, per lasciarsi cullare in unostato di dolcissima, inconsapevole,trance.Ma la richiesta pressante richiamal’attenzione, e il paese dei balocchisi trasforma in un luogo di pericolo.Il messaggio, implicito, è chiaro:qualcuno sta male e non c’è nes-suno in grado di soccorrerlo. Diffi-cile a credersi ma è cosi: in uncentro commerciale così grande,aperto al pubblico e frequentatogiornalmente da centinaia di per-sone, che si aggiungono ai tantiche a vario titolo compongono lostaff, non esiste un punto di primosoccorso che possa fronteggiare le

emergenze.Né tanto meno un medico o degliinfermieri a disposizione della clien-tela.Uno spaccato ideale quello che ab-biamo appena raccontato, ma deltutto verosimile. E la confermaviene dagli stessi operatori dei cen-tri. “Qui un pronto soccorso non c’è– ci dice dall’altro capo del telefonola signorina addetta al call centerdell’Ikea di Porte di Roma – però iragazzi della sorveglianza hannofatto un corso di primo soccorso”.Magra consolazione, viene da pen-sare. Ma basterà? Di certo no, se isorveglianti dell’Ikea si comportanocome quelli di Euroma2, che puravendo il fatto il corso, “se neces-sario”, si limitano a “chiamare l’am-bulanza”. E nemmeno serve averenel centro un’infermeria se “non c’ènessun medico a presidiarla”. Vaancora peggio poi se ci si sentemale alla Romanina, perché li – cidice anche stavolta la vocina del“front-office” – non solo “non c’ènessun pronto soccorso”, ma “i vi-

gilanti non hanno fatto corsi e co-munque non si prendono la re-sponsabilità di soccorrerequalcuno”. Solo il Parco Leonardopare al riguardo ben equipaggiato:qui – non crediamo alle nostreorecchie -“il presidio medico c’è”.Sarà forse perché, in realtà, il cen-tro commerciale, il più grande d’Ita-lia, è inserito in un vero e proprioparco, per 160 ettari, una città nellacittà, con i suoi 10mila metri qua-drati di negozi, cinema, ristoranti,alberghi, uffici, centri wellness, abi-tazioni, e decide di migliaia di visi-tatori al giorno: insomma, quidoveva esserci per forza. Ma lascoperta non ci soddisfa: vorremopoter frequentare anche tutti gli altricentri con la tranquillità che garan-tisce la presenza di un presidio me-dico. D’altronde ad appellarsi allalegge non ci si guadagna di più. Lanormativa al riguardo è alquanto la-cunosa, né è stato facile ottenerechiarimenti interpellando i cosiddetti“esperti” in materia, nel mondodella sanità e fra le agenzie di in-

tervento pubblico. Se esiste unanormativa chiara che precisa i cri-teri di sicurezza, in ambito medico-sanitario, nel contesto di grandieventi pubblici – la cui gestione èaffidata alla protezione civile - comeconcerti, raduni, manifestazionisportive o eventi che prevedono lapresenza di grandi masse, con l’ob-bligo ad esempio di predisporremezzi di soccorso mobile, ambu-lanze ed eliambulanze, squadre sa-nitarie, di allertare gli ospedali vicinie assicurare interventi primari ditriage e medicalizzazione, non c’ètraccia di una regolamentazioneche imponga le stesse misure inquelle immense “cattedrali del con-sumo” che sono i centri commer-ciali. Nessun vincolo per lasicurezza a cui richiamare i mana-ger delle strutture, almeno standoai dati disponibili. A guardar beneperò se una legge chiara ci fosse,forse sarebbe ancora più preoccu-pante, perché vorrebbe dire chenessuno, o quasi, la rispetta. E nes-suno, o quasi, la fa rispettare.

Sorpresa, negli affollatissimi centri commerciali della capitale manca un presidio sanitario

Il medico? Non c’è, chiami l’ambulanzaSolo una delle strutture visitate è "coperta". Eppure in aree frequentate ogni giorno

da decine di migliaia di persone non ci si dovrebbe affidare alla sorte

Claudia Di Lorenzi

Dal 1 aprile 2011, a seguito del DPCM del 11 Dicembre2009,sono cambiate le regole per ottenere l'esenzione dallaquota di compartecipazione alla spesa sanitaria per condi-zione economica. I criteri che danno diritto all'esenzione perreddito restano gli stessi, cambia solo il loro metodo di rileva-zione. Il codice di esenzione sarà apposto sulla ricetta diret-tamente dal medico che effettua la prescrizione in base ai daticomunicati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze. I cit-tadini non presenti in elenco, che possiedono i requisiti chedanno diritto all'esenzione ed in ogni caso per l'esenzione E02(stato di disoccupazione), dovranno effettuare l'autocertifica-zione,presso gli sportelli esenzioni della propria ASL di ap-partenenza. Nella fase di impianto del nuovo processo, ossiafino alle prescrizioni effettuate in data 30 giugno 2011, saràpossibile per il cittadino in possesso dei requisiti di legge, con-tinuare ad apporre la firma sulla ricetta. Dal 1 luglio 2011, nonsaranno più accettate ricette riportanti la firma del cittadinocome autocertificazione.

Qualcosa si muove in casa Asp, dopo mesi di immobilismo po-litico e gestionale. Il regime di prorogatio ad libitum degli

organi direttivi potrebbe essere al suo epilogo. Inquesti giorni nel programma all'esame del Con-

siglio regionale in fondo, ma proprio in fondoalla lista c'è la designazione dei nuovi mem-bri del cda dell'Agenzia. Un segnale di ri-scatto dopo mesi di attesa? Il presidenteD'Ubaldo non scalpita più per lasciare lapoltrona e tace. Intanto all'Asp è in pro-gramma la nomina del presidente del ri-nato - sotto tutti i punti di vista - comitatotecnico scientifico- nel quale sono appena

entrati a pieno titolo gli ex presidenti del-l'Agenzia. Obiettivo dell'operazione è rendere

il comitato uno strumento operativo di eccel-lenza e non una velleitaria passerella come è

stato fin qui.

