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SED7_LE TENTAZIONI DI GRETA

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Le tentazioni di Greta CARRIE LOFTY Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano Questo volume è stato stampato nel luglio 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

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CARRIE LOFTY

Le tentazioni di Greta

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Portrait of Seduction

Carina Press © 2011 Carrie Lofty

Traduzione di Elena Vezzalini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Storici Seduction agosto 2012

Questo volume è stato stampato nel luglio 2012

presso la Rotolito Lombarda - Milano

I GRANDI STORICI SEDUCTION ISSN 2240 - 1644

Periodico mensile n. 7 dello 08/08/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 556 del 18/11/2011 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Leinz Manor, dintorni di Salisburgo, luglio 1805 Le restava poco più di un'ora per vestirsi e recarsi alla prima di un'opera a cui non aveva alcuna voglia di assistere. Percorrendo il lungo corridoio che collegava l'ala orientale della dimora a quella occidentale, Greta notò i difetti dei di-pinti appesi alle pareti, anche senza rallentare il passo: una sfumatura di viola che conteneva troppo blu, una pennellata data con troppo colore, la linea dell'orizzonte troppo bassa. Una galleria degli errori. Se avesse potuto scegliere come trascorrere il resto della serata, si sarebbe messa a dipingere: le restavano da copiare ancora due originali della collezione Leinz e aveva ricevuto ordini da tre nobili famiglie. Purtroppo accompagnare lo zio Thaddeus e le cugine all'opera le impediva di coltivare il suo talento. Come sempre, tuttavia, il suo tutore aveva avuto la meglio, infatti era fermamente deciso a mettere in mostra le sue fi-glie, Theresa e Anna, e a riservare a Greta il ruolo di cha-peron. Riteneva che trascorrere un po' di tempo in buona compagnia avrebbe compiuto miracoli per le ragazze, soprat-tutto se Ferdinando, Granduca di Salisburgo, faceva parte del gruppo. Dei colpi di martello risuonarono lungo il corridoio, am-

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plificati dall'eco e Greta aggrottò la fronte. Quando ebbe gi-rato l'angolo, trovò due uomini affaccendati intorno a una cassa destinata al trasporto di opere d'arte. «Chiedo scusa, cosa state facendo?» Loro si fermarono per salutarla con un inchino. Dopo ave-re tolto i chiodi che teneva tra le labbra, uno rispose: «Il con-te ci ha ordinato di imballare questo quadro». La carta da parati color avorio era più chiara nel rettangolo dove era stata appesa la copia del Battesimo di Cristo di Ti-ziano, da lei realizzata. L'aveva ritenuta un'opera di buona qualità, ma forse non era così. Nonostante le lunghe notti di duro lavoro, non era riuscita a rendere i blu eterei del grande pittore. Alla fine a-veva accettato il parere dello zio, il quale sosteneva che era una copia decorosa. Aveva forse cambiato idea e deciso di ri-mettere l'originale al suo posto? Non si era mai accorta che fosse così pignolo. Si trattenne dal porre domande. Solo il domestico persona-le di suo zio, Herschel, era a conoscenza dei falsi. I dipinti originali erano stati portati in un ripostiglio nell'ala orientale della dimora. Il resto della servitù credeva che Greta stesse restaurando i capolavori, uno alla volta. «Non capisco. Perché?» «Deve essere spedito al compratore a Vienna.» «Al compratore?» Greta si affrettò a nascondere la propria perplessità: per loro non c'era niente di strano in quella ri-chiesta. «Vi dispiacerebbe aprire la cassa?» I due si scambiarono un'occhiata diffidente. Anna, la sua cugina più giovane, di soli quindici anni, so-steneva che, quando lo voleva, poteva essere affascinante e dolce, ma per lei trovare un motivo sufficientemente valido per sforzarsi era spesso un'impresa impossibile. Quello però era un motivo valido. Cosa aveva in mente zio Thaddeus? Rivolse agli uomini il sorriso più dolce e accattivante che

