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SEMINARIA | Festival 2012

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catalogo della seconda edizione del Festival d'arte contemporanea Seminaria Sogninterra 2012

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Festival d’Arte Contemporanea24 | 25 | 26 Agosto 2012

MARANOLA

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CuraMarianna FazziIsabella Indolfi Giulia Magliozzi

OrganizzazioneVincenzo De Meo

Coordinamento tecnicoMimmo Indolfi

Coordinamento generaleNicoletta Katia D’AnellaToon de WitMauro FerroMarialuisa IsabellaRoberta RussoConcetta RossiPierre SaurelVera Tescione

Regia audioGennaro Mele

AudioAngelo Vito AlfonsiEfisio CardiaPasquale Forte

StaffStefania AnneseCarmen CapacchioneDanilo CedroneFabiana D’AliesioLucilla D’AnellaGiacinto D’UrsoRoberto FilosaMariangela ForteClaudia GombiMarco IndolfiGiuseppe MasielloMario MinutilloStefano NardellaGennaro PalmaEnrico ScottiAntonio (detto Salvatore) RosatoVincenzo Treglia

CollaboratoriStefano De MeoPaola D’UrsoIrene DiesAndrea FerroMario FerroSilvio FilosaMaria Teresa MinchellaMagdalena Souto Giordano Treglia

FotoAndrea De MeoLuigi VaccaroMaria Zanardi

VideoAnna FusacchiaStefania MarinoTommaso Martelli

Progetto graficoAlessandro NocellaDiana CiufoFrancesco Fazzi

Comunicazione e Ufficio stampaClaudia PettinariPaolo RussoSalvatore Brocco

Si ringraziano per la pazienza e la fiducia tutti coloro che hanno aperto le porte delle loro case: Therese Ciaramaglia, Gianni De Meo, Franchino Di Chiappari, Giuseppina D’Onorio De Meo, Antonio Forte, Francesca e Teo Libondi, Mariella Indolfi, Er-nesto Palumbo e Luigi Dello Iacono, Sonia Sterpini e Pietro Filosa, Ambrogio Sparagna, Alessandro Ster-pini, Massimo Tommasino.

Si ringraziano per il sostegno e il prezioso contri-buto: Lidia Aceto, Ivana D’Anella, Paolo De Bellis, Angelo De Meo, Don Antonio De Meo, Armando De Meo, Giacomo De Meo, Michele De Meo, Gaetano De Meo, Sestina De Meo, Peppino D’Onorio De Meo, Leonardo Di Carlo, Gennaro e Paolina D’Urso, An-tonello Filosa, Claudio Filosa, Antonietta Franciosa e Antonio Di Marco, Raffaella Fusciello e Mimmo Forte, Benedetta Gagliardi e Maurizio Fazzi, Silvana Guglielmo, Angela Imondi, Alfredo Lombardi, Pom-peo Mastantuono, Olimpia Miranda, Anna Montano, Clelia Palumbo, Gianluca Pasqualitto, Salvatore Pi-sanò, Luca Ricciardi, Enrico Simeone, Luigi Simio-ne, Rocco Simione, Adriano Sparagna, Dina Terreri, Erasmo Treglia.

Questo catalogo è dedicato a Gennaro.

Si ringraziano per le selezioni musicali e per i dj e vj set degli eventi di presentazione: DJ Solko, Alessio Oreste Del Villano, Marco Oblivious e I Nostalgici Maranolesi.

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Patrocini

Provincia di Latina

XVII Comunità Montana “Monti Aurunci”

In collaborazione con:

Associazione culturale “Maranola nostra”

Media partner

Partner

Sponsor

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Sponsor tecnici

Panificio D’Urso

Si ringrazia:Banca Popolare di FondiIl Bottone D’Argento B&BAssociazione Terra di LavoroLa GarittaGneo Fonteo ClubMiranteZi’ Anna a MareAgriturismo Campello

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Il progetto

Seminaria sogninterra vuole contribuire attraverso l’Arte a rendere manifeste non solo le qualità esteriori del piccolo borgo di Maranola ma soprattutto la capacità endemica dei suoi abitanti a valorizzarle e sostenerle.La finalità non è quindi il miglioramento estetico del luogo, incantevole di suo, ma il progressivo e graduale cam-biamento nella percezione dello spazio condiviso.

Gli artisti vengono invitati ad intervenire in ambienti non convenzionali con progetti site e contest specific, che nascono dopo residenze e da studi contestuali, culturali e storici dello spazio. Il percorso viene articolato come un’immersione in cui le installazioni e le performances agiscono e interagiscono con chi le usa e le attraversa. Molte opere sono entrate a far parte del progetto di Museo Diffuso che l’Associa-zione porta avanti, altre vengono realizzate grazie al supporto di maestri artigiani del posto. Altre ancora ven-gono installate in ambienti privati messi a disposizione dalla collettività e tutti gli artisti sono accolti nelle case di maranolesi.

Coloro che sostengono Seminaria sogninterra hanno finora impegnato, ciascuno a proprio modo, tempo, passione e risorse per coltivare un’emozione. È stato grazie a questo impulso che un singolo evento è diventato un itinerario fatto di molte tappe, un percorso che si radica strada facendo.I punti d’incontro e le connessioni con le varie associazioni hanno foraggiato lo stimolo al proseguimento dell’at-tività. La convinzione è che si possa dar vita ad un modello alternativo, basato sul fare di qualità, quale fonte imprescindibile per un reale sviluppo economico, culturale e sociale del territorio. A seguito della prima edizione del Festival nel 2011 si è costituita l’Associazione Culturale Seminaria Sognin-terra composta da maranolesi di nascita, d’adozione e anche da qualcuno in attesa della cittadinanza onoraria. L’obiettivo è quello di stimolare reazioni e nuovi comportamenti che, ci si augura, riescano a sedimentarsi in gesti semplici, come la poesia leggera del vento che soffia nei vicoli del Moricone.

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La seconda edizione

- Uno strato di fango ricopriva ancora la terra, ma qua e là piccoli fiori blu stavano già sbocciando - Raymond Queneau

In “L’invenzione del quotidiano” Michel De Certeau scrive della necessità di “articolare una geografia seconda, poetica, sopra la geografia del senso letterale”, insinuando “altri viaggi nell’ordine funzionalista e storico della circolazione”; “ciò che spinge a camminare” – aggiunge - “sono le reliquie del senso e talvolta i loro scarti, i resti capovolti di grandi ambizioni”1.

