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Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557 ARTISTI IN RIVISTA Direttore Responsabile: Giorgio Lodetti / Direttore Artistico: Roberto Plevano / Progetto Grafico: Franco Colnaghi Via Molino delle Armi, 5 - 20123 Milano • Tel. 02 58302239 - 02 58302093 - Fax 02 58435413 di B occa di B occa Anno V, N. 16 • Gennaio-Marzo 2006 per le Segrete di Bocca in 3 a pagina Cioccolabbra, 2004, olio su tela, cm 40 x 30 Giacomo Sampieri Pissing woman, 2003 cm 78 x 135 19 L’arte è esibizione rituale dei misteri primari Camille Paglia Saturno Buttò vive accanto al respiro del mare. Quando la porta del suo studio si richiude sull’affolla- to viavai di turisti, si varca la soglia del tempo per ritro- varsi in un oltretomba proibito.Una musica insinuante supera l’inatteso silenzio e si è avvolti da un accattivan- te languore che con dosate luminosità esalta visioni attraenti e impudiche. Non è un atelier di semplice pit- tore. È un tempio in cui officiare. Un utero conforte- vole impreziosito da una scenografia raffinata in cui volumi eleganti, riviste licenziose e rare, tappeti, teste scolpite ornate di corna, divani in pelle nera, ferri chi- rurgici, feticci, pennelli, correttori ortopedici, masche- re a gas e altri eccentrici oggetti sono attorniati da un fondale di quadri, dai quali si leva in muto lamento una teoria di figure che si affolla intorno, in un clima da girone dantesco. E il nostro autore, dita da pianista, sguardo penetrante, ampia fronte e profilo assottigliato in un mefistofelico pizzetto, ci introduce alla liturgia delle sue curiose creature che traggono suggestione da tradizioni cruente e scabrosi tabù. Cosa sarà passato in tutti quegli animi che per secoli hanno osservato tru- culente passioni di Cristo, santi trafitti (Mishima avreb- be avuto il primo orgasmo contemplando il San Seba- stiano del Reni), mutilazioni di martiri, giudizi univer- sali con cascate di condannati straziati da diavoli infero- citi? Erotismo e dolore, trasgressione e piacere, in con- tinuo conflitto tra demoniaco e celestiale, e godimento come tregua o sublimazione estatica del dolore, sono tra i motivi conduttori di cui si nutre l’opera di Buttò, ricca di riferimenti colti e di provocazioni sarcastiche innescate dalla sua intransigente visione della religione. Non vi è traccia di oscenità né di compiacimento bla- sfemo. L’oscenità, squisitamente cerebrale, originata se mai dall’audacia delle contaminazioni tra sacro e profa- no — ma non discendono entrambi dall’unico De- miurgo? — che Buttò trasforma in immagini per i nostri pavidi occhi, in grado di sommuovere delicati equilibri, rivelandoci le intuizioni più turpi. Saturno Buttò, come ogni uomo, ha una sua partita aperta con Dio. E la gioca con tutto il suo potere di evocazione delle violente contraddizioni che con perversione gau- diosa divelgono le radici dei nostri rimorsi, palesando l’inganno di ciò che ci viene chiesto di venerare. Da qui forse un senso confuso di profanazione con un titil- lamento diabolico di rivalsa delle nostre coscienze in cui reprimiamo le insorgenze della ragione. Il senso di colpa, la castrazione di impulsi vitali, il tormento della confessione sembrano a Buttò — credente anche se non osservante — vincoli assurdi orientati contro la natura umana che non sa conciliare l’attrazione al sacro e la divina riprovazione per il peccato: il più irrefrena- bile dei nostri desideri. E poi i cerusici, con i loro arne- si chirurgici di sinistro fascino, che aggiungono sopras- salti di patimento a carni indifese col borioso pretesto di sanare. Così Buttò introduce nei quadri l’agghiac- Saturno Buttò Giovanni Serafini continua a pagina 20 Artisti in cielo e in terra continua da pag. 1 Galleria si faceva martellante, ma le richieste del Comune rimanevano ferme e pesanti, non solo volevano più soldi, ma azzeravano i contrat- ti d’affitto, sostituendoli con con- cessioni,per avere mano libera nel- l’allontanare vecchie aziende o nel farne arrivare di nuove, tanto da spingere quaranta inquilini della Galleria ad intraprendere una causa lega- le presso il Tribunale di Milano per difendere il proprio lavoro e il valore della loro azienda.In questa atmosfe- ra dovevo trovare una soluzione al futuro della libreria che non fosse una richiesta di contributi a fondo per- duto al Parlamento, al Comune o alla Regione. I tempi dei regali erano finiti e moralmente non riproponibili. Vendere più libri restava e resta uno slogan,se si vuole d’effetto, ma solo di facciata, perché chi opera nel mondo dell’editoria sa che in realtà non solo si vendo- no meno libri, ma nemmeno li vogliono più. Le nuove generazioni infatti, amano viaggiare in Internet e scari- carsi il necessario. Allargare il mer- cato fuori dai confini nazionali, oltre a quanto ho operato negli ultimi vent’anni, trova due barriere insormontabili: la lingua e i tra- sporti. Per i libri restano i mercati di sempre, l’Europa e l’America, attualmente molto in crisi. Che fare? Una soluzione mi pareva l’i- dea di costruire un pavimento, fatto come quello visto in Galleria l’anno prima, al posto delle mattonelle, opere realizzate dagli amici arti- sti,concretamente impegnati nel sostenere la loro libre- ria, collocate sotto un cristallo, in bella mostra, dove si potevano ammirare non alle pareti, ma in terra e poi metterlo in vendita. Così facendo, con quelle opere d’arte avrei dato vita ad una sinergia tra la Bocca, gli artisti e i nostri soci, nella quale la somma dei protago- nisti avrebbe fatto più di tre, finanziando in parte l’au- mento dei costi della libreria, indipendentemente dal- l’andamento delle vendite dei libri. In tre anni di posa, i numerosissimi avventori ne hanno decretato il suc- Franco Zazzeri Jaume Rocamora Giovanni Sesia Walter Valentini Claudio Olivieri SpazioBoccainGalleria Giovedì 15 dicembre 2005 ore 21,00 cesso. […] La prima mattonella l’ha portata Fernanda Fedi, l’ultima, Eugenia Ciuro, la posa risale all’agosto del 2003, alla presenza delle amiche Gabriella Ruggeri e Fausta Dossi. Di buon auspicio una compresenza femminile tanto numerosa, nell’aprire e chiudere que- sto ciclo, giacché di un ciclo di opere d’arte si tratta, che in parte cambieranno ogni anno. Dalla prima idea ori- ginale la situazione si è andata evolvendo in modo in- controllabile.Tutti gli artisti facevano una mattonella e la facevano fare anche ai loro amici. Grazia Chiesa ne mobilitava una gran parte, Stefano Soddu con la moglie Gabriella Brembati e Giulio Santabarbara non erano da meno. Non potendo rifiutare quell’aiuto spontaneo e generoso,mi impegnavo a trovare gli spazi in un luogo dove ormai i centimetri quadrati sono tutti impegnati. Così, levando gli occhi al cielo ho pensato che sopra gli scaffali potevo mettere delle finestre scorrevoli ed ospi- tare le 220 opere arrivate nel frattempo. Ogni anno, sotto Natale, a partire da questo 2005, due- centotrentesimo dalla fondazione della Bocca (Torino 1775) organizzo una vendita, accompagnata da catalo- go, per consentire ai soci, comprando un’opera d’arte, di fare, una volta tanto, regali originali, di fare un pic- colo, ma solido investimento in arte e dare un contri- buto, non a fondo perduto, alla storica libreria e con- sentirle di fronteggiare un futuro che si presenta incer- to e rischioso. L’anno venturo riproporrò la vendita, sostituendo con opere nuove quelle vendute.

Segrete di Bocca N. 16

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Nasce dall’esigenza sempre maggiore di promuovere la giovane Arte contemporanea Italiana, l’esigenza da parte della storica libreria Bocca di Milano di diffondere sempre più capillarmente il proprio notiziario informativo: Le Segrete di Bocca. Quadrimestrale d’attualità artistico e culturale nato nel duemila come inserto della rivista Arte incontro in Libreria, oggi si emancipa da inserto a Rivista indipendente. Forte della distribuzione gratuita ad oltre duemila nominativi di clienti fidelizzati alla Bocca, diffusi sul territorio italiano, specializzati o semplicemente interessati alle arti contemporanee italiane ed internazionali. La Rivista punta su collaborazioni mirate a migliorare i propri contenuti, attraverso l’avallo e il contributo delle Gallerie d’Arte, oltre che a stringere rapporti di collaborazione con strutture organizzative di prima linea presenti sul territorio nazionale. Forte dell’appoggio di oltre trenta collaboratori, tra cui giornalisti e critici d’arte, è oggi possibile far parte di questo nutrito entourage, formatosi in sette anni di attività editoriale. Insieme saremo in grado di dar voce alle più differenti ricerche nel campo dell’Arte Contemporanea Italiana. La Libreria Bocca sempre in prima linea nella promozione, attraverso il vostro contributo, potrà diventare un faro nella nebbia di questo complicato sistema che è l’Arte Contemporanea. Unisciti a questa nuova iniziativa editoriale e collabora con Le Segrete di Bocca, Artisti in Rivista. Per maggiori informazioni contatta Giorgio Lodetti: 338 2966557 oppure via e.mail: [email protected]

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Page 1: Segrete di Bocca N. 16

Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557

ARTISTI IN RIVISTA

Direttore Responsabile: Giorgio Lodetti / Direttore Artistico: Roberto Plevano / Progetto Grafico: Franco Colnaghi