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riuscì a stamparsi in viso. «So che la mia richiesta significa del lavoro in più per voi, ma amo particolarmente questo di-pinto e vorrei tanto vederlo un'ultima volta.» Dopo avere ab-bassato lo sguardo, lo rialzò prima su uno poi sull'altro uomo. Forse batté anche le ciglia, anche se non l'avrebbe mai am-messo. «Bitte.» Quella richiesta aleggiò nel silenzio del corridoio. Se solo si fosse data la pena di imparare i loro nomi!, si disse Greta. Un appello personale non sarebbe stato rifiutato. L'uomo che fino a quel momento era restato in silenzio si mosse per primo. Prese un lungo cuneo di metallo e lo infilò sotto il coperchio. Stringendosi nelle spalle, il suo compare lo aiutò a sollevare le pesanti doghe di legno. Quando la cassa fu aperta, Greta si inginocchiò sul pavi-mento di marmo lucido e vide le iniziali che aveva dipinto sul tronco di un albero. Quello era il suo marchio personale, e segreto. «Siete sicuri che sia proprio questo il dipinto che è stato comprato?» «È stato il conte in persona a mostrarcelo, Fräulein Zweig» rispose il più taciturno. Lei annuì. Avuta conferma dei suoi sospetti, represse l'im-pulso di precipitarsi in cerca dello zio per costringerlo a darle una spiegazione. Osservò ancora il dipinto, per giustificare la richiesta di aprire la cassa e considerò che il quadro mancava di finezza. I colori... che strazio guardarli. Erano troppo vivi. Come sempre. Disgustata dal risultato scadente di tanti sforzi, si alzò, ringraziò gli uomini e si diresse di buon passo verso lo studio di suo zio. Solo quando ebbe avuto il permesso, entrò e si accinse ad affrontare un uomo che la metteva in soggezione, malgrado la bassa statura e la parentela che li legava. «Signore, avete intenzione di vendere la mia copia del di-pinto di Tiziano?»

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Inarcando le sopracciglia grigie perfettamente curate, Thaddeus, Conte di Leinz, posò la penna d'oca e le mani sul-lo scrittoio. «Non dovresti essere pronta per andare all'ope-ra?» «Sì, avete ragione» rispose Greta, battendo ripetutamente la punta di un piede sul pavimento per scaricare il nervosi-smo sul pesante tappeto. «Ma questo... Vorrei una spiega-zione.» «Nipote, non credo affatto che i miei affari vi riguardino.» «Quel dipinto è mio!» Lo zio batté le palpebre, gesto che provocò una fitta allo stomaco di Greta. Completamente calvo, con i lineamenti marcati e un porta-mento elegante, Thaddeus si alzò in piedi. Anche se non le a-veva mai fatto del male, lei lo aveva sempre trovato mi-naccioso: la sua personalità dominava qualsiasi stanza e, in quel piccolo studio, dove sugli scaffali erano allineati innu-merevoli volumi e l'aria odorava di muffa, inchiostro e cuoio, sembrava addirittura alto. «Credevo che tu fossi ricompensata a sufficienza.» Solo il modo in cui stringeva gli occhi agli angoli rivelava il suo ca-rattere irascibile. Greta irrigidì le mani che teneva posate sul ventre. «Cer-to.» Non aveva mai osato rivolgersi a lui con quel tono di sfi-da. Per la tensione le tremavano le mani, le bruciava la gola. «Siete stato estremamente generoso ad accettarmi in casa vo-stra, ma vorrei solo sapere che ne sarà del mio dipinto.» «Credo che sarà appeso su una parete di Rothenberg Ma-nor, nei pressi di Vienna. Ma, se devo essere sincero, anche nel caso in cui venisse usato per accendere un fuoco non pro-testerei. Lo hanno pagato profumatamente, Margaret.» Greta trasalì. Lo zio era l'unico a chiamarla col suo vero nome. «E sanno che è una copia, immagino...» L'angolo sinistro della bocca di Thaddeus si sollevò imper-

