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eresa di Gesù nacque ad Ávila in Spagna il 28 marzo 1515 e morì ad Alba de Tormes il 4 ottobre 1582. In un’occasione ebbe la visione dell’Inferno che raccontò così nella sua Autobiografia: «Un giorno mentre ero in orazione, mi trovai tutt’a un tratto trasportata intera nell’inferno. Compresi che Dio mi voleva far vedere il luogo che i demoni mi avevano preparato, e che io mi ero meritata con i miei peccati. Fu una visione che durò pochissimo, ma vivessi anche molti anni, mi sembra di non poterla più dimenticare. L’ingresso mi pareva un cunicolo molto lungo e stretto, simile a un forno assai basso, buio e angusto; il suolo tutto una melma puzzolente piena di rettili schifosi. In fondo, nel muro, c’era una cavità scavata a modo di nicchia, e in essa mi sentii rinchiudere strettamente. E quello che allora soffrii supera ogni umana immagi- nazione, né mi sembra possibile darne solo un’idea perché cose che non si sanno descrivere. Basti sapere che quanto ho detto, di fronte alla realtà sembra cosa piacevole. Sentivo nell’anima un fuoco che non so descrivere, mentre dolori intollerabili mi straziavano orrendamente il corpo. Nella mia vita ne ho sofferto moltissimi, dei più gravi che secondo i medici si possano subire sulla terra, perché i miei nervi si erano rattrappiti sino a rendermi storpia, senza dire dei molti altri di diverso genere, causatimi in parte del demonio. Tuttavia non sono nemmeno da paragonarsi con quanto allora ho sofferto, specialmente al pensiero che quel tormento doveva essere senza fine e senza alcuna mitigazione. Ma anche questo era un nulla innanzi all’agonia dell’anima. Era un’oppressione, un’angoscia, una tristezza così profonda, un così vivo e disperato dolore che non so come esprimermi. Dire che si soffrano continue agonie di morte è poco, perché almeno in morte pare che la vita ci venga strappata da altri, mentre qui è la stessa anima che si fa in brani da sé. Fatto sta che non so trovare espressioni né per dire di quel fuoco interiore né per far capire la disperazione che metteva il colmo a sì orribili tormenti. Non vedevo chi me li faceva soffrire, ma mi sentivo ardere e dilacerare, benché il supplizio peggiore fosse il fuoco e la disperazione interiore. Era un luogo pestilenziale, nel quale non vi era più speranza di conforto, né spazio per sedersi o distendersi, rinser- rata com’ero in quel buco praticato nella muraglia. Orribili a vedersi, le pareti mi gravavano addosso, e mi pareva di soffocare. Non v’era luce, ma tenebre fittissime; eppure quanto poteva dar pena alla vista si vedeva ugualmente nonostante l’assenza della luce: cosa che non riuscivo a comprendere». Santa Teresa d’Avila 1 5 1 5 - 1 5 8 2 T

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eresa di Gesù nacque ad Ávila inSpagna il 28 marzo 1515 e morì

ad Alba de Tormes il 4 ottobre 1582. Inun’occasione ebbe la visione dell’Infernoche raccontò così nella sua Autobiografia:«Un giorno mentre ero in orazione, mitrovai tutt’a un tratto trasportata interanell’inferno. Compresi che Dio mi voleva farvedere il luogo che i demoni mi avevanopreparato, e che io mi ero meritata con imiei peccati. Fu una visione che duròpochissimo, ma vivessi anche molti anni,mi sembra di non poterla più dimenticare.L’ingresso mi pareva un cunicolo moltolungo e stretto, simile a un forno assaibasso, buio e angusto; il suolo tutto unamelma puzzolente piena di rettili schifosi.In fondo, nel muro, c’era una cavità scavataa modo di nicchia, e in essa mi sentii rinchiudere strettamente. E quello cheallora soffrii supera ogni umana immagi-nazione, né mi sembra possibile darnesolo un’idea perché cose che non si sannodescrivere. Basti sapere che quanto ho detto,di fronte alla realtà sembra cosa piacevole.

Sentivo nell’anima un fuoco che nonso descrivere, mentre dolori intollerabilimi straziavano orrendamente il corpo.Nella mia vita ne ho sofferto moltissimi,dei più gravi che secondo i medici si possano subire sulla terra, perché i mieinervi si erano rattrappiti sino a rendermistorpia, senza dire dei molti altri di diversogenere, causatimi in parte del demonio.

Tuttavia non sono nemmeno daparagonarsi con quanto allora ho sofferto,specialmente al pensiero che quel tormentodoveva essere senza fine e senza alcunamitigazione. Ma anche questo era unnulla innanzi all’agonia dell’anima. Eraun’oppressione, un’angoscia, una tristezzacosì profonda, un così vivo e disperatodolore che non so come esprimermi. Direche si soffrano continue agonie di morteè poco, perché almeno in morte pare chela vita ci venga strappata da altri, mentrequi è la stessa anima che si fa in brani dasé. Fatto sta che non so trovare espressioniné per dire di quel fuoco interiore né perfar capire la disperazione che metteva ilcolmo a sì orribili tormenti. Non vedevochi me li faceva soffrire, ma mi sentivoardere e dilacerare, benché il suppliziopeggiore fosse il fuoco e la disperazioneinteriore.

Era un luogo pestilenziale, nel qualenon vi era più speranza di conforto, néspazio per sedersi o distendersi, rinser -rata com’ero in quel buco praticato nellamuraglia. Orribili a vedersi, le pareti mi gravavano addosso, e mi pareva di soffocare. Non v’era luce, ma tenebre fittissime; eppure quanto poteva darpena alla vista si vedeva ugualmentenonostante l’assenza della luce: cosa chenon riuscivo a comprendere».

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Giovanni Bosco nacque a Castelnuovod’Asti il 16 agosto 1815 e morì il

31 gennaio 1888. Ebbe una visionedell’Inferno che raccontò ai suoi giovani:«Mi trovai con la mia guida (l’AngeloCustode), infondo ad un precipizio che finiva in una valle oscura. Ed eccocomparire un edificio immenso, aventeuna porta altissima, serrata. Toccammo ilfondo del precipizio; un caldo soffocantemi opprimeva, un fumo grasso, quasi verde,s’innalzava sui muraglioni dell’edificio eguizze di fiamme sanguigne. Domandai:Dove ci troviamo? Leggi, mi rispose laguida, l’iscrizione che è sulla porta! C’erascritto: Ubi non est redemptio! Cioè: Dovenon c’è redenzione. Intanto vidi precipitaredentro quel baratro… prima un giovane,poi un altro ed in seguito altri ancora;tutti avevano scritto in fronte il propriopeccato. Esclamò la guida: Ecco la causadi queste dannazioni: i compagni, i libricattivi e le perverse abitudini. Gli infelicierano giovani da me conosciuti.Domandai: Ma dunque è inutile che silavori tra i giovani, se tanti fanno questafine? Come impedire tanta rovina?Coloro che hai visto, sono ancora in vita;questo però è il loro stato attuale e semorissero, verrebbero senz’altro qui!

Dopo entrammo nell’edificio; si correva con la rapidità del baleno. Lessiquesta iscrizione: Ibunt impii in ignemaeternum! Cioè: Gli empi andranno nelfuoco eterno!

Vieni con me! – soggiunse la guida.Mi prese per una mano e mi condussedavanti ad uno sportello, che aperse. Misi presentò allo sguardo una specie d’immensa caverna, piena di fuoco.

Certamente quel fuoco sorpassavamille e mille gradi di calore. Io questaspelonca non ve la posso descrivere intutta la sua spaventosa realtà. Intanto,all’improvviso, vedevo cadere dei giovaninella caverna ardente. La guida disse:“La trasgressione del sesto comandamentoè la causa della rovina eterna di tanti giovani”. “Ma se hanno peccato, si sonoperò confessati”. “Si sono confessati, male colpe contro la virtù della purezza lehanno confessate male o taciute affatto.Ad es., uno aveva commesso quattro ocinque di questi peccati, ma ne disse solodue o tre. Vi sono di quelli, che ne hannocommesso uno nella fanciullezza edebbero sempre vergogna di confessarlo,oppure l’hanno confessato male e nonhanno detto tutto”.