Rendere esperibile una speciale mappatura poetica è stato l’obiettivo principe della seconda edizione del Festi-val d’Arte Contemporanea Seminaria sogninterra. In tal senso si è scelto di inscrivere nuovamente il percorso espositivo nell’area del Moricone. Questo ha permesso di cogliere, proprio come in un giardino, i piccoli fiori blu seminati nel 2011. Facendo proprio il finale utopico del celebre romanzo di Raymond Queneau il progetto ha esplicitato in maniera ancora più chiara, il desiderio di condividere quelle energie positive insite nella bellezza e in grado di concorrere alla germinazione di idee e visioni alternative.

Pensare l’attraversamento mediante la metafora dello “sbocciare”, ha permesso di costellare il percorso di ricordi, citazioni di altro e, allo stesso tempo, intuizioni che controvertono con leggerezza gli schemi asfittici dell’abitare ordinario. Il radicamento, altro concetto chiave della geografia poetica, ha trovato testimonianza nella scelta di invitare cinque artisti della scorsa edizione a tornare, effettuare un passaggio di testimone con i nuovi e acquisire di fatto lo status di residenti a tutti gli effetti.

Questi sono stati: Carlo De Meo, Christian Ghisellini, Serena Piccinini, Daniele Spanò e Cecilia Viganò. Gli artisti sono stati sostenuti ed incoraggiati a lavorare con materiali sostenibili e il più possibile “a chilometro zero”. Alcu-ni sono partiti da stimoli visivi e architettonici del paese, dai suoi ricordi o dalle sue storie. Entrati in sintonia con lo spirito del borgo si sono espressi mediante interventi di arte partecipata e relazionale.

Hanno messo in comune vissuti e trascorsi che hanno attribuito un valore ulteriore al senso rincorso nella pre-cedente edizione. L’entrare ed uscire dai luoghi e ambienti si è declinato in una riconsiderazione esperienziale ancora nuova perchè, come scriveva Luigi Ghirri in Paesaggio Italiano “in fondo in ogni visitazione dei luoghi por-tiamo con noi questo carico di vissuto e già visto, ma lo sforzo che quotidianamente siamo portati a compiere è quello di ritrovare uno sguardo che cancella e dimentica l’abitudine; non tanto per rivedere con occhi diversi, quanto per la necessità di orientarsi di nuovo nello spazio e nel tempo.

Non solo porte sconosciute ma anche varchi, nella memoria di un altro tempo, non per forza presente, passato o futuro.

1: Michel De Certeau - L’invenzione del quotidiano - Edizioni lavoro, 2001

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1 MARANOLA CITTÀ ETICA Già Piacentini

LORD JIM Marco Di Giovanni

POGGIO Angela Zurlo

GENIO Carlo De Meo

TUTTO GIÙ PER TERRA Carlo De Meo

TUTTI BENINI e SOGNO DI SOGNO Già Piacentini

SMORFEO Già Piacentini

CANTOMANZIEGiulia Ledda

MARCO Valeria Crociata

IMPROVVISAZIONE DI SEGNO Cecilia Viganò

APOCRYPHA Christian Ghisellini

MARIMANE? Carlo Steiner

L’ORA DEL SILENZIO Daniele Spanò

CINEMA ALL’APERTO Chiara Mu

IERI HO VISTO LA LUNA Carlo De Meo e Daniele Spanò

AMARCORD Simone Lucciola

TANE APPICCIATE Marina Girardi e Rocco Lombardi

DREAMACHINE E RITMI BINAURALI Luca De Siena e Luca Tedesco

AVANTI e SPALLIERACecilia Viganò

THE UNSPOKEN Quiet Ensemble

MARCONDÌ E I BAMBINI DI MARANOLA Serena Piccinini LA VIA D’USCITA Chiara Mu

LET THE RUST COME IN Three Minutes Ago

SENZA TITOLO Marco Di Giovanni

TEMPORALE IMMOBILE Serena Piccinini

CARTES DE VISITE Pablo Mesa Capella

I’LL SAY SHE IS Christian Ghisellini

ATTENDO, SDRAIATO SU UN TAVOLO, ATTENTO Carlo De Meo

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OFFPERFORMANCEIsidora e i Sonnambuli

LABORATORIO A FUMETTIMarcondì

FOTOGRAFIAImpressioni in viaggio / Memorie Urbane

MUSICAMusica da Cucina / Luca De Siena + AlessandroSignore / DJ set Funk Pope (Sweat Drops)

TEATRODon Alonso Quijano detto il Buono

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Isidora

Il mio nome è Isidora e vivo d’immaginazione.Mi incammino cantando le pietre, una ad una.L’andatura la decide il mio passo - libero - e qualche volta inciampo.Il mio nome è Isidora e vivo d’immagine e di azione.Ne ho contate ennemila, altrettante ne ho sottratte e dimenticate. Naturalmente tendo all’equilibrio sottosopra i miei piedi.Il mio nome è Isidora e vivo d’immagini in azione.Alloggio in una bianca balena si... ma sospesa nel cielo, come le nuvole al pascolo. Di lì attraverso passaggi, ne accetto e ne do, per il gusto di errare da un po’ e ancora per un po’.Il mio nome è Isidora e vivo immaginando azioni.Ripesco leggende e rimescolo ricordi da giocare a tombola o a carte scoperte. Ogni cosa rimane scritta proprio qui, fra la linea della vita e le altre - sul palmo della mia mano.Qui puoi leggere il mio nome - Isidora - e vivere la tua immaginazione.Vado di bocca in bocca come la notizia di un giorno di festa, di lucciola in lucciola, di albero in albero ricamando con il mio nome ogni tua possibile geografia. Di tempo ce n’è e all’incavo del prossimo anno altro ce ne sarà.Il mio nome è Isidora e vivo dei tuoi occhi e nei tuoi occhi.GUARDAMI.

Marianna Fazzi

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di Già PiacentiniMARANOLA CITTÀ ETICA

Già Piacentini è stato giudice imparziale, voce perentoria e convinta di una giuria composta da una sola persona – lui stesso - che ha stabilito quindi all’unanimità, che gli abitanti del paese avevano vinto un premio speciale: “MARANOLA CITTÀ ETICA”. È certamente un riconoscimento per una memoria recente ma anche di una storia an-cora da costruire perché questo suo insigne premio è valido per il 2014. È quindi basato sulle belle azioni che hanno segnato la sto-ria più prossima del paese ma è soprattutto dato sulla fiducia che l’artista ha maturato filosofeggiando con i vecchi seduti sul rivel-lino medievale, progettando con i bambi-ni scorrazzanti tra i vicoli, discutendo con quanti – giovani e adulti - seminavano idee, si rimboccavano le maniche, aprivano una porta di casa, ripulivano un giardino dai suoi rifiuti distratti.Ora entrando in paese dalla sua via princi-pale, c’è in bella vista un segnale turistico costituito da un cartello quadrato di metallo, colorato di giallo come un grande post-it che serve a ricordare, a chi arriva e a chi parte, che c’è un’etica da portare sempre con sé, prima e dopo il 2014 sognato, assegnato e segnato dall’artista.