Via Molino delle Armi, 5 - 20123 Milano • Tel. 02 58302239 - 02 58302093 - Fax 02 58435413

diBoccadiBoccaAnno V, N. 16 • Gennaio-Marzo 2006

per le Segrete di Boccain 3a pagina

Cioccolabbra, 2004, olio su tela, cm 40 x 30

Giacomo Sampieri

Pissing woman, 2003cm 78 x 135

19

L’arte è esibizione rituale dei misteri primari Camille Paglia

Saturno Buttò vive accanto al respiro del mare.Quando la porta del suo studio si richiude sull’affolla-to viavai di turisti, si varca la soglia del tempo per ritro-varsi in un oltretomba proibito. Una musica insinuantesupera l’inatteso silenzio e si è avvolti da un accattivan-te languore che con dosate luminosità esalta visioniattraenti e impudiche.Non è un atelier di semplice pit-tore. È un tempio in cui officiare. Un utero conforte-vole impreziosito da una scenografia raffinata in cuivolumi eleganti, riviste licenziose e rare, tappeti, testescolpite ornate di corna, divani in pelle nera, ferri chi-rurgici, feticci, pennelli, correttori ortopedici, masche-re a gas e altri eccentrici oggetti sono attorniati da unfondale di quadri, dai quali si leva in muto lamento unateoria di figure che si affolla intorno, in un clima dagirone dantesco. E il nostro autore, dita da pianista,sguardo penetrante, ampia fronte e profilo assottigliatoin un mefistofelico pizzetto, ci introduce alla liturgiadelle sue curiose creature che traggono suggestione datradizioni cruente e scabrosi tabù. Cosa sarà passato intutti quegli animi che per secoli hanno osservato tru-culente passioni di Cristo, santi trafitti (Mishima avreb-be avuto il primo orgasmo contemplando il San Seba-stiano del Reni), mutilazioni di martiri, giudizi univer-sali con cascate di condannati straziati da diavoli infero-citi? Erotismo e dolore, trasgressione e piacere, in con-tinuo conflitto tra demoniaco e celestiale, e godimentocome tregua o sublimazione estatica del dolore, sonotra i motivi conduttori di cui si nutre l’opera di Buttò,ricca di riferimenti colti e di provocazioni sarcasticheinnescate dalla sua intransigente visione della religione.Non vi è traccia di oscenità né di compiacimento bla-sfemo. L’oscenità, squisitamente cerebrale, originata se

mai dall’audacia delle contaminazioni tra sacro e profa-no — ma non discendono entrambi dall’unico De-miurgo? — che Buttò trasforma in immagini per inostri pavidi occhi, in grado di sommuovere delicatiequilibri, rivelandoci le intuizioni più turpi. SaturnoButtò, come ogni uomo, ha una sua partita aperta conDio. E la gioca con tutto il suo potere di evocazionedelle violente contraddizioni che con perversione gau-diosa divelgono le radici dei nostri rimorsi, palesandol’inganno di ciò che ci viene chiesto di venerare. Daqui forse un senso confuso di profanazione con un titil-lamento diabolico di rivalsa delle nostre coscienze in

cui reprimiamo le insorgenze della ragione. Il senso dicolpa, la castrazione di impulsi vitali, il tormento dellaconfessione sembrano a Buttò — credente anche senon osservante — vincoli assurdi orientati contro lanatura umana che non sa conciliare l’attrazione al sacroe la divina riprovazione per il peccato: il più irrefrena-bile dei nostri desideri. E poi i cerusici, con i loro arne-si chirurgici di sinistro fascino, che aggiungono sopras-salti di patimento a carni indifese col borioso pretestodi sanare. Così Buttò introduce nei quadri l’agghiac-

Saturno ButtòGiovanni Serafini

continua a pagina 20

Artisti in cielo e in terracontinua da pag. 1

Galleria si faceva martellante,ma lerichieste del Comune rimanevanoferme e pesanti, non solo volevanopiù soldi, ma azzeravano i contrat-ti d’affitto, sostituendoli con con-cessioni, per avere mano libera nel-l’allontanare vecchie aziende o nel

farne arrivare di nuove, tanto da spingere quarantainquilini della Galleria ad intraprendere una causa lega-le presso il Tribunale di Milano per difendere il propriolavoro e il valore della loro azienda. In questa atmosfe-ra dovevo trovare una soluzione al futuro della libreriache non fosse una richiesta di contributi a fondo per-duto al Parlamento, al Comune o alla Regione. I tempidei regali erano finiti e moralmente non riproponibili.Vendere più libri restava e resta uno slogan, se si vuoled’effetto, ma solo di facciata, perché chi opera nelmondo dell’editoria sa che in realtà non solo si vendo-no meno libri, ma nemmeno li vogliono più. Le nuovegenerazioni infatti, amano viaggiare in Internet e scari-

carsi il necessario.Allargare il mer-cato fuori dai confini nazionali,oltre a quanto ho operato negliultimi vent’anni, trova due barriereinsormontabili: la lingua e i tra-sporti. Per i libri restano i mercatidi sempre, l’Europa e l’America,attualmente molto in crisi. Chefare? Una soluzione mi pareva l’i-dea di costruire un pavimento,

fatto come quello visto in Galleria l’anno prima, alposto delle mattonelle, opere realizzate dagli amici arti-sti, concretamente impegnati nel sostenere la loro libre-ria, collocate sotto un cristallo, in bella mostra, dove sipotevano ammirare non alle pareti, ma in terra e poimetterlo in vendita. Così facendo, con quelle opered’arte avrei dato vita ad una sinergia tra la Bocca, gliartisti e i nostri soci, nella quale la somma dei protago-nisti avrebbe fatto più di tre, finanziando in parte l’au-mento dei costi della libreria, indipendentemente dal-l’andamento delle vendite dei libri. In tre anni di posa,i numerosissimi avventori ne hanno decretato il suc-

Franco Zazzeri

Jaume Rocamora

Giovanni SesiaWalter Valentini

Claudio Olivieri

SpazioBoccainGalleria Giovedì 15 dicembre 2005 ore 21,00

cesso. […] La prima mattonella l’ha portata FernandaFedi, l’ultima, Eugenia Ciuro, la posa risale all’agostodel 2003, alla presenza delle amiche Gabriella Ruggerie Fausta Dossi. Di buon auspicio una compresenzafemminile tanto numerosa, nell’aprire e chiudere que-sto ciclo,giacché di un ciclo di opere d’arte si tratta, chein parte cambieranno ogni anno. Dalla prima idea ori-ginale la situazione si è andata evolvendo in modo in-controllabile.Tutti gli artisti facevano una mattonella ela facevano fare anche ai loro amici. Grazia Chiesa nemobilitava una gran parte, Stefano Soddu con la moglieGabriella Brembati e Giulio Santabarbara non erano dameno. Non potendo rifiutare quell’aiuto spontaneo egeneroso, mi impegnavo a trovare gli spazi in un luogodove ormai i centimetri quadrati sono tutti impegnati.Così, levando gli occhi al cielo ho pensato che sopra gliscaffali potevo mettere delle finestre scorrevoli ed ospi-tare le 220 opere arrivate nel frattempo. Ogni anno,sotto Natale, a partire da questo 2005, due-centotrentesimo dalla fondazione della Bocca (Torino1775) organizzo una vendita, accompagnata da catalo-go, per consentire ai soci, comprando un’opera d’arte,di fare, una volta tanto, regali originali, di fare un pic-colo, ma solido investimento in arte e dare un contri-buto, non a fondo perduto, alla storica libreria e con-sentirle di fronteggiare un futuro che si presenta incer-to e rischioso. L’anno venturo riproporrò la vendita,sostituendo con opere nuove quelle vendute.

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ciante perfezione di ferri operatori o ingiuriose ampol-le per clisteri a penzoloni su trepidanti cavie umanecome silenziosa denuncia. Di questo e altro si sostanzial’incantesimo dei suoi nonsense, fissati in momentaneiristagni di silenzio, dai quali in ogni attimo può sorge-re la possibilità di un feroce disordine (Clistery DominusGourmet, Teresaextasy). Nell’intensa opera Silvia Devotioriappare il famoso segnacolo del Sacro Cuore che unapiacente fanciulla ostenta in penosa scarnificazione sul

petto scoperto, marchio a fuoco di fede che le lasciasollevata la pelle irrorata di sangue, con stimmate sullemani devote e con un cordone penitenziale in grembo.Cruciale richiamo ai simboli forti dell’iconografia cri-stiana in tempi di antitesi al dilagare dell’islamismo.Ogni rappresentazione diventa metafora, rimando so-billatore alla prevaricazione divina su un’umanità so-praffatta che cerca scampo e rivincita nella trasgressio-ne del piacere negato. L’Opus Dei, stupenda schienanuda di donna, dal largo sensuoso bacino al fondo delquale si allarga l’ambigua scritta del titolo nell’eleganzadel carattere gotico, provoca un divertito scalpore inte-riore. Quale opera è più compiutamente divina di unnudo di donna e cosa vi è di più empio — per i codi-ni — della contaminazione tra religione e un bel fon-doschiena? Uscire dalle regole è l’imperativo dell’arti-sta, preda di aberranti ma anche stimolanti antinomie.Il ricorrente richiamo sessuale, coscienza di una lacera-zione interiore che sottende insistentemente il temareligioso e la sua rappresentazione, ma anche il noir, ilpiercing, i culti pagani, il sadomaso, il punk e la bodymodification stanno alla base delle creative e caustichemeditazioni di Buttò in cui l’irriverenza contamina lasacralità dei rituali con fisionomie e tic del quotidiano,in totale assenza dell’estasi immateriale della vergognama su cui aleggia una sottile ansia di redenzione. InDanae, ingravidata dalla pioggia dorata di Giove, ridot-ta qui a inseminante e mirato fiotto virile, e nel suocontrappasso, la stupefacente Pissing woman che presen-ta un’avvenente femmina ignuda nell’atto di liberare unimpetuoso getto di orina, incontenibile orgasmo fe-condatore a inondare la terra quale unica e vera gene-ratrice dell’umanità senza il concorso di miseri fuchi,Buttò raggiunge tensioni emotive memorabili.In Milk si ammira una giovane compiutamente nuda,proprio perché inguainata di nero fino ai gomiti, conun profilo flessuoso e perfetto, che strizzandosi unamammella caprina fa sprizzare un denso, candido zam-pillo di latte, nutrimento sublime, che in lieve traietto-ria obliqua irrora il fondo nero del quadro, restandolussuriosamente immortalato nell’aria. Evocazioneimpulsiva di una generosa Susanna o dello steinbeckia-