Altri non ebbero il dolore e il pro-ponimento; anzi, taluni, invece di farel’esame di coscienza, studiavano il mododi ingannare il confessore. E chi muorecon tale risoluzione, risolve di essere nelnumero dei reprobi e così sarà per tuttal’eternità… Ed ora vuoi vedere perché lamisericordia di Dio qui ti ha condotto?La guida sollevò un velo e vidi un gruppodi giovani di questo Oratorio, che io tutticonoscevo, condannati per questa colpa.

Fra essi vi erano di quelli che in apparenzatengono buona condotta.

Continuò la guida: Predica dapper-tutto contro l’immodestia! – Poi parlammoper circa mezz’ora sulle condizioni necessarie per fare una buona confessionee si concluse: Mutare vita!… Mutare vita!”.

Ora, soggiunse l’amico, che hai vistoi tormenti dei dannati, bisogna che provi anche tu un poco d’inferno! Uscitidall’orribile edificio, la guida afferrò lamia mano e toccò l’ultimo muro esterno;io emisi un grido…

Cessata la visione, osservai che lamia mano era realmente gonfia e per unasettimana portai la fasciatura».

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dvige Carboni, una mistica sarda,fin da giovanissima rinunziò alla

scelta della vita religiosa per dedicarsicon eroismo, al servizio della mamma,della nonna e di altri familiari provatidalla malattia. Fu arricchita di donisoprannaturali fino ad essere configurata,nella sua carne, a Gesù crocifisso. Lenumerose grazie, seguite alla sua morte,spinsero i Passionisti, nel 1968, ad iniziare i processi informativi sulla famadi santità per avviare la Serva di Dio allagloria degli altari. Tra i testimoni la sorellaPaolina racconta: «Il demonio si accanivacontro Edvige; la picchiava alla testa, alle reni; le graffiava il collo, tanto che io dovevo medicarla e disinfettarla conl’alcool. Le ha bruciato anche i libri, lettere; le ha disfatto il lavoro di lana al quale la Serva di Dio attendeva…». E ancora la sorella Paolina: «…Gesùportò la Serva di Dio a vedere le penedell’Inferno. Vi era rinchiuso un giovane…Ricordo che durante quella visioneEdvige si contorceva mostrando di soffriree pronunciava parole di dolore».

Nel suo Diario Edvige riferisce di un colloquio avuto con Gesù nel 1943 :«Ieri, 10 luglio, dopo la SS.ma Comunione,Gesù mi disse: Figlia mia, lo nei mieisanti Comandamenti, specie nel sesto, hodetto di non fornicare; però non spiegaiche il sacerdote è sacerdote in eterno, enon può levarsi l’abito, per nessunaragione; farebbe un gran peccato, e se

ne andrebbe all’inferno se non facessepenitenza prima di morire. Eppure neiComandamenti non l’ho messo».

Figlia mia, un vero cristiano, da sé, puòcapire senza spiegare tutto minutamente.

Il mio Cuore è trafitto, è grandementetrafitto dai cristiani. Figlia mia, non ho uncuore da poter sfogarmi tutte le Miepene; almeno tu consolami.

Povero Gesù, quanto sei offeso! Anche ituoi amici ti offendono, ma io, vedraiGesù, ti consolerò per tutti quelli chenon ti amano.

Serva di Dio Edvige Carboni E 1 8 8 0 - 1 9 5 2

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nna Caterina Emmerick nacque 18 settembre 1774 a Flamske bei

Coestfeld in Germania ed entrò nelMonastero di Agnetenberg in Dülmen(Westfalia) delle Canonichesse Regolari diS. Agostino, dove morì il 9 novembre 1824.

Famosa per le sue esperienze mistiche,la Beata ebbe anche una visionedell’Inferno, quando vide scendere ilSalvatore negli inferi. «Vidi (...) il Salvatoreavvicinarsi, severo, al centro dell’abisso.L’inferno mi apparve come un immensoantro tenebroso, illuminato appena dauna scialba luce quasi metallica. Sulla suaentrata risaltavano enormi porte nere,con serrature e catenacci incandescenti.Urla di orrore si elevavano senza posa da quella voragine paurosa di cui, a untratto, si sprofondarono le porte. Così poteivedere un orrido mondo di desolazionee di tenebre. L’inferno è un carcere dieterna ira, dove si dibattono esseridiscordi e disperati. Mentre nel Cielo sigode la gioia e si adora l’Altissimo dentrogiardini ricchi di bellissimi fiori e di fruttasquisita che comunicano la vita, all’infernoinvece si sprofondano cavernose prigioni,si estendono orrendi deserti e si scorgonosmisurati laghi rigurgitanti di mostri paurosi, orribili. Là dentro ferve l’eternae terribile discordia dei dannati.

Nel Cielo invece regna l’unione dei Santi eternamente beati. L’inferno, al contrario, rinserra quanto il mondoproduce di corruzione e di errore; làimperversa il dolore e si soffrono quindisupplizi in una indefinita varietà di mani-festazioni e di pene. Ogni dannato hasempre presente questo pensiero: che i

tormenti, ch’egli soffre, sono il fruttonaturale e giusto dei suoi misfatti. Quantosi sente e si vede di orribile all’inferno è l’essenza, la forma interiore del peccatoscoperto. Di quel serpe velenoso, chedivora quanti lo fomentarono in senodurante la prova mortale. Tutto questo sipuò comprendere quando si vede, mariesce inesprimibile a parole.

Quando gli Angeli, che scortavanoGesù, avevano abbattuto le porte infernali,si era sollevato come un subbisso d’im-precazioni, d’ingiurie, di urla e di lamenti.Alcuni Angeli avevano cacciato altrovesterminate torme di demoni, i quali avevano poi dovuto riconoscere e adorareil Redentore.

Questo era stato il loro maggior supplizio. Molti di essi venivano quindiimprigionati dentro una sfera, che risultavadi tanti settori concentrici. Al centro dell’inferno si sprofondava in un abissotenebroso, dov’era precipitato Luciferoin catene, il quale stava immerso tra cupivapori. Tutto ciò era avvenuto secondodeterminati arcani divini.

Seppi che Lucifero dovrà essere scatenato per qualche tempo: cinquanta osessant’anni prima dell’anno 2000 di Cristo,se non erro. Alcuni demoni invece devonoessere sciolti prima di quell’epoca percastigare e sterminare i mondani. Alcunidi essi furono scatenati ai nostri giorni;altri lo saranno presto. Mentre tratto questo argomento, le scene infernali le vedo così orripilanti dinanzi ai mieiocchi, che la loro vista potrebbe perfinofarmi morire».

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Beata Anna Caterina Emmerick

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JMJ Eccellenza Reverendissima, con lettera del 26 luglio 1941, V.E. mi

ordina di pensare e prender nota ancora dialtre cose che possa ricordare di Giacinta.Ho pensato e mi è parso che attraverso quest’ordine parlava Dio e è giunto ilmomento di rispondere a due punti interro-gativi, che spesso mi sono stati posti e a cuiho sempre differito la risposta.

Mi pare che sarebbe gradito a Dio e alCuore immacolato di Maria, che nel libro«Giacinta» si dedicasse un capitolo all’infernoe un altro al Cuore immacolato di Maria.

V.E. troverà senz’altro strano e inop-portuno questo parere, ma non è mio:

e Dio farà vedere a V.E. che si trattadella Sua gloria e del bene delle anime.

A questo scopo dovrò dire qualcosadel segreto e rispondere al primo puntointerrogativo.

Che cos’è il segreto? Mi pare di poterlo dire, perché ormai

il Cielo mi ha dato il permesso. I rappresen-tanti di Dio in terra mi hanno autorizzato afarlo, varie volte e con varie lettere, unadelle quali (che è, mi pare, nelle mani diV.E.) del rev. P José Bernardo Goncalves, in cui mi ordina di scrivere al Santo Padre. Uno dei punti che mi suggerisce è larivelazione del segreto. Qualcosa ho giàdetto. Ma per non allungare troppo quelloscritto, che doveva essere breve, mi limitaiall’indispensabile, lasciando a Dio l’occasionedi un momento più favorevole.