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cettibilmente in una specie di sorriso. «Diciamo che è alta-mente improbabile che venga usato come legna da ardere.» «Credono che sia un originale? Non eravamo d'accordo così.» «L'uso che faccio delle copie che dipingi non ti riguarda.» «Ma si tratta di frode!» Lo zio si avvicinò. «Fingerò di non avere sentito ciò che hai detto, Margaret. Non devi nemmeno pensarlo. Sono stato chiaro?» Il coraggio che l'aveva sostenuta fino a quel momento fug-gì come un topolino davanti a un gatto affamato. «Sì, signo-re.» «Ti ho fatto una promessa, che intendo mantenere. Entro la fine dell'anno sarai sposata a un uomo che sia degno di una mia nipote, anche se ritengo che l'idea di mia sorella di met-terti al mondo sia stata una follia.» Le diede un buffetto, e-saminandola con la stessa attenzione con cui lei guardava i suoi dipinti, e con altrettanta insoddisfazione. «Fino ad allo-ra, farai ciò che io ti ordinerò.» «Sì, signore.» Il sorriso beffardo si allargò. «Brava ragazza. E ora hai...» Diede un'occhiata all'orologio da taschino. «... meno di mezz'ora prima che la carrozza parta per Salisburgo. Spero che la tua cameriera riesca a renderti presentabile in così po-co tempo. Vai.» Accennato un inchino, Greta fuggì via. A tentoni, con le gambe che tremavano, attraversò di corsa la dimora diretta alla sua stanza. Suo zio vendeva le copie che lei dipingeva facendole pas-sare per originali. Perché? Aveva dei problemi finanziari che lo costringevano a ricorrere all'inganno? Un brivido di paura le percorse tutto il corpo. Quali che fossero le ragioni di quella scelta, lui aveva rin-novato la promessa di farla sposare prima della fine dell'an-

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no, dunque ben presto lei non avrebbe più dovuto dipingere dei falsi d'autore per guadagnarsi da vivere. Al fianco dell'uomo giusto, avrebbe finalmente avuto l'opportunità di creare dipinti partoriti dalla sua fantasia. Mentre suonava il campanello per chiamare la cameriera, si aggrappò a quella promessa, nella speranza che sarebbe stata mantenuta. Nei suoi ventisei anni di vita, Oliver Doerger aveva assisti-to a una dozzina di opere, ma nemmeno una volta era stato seduto in platea a godersi lo spettacolo. Sbadigliando, si guardò intorno nell'angusta anticamera dove l'opera non si vedeva, ma la si poteva ascoltare, anche se la musica giunge-va attenuata. Non era solo, c'erano altri tredici valletti che gli tenevano compagnia. Che lui non fosse veramente un valletto non era rilevante, anche in quell'occasione doveva fingere di esserlo. Quella se-ra, mentre la voce di un'invisibile soprano si librava sul par-lare sommesso dei domestici, non era stato incaricato di sco-prire dei segreti o degli interessi politici. Il suo compito era assai più serio. Un applauso caloroso, smorzato dalle spesse pareti che se-paravano l'anticamera dalla sala dei concerti, annunciò la fine del primo atto. I valletti si alzarono rumorosamente dalle panche, e in un istante scomparve ogni traccia di ilarità o stanchezza. Spalle e schiene si drizzarono. Gli abiti sgualciti furono lisciati con le mani in gran fretta. Uomini che fino a un attimo prima si stavano godendo un'ora di riposo schiacciando un pisolino, scambiandosi pettegolezzi, condividendo il tabacco e sorsi di whisky dalle fiaschette nascoste, si trasformarono di nuovo in camerieri. Oliver li osservò con distaccato apprezzamento, mentre anche lui compiva gli stessi gesti: si sistemò gli abiti, si diede