no Furore ove una puerpera porge il giovane turgoredel seno al disperato squallore di un vecchio morentedi fame. Nell’opera Fetish, tema sul quale Buttò lavorada tempo, trionfa ancora l’interminabile incanto di unnudo di schiena, reiterato in un trittico esultante dirossi e di neri, che imprigiona gli sguardi scossi dallabellezza, galvanizzati dai lacci di un nero corsetto dicuoio che diventano legature di carne, infibulazionedorsale, cucitura di un peccaminoso recesso, per ridi-ventare feticistica costrizione di carni, urlante idolosensuale che scatena la fiera che si annida nell’uomo.Riflessioni stringenti e sfida per enigmi sull’uomo chenasce già infetto e soggiogato da un mai commessopeccato. E sul colpevole silenzio di Dio che non si giu-stifica per il male del mondo.Un Deus Otiosus o un Demiurgo stanco che non sicapacita di avere dischiuso l’accesso alla titanica lotta trale potenze del Bene e del Male, consentendo che lacondizione umana finisca per essere intuita come ilprodotto maligno di una sviata volontà divina. Pitturanitida e personale, di sana impronta figurativa, stesa conla pazienza riflessiva delle velature, in cui prevalgono irossi accesi delle perversità e del piacere, gli ocra dellemalinconie e i neri del dolore e della morte, con son-tuoso impiego della foglia d’oro a nobilitare l’infamiadella carne. In un autoritratto Buttò, a spalle nude, fa-sciato stretto al petto come un torero, brandisce l’alle-goria di un pennello quale arma pronta ad offendere,incoronandosi di un imponente trofeo di ritorte cornadi muflone (fidando dell’essere scapolo), lasciando fil-trare un moto d’ironia nello sguardo accigliato. La suanon comune produzione, già apprezzata nel mondo, inparticolare negli Stati Uniti, è molto ben presentata sulsuo sito www.saturnobutto.com che suggeriamo di vi-sitare. È una summa delle ossessioni esistenziali, vissutenel tormento del raziocinio e nell’assillo di un’impos-sibile composizione di opposti. Se il mistero del dolorepatito, equanime e assiduo compagno di vita, conteràdavvero come espiazione, ci auguriamo si tramuti inbastante gruzzolo di pietà a commuovere il Dio che ciattende, affinché affidi la nostra anima sfinita a un’eter-na quiete di tenebra.

Opus Dei, 2003cm 135 x 108

Nada Pivetta è una giovane scultrice che persegue sinda piccola un grande sogno: trovare attraverso lamodellatura della materia la realizzazione di forme chesoddisfino l’amore per il disegno anatomico ma anchel’espressione di ricerca introspettiva e di libertà qualisolo l’astrattismo può dare.

Cresciuta in un ambiente ovel’arte era di casa, con un eclet-tico zio Emilio quale referente,non poteva che accedere alliceo artistico e quindi a Brera,a Milano ove studia i grandimoderni — in particolareGiacometti, Marini, Brancusi

— lasciandosi alle spalle benpresto, il figurativo classicoalla ricerca della propriastrada. Il legno e la cretasono le materie che megliosi addicono alla sua sensibi-lità, per la gioia di scavare informe vive ove vi è traccia diun passato o di plasmare congioia per i misteriosi effetti

finali della terracotta.Passo dopo passo e sempre congrande entusiasmo ed impegno— ché la vita dell’arte è lunga eavara di soddisfazioni — hapresentato dal 1992 in rassegnecollettive e in personali racco-gliendo consensi da parte dicritici ed appassionati d’arte chene hanno colto, in particolare, lospirito e la visione non volti almercato, ma tesi all’espansionedella propria intima ricerca.Per questo ne apprezziamo l’o-pera e ben volentieri ne segna-liamo la presenza, oggi poco

conosciuta,ma che merita un’at-tenta considerazione.

Soprattutto se potrà avere un seguito concreto, come leauguriamo, quella aspirazione a realizzare in grandequelli che ora sono dei ben curati ed amati piccolicapolavori.La strada è quella giusta, Nada.Auguri.

Nada PivettaGiulio Residori

Odoacre, 2004legno policromocm 100 x 48 x 22

Cos’è per te l’arte?È la ricerca della libertà e l’affermazione dell’unicità, èreinventare il mondo. L’arte non si dichiara ma si com-pie, nella sua gestazione ha il beneficio del dubbio einaspettatamente e inesorabilmente arriva all’assoluto.Cos’è un’opera d’arte? Può assurgere a personalità propria?È un mistero che ti rivolge lo sguardo.Ti consideri un pittore astratto?Amo sempre l’affermazione di Barnett Newman: “unartista dipinge per avere qualcosa da guardare”, unadefinizione, uno stile, sono strade a senso unico… laPittura sta in bilico.Cosa significa per te essere attuali?I valori dell’arte sono originari e quindi assoluti, supe-rano la condizione temporale e rendono secondo meindissolubile la contemporaneità che lega Wiligelmo aRothko, Mozart a Monk.Da cosa nasce in te l’impulso all’opera? Quando sai che l’o-pera è compiuta?

Maria Teresa FataPino Bravin

guance e sulle fronti, prevalgonoe sfumano in una sfida nellaquale Maria Teresa arrivaa deporre la tecnica trai sentimenti, avvol-gendosi in un’affa-scinante sintonia. Ea cornice dei volti lefoglie dorate, i guizziazzurri, le fiamme metal-liche di colate ancoracalde. Sono vesti imma-ginarie di una sfilata magi-ca dove la materia e la mu-sica si baciano e si propagano.Forse non sono altro che visi quoti-diani in uscita dal metrò o in fila dentro centri commerciali, sono maschere dietro le quali cisono altre maschere. Io le ho messe in fila e osservatecome modelle giunte da altri mondi. Cominceròanche a dare loro dei nomi per poterle chiamare nellaloro realtà inquietante, realtà di dolcezze tristi in fondoalle quali spunta sempre Maria Teresa.In occasione del carnevale ambrosiano verranno esposte operedell’Artista alla Libreria Bocca.

So perché Maria Teresa riesce a creare i volti delle suemaschere. Perché li ha già tutti dentro. Deve solo farsilargo tra le emozioni e i ricordi, aprire le narici dell’a-nima. Così la cartapesta si curva e si modella accompa-gnata dalle sue dita lievi lei osserva quello che accadedietro il sipario della materia, e poi chiama a sé gli ovalidei volti. Non sorride alle sue maschere, le guarda nelprofondo come fanno gli amanti che si sfiorano alprimo ballo. E i volti asciugano cercando di capire cosastia succedendo dietro i grandi occhi azzurri di MariaTeresa. In quel momento la maschera è nata, comeframmento di donna e creatura artistica. Sono sfingi,madri sofferenti, decadenti peccati dannunziani, carne-vali opachi nella notte.Alcune sono ragazze che sogna-no di fare l’amore, altre donne abbandonate. Qualcunaè figlia di banchieri arroganti e qualche altra accennaun sorriso, per non restare sola. Qualcuna vive di dolo-rosa immobilità, qualche altra di indifferenza. Tutteinvitano ad entrare in un mondo da inventare. Il mes-saggio delle labbra e degli occhi non rimane ritagliatonell’ovale, ma si adagia intorno come cuscino d’argilla.Il bronzo e il blu si fondono, vanno e vengono sulle Maschera, 2004, cartapesta dipinta

Plevano incontraRoberto Casiraghi

Come dicevo prima,“per avere qualcosa da guardare”e per rinascere dal bianco del nulla.Un quadro nasce dalle mani e sono gli occhi che locompletano. Credere in ciò che sei, ripudiare il com-miato, inoltrarsi… fino a quando l’opera ti accoglie.

