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SYLLABUS

Saper essere docente di sostegno nella scuola secondaria.Franco Larocca

La professionalità

L’offerta di senso pedagogico all’attività docente propria e degli altri colleghi costituisce lo specifico della professionalità dell’insegnante di sostegno. Tale offerta implica la conoscenza e la padronanza dello spessore educativo e formativo delle proprie azioni nell’attività d’insegnamento.Conoscere e padroneggiare tali componenti della propria professionalità di docente specializzato al sostegno non significa tuttavia conoscere soltanto la pluralità delle teorie e dei modelli della formazione in grado di fornire elementi significativi per la costruzione di una visione della realtà e delle funzioni della scuola nel contesto della società contemporanea, ma significa essere in grado di operare scelte consapevolmente critiche alla declinazione di tali padronanze in modo da rispondere alle particolari esigenze dei soggetti in difficoltà. Certamente nel rispetto delle scelte operate in autonomia dalle singole scuole, ma partecipando attivamente alle stesse scelte antropologiche che presiedono ad una costruzione scientifica del Progetto pedagogico. Infatti è dall’interno delle scelte antropologiche che presiedono ai progetti pedagogici che emergono gli stessi criteri di valutazione di sistema delle strategie, dei modelli operativi e degli strumenti tecnici fondamentali sia per l’organizzazione dell’attività didattica, sia per l’instaurarsi delle modalità relazionali efficaci per l’integrazione dei soggetti in difficoltà nel rispetto della legislazione vigente in materia di integrazione, a partire dalla L.104/92. Tali competenze si trasformano in azioni mirate alla migliore realizzazione operativa della relazione educativa e didattica manifesta nelle serene dinamiche interpersonali che caratterizzano la vita di una scuola attiva, nelle stesse classi e raggruppamenti di varia natura degli allievi, nei collegi docenti, nei consigli di classe. Chi possiede tale professionalità mostra non solo flessibilità e prontezza nell’azione, ma anche quel potere esperto che lo connota come esperto in umanità con le doti di equilibrio di personalità e di quell’esprit de finesse senza del quale diviene impossibile instaurare un dialogo maturativo con e dei soggetti diversamente abili. In tal modo la professionalità si esprime anche collaborando ai processi di autovalutazione della stessa componente docente e di sviluppo organizzativo dell’attività della scuola nelle sue varie dimensioni, oltre che ai diversi livelli della sua organizzazione in quanto condizioni di esercizio essenziali e di risorsa di base per affrontare le difficili situazioni cui può sottoporre spesso il processo di integrazione.

La scuola come occasione di apprendimento ad apprendere L’insegnante di sostegno non s’accontenta di partecipare a creare un clima di rispetto e di dialogo curando le interazioni tra insegnante e allievi e quelle tra allievi. Anche perché spesso il rispetto è talora solo rispetto umano che pur di non scomodare alcuno non s’impegna per l’innovazione. Il dialogo diviene effettivo quando pone a confronto le diverse e opposte modalità di intendere la realtà educativa che si sta vivendo, ponendo a nudo le nervature più profonde che ostacolano lo sviluppo umano

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Sicché dialogare davvero nella scuola significa creare cultura nel senso ciceroniano dell’animi cultura che va ben al di là dell'apprendimento mnemonico di nozioni, divenendo apprendimento di processi interiori, di assunzione di nuovi punti di vista, di collaborazione attiva anche ai processi di valutazione delle più diverse attività scolastiche e persino dei processi decisionali. Saper gestire e governare una classe in cui vi sono allievi certificati senza avere le specifiche competenze di pedagogia e didattica speciale, che fanno di un docente normale un docente di sostegno, diviene arduo, se non impossibile. Perciò l’insegnante di sostegno ha interesse a sviluppare un esplicito atteggiamento collaborativo fra tutti gli operatori scolastici come condizione per rispondere alle specifiche esigenze d’apprendimento a vivere e ad apprendere. La valorizzazione del lavoro di tutti, compreso quello del soggetto in difficoltà, mediante idonee modalità interiorizzate nel corso di specializzazione, non solo permette la maturazione dei soggetti in difficoltà, ma diviene stimolante anche per tutti gli altri allievi.Dimostrare che anche chi fatica ad apprendere è in grado di maturare strategie di apprendimento autonomo, significa stimolare anche gli altri docenti a voler approfondire in modo sistematico le diverse modalità e i diversi principi che sottostanno all’azione educativa speciale anche per aspetti relativi all'insegnamento-apprendimento. E’ questo il modo più idoneo per attivare esperienze di laboratorio in livelli operativi diversi da quelli delle materie fondamentali obbligatorie (e si fa riferimento ai livelli operativi delle Libere Attività Creative e delle Materie Esponenziali) capaci di integrare operativamente aspetti antropologici, filosofici, neurologici, pedagogici e didattici nell’arte di apprendere ad apprendere anche creativamente da parte di tutti gli studenti, da considerarsi tutti diversamente abili (Gardner docet).Saper coniugare le tre dimensioni della pedagogia generale e della didattica generale (che nell’area comune è integrata da discipline che ne approfondiscono le tematiche) con le didattiche specifiche delle singole discipline (che nell’area di indirizzo offrono gli aspetti epistemologici e metodologici più idonei ad un’offerta formativa creativa e non statica della disciplina) insieme all’area specialistica per il sostegno (e che pertanto non è accanto alle altre aree di indirizzo ma è loro sovraordinata in quanto realisticamente ne implica necessariamente almeno una) significa possesso operativo delle modalità più idonee per affrontare le resistenze allo sviluppo, comprese le resistenze all’apprendimento.I rapporti organici tra la formazione proposta nell'area comune, quella proposta nelle didattiche disciplinari e quella del corso di preparazione al sostegno, consentono di realizzare quella coerenza di spirito nella propria formazione e quella armonia operativa necessarie a realizzare una più efficace integrazione dei soggetti in difficoltà, oltre che a consentire una continuità formativa tra i percorsi di apprendimento e le esperienze di tirocinio.Le esperienze di tirocinio nel corso SOS 800 si ispirano al principio che a lavorare s’impara. Il diretto contatto con i soggetti che presentano difficoltà è da considerare il fulcro propulsore per la motivazione agli approfondimenti teorici oltre che la modalità più capace di attivare intimamente coloro che decidono di occuparsi nelle attività di sostegno.L’azione mirata (si veda il volume che riporta questo titolo pubblicato dal sottoscritto presso l’editore FrancoAngeli, Milano, 2003 e al quale si rinvia direttamente per ogni approfondimento sia teorico-epistemologico che operativo) in educazione speciale necessita primariamente dell’attività sul campo. Questa è conditio sine qua non dell’apprendimento delle metodiche di intervento cui non può sopperire la sola conoscenza teorica. Come per la specializzazione in neuropsichiatria o in altre discipline

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pratico-prescrittive l’apprendimento proficuo può avvenire solo in un contesto adeguato: nel nostro caso la scuola.