Ho già esposto nel secondo scritto, ildubbio che mi tormentò dal 13 giugno al 13 luglio e che svanì in quest’ultima apparizione.

Bene, il segreto consta di tre partidistinte, di cui ne rivelerò due.

La prima fu dunque la visione dell’inferno.La Madonna ci mostrò un grande mare

di fuoco, che pareva che si trovasse sottoterra. Immersi in questo fuoco, i demoni e leanime come se fossero braci trasparenti enegre o color bronzo, dalla forma umana,che fluttuavano nell’incendio, trasportatidalle fiamme, che uscivano da loro stessi,insieme a nugoli di fumo e cadevano datutte le parti, simili alle faville che cadononei grandi incendi, senza peso né equilibrio,tra gridi e gemiti dì dolore e di disperazioneche facevano raccapricciare e tremare dispavento. I demoni si distinguevano per leforme orribili e schifose di animali spaventosie sconosciuti, ma trasparenti e negri.

Questa visione durò un istante. E sianorese grazie alla nostra buona Madre celeste,che in antecedenza ci aveva rassicurati conla promessa di portarci in cielo durante laprima apparizione! Se non fosse stato così,credo che saremmo morti di paura e di terrore.

Poco dopo alzammo gli occhi verso laMadonna, che ci disse con bontà e tristezza:«Avete visto l’inferno, dove vanno le animedei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuolestabilire nel mondo la devozione al mioCuore immacolato. Se faranno quello che iovi dirò, molte anime si salveranno e ci saràpace. La guerra finirà presto. Ma se nonsmettono di offendere Dio, sotto il regno di Pio XI, ne comincerà un’altra peggiore.Quando vedrete una notte illuminata da unaluce sconosciuta, sappiate che è il grandesegno che Dio vi dà, che sta per punire il

mondo a causa dei suoi crimini, per mezzodella guerra, della fame e della persecuzionealla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla,io verrò a domandare la consacrazione dellaRussia al mio Cuore immacolato e la comu-nione nei primi sabati. Se daranno retta allemie richieste, la Russia si convertirà e ci saràpace; se no, diffonderà i suoi errori nel mondo,provocando guerre e persecuzioni contro laChiesa. I buoni saranno martirizzati e il SantoPadre avrà molto da soffrire, parecchienazioni saranno annientate. Alla fine il mioCuore immacolato trionferà. Il Santo Padremi consacrerà la Russia, che si convertirà esarà concesso al mondo un certo periodo di pace».

Ecc.mo e rev.mo signor vescovo, ho già detto all’E.V., nelle note che ho inviatodopo aver letto il libro su Giacinta, che leis’impressionava molto per alcune cose rive-late nel segreto. Era proprio così. La visionedell’inferno le aveva causato tanto orrore,che tutte le penitenze e mortificazioni lesembravano un nulla, per riuscire a liberaredi là alcune anime.

Bene. Ora rispondo subito al secondointerrogativo che mi e’ stato posto da parec-chie persone: com’è possibile che Giacinta,così piccina, si sia lasciata penetrare e abbiacompreso un simile spirito di mortificazionee di penitenza?

Secondo me, fu questo: prima di tutto,una grazia speciale che Dio, per mezzo delCuore immacolato di Maria, le ha volutoconcedere; in secondo luogo, la vista dell’inferno e il pensiero dell’infelicità delleanime che ci cascano.

Alcune persone, anche devote,non vogliono parlare dell’inferno

Suor Lucia di Fatima e la visione dell’inferno1 7 7 4 - 1 8 2 4«

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ai bambini per non spaventarli; ma Dio nonha esitato a mostrarlo a tre, uno dei qualiaveva solo sei anni, e Lui sapeva che sarebberimasta terrorizzata a tal punto – osereiquasi dire – da morire di paura. Con frequenza si sedeva per terra o su qualchemasso e, pensierosa, cominciava a dire:«L’inferno! L’inferno! Come mi fanno penale anime che vanno all’inferno! E le personevive li a bruciare come legna nel fuoco..». E,un po’ tremante, s’inginocchiava con le manigiunte, a dire la preghiera che la Madonna ciaveva insegnato: «O mio Gesù! Perdonateci,liberateci dal fuoco dell’inferno, portate incielo tutte le anime, specialmente quelle chehanno più bisogno».

(Ora V.E. capirà perché mi è rimastal’impressione che le ultime parole di questaorazione si riferivano alle anime che si tro-vano in maggiore o più imminente pericolodi dannazione). E rimaneva così, per moltotempo, in ginocchio, ripetendo la stessa ora-zione. Ogni tanto chiamava me o il fratello,come se si svegliasse dal sonno: «Francesco!Francesco! Non state a pregare con me?Bisogna pregare molto per liberare le animedall’inferno. Tante vanno laggiù, tante!». Altrevolte domandava: «Ma come mai la Madonnanon fa vedere l’inferno ai peccatori? Se lorolo vedessero, non peccherebbero più pernon andarci. Di’ un po’ a quella Signora chefaccia vedere l’inferno a tutta quella gente(si riferiva a quelli che si trovavano a Cova)da Iria, al momento dell’apparizione. Vedraicome si convertono».

Dopo un po’ scontenta, mi domandava: — Perché non hai detto alla Madonna

che facesse vedere l’inferno a quella gente? — Mi sono dimenticata – rispondevo.

— Anch’io me ne sono dimenticata –diceva con l’aria triste.

Qualche volta domandava pure: — Ma che peccati saranno quelli che

questa gente fa per andare all’inferno? — Non saprei. Forse il peccato di non

andare a messa la domenica, di rubare, di direparolacce, di augurare il male, di giurare…

— E così, solo per una parola, vannoall’inferno?

— Certo! E peccato… — Che cosa gli costerebbe stare zitti

e andare a messa! Come mi fanno pena ipeccatori! Se potessi fargli vedere l’inferno!

Improvvisamente a volte si stringeva ame e diceva:

— Io vado in cielo, ma tu rimani quaggiù.Se la Madonna ti lascia, di’ a tutti com’è l’inferno, perché non facciano più peccati enon vadano più laggiù.

Altre volte, dopo essere stata un po’ apensare, diceva:

— Tanta gente che va all’inferno! Tantagente all’inferno!

— Non aver paura, tu vai in cielo! – ledicevo per tranquillizzarla.

— Io, si, ci vado – diceva con calma –ma io vorrei che tutta quella gente ci andas-sero anche loro.

Quando lei non voleva mangiare, perfare una mortificazione, le dicevo:

Giacinta, dai! Ora mangia! – No! offro questo sacrificio per i

peccatori che mangiano troppo. Quand’era ormai malata e certi giorni

andava a messa, le dicevo: – Giacinta! Non venire; tu non puoi;

oggi non è domenica. – Non importa! Ci vado per i peccatori

che non ci vanno nemmeno la domenica. Se capitava di udire alcune di quelle

parole, che certa gente sembra farsi unvanto di pronunciare, copriva il volto con lemani e diceva: «O mio Dio! Questa gentenon saprà che a dire queste cose può anda-re all’inferno! Perdona loro, o mio Gesù econvertili. Di sicuro non sanno che con que-sto offendono Dio. Che pena, o mio Gesù!Io prego per loro». E ripeteva la preghierainsegnata dalla Madonna: «O mio Gesù,perdonateci ecc.».

A questo punto, eccellenza reverendis-sima, mi viene in mente una riflessione. Avolte mi è stato chiesto se la Madonna, inqualcuna delle apparizioni, ci ha suggeritoquali specie di peccati offendevano di piùDio. Dunque, a quanto si dice, Giacinta aLisbona, menzionò quello della carne. Puòdarsi, penso io adesso, siccome era quelladelle domande che a volte faceva a me, le sia capitato di farla mentre era a Lisbonaalla Madonna e che allora le sia stato suggerito quello.