Memori amnesie, 2004, olio su tela cm 40 x 60

Roberto Casiraghi. Incisioni e disegniLugano, Biblioteca Salita dei Frari

3 dicembre - 10 gennaio 2006

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Giacomo Sampieri [email protected]

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Colori stratificati, sovrapposti, stesi innumerevoli volte,piani obliqui, continuo divenire e addivenire dellamateria, del senso, dell’intuizione di spazi remoti enascosti, visualizzazione di mondi a noi paralleli fattiemergere con pazienza d’acciaio.Adalberto Borioli, pittore dal 1962, linguaggio astratto,musicista, di fatto e ovunque poeta.Guardare una sua tela blu e scoprire che i colori sonoinfinitesime particelle di vibrazioni con vicissitudinicontinue, mutazioni enzimatiche che producono di-chiarati processi timbrici.Tinte e gradazioni di elemen-ti compositi che convergono in una dimensione d’az-zurro profondo e che ci inducono toute courte ad ab-bandonare la metropoli inquinata per entrare nelmondo metaforico della tela fino a perdersi nelle ine-brianti sfumature dispiegate in quel frammento diatmosfera che seduce anche gli sguardi distratti.È come se una dimensione universale accedesse a unaforma frammentaria distinta dove gli elementi infinite-simali producono cristallizzazioni trasparenti, struttura-zione di campi visivi intersecati e profondamente sen-sibili. L’artista ci accompagna in spaccati di colori intri-si di piani sotterranei o sovrastanti, come nei grattacelifatti di cristallo e vetro dove lo sguardo si sente sensi-bilmente attratto da un’immensità narrativa che nonaccetta costrizioni stilistiche, ma si sente parte dell’uni-verso-mondo tanto da poter spiccare un volo leonar-desco pienamente riuscito.Ma le sue opere presentano al contempo una inusita-ta e articolata tonalità volumetrica. Gli elementi con-

vergono, si raddensano e si deli-neano per poi, con un movi-mento repentino,dirigersi al difuori della tela fino a creareatmosfere monumentali dallaassoluta leggerezza aerea.È come se la pesantezza deivolumi cercasse una soluzione cromatica di levità compositae venisse totalmente circondata dalla luce e dal colore diffusi nella superficie del dipinto.Notturni compiacimenti s’inol-trano in fragili attese di escoriazio-ni di pelle celeste, centellinando sab-bia nelle scarpe che impedisce di vola-re, con notti a tutto tondo dove non c’èpiù confine tra il cielo e la terra rovesciata,sensibile a ogni tocco umano.Essere avvolti in una particella di spazio, in quiete osconvolto da venti tempestosi che si rifugiano nei cri-nali dei rilievi più alti, essere catturati dall’oltre di quel-lo spazio, fino alle dimensioni più misteriche e spiri-tuali.Frammenti poetici dell’universo mondo?Linguaggi metacomunicativi per trasmettere che i cielie il mondo stanno cambiando forma e idioma?Certo è che molti millenni si stanno accumulandonella nostra storia esistenziale, i gas e i motori stannoasfissiando le nostre narici, i nostri occhi guardano infe-

rociti i futuri possibili, i cieli si stanno facendo semprepiù grigi, gli insetti stazionano su ogni quadro coloratoscambiandolo per la natura viva nel tentativo di suc-chiare il polline dai colori dipinti.Noi fissiamo, con la ceralacca trasparente, le opere e icieli di Borioli sperando che siano i veri colori dell’at-mosfera e che non si sbiadiscano mai.

I luoghi di Adalberto BorioliDonatella Airoldi

Giallo pallido2005acrilici su cartaØ cm 33

È la prima volta che scrivo un giudizio sullavoro di un’artista, e il fatto mi emozio-

na di più se penso che parlo di miamoglie Anna Laura Cantone, classe

’77. Ho preso questa decisione alritorno da Sarmede dove AnnaLaura ha partecipato alla 23a

Mostra Internazionale dell’Il-lustrazione per l’Infanzia, LeImmagini della Fantasia, sul temadi “Le Mille e una Notte”,organizzata, come ogni anno,dal responsabile per le atti-vità culturali Leo Pizzol.L’esposizione coinvolge l’in-tero Comune di Sarmede, laProvincia di Treviso, lePro-loco territoriali, oltrea volontari locali.Viene inparte finanziata dall’ormaicelebre Cassamarca (vediesposizioni di Coneglianoe Treviso), ed è ospitatanel palazzo Municipale diquesto piccolo comune, apochi chilometri da VittorioVeneto. Ha una durata dicirca due mesi e viene visita-

ta mediamen-te da circa qua-

rantamila perso-ne. Poi si trasferisce a

Treviso, Monza, Siena,Lugano, Berlino e Pa-rigi.Anna Laura par-tecipa come illustra-

trice, con alcune tavole del volu-me Un papà su misura, stampato in

Italia dall’editore Arka e in Francia(edizione originale) da Sarbacane e ha

realizzato un’installazione all’ingressodel Palazzo, nello spazio che, ogni anno,

gli organizzatori mettono a disposizione diun illustratore, scelto tra quaranta, provenien-

ti da venti nazioni.Di Anna Laura che, nonostante la giovane

età, ha già ricevuto molti riconoscimenti in Italia eall’estero, desidero ricordare la manifestazione TIBE diTaiwan, in rappresentanza della giovane illustrazioneitaliana, nel 2002. Mi vengono in mente molti altripremi, ma non voglio tediare il lettore con un lungo

e non ancora definitivo elenco.Vorrei invece soffermarmi sulla sua attività espositiva. Ilsuo esordio la vede alla Libreria Bocca nell’ottobre del2000, in quell’occasione oltre ad alcune illustrazioni,aveva realizzato dei dipinti di piccolo e medio formatoche già davano un’idea della sua dote innata: un’origi-nalità espressiva molto accattivante.Le mostre personali sono poi proseguite in altre sedi tracui: la galleria Nuages di Milano, la galleria LaPanchetta di Bari, la galleria Il Basilisco di Genova, lagalleria Gambalunga di Rimini. Nei dipinti di AnnaLaura recentemente esposti a Rimini, si evidenzia unsenso ironico con un segno veloce ed incisivo, che cat-tura e diverte lo spettatore.La presenza di frasi o parole ricorda agli adulti tempilontani e incanta i più piccoli che in quella grafia infan-tile si rispecchiano. Le linee di contorno, rosse e nere,sono sempre doppie e non nitide per dare all’immagi-ne un movimento vibrante reso ancor più accattivanteda colori accesi e brillanti.Interessanti sono anche i volumi creati e introdottinelle immagini, che svelano una dote innata per la scul-tura nella quale Anna Laura si cimenta con successo.Il richiamo iconografico si ispira a temi fantastico-iro-nici in cui i personaggi, il più delle volte buffissimi,inducono al sorriso.Sorriso che l’accompagna sempre quando lavora, sorri-so che contagia le sue opere con risultati felici, diver-tenti e accattivanti, quanto basta per rimanere impressenella memoria, perché è difficile, una volta visto il suosegno dimenticarlo o confonderlo con altri.Le auguro di continuare in questo faticoso ma soddi-sfacente cammino e Vi invito a visitare una sua esposi-zione per sorridere con gli occhi…

Anna Laura CantoneImmagini della fantasia

Giorgio Lodetti

La balena in mezzo al quadro2005, acrilico su telacm 90 x 60 Polpo, 2005, tessuto

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[…] Se infatti La pittura dipinta suona come un pro-gramma poetico di base esplicitato, Prima delle Sequenzedocumenta il percorso di allontanamento dal datonaturalistico in direzione della distillazione, della sinte-si dell’emozione della natura, verso la costituzione diun linguaggio pittorico autonomo.È il percorso che lo porterà alla produzione più recen-te delle Grandi Sequenze in cui la verticalità è così spin-ta da riportarci mentale al sublime di Friedrich, in cuiil nero è un indicatore di percorsi erti, in una sorta divertiginoso scarto di piani dal mistico sapore rothkiano,è cortina che ottunde e svela al contempo, contrappo-nendosi come naturale confine alla forza espansiva delgiallo, del rosso, del bianco.E il nero aveva assunto una precisa valenza architetto-nica nell’equilibrio compositivo del quadro fin daiprimi disegni, costituendone la trama invisibile, dotan-dolo di ossatura, precisandone le linee di forza e ledirettrici visive con tratto deciso, essenziale, sintetico.Non a caso l’antologica In bianco e nero rappresenta una

[…] Tuttavia più che un paesaggio si legge la forza e la vitalità della materia, quasi che il pittore riesca adentrare nella terra, nella cava, nella brughiera. […][…] In Estate (1990) la potenza del colore si comprende con sorprendente evidenza. La materia cromatica sidispone infatti secondo una regola spaziale libera ma al contempo predefinita, con alternanze di gialli e rossiinfuocati e vibranti, di verdi e di azzurri profondi, capaci di portare lo sguardo “al di là” del quadro.Il nero poi interviene a unire queste masse magmatiche, a coordinarle, divenendo protagonista, da adesso inavanti, di tutte le opere di Cerri.In questi primi anni Novanta il nero fa da trama:“tiene” le masse cromatiche, rinsaldandole, organizzandolein un universo pulsante e ricco di vitalità.Il riferimento da cui parte ancora Cerri è, innegabilmente, il reale. Basta farsi guidare dai titoli che l’artistaha dato ai suoi lavori per rendersene conto: Foresta in giallo e nero (1991), Dopo la foresta (1991), fino ad arri-vare alla serie Per amore del paesaggio della metà degli anni Novanta.Tuttavia il reale non è più guardato e riproposto dall’artista; il reale, meglio la natura, è per Cerri un univer-so a cui attingere stimoli, emozioni, impulsi creativi che lo guidano nella costruzione dell’opera. In tutta que-sta ricerca il nero aiuta Cerri a depurare progressivamente il quadro di riferimenti naturalistici.Il nero prende spazio, si allarga sempre di più, si confronta con gli altri colori della tavolozza inducendoli quasia una maggior purezza e semplificazione. […]

riproposizione dell’arte di Cerri a partire dal suo primostimolo, in linea con la concezione del disegno comeanima germinativa dell’opera, in una sorta di primoge-nitura della carta sulla tela, che giunge in alcuni casi apostularlo come vera e propria pittura in bianco e nero.Ma nonostante il progetto sotteso e la salda tenuta teo-rica di questa poetica, il dipinto rimane organismo vita-le che non esclude mai l’imprevisto, assumendolo anzicome indicatore di nuovi percorsi perché, dice Cerri“nulla è più geniale di un quadro trovato”.Per questo nelle sue opere non troveremo mai la fissitàdi una ricerca rigidamente programmatica o esclusiva-mente mentale che l’ha ispirata e il suo nero non è maimera negazione di luce ma riecheggia la dimensionedel mistero che l’ha originato. Per lo stesso motivo isuoi volumi rigidamente bloccati con precisa qualitàritmica raggiungono l’effetto di una materia “conti-nuamente aggredita da intemperie o da sconvolgimen-ti tellurici” come aveva evidenziato Elisabetta Muritti,perché di arte che presuppone spostamenti di zolle car-siche profonde e di violenti fenomeni tellurici si tratta.