Progettare per programmare azioni formative mirate

In educazione speciale sbagliare la mira comporta conseguenze non indifferenti sul piano dello sviluppo umano del soggetto in difficoltà. Questo richiede non solo di conoscere le diverse dimensioni dell’insegnamento in generale e della disciplina in cui s’è maggiormente esperti, considerate nei loro presupposti teorici e nelle loro implicazioni didattiche (in altri termini la conoscenza della materia), ma anche la logica interna che presiede a quella disciplina, ossia agli aspetti epistemologici più profondi che ne vivificano dall’interno lo stesso sviluppo anche in sede scolastica. Tutto ciò non basta in quanto l’efficacia dell’atto didattico esige anche che l’insegnante conosca gli allievi nelle loro varie dimensioni. Né è sufficiente la conoscenza offerta dalle diverse discipline formali quali la psicologia dell’età evolutiva, l’auxologia, la sociologia dei piccoli gruppi, o altro ancora, e per i soggetti in difficoltà d’apprendimento le diverse discipline che studiano gli aspetti della patologia generale e specifica. Occorre invece che il docente sia in grado di conoscere le singole personalità in situazione e in tempo reale facendo ricorso non tanto a strumenti standardizzati, quanto a quelle capacità di lettura dei dati rilevabili da una continua ricerca-azione intrisa di saggezza umana e sapienzialità nelle interazioni personalizzate. Ovviamente si richiede una profonda conoscenza di se stessi che si traduce in capacità di individuazione di opportuni criteri e metodiche idonee a individuare finalità educative perseguibili e quindi al possesso delle modalità scientifiche per individuare obiettivi didattici e azioni adeguate e differenziate per conseguirli.Di qui scaturisce la necessità di una profonda abilità dei modi con cui mettere a punto progetti pedagogici speciali evidenziabili in mappe logico-disposizionali cui far riferimento nelle programmazioni individualizzate anche con approfondimenti di scala di parti di mappe per soggetti in difficoltà, della capacità di individuare nella programmazione di azioni i mediatori più efficaci al perseguimento degli obiettivi tenendo conto delle condizioni di esercizio previste e di quelle in tempo reale. Generalmente i modi in cui gli insegnanti individuano i contenuti, organizzano le loro programmazioni e attuano i metodi di costruzione della conoscenza che i propri allievi si apprestano ad apprendere, esulano da una progettazione dello sviluppo delle loro personalità, concentrando l’attenzione sui saperi da memorizzare e riesporre.Spesso si anticipano semplicemente dei contenuti piuttosto che abilità da maturare mediante le singole discipline.La pianificazione organizzativa di una istituzione scolastica ha da prevedere i momenti specifici della progettazione pedagogica che non va confusa con la programmazione didattica che ne consegue come sua lettura psicogenetica. Comprendere profondamente la correlazione esistente fra insegnamento e apprendimento cui è sospesa la diversa processualità didattica, significa aver chiare tutte le variabili in gioco a cominciare dalle premesse antropologiche di fondo degli attori sino alla capacità di dominio in situazione delle variabili intervenienti che consentono di comprendere i diversi modi della diversa valorizzazione degli allievi e del loro contributo dialogico alla propria formazione. Le diverse attività didattiche e tutto ciò che rende accessibile, padroneggiabile e reinventabile interiormente i contenuti disciplinari da parte degli allievi non scaturisce dal contenuto disciplinare, ma dalla progettualità e quindi programmazione di obiettivi di

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sviluppo di abilità (anche, e non solo cognitive) che si serve dei contenuti come mezzi di maturazione. Tutto ciò che interviene nell’atto didattico, dalle attività che rendono possibile l’apprendimento (lezione ex cathedra, lavoro in gruppo, ricerca individualizzata, discussione, ecc..), gli strumenti di cui ci si serve (dalla classica lavagna a muro, a quella luminosa, al computer, ecc…), alle strategie (problem solving, ad es.), occorre sia adeguato non tanto o non solo al contenuto ma alle abilità e ai processi interiori che i ragazzi devono mettere in atto per far propri i contenuti.Anche le stesse modalità di valutazione (vista come lettura della misurazione degli apprendimenti alla luce della situazione umana e maturativa dei singoli) dovranno tener conto degli obiettivi come disposizioni perseguite vuoi di natura cognitiva, ma soprattutto di natura umana o formativa globale della personalità. Il che significa che obiettivi realizzanti le personalità sono quelli dinamizzanti le diverse processualità sia di tipo primario che secondario (e, perché no, anche terziario per usare il linguaggio di Silvano Arieti). La valutazione poi più che servire a documentare i progressi dell’alunno in itinere e al momento conclusivo ha la funzione di sfociare in ri-programmazione alla luce di quanto è già avvenuto, L'insegnamento progettato in modo che la comprensione del contenuto divenga strumento per il possesso dei principi e dei concetti ovvero della epistemologia che anima quello specifico punto di vista sulla realtà acquista coerenza con la metodologia della ricerca specifica di quell’ambito e consente agli allievi di interiorizzare poco o tanto quella categoria dello spirito che presiede a quella specifica disciplina. Il progetto pedagogico, tradotto in programmazione didattica ed educativa, si potrà dire che funziona davvero quando il soggetto diventa attivo e autonomo all’interno dello specifico punto di vista. Le competenze richieste all’insegnante in genere e di sostegno in particolare nel perseguimento della valorizzazione dei soggetti, al di là della dote della chiarezza espressivo-espositiva e dell’equilibrio di personalità, sono quelle implicate dalla capacità di tradurre operativamente i principi della didattica generale, ossia della individualizzazione e della socializzazione.