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un contegno e con uno strattone mise a posto la parrucca che tanto detestava. In silenzio i valletti lasciarono l'anticamera in fila indiana, per mettersi in attesa nel cuore del magnifico palazzo della Residenza. Da una porta, che si trovava all'altra estremità del largo corridoio, uscirono le cameriere delle dame. Oliver si chiese se, nei momenti di pausa, l'atmosfera che regnava tra loro fosse altrettanto rilassata. Era probabile. Sul viso grazioso di una fanciulla dall'aria ingenua era ancora stampato un sorriso. La donna che le camminava accanto, con una lieve gomitata nelle costole, la invitò a cancellare ogni traccia di personalità che inavvertitamente si fosse la-sciata sfuggire. Immerso nel chiacchierio pacato di voci garbate, lo stimato pubblico dell'opera uscì dalla Carabinierisaal. Gli uomini in-dossavano abiti elegantissimi, che ben si intonavano ai vestiti da sera delle dame. Con discrezione Oliver si aprì un varco tra la folla, e si imbatté nel Visconte Christoph Venner e nella moglie Ingrid. Come gli imponeva il suo ruolo di valletto, finse di non ve-derli finché non fu chiamato. «Meine Liebe» disse Christoph alla moglie, «guarda, c'è la signora Mayr.» Lanciata un'occhiata da sopra la spalla, Ingrid sorrise. «Se desideri parlare in privato con Oliver, non hai che da dirlo.» Christoph, un uomo alto più della media senza essere un gigante, non conosceva il significato della parola ironia. Era un tratto che non faceva parte del suo carattere. Ricambiò il sorriso della moglie, segno dell'intimità che c'era tra loro. «Vorrei parlare in privato con Oliver.» Lei, che aveva un carattere completamente diverso da quello del marito, esclamò: «Oh, Venner, guarda, c'è la si-gnora Mayr: sarei scortese se non andassi a salutarla!». Accennato un inchino, lui posò un bacio sulla mano co-

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perta dal guanto. «Divertiti, meine Liebe.» Quando Ingrid fu inghiottita dal mare di profumi, sete e pettegolezzi, Christoph condusse Oliver in un angolo appar-tato dell'immensa sala. «Qualche segnale?» «Nessuno. Se qualcuno intende mettere in pratica le mi-nacce fatte al Granduca Ferdinando, io non ne ho avuto sen-tore.» «Bene.» Preda di un attacco di cattivo umore, che solo di rado manifestava, il visconte borbottò una sfilza di impreca-zioni. «Non riesco proprio a capire perché mai Ingrid abbia insistito per uscire questa sera.» «È semplice, in casa si annoia e si sente prigioniera.» Se avesse dovuto descrivere il suo fratellastro, Oliver lo a-vrebbe definito un falco, tranne quando nei suoi occhi pro-fondi appariva qualche emozione, allora tornava a essere un uomo. In quel preciso istante l'emozione era panico. «Devo proteggerla, è più forte di me. E anche il bambino.» Dopo avergli comunicato la sua solidarietà con un cenno del capo, Oliver lasciò vagare lo sguardo sugli ospiti: per abi-tudine, ma anche per rispetto. I due aborti di Ingrid pesavano enormemente su Christoph. Ora sua moglie era finalmente al sesto mese di gravidanza, e ogni giorno che passava era più felice. Al contrario dello stimato visconte che, essendo abitu-ato a piegare il mondo al suo volere, diventava sempre più ansioso. A peggiorare le cose ci si era messo Napoleone. Poiché in-glesi e austriaci si erano coalizzati contro l'imperatore france-se, probabilmente Salisburgo sarebbe stata coinvolta nello scontro tra le varie potenze. Presto. E la concomitanza tra l'i-nizio delle ostilità e gli ultimi mesi della gravidanza della moglie costituiva per Christoph una vera minaccia. «Non sopporto l'idea che sia qui mentre dovrebbe stare ri-guardata» continuò Venner, «e con la possibilità che il gran-duca possa essere vittima di un attentato per giunta.» Un ca-