Nella foto il presidente del-l'Asp, il senatore LucioD'Ubaldo (Partito De-mocratico)

Asp, Comitato scientificoarriva il nuovo presidente

Spesa sanitaria,in vigorele nuove regoleper l’esenzione

14ATTUALITA’

Anno I numero 1aprile 2011

INCHIESTA

Page 15: Sanità Lazio 2

15ATTUALITA’

L’INTERVISTASSLazio

Parla Massimo Di Venanzio, ginecologo presso la Casa di cura privata accreditata Villa Pia di Roma

Endometriosi, subdolo maleUna patologia benigna ma particolarmente dolorosa che colpisce il 10%

delle donne in età riproduttiva. Stretto rapporto con l'infertilità

Si è tenuta a marzo la SettimanaEuropea della Consapevolezzadell’Endometriosi. Un’occasione

per fare il punto su una patologia ancora poco co-nosciuta ma che colpisce un numero crescente didonne. Ne abbiamo parlato con il dr. Massimo DiVenanzio, ginecologo presso la Casa di Cura pri-vata accreditata Villa Pia, in Roma. Professore, anzitutto, molte donne non cono-scono l’endometriosi. Vuole spiegarci di cosasi tratta?Si tratta di una patologia benigna estrogeno-di-pendente caratterizzata dalla presenza di tessutoendometriale funzionante al di fuori della cavitàuterina. Se l’endometrio si trova localizzato all’in-terno dello spessore miometraile (la parete mu-scolare del corpo uterino) si parla di “Adenomiosi”o “endometriosi interna”. I nuovi criteri di stadia-zione dell'American Society for Reproductive Me-dicine si basano sulla sede degli impianti, sullapresenza di endometriosi superficiale o profonda edi aderenze sottili o spesse. La patologia siesprime secondo quattro stadi: lo stadio I mostrauna intensità minima, con pochi impianti di tessutoendometriosico superficiali; lo stadio II è riferito aduna forma lieve, con diversi impianti leggermentepiù profondi; lo stadio III corrisponde ad una formamoderata della patologia, con molti impianti pro-fondi e/o piccoli endometriomi ( masse cisticheovariche> 2-3 cm) su una o entrambe le ovaie; in-fine lo stadio IV esprime la patologia nella suaforma più grave, con molti impianti profondi, volu-minosi endometriosi su una o entrambe le ovaie ealcune aderenze strette talvolta con il retto cheaderisce alla faccia posteriore dell’utero.Quali sono le cause e i fattori che favoriscono

l’insorgenza della patologia?Molte teorie hanno cercato di spiegare il meccani-smo della malattia. Le varie ipotesi affermano chel’endometriosi si stabilirebbe per il reflusso tuba-rico di sangue mestruale, per la presenza di cel-lule di residui embrionali ( E. congenita), perdisseminazione per via ematica, per dissemina-zione chirurgica, oppure a causa di una predispo-sizione genetica (l’ereditarietà, tuttavia, non superail 7-8% dei casi) o infine per patogenesi autoim-munitaria.Quanta parte della popolazione femminile col-pisce?Circa il 10% di donne in età riproduttiva, ma è im-portante sottolineare che questa è solo una stimaapprossimativa in quanto troppo spesso la dia-gnosi di malattia endometriosica giunge in manieradel tutto casuale in pazienti asintomatiche. Bastipensare che è stato stimato che il 25-50% delledonne infertili abbia un'endometriosi.E’ possibile una diagnosi precoce dell’endo-metriosi?La diagnosi precoce è auspicabile nelle pazientiche presentino una sintomatologia correlata allamalattia: principalmente dismenorrea (dolore pel-vico moderato/severo in fase perimestruale), di-spareunia (dolore durante i rapporti sessuali),stitichezza severa e dolore alla defecazione. Lapresenza di questi segnali obbliga il clinico ad in-traprendere un percorso diagnostico mirato con unapproccio di primo livello rappresentato dall’eco-grafia trans vaginale e dal dosaggio sierico di unmarkers tumorale piuttosto sensibile come il

CA125; un approccio di II livello è,invece, rappre-sentato dalla Risonanza Magnetica pelvica.E sul fronte della prevenzione, cosa si puòfare?Non esiste una prevenzioneSi può guarire? Quali terapie?La malattia endometriosica è, per definizione, unapatologia cronica. Il trattamento deve essere indi-vidualizzato sulla base dell’età della paziente, deisintomi, del desiderio di una gravidanza e del-l’estensione della patologia. Le opzioni medicheincludono la soppressione farmacologica della fun-zione ovarica per arrestare la crescita e l’attivitàdegli impianti endometriosici: analoghi del GnRH,contraccettivi orali, progestinici, Danazolo. Le op-zioni chirurgiche, invece,prevedono la resezionedella maggior parte di tessuto endometriosico pre-servando il più possibile tessuto sano nella pa-ziente desiderosa di prole. Nella paziente di età piùavanzata non desiderosa di prole si può ipotizzareun approccio più radicale sicuramente più risolu-tivo. Per entrambi il gold standard ad oggi è rap-presentato dalla Laparoscopia. Quali implicazioni psicologiche per la donna?Il dolore pelvico cronico è una condizione debili-tante e demoralizzante per la donna affetta da en-dometriosi; quando a questo si aggiunge unagestione non ottimale della patologia, generata dascarsa informazione, dalla sottovalutazione dellastessa o da una scarsa empatia del clinico, il sensodi frustrazione da parte della paziente diventa pre-dominante e invalidante. Quante pazienti sono trattate per endometriosiogni anno a Villa Pia?Pur non essendo un centro di riferimento di III li-vello per la malattia endometriosica nell’anno 2010io e la mia equipe abbiamo operato circa 100donne, di queste circa il 30 % risultava affetta daendometriosi di IV stadio, la più estesa. Che tipi di intervento sono praticati?L’ 80% degli interventi sono stati effettuati medianteun approccio laparoscopico, il restante per via la-parotomia (laddove le pazienti presentavano nellapropria storia anamnestica diverse laparoscopie opatologie infiammatorie pelviche che avevano ge-nerato aderenze importanti tra gli organi addo-mino-pelvici tali da impedire l’interventolaparoscopico).In che misura endometriosi e sterilità risultanocollegate?Circa il 35% delle donne con endometriosi risulta

sterile. La sterilità è per lo più dovuta alle aderenzaperitubariche e periovariche ( con un aumento delrischio di insorgenza di gravidanza extrauterina),alle dislocazioni del padiglione tubarico, che impe-discono la captazione dell’ovocita oltre che ad unaridotta riserva ovarica, conseguente all’escissionechirurgica per l’eradicazione della patologia stessa.Inoltre risulta implicata anche una modificazionedell’endometrio che diventa più ostile all’annida-mento dell’embrione. I risultati di molte ricerchehanno fatto ipotizzare che l’endometriosi sia do-vuta ad un’alterazione del sistema immunitario. Siafferma che gli impianti di endometrio ectopicoavrebbero un forte potere antigenico per cui si for-merebbero anticorpi antiendometrio sia a livellouterino, sia nel siero, sia nel fluido peritoneale. Talianticorpi possono interferire sulle possibilità del-l’embrione di impiantarsi nell’utero e forse anchesulla possibilità dello spermatozoo di fecondarel’ovocita e/o sulla vitalità dell’embrione nelle pri-missime fasi del suo sviluppo.Il richiamo alla “consapevolezza” della Setti-mana di eventi sull’endometriosi, dal 13 al 17marzo, nasce dal fatto che si tratta di una pa-tologia poco conosciuta. Come mai?Poco conosciuta in quanto l’endometriosi è unapatologia subdola, con un’ampia gamma di sfu-mature sintomatologiche, talora eclatanti ma piùspesso sovrapponibili ad altre patologie addomino-pelviche, talora completamente silenti. Basti pen-sare che in molti casi, sempre più spesso,l’endometriosi viene diagnosticata solo in corso dilaparoscopia diagnostica effettuata per una sterilitàdella paziente sine causa. Il richiamo alla consa-pevolezza dell’endometriosi è fondamentaleanche e soprattutto per far si che non venga piùsottovalutata come in passato e perché venga ga-rantita un’adeguata attenzione alla donna che neè affetta. Al IV Congresso internazionale sull'en-dometriosi svoltosi a Roma gli esperti hanno pro-posto di dare vita a linee guida per la diagnosiprecoce e la cura dell'endometriosi e di creare"centri di eccellenza" che offrano alle pazienti in-formazioni corrette ed aggiornate affrontando lapatologia con un approccio multidisciplinare. Il pre-sidente del congresso Sebastiano Campo ha ri-badito che l’equipe dei medici deve comprendereun ginecologo, uno psicologo, uno specialista deldolore, un urologo, un chirurgo, uno specialistadella fertilità e un fisioterapista.