Le responsabilità professionali dell’insegnante di sostegno

Essere professionista nella formazione di soggetti che oppongono resistenze, vuoi connaturate ai deficit, vuoi indotte da pregressa inadeguata educazione, alla maturazione globale della personalità tramite un lavoro organico che dia criteri alla mente per dominare il proprio mondo mediante i vari sistemi di rappresentazione della realtà, richiede una continua e generosa cultura della propria personalità.Le competenze richieste al docente di sostegno vanno ben al di là di quelle richieste ad ogni altro professionista della scuola, in quanto egli è preposto, in virtù della sua specialità, a individuare i modi più idonei per aiutare a superare le difficoltà (resistenze, o handicap che dir si voglia) in modo che i soggetti certificati (ma anche quelli che pur non essendolo vanno comunque aiutati) riescano a maturare al massimo le proprie potenzialità talora addirittura invisibili all’occhio inesperto. L’essere potere esperto in situazione richiede dall’insegnante di sostegno una acuta capacità di osservatore delle personalità in sviluppo. Occorre sia convinto che in ogni istante egli assiste e partecipa attivamente a delle “anteprime”: quelle che si celebrano sotto i propri occhi ogni qual volta si entra in rapporto e in relazione con soggetti in formazione.

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S’è già sottolineato che le doti dell’insegnante educatore consistono nell’equilibrio della personalità e nell’essere esperto in umanità. Certamente l’equilibrio è la prima e la più importante. Esso supporta persino le carenze di cultura o di molte altre qualità intellettuali che in determinati ambienti risultano persino controproducenti. La sofferenza, la disgregazione e la tensione emotiva, le forti regressioni espressive, infatti, sono causate molto più di frequente in educandi deboli da soggetti molto intelligenti, ma incapaci di relazioni umane, più che da un educatore intellettualmente modesto, ma intuitivo ed equilibrato affettivamente. E con l’equilibrio della personalità si hanno anche flessibilità, pensiero fluido e limpido, animo aperto all’attenzione all’altro, capacità di mettersi nei panni altrui, immediata comprensione di ciò che avviene in un ambiente, risposta adeguata alle necessità dell’altro.Esperto in umanità è colui che è capace di instaurare quell’empatia necessaria ad una comunicazione in tensione alla comunione che fa di un trovarsi insieme una comunità educante. Sue caratteristiche sono: sincerità, modestia, umiltà, pazienza. Queste rendono all’educatore quell’umanità che gli altri si attendono da lui. Nulla blocca o fuorvia un processo di sviluppo umano come lo scoprire nei propri educatori insincerità, orgoglio, vanagloria e irascibilità.Quelle qualità invece rendono gli educatori disponibili all’incontro con l’altro e al dialogo con il diverso, soprattutto con il diverso, sia a livello numerico che a quello analogico. Chi non teme di essere umiliato, è capace anche di sottomettersi quando è il caso di farlo per il bene di qualcuno. Le sue azioni, i suoi gesti, le sue parole si fanno insieme semplici e responsabili nei confronti degli altri. Diviene attento ai minimi particolari, anticipa i bisogni e i desideri, ne previene le richieste, accoglie le intenzioni altrui entro il proprio cuore e la propria sensibilità: ascolta e capisce l’altro in quanto è attento alla propria interiorità. Si mette all’unisono con l’altro, pur vivendo dentro una coerenza intima che nessuna novità può turbare, percependo tutta la ricchezza di stimoli di ciò che vive intorno e dentro di lui, sino a farne una sintesi ricca e dinamica per lo sviluppo proprio e degli altri.Perciò l’insegnante di sostegno: pur non essendo un neuropsichiatra, occorre abbia una conoscenza e del linguaggio specialistico del neuropsichiatra e la sensibilità propria di chi legge in tempo reale i significati delle reazioni incontenibili; pur non essendo uno psicologo, occorre che conosca nel loro svolgersi le dinamiche e i singoli processi affettivi e mentali che presiedono alle risposte di un soggetto che oppone resistenze all’apprendimento; pur non essendo uno psicomotricista, o uno dei tanti tipi di terapeuti, occorre che sappia servirsi volta a volta delle diverse tecniche per diventare un co-mediatore del processo di rappresentazione della realtà; pur non essendo un matematico o un docente di fisica, chimica o di scienze naturali , occorre abbia interiorizzato le categorie dello spirito che presiedono a queste discipline (il dominio delle relazioni logiche per la matematica, il dominio delle relazioni quantificabili per la fisica, il dominio delle reazioni materiche per la chimica, il dominio delle diverse categorizzazioni del reale, vivente e non, per le scienze naturali) per aiutare il soggetto in difficoltà a penetrare poco alla volta nei misteri dell’universo scientificamente rappresentato nella nostra civiltà; pur non essendo un letterato ed un poeta, occorre che egli si metta in grado di gustare e far gustare la ricchezza evocativa della parola e del pensiero umano; pur non essendo uno storico, occorre che egli sviluppi le categorie della temporalità e aiuti il soggetto a rappresentarsi il passato in modo da identificarvisi entro una serie di

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appartenenze umane; pur non essendo un geografo, occorre che sappia avvicinare il lontano in modo da renderlo vivo e godibile persino da parte di soggetti ciechi; pur non essendo un tecnico, occorre che aiuti il soggetto a sviluppare tutti quei coordinamenti oculo-manuali intrisi di intelligenza che portino il soggetto in difficoltà a manipolare strumenti e materiali per realizzare manufatti ed utensili.E si potrebbe continuare.Il potere esperto si fa servizio ai colleghi e ai genitori in quanto diventa capace di fruire di tutte le risorse presenti nell’istituzione in cui opera che egli aiuta a mettere insieme e a coordinare per il miglioramento globale della situazione delle classi in cui lavora.Comprende i momenti più opportuni per fare proposte di natura didattica capaci di aiutare gli allievi a fare dei salti di qualità, come quando, prendendo spunto da eventi naturali o sociali suggerisce azioni capaci di coinvolgere più docenti per problematizzare le situazioni in modo multi o pluridisciplinare, se non in modo interdisciplinare.La professionalità dell’insegnante di sostegno coinvolge l’intera comunità sociale in cui vive l’istituto scolastico: ne conosce le potenziali ricchezze e stimola i responsabili affinché da tali ricchezze non vengano esclusi tutti gli allievi compresi i soggetti in difficoltà. Si sta segnatamente alludendo alle aziende presenti sul territorio, alle tecniche di produzione dei beni materiali, ma anche alle testimonianze lasciateci dal passato che i giovani trovano sì nei musei, ammesso che qualcuno ve li porti almeno qualche volta e non solo per la curiosità degli occhi bensì anche e soprattutto per quella della mente.