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Lord Jim si staglia su Piazza Ricca come la ciminiera di una nave fantasma, approdata a Maranola in occasione di Seminaria sognin-terra. La grande terrazza da cui i maranolesi guar-dano il golfo di Gaeta, si trasforma così in un porto, in cui si allaccia la loro relazione col mare, guardato sempre a distanza, con le spalle protette dalla montagna, con negli occhi il blu.Incastonate nell’imponente tubo di ferro (materiale caro a Marco Di Giovanni, che lo raccoglie dalle discariche e lo rielabora) ci sono due lenti ottiche, che capovolgono tut-to quello che inquadrano. Scultura e dispo-sitivo di visione, Lord Jim, come un occhio che include ed esclude tutto dalla sua suc-cessione di piani, punta da un lato su Gaeta e dall’altro sulle case arroccate di Marano-la, mettendo a testa in giù la nostra realtà. Una doppia prospettiva che mira a creare un dialogo tra il vicino e il lontano, invitando il pubblico ad uno sforzo interattivo, per fo-calizzare l’attenzione su ciò che lo sguardo comune distratto dimentica.

di Marco Di GiovanniLORD JIM

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di Angela ZurloPOGGIO

Angela Zurlo viene da un mondo disegnato con ago e filo. Donne e bambini affollano la sua ricerca artistica, fluttuando in un vuoto che si contrappone con decisione al pieno del ricamo. Per Seminaria sogninterra Ange-la ha abbandonato i pennelli, le plastiche, la carta da parati con cui compone solitamente i suoi collage, per sperimentare una forma nuova, continuando a raccontare il mondo femminile. Questa volta, come già fatto in passato, An-gela ha cercato il contatto diretto con gli abitanti, dando vita ad un’opera d’arte par-tecipata che ha visto il contributo delle si-gnore del borgo nella raccolta di un gran nu-mero di centrini, poi cuciti insieme, destinati a coprire un luogo significativo di Maranola: l’antico rivellino, detto Poggio.Il Poggio è lo snodo in cui ci si incontra, si aspetta e si vede scorrere il paese; ultima-mente la sua antica bellezza è stata messa in pericolo da uno svogliato tentativo di re-stauro, subito fermato da una vera e propria sommossa popolare.Per il festival, Angela Zurlo si è fatta porta-trice di questa istanza politica e ha trasfor-mato il Poggio in una grande tavola rotonda, adornata da un gigante centrino ricamato da mille mani. A questa tavola sono tutti invita-ti, per preservare i nostri patrimoni paesag-gistici e architettonici dalla distratta gestio-ne pubblica.

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di Carlo De MeoGENIO

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Carlo De Meo non smette mai di farci incon-trare le nostre ombre. Le va a scovare tra le nostre cose abbandonate, tra i fiori blu che spuntano tra le gramigne, risistemandole poi con cura come fossero tante tessere man-canti del nostro puzzle quotidiano. Ombre fragili che poi lascia riposare sul sel-ciato di un vicolo, che sistema sulla parete di una cucina, che mette in piedi per fartele d’improvviso incontrare, appena svolti l’an-golo.Ciascun riflesso di questa sua opera labo-riosa è una verità ottica in cui l’artista fa inciampare lo sguardo per poi ripartire alla volta di nuove mappe immaginifiche.Ad orientare tutte le possibili e impossibili rotte un Genio, un’ombra - faro di conoscen-za. L’opera realizzata dall’artista ha trovato naturale e straordinaria collocazione appena svoltato il braccio del Moricone. Un ponte ideale, lanciato da un genio civile, che indi-rizza riflessioni e suggestioni a partire dal divieto a smettere di meravigliarsi, almeno fino all’ultima installazione.

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Da qualche giorno osservava i suoi pensieri privi di spessore

e senza contenutogirotondolava

intorno al mondo e alla terra perchè

tutto era giù per terra

Con il secondo intervento, posto in contigui-tà spaziale con la precedente installazione, Carlo De Meo ha riportato lo sguardo giù per terra, dove la visione si abbassa e l’ombra mutevole si aggrappa alla materia. In maniera analoga al mito della Caverna di Platone l’ombra ha preso carattere di radice, divenendo appiglio necessario ad un proces-so di conoscenza in relazione all’universo-mondo. La ricontestualizzazione di oggetti di uso quotidiano denota la profonda maestria dell’artista nello scomporre e ricomporre la realtà in una danza alchemica in cui un gioco semplice, uno di quelli che si impara da bam-bini, il girotondo ha assunto le forme di una partitura sopra e sotto cui cogliere fiori blu, rossi, gialli.

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di Carlo De MeoTUTTO GIÙ PER TERRA

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di Già Piacentini(in collaborazione con Antonio Rosato)

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TUTTI BENINI e SOGNO DI SOGNO

Fin dal primo intervento, Gianni Piacentini è stato chiaro e preciso nel ricordare ai visita-tori che stavano entrando in una dimensione altra, onirica e immaginifica.Varcata la soglia dell’arco, unico ingresso al borgo, uno striscione dalla doppia faccia, ha scandito l’inizio del sogno e il risveglio del visitatore, augurando “Buongiorno ai suona-tori” per chi usciva e “Buonanotte dai so-gnatori” per chi entrava. Ai sognatori sono stati dedicati gli altri due interventi successivi: Tutti Benini e Sogno di sogno, due lavori di figurazione che si sono inseriti nel percorso espositivo con delicata forza rappresentativa. Due opere che sono scaturite dall’atto del collezionare, racco-gliere frammenti di sogno nel quotidiano e rimodularne il significato.Così Sogno di sogno è una sorta di fumetto disegnato raccogliendo libri le cui coperti-ne raffigurano volti dormienti, mentre Tutti Benini, attingendo a piene mani dalla tradi-zione sacra del presepe, ne deduce uno dei classici personaggi: il contadino dormiente, il Benino, appunto, che nell’opera di Gianni si clona all’infinito, assumendo in sogno la re-sponsabilità della narrazione. Ecco che Gian-ni ha messo tutti a dormire, e in queste due azioni poetiche di raccolta e catalogazione, ha lasciato che i sogni si moltiplicassero, uno dentro l’altro, proprio come nella mente dei dormienti.