C.D.L.

Nella foto il dottor Mas-simo Di Venanzio, gineco-logo presso la Casa diCura privata accreditataVilla Pia.

Page 16: Sanità Lazio 2

La chiamano “sindrome dellapoltrona vuota”. La poltronain questione è quella degli

studi dentistici, sempre più deso-lati negli ultimi anni a causa dellacrisi economica. Per provare aduscire dall’empasse gli odontoia-tri di tutta Italia hanno iniziato astipulare delle convenzioni conAsl e ospedali, accordi “storici” sesi pensa che fino ad oggi l’unicosettore non coperto dal Serviziosanitario nazionale è proprioquello delle cure odontoiatriche,con il 91% degli italiani che si ri-volge ad un libero professionista.Ma la crisi ha costretto a cam-biare i costumi. Le statistiche di-cono che un italiano su cinque harinviato la visita dal dentista e al-lora gli odontoiatri sono corsi ai ri-pari: convenzioni con le strutturepubbliche, tariffe più basse(anche del 40%) e bacinod’utenza notevolmente ampliato.Gli accordi hanno preso piedeanche nella Capitale: Villa Tim-peria, il Cristo Re, Tor Vergata, eFate Bene Fratelli tanto per farequalche esempio. Ma non tuttisono d’accordo. “In molti casi iprezzi che si pagano negli ospe-dali pubblici sono simili a quelli

dei privati,a volte persino più alti– spiega Brunello Pollifrone, pre-sidente dell’Associazione dentistidi Roma - Perché nelle strutturepubbliche si applica un tariffariostandard, mentre quando ci si ri-volge ad un libero professionistac’è un rapporto anche personalecon il cliente. Se uno deve fareun’operazione complessa, ilprezzo non corrisponde allasommatoria dei costi dei singoliinterventi”. Secondo il numerouno dei dentisti capitoliio il cosid-detto “low cost” non esiste. “E’una presa in giro – attacca- Noicome associazione siamo con-trari. Ho avuto anche una de-nuncia dai vertici del Cristo Reper aver affermato che gli scontinon sempre garantiscono laqualità. Gli impianti infatti hannoun prezzo, se si vogliono faresaldi del40% si rischia di inficiarela qualità dei prodotti, acqui-stando impianti sotto costo. Orane dovrò rispondere all’Ordinedei medici”. Insomma, secondoPollifrone, quando il prezzo èstracciato c’è da insospettirsi. “Ioso di qualche collega che vaacomprare le strutture a PortaPortese. Ma se il cliente vuole laqualità deve spendere di più. Chiscende al di sotto dei prezzistandard, non può garantire unlavoro rigoroso. Sono regole dimercato”.

Lorenzo De Cicco

Il calo di pazienti non si arresta e gli odontoiatri corrono ai ripari

La carica dei dentisti low-costDa Tor Vergata al Cristo Re: aumentano gli accordi tra liberi professionisti e AslMa l’Andi attacca: “Quando i prezzi sono troppo bassi la qualità è a rischio”

Nel VI Municipio di Roma (Prenestino-Centocelle) agisce da poco più di unanno il Centro Chirurgico Multidisci-

plinare S.Caterina Della Rosa. E’ in unazona “rossa”, anzi considerata la più a sini-stra di tutto il comune di Roma. Per questo,qualcuno sta pensando di chiuderlo, per“punire” la popolazione, colpevole di avervotata compatta per Rutelli, contro Ale-manno. Ma come, quando tutti, da Fazioalla Presidente Polverini, vanno procla-mando lo spostamento di risorse dagliospedali al territorio, con notevoli risparmie sicuri vantaggi per gli utenti, ecco minac-ciare una pesante quanto iniqua e ridicolaritorsione! Il Centro in questione, autoriz-zato formalmente il 18 gennaio 2010(Giunta Marrazzo, reggenti Montino-Mor-lacco) ha nel frattempo operato circa 1200pazienti, dei quali la metà per interventi dichirurgia giornaliera (day-surgery) varia(120 varici arti inf., 80 interventi OTRL, 400

di chirurgia generale) ed il resto, uditeudite, per interventi di terapia del do-

lore. Sì, perché lì agisce anche unospoke della rete del dolore cronico

nella Regione Lazio, l’unico auto-rizzato sul territorio, che è con-siderato dal prof. Fanelli ,coordinatore nazionale dellaCommissione per il Dolore e

l’applicazione della legge 38, un modello daesportare.E pensare che tutto questo nasce benprima della Giunta Marrazzo, da un’ideadell’allora Direttore Sanitario della RMC,Francesco Vaia, che per primo intuì la ne-cessità di rapportarsi con il territorio per unsistema di terapie applicabili a basso costoma ad alto impatto di efficacia proprio sottocasa dei potenziali pazienti. Era governa-tore allora Storace ed il Direttore Generaledella ASL non seppe prendere in conside-razione l’attuazione di questo progetto. AlS.Caterina non si fanno soltanto interventichirurgici o terapie del dolore invasive: sonostate anche effettuate in circa 13 mesi 4300prestazioni ambulatoriali di terapia del do-lore, 2500 prestazioni ambulatoriali chirur-giche e ben 799 visite flebologiche. Il tuttocon poco personale anestesiologico e conalcuni chirurghi, di cui soltanto uno a tempopieno. Un contatto ravvicinato è stato isti-tuito con i medici di famiglia del Distretto,nell’ottica di una sempre più vicina collabo-razione.Se questi sono i numeri, se alto è il gradi-mento da parte dei residenti ed anche di cit-tadini fuori circoscrizione (compresi altiprelati del Vaticano!), a chi gioverebbe lachiusura di tale Centro? Qualcuno dice chegioverebbe alle case di cura private della