Le responsabilità nei confronti della civiltà

E’ opera di grande civiltà far sì che anche i diversamente abili prendano parte ai frutti della cultura e percepiscano i valori fondamentali della convivenza civile quali sono quelli del dialogo e della pace e i valori che incrementano la promozione umana.La deontologia professionale dell’insegnante di sostegno non solo richiede esercizio finalizzato a sviluppare l’autoriflessione critica in prospettiva di un agire educativo responsabile verso i propri allievi che per la loro condizione particolare richiede grande autonomia didattica e culturale, ma pure impegno rigoroso e sistematico nei programmi di ricerca che connotano i processi di costruzione della conoscenza e dell’esperienza in situazioni capaci di interpretare gli interessi delle nuove generazioni, e soprattutto capaci di venire incontro alle specifiche resistenze opposte dai deficit sia individuali che sociali.Il sapere nelle sue molteplici connotazioni e ricadute sull’organizzazione della convivenza umana, oltre che nella galassia delle modalità produttive dei beni, è capace di ampliare gli orizzonti non solo di conoscenza, ma soprattutto di comportamenti sempre più contestuali. A tal fine occorre che la responsabilità sociale ed umana degli educatori evidenzi sin già dai banchi di scuola il senso della tecnologia di cui si serve nell’organizzazione degli insegnamenti e degli apprendimenti, aiutando gli allievi a perseguire competenze anche tecniche, ma soprattutto comunicative tali da evidenziare vincoli e risorse, potenzialità e rischi presenti nelle scelte anche di natura informativa che occorre continuamente operare nella società della conoscenza. In questo contesto non è sufficiente agevolare gli allievi con bisogni speciali, né basta una generica consapevolezza che una certa attenzione porti a sviluppare una sensibilità nei loro confronti. L’auspicabile sempre più frequente iscrizione di allievi disabili nelle classi regolari dell’istruzione secondaria superiore richiede almeno una conoscenza di base di tali bisogni speciali. Ma questo non si configura nella scuola secondaria superiore in semplice e generica attenzione agli obiettivi didattici, al progetto didattico e all'interazione di classe. Né è

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sufficiente che laddove vi siano allievi con impedimenti fisici gli insegnanti prestino attenzione alle conseguenze del modo in cui è organizzato lo spazio fisico. Né che la presenza di allievi con handicap visivi o uditivi ricevano l’attenzione di una idonea sistemazione in classe in modo che siano in grado di vedere e sentire nel modo migliore. Né è sufficiente che il docente sia avvertito che con allievi con un particolare carattere emotivo s’impongono particolari responsabilità nell'interazione. A tutto questo basterebbe il buon senso comune, mentre l’atteggiamento di un professionista dell’educazione speciale ha da tener conto di tutta una serie di conoscenze ulteriori. E va altresì ricordato che non sono sufficienti le ulteriori conoscenze specialistiche. La responsabilità nei confronti dell’integrazione in un ambito di civiltà da società della conoscenza, dove il sapére sia in grado di trasformarsi in sàpere, richiede agli educatori una profonda metànoia interiore capace di leggere l’intero nel frammento. E perciò necessita che egli sappia agire in modo mirato allo sviluppo umano anche e soprattutto dove più forti si fanno le resistenze.

Requisiti per l’accesso alla specializzazione al sostegno Per l’accesso alla formazione iniziale degli aspiranti alla specializzazione per l’insegnamento di sostegno si avrà cura di: -garantire che tutti coloro che sono ammessi al corso di formazione abbiano insieme alla qualità dell’equilibrio della propria personalità, una flessibilità intellettiva tale da far prevedere possano raggiungere gli standard previsti; -garantire che tutti coloro che accedono alla formazione soddisfino i requisiti di salute mentale e fisica stabiliti dalle norme; -garantire che coloro che accedono alla formazione non siano stati esclusi in precedenza dall'insegnamento o dallo svolgere un lavoro a contatto con adolescenti e giovani; -garantire che tutti coloro che accedono alla formazione non solo sappiano leggere bene e che siano in grado di comunicare con chiarezza e accuratezza, ma che abbiano maturato un minimo di autonomia in un ambito della ricerca e dell’attività culturale; -garantire che coloro che accedono alla formazione siano in possesso di un diploma di Laurea (vecchio ordinamento) o Laurea specialistica ( nuovo ordinamento); -garantire che tutti i candidati ammessi alla formazione abbiano superato adeguate procedure di selezione.

Le discipline e l’impianto organizzativo del percorso di specializzazione

Poiché si tratta di un percorso ad elevata trasformazione dei requisiti personologici in cui l’aspetto operativo assume la funzione principe, laboratori con esperti dei mediatori e i tirocini costituiscono il fulcro del corso. Laboratori e tirocini vanno visti e considerati nel corso SOS come le occasioni più incisive per operare la qualificazione.La previsione di almeno 150h di tirocinio diretto e di una settantina di tirocinio indiretto costituiscono il minimo indispensabile per consentire l’attivazione delle tre fasi canoniche di un buon tirocinio diretto. Se quello indiretto con un supervisore di tirocinio della scuola di specializzazione serve per riflettere in gruppo e organizzare le singole fasi del lavoro sul campo, il lavoro sul campo non può che partire da una osservazione attenta e approfondita di tutte le condizioni di esercizio del campo in cui si opera (per le quali necessitano almeno 50h) per proseguire nella seconda fase di tipo collaborativa con il tutor interno all’istituzione accogliente. E’ il docente accogliente interno all’istituzione, in stretto collegamento con il tutor della scuola di specializzazione universitaria, ossia il