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meriere di passaggio gli offrì una coppa di champagne, che accettò. Anche a Oliver sarebbe piaciuto bere qualcosa, ma avreb-be dovuto aspettare l'inizio del secondo atto. La necessità di spacciarsi per valletto significava comportarsi come tale in ogni circostanza. Essere invisibile era il modo migliore per spigolare notizie di estrema importanza per la famiglia Ven-ner, e addirittura per Salisburgo. «La prossima volta potresti portare il divertimento da lei» suggerì, «ma dovresti acconsentirle di organizzare un ricevi-mento.» «Scegliere tra la mia sanità mentale e il denaro? Sai bene che detesto decisioni del genere.» «Non posso proteggerti dalla verità, per quanto possa esse-re penosa.» Christoph sollevò un sopracciglio con malizia. «E dire che pensavo di pagarti bene.» «Non così bene.» Il due fratellastri si frequentavano da poco più di quattro anni, e Oliver non avrebbe più potuto immaginare la sua vita senza colui che rispettava più di chiunque altro. Era solo al mondo, dopo avere trascorso diversi anni nell'esercito prus-siano, nel corso di una gioventù dissoluta. Che nessuno sa-pesse che loro due erano parenti non era importante, a lui ba-stava godere della sicurezza e dei privilegi che quella posi-zione gli offriva. A un tratto, l'attenzione di Oliver fu catturata una giovane donna del gruppo di Ingrid. Indossava un elegante abito blu di seta, a vita alta, che metteva in risalto il seno e la figura ben proporzionata; una guarnizione di pizzo bianco decorava un gruppo di pieghe che scendeva verso l'orlo. Il suo viso era però ciò che più colpiva: lui era convinto che una malinconia del genere non fosse tollerata nell'alta società. Christoph si schiarì la voce. «L'hai riconosciuta?»

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Scosse il capo, incapace di parlare. Perché aveva un'aria così triste? «È la nipote del Conte di Leinz, le altre due sono le sue cu-gine.» Il visconte finì lo champagne e, poiché non c'erano ca-merieri nei paraggi, consegnò il bicchiere vuoto al fratella-stro. «Il mese scorso mi sono recato a Leinz Manor per chie-dere fondi per la difesa della città e il conte mi ha presentato le tre fanciulle, che erano occupate a organizzare un ballo per la metà di agosto. Ho avuto l'impressione che non veda l'ora di liberarsi di tutte e tre.» Quelle parole strapparono Oliver dalle sue meditazioni. «Non si può dire lo stesso di tutti i padri di questi tempi?» Napoleone era stato incoronato imperatore di Francia e tra i capi politici, ma anche tra i cittadini comuni, molti erano convinti che i suoi eserciti avrebbero ricominciato a saccheg-giare il Continente. Perciò la maggior parte delle giovani ve-niva spinta a sposarsi in gran fretta, anche in età piuttosto a-cerba. «Il suo nome è Margaret Zweig, ma tutti la chiamano Gre-ta.» «È divina.» «Davvero.» Davanti al sottile umorismo del fratello, Oliver strinse fra le dita lo stelo della coppa di champagne. Le probabilità di avvicinare una donna come Greta Zweig erano per lui pari a quelle di andare in Sud America su un cavallo a dondolo. Qual era la sua colpa più grave? Quella di essere un bastardo o una spia che si faceva passare per un umile valletto? In o-gni caso, nessuna delle due lo rendeva degno di una dama di un certo rango. Rivolse un'ultima occhiata a quella fanciulla deliziosa, ai folti capelli biondi, raccolti sulla testa come una corona, all'in-carnato pallido, alle guance paffute, al lungo collo sinuoso. Il suo sguardo scese fino alla scollatura, alle ombre tra il solco

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dei seni, vista che gli provocò un brivido in tutto il corpo e che gli fece passare, involontariamente, la lingua sulle labbra. Tut-tavia, erano gli occhi il particolare che lo attirava di più, l'e-spressione stranamente distaccata. Inspirò a fondo ed esalò un sospiro. Ora basta. Presto l'intervallo sarebbe finito, e lui sarebbe tornato tra i domestici e i loro pettegolezzi. C'erano dei doveri che lo at-tendevano: proteggere l'unica famiglia che gli era rimasta, e indagare sulle voci che da settimane circolavano in città. Era stato un lavoro lungo e indefesso quello che alla fine aveva portato Christoph a diventare uno dei consiglieri poli-tici del Granduca Ferdinando, dal cui futuro dipendeva anche quello della loro famiglia. E se lui fosse stato assassinato, due anni di lavoro sarebbero andati in fumo. Per non parlare del fatto che Salisburgo stava per finire nel mirino di Napo-leone... Un attentato al granduca avrebbe potuto far crollare la fi-ducia popolare. «Goditi il resto dell'opera» disse Oliver con un sorriso. Christoph alzò gli occhi al soffitto, come per implorare la divina pazienza. Il suo scarso interesse per le arti era risaputo in una città nota per il grande amore per la musica. «Cerche-rò di fare il possibile per restare sveglio.» Un movimento rapidissimo nell'oscurità mise in allerta O-liver, che si affrettò a restituire la coppa di champagne al fra-tello, il quale si accigliò. «Cosa succede?» «Va', e resta vicino a Ingrid.» Oliver camminò rasente alla parete della sala. La sagoma che aveva visto si era rifugiata in una rientranza, proprio di fronte al punto dove si trovava il Granduca Ferdinando, in piedi in mezzo a un gruppo di guardie. In preda all'eccitazione che gli incendiava il sangue nelle vene, un cambiamento gradito dopo l'autocontrollo, le buone