zona, altri che ci sarebbero le pressioni di unchirurgo (o angiologo?) frustrato, ma l’ipotesiche più si fa strada è quella della “ritorsione”politica. Argomento assurdo, che comunquepotrebbe trovare una semplice soluzione po-litica: il 29 ottobre 1975 un ragazzino di 16anni, Mario Zicchieri, detto “cremino”, vieneassassinato in via Gattamelata (non lontanodal S.Caterina della Rosa): era un giovanis-simo attivista del MSI, uno delle tante vittimedi quegli anni. Perché il prossimo 29 ottobreil Presidente Polverini, assieme al ministroFazio ed anche ai due “numi tutelari” dellastruttura, il prof. Fanelli ed il prof. Zangrillo(quest’ultimo di recente nominato Vice-Pre-sidente vicario della Commissione Ricercadel Ministero della Salute) non inaugura ilCentro Chirurgico Multidisciplinare “MarioZicchieri”, potenziato nel frattempo di attrez-zature (che al momento vengono accurata-mente contingentate dalla RMC) e dipersonale, soprattutto paramedico? Sarebbeuna risposta civile ed anche doverosa ai bi-sogni della popolazione ed anche un mes-saggio politico ben comprensibile: la regionedel Governatore Polverini è quella del fare edello stare dalla parte dei cittadini. “Io vi ho acuore” non sia soltanto uno slogan da car-tellonistica, ma questa ne divenga una di-mostrazione.

Il Narratore

Francesco Storace, gover-natore all’epoca della rea-lizzazione del centro

Il 91% degli italiani si rivolgead un libero professionista,solo l'8% ad un dentista pub-blico

Le manovre attorno al centro chirurgico multidisciplinare del VI Municipio

Difendiamo il S.Caterina Della Rosa dalle cattive idee

16ATTUALITA’

Anno I numero 1aprile 2011

L’INCHIESTA

Page 17: Sanità Lazio 2

Nell’immaginario comune sipensa che la sanità del SudItalia abbia delle carenze ata-

viche e insanabili di tipo strutturale:Neuromed esprime l’opposto nonsoltanto nella clinica, ma soprattuttonel settore della ricerca. Questotema è sempre più attuale se sipensa che proprio il triennio 2011-2013 vede come primario obiettivo ilrilancio della ricerca made in Italy. La ricerca è per Neuromed il motoredella dinamica scientifica, indispen-sabile per approfondire ed ampliarela conoscenza e per offrire ai pa-zienti cure all’avanguardia. Neuro-med infatti utilizza il metodotraslazionale, uno scambio continuodi informazioni tra laboratorio e atti-vità clinica, che consente un’assi-stenza eccellente e tempestiva. Iprogetti in corso sono tesi a indivi-duare le basi molecolari e geneticheper la diagnosi e cura delle malattiedel sistema nervoso centrale e peri-ferico. Al Neuromed si utilizzano lenuove tecnologie per la messa apunto di metodi diagnostici innova-tivi, per le tecniche chirurgiche sem-pre più all’avanguardia e perverificare l’efficacia clinica di nuovifarmaci. La struttura del Parco Tec-nologico del Neuromed, ubicata in

Località Camerelle a poca distanzadalla clinica, ospita diversi laboratoriper la ricerca scientifica. Gran partedel bilancio del Neuromed è dedi-cato al finanziamento di progetti fi-nalizzati allo studio delleneuropatologie. Numerose speri-mentazioni sono possibili anche gra-zie al finanziamento istituzionale delMinistero della Salute e attraversocollaborazioni sviluppate negli annicon enti di ricerca nazionali ed esteri. In particolare, l’attività di ricerca siconcentra prevalentemente nelcampo della biologia cellulare e mo-lecolare e in quello della neurofisio-logia e della neurofarmacologia. Lelinee di ricerca rivolte allo studio mo-lecolare riguardano tematiche di in-dubbio interesse per la clinica, nellalogica di sviluppare anche la ricercatraslazionale su argomenti che, nona caso, hanno larga rappresenta-zione in review articles, nelle rivistemediche generali e biotech di mag-giore rilevanza. Risultati significativisono stati ottenuti a seguito della pa-togenesi genetico-molecolare dellemalattie vascolari e di studi di dia-gnostica e caratterizzazione mole-colare di neoplasie del SNC, di studiepidemiologico-genetici e molecolaridei pazienti affetti da malattie eredi-tarie del SNC (Morbo di Huntington,parkinsonismo familiare ecc.), distudi rivolti alla caratterizzazioneneurofisiologica dei disturbi del mo-vimento e delle aree epilettogene.

La sanità del Sud è anche tecnologie avanzate e cure all’avanguardia

Il cuore di Neuromedla ricercaIlaria Pucci

Cinque i lavori selezionatidalla Società Americana di NeuroscienzeI

progetti di ricerca dei i ricercatori del Neuromedsono stati segnalati alla stampa scientifica ameri-cana a San Diego (USA) durante il congresso an-

nuale della Società Americana di Neuroscienze, doveogni anno si riuniscono più di 30.000 ricercatori pro-venienti da ogni parte del mondo che presentano i ri-sultati delle loro ricerche sulla fisiopatologia delsistema nervoso centrale e periferico.Ben 5 gli abstract dei ricercatori del Neuromed sele-zionati per “l’estremo interesse e per l’attualità dei ri-sultati presentati”. Quindi non solo ottimi risultati per i ricercatori delNeuromed ma anche grande capacità di essere alpasso con i tempi.Tre i poster che hanno avuto come oggetto la “Scle-rosi Multipla” :Beneficial effect of mGlu4 receptor activation onanimal models of experimental autoimmune en-cephalomyelitis on DA rats and experimental au-toimmune neuritis in Lewis rats (Effetti beneficidell’attivazione dei recettori mGlu4 in modelli animalisperimentali di encefalomielite e neurite autoimmunein ratti).

mGlu4 receptor-like immunoreactivity in the ce-rebrospinal fluid of patients with multiple sclero-sis and mice with experimental autoimmuneencephalomyelitis (Immunoreattività per i recettorimGlu4 nel liquor di pazienti con Sclerosi Multipla intopi con encefalomielite autoimmune sperimentale).

Effects of fingolimod, an oral active drug for mul-tiple sclerosis, on neurodegeneration/neuropro-tection mechanism (Effetti del fingolimod, unfarmaco attivo per via orale contro la Sclerosi Multi-pla, sui meccanismi di neurodegenerazione/neuro-protezione).Ricordiamo che il fingolimod è un farmaco per il trat-tamento della Sclerosi Multipla già presente sul mer-

cato Italiano ed Europeo e non negli USA, dove staper essere approvato. Il fatto che i ricercatori del Neu-romed abbiamo dimostrato che tale farmaco abbiaun effetto neuroprotettivo ha suscitato grande inte-resse in tutta la comunità scientifica.