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SVT, ad iniziare il tirocinante al lavoro con il diversamente abile, tant’è che il Suo ruolo qualificante qualifica le stesse attività del tirocinante. L’iniziazione al lavoro con il diversamente abile è una delle attività più faticose e anche tra le più creative che si possano richiedere ad un insegnante che opera educazione speciale. Almeno una cinquantina di ore (più altrettante di tirocinio indiretto col SVT) sono il minimo indispensabile per dare un minimo di sicurezza psicologica e di competenza decisionale al tirocinante. La terza fase del tirocinio potrà vedere il tirocinante agire su un progetto predisposto con relativa autonomia, sotto l’occhio vigile del docente accogliente. Delicatissimo è poi il ruolo del SVT universitario il quale deve poter conoscere le singole situazioni e intervenire per supportare la crescita del tirocinante.Se nel contempo il tirocinante è aiutato da specialisti di laboratori che offrono la conoscenza operativa di metodiche anche con strumentazione d’avanguardia, di mediatori idonei capaci di far loro interiorizzare modalità operative della relazione con particolari tipi di deficit, allora ha elementi sufficienti per iniziare ad operare quelle sintesi operative che fanno di un insegnante comune un insegnante di sostegno.Le discipline, quando gli aspetti di cultura generale di natura psicopedagogia fossero acquisiti (Teorie dell’istruzione e programmazione didattica comprendenti le discipline di Pedagogia generale e teorie della formazione, Processi e metodologie dell’insegnamento,Tecnologie didattiche ed educative; Psicologia dello sviluppo e dell’apprendimento scolastico comprendenti almeno Psicologia dell’adolescenza e Psicologia cognitiva dell’apprendimento; Psicopedagogia dell’insegnamento comprendenti materie quali Pedagogia sperimentale e Psicologia dell’educazione; e infine Organizzazione scolastica e contesti educativi alla cui preparazione sono appena sufficienti discipline quali Metodi e tecniche della valutazione, Politiche, legislazione e organizzazione scolastica) hanno la funzione di offrire i supporti teorici non solo per leggere l’azione educativa speciale in situazione, ma soprattutto per assumere quei particolari punti di vista necessari al lavoro interdisciplinare e creativo richiesto dagli interventi in situazione. Per l’Area più propriamente specialistica ( chiamata Area di Indirizzo) poiché trattasi di trasformare il semplice inserimento in integrazione occorre che gli aspetti conoscitivi derivanti dalla Psicologia clinica (e in particolare dalla Psicologia della disabilità e della riabilitazione e dagli Elementi di neuropsichiatria) vengano in qualche modo metabolizzati dalla Pedagogia speciale, nella sua più ampia articolazione (Legislazione dell’Integrazione Scolastica, Metodologia della ricerca pedagogica in educazione speciale e Pedagogia speciale dell’Integrazione) e dalla Didattica speciale (Didattica speciale dell’Integrazione e Psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione) facendo in modo che azione e teoria si coniughino creativamente nelle risposte alle più disparate situazioni di apprendimento e di maturazione dei soggetti in difficoltà.E’ a questo proposito che le diverse impostazioni culturali e scientifiche mostrano o meno la loro efficacia e dipendono certamente dalla diversa tipologia della cultura dell’handicap e dell’integrazione. Il riferimento culturale a base di tutto il presente syllabus si richiama al lavoro del Gruppo Interdisciplinare di Trento rinvenibile in AA.VV., Teoria e Modello in Pedagogia, Armando, Roma, 1986 e che ha visto le sue esplicitazioni a favore del discorso pedagogico speciale in opere del redattore di queste pagine quali Pedagogia speciale, Erickson, Trento, 2000, Nei frammenti l’intero, FrancoAngeli, Milano, 2003(5); Azione Mirata, FrancoAngeli, Milano, 2003. I riferimenti contenutistici essenziali cui fanno riferimento in modo coerente tutte le altre discipline oltre ai laboratori sono sommariamente i seguenti: -Antropologia pedagogica e Teoria semantica della persona in cui, alla luce della neotenia

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umana, Pedagogia ed educazione assumono la funzione dell’innovazione culturale più elevata. Ne conseguono, secondo una ben chiara epistemologia critica i seguenti contenuti:-Il Progetto pedagogico (Condizioni pedagogiche, Logica disposizionale per la costruzione delle Mappe logico-disposizionali)-La programmazione educativa (Condizioni di esercizio- Logica dell’attuazione per la lettura psicogenetica delle mappe e costruzione delle catene attuative e Unità didattiche)-L’azione (Condizioni rrilevanti e Logica della causazione educativa)-La causazione (condizionale INUS- aleatorietà- tipologia della libertà umana )-La creatività e l’interdisciplinarità finalizzate all’integrazione-Deficit ed handicap (connaturato ed indotto)-Approfondimenti di scala delle mappe logico-disposizionali per singole sindromi in particolari settori di difficoltà d’apprendimento e di maturazione-Problematiche connesse al mondo della diversa abilità (limiti ed errori, valore della diversità, le barriere interpersonali, la ricerca di senso, le reti d’aiuto, vincoli e risorse, tecniche e modalità d’intervento a seconda dei singoli deficit – sensoriali, di movimento, mentali -, funzione ed uso dei mediatori). S’è già sottolineata l’importanza, oltre che dei tirocini, dei Laboratori integrati di Pedagogia Speciale. Va chiarito che la preparazione polivalente non consente una idonea preparazione per operare in modo adeguato con le singole disabilità. Per questo occorre che dopo il corso polivalente i docenti di sostegno si impegnino per operare una preparazione sempre più specifica. Tuttavia i laboratori integrati vanno incontro a questa carenza offrendo quel minimo di abilità per incontrare efficacemente nella scuola secondaria sordi, ciechi e soggetti con altra diasabilità. Ecco di seguito i laboratori che danno all’insegnante di sostegno quel minimo di conoscenze e di abilità pratica per realizzare il proprio lavoro in modo efficace:

01- LABORATORIO PER L’AUTONOMIA DELL’ALLIEVO DISABILE

L’autonomia è da vedere come finalità importante (implicata cioè come sottodisposizione del Progetto di vita entro un Progetto pedagogico olistico) per tutti i soggetti in difficoltà. E per questo motivo che tale laboratorio è meglio definirlo come Laboratorio di Progettualità pedagogica finalizzato all’apprendimento operativo della costruzione scientifica di Unità didattiche sia di letto-scrittura che di calcolo e soluzione dei problemi riguardanti sia le discipline cognitive (viste come strumenti di maturazione del pensiero) che ogni altra attività educativa nell’ambito della scuola. Un laboratorio a sé stante sull’autonomia -data la sua importanza- richiede che venga affrontato non come semplice chiarificazione concettuale o semplice esplicitazione tassonomica -sia pure articolata così come fanno le varie schede diagnostiche- delle diverse tipologie, ma come analisi scientifica di tutto ciò che un dato livello di autonomia implica necessariamente. Ciò significa che un laboratorio dell’autonomia a livello di scuola secondaria deve poter riguardare quelle di tipo espressivo-comunicativo e sociale (che se invece non fossero ancora presenti quelle disposizioni, occorrerebbe servirsi di mappe logico-disposizionali di approfondimento), e quindi da una parte la scoperta della modalità di superamento della regressione espressiva (spesso presente negli stessi corsisti!) [e si sa come fare], dall’altra l’esigenza di far scoprire come si passi dalla anomia all’autonomia attraverso l’eteronomia [e anche qui i professionisti dell’educazione dovrebbero sapere come farlo sperimentare a gruppi di adulti anche se nell’applicazione in classi integrate occorrono ben altre conoscenze operative (dal raggio

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di sociabilità, alla sintalità, al decalage, ecc…)]. E’ per questo motivo che il Lab. dell’Autonomia va visto come un approfondimento operativo del seguente laboratorio:

02- LABORATORIO DI PROGETTUALITA’ DELL’INTERVENTO EDUCATIVO

Nell’ambito dell’impostazione di Pedagogia Speciale per l’integrazione (la disciplina pratico-prescrittiva che offre i parametri concettuali dell’intero processo specialistico) il Lab. di Progettualita dell’intervento educativo deve tener presente che la centralità del Progetto pedagogico finalizzato agli interventi educativi è il soggetto in difficoltà. Questo significa anzitutto che le discipline in apprendimento vanno considerate strumento di maturazione delle disposizioni (o capacità) del soggetto medesimo. Ma significa anche che l’eventuale Progetto di vita debba essere considerato come l’ad quem dal quale -mediante l’analisi logico-disposizionale- esplicitare tutte le sottodisposizioni implicate (vedi F. Larocca, Pedagogia speciale, Erickson, Trento, 2000). Ciò significa che una volta precisate le mappe logico-disposizionali (da apprendere a costruire proprio entro questo laboratorio) occorre individuare quali debbano essere le azioni da compiere e far compiere nelle classi con la presenza di soggetti in difficoltà per il passaggio dai vari Oi ai vari Oi+1 di una mappa logico-disposizionale letta psicogeneticamente. In questo consiste l’attività di Programmazione. Altra abilità che i corsisti acquisiscano durante questo spazio di tempo. E si sottolinea il fatto che la capacità di scegliere i mediatori opportuni entro le azioni diventa a questo punto una delle competenze da perseguire all’interno di tale laboratorio.Il lavoro teorico, che dà luogo alla competenza di costruzione delle diverse mappe logico-disposizionali (cfr. F. Larocca, Il concetto di mappa disposizionale, in  "Il Quadrante scolastico" n. 29, 1986, pagg. 42-49 e AA.VV., Teoria e Modello in pedagogia, Armando, Roma, 1986), consentirà la messa a punto di programmazioni (mediante la logica dell’attuazione e conseguente lettura psicogenetica) che tengano conto delle specifiche resistenze o handicap dei singoli -e, ove necessario, quegli approfondimenti di mappa- per soddisfare il principio di individualizzazione mediante l’introduzione di idonei mediatori. Senza, pertanto, un Pp e una Programmazione scientificamente approntate, l’azione didattica risulterebbe casuale e priva di senso soprattutto alla luce della complessa logica della causazione educativa con soggetti in difficoltà (vedi F. Larocca, Azione Mirata, Franco Angeli, Mi., 2003)

03- LABORATORIO DI POTENZIAMENTO COGNITIVO, MOTIVAZIONALE E RELAZIONALE

Questo laboratorio va necessariamente articolato in quanto l’aspetto del potenziamento cognitivo è prettamente operativo e va vissuto dagli specializzandi secondo modalità performative (oltre il saper fare è da contemplare il saper far fare) esemplari sotto la guida di psicomotricisti cognitivi capaci di far interiorizzare sia le categorie di spazio e tempo, sia quelle della logica mediante azioni motorie in situazione, facendo riferimento alle basi neurofisiologiche e neuro patologiche a seconda dei diversi tipi di deficit e quindi di resistenze connaturate e specifiche (si veda in proposito Sangalli, A.L., L’attività motoria compensativa, TrentoUnoEdizioni, Trento, 2001). Il secondo aspetto riguarda la motivazione anzitutto degli specializzandi in ordine alla possibilità della modificabilità sia degli stili cognitivi, sia delle abilità in soggetti in difficoltà. A questo proposito nulla di meglio di un laboratorio minimale del metodo R.

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Feuerstein in grado di aprire nuovi circuiti neuropsichici nei corsisti (a questo proposito si può ricorrere almeno alla lettura e alle esercitazioni adeguate sui 14 punti citati in F. Larocca, Azione mirata). Questo laboratorio è particolarmente indicato a quanti debbano occuparsi di soggetti con trisomia 21, ma anche con sindromi diverse a decorso anche evolutivo (ad es. Williams, Cri du chat, ecc..). Per quanto attiene alla relazione l’organizzazione per sottogruppi nelle classi -la modalità operativa da realizzare in questi laboratori- costituisce la strategia più idonea per interiorizzare i processi necessari al perseguimento della finalità della socialità alla luce degli aspetti teorici delle varie discipline del corso medesimo.