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di Già Piacentini

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SMORFEO

Il fare di Già Piacentini all’interno del Festival si è contraddistinto per il suo carattere ludi-co e coinvolgente. Gli interventi disseminati come “Freccia” e “In attesa del germoglio” hanno prodotto in vari modi confusione e sorpresa. I materiali utilizzati hanno veicolato un’este-tica del quotidiano, fatta di oggetti semplici come un bastone da passeggio, una matita da carpentiere, le tante mattonelle e gli al-trettanti piatti da cucina, tutti rigorosamen-te diversi, che si sono ricontestualizzati in un nuovo utilizzo.L’artista ha giocato sullo spiazzamento ge-nerato tra quanto già presente e quanto ha installato per l’evento. Per “Smorfeo”, il nostro pifferaio magico, seguito da bambini e carriole, è andato stimolando fantasie da amanuense e assecondando coloro i quali desideravano partecipare alla creazione di nuovi circuiti numerici e nuovi percorsi to-ponomastici.I numeri civici contraddicevano la regola e, applicati in modo apparentemente scriteria-to, ad esempio in prossimità di muri ciechi o aree non consone o ad altezza insensata, hanno dato vita ad un gioco di società su scala urbana.

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di Giulia LeddaCANTOMANZIE

Poteva capitarti “il Sole” ma anche “la Mor-te”, “il Diavolo” ma anche “il Matto”, oppure potevi sfilare casualmente da quel mazzo di carte un’immagine, un segno, una storia in cui potevi riconoscerti o perderti per una manciata di minuti o, ancor di più, per la not-te intera.Di fronte a te avevi un’artista che con le sue 22 carte, corrispondenti agli arcani maggiori dei Tarocchi, ti faceva sollevare subito i piedi da terra per invitarti a giocare con parti di te nascoste, addormentate o semplicemen-te dimenticate. Un gioco “a carte scoperte” per investigare la percezione individuale nella varietà dei ruoli che via via potevano mate-rializzarsi nell’immagine che in quel momen-to avevi pescato e che, una volta svelata ti apparteneva e rappresentava.Giulia Ledda ha messo sul carro delle sue “Cantomanzie” una canzone ricamata, un testo teatrale o un frammento poetico, la traccia di qualcuno che prima che tu passas-si aveva già incrociato il tuo cammino.

Le carte utilizzate sono frutto di un lavoro di ri-elaborazione originale ad opera dell’artista Ceci-lia Viganò. Le composizioni di musica elettronica sono state appositamente scritte da Fabrizio Fri-san. Erasmo Treglia ha aggiunto piccoli strumenti musicali ad alcune canzoni interpretate da Giulia.

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MARCO, l’istallazione che Valeria Crociata ha realizzato, coadiuvata nel lavoro da ma-estri artigiani del luogo, è una rivisitazione immaginifica delle tradizionali luminarie che addobbano le strade nei giorni di festa. Par-tendo dall’intenzione di lavorare sulle for-me derivanti dai possibili giochi della luce, l’artista ha costruito un originale disegno di lampadine in grado di riassumere da solo il senso di una strada in festa. La figura realizzata andava a incorniciare l’in-cantevole veduta che si affaccia su piazza Maggiore delimitando una porzione di cielo da cui faceva capolino il morbido profilo del-la montagna. Da questa visione lo sguardo si allargava fino ad abbracciare l’orizzonte tutto. Diverse le chiavi di lettura che si celavano e dischiudevano simultaneamente nel gioco linguistico adoperato nel titolo. Una persona come tante, o forse qualcuno speciale che viene sorpreso in un gesto di entusiasmo, in un attimo di meraviglia quando, svoltato l’an-golo, appare quel “m’arco” luminoso che im-mediatamente “marca” un territorio di festa.

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di Valeria CrociataMARCO

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di Cecilia Viganò

IMPROVVISAZIONE DI SEGNODisegno su lavagna luminosa

La ricerca artistica di Cecilia Viganò è ca-leidoscopica così come la sua personalità. Il suo è un universo sfaccettato da cui sal-pare verso molteplici approdi. Fra questi, il disegno rappresenta senza dubbio fil rouge, suo mezzo di parola e di espressione privi-legiato.Durante le serate del Festival Cecilia Viganò ha dato vita e ha fatto muovere nella realtà fili, ricami, ampolle leggere e liquidi colorati. Su di un tavolino alchemico, tracce luminose e iridescenti si sono travestite da “stellieri” e alberi.Lo stupore generato dalla performance è stato dettato dall’imprevedibilità dell’im-provvisazione, consentendo all’artista di ac-cendere storie visive e visionarie, dissolven-ze dove ogni elemento incrocia e abbraccia l’altro. Nelle proiezioni oniriche sono nati “di segni” sempre nuovi che hanno dialogato con la naturale propensione di Maranola a condividere storie.

Seminaria sogninterra è famiglia, è storie da rac-contare e portare fuori, pietre che riparano dal sole, persone-porta che ti invitano ad entrare; è un punto di vista privilegiato.Cecilia Viganò

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Poi accadde un piccolo miracolo. Così si può sicuramente definire la scelta dei marano-lesi di acquisire e lasciare definitivamente sospesa sotto un arco del centro storico Apocrypha, l’opera realizzata da Christian Ghisellini.È una Madonna del Latte, incisa e dipinta su una composizione di mattonelle bianche, che si aggiunge alle sue consorelle raccolte nella cripta della Chiesa di San Luca. Ma Apo-crypha è soprattutto un’opera che riempie il vuoto perché si fonde appieno con lo spazio scelto, come se quelle pietre, fino ad allora anonime, la stessero aspettando. E lei, chia-mando a sé l’artista, si è fatta portare tratto dopo tratto, incisione dopo incisione, rivolo di colore su altri colori, fin sotto quella volta di calce povera del Moricone.E Ghisellini, che ha scelto di utilizzare per la sua pittura su ceramica una rivisitazione mo-derna dell’azulejo, ha riempito di azzurro in-finito il suo velo, i suoi occhi, il Bambino che tiene in braccio e il seno che allattandolo, permette di alimentare l’illusione di continui-tà con una storia più antica, di appartenenza a un luogo già da Lei abitato, di un ritorno a casa, tra la sua gente di sempre.

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di Christian GhiselliniAPOCRYPHA

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Quanto dura un segno fatto con l’acqua sull’asfalto? Ha la durata di un sogno: pochi minuti. Eppure, anche segni inafferrabili, che non presumono significati altri da sé, sparsi e vaganti, a prima vista indefinibili, sono ca-paci di lasciare tracce indelebili nell’immagi-nario di chi osserva. Carlo Steiner si aggira per i vicoli di Maranola innaffiando ciò che mai fiorirà: muri, pietre, cemento. Armato dei suoi annaffiatoi, usati come fossero pennelli, ha lasciato tracce in dissolvenza in tutto il borgo durante i gior-ni e le sere del festival; ha contrassegnato muri e pavimentazioni con la costanza e la spavalderia di un graffitaro, con segni osti-natamente uguali a se stessi, a delineare i confini invisibili di un territorio in cui l’arte e la sua immagine si confondono. Questa azione quasi rituale, surreale e rit-mica, dalla struttura aperta, con la cadenza di un mantra, ci ha portati a riflettere sulla responsabilità e sull’autonomia dell’artista e dell’opera d’arte. La questione della smaterializzazione dell’og-getto artistico e della sua presunta oggetti-vità, viene affrontata da Carlo con leggerez-za e ironia, spiazzando l’osservatore. Non simulacro, ma segno racchiuso in un gesto archetipico, l’opera di Steiner si innesta nella mente e pone domande, invita ad andare ol-tre le apparenze, inventarle e chiarirle.