In bianco e neroSpazioBoccainGalleria

Dall’11 al 31 gennaio 2006

Giancarlo CerriIn Bianco e Nero

Laura Salandin

Prima delle sequenzeCortina Arte Milano

Via Mac Mahon, 14/7Dal 5 dicembre al 5 gennaio 2006

Giancarlo Cerri Prima delle Sequenze

Emma Zanella

Ulivi, 1965carboncino su cartacm 29 x 24

Collina, 1983olio su tela, cm 50 x 60

Senza titolo, particolare1986, olio su tela

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Patrizia MasseriniOpere recenti

catalogo a cura di

Giovanni Serafini

Libreria BoccaLocale Storico d’Italia con il Patrociniodel Ministero per i Beni e le Attività CulturaliMedaglia d’oro della Camera di Commercio di Milano

SpazioBoccainGalleria - Milano

dal 15 al 30 novembre 2005inaugurazione martedì 15 novembre 2005 ore 18,30

Galleria Vittorio Emanuele II, 12 - 20121 Milanoinfo: 02 86462321 - [email protected]

ARSMEDIAgalleria - Bergamo

dicembre - gennaio 2006inaugurazione giovedi 1° dicembre 2005 ore 18,00

orari galleria:tutti i giorni ore 16,00-19,00 (lunedì escluso)Domenica 16-19 in altri orari su appuntamento

ARSMEDIA galleria24121 BERGAMO - V. S. Tomaso, 49 BTel. 035-241168 - Fax 035-4176392E-mail: [email protected]

Il corpo, 2004, olio su tela cm 50 x 65

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26Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557

Una delle sostanziose possibilità che la pit-tura dopo le avanguardie ci ha consegnato,è un rapporto con l’antico, con i modi e itemi della tradizione, per così dire en sou-plesse, frutto dell’incrocio tra amore e gioco.Di tale possibilità da sempre si è servitaPatrizia Comand, che negli anni vacostruendo una sorta di tutta personale fan-tasmagoria sulla base di ricche e non bana-li contaminazioni tra talento e sprezzatura,tra retaggio antico e umori fastosamentesurreali. Cresciuta alla scuola d’un argutoinventore di figure come Usellini, Comandha delucidato, negli anni, una padronanzatecnica sofisticatissima. Punti di triangola-zione sono stati la pittura con forte compo-nente disegnativa della tradizione gotica e

A un primo approccio, di frontealla gran teoria di teste e sagomedello scultore Bruno Chersicla,

allineate col metamorfico cipigliodi una mobile foresta di Birnam

emersa per prodigio dalleplaghe più fonde diBrianza e iscritte sotto l’in-segna di Ritratti dellamente, quel che mette più

soggezione, prima ancoradell’inquietante mostruosità

dei loro ingranaggi, sono quellestrane sigle (a caso, tra le tante, amo’ di esempio, RDM-TXTK,RDM-WSPK, RDM-D-ZDLY),che con maniacale precisione epuntiglio ambiguamente corredanoe contornano tutti i disegni (in gra-fite e acquerello) e i lignei manufat-

ti (in pregiate essenze, vivacementecolorate), esposti già nella grandemostra allestita presso la Villa Sartiranadi Giussano (Mi) nell’autunno del2004. Sembrano, quei cifrati mono-grammi, fissare e circoscrivere,entro lo spazio di un profilo diumanoide, realtà tecnologiche edaliene, rese sideralmente inaccet-tabili al nostro idioma dalla loroingrata, ostentata avocalicità:machinae logiche misteriose nellaloro complessa semanticità, astru-

se algebre di un mondo alternati-

vo e parallelo, protese a identificare e incasellare iden-tità e intelligenze (quelle dei personaggi rappresentati,non meno di quelle degli attoniti osservatori, risuc-chiati dal buco nero della loro enigmaticità) in acroni-me formule definitorie e definitive per proiettarle sullascena di una quotidianità disarmata e intimidita dallaloro minacciosa cerebralità, come “cavalli di Troia” diun’eterna, interminabile guerra dei mondi esperita perforza di enigmi e tale da lasciare estrerrefatti e allibiti alcospetto del loro monstrum di indecifrabile sostanza,non meno dell’“enigma musicale”, che, teste Alceo diMessene (A.P.,VII,1), a suo tempo fu fatale perfino algrande Omero.Certo, Chersicla a siffatte arcane formularità è tutt’altroche nuovo: ricordo serie dai nomi non meno incom-prensibili e inquietanti, fatte via via di “cerambici”,“mask” e “baroki”, così come i ritratti assemblati sottol’etichetta di Spitzenkongress o il congegno da anticamacchina medioevale di tortura di Cronoscopio(1997), tali da meritargli in sede critica e a buon dirit-to la definizione di “scultore ludico” affibbiatagli giànel 1976 e mai più smentita in tutto quanto il prosie-guo della sua avventura creativa da Miklos Varga, comeuna sorta di sua peculiare cifra caratteristica e distinti-va.Eppure qui, in questi Ritratti della mente, il gioco del-l’artista, se di gioco effettivamente si tratta, si fa ancorapiù determinato nel pretendere l’attenzione ermeneu-tica dell’osservatore,provocato a decifrarne intenzioni edestinazioni. Ironiche ed esplicative quanto basta perconsentirci di intuirne almeno l’appartenenza alla spe-cifica serie (RDM), ci lasciano infatti, lì, interdetti difronte al rebus della seconda parte dell’iscrizione, connessun altro ausilio se non l’aleatorietà delle nostre ri-sorse interpretative: dato per scontato che nei disegni la

rinascimentale nordica, e del Novecento gli ambiti dideviazione dalla Nuova Oggettività e dal RealismoMagico tedeschi verso derive oniriche, per intenderci lalinea che da Ben Shahn ha condotto, da noi, aiVespignani e ai Guerreschi. Non è stata, beninteso, solouna scelta stilistica.Dire di umore prevalentemente dise-gnativo è dire di una priorità indiscussa dell’iconografia,del costrutto tematico, capace di muovere dalla conven-zione illustrativa per spingersi sino alla ripresa allegori-ca, a un probabile umore simbolico. Dire della padro-nanza tecnica, è intendere. comunque che la straordina-ria capacità di formalizzazione non valga in se stessa, masia condizione necessaria di un esprimere motivato,forte, anche eticamente consapevole. Il ciclo recente dipitture di Comand rappresenta, da questi punti di vista,una dimostrazione autorevole di maturità. Mi piacepensare a due grandi opere, il Baccanale del 2001 e laMosca cieca con rischio in un giardino barocco, 2004, comeagli snodi delle consapevolezze più recenti. L’ipertrofiamanierista che lievita entro l’esplicita citazione antica,ma soprattutto il concepire la partitura decorativa comestrumento per un discorso iconografico non seconda-rio, sono un esercizio di lievità intellettuale che si collo-ca all’opposto dei troppi citazionismi odierni, e che

ribalta il principio d’autorità della tradizione in matterd’un trasognamento di soave — e non meno sottilmen-te feroce — visionarietà. Il teatro delle pose convenzio-nali che si fa suggestione implicitamente grottesca, ilparadigma della bellezza corporea evocato per eccessosensuale, si sono trasferiti da quelle trattazioni larghe aserie pittoriche di più serrata concentrazione. Comandha dissezionato altri topoi dell’antico — il balance delcostrutto, certi luminismi da notturno dell’anima — ene ha fatto materia per iconografie di serrata tensioneinventiva. Le figure, ancora stagliate su fondi che valgo-no scenario vagamente metafisico, contrappongono lapropria espansa corporeità al gioco aereo dell’immagi-nario alla sospensione che ne fa figure fantasticate. E gliattributi, che si coagulano intorno alla figura cometrame simboliche dai forti umori — il trono, il pesce, ilserpente — erigono un teatro intellettualmente lucidotanto quanto abbigliato della dimensione di un traso-gnamento fascinoso. L’operare di Comand è, s’è accen-nato, tipicamente ciclico. E ogni ciclo aggiunge consa-pevolezza alla sua ricerca, nella quale convivono. perfet-tamente una lucida tensione intellettuale e un sensuosopiacere visivo: valori, entrambi, dei quali sempre più cirendiamo conto di non poter fare a meno.

Patrizia ComandVisioni

Flaminio Gualdoni

Di notte, nel buio, 2005acrilico su tavolacm 140 x 70 D, successiva a RDM, è funzionale a indicarne l’ambi-

to di appartenenza espressiva, è la parte conclusiva acostituire l’autentico rompicapo, lasciandoci nel gine-praio delle nostre ipotesi, ma con appena una certezza,quella di trovarci in mezzo ad un’eletta accolta di “cer-velli”, la cui identità è forse consegnata proprio allemisteriose iniziali.La congettura parrebbe trovare se non conferma alme-no autorizzazione nel fatto che sotto la medesimaragione dei Ritratti della mente si son più di recenteritrovati, convocati nella rassegna del Collezionista(Galliata – Gian Pietro Menzani Arte Contemporanea,Alassio, 2005), ben 70 artisti (da Adami a Zotti, passan-do per Altan, Bonalumi, Echaurren, Dorazio, Morlotti,Pozzati, per citarne solo alcuni), nella duplice veste di“radiografati” ma anche di “cooperanti” all’opera defi-nitiva, e tutti giudiziosamente e specularmente “inter-pretati” dallo stesso Chersicla e connotati con le rispet-tive marche onomastiche. Se dunque di “radiografie alcervello degli artisti” si tratta, come ha acutamente ipo-tizzato Paola Artoni, le opere della mostra giussanese,più ancora di quelle dell’esposizione di Alassio (docu-mentata in un prezioso volume a cura della stessaGalleria), danno ulteriore conferma proprio di quellospirito ludico di cui discettava Varga e che qui si tradu-ce in un tratto di ironica finezza che impone all’artistadi occultare degli interessati il nome dietro la misterio-sa e inquietante formula consonantica, in omaggio aldiritto alla privacy di ognuno.Come dire che, contraffatte fisionomie e storie, neltempo della globalizzazione delle merci (e merce è per-fino l’identità dell’individuo) resta la nuda spoglia alfa-betica di ognuno, depositaria della sua storia, dei tic etraumi che formano l’esperienza del profondo, di fron-te al quale all’artista è concesso di soffermarsi in penso-so rispetto: padrone soltanto di consentirsi il diritto disorriderne, se non addirittura di riderne fragorosamen-te, ove questa “forma” franasse (come franano i suoicongegni imbullonati e incernierati). Giusto comericordava Leopardi, secondo cui “chi ha il coraggio diridere, è padrone del mondo” (Pensieri, LXXVIII).