04- LABORATORIO DI LINGUAGGI PER L’INTEGRAZIONE

Premesso che i linguaggi per favorire l’integrazione sono tantissimi e per lo più vanno a costituire i quattro ambiti della didattica mediale (esperienza diretta, mediatori iconici, mediatori analogici, mediatori simbolici), in un corso polivalente andrebbero potenziati in modo che l’insegnante di sostegno possa rispondere, a seconda delle esigenze, servendosi con competenza di quelli che volta a volta la tipologia del deficit richiedesse. La ristrettezza dei tempi tuttavia non può giustificare quanto meno la presenza e il riferimento a conoscenze e performances di base di quei linguaggi espressivi della propria interiorità e del proprio pensiero a soggetti che a causa delle loro disabilità non riescono a comunicare come tutti. Tra i tantissimi metodi di comunicazione ed espressione l’esperienza degli anni precedenti ci consiglia di non far mancare almeno i seguenti input significativi:

-per allievi sordi: elementi di LIS (lingua italiana segnata mediante cheremi) e di lettura labiale; elementi operativi di logogenia;-per allievi ciechi: un minimo di lettura e scrittura in braille; -per allievi sordo-ciechi, pluriminorati, afasici: uso delle tecniche comunicative Tadoma, Malossi, Bliss;-per allievi autistici: comunicazione facilitata su tastiera;-per tutti i soggetti con varie difficoltà espressive e comunicative: musicoterapia adeguata a ciascun tipo di deficit. Tutti questi aspetti, nell’unico settore laboratoriale dei linguaggi per l’integrazione, sono condotti da personale altamente specializzato e con esperienza diretta operata anche fuori dalla scuola.

05- LABORATORIO DI PROFESSIONALITA’: FORMAZIONE PERSONALE E PREVENZIONE DEL BURN OUT

Le caratteristiche specifiche della professionalità dell’insegnante di sostegno, stante il fatto che le lauree specifiche di base riguardano le più svariate discipline, richiede un laboratorio finalizzato alla crescita personale dei corsisti mediante una piena presa di coscienza della propria personalità in modo da perseguirne l’equilibrio operante in situazioni anche di stress emotivo o a fronte di episodi imprevisti (es. crisi epilettiche, o altro). Per questo motivo si introduce sia un laboratorio che riguarda in modo specifico la relazione nei suoi aspetti analogici, sia un laboratorio che abiliti il docente di sostegno a vivere in modo critico e consapevole la propria professionalità finalizzato anche a prevenire e a dominare lo stress, gli attacchi di panico, il burn out, ecc.. La formazione personale riguarda soprattutto il perseguimento di quell’esprit de finesse necessario sia

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nelle diverse relazioni umane con colleghi e genitori, sia nei confronti degli stessi allievi in difficoltà. Pertanto questo laboratorio si articola in due sotto-laboratori: quello riguardante la Pragmatica della comunicazione e l’analisi transazionale e quello riguardante la Scrittura creativa.Il primo ha come finalità di mettere i corsisti nella situazione di leggere il non verbale della comunicazione umana. Questa capacità si persegue solo mediante esercitazioni guidate, visto che essa costituisce il 93% di tutta la comunicazione umana e che diventa centrale nella comunicazione con soggetti disabili. Se solo consideriamo la difficoltà a comprendere l’espressività numerica di soggetti con tetraparesi spastica con difficoltà espressivo verbali, ad es., questo laboratorio offre alcuni elementi per cogliere attraverso la comunicazione analogica almeno il senso e il significato globale del loro pensiero.Il secondo ha come finalità la presa di coscienza di sé e la prevenzione del burn out. A partire dalla lezione della Logoterapia di V. Frankl, il laboratorio si snoda entro una relazione fortemente empatica da crearsi in ciascuna classe da parte del conduttore in modo da andare ben oltre la conoscenza stereotipata di sé per attingere la propria interiorità a fronte delle tematiche esistenziali più forti e capaci di ricomporre una scala di valori e di risignificarli proprio come antidoto e prevenzione del rischio di depressione e burn out, pericoli propri a questo tipo di professione. La creatività specifica richiesta a livello simbolico dalla scrittura creativa rinforza la logoterapia e consente di evitare i suoi deragliamenti (vedi F. Larocca, Follia e creatività, Sermitel, Roma, 1996).

06- LABORATORIO DI TIC PER L’INTEGRAZIONE

Le tecnologie informatiche della comunicazione sono divenute negli ultimi decenni un evidente supporto all’integrazione dei soggetti in difficoltà in ordine all’apprendimento e alla comuniczione. L’infinità dei softwar presenti sul mercato richiede da parte degli insegnanti di sostegno non solo la conoscenza, ma anche la capacità di scegliere i più idonei e il loro uso adeguato alle singole disabilità oltre che un minimo di avvio alla capacità di costruirne per rispondere ad esigenze sempre diverse nelle varie discipline e attività scolastiche. Questo laboratorio fa sì che i corsisti siano capaci di usare i più comuni programmi (word, power point, excell, navigazione in internet, posta elettronica) in modo che queste conoscenze facciano da base per ulteriori apprendimenti a servizio dei disabili (dalla barra braille all’uso di softwar multimediali), ma soprattutto che conoscano la strumentazione più idonea ai diversi tipi di deficit sensoriali e motori. Sarà di supporto a questo laboratorio la presenza della strumentazione della Tiflosistem.

Per un orientamento bibliografico a proposito di molti degli aspetti presenti in questo SYLLABUS si possono consultare anche soltanto alcuni dei seguenti lavori dell’autore:

La socializzazione, in AA. VV., Attività di animazione e socializzazione nella scuola dell'obbligo, La Scuola, Brescia '77, pagg. 7-28;  Libertà ed autonomia personale, in AA.VV., Gli adolescenti, a cura di G.F. Zuanazzi, CFPE Verona 1980, pagg. 287-297; Imparare a educare in Vita e Pensiero, Milano, n. 3, '82, pagg. 71-77; Professionalità e programmazione curricolare nel settore agrario in AA.VV., A lavorare s'impara, SEI, Torino 1981, pagg. 228-256; L'arte di apprendere, inserto a "Professionalità" n. 4, 1980-'81, pagg. 25-38; Apprendere a creare? inserto a "Professionalità" n. 1, 1981-'82, pagg. 27-40; La Scuola media oggi, La Scuola, Brescia 1983 ( III ed.), pagg. 240; Oltre la creatività: l'educazione, La Scuola, Brescia, 1983, pagg. 233; La falsificazione come controllo nel progetto educativo, in "Dirigenti Scuola" n. 2, dic. 1987, pagg. 7-10; Handicap e Società, ( a cura ), FPSM, Trento, 1987, pagg. 205; Atteggiamenti. Partecipazione e disponibilità  nella scuola secondaria superiore, in AA.VV. L'educazione del cittadino -