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maniere e la visione di quella donna dagli occhi tristi, Oliver si avvicinò alla rientranza. Dopo avere contato mentalmente fino a tre, entrò e afferrò lo sconosciuto per il collo. L'uomo emise un gorgoglio. Era paonazzo, al punto che i suoi lineamenti inaspettatamente familiari erano quasi irrico-noscibili. Oliver sentì il cuore che gli scoppiava nel petto, lo stoma-co stretto in una morsa mentre vecchi ricordi lo assalivano come un vento furioso. «Karl?» chiese lasciando leggermente la presa. «Mio Dio, Karl, sei proprio tu?» «Dovresti vedere la tua faccia, Oliver» rispose l'uomo con voce soffocata. «Hai l'aria di chi ha appena visto un fanta-sma.»

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CARRIE LOFTY

SALISBURGO, 1805 - Prima di sposare un uomo più vecchio di lei, Greta vuole concedersi una notte di passione da serbare nella memoria in futuro. A giudicare dal bacio ardente che si sono scambiati e dall'atmosfera carica di sensualità che ha in-fiammato i loro sensi, Oliver Doerger sembra il candidato i-deale. Lui, però, non ha il coraggio di sedurre una fanciulla innocente e così si impone di porre fine a quell'interludio a-moroso. Ma non toccare più quella pelle di velluto e quelle labbra che sembrano boccioli di rosa si rivela una promessa impossibile da mantenere.

Le tentazioni di Greta

Pelle di seta LOUISE ALLEN

INDIA - INGHILTERRA, 1808 - Dopo aver trascorso un pe-riodo in India, in attesa che le voci sulla sua condotta scanda-losa si placassero, Lady Perdìta Brooke sta per tornare in In-ghilterra. A pochi giorni dall'imbarco incontra Alistair Lyndon, l'uomo che le ha rubato l'innocenza, e scopre che lui viaggerà sulla sua stessa nave e che non rammenta nulla di quella notte di passione. Ciò che la mente ha cancellato, tutta-via, il corpo ricorda bene, perché al primo sguardo la scintilla si riaccende, al primo sfiorarsi della pelle un fuoco si diffonde nelle loro vene, al primo bacio tutto sembra perduto...

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ANNE LETHBRIDGE

INGHILTERRA, 1816-1819 - Dopo un terribile scandalo, Lord Robert Mountford si è ritirato nella tenuta di Wynchwo-od, dove finge di essere il guardiacaccia. Poi incontra per caso Frederica Bracewell, e quella giovane così diversa dalle raffi-nate fanciulle del ton sembra avere su di lui l'effetto di un sor-tilegio. Passano i giorni ma i pensieri erotici continuano a tur-barlo e così, quando si rivedono e lei gli propone di fare da modello per un disegno, mille idee peccaminose gli invadono subito la mente...

L'angelo del peccato

Innocenza perduta LOUISE ALLEN

INGHILTERRA, 1809 - Appena scampata a un naufragio, Averil Heydon si ritrova in una situazione a dir poco com-promettente. Oltre a essere bloccata su un'isola sperduta con un gruppo di uomini, è il loro tenebroso capitano a prendersi personalmente cura di lei. E il bizzarro rapporto fatto di desi-derio e senso del dovere che si instaura tra loro li trascina in una rovente spirale di passione. Ma Averil sa di dover resiste-re alle erotiche sensazioni che Luke le scatena dentro. Anche se accettare una vita senza passione le appare sempre più co-me una condanna insopportabile...

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