Bruno ChersiclaIl Codice alfabetico dell’io

Vincenzo Guarracino

Giorgio Strelher, 2000legno dipintocm 185 x 87

Sono sempre più convinta dello scarto, inevi-tabilmente e per fortuna incolmabile, tra undipinto e la sua traduzione di senso in parola,in parola scritta. È semplicemente vero, è ildipinto stesso a parlare, a raccontare di sé eproprio perché articolazione di un linguaggiofigurato, espresso in disegno, luce, colore,emozione, lascia ampio spazio in chi lo guar-da alla propria sensibilità estetica e visiva.Sarei tentata di fare come Giuseppe Ungarettiche, chiamato a parlare di “Alla luna” diGiacomo Leopardi, si mise a leggerla, a leg-gerla e ancora a leggerla, non fece altro se noninvitare all’ascolto.Ma, forse, una mediazione serve, in questocaso la mia, cioè quella di chi, posando ognisettimana nello studio di Emilio Palaz da più

Emilio PalazIl pittore errante

Paola Cattaneo

di 4 anni, ha occasione di veder nascere un quadro,dalla sua idea iniziale fino alla realizzazione finale. Lapittura di Emilio è cambiata: nonostante il soggetto el’ambientazione siano gli stessi (ritratti o nudi, quasisempre tra le pareti del suo studio), la pennellata è piùsciolta, più libera, filtra più luce sui suoi volti, come sel’aria cominciasse ad entrare tra quelle mura e le per-sone ritratte respirassero più leggere.Avverto una sorta di coincidenza emotiva (dettata piùdall’intuizione e dall’acquisita padronanza del “mestie-re”, nell’esercizio continuo e paziente, nella conoscen-za dei materiali) tra la fluidità del suo gesto pittorico,la capacità ormai istintuale perché consapevole di sce-gliere il tono e il colore, e la maggiore vivezza deglisguardi ritratti, sempre in attesa di qualcosa, sospesi traimmobilità e movimento, ma accesi dal colore e daun’energia vibrante e gentile. Non c’è acquietamentoin questi sguardi come non c’è fine all’esplorazionepittorica ed affettiva di Emilio, errante tra i tanti visi, itanti corpi che incontra e mai lo saziano.I modi del suo linguaggio cambiano, ma il radicamen-to definitivo non c’è mai, sempre teso a scoprire inogni lineamento una diversa tensione, una nuova lucesotto cui orientare la sua geografia dell’anima.

Paola, 2005, olio su tela, cm 110 x 60

Michela, 2004, olio su tela, cm 70 x 100

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PER L’ARTEwww.mirexspa.itemail: [email protected]

Vision de Faust, 1878, olio su tela, cm 145 x 118

LUIS RICARDO FALÉRO(1851 - 1896)

Page 10: Segrete di Bocca N. 16

28 Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557

Jacopo Mandich, Sfera

Scherzando con gliuccelli e le acque checorrono dentro e fuoridi noi, ci siamo ritrova-ti a volare e a volerevolare sapendo di cade-re, eppur bramando ilmomento della cadutae della sua inevitabileebbrezza. Il coraggio diessere bambini, diconoalcuni, è ciò che l’Artepotrebbe farci recupe-

rare; la magia di essere puri, pure e nonostante inmezzo a tante tempeste culturali, è probabilmente lanostra più difficile ricerca. Non a caso Sebaste si chia-ma Salvatore; a ben guardare nelle sue opere, animeanimali sfuggono al controllo di schemi e gabbie dicultura senza conoscenza, sguardi fugaci e liberi, di fal-chi e colombe, si rincorrono con l’aggressività dellapassione, giammai della violenza. La luce scorre sotto iloro occhi appena accennati, ma ad uno sguardo atten-to non sfuggiranno molecole di infanzia, profumi digiardini incantati e di amici in attesa, sorprese di Natale,carezze e desideri maturi eppure inconsapevoli, forzeinesplorate ma familiari, umori di amori e gocce diorgoglio... Che alchimia le forme di Sebaste, che rive-lazioni pungenti, inattese, imprendibili e desiderabiliallo stesso tempo. Che potenza. Che eleganza.Leggendo un bellissimo testo di Elena Pontiggia del2002 in occasione della mostra del maestro a Roma,mifermo e rileggo una frase esatta, di quelle che nonfanno più dai tempi di Pertini:“Ma la Natura, lo abbia-mo già detto, non è per Sebaste il regno del visibile.Alregno animale, vegetale, minerale bisogna aggiungereun quarto regno: quello del Mistero. Per questo nellesue opere c’è sempre molto da imparare. Soprattutto su

Premio di Scultura - Edgardo Mannucci Di premi in Italia, in nome dell’arte, ne sorgono molti

ma hanno quasi sempre una vita effimera.Sull’onda dell’entusiasmo o della emotività di unaricorrenza nascono e si spengono: capita spesso di

leggere nel curriculum di alcuni artisti, so-prattutto di una certa età, il ricordo ed il

riferimento all’evento, ma del seguitonon vi è più traccia. L’ispiratore o il

curatore sono passati ad altro! Inquesto panorama che motiva piùdi una diffidenza od indifferenza

sono stato chiamato, quest’anno, apresiedere la Commissione perl’assegnazione del Premio Ed-gardo Mannucci. Sono certo chemolti si chiederanno: chi eracostui? Uno scultore, protagoni-sta con Prampolini e i futuristi

Compito, insieme, lieto e difficile,quello di “tenere a battesimo”un’artista alla sua prima, importan-te mostra personale. La letiziaviene, finalmente!, dall’avere a chefare con un’aria nuova, con unospirito non ancora contaminato dairuoli e dalle certezze di un artistaconsumato. Il dubbio, la tensione,un senso umanissimo di inadegua-tezza spesso portano gli artisti acreare le loro cose migliori. Poiarriva il successo, o se non si vuoleusare una parola tanto grande chia-miamolo “riconoscimento”, e conesso il “sistema dell’arte”: il merca-to, le gallerie, i critici. E tutto, ine-vitabilmente si complica: quel deli-cato fiore svanisce e arrivano le

Salvatore Sebasteil Segno del Sogno…

Francesco Cascino

quello che si crede di sapere. E, ancor di più, sul fattoche l’unica cosa che sappiamo, è che sappiamo benpoco”. A parte questa ultima riflessione dedicata allamente ma giustissima, perché io stesso apprendo moltopiù da un’opera ben fatta che da un libro, la considera-zione critica di Elena Pontiggia è inappuntabile e sere-na, e si assume una responsabilità grandissima: le formee i colori saputi coniugare con la maestrìa della cono-scenza, sia essa consapevole o meno, creano Vita, oltretutti i positivismi e le sue alteranti esasperazioni.Raccontano la Vita al di là delle nozioni e sono moltopiù vicine alla nostra realtà, di tante superstizioni eimmagini inutili e ammiccanti. Se si ha il coraggio e lapossibilità di rimanere fermi ad osservare le opere diSebaste, s’impareranno tante altre cose, tralasciate percolpa di lavoro e carriera, simili a quelle che abbiamoimparato mentre, invece di fare i compiti, andavamo agiocare in cortile con le nostre anime gemelle. Ci sipuò perdere un simile tesoro? O lasciarlo ad altri…? Ela lezione di Mirò, che Sebaste ha interiorizzato allaperfezione, non si sintetizza con le esperienze degliinformali, tanto da farne un artista educativo ed e-ducatore? Guardate quei bianchi che si inerpicano sumontagne di rosso incandescente, provate a immagina-re di penetrare le mille vagine di quella materia attraen-te e magnetica; i rivoli del piacere vi sveglieranno dinotte e non potrete dormire se non dopo aver assag-giato il potere del vento, della pioggia e del sole, con lelabbra, con le mani e con gli occhi… O forse vi addormenterete, ma solo dopo aver capitoche la vera magia è la materia stessa. Essa vive e convi-ve con noi, si trasforma in pianto, rumore o musica aseconda di avere ben chiare le leggi dell’armonia. E seancora non sarete stanchi né paghi, allora provate aaddentrarvi nelle fessure che Sebaste ha costruito peraprire finestre sulla terra e sui suoi misteri, sulle sueleggi; seguite le linee più blu, quelle profonde; vi por-

teranno nel giardino del voi, un giardino popolato damusei in evoluzione, senza mai la stessa collezione ognigiorno. Sorella Luna vi placherà solo guardandovi, masoltanto dopo che avrete lasciato andare i sensi al rico-noscimento istintuale del mistero, appunto. Il misterodell’arte, delle forme, del gesto e della sua imprescindi-bile libertà. Un mistero che lascia il segno perché esi-ste, perché risveglia ciò che è già in noi ma non sem-pre trova il tempo e la voglia di uscire. Un mistero chealberga negli animi di chi sogna. Un mistero che parlala vostra lingua, la cerca al contempo e la riconoscesenza averla mai studiata. Quello che sentite sferzarvidavanti alle opere, dunque, è il segno del sogno.