Bene, eccellenza reverendissima, mipare ormai di avere rivelato la prima partedel segreto».

Suor Lucia di Fatima e la visione dell’inferno

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n giorno Gesù, mostrò l’Infernoalla Serva di Dio Suor Benigna

Consolata Ferrero e le disse: «Vedi, Benigna,quel fuoco!… Sopra a quell’abisso io hosteso, come un reticolato, i figli della miamisericordia, perché le anime non vi cadanodentro. Quelle però che si vogliono dan-nare, vanno lì per aprire con le propriemani quei fili e cadere dentro e una voltache vi sono dentro neppure la mia bontà lepuò salvare. Queste anime sono inseguitedalla mia misericordia molto più di quantosia inseguito un malfattore dalla polizia,ma esse sfuggono alla mia misericordia!».

La Serva di Dio Benigna ConsolataFerrero nacque a Torino il 6 agosto 1885,in un’agiata e religiosissima famiglia.

Educata secondo i principi cristiani,seguì il corso di studi elementari e classici.Frequentò la scuola di religione e conobbeil canonico venerabile Luigi Boccardo(1861-1936).

Sotto la sua direzione, fin dal 1898,la quindicenne Maria Consolata Ferrero,maturò la vocazione alla vita religiosa,che sentiva dentro di sé. Discernendo le aspirazioni della giovane, il canonicoBoccardo la indirizzò verso l’Ordine dellaVisitazione. A ventidue anni, il 30 dicembre1907, entrò tra le Visitandine di Como e piena di zelo e di fervore, bruciò letappe dell’iniziazione alla vita claustrale.Il 5 novembre 1908 ricevette la vestizionee cambiò il nome in Benigna Consolata.Il 23 novembre 1909 emise la profes -sione religiosa e il 28 novembre 1912 ivoti solenni.

Durante i nove anni della sua vitaclaustrale, ebbe come guida spiritualeMons. Alfonso Archi (1906-1925) Vescovodi Como.

Suor Benigna, intanto raggiungevauno stato mistico elevatissimo, ricevendograzie straordinarie, immersa nell’Amoredivino e nella confidente amicizia conGesù, tanto che lei stessa, illuminata, sidefinirà “segretaria del Sacro Cuore”.

Il suo “Diario” spirituale, già iniziatonel 1902, riporta esperienze mistiche ecolloqui con Cristo. Il messaggio di SuorBenigna è un inno all’Amore di Dio e delprossimo, è la teologia di Dio Amore.

La sua è una spiritualità, intrisa diquotidianità, dell’ascesi applicata nelvivere di ogni giorno, anche nel piùbanale degli atti. La sua esperienza spiri-tuale si ricollega all’“infanzia spirituale”sull’esempio di S. Teresa del BambinoGesù, S. Margherita Maria Alacoque, S. Faustina Kowalska e la Beata Elisabettadella Trinità. La Serva di Dio morì a soli31 anni, il 1° settembre 1916, nel mona-stero di Como. Venne sepolta in chiesa e fin dalla sua morte, la sua tomba è continuamente visitata da fedeli, che attirati dalla fama di santità, chiedonograzie.

Serva di Dio Benigna Consolata Ferrero 1 8 8 6 - 1 9 1 6

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anta Francesca Romana è famosaper le sue visioni dell’Inferno. La santa

descrive Lucifero come il più brillantedei Serafini; per questa ragione il suopeccato fu molto grave. Come sappiamo,i Serafini sono il più alto tra i nove cori degliAngeli. Lucifero pertanto era il più alto in grado fra gli angeli che si ribellarono,e per questo fu gettato nella parte piùprofonda dell’Inferno.

Ci furono angeli che scelsero diseguire Lucifero con speciale malizia e diloro iniziativa. Furono gettati all’Infernoe sono tormentati da lui perché egli è più potente di loro, e – ci dice SantaFrancesca Romana – la Divina Giustiziaha delegato a Lucifero il compito di punireper tutta l’eternità coloro che egli un giornoconvinse a seguirlo nella ribellione.

Santa Francesca ci dice anche che idemoni principali che obbediscono aLucifero sono tre: Asmodeo, che rappre-senta il vizio della carne; Mammona, cheè al vertice del vizio dell’avarizia; e Belzebù,capo di tutte le idolatrie e attività oscure.

Vediamo qui come i due principaliangeli ribelli – Lucifero e Asmodeo – sonorispettivamente i demoni dell’orgoglio edella sensualità.

Questa santa non ha visto solo demoni.Vedeva spesso anche il suo Angelo Custode,cioè un angelo di grado relativamente

basso nella gerarchia celeste. Ebbene,nonostante questo, la prima volta che videil suo Angelo Custode Santa FrancescaRomana fu così colpita dalla sua grandezzache lo scambiò per Dio stesso. Si gettò aterra per adorarlo. L’angelo la fermò e lespiegò chi era. Questo mostra lo splendoredi un semplice angelo custode. Quanto piùgrande è lo splendore di un arcangelo, diun cherubino, di un serafino!

Il Diavolo agisce sempre contro di noie l’Angelo Custode sempre ci protegge,che glielo chiediamo o no. Ma dobbiamochiedere più spesso all’Angelo Custodedi proteggerci, imparare a discernerel’azione del Demonio, chiedere anche laprotezione della Madonna. Tutto questoè “vegliare e pregare” contro l’azione deidemoni. Sono i temi su cui ci invitano ameditare le visioni di Santa FrancescaRomana

Santa Francesca Romana 1 3 8 4 - 1 4 4 0

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ella vita di San Francesco deGeronimo vi è un episodio che

fa riflettere sulla realtà dell’Inferno. Unapubblica peccatrice, di nome Caterina, si era spesso burlata delle prediche delSanto a Napoli, dove egli esercitava il suo ministero, facendosi gioco delle sueminacce di castighi, cosi come del dogmadi fede sull’Inferno.

Un giorno mentre era affacciata allasua finestra, con in mano il suo liuto,perse l’equilibrio e cadde nella strada,rimanendo uccisa sul colpo. Fu raccolto il cadavere e messo su una barella. Comein un lampo si sparse per tutta la città lanotizia dell’incidente. Giunta la notiziaanche a San Francesco mentre stava predicando, si interruppe e disse a quelliche lo ascoltavano: «Andiamo a vedere!».Circondato da una grande folla di gente,si recò nel posto dove la morta giaceva sullabarella, la prese per mano e incomincio apregare e a scongiurarla.

Al terzo scongiuro, mentre le chiedeva:«Caterina, dove sei adesso?», la morta si rialzò e rispose con voce fremente didisperazione: «Nell’inferno!». Poi caddesu se stessa e rimase distesa sulla barella.Il fatto avvenne il 4 aprile 1704.

Dopo la morte del Santo, 1’Arcivescovodi Napoli chiese ai testimoni oculari eauricolari di testimoniare sotto giuramento.Erano circa 250 le persone che avevanoassistito alla scena. Questa inchiesta figura

anche nel dossier della beatificazione.San Francesco nacque a Grottaglie (Taranto)il 17 dicembre 1642, primo di undici figli,di cui tre ecclesiastici, da una famigliabenestante e di profonda fede cristiana.

All’età di dieci anni circa, venne affidato a una Congregazione di sacerdotidediti all’insegnamento e alle missioni frail popolo. A sedici anni gli fu conferita laprima tonsura su proposta della stessaCongregazione (1658) e a diciassette fu ricevuto nel seminario diocesano aTaranto per continuare i suoi studi. Nel1665 andò a Napoli, per consiglio deisuoi stessi maestri, a frequentare i corsidi diritto civile e canonico, conseguendola laurea in tali materie, pare nel 1668, e in teologia.

Nel 1666 fu ordinato sacerdote enel 1670 diventò gesuita non ancora terminati gli studi teologici. Dal 1671 al1674 fu inviato missionario nella diocesidi Lecce.