Il quarto poster presentato ha avuto invece comeoggetto “il ruolo protettivo dei recettori metabo-tropici per il glutammato mGlu4 contro il dannoischemico cerebrale” (Protective role for mGlu4metabotropic glutamate receptors against ische-mic brain damage). I risultati hanno dimostrato chel’attivazione farmacologica dei recettori mGlu4 puòmigliorare la sintomatologia dopo un evento ische-mico e ridurre l’entità del danno (riduzione dellamorte dei neuroni). Questo effetto è stato osservatoanche quando la molecola è stata somministrata 20minuti dopo l’induzione del danno cerebrale nei topisottoposti ad ischemia cerebrale acuta, un modellosperimentale animale che simula l’ictus nell’uomo.

Il quinto poster “I recettori metabotropici per ilglutammato sono coinvolti nella fisiopatologia diun modello animale di sindrome di Angelman,che rappresenta un modello animale di autismomonogenico” (Metabotropic glutamate receptorsare involved in the pathophysiology of the An-gelman’s syndrome animal model of monogenicautism), ha presentato dati su una malattia rara, lasindrome di Angelman, che si manifesta durante l’etàdello sviluppo e causa ritardo mentale e disturbi au-tistici. Tale patologia ereditaria (per un difetto di unsingolo gene), presenta una sintomatologia com-plessa che comprende microcefalia, convulsioni, ri-dotta o assenza di linguaggio, atassia e disturbiautistici. Questa ricerca potrebbe aprire nuove pro-spettive per ricerche future sulla “sindrome del pu-pazzo felice” così definita per la tendenza che hannoi soggetti a sorridere continuamente.

Usa, i progetti di Pozzilli conquistano

il paese-simbolo dell’avanguardia

Carlo ha perso i suoi ricordi: ha l’Alzheimer.Giulio convive con il tremore: ha il Parkinson.Giada deve imparare a gestire le sue crisi: è epilettica.Filippo deve operarsi: ha un tumore cerebrale.Aiuta la ricerca sulle malattie neurologiche: Dona il 5 per mille a Neuromed. Il 5 per mille è un’imposta sul reddito che le persone possono scegliere di indirizzarea sostegno della ricerca sanitaria o di altre attività sociali. Tale scelta non comporta inalcun modo un aumento delle tasse e non sostituisce l’8 per mille. Per destinare il 5per mille del proprio reddito a Neuromed basta firmare il riquadro ricerca sanitaria

presente nei moduli della dichiarazione dei redditi (Unico, 730, Cud, etc.), specifi-cando il codice fiscale 00068310945. L’impegno di Neuromed è quello di un continuosguardo al futuro senza dimenticare che al centro del suo operato c’è il paziente. Lavolontà di questa struttura è quella di offrire cure all’avanguardia e di altissimo livellonell’ambito le neuroscienze e delle malattie del sistema nervoso centrale periferico.E’ importante ricordare che la ricerca in ospedale consente di offrire ai pazienti cureinnovative ed efficaci e, se incrementata, può consentire di raggiungere traguardinuovi e significativi, soprattutto per la cura di malattie a forte impatto sociale, quali Al-zheimer, Parkinson, Epilessia, Sla, Sclerosi Multipla, malattie rare.

Perché donareil 5 per millea Neuromed

Grazie per aver creduto nella nostra ricerca;Grazie per aver fatto un gesto semplice che noncosta nulla ma che vale tanto.Grazie per aver acceso una speranza per coloro chegiocano un’ importante partita il cui valore è la vita.Grazie per aver aiutato Maria Teresa, Antonio, Gio-vanna, Richard e gli altri ricercatori del Neuromedche ogni giorno lavorano per trovare cure semprepiù efficaci per prevenire e affrontare le malattieneurologiche .Grazie per aver creduto che i sogni possono diven-tare realtà quando molte persone si impegnano perlo stesso obiettivo. Cosa è stato fatto:

I fondi che Neuromed ha ricevuto grazie alla generositàe alla sensibilità di chi ha finora destinato il 5 per milledel proprio reddito sono stati investiti in tre progetti di ri-cerca, tuttora in corso: 1) Impianto di una struttura per la stabulazione e lo stu-dio di mini-pigs da adoperare per ricerche su terapiegeniche e cellulariObiettivo: sperimentare una terapia cellulare per contra-stare le conseguenze dell’infarto del miocardio; con laricerca si intende verificare se l’impianto di cellule sta-minali seminate su una matrice biodegradabile possa ri-pristinare la funzione cardiaca dopo l’infarto.2) Analisi delle basi genetico-molecolari dell’accidentecerebrovascolare e del danno vascolare in modello ani-

mali e nell’uomoObiettivo: identificare meccanismi molecolari da usarecome target nella prevenzione e terapia degli eventicardio-vascolari; la ricerca viene condotta in collabora-zione con il Centro MDC di Berlino e con l’Universitàdel Michigan.3) Implementazione delle tecnologie per l’analisi delmovimento nel contesto di una Rete Clinica RegionaleObiettivo: sviluppare una rete territoriale, trasferibile allivello nazionale, di Alta Specializzazione per la ge-stione clinico-riabilitativa di patologie neurologiche, or-topediche e reumatologiche attraverso l’analisi dellapostura e del movimento e delle loro variazioni rispettoa una situazione di normalità.

5 per mille volte grazie

17ATTUALITA’SSLazio

Page 18: Sanità Lazio 2

Sono dei veri e propri soccor-ritori, oltre che degli autisti,e sono chiamati a compiti

estremamente delicati e com-plessi, che richiedono formazioneprofessionale e comportano re-sponsabilità superiori a quelle dimolti altri lavori. Eppure il lororuolo viene barattato col denaro, adiscapito della qualità del servizioma soprattutto con gravi rischi perla salute degli utenti. E’ quello che succede a Latina,nella cui Asl, da marzo, sono statilicenziati 17 autisti soccorritori, vo-lontari dei comitati locali e delega-zioni della Croce Rossa Italianadella provincia di Latina, operativisulle ambulanze del 118 in tutta

l’azienda sanitaria pontina, e so-stituiti con personale senza com-petenze specifiche e con scarsaconoscenza del territorio, met-tendo a rischio le attività di soc-corso. Né medici né infermieri gliautisti soccorritori collaborano at-tivamente con il personale medicodurante le attività sanitarie ehanno responsabilità circa la sicu-rezza dell' équipe di soccorso e lagestione delle radio-comunica-zioni, non di rado intervenendonelle stesse operazioni di aiuto.Tra i loro compiti c’è quello di con-trollare l'efficienza dei mezzi disoccorso e delle attrezzature sa-nitarie presenti, di movimentare gliinfortunati e fornire supporto vitaledi base, di prevedere la natura ela gravità delle lesioni. Il tutto dopouna formazione ai rischi di infortu-nio, allergia, contaminazione, e dimalattie come tbc, HIV, epatite e