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Ricerche sulla formazione socio - civico - politica, Ed. La Scuola, Brescia, 1990, pagg. 221-254 e 305-306; L'educazione civico - politica nella scuola: prospettive didattiche per la Scuola Media in "Annali della Pubblica Istruzione", Anno XXXVI, Settembre-Dicembre 1990, n. 5-6, pagg. 536-544; Oltre le emozioni gli atteggiamenti. Un contributo progettuale per l'educazione affettivo - emotiva, in "Il Quadrante Scolastico" n. 53, 1992, pagg. 108-120; La ricerca-azione nella prospettiva dell’educazione dei soggetti affetti da handicap, in Dirigenti Scuola, n°2, 1992, pagg.40-42; Handicap indotto tra deficit organico e difficoltà istituzionali. Un caso: una lingua straniera per il sordo parlante. in Innovazione e tradizione nella scuola, Provveditorato agli Studi di Milano – Bracco, Milano 1993, pagg. 73-92; Dall'inserimento all'integrazione. Analisi dei bisogni dei docenti degli alunni sordi nella scuola secondaria superiore di Brescia, in Spazio handicap, bimestrale della Reading press edizioni, n.1 anno 1, genn. - febbr. 1994, pagg.24-39; La diffusione come disseminazione teorico - pratica nella ricerca-azione dell'Aggiornamento Differenziato, in "Il Quadrante Scolastico" n. 64, 1994, pagg. 180-187; Implicazioni educative nell'uso delle protesi, in "Corso per genitori di alunni sordi" ( volume a cura di F. Larocca) ENS-Univ.  di Verona, Brescia 1995, pagg. 8-12.Lo sviluppo tra dipendenza e autonomia, in "Corso per genitori di alunni sordi" ( volume a cura di F. Larocca) ENS- Univ. di Verona, Brescia 1995, pagg. 32-35.Un caso di difficile approccio, in  L'Agire educativo, a cura di G. Dalle Fratte, Armando editore, Roma 1995, pagg. 137-151; Il coinvolgimento nell'azione, in L'Agire educativo, a cura di G. Dalle Fratte, Armando editore, Roma 1995, pagg. 189-192; Il PEI: presupposti conoscitivi dei casi nell’ambito socio-pedagogico, in Atti del XLI Convegno nazionale A.I.E.S., Nuove prospettive nell’educazione del sordo. Elaborazione di un P.E.I. specifico, Edizioni Cantagalli, Siena, 1997, pagg. 136-161.L’integrazione sociale del bambino sottoposto a trapianto epatico, in coll. con Bergomi P. Medioli M., Caccia G., Miazzo T., Alberti D., in  Atti del XXIV Congresso Nazionale della Società Italiana Trapianti d’Organo, Università Cattolica, Brescia 1997; Handicap indotto e società , Il Sentiero, CUSL, Verona, 1997(2), pagg.  348;  Riabilitazione ed Educazione: integrazioni possibili di soggetti adulti con danno cerebrale, (in collab. con Valentina Moro) in  Riabilitazione Oggi, VII, 2, 2000,  numero monografico, pagg. 46; Una pedagogia per rispondere a bisogni speciali in contesti comunitari, in Studium educationis,  CEDAM, numero unico sulla Pedagogia Speciale a cura di Andrea Canevaro, Padova, 2001, 3, pagg. 581-594. Genitori e figli: il binomio libertà e autorità in adolescenza, in  G. Bestini (a cura), Genitori di un figlio che cambia. Il mestiere di genitore in adolescenza, Ombre corte, Verona, 2001, pagg.87-90; La pedagogia dell’incontro con soggetti diversamente abili, in A. Portera ( a cura), Pedagogia interculturale in Italia e in Europa, Scritti in onore di Luigi Secco, Vita e Pensiero, Milano, 2003, pagg. 271-274; -Uso dei mediatori pre-simbolici per vincere le resistenze nei soggetti difficili, in Atti del I Simposio Internazionale Musicoterapica e Pedagogia Speciale (a cura di F. Larocca), LEU, Verona, pp. 95-96; - La formazione in servizio, in L’integrazione scolastica e sociale, Erickson, 3/3, Trento, pp.238-242; -L’educazione di un soggetto autistico in assenza di risposte verbali, in Stefania Guerra Lisi, Gino Stefani (a cura), Contatto, Comunicazione, Autismo, Franco Angeli, Milano, pp.178-181; - La ricerca “Anch’io so leggere” nel Progetto “ Leggere per crescere”, Introduzione, in AAVV. “Anch’io so leggere”, GlaxoSmithKline, Risultati di una ricerca per insegnare a leggere ai bambini con disabilità intellettiva. Verona, 2005, pagg. 10-15; -Dalla cultura dell’handicap alle buone pratiche dell’integrazione, in Qualità della didattica, qualità dell’integrazione. “Dal dire al fare”, (a cura di N. Serio e P. Moliterni), Gulliver, Vasto, 2006, pp. 17-26; - “Anch’io so leggere”. Percorso di apprendimento alla lettura per bambini diversamente abili, in cooll. con Angelo Luigi Sangalli in Atti del Simposio di Pedagogia Speciale, Problematiche e stato della ricerca, LEU, Verona, 2006, pagg. 279-291; - Handicap,  voce dell’Enciclopedia filosofica,  della Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate, Bompiani, nel vol.quinto a pag. 5129-5130; - Integrazione/inclusione in Italia, in A. Canevaro (a cura), L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Trent’anni di inclusione nella scuola italiana, Erickson, Trento, 2007, pagg. 39-57; -Traguardi espressivi in persone diversamente abili, in F. Larocca (a cura), Ad ogni stagione la sua arte. L’età adulta. Diversi…. e di successo, in Atti dell’XIII Convegno Nazionale Musicoterapia per l’handicap 2006, LEU, Verona, 2006, pagg.15-19.