Una volta ritornato a Napoli percompletare gli studi di teologia, vi rimasepoi per tutta la vita addetto alle missionipopolari che lo fecero apostolo di Napolie che sostituirono le missioni dell’India o dell’Oriente da lui insistentementechieste. Compì la solenne professionereligiosa (8 dicembre 1682) nel pienodel suo apostolato napoletano, essendoaddetto dal 1676 alla Casa Professa delGesù Nuovo. Si dedicò alle missioni al

popolo, che consistevano in prediche datenersi nelle piazze e lungo le strade, doveconfluiva più gente nei giorni festivi,allora piuttosto numerosi. Promosse laComunione generale ogni terza domenicadel mese, preparata anch’essa con predicheall’aperto e cercò di convertire le donnedi strada.

San Francesco de Geronimo 1 6 4 2 - 1 7 1 6

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anta Veronica Giuliani ebbe varievisioni dell’Inferno, come annotò

nel suo Diario: «Una mattina, facendo laComunione spirituale provai lo stessoeffetto della Comunione sacramentale efui rapita in estasi. Ricordo che Iddio mi raccomandò, in modo speciale, tutti isacerdoti, ma sopratutto quelli che stannoin disgrazia di Dio, poiché quanti, oh,quanti ve ne sono!» (D III, 420).

E un’altra volta in un’estasi, laVergine Maria le disse: «Figlia, [...]; visono cristiani che vivono come le bestie;non vi è più fede nei fedeli, vivono comese Iddio non esistesse; e mio Figlio stacol flagello in mano per punirli… Oh,quanti sacerdoti, poi, e quanti religiosi ereligiose offendono Dio! Tutti costorocalpestano i Sacramenti, disprezzano ilPreziosissimo Sangue di Gesù e lo tengonosotto i loro piedi. Questi infettano leComunità, le città intere; sono comeappestati, hanno il nome di cristiani, masono peggio degli infedeli. Figlia, prega,patisci pene e fa’ che tutti facciano lostesso, acciò Iddio deponga il flagello»(D III, 999).

Un giorno la Vergine Maria descrissea Santa Veronica alcuni luoghi dell’Inferno:«Figlia, voglio che tu descriva i sette luoghi,più penosi, che stanno nell’inferno, e per chi sono. Il primo è il luogo ove staincatenato Lucifero, e con esso vi è Giudache gli fa da sedia, e vi sono tutti quelliche sono stati seguaci di Giuda. Il secondoè il luogo ove stanno tutti gli ecclesiasticie i prelati di Santa Chiesa, poiché essendostati elevati in dignità ed onori hanno

pervertito maggiormente la fede, calpe-stando il Sangue di Gesù Cristo, mioFiglio, con tanti enormi peccati […]. Nelterzo luogo che tu vedesti, vi stanno tuttele anime dei religiosi e delle religiose.Nel quarto vi vanno tutti i confessori, peraver ingannato le anime, loro penitenti.Nel quinto, vi stanno tutte le anime deigiudici e dei governatori della giustizia. Il sesto luogo, invece, è quello destinatoa tutti i superiori e alle superiore dellareligione. Nel settimo, infine, vi stannotutti quelli che hanno voluto vivere dipropria volontà e che hanno commessoogni sorta di peccati, specie i peccati carnali» (D IV 744).

In un’altra occasione, la Vergine sirivolse alla Santa dicendole: «In un rapimento, fosti portata nell’inferno persubire nuove pene e, nel tuo arrivo, vedesti che precipitavano in esso tante e tante anime, ed ognuna aveva il suoluogo di tormento. Ti fu fatto conoscereche queste anime erano di varie nazioni,di tutte le sorti di stati, cioè di cristiani e d’infedeli, di religiose e di sacerdoti.Quest’ultimi stanno più vicini a Lucifero,e patiscono così tanto che mente umananon può comprenderlo. All’arrivo di queste anime, tutto l’inferno si mette infesta e, in un istante, partecipano di tuttele pene dei dannati, offendendo Dio» (D IV, 353).

Santa Veronica Giuliani 1 6 6 0 - 1 7 2 7

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anta Faustina Kowalska nacque il25 agosto 1905 a Glogowiec, in

Polonia. Entrò nella Congregazione dellaBeata Vergine Maria della Misericordia.Per ordine del suo Direttore spiritualescrisse il Diario personale, che intitolò LaDivina Misericordia nell’anima mia. Morì a33 anni il 5 ottobre 1938.

Ebbe una visione dell’Inferno, comelei stessa raccontò: «Oggi sotto la guidadi un Angelo, sono stata negli abissi dell’inferno. È un luogo di grandi tormentiper tutta la sua estensione spaventosamentegrande. Queste le varie pene che ho visto:la prima pena, quella che costituisce l’inferno, è la perdita di Dio; la seconda,i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte noncambierà mai; la quarta pena è il fuocoche penetra l’anima, ma non l’annienta; èuna pena terribile: è un fuoco puramentespirituale acceso dall’ira di Dio; la quintapena è l’oscurità continua, un orribilesoffocante fetore, e benché sia buio idemoni e le anime dannate si vedono fradi loro e vedono tutto il male degli altried il proprio; la sesta pena è la compagniacontinua di Satana; la settima pena è latremenda disperazione, l’odio di Dio, leimprecazioni, le maledizioni, le bestemmie.

Queste sono pene che tutti i dannatisoffrono insieme, ma questa non è la finedei tormenti. Ci sono tormenti particolariper le varie anime che sono i tormentidei sensi. Ogni anima con quello che hapeccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile.

Ci sono delle orribili caverne, vora-gini di tormenti, dove ogni supplizio sidifferenzia dall’altro. Sarei morta allavista di quelle orribili torture, se non miavesse sostenuta l’onnipotenza di Dio. Ilpeccatore sappia che col senso col qualepecca verrà torturato per tutta l’eternità.E aggiunse: “Scrivo questo per ordine diDio, affinché nessun’anima si giustifichidicendo che l’inferno non c’è, oppure chenessuno sa come sia. Io, Suor FaustinaKowalska, per ordine di Dio sono statanegli abissi dell’inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare chel’inferno c’è. Quello che ho scritto è unadebole ombra delle cose che ho visto.Una cosa ho notato e cioè che la maggiorparte delle anime che ci sono, sonoanime che non credevano che ci fossel’inferno”».

E Santa Faustina aggiunse: «Quantorivelato e scritto sull’inferno è solo unapallida ombra della realtà».

Santa Faustina KowalskaS 1 9 0 5 - 1 9 3 8

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ant’Alfonso Maria de’ Liguori,Vescovo e Dottore della Chiesa nei

suoi scritti riferisce un episodio avvenutoall’Università di Parigi. Erano gli anni di massimo prestigio dell’ateneo, quandouno dei suoi più celebri professori morìall’improvviso.

Colpiti dalla tragedia, molti colleghidocenti pregarono in suffragio della suaanima. Anche il Vescovo di Parigi, suointimo amico, pregava ogni giorno perlui, perché fosse liberato dal Purgatorio.Una notte, mentre recitava delle preghiereper il defunto, gli apparve davanti informa incandescente, col volto disperato.II Vescovo, allora, comprese che il suoamico non era in Purgatorio, bensìall’Inferno. Volendo sapere notizie in piùsulla sua sorte, gli chiese tra l’altro:«“All’inferno ti ricordi ancora delle scienzeper le quali eri così famoso in vita?”.

“Che scienze… che scienze! – risposeil defunto. In compagnia dei demoniabbiamo ben altro a cui pensare! Questispiriti malvagi non ci danno un momentodi tregua e ci impediscono di pensare aqualunque altra cosa che non siano lenostre colpe e le nostre pene. Queste sonogià tremende e spaventose, ma i demonice le inaspriscono in modo da alimentarein noi una continua disperazione!”».