meningite e burn-out, dovendoanche di gestire l’emotività in si-tuazioni di emergenza e tollerarealti livelli di stress nervosismo estanchezza. Ma tutto questopassa in secondo piano se a pre-valere è sempre la logica del de-naro, che continua a mieterevittime nel mondo della sanità la-ziale, già esangue per l’attuazionedel piano di rientro della sanità.A farne le spese sono stavolta i 17autisti soccorritori, ai quali, dalfebbraio scorso, è stata negata laproroga del servizio per il mese dimarzo. Nonostante le promessericevute questi lavoratori precari(tutti di Gaeta e del comprensorioSud Pontino) sono stati illusi circala possibilità di una vera stabiliz-zazione, oltre che subito rimpiaz-zati. Una beffa finale che faseguito ad altre amare sorprese.“La nostra odissea inizia nel 2006

quando alla C.R.I. di Latina vieneaffidata dall'Ares il servizio 118 sulterritorio di tutta la provincia di La-tina - ha spiegato Gianluca Pietro-santo, portavoce degli autistilicenziati in una audizione allaCommissione Sanità del Consiglioregionale del Lazio, il 22 marzo -siamo stati assunti tramite unaOnlus in diverse sezioni comunalidella Croce Rossa, abbiamo pre-stato servizio sulle ambulanze intutta la provincia, da Aprilia a Min-turno. Nell'agosto del 2009 arrivail primo contratto full time, trasfor-mato in part time con il rinnovoche doveva avvenire prima perquattro mesi, poi, mese per mesefino al definitivo licenziamento, il28 febbraio 2011”. L’aspettativaera quella dell’assunzione, vistoche questi lavoratori erano statipian piano impiegati in turnazioniinquadrate, assieme ai dipendenti

veri e propri, e che erano disponi-bili h24, senza festività ricono-sciute, e pronti a coprire davolontari i turni lasciati scoperti daidipendenti assorbiti, solo per otte-nere ore lavorative in più ed arri-vare ad uno stipendio dignitoso.Grazie all'impegno sindacale,erano riusciti ad ottenere fino al 31maggio 2011 la proroga di un con-tratto che doveva scadere a gen-naio, aumentando la probabilità diun inquadramento nell'organi-gramma al momento del rinnovodella convenzione fra C.R.I. eARES118. Ma il recente licenzia-mento ha azzerato qualunqueprospettiva e i diciassette autistichiedono con forza il reintegro alservizio: si tratta di altri precari cherinnovano l’urgenza di fronteg-giare il problema della mancanzadi prospettive occupazionali in unterritorio già duramente provato.

Licenziati per motivi di bilancio 17 autisti soccorritori

Sparano pure sulla Croce RossaNonostante le promesse i precari del comprensorio Sud Pontino da febbraiosono rimasti senza contratto. E ora chiedono di essere reintegrati in servizio

18DAL TERRITORI0

Anno I numero 1aprile 2011

QUI LATINA

Nella foto gli operatori dell C.R.I.(Croce Rossa Italiana) di stanzanella provincia pontina

Claudia Di Lorenzi

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19DAL TERRITORI0

QUI VITERBOSSLazio

Il rapporto dell’Azienda sanitaria e dell’Inail

Malattie professionali, è boomAumentano del 22,6% le patologie contratte sul lavoro nel 2010

Colpiti soprattutto gli uomini (81%). Ma gli incidenti sono in calo

Nella foto Adolfo Pipino, di-rettore generale dell'Asl diViterbo

Acolpire non è il dato nume-rico di per sé, obiettiva-mente contenuto, quanto il

corrispettivo valore percentualeche segnala nel giro di un announa crescita esponenziale del fe-nomeno. A preoccupare nella Asldi Viterbo è l’aumento significa-tivo degli episodi di malattie pro-fessionali, registrato nel primosemestre del 2010, e confrontatosullo stesso periodo dell’annoprecedente. Il dato compare nel-l’ultimo report stilato dall’aziendasanitaria di Viterbo e parla di unincremento del 22,6% delle pa-tologie contratte sul lavoro. Unafotografia che, per quanto preoc-cupante, a ben vedere confermail trend in crescita dell’anno pre-

cedente, raccontato ai cittadini eagli operatori sanitari all’inizio dimarzo, nel corso di una presen-tazione pubblica del dossier2009, realizzato dalla Asl in col-laborazione con l’Inail. Per l’oc-casione l’azienda spiegòl’incremento numerico delle ma-lattie professionali dicendo diaver ampliato il numero delle pa-tologie monitorate e di aver mi-gliorato i sistemi di diagnosi erilevazione, ma a tutt’oggi laspiegazione pare non sufficiente. Piuttosto si tratta di un fenomenoche cresce di proporzioni nono-stante l’incremento delle attivitàdi monitoraggio e controllo degliambienti e delle macchine di la-voro, promosso dagli enti localiper favorire la salute e l’incolu-mità dei lavoratori, e che la Asldice di voler ulteriormente po-tenziare. Anche perché, a frontedei dati sulle malattie professio-

nali, il report riferisce anche l’an-damento degli incidenti sul la-voro, che non crescono, vadetto, ma decrescono legger-mente o in molti casi si manten-gono stabili. I numeri neldettagliano parlano da soli. In particolare, per ciò che ri-guarda le patologie professionali– si legge nel report della Asl -“Nel 1° semestre 2010 si è os-servato un netto incremento delnumero delle segnalazioni permalattia professionale (…) ri-spetto a quello rilevato nell’ana-logo periodo del 2009”, con unaumento da 65 a 84 casi, 19 inpiù, che ha visto in crescita so-prattutto le malattie da sovracca-rico biomeccanico degli artisuperiori (tendiniti, tunnel car-pale, sindrome tensiva del collo),diffuse in particolare tra i lavora-tori che effettuano mansioni concompiti ciclici e ripetitivi. A se-

guire – secondo una tendenzache ricalca anche i dati com-plessivi del 2009 - le malattiedel rachide (la colonna verte-brale) e le ipoacusie da rumore,con, rispettivamente, 23 e 13casi nei primi sei mesi del 2010.In lieve incremento anche le se-gnalazioni per tumore profes-sionale (6 casi nel 1° semestre2010, contro i 4 dello stesso pe-riodo del 2009), mentre si rile-vano anche nuove malattierespiratorie e cutanee. L’unicodato positivo, in controten-denza, è quello che riguarda gliepisodi di silicosi, che dagli 11casi del 2009 scendono ai 4 del2010. Malattie che in generalecolpiscono più gli uomini che ledonne con percentuali inequivo-cabili: l’81% sono segnalate inlavoratori di sesso maschile. Isettori professionali in cui si ri-leva il maggior numero di pato-

logie sono infatti quelli delle co-struzioni, i servizi, le estrazioniminerali e la metalmeccanica,mentre le lavoratrici che ope-rano nei comparti sanità e ser-vizi sono quelle con il maggiornumero di diagnosi di sospettemalattie professionali. Sul fronte degli infortuni sul la-voro il dato complessivo è posi-tivo ma non tale da suscitareentusiasmi, visto che il calo su-pera di poco il 5%: 62 accessi inmeno per infortunio (sul lavoro,in itinere e stradale in occasionedi lavoro) ai Pronto Soccorsodella provincia da giugno 2009a giugno 2010, passando da1215 a 1153. Ma nel dettagliocrescono in percentuale gli in-fortuni sul lavoro, passandodall’84 al’85%. Un ultimo datopare inequivocabile: la neces-sità di rafforzare i controlli inchiave preventiva.