Margherite, 2005tecnica mista su tavolacm 60 x 40

Dea ferita, 2005tecnica mista su tavolacm 60 x 40

SpazioBoccainGalleriaMercoledì 7 dicembre ore 18,30

fino al 24 dicembre 2005

che passa dal figurativo a forme più astratte sperimen-tando l’uso di materiali diversi e svolgendo un’opera-zione affine alla ricerca materica di Burri dando vita,nel primo dopoguerra, con Capogrossi, Ballocco eColla al “Gruppo Origine”. Scultore dell’energia èstato definito, ma soprattutto punto di riferimento pertanti artisti forse più noti, un uomo ricco di sensibilità,precursore attento alla propria opera e non al palcosce-nico.A ricordarne la memoria ecco, però, la storia suc-cessiva che porta all’antefatto. Nel ’93 Mino PeriniPresidente del Rotary Club Altavallesina-Grottefrasassiin provincia di Ancona, dà vita ad un Premio annualevolto ad onorare la memoria del conterraneoMannucci, finalizzato, in una prima fase, a giovani stu-denti e diplomati di Accademie d’arte del territorio ecoinvolgendo, successivamente, altre Accademie italia-ne. Oggi sono cinque le Accademie che concorronostabilmente al Premio (L’Aquila – Macerata – Perugia– Tirana – Urbino) e una sesta è invitata. Nell’attualeXII edizione, ogni Accademia presenta tre artisti contre opere ciascuno, per un totale di 54 opere esposte adArcevia (Ancona), Palazzo dei Priori, da fine maggio afine agosto.Al vincitore di ogni Accademia viene asse-gnato un premio di 1.500 euro e tra i sei prescelti viene

certezze che inevitabilmente (purtroppo)“contaminano” la freschezza delle emozionicon quello che tutti chiamano il mestiere(curioso notare come si passi da una neces-

sità espressiva ad un ruolo prestabilito, dalla libertà dellescelte proprie agli obblighi di una corporazione).Da quila grande difficoltà, come critico, di non intaccare coneccessive pastoie storico-intellettuali un valore che èaggiunto, una freschezza e un entusiasmo unici e irripe-tibili, soprattutto in un’artista come Angela Govi,un’au-tentica potenza della natura in fatto di forza ed entusia-smo, ma anche rara e preziosa per la contrapposta fragi-lità che l’accompagna in questo importante debutto. latendenza del critico sarebbe qui di addentrarsi nel fittoboscoso dell’arte contemporanea per ri-cercare e ri-creare quel sentiero “verso casa” dal quale la Govi pro-viene, e sul quale, del tutto autonomamente, si è incam-minata. Un esercizio tutto sommato facile, che nullaporterebbe alla Nostra, se non riconoscerle qualchepaternità eccellente e, forse, lontana dal suo fresco sen-tire. […] Angela Govi è approdata alla pittura attraversoun intimo percorso emotivo. Come ogni autodidatta,perciò, appartiene a quella famiglia di artisti che sonogiunti alla pittura più per necessità espressivo-comuni-

Madrepora I, 2005tecnica mista su telacm 50 x 40

cativa che per scelta calcolata.E infatti tutta la breve car-riera di questa giovane pittrice si è svolta e si svolgeattorno ad emozioni intimamente legate alla sua vicen-da personale. […] Ecco allora che la materia pittorica,sorta di affascinante e colorato magma primigenio, sicomponeva nelle sue prime tele con una forza e unaricchezza davvero insolite per una giovane pittrice. Senon volessi prestar fede al solenne impegno di nonimpastoiarmi in genealogie storico-critiche, direi che inquei primi dipinti si ritrovano lo spirito e la sensibilitàdi un certo “Naturalismo padano” […], quel disordinematerico che è altro dall’informale e che evoca e sug-gerisce le figure anziché “illustrarle”. Ed è altrettantostrano come quei grovigli materici si formassero informa di onde, poi di figure appena suggerite, fino alleforme-finite d’oggi, travolgenti per l’esuberanza dellamateria pittorica, eppure così serene nel loro intimo,suggerito messaggio.

proclamato il vincitore del Premio Edgardo Mannucciche quest’anno è: Jacopo Mandich dell’Accademia diBelle Arti di Roma per l’opera: “Sfera”. Lo scopo delpremio, come ricordavo in occasione dell’inaugurazio-ne, non è di assegnare graduatorie — talora effimere —,ma di fornire possibilità di incontro e di confronto, didialogo, di conoscenza, di entusiasmo e di stimoli perrealizzare una crescita che nel cammino dell’Arte èsempre molto difficile.Ed in questo si sente vivo lo spi-rito rotariano che ogni anno, da dodici anni, cura esostiene l’iniziativa.Devo dire che il coinvolgimento è stato totale sia daparte delle autorità locali che delle Istituzioni chehanno sponsorizzato l’iniziativa. La prospettiva è oraquella di dare un impulso al Premio coinvolgendoAccademie, italiane ed estere. I giovani artisti diploma-ti in scultura hanno bisogno di supporti ma anche ilPremio, se vuole vivere ed affermarsi, ha bisogno diloro e del contributo dei loro docenti. Una considera-zione finale riguarda il livello delle opere presentateche, come è possibile verificare nel catalogo pubblicatoper l’occasione, hanno spunti e realizzazioni veramenteinteressanti e mostrano un entusiasmo e una creativitàdi buon auspicio per una futura attività artistica.

SpazioErgyGiulio Residori

SpazioBoccainGalleriaMercoledì 1 febbraio ore 18,30

fino al 15 febbraio 2006

Angela GoviAlberto Agazzani

Page 11: Segrete di Bocca N. 16

29Per la tua pubblicità chiama Antonio D’Amico 338 2380 938 - Gabriele Lodetti 333 2869 128 - Giorgio Lodetti 338 2966 557

Sul filo dell’artea cura di Stefano Soddu

ar te contemporanea

V. le Col di Lana, 8 - MI0258317556 - 3485630381

via Scoglio di Quarto, 4 - MItel. 0258317556 - [email protected]

Arte prioritaria? Bohh!!!(Enrico Cattaneo, fotografo e artista)

L’ossigeno vitale nell’arte è la vera essenza, racchiusa inogni singola opera; è una priorità intima, segreta e…molto preziosa. (Daniela Baito, artista)

L’arte prioritaria è quell’arte che considera prioritariala vita rispetto all’arte. (Roberto Borghi, critico d’arte)

La priorità dell’arte oggi consiste non tanto nellapratica dell’arte come desiderio, feticcio o lussuria,ma nella necessità dell’arte di far vedere l’invisibi-le, ascoltare il terzo respiro, svelare i percorsi nasco-sti della creatività.(Donato Di Poce, poeta e critico d’arte)

L’arte non esiste, pertanto non può esistere arte priori-taria, perché la priorità è solo la salvezza dell’uomo e

della sua umanità nel senso della terra. L’uomo è il veroprioritario. (Fabrizio Garghetti, fotografo)

L’arte come esperienza prioritaria di vita mi punse, mipunge, mi pungerà. (Albino De Francesco, artista)

L’arte è come quel venticello lieve che durante il cam-mino in piena estate desideri prioritariamente per rin-frescarti l’anima. (Antonio D’Amico, storico dell’arte)

L’arte ha una sola destinazione prioritaria: la gioia.(Donatella Bertoletti, libraia)

Collana “ARTE PRIORITARIA”Anno 2005Ed. Bazart&Scoglio di Quarto - Edizioni numerate

B. Aprea - P. Barrile - A. Borioli - A. Casiraghy - G. CerriF. Colnaghi - C. Crosio - M. De Maria - M. Falco - R. ForinoG. Fra - N. Frigerio - G. Gurioli - G. Kuruvilla - A. Lambardi M. Marra - E. Moschetti - O. Alvaro - R. Origgi - A. PasqualiG. Pavanello - L. Pescador - L. Pitscheider - A. PizzolanteC. Plicato - D. Premoli - A. Prota Giurleo - G. RubinoS. Sansevrino - L. Sessa - S. Soddu - A. Spinelli - A.VerdirameE. Zanon

“Arte Prioritaria” è un’idea di Gabriella Brembati. Il logo è stato realizzato da Danilo Premoli

Arte Prioritaria, ovvero priorità dell’arte, è un’ideaforte a supporto della libertà di pensiero atta a inci-dere nella coscienza e conoscenza collettiva. È unconcetto che va rafforzato con la partecipazione at-tiva degli artisti e di chi tenga a cuore le sorti del-l’arte. Per tale ragione chiediamo soprattutto a que-sti di esprimere un proprio pensiero sull’argomen-to. Desideriamo che sorga un movimento di ideeche, raccolte, formino un documento in progress.

E-mail: [email protected]

Arte prioritaria: perché arriva prima.(Giorgio Moiso, artista)

L’arte è liberazione dalle pastoie del linguaggio, delrazionalismo meccanicistico, dalle griglie del quotidia-no, dalla noia del vivere. (Roberto Plevano, artista)

Segue sul prossimo numero

... segue dal numero precedente

Penso davvero di doverti molto. Senza i suggerimen-ti che mi hai saputo offrire, la mia attività d’artistanon sarebbe stata la stessa.Tu credi nel rigore, nell’ar-te e hai saputo rafforzare in me questo essenzialemessaggio. Ricordo, dieci anni fa, la tua attenzionenello scorrere i miei cataloghi. Insolita e rara curio-sità di chi svolge da trent’anni attività di gallerista neiconfronti di un artista appena conosciuto. Poi lamostra presso la tua galleria, e ancora l’inizio di un’a-micizia duratura, per me sempre gratificante. La tuagalleria compie quarant’anni ed è un albero solido eben radicato. La tua forza, la tua passione, la tuacostanza hanno nutrito come una radice profonda intutti questi anni la cultura e l’arte milanese, ancheproposta in un confronto internazionale oggi cosìraro. E l’albero continua a fiorire e a dare i suoi frut-

VISMARA ARTE40 ANNI 1965-2005

a Zita

ti. Come in un susseguirsi di sequenze e di stagionimolti tra i protagonisti dell’arte contemporanea, inuna linea ininterrotta sempre coerente e fedele perle tue scelte, si sono esibiti nel tuo spazio. Quelli giàfamosi e quelli un po’ meno, tutti hanno avuto pertuo merito sostegno e visibilità. È la tua vocazione eci riesci con semplicità. Grazie a una presenza forte,ma sempre discreta, grazie al tuo parlare con tonimisurati, grazie a un’innata capacità di intuire dove siannidi veramente la qualità.Tutti noi, amici, artisti efrequentatori della tua galleria ammiriamo il tuocoraggio, la tua bravura e professionalità.Io ti voglio anche molto bene.