Sant’Alfonso fu un grande teologomoralista e scrisse molte opere a caratteredivulgativo per formare e istruire il

popolo cristiano. Ad un testo affidò il suopensiero sui peccati che commettono gliuomini e che li conducono all’Inferno:

«Se Dio castigasse subito chi looffende, certamente non verrebbe offesocome lo è ora. Ma poiché il Signore noncastiga subito, i peccatori si sentonoincoraggiati a peccare di più. È benesapere però che Dio non sopporterà persempre: come ha fissato per ogni uomo il numero dei giorni della vita, così ha fissato per ognuno il numero dei peccatiche ha deciso di perdonargli: a chi cento,a chi dieci, a chi uno. Quanti vivono moltianni nel peccato! Ma quando termina ilnumero delle colpe fissato da Dio, sonocolti dalla morte e vanno all’inferno».

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori,Patrono dei confessori e dei moralisti,nacque a Marianella, presso Napoli, il 27 settembre 1696, e morì a Pagani(Salerno) il 1° agosto 1787. Come iragazzi di nobili famiglie, compì gli studiletterari e scientifici, nei quali ebbero laloro parte rilevante anche la pittura e lamusica (è sua la canzoncina natalizia “Tuscendi dalle stelle”). Nel 1708 si iscrissealla facoltà di giurisprudenza all’universitàdi Napoli, dove si laureò col massimo deivoti in diritto civile ed ecclesiastico.Dopo dieci anni di successi come avvocatonel foro napoletano, a causa di una violenta delusione morale, decise di farsi

prete. Ricevuta l’ordinazione sacerdotaleil 21 dicembre 1726, cominciò immedia-tamente a svolgere il suo ministero inmezzo al popolo. Scrisse e pubblicò centoundici opere tra grandi e piccole. Il 9 novembre 1732, a Scala (Salerno),fondò la Congregazione del SantissimoRedentore. Nel 1762 Alfonso fu nominatoVescovo di Sant’Agata dei Goti (Benevento).

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori1 6 9 6 - 1 7 8 7

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l 7 settembre 1858, la Beata Mariadi Gesù Crocifisso venne quasi

uccisa in odio alla fede da un fanaticoturco. Mentre era in agonia, la sua animafu condotta in Paradiso, come poi raccontòe venne curata dalla Vergine Maria: «Misembrava, raccontava, di essere in Cielo:vedevo la Santa Vergine, gli Angeli e i Santiche mi accoglievano con una grande bontà;vedevo anche i miei genitori in mezzo aloro. Contemplavo il trono fulgido dellaSanta Trinità, e Gesù Cristo NostroSignore nella sua umanità. Non vi eranoné sole, né lampade, eppure tutto brillavadi un chiarore indescrivibile. Gioivo ditutto quello che vedevo, quando, ad untratto, qualcuno venne da me per dirmi:Tu sei vergine, è vero, ma il tuo libro nonè ancora finito. Aveva appena finito diparlare, che la visione scomparve, e iorinvenni. Mi trovai, trasportata senzasapere né come né grazie a chi, in unapiccola grotta solitaria. Coricata su unpovero letto, vidi accanto a me una reli-giosa, che aveva avuto la carità di cucirmila ferita del collo. Non l’ho mai vista némangiare né dormire. Sempre accanto almio capezzale, in silenzio mi curava conil più grande affetto. Era vestita di unbell’abito ceruleo, trasparente e comecangiante; il velo era dello stesso colore.Ho visto da allora molti vestiti religiosidiversi, ma nessuno che assomigliasse al suo. Quanto tempo trascorsi in quelluogo? Non saprei dirlo con precisione;credo di esservi rimasta circa un mese.Non mangiai nulla durante quel periodo,

a rari intervalli, la religiosa si limitava ainumidirmi le labbra con una spugnacandida come la neve. Mi faceva dormirequasi continuamente.

L’ultimo giorno, questa religiosa miservì una zuppa così buona, come non ne ho mai più mangiato. Terminata laporzione, gliene chiesi una seconda.Allora la religiosa, rompendo il silenzio,mi disse: “Maria, è abbastanza per ilmomento; più tardi te la darò di nuovo.Ricordati di non essere come quelle persone che credono di non avere maiabbastanza. Dici sempre: è abbastanza, eil buon Dio, che vede tutto, veglierà sututti i tuoi bisogni. Sii sempre contenta,malgrado tutto ciò che dovrai soffrire, eDio, che è così buono, ti farà avere ilnecessario. Non ascoltare mai il demonio,diffida sempre di lui, poiché è troppofurbo. Quando chiederai qualche cosa aDio, non te la darà sempre subito, alloscopo di metterti alla prova e di vederese lo ami ugualmente; e poi, un po’ piùtardi, te l’accorderà, basta che tu sia sempre contenta e che lo ami. Maria,Maria, non dimenticare mai le grazie che il Signore ti ha fatto. Allorquando ticapiterà qualcosa di spiacevole, pensache è Dio che lo vuole. Sii sempre pienadi carità verso il prossimo; dovrai amarlopiù di te stessa.

Non rivedrai mai più la tua famiglia;andrai in Francia, dove ti farai religiosa;sarai figlia di San Giuseppe prima didiventare figlia di Santa Teresa”».

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ant’Antonio di Padova, in portogheseSanto António de Lisboa, al secolo

Fernando Martim de Bulhões e TaveiraAzevedo, fu un religioso portoghesecanonizzato dalla Chiesa cattolica e proclamato nel 1946 Dottore della Chiesa.

Da principio monaco agostiniano aCoimbra dal 1210, poi dal 1220 fratefrancescano. Viaggiò molto, vivendoprima in Portogallo quindi in Italia ed in Francia. Nel 1221 si recò al CapitoloGenerale ad Assisi, dove vide di personaSan Francesco d’Assisi. Dotato di grandeumiltà ma anche di grande sapienza ecultura, per le sue valenti doti di predica-tore, mostrate per la prima volta a Forlìnel 1222, fu incaricato dell’insegnamentodella teologia e inviato per questo dallostesso San Francesco a contrastare la diffusione dell’eresia catara in Francia. Fupoi trasferito a Bologna e quindi a Padova.Morì all’età di 36 anni. Numerosissimisono i miracoli attribuiti a Sant’Antonio,per questo ricordato come “taumaturgo”cioè operatore di prodigi.

Celebre è l’episodio che narra che«durante i funerali di un avaro, il Santoesclamò che quell’uomo non meritava diessere sepolto in terra consacrata, poichél’anima era dannata all’inferno. Ricordandole parole di San Luca, “Dov’è il tuo tesoro,lì è anche il tuo cuore”, gli fece aprire ilpetto da due cerusici, e si vide che il mortonon aveva cuore: questo fu trovato nellacassa dove l’avaro teneva il suo denaro».

Sant’Antonio da Padova 1 1 9 5 - 1 2 3 1

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an Paolo della Croce ebbe la visionedell’inferno appena dopo la conver-

sione che lo lasciò pieno di spavento. MaSatana fu presente nella sua vita, fin daquando venne favorito della contempla-zione infusa sulla Passione. Nel suoDiario scrisse: «… II resto del giornosono stato sepolto in desolazione, einquietato esternamente da pensieri causati dal demonio di cose future…».Lo stato di desolazione era collegato find’allora ai tormenti esterni del demonio.Il 21 dicembre lo assalì con l’impazienza,gli fece provare sdegno nei confronti dei sacerdoti e lo spinse ad andarsenedalla chiesa, suggerendogli «orribilissimebestemmie». Quando San Paolo chiese aDio quale umiltà più gli piaccia si sentìrispondere: «Quella che fa gettare finsotto i piedi dei demoni».

Un giorno il Signore gli disse chia-ramente il potere che dava a Satana su dilui: «Ti voglio far calpestare dai diavoli».«Quanto ciò si verificasse — scriveva ilPadre Giammaria — non è facile lo spiegarlo. Avendo la Divina Maestà datala permissione ai maligni spiriti di molestarlo, ne facevano (come suol dirsi)la palla, per la gran rabbia che avevanocontro il medesimo e per la Congregazioneche aveva istituita e per le anime cheandava perdendo col mezzo delle santemissioni e molto più per la Passione Ss.madi Gesù che fervorosamente promoveva…».

Le persecuzioni da parte dei demoninella vita di S. Paolo della Croce fannoparte della sua partecipazione alla Passioneredentrice di Cristo.