Claudia Di Lorenzi

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Dal primo del mese ha chiuso l’ospedale della Sabina

Magliano, non è un pesce d’aprileQuello che era un punto di riferimento strategico diventerà un ambulatorio

Non si ferma la protesta dei residenti: “La salute prima dei bilanci”

La sensazione è quella diuna profonda amarezza.Come quella che si prova

quando si perde una battaglianella quale si è molto investito.Per il senso di impotenza difronte a logiche più forti, che as-sestano il colpo, diritto e forte,causano una ferita, una perdita,una mutilazione. E non puoifarci niente, perché c’è chi hapotere e chi non ce l’ha. E la ra-gione non sempre sta dallaparte di chi ha il potere. E poi ilsenso dell’ingiustizia subita, perl’operato di chi, seguendo unaratio lontana, calpesta esi-genze, sensibilità, aspettative. Devono sentirsi così i cittadini diMagliano Sabina, in provincia diRieti, dopo la chiusura del loroospedale, il “Marzio Marini”, il 1aprile. Non uno scherzo, mauno dei regali del piano di rien-tro della sanità firmato Polverini,

che vede l’ospedale così sman-tellato: il pronto soccorso tra-sformato in punto di primosoccorso, gestito dai medici dimedicina generale; chiusi i re-parti di chirurgia e medicina;niente posti letto per acuti,niente ricoveri, neanche in re-gime d’urgenza, se non nellaprima fase della riconversionestessa; per i casi gravi, che ne-cessitano di una struttura ospe-daliera vera e propria, saràpotenziata la rete d’emergenzalocale (dal 1 aprile è attivo unpunto 118 nei locali comunali diStimigliano con un’ambulanzaH24); una “navetta” si occupadei trasferimenti dei pazienti bi-sognosi di cure, dalla strutturasabina al De Lellis, dove vienericollocato il personale medicoe infermieristico del Marini, neiservizi oggi chiusi o in carenzadi organico. Lo spazio che re-

sterà a disposizione al Mariniospiterà forse i posti letto perriabilitazione, che potrebberouscire dalla trattativa regionale,e le sale operatorie potrebberoessere destinate ad interventi ametà tra pubblico e privato. Chissà se al momento di piani-ficare l’intervento la governa-trice si è interessata alle storiedi quei cittadini della sabina, invario modo intrecciate col no-socomio maglianese, primo si-curo approdo per ogninecessità in fatto di salute.Chissà se ai vertici della Re-gione qualcuno ha mai parlatocon gli operatori sanitari del Ma-rini, per farsi raccontare dellafatica del lavoro quotidiano,pure vissuto in spirito di servizioe con senso di responsabilità.“Senza ospedale siamo tuttimorti” era il leitmotiv delle pro-teste. Non una forma “estrema”

di dissenso, ma un’ipotesi intutto verosimile. Lo confermanogli episodi accaduti in questimesi nel Lazio dopo la chiusurao il “ridimensionamento” degliospedali di provincia. Certo, si capisce, il bilanciodeve quadrare, in qualchemodo. E se l’attuale ammini-strazione da quelle passate haereditato un debito enorme nelcampo della sanità la colpa nonce l’hanno gli amministratori at-tuali. Ma ci si chiede se al mo-mento di riordinare le carte,dovendo porre fine agli sprechie valorizzare le risorse migliori,proprio sugli ospedali si dovevatagliare. “Prima di tutto viene lasalute”, dice un logoro detto po-polare. Anche i bambini losanno. Ma pare che nel mondodei grandi a volte neanche ilbuon senso riesca a prevaleresu logiche di opportunità.

E crescono intanto le proteste:“Mentre in questi giorni c’eraqualcuno che aspettava novitàimportanti per la sopravvivenzadel nosocomio - dice il consi-gliere regionale del Pd, MarioPerilli - altri erano già pronti coni camioncini per cambiare inse-gne e diciture relative all’ospe-dale (..) Il dato di fatto restauno: quello che era un puntostrategico per migliaia di citta-dini diventerà una sorta di sem-plice ambulatorio medico e unricordo per chi ci lavorava e perchi vi ricorreva in caso di ne-cessità”. Solo uno spiraglio è of-ferto dal sindaco di MaglianoGraziani: incontrerò i verticidella Regione – fa sapere - cheha fatto intravedere un’aperturacui non possiamo non aggrap-parci”.

C.D.L.

20DAL TERRITORI0

Anno I numero 1aprile 2011

QUI RIETI

Nella foto l'ospedale di Ma-gliano Sabina, in provinciadi Rieti, fortemente ridimen-sionato dai tagli del piano dirientro regionale

DNA ITALIA Consulting srl - [email protected]

Page 21: Sanità Lazio 2

21DAL TERRITORIO

QUI FROSINONESSLazio

Nella foto l'ospedale civile"Pasquale Del Prete" di Pon-tecorvo, oggi a rischio chiu-sura

Respinte dai giudici le richieste del Comitato civico

Pontecorvo, il Tar boccia il ricorsoA giugno il Piano di riordino azzererà i 119 posti letto e conserverà solo il punto di primo soccorso. “Ma andremo al Consiglio di Stato”

Se la legge è uguale pertutti allora il piano di rien-tro dalla sanità, targato

Polverini, non è legge. E non loè perché – perdonate l’iperbole– non è uguale per tutti. O me-glio, la sua applicazione risultapiù o meno rigorosa, più o menonecessaria, più o meno inconte-stabile al variare dei “luoghi” incui trova concretizzazione. E ac-cade allora che i tagli impostialle strutture sanitarie e ai ser-vizi offerti nel Lazio in alcuni casivengano revocati, in altri no.Perché la governatrice nel primocaso riconosce che le analisiche hanno giustificato la deci-sione della chiusura, o “ridimen-sionamento” – che apronunciarlo così suona più di-plomatico – sono state affrettatee imprecise, non considerandola centralità di quelle strutturenell’offerta dei servizi sanitari di

quel particolare distretto. Mentrenel secondo caso non fa nessun“mea culpa”. Eppure anche molti dei centri dicui si conferma la “condanna”sono d’importanza cruciale inquei territori di provincia, dovenascono per servire popolazioninumerose, sparse fra i monti ele campagne, con vie di collega-mento dissestate e a lento scor-rimento, non di radoimpraticabili. Strutture che, sep-pur talvolta vetuste, offrono ser-vizi d’emergenza vitali e chepure vantano attività specialisti-che di rilievo, e si configuranocome i nodi di una rete altrimentidestinata a sfaldarsi. Anche per-ché i centri ospedalieri più vicinidistano almeno trenta o qua-ranta chilometri. Ci si chiede al-lora su quali basi questi tardiviripensamenti privilegino dei cen-tri – e quindi una popolazione –