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di Carlo SteinerMARIMANE?

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Nell’ora del silenzio ci sono parole che ar-rivano inaspettate per chiudere o aprire i nostri cassetti della memoria. Basta un’eco semantica per far riaffiorare un ricordo, ri-masto magari incastrato, dietro una porta sbilenca. Nel lavoro di Daniele Spanò è stata proprio lei, la memoria e nessun altro, a vestire i panni della protagonista. Ha prima serrato e poi attraversato la scena dando nuove ragioni alla presenza e all’as-senza di coloro che la incontravano in una parete di legni basculanti.A darle voce è stato il video proiettato su un grande e alto muro di porte, originale stru-mento per raccontare una porzione in rovina di storie. Il carattere umanizzante dell’oggetto “re-perto” è lo sfondo su cui appaiono i volti degli abitanti che risiedono nel paese e che sembra conducano per mano, attraverso una “soglia” che permette di andare aldilà di quel muro di legni cigolanti.

L’istallazione è un omaggio all’opera di Rodolfo Fiorenza. “La prima mossa che il visitatore deve fare è desiderare – scegliere – di aprire la porta. Se la porta rimane chiusa non succede niente. Un po’ come la fotografia, che vive solo se c’è qual-cuno che la guarda.”

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di Daniele SpanòL’ORA DEL SILENZIO

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di Chiara MuCINEMA ALL’APERTO

Metti una sera, anzi tre, d’estate, in cui è piacevole sedersi sul terrazzo e fare due chiacchiere con i vicini di casa a parlar di chi guarda e passa. In molti paesi questa è una consuetudine, il sipario del “Cinema all’aperto” non si abbas-sa mai.Ribaltando l’ottica prospettica del mormo-rio che non può essere udito, Chiara Mu ha “spiazzato” tutti e ha invertito con legge-rezza le buone maniere del vivere sociale. La provocazione è stata la magia di trasformare un piccolo slargo in una grande piazza in cui confabulare a tutte le età.Lo sguardo giudicante, privo di parole, è di-ventato un commento ironico ed innocente, perchè espresso ad alta voce dall’infanzia. Ad essere affacciati per godersi lo spetta-colo sgranocchiando pop corn, muniti di oc-chialetti 3D erano infatti i bambini che, sem-pre seguiti dall’artista, si sono sentiti liberi di esprimersi con sincerità. A loro solo è stato concesso commentare e canzonare chiunque abbia percorso i sogninterra di Seminaria.

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di Carlo De Meo e Daniele SpanòIERI HO VISTO LA LUNA

Può accadere in un contesto come Seminaria, dove nella settimana precedente all’evento si vive tutti insieme, in un continuo confron-to e scambio di idee tra artisti, curatori e tecnici, che nascano in modo spontaneo col-laborazioni impreviste, che portano a modi-ficare in corso d’opera i progetti artistici o a farne nascere di nuovi.È accaduto così che due artisti residenti, già presenti alla prima edizione del Festival, si siano riconosciuti in un luogo, in esso si siano incontrati nel momento in cui la luna passava di là, e dall’incontro sia nato l’inaspettato: un uomo lunatico che perde la testa nello e per lo spazio. È proprio questo il senso più profondo dell’installazione site-specific, le-gata indissolubilmente al luogo che l’ha ispi-rata: l’incontro tra l’uomo e lo spazio, dove l’uno s’interseca con l’altro, in una dimensio-ne nuova e leggera dell’abitare.Così Carlo De Meo e Daniele Spanò hanno dato forma a Ieri ho visto la luna, un’idea realizzata a quattro mani, nata dalla condi-visione di una visione in cui, seppure diversi elementi possano evidentemente essere ri-conducili alla poetica di Carlo o di Daniele, non c’è soluzione di continuità che possa far capire dove inizia il lavoro di uno e dove fini-sce quello dell’altro.

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Simone Lucciola è un punk-rocker, illustrato-re, autore e fondatore con Rocco Lombardi della Graphic Novel dedicata a Dino Campa-na e del marchio Lamette Comics. Le sto-rie nascono dal desiderio di raccontare quei sogni che troppo spesso si sono consumati, nel sud pontino e prima di infrangersi hanno regalato molto, e molto continuano a rega-lare attraverso la sensibilità di chi le guarda senza pregiudizi.Le tavole realizzate per Seminaria sogninter-ra sono tutte dedicate a Formia e ad alcuni dei suoi personaggi più mitologici. Nello specifico quattro si ispirano alla figura di Italo De Simone, sognatore imperterrito. Un’altra tavola invece trova la sua natura-le ambientazione a Castellone, quartiere di Formia in cui l’illustratore ha trascorso in-fanzia ed adolescenza. Queste, descrivono in maniera beffarda certe dinamiche che “in provincia” in fondo son sempre le stesse. L’ultima tavola, dedicata all’altro simbolo della città, la torre di Mola, chiude con una speranza, quella che ritorni presto a com’era prima del restauro.

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di Simone LucciolaAMARCORD

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La scelta di invitare Marina Girardi e Rocco Lombardi è stata dettata dal desiderio di dar voce ad un linguaggio espressivo, quello dell’illustrazione, e attraverso di esso assor-bire, raccontare e cantare le storie di un in-tero territorio. I due artisti hanno allestito una vera e pro-pria ambientazione scenica in cui tutto con-correva alla resa dell’esperienza estetica.Ne è nata una doppia personale che narrava “di uomini e animali che sono rimasti sen-za tana perché le loro tane sono state ap-picciate, incendiate da mano dolosa. E cosa possono fare se non vagare spaesati in una terra che non riconoscono più perché è sta-ta trasformata, sconvolta, devastata?”.Come il cinghiale che dalle montagne ha do-vuto attraversare boschi e città per arriva-re fino al mare così i due artisti sono andati in cerca di storie da salvare e tramandare a loro volta. Quella che hanno presentato è una natura che resiste nelle ciocie dei pa-stori e nell’ostinato viaggio delle mucche per abbeverarsi, e che nel piccolo borgo di Mara-nola è divenuta polline da cui ricavare nettari disegnati.