Specialmente nella «notte terribile»la presenza dei demoni e i loro assaltimisero a dura prova la pazienza di San Paolo,aumentandone notevolmente il martiriointeriore. Egli ne rimase spaventato, quasisopraffatto, ne parlò spesso come di unalotta irriducibile. Scrive in confidenza a M. Crocifissa Costantini: «… I travaglicrescono… per rabbia da parte dei diavoli… temo di restar sotto la soma…».

Un attacco terribile dell’inferno losubì nel luglio del 1760, quando eraormai prossima l’erezione delle monachePassioniste e la Regola, composta da lui,veniva esaminata per l’approvazione.Allora passava quasi tutte le notti senzadormire, tormentato in varie maniere finoa sentirsi sbattere il capo con violenzacontro le pareti della stanza. Ai religiosi,che si meravigliavano dei rumori insoliti,spiegava: «Adesso al diavolo scotta questomonastero».

I tormenti più accusati dal Santoerano quelli che gli accrescevano a dismi-sura le già penose desolazioni. Spesso,infatti «gli eccitavano e sollevavano tantabile, che sentivasi noioso perfino a sestesso» tanto che lo stesso sole gli causavaamarezza. Altre volte lo assalivano conmalinconie e tristezze fino a spingerlo adandare in giro disperso per i boschi o loincitavano a gettarsi dalla finestra.

San Paolo della CroceS 1 6 9 4 - 1 7 7 5

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a famosa mistica Santa MariaMaddalena de’ Pazzi ebbe una

visione intellettuale sulla condanna all’inferno di un’anima, a causa deldisprezzo avuto nei confronti delleindulgenze della Chiesa.

«Il giovedì seguente al 22 del dettomese di dicembre 1594, circa alle ore 24,fu rapita in eccesso di mente e gli fumostrata dal Signore un’ anima che inquel momento passava da questa vita eera condannata all’eterne pene; ma nonseppe chi ella fosse né manco di che provincia o città, ma seppe bene che eraun uomo di bassa condizione il’ qualeaveva tenuto cattiva e bruttissima vita, efra le altre cose non aveva tenuto contodei tesori della Chiesa, dispregiando leindulgenze e altri doni e grazie che essane concede ai suoi fedeli.

Ed intese che il Signore gli dettequesta vista per destar noi e accenderci inzelo e desiderio della salute delle anime,poiché, diceva lei, se noi comprendessimoche cosa comporti la dannazione d’un’anima ci scorderemo di prendere le necessitàdel’ corpo nostro.

Ma il’ Signore si doleva (sì come hafatto con altri Santi) che non ha chi lopreghi e sforzi a far misericordia alle sua creature, (e vedeva questa benedettacreatura) esser molte più l’iniquità degliimpii che le preghiere e meriti dei giusti,e quasi era Dio costretto dalle stesse

iniquità a versare l’ira sua, e però ricercavache in noi ci fosse lo zelo e il desideriodelle anime così da provocare la suamisericordia.

Intese questa benedetta anima chela creatura che ha in sé questo zelo edesiderio della salute delle anime, e quelleaiuta quanto a lei è possibile, è tantograta a Dio che esso reputa che lei gli faccia dal’ canto suo quello che bramavafargli Santo Agostino quando parlandodi sé gli diceva:

“Se tu, Iddio mio, fossi Agostino e iofossi Dio, vorrei diventare Agostino per farte Dio”. E altre cose intese sopra questo,che per brevità le lasso».

Santa Maria Maddalena de’ Pazzi 1 5 6 6 - 1 6 0 7

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an Pio da Pietrelcina dovette lotta-re spesso contro il demonio e mise

in guardia i suoi figli spirituali dalle insi-die di Satana. Il Santo scrisse adAnnita Rodote:

«Disprezzate, come sempre, tutte lemale arti del demonio. Per farvi concepireorrore verso chi vi dirige, egli è nemicodi ogni bene e quindi non deve recarvimeraviglia se freme di rabbia non tantocontro di voi quanto contro di me… Nongli date ascolto, non vi fermate mai sullesue suggestioni, guardate dal trattenervidal discorrere direttamente con lui…Quando vi accadrà di sentire delle voci, evoi non sapete distinguere se provengonoda uno spirito buono oppure da uno cattivo, rivolgetevi umilmente a Gesù editegli: “Se tu sei Gesù manifestati a chitu mi hai assegnato per direttore” eintanto fategli ripetere: “Viva Gesù”,“Viva l’Immacolata sempre VergineMaria”. Se questo non lo vuoi ripetere,sputategli in viso e dite a Gesù che lomandi all’inferno. Per evitare altri maliartifizi di questo immondo spirito, primadi leggere la mia corrispondenza, segna-tevi con il segno della redenzione, poi fate

ancora un segno di croce sulla lettera, equindi aspergetela con l’acqua santa, einfine l’aprirete e la leggerete».

E ancora a Raffaellina Cerase scrisse:«Il desiderio che avete di vedermi perdirmi tante cose tutte di Gesù è santo enon temete in questo di contravvenire aidivini voleri. Vi tengo sull’avviso però dinon abbandonarvi soverchiamente a taldesiderio di vedermi, anche miracolosa-mente, perché potrebbe essere assai pericoloso per voi. Quando si muovenella vostra anima un tal desiderio, scacciatelo al primo apparire. Così chiudete la porta a qualunque insidia di quel cosaccio. Il demonio, voi lo sapete,è un grande artefice di iniquità. Egli la sa troppo lunga. Vedendo che in voi taledesiderio è vivissimo, potrebbe ingannarvicon qualche illusione e apparizione diabolica, sotto angelo di luce. Questoinfelice apostata sa anche camuffarsi dacappuccino e assai bene rappresentare lasua parte. Credete, vi prego, a chi è statosottoposto a una simile esperienza. Bastaper ora quel che ho detto su questopunto. A me pare di aver detto più di

quello che la prudenza richiedeva…Guerreggi pure Satana, sia direttamentecon le sue maligne suggestioni sia indirettamente a mezzo dei mondo e dellanostra corrotta natura. Faccia strepitoquesto infelice apostata, minacci puretalora di inghiottirvi. Non importa. Essonulla potrà contro l’anima vostra cheGesù ha ormai stretta a sé.»

San Pio da PietrelcinaS 1 8 8 7 - 1 9 6 8

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el celebre Dialogo della DivinaProvvidenza di Santa Caterina da

Siena vi è una descrizione dell’Inferno:«Figliola, la lingua non è sufficiente adescrivere la pena di queste povereanime. Come ci sono tre vizi principali –cioè l’amore per sé stessi, da cui provieneil secondo, che è l’amore per la propriareputazione, e dalla reputazione procedeil terzo, cioè la superbia, con l’ingiustizia,la crudeltà e con altri immondi e iniquipeccati che seguono questi – così ti dicoche nell’inferno essi hanno quattro tormentiprincipali, dai quali procedono tutti glialtri tormenti. Il primo è che si vedonoprivati della mia visione, e ciò è per loropena tanto grande che, se fosse possibile,sceglierebbero il fuoco e i più grandi tormenti e vedermi, piuttosto che nonavere pene e non vedermi. Questa primapena produce in loro la seconda, quelladel verme della coscienza, il quale semprerode, vedendosi essi per loro colpa privatidi me e della compagnia degli Angeli,avendo meritato la compagnia dei demonie la loro visione. Il vedere il demonio(che è la terza pena) raddoppia in loroogni fatica. Come i Santi sempre esultanonella visione di Me, e vedono rinnovarsicon allegrezza il frutto delle fatiche cheessi hanno portate per Me, con tantaabbondanza d’amore e disprezzo di loromedesimi, così, al contrario, in questi pove-retti si rinnovano i tormenti della visionedel demonio, perché nel vederlo essiconoscono più sé stessi, cioè conosconoche per loro colpa se ne sono fatti degni.E per questa ragione il verme rode ancordi più, e il fuoco di questa coscienza non