piuttosto che altri, quali i criteri diquesto “ripescaggio” che nonvogliamo credere sia solo ilfrutto di più intense sollevazionidi popolo. Se lo chiedono in queste setti-mane anche i cittadini di Ponte-corvo, che stanno per perdere illoro ospedale. Il Tar del Lazio harespinto il ricorso presentato dalComitato civico, insieme ai co-muni di Atina e Ceprano, perchiedere la sospensione del fa-migerato decreto 80 che intendedeclassare la struttura. Stavoltala Regione ha motivato il suo“no” ritenendo che non sussi-stano i presupposti previsti perl'accoglimento dell'istanza cau-telare, giacché – si legge in unanota – “'il provvedimento impu-gnato sottende a scelte organiz-zatorie adottate(…) per ilriassetto del sistema sanitarioregionale, conseguente al noto

stato di dissesto finanziario e or-ganizzativo in cui lo stessoversa”, precisando poi “che taliscelte sono insindacabili, salvoche per manifesti profili di irra-zionalità o per carenze istrutto-rie, non evidenti nel caso dispecie”.A rafforzare il messag-gio è intervenuta anche l’On.Alessandra Mandarelli, consi-gliere regionale della ‘Lista Pol-verini’ e presidente dellaCommissione Sanità, secondocui le scelte sull’ospedale diPontecorvo dimostrano “che ilPiano di riassetto sanitario re-gionale risponde esclusiva-mente a logiche diriorganizzazione, improntate arazionalità, correttezza, miglio-ramento dell’offerta globalmenteconsiderata. (…) la sentenza delTar sgombra il campo da qual-siasi illazione, dubbio, pole-mica”. Beffati due volte quindi i

cittadini di Pontecorvo, che ve-dranno declassato il De Pretesenza poter invocare carenzeistruttorie o decisioni irrazionaliper salvarlo, e senza poter pro-testare. Entro giugno il Piano diriordino darà seguito all’azzera-mento dei 119 posti letto e con-serverà solo il punto di primosoccorso. Eppure l’ospedale, in-sieme al “Santa Scolastica” diCassino, serve una popolazionedi 140mila abitanti. Eppure conil contemporaneo ridimensiona-mento degli ospedali di Ce-prano, Ceccano, Anagni,Arpino, Isola del Liri, Atina e Fe-rentino, nella provincia si allun-gano a dismisura le liste diattesa e l’urgenza si fa emer-genza. Non resta che presen-tare appello contro la decisionedel Tar al Consiglio di Stato.

C.D.L.

Page 22: Sanità Lazio 2

ll decadimento generale, il cupio dissolvi che si per-cepisce nella società italiana ha un riverbero dram-matico nella sanità. In quella laziale in

particolare.Non e', come facilmente intuibile ed ormaichiaro a tutti, un problema di una parte anziché del-l'altra,ne' un problema solo della politica. Riguarda glioperatori, i cittadini, noi tutti.Ci dicono che in questi giorni, nei grandi Ospedali ro-mani, viene agitata strumentalmente la questione mo-rale.Abbiamo più volte detto da questa rubrica come nellasanità laziale si siano incontrate e scontrate varie con-sorterie, alcune delle quali resistono, quando non ad-dirittura crescono, sotto il vessillo della 'moralità'.Ricordare, qui, Sciascia e' d'uopo: tutto ciò che diventa'militante', 'professionale',.ottiene un effetto para-dosso: stabilizza anziché rimuovere, con il risultatoche abbiamo visto da noi: le varie lobbies politico-gior-nalistico-affaristiche si sono incistate ed espellono dalsistema gli elementi spuri, caricandoli, spesso, di lu-dibrio, di infamie. Il nemico, il diverso e' sempre, oquasi, un corrotto, un mascalzone. Molti, a Roma, co-noscono i laboratori dove nascono le grandi e piccolestrategie di gestione e, sopratutto, gli uomini e ledonne destinati a concretizzarle eseguendo gli ordini.Le idee camminano sulle gambe degli uomini ( e delledonne...). Anche quando esse non sonoespressionedi ideali ma di ben poco nobili interessi.Se tutto ciò e'vero, com'e', allora abbiamo davanti un percorso ob-bligato.Come spiegarsi alcune nomine nelle nostreaziende sanitarie? Ed alcuni ruoli chiave nell'ammini-

strazione e nella politica regionale? E come si può di-fendere il cittadino ( il malato), l'operatore, cacciare imercanti dal tempio? Con i farisei? Oggi, nel tempopasquale? Questa soluzione e' assolutamente da ban-dire! Via i mercanti, via i farisei e coloro che agitano ildito accusatorio, sempre e a prescindere. Noi, pero',abbiamo un dovere: provarci, anche se ciò potrebbecostare, come spesso avviene, un rebound che colpi-sce l'innovatore, il riformista, e premia i conservatori-smi, di la' e di qua, perché essi finiscono per

coincidere, come ci ricordava profeticamente Pasolini,sopratutto quandodifendono interessi comuni ed inconfessabili.In questi giorni sono tornati alla ribalta alcuni protago-nisti della cronaca e della politica legati all'ultimo de-cennio della gestione sanitaria laziale. Chi scrive,spero con il consenso dell'Editore,ritiene a questopunto assolutamente necessario un bagno di purifica-zione, un percorso catartico che analizzi, verifichi finoin fondo quanto effettivamente accaduto. In tempi nep-pur tanto lontani coloro che volevano cambiare lo sta-tus quo pagavano con la vita.Oggi si paga lo stesso,con la morte che ti infligge la calunnia, il disonore pro-vocato, l'esposizionealla gogna.La stessa Presidente Polverini ne e' sfiorata. Ad essaci permettiamo di rivolgere un appello accorato: se haun sentimento di rinnovamento reale e sincero, comecrediamo, lo percorra fino in fondo e non si curi degliattacchi ( di parte amica o avversa); esplori, analizzi,espella dalsistema, difenda con coraggio i suoi uominie le sue idee, denunci i ricatti ( se vi sono) ci liberidal tanfo e dall'olezzo del basso impero. Viceversalasci perdere perché temiamo che il tempo di credere,obbedire, combattere sia definitivamente tramontatoper lasciare strada, finalmente!, alla consapevolezza,al convincimento, alla libera determinazione.Facciamo chiarezza fino in fondo sulle giunte Storacee Marrazzo. Esploriamo i meandri, non cisoffermiamoalla superficie, dettata dai media. Ce lo chiedono i cit-tadini e la nostra coscienza.

L’osservatore

Ospedali romani e questione morale

22RUBRICHE

Anno I numero 1aprile 2011

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