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di Marina Girardi e Rocco Lombardi

TANE APPICCIATEStorie di spaesamento locale

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Questi due artisti hanno sviluppato un pro-getto che a partire dalla ricostruzione e reinterpretazione di macchinari pensati per indurre il soggetto all’esperienza visionaria, ha trasformato una torre del borgo medie-vale in stanza magica, porta alchemica che ha aperto il golfo della notte a degli “altro-ve”. Dall’incanto delle vie cunicolari e attra-versando un giardino che già strappava al tempo, si accedeva infatti alla casucola che custodiva, come una matrioska, delle piccole torrette lampeggianti e delle cuffie. Là, ca-lati in un bagno di suono, ci si esponeva al fuoco onirico di dreamachines.Ideata a inizio anni ‘60 da B. Gysin, W. Bur-roughs e Ian Sommerville, semplice cilindro forato messo in rotazione intorno a una lam-padina da un giradischi, la lampeggiante dre-amachine può interferire con alcuni dei ritmi cerebrali di chi vi si accosti ad occhi chiusi aprendo la mente ad un caleidoscopico mon-do di colori.Per questa installazione l’ambiente immersi-vo definito dalla traccia audio ha ampliato lo spettro dell’esperienza visionaria coordi-nando principi di psicoacustica (come l’uso dei binaural beats) con la ricerca estetica. L’abbaglio sonoro, grazie ad una differenza di segnale tra canale destro e sinistro delle cuffie, ha disegnato così un ulteriore tram-polino al sogno. Dai vicoli del borgo e dalle mura, lanciarsi in volo.

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LIGHT AND SOUND MACHINES (DREAMACHINES E RITMI BINAURALI)

di Luca De Siena e Luca Tedesco

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In quello che a buon diritto è considerato il più suggestivo fra i giardini di Maranola per la presenza dell’imponente torre medievale e per l’affaccio naturale sul Golfo di Gaeta, Cecilia Viganò ha realizzato il suo secondo intervento come artista residente.Cogliendo a pieno il desiderio inscritto nelle finalità del progetto l’artista ha rintracciato il percorso fatto dai tanti semi lanciati per aria durante la scorsa edizione del Festival. È una costellazione di pomi quella che è germinata nel flusso del vissuto. Le storie invece sono quelle di un presepe in cui para-frasando Pavese non si può essere soli. Nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di nostro, che anche quando non ci siamo resta lì, ad aspettarci.Maranola non è solo uno spazio geografico, è un incrocio metafisico in cui si incontrano raccontatori di storie e gente venuta appo-sta a cambiare rotta.

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di Cecilia ViganòAVANTI e SPALLIERA

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L’installazione di Quiet Ensemble si è nutrita di sogni bellissimi ed incubi terrificanti. Li ha raccontati mostrandone solo ciò che è puramente emozionale: i sospiri e le pause. I movimenti incontrollati come le azioni au-tomatiche sono divenute veicolo di una de-scrizione tutta fisica, gestuale e prossemi-ca, mentre l’assenza delle parole lasciava trasparire una riflessione sull’intraducibilità della vita onirica. Il lavoro realizzato abbracciava opposti che convivono. Dall’allestimento, una proiezione su un letto di antica foggia disposto nel bel mezzo di un giardino, alla scrittura del sogno, tutto senza che fossero dette parole. Sono impor-tanti? Indubbiamente. E se a parlare fosse l’anima, la parte più a nudo? Cosa si potrebbe ascoltare, compren-dere dell’altro, o di noi stessi, osservando ciò a cui non si presta attenzione?

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di Quiet EnsembleTHE UNSPOKEN

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L’istallazione realizzata da Serena Piccinini con i bambini di Maranola è nata in occasione del laboratorio a fumetti curato dall’Associa-zione AMANDA. A sorprendere e stimolare la curiosità dell’ar-tista e delle operatrici è stato scoprire come ad una certa età, e certe latitudini, la fasci-nazione abbia spesso le sembianze di una balena. La balena è quella bianca di Melville, quel-la che ha ospitato prima Geppetto e poi Pinocchio nel viaggio per diventare e ritor-nare bambini, ma è anche Gaeta, sospesa lì all’orizzonte, oltre il mare. È così che i bambini hanno lanciato in aria una grande moltitudine di balene bianche origami che dopo tanto peregrinare si sono fermate proprio dove lo scorso anno avevano trova-to casa le lumache di Serena Piccinini.

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Serena Piccinini

MARCONDÌ E I BAMBINI DI MARANOLA

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“...era la corsa verso il fuori, unico sbocco del paese sul giardino diroccato che simulava la

campagna aperta. Il buio e poi l’uscita, le rincorse, i giochi selvaggi, frecce con raggi d’ombrelli e le punte con tappi

di bottiglia appiattiti...”

Un luogo celato allo sguardo dove abita il ricordo. Delimitato da una porta, al cui esterno si sono udite grida apparentemente drammatiche, un tunnel, valico dimensionale che congelava un istante di quaranta anni addietro.Cinque paia di scarpine da bambino che il tempo ha logorato e arrestato nel momen-to in cui la corsa sfrenata aveva già avuto inizio. L’uscita aveva i contorni sfocati dalla luce delle lanterne, come a rendere inacces-sibile la campagna e la libertà di allora.L’istallazione di Chiara Mu è una dedica all’in-fanzia dei maranolesi, unici referenti del pro-cesso creativo. Così costoro hanno avuto la possibilità di rivivere i giochi sfrenati e le corse a perdifiato d’un tempo in uno spazio già fortemente caratterizzato, ma chiuso da oltre dieci anni. La narrazione consegna la memoria storica all’artista che l’ha rielabo-rata restituendone infinite da rivivere, dal di dentro.

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di Chiara MuLA VIA D’USCITA

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Three Minutes Ago è il progetto di arte per-formativa e visuale di Nicoletta Grasso, la quale, messo da parte il suo ruolo di attrice e performer, praticato su palchi importanti all’interno di compagnie come Societas Raf-faello Sanzio, Odin Teatret e Teatro Potlach, nel 2011 ha spostato la sua attenzione dal corpo, inteso nella sua comunicazione non verbale, alla costruzione della scena e dell’ambiente nelle sue infinite possibilità.Così, per Seminaria sogninterra, Nicoletta Grasso ha scelto di intervenire in un giardino di 200 metri quadri, mettendo in scena un paesaggio onirico, quasi lunare, e offrire il corpo della terra all’esperienza del visitato-re, chiamato a confrontarsi con una natura magica e mistica nella sua trascendente im-perturbabilità. L’artista ha operato una su-blimazione dello spazio attraverso pochi ed essenziali elementi: la luce, il suono e la neb-bia. La luce quasi soprannaturale che pro-veniva dalle viscere della terra; il suono che avvolgeva lo spazio con bassi cupi e tormen-tati; la nebbia che sfumava tutti i contorni e disorientava il visitatore.