cessa mai di ardere. E la pena è ancorapiù grande perché essi lo vedono nellasua figura, la quale è tanto orribile che nonc’è cuore d’uomo che la possa immaginare.E se ben ti ricordi, quando te lo mostrainella sua forma in un breve spazio ditempo (che sai che fu quasi un istante),tu scelsi, dopo che fosti tornata in te, divolere andare per una strada di fuoco,anche se dovesse durare fino al giornodel giudizio, piuttosto che vederlo ancora.Malgrado tutto questo che tu vedesti, tuttavia non sai bene quanto egli è orribile,perché si mostra, per divina giustizia, piùorribile nell’anima che è privata di me, epiù o meno secondo la gravità delle lorocolpe. Il quarto tormento è il fuoco. Questofuoco arde e non consuma, perché l’animanon può consumare sé stessa; non è cosamateriale che il fuoco può consumare,perché essa è incorporea. Ma Io per divinagiustizia ho permesso che il fuoco libruci dolorosamente, così che li affligga enon li consumi. E li affligga e li bruci con grandissime pene, in diversi modi,secondo la diversità dei peccati; chi più echi meno, secondo la gravità della colpa.Da questi quattro tormenti provengonotutti quanti gli altri: freddo e caldo e stridore di denti e altri ancora. Ora, poiché non vollero correggersi dopo ilprimo rimprovero che gli fu fatto, per il falso giudizio e l’ingiustizia nella lorovita, e poiché nel secondo rimprovero,cioè nell’ora della morte, non vollero spe-rare né vollero dolersi dell’offesa che miavevano fatto, ma solo della loro pena,allora hanno ricevuto così miserabilmentela morte eterna».

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ella celebre Storia di un’anima,Santa Teresa del Bambino Gesù e

del Volto Santo riferisce di aver fatto unsogno nel quale due diavoli scappavanodavanti ai suoi sguardi: «Mi ricordo di unsogno che devo aver fatto verso quest’età(4 anni) e che si è impresso profondamentenella mia immaginazione.

Una notte ho sognato che uscivo perandare a passeggiare da sola in giardino;giunta al primo dei gradini che bisognavasalire per arrivarci, mi fermai presa dallospavento. Davanti a me, vicino al pergolato,si trovava un barile di calce, e su questobarile due piccoli orrendi diavoletti danzavano con un’agilità sorprendente,nonostante avessero dei ferri da stiro aipiedi. All’improvviso gettarono su di me iloro occhi fiammeggianti, ma al tempostesso, sembrando molto più spaventatidi me, si precipitarono giù dal barile eandarono a nascondersi nella stanza del guardaroba, che si trovava di fronte.Vedendoli così poco coraggiosi, vollisapere che cosa avrebbero fatto, e miavvicinai alla finestra. I poveri diavoletticorrevano sui tavoli e non sapevanocome sfuggire al mio sguardo. Ogni tantosi avvicinavano alla finestra, guardandocon aria agitata se io ero ancora lì evedendomi ancora ricominciavano a correre come disperati.

Sicuramente questo sogno non hanulla di straordinario, tuttavia credo cheil Buon Dio abbia permesso che me nericordassi per dimostrarmi che un’anima

in stato di grazia non ha nulla da temereda diavoli che sono solo dei vigliacchi,pronti a scappare davanti agli sguardi diuna bambina…».

In un altro brano, la Santa raccontauna sua riflessione sulla realtà dell’Inferno:«Una sera, non sapendo come dire aGesù che lo amavo e quanto desideravoche fosse amato e glorificato dovunque,pensavo con dolore che dall’inferno nonavrebbero mai potuto ricevere un soloatto d’amore, allora dissi al Buon Dio cheper fargli piacere avrei ben acconsentitoa vedermici immersa, perché egli fosseamato eternamente anche in quel luogodi bestemmia…

Sapevo che questo non lo potevaglorificare, perché Egli desidera soltantola nostra felicità, ma quando si ama siprova il bisogno di dire mille follie.

Parlavo in questo modo non perchénon desideravo il Cielo, ma allora il Cielo per me era solo l’Amore e come San Paolo sentivo che niente potevasepararmi dall’oggetto divino che miaveva rapita!…».

S. Teresa di Gesù Bambino, carmeli-tana scalza, nacque ad Alençon il 2 gennaio1873 e morì a Lisieux il 30 settembre1897. Negli ultimi giorni della sua vitarassicurò le consorelle che la sua mortenon le avrebbe impedito di continuare alavorare per la salvezza delle anime.Cominciava così la sua missione nata alCarmelo, quella di collaborare con Cristoal bene dei fratelli.

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Page 20: Santa Teresa d’Avila - carloacutis.net · Non v’era luce, ma tenebre fittissime; eppure quanto ... l’iscrizione che è sulla porta! C’era scritto: Ubi non est ... i tormenti

an Giovanni Maria Vianney (1786-1859) nelle lotte contro il demonio

si armò di una forca in ferro che mise afianco del suo letto. E’ Caterina Lassagne,una delle sue più strette collaboratrici araccontarlo: «Talvolta sentiva strappare letende del suo letto, credendo di trovarlein pezzi l’indomani. Si affrettava a prenderela sua forca, credeva che fossero dei ratti.Ma più egli scuoteva, più le tende sistrappavano. E l’indomani, invece, letende non avevano danno. Altre volte ildemonio bussava alla porta della suastanza e lo chiamava Vianney. Egli dicevache era una voce aspra». «Altre volte, eglidiceva, Grappino ha colpito alla mia portaquesta notte. Non gli ho detto di entrare.E’ entrato lo stesso. E’ venuto a sbatterela casseruola sul secchio d’acqua che èsul mio camino. L’ha battuta spesso».

Un’altra volta, egli diceva:«Sembrava che fosse un grande cavalloche era nell’appartamento, al di sottodella mia stanza, che saltava fino al soffitto e ricadeva poi sulle sue quattrozampe sul pavimento». Altre volte dicevache aveva sentito nel suo cortile come un esercito di austriaci o di cosacchi cheparlavano confusamente un linguaggioche non comprendeva.

Un giorno, mi disse: «Non mettetepaglia nel mio letto, perché, se ve n’èmolta, il demonio mi getterà a terra».

Ho capito che se il materasso fosseun po’ più pieno, che se non dormisse sudelle tavole, come d’abitudine, sarebbestato più facile farlo scivolare a terra.

Un’altra volta disse: «Grappino èvenuto questa notte. Si è posto sotto lamia testa come un cuscino ben tenero e bendolce. Spingeva delle grida lamentevolicome di un malato che è in agonia».

Una volta, egli era impegnato nelleggere il suo breviario a fianco al fuoco.Sentiva soffiare forte un rumore al suofianco, come se qualcuno vomitasse delpietrame o dei grani di grano. Allora,pensando che fosse il demonio, eglidisse: «Vado alla casa della Provvidenza.Dirò quello che fai per farti disprezzare.E subito ha smesso». In effetti, egli èvenuto all’istante a raccontarci ciò. «Altrevolte, sembrava che qualcuno salisse lescale della sua stanza di fronte con grossistivali e non vedeva nessuno. Queste visite notturne erano molto frequenti.Egli notava che ciò accadeva soprattuttoquando alcuni peccatori volevano convertirsi e che in effetti essi giungevanoad Ars presso di lui per porre ordinenella loro coscienza e menare una vitamigliore, cosa che non piaceva al demonio».

San Giovanni Maria Vianney nacquel’8 maggio 1786 a Dardilly in Francia, inuna famiglia contadina. Nell’agosto 1815,venne ordinato sacerdote. Fu mandato

ad Ars, un borgo con meno di trecento abitanti. Si dedicò all’evangelizzazione,attraverso l’esempio della sua bontà ecarità. Ma fu sempre tormentato dal pensiero di non essere degno del suocompito. Trascorreva le giornate dedican-dosi a celebrare la Messa e a confessare,senza risparmiarsi. Morì nel 1859. PapaPio XI lo proclamerà santo nel 1925.

San Giovanni Maria VianneyS 1 7 8 6 - 1 8 5 9