Stefano SodduMilano, 2005

Milano, 2005 - Ornella Piluso, Laura e Francesco Cucci, Gabriella BrembatiZita Vismara e Stefano Soddu

La scala dell’arteL’arte, come la vita, è una scala. Baudelaire sostenevache riesce perfino a far scorrere l’acqua dal basso inalto, sfidando la gravità. Ed è in omaggio a questa sfida,per rendere visibile il gusto di assaporarla, che abbiamoreso il nostro scalone suggestione espositiva per unacollezione importante di opere della nostra galleriad’arte contemporanea, le cinquanta tele dei venticin-que artisti raccolti, con studio e passione, dal capofilaStefano Soddu ed allestiti, con inventiva ed entusia-smo, da Gabriella Brembati. Simbolo di un’epoca ditransizione, questa collezione di opere che punteggia-no la fine di un secolo e l’inizio del successivo voglio-no suggerirci un percorso che è in salita, come sempreè in salita il passaggio delle epoche, un percorso ascen-dente, come è sempre in ascesa il cammino dell’arteattraverso le generazioni, gli stili, i gusti che essa stessaispira e produce restandone indipendente. Ogni gradi-no di questa scala ideale è una stazione indispensabileper trovare segni, gesti, linguaggio del nostro tempo.Salite gradino per gradino, senza correre, senza saltare:chi ha paura della salita sappia che cosa perde.

Pialuisa Bianco(dal catalogo “Contemporaneo Italiano”edito dall’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, 2005)

Stefano SodduIn oltre, 2004, acrilico su tela, cm 128 x 70

Page 12: Segrete di Bocca N. 16

Dopo il successo della prima mostra organizzata incollaborazione con la Libreria Bocca di Milano, ilRistorante Nameless continua l’attività espositiva conla mostra di Fausta Dossi.

Un mondo, quello della Dossi, popolato da continuirimandi a un personale dizionario emozionale edentusiasmante. Così come fitta di emozioni è la suapittura!

Antonio D’Amico

Ristorante Namelessdicembre - gennaio 2006

Trattamento speciale per la cena - prenotare al02.4814677

Via Monte Bianco, 2/A - Milano

L’analogia più convincente me la suggerisce il vulcano.Può sembrare inerte e torpido per un tempo lungo epoi esplodere cambiando i connotati dei luoghi.Nel caso di Dan Iroaie, l’assenza è inerzia, distrazione,fino a quando un filo di attività batte l’ignavia e subitodiviene parossistica, torrentizia, esplosiva.Mentre la creatività del vulcano è distruttiva e solo len-tamente l’area interessata torna a fruttificare, quella diIroaie è immediatamente ferace, feroce, ricca di ger-mogli che ne creano subito altri e ne cancellano altriancora. Sì, è vero, la sua arte è gridata, sempre a rischiodi andar sopra le righe, piena di scorie e di ripetizioni,spesso ridondante. Ma, intanto, non è mai finta, simula-ta, non deve cercare una creatività elusiva, non ha l’an-goscia del foglio bianco in attesa della prima parola epoi della seconda che non viene mai.Se esiste una cosa come l’innatismo, Dan Iroaie lo pos-siede nella sua dimensione di pittore. Platone sostenevache per imparare a nuotare bisogna avere un’idea pre-liminare di cosa è il nuoto e dei movimenti necessariper realizzarlo. Io mi sono sempre domandato com’èche i bambini, avidi di assaggiare tutto, non si avvele-

nano mai con piante comuni che ci circondano, comel’oleandro. Le famiglie non lo sanno e non li mettonoin guardia (comunque servirebbe a poco); eppure ibambini sembrano sapere spontaneamente con checosa possono fare esperimenti e con che cosa no. Danè un istintivo, ha sempre disegnato e dipinto, senzadisciplina, ma non senza regole. La sua scienza dellaforma gli deriva dall’intuizione, consolidata da una pra-tica di lustri, e da una dote che lui possiede e che lamaggior parte dei pittori fatica a conquistarsi: la felicitàcreativa, il dono. Quando cominciò (credo che sianopassati almeno quarant’anni), era tutto dedito ad unalinea estenuata, sottile, di gusto art nouveau. La moltipli-cava all’infinito in onde sinuose, la rendeva fitta e densa,come ad abolire l’intervallo tra una linea e l’altra.Eppure, in questo giuoco d’infinita pazienza, Dan nonsporcava mai il suo reticolo, era esemplare per chiarez-za d’ordito e per senso compositivo.Nessuno gli ha maidetto quali colori sono consonanti e quali repulsivi,quanto estese devono essere le pause, che rapporto c’ètra disegno e campo cromatico.Ecco, nella sua pratica febbrile e, all’apparenza, esclusi-vamente affidata all’estro, Dan Iroaie deve aver avutocome dono innato e consolidato dall’esercizio quello diconoscere mirabilmente codesti aspetti e di realizzarli acolpo sicuro,prova dopo prova. Ci sono artisti che sonodi una lentezza esasperante (Vermeer, Cézanne). Sidispera che portino mai a compimento un lavoro, e siteme che, peggio di Penelope, lo disfacciano, arrenden-dosi per sempre. Poi, ovviamente, col loro ruminarecontinuo arrivano anche a risultati copiosi, come nelcaso di Cézanne. Altri considerano l’opera come unesserci, come la manifestazione della loro fisicità.L’opera è, spinozianamente, consustanziale al loro io. Èil caso di Pollock e di pochi altri, i quali non si pongo-no il problema di una qualità da realizzare, quanto diesistere dentro l’opera e tramite essa.Con le opere astratte il controllo della qualità, per chiguarda e valuta, è più complesso e bisogna possedere unocchio esercitato, cinico e spregiudicato, perché i traf-ficanti (e a complemento i bigotti) del colore sono tantied il colore, di per sé, non è arte, è solo qualcosa chepermea la nostra vita. Dan Iroaie non è un pittore disfumature, di colori morbidi, di passaggi modulati.

Dan Iroaie (e chi se no)Enzo Bilardello

Ogni pennellata è un’affermazione perentoria, dotatadi energia propria e la continuità e soprammissione conaltri colori crea un campo ad alta energia, quasi senzapause. Lo spettatore non viene, però, esasperato, spossa-to. Dato che si tratta di arte, spesso eccellente, talvoltasuprema, chi vi si abbandona, meglio che appagato neviene rigenerato. In certe opere i meandri sono tal-mente fitti che nessun filo d’Arianna sarebbe servito,ma l’equilibrio è mirabile. Dedalo contemplando dal-l’alto la trama senza vuoti non avrebbe potuto chelodarla e complimentarsi con sé stesso. In un altro caso,su un antro nero piovono i bengala di una fantasmago-ria cromatica impressionante. Il nero resta tale, per nullaa disagio sotto quell’assedio fastoso. Il disordine c’è, maè di una perizia consumata. Io ci trovo tutta la scienzadi Matisse nel colorire con “sprezzatura” divina i suoitappeti, i suoi pesci rossi e i vestitini da donna delizio-si. C’è tutta la bravura di Matisse in tanti disegni diDan, senza mai aver copiato una virgola. In altri casi lapittura si realizza come sotto il pelo dell’acqua, mossa,vibrante, morbida, spezzata e sempre intera. I rossi sonoconsueti sotto l’acqua? Certamente no, se non rappre-sentano qualcosa, dalla chiglia di una barca ad una bar-riera di corallo.Dan Iroaie ci mette il suo rosso, che ser-peggia, affonda moroso, si riaccende nitido e risultacredibile pur senza richiamare niente di conosciuto, néuna gomena né un tronco: è pura forma che esiste percorroborare la bellezza del mondo. In tutta quest’orgiadi forme, e di colori disegnati ed organizzati con pastaspessa o sottile o quasi corporalmente evanescente,numerose sono le prove meno riuscite, sia perché l’a-strazione non è un programma scientifico, ma conser-va sempre un quoziente d’alea, di azzardo, sia perchéDan vuole cercare altre strade, non contentandosi di farmeglio quel che già gli riesce bene. Sono restìo a sor-volare su queste prove meno coinvolgenti; servono allostudioso per seguire le oscillazioni della creatività, i sen-tieri interrotti, la battuta a vuoto prima della successivaondata di pennellate frenetiche: appunto un vulcanoche ha l’energia contenuta nel centro della terra, quin-di limitata, ma per noi incoercibile. Servono all’artistaper non credersi infallibile e fare l’inventario ed il rie-same dei nessi che non tengono.È un attimo, subito dopo siamo persi dietro a dei VanGogh e a dei Cézanne eseguiti con uno spirito diver-so, con mete diverse e, certamente, senza aver control-lato immagine alcuna di quei maestri.È l’eterno ritorno della creatività ingenua, incorruttibi-le che, col tempo, incorpora la sapienza, si fa magistero.

acrilico su cartoncino2003, cm 70 x 100

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana - Con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

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