“A volte rimaniamo sospesi, bloccati tra ciò che veramente desideriamo e ciò che non possiamo. Rimaniamo fermi in quell’attimo nebbioso nel qua-le riusciamo a vedere la luce ma anche l’ombra”. Nicoletta Grasso

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di Three Minutes AgoLET THE RUST COME IN

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Una delle passioni di Marco Di Giovanni è “murare” le persone, ma non è una pratica di spietato sadismo, nonostante la stazza dell’artista possa incutere timore. Piuttosto, le persone da lui rinchiuse nelle sue scultu-re, cisterne o ambienti, sono i “materiali” di alcune sue opere. Figure ammalianti e sen-suali possono essere osservate e possono a loro volta osservare, attraverso spioncini che mettono in dialogo il dentro e il fuori, capovolgendo la visione.Così per Seminaria sogninterra, ispirato dai racconti di streghe e miti del territorio, Mar-co ha rinchiuso tre belle Janare nella stes-sa cantina che nell’edizione precedente era stata destinata alla Janara graffiata sul muro di Christian Ghisellini (tra l’altro, caro amico di Marco).Visioni delicate e sensibili hanno ammaliato e turbato il pubblico, non più sicuro di cosa fosse reale e cosa no. Come sempre, infatti, il lavoro di Marco ha minato, attraverso i suoi dispositivi, le nostre certezze sui concetti di realtà e finzione.Giocando sull’innato voyeurismo dell’osser-vatore classico, Marco ci ha proposto uno schema di fruizione diverso, attraverso uno schermo a doppia entrata, che risponde alla nostra curiosità e interagisce, facendo dell’osservatore l’oggetto e il soggetto al tempo stesso.

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di Marco Di GiovanniSENZA TITOLO

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di Serena PiccininiTEMPORALE IMMOBILE

Proprio come Italo Calvino anche Serena Piccinini è convinta che la fantasia sia un posto in cui ci piova dentro. Lo sguardo dei visitatori, concentrato sul-la variazione dinamica delle forze insite nel temporale dell’artista, si è perso dietro la potenza e la meraviglia affabulatoria di nu-vole incandescenti perché del colore del fuo-co e ancorate al cielo, così che non potesse-ro soffiare via.In una danza fluida e incessante le nuvole si sono deformate e trasformate per divenire piccole immagini delicate, pennellate di luce che si dissolvevano rapidamente per dar luo-go ad una successiva fascinazione. Lo spazio non poteva che essere relazionale, mutevole, costantemente ridisegnato dagli individui che lo hanno attraversato e che di volta in volta hanno ristabilito i criteri della sua abitabilità.

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di Pablo Mesa Capella

CARTES DE VISITEMemoria sensibile

Questo è un lavoro dal ritmo contadino che affonda la sua vanga giù nella terra resa dura dalle dimenticanze, che scava pazien-temente per tirare fuori semi e frutti nasco-sti nelle pieghe più profonde del tempo e dello spazio.L’artista ha chinato il capo e ha scovato e raccolto “carte di visita” nei mercatini di mezza Europa per poi seminarle e farle ri-germogliare lungo il solco del Moricone. Piccole fotografie come petali di una storia più grande segnata da scatti e ritratti che raccontano una visita di cortesia, un incon-tro speciale, una vacanza, un giorno di la-voro, una partenza, un abbraccio. Alcune hanno dietro qualche frase, un concime per la memoria, altre sono anonime perché qual-cun altro le raccontasse.Un gruppo di foto è stato recuperato negli album privati di undici famiglie di Maranola e in occasione dell’installazione sono state associate ad alcune registrazioni ambientali che sembrano rianimarle dalla loro apparen-te fissità. Così ogni ascolto e ogni sguardo di queste “carte di visita” diventano un neces-sario esercizio di identità che aiuta a far ri-germogliare, in un breve momento, la nostra memoria sensibile.

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San Luca è stato il primo pittore ed è lui che con le sue mani sante, dipinse per primo il velo e il volto della Madonna. Al suo lato è sempre raffigurato un toro, un vitello alato o una più terrena mucca sazia di pascolo, come quella presente nella statua proces-sionale collocata sull’altare della Chiesa che Maranola a questo santo speciale ha voluto mille anni fa dedicare.E nel costruire la sua opera, Christian Ghisel-lini ha deciso di compiere una transumanza dei segni, facendo scendere dalla chiesa ri-fugio alla strada dei giorni comuni quell’ani-male prezioso. Su una parete tavolozza di una casa alla periferia del sacro, sono stati tracciati po-chi e decisi tratti di grafite nera, attraverso spatolate vigorose e rifiniture accurate che ritraggono l’animale, privo di genere, ritto e sicuro sulle sue zampe riportandolo di nuovo accanto agli uomini e al loro quotidiano di fatica. E così anche in questo nuovo luogo, estrema propaggine del rito, il santo riesce a portare protezione per mandrie, greggi, don-ne, uomini e tutti quelli che lì sono passati e ora per tutti gli altri che verranno.

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di Christian GhiselliniI’LL SAY SHE IS

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Nella casa varco che apre all’uscita Carlo De Meo ha posto l’ultima delle sue e nostre bu-gie. Nell’installazione, la presenza/assenza dell’ombra si percepiva ancor prima di volge-re lo sguardo al suo cospetto. Era voltandosi che ci si accorgeva di un uomo disteso, assorto nel suo universo, scisso dal-la materialità delle cose, ma di esse intima-mente composto. Oggetti di uso abituale come un tavolo da cucina, matite, detersivi che possono tutto o quasi, ma tanto vale pensarci prima di salutarsi. Il contributo dell’artista al progetto è com-piuto e in esso si può immaginare un senso che sovrasta i tre singoli interventi, ma anche no. L’artista lascia al visitatore la possibilità di crederci o no, ancora una volta a questa ultima, seducente bugia. Il farsi spazio im-pone a chi osserva una ri-negoziazione delle certezze che tanto più sono evidenti quanto spesso ignorate; ciò che in fondo sembrano dirci i suoi lavori è di imparare a vedere di nuovo ciò che pensiamo essere assodato.

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di Carlo De Meo

ATTENDO, SDRAIATOSU UN TAVOLO, ATTENTO

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Isidora e i SonnambuliPERFORMANCE

Attori del laboratorio: Marco Agresti, Evelina Car-rino, Marianna Ciufo, Priscilla Ciufo, Giulia Forte, Matilde Sparagna, Domenico Versaggi PannoIsidora: Barbara Sartori

Rispettando l’intento di aprirsi a diverse espressioni artistiche, Seminaria sogninter-ra ha dato ampio spazio al teatro, quale lin-guaggio al confine labile con l’arte contem-poranea performativa. È proprio su questo confine che ha lavorato il laboratorio teatra-le durato un mese, che ha visto un gruppo di giovani attori, con la regia di Ferruccio Padu-la, mettere in scena i propri sogni, sotto le vesti di sonnambuli. Trasformati da una luce surreale, a piedi nudi e in camicie da notte, gli attori offrivano ai visitatori, all’ingresso del borgo, candidi cuscini su cui poggiare la testa ed ascoltare i loro sogni, confusi nella realtà. A precederli era Isidora, figura mitica, ae-rea e leggera, che invitava la piazza ad una fruizione libera e spassionata, pronta ad ac-cogliere lo stupore. Barbara Sartori ha così fatto proprio il testo Isidora, qui riportato in apertura del catalogo, in cui sono nascosti piccoli indizi per famelici sognatori.

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MarcondìLABORATORIO A FUMETTI

Dalla collaborazione fra AMANDA e Seminaria Sogninterra è nato il progetto “Marcondì”, diretto da Lucilla D’Anella e Marianna Fazzi e realizzato con l’artista Serena Piccinini e il contributo scientifico di Kanjano.Attraverso il fumetto, espressione visiva lea-le all’utopia, la parola l’hanno presa i bambini di Maranola che durante il laboratorio hanno esperito la dimensione ludica del “tutti giù per terra” a veder le nuvole e giocare con le forme buffe che queste assumono su quel-lo schermo magico chiamato cielo, proprio come i balloons dei fumetti. Dichiaratamente ispirato a “Girotondo”, il meraviglioso canto tragico in cui Fabrizio De Andrè risponde invano alle domande cui i bambini non sanno proprio trovare senso. Alla domanda “sul mare e sulla terra chi ci salverà?” la risposta sia si “Ci salverà il sol-dato che non la vorrà / ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà”; un soldato che esi-ste solo nel momento in cui ritroviamo tutti la forza di immaginarlo reale, possibile. Il gioco, “ça va sans dire”, è una sensazione dell’anima, un modo di essere diversi, migliori.

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Impressioni di viaggio, l’istallazione fotogra-fica di Claudia Col, ha messo in mostra una serie di fotografie in bianco e nero realizzate analogicamente, testi, corde, legni. L’opera racconta l’esperienza dell’attraver-sare sostando, e congela l’attimo, esperito eppure già perduto, Il dettaglio rivela una poetica nostalgica ma legata all’intima es-senza, alla dimensione dell’eterno partire e dei ritorni insperati in terre sconosciute, per-corse da passi antichi. È il viaggio ideale di Odisseo il cui ritorno in-contra sempre un nuovo cammino. I linguaggi differenti si armonizzano crean-do una serie di rinvii di senso, dalle corde, agli scatti, alle poesie che giacevano accar-tocciate sul pavimento per essere raccolte come un cimelio dal visitatore.

In occasione della manifestazione è stata allestita la mostra fotografica Mostra ME-MORIE CONTEMPORARY FESTIVAL di street art dedicata alla prima edizione dell’omoni-mo Festival di Urban Art svoltosi a Gaeta da aprile a giugno 2012. Le fotografie di Filip-poni, Fiengo e Sebastiani raccontavano il la-voro di artisti come Escif, Agostino Iacurci, Sbagliato, Sten + Lex, Teresa Orazio, C215 e Alice Pasquini.

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Impressioni in Viaggio / Memorie UrbaneFOTOGRAFIA

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I musicisti invitati ad animare il tempo del-le considerazioni e dei commenti sono stati scelti con l’intenzione di regalare differenti tipologie di intrattenimento. La location dei concerti è stata il palcoscenico naturale del-la Torre Caetani. Qui è approdato il progetto di Fabio Bonelli, in arte Musica da Cucina, che dal 2007 por-ta in giro per il mondo i suoni della cucina, accompagnati da chitarra, clarinetto e fisar-monica. Il trait d’union dei momenti musicali è stata la sperimentazione sonora che contraddi-stingue il lavoro degli artisti che si sono suc-ceduti. Se l’oggetto di tale sperimentazione è stata per Musica da Cucina la manipola-zione di oggetti di uso casalingo, con Luca De Siena e Alessandro Signore ha assunto le forme sciamaniche della contaminazione elettronica. Le domande alla base della ricerca e della poetica di Luca De Siena riguardano il rap-porto fra tradizione ed innovazione, la fun-zionalità dell’arte e la ritualità nella società moderna. Le musicalità di Alessandro Signo-re sono invece influenzate dalle avanguardie visionarie di Autechre, della techno di De-troit in Underground Resistance e Jeff Mills. Una dissolvenza leggera infine il DJ set Funk Pope (Sweat Drops) a cura de La Situazione.

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Musica da Cucina / Luca De Siena + Ales-sandro Signore / DJ set Funk Pope (Sweat Drops)

MUSICA

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Laboratorio teatrale Istrio – La scuola dei me-stieriAttori: Monica Costigliola, Maria De Meo, Barbara Sartori, Ferruccio Padula Scenografia e scenotecnica a cura dell’ensembleCostumi: Barbara Villa Luci e fonica: Gianni Simione Drammaturgia, suoni e regia: Ferruccio Padula

A chiudere i tre giorni del festival, Semina-ria sogninterra ha scelto la rappresentazione teatrale di un grande sogno.Al centro della scena un grande letto, dove Miguel de Cervantes Saavedra si affanna sulle ultime pagine del suo romanzo: “El ingegnoso Hidalgo Don Quijotte de la Man-cha”. Nell’arsura della febbre, lo scrittore si sovrappone al personaggio, ne condivide l’unicità e la follia; don Quijotte diventa la penna con cui combatte le sue immaginarie battaglie, contro la delusione per la sua ter-ra, avviata ad una decadenza storica, dove la follia è la chiave per sfuggire alla delusione degli uomini, che vedono svanire nella real-tà l’immaginazione e la possibilità di identi-ficarsi con essa. Ma il diaframma fra sogno e follia è sottile, e gli ultimi granelli scivolano inesorabili nella clessidra del tempo; giunto alla fine del manoscritto lo consegna al futu-ro lettore, consapevole che la figura del suo Cavaliere contiene la forza di un sogno.

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Don Alonso Quijano detto il BuonoTEATRO

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CREDITS FOTOGRAFICI

Andrea De Meo: Pagg. 8, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 25, 28, 29, 30, 31, 32, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 45, 46, 47, 49, 50, 51, 54, 55, 56, 57, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, 70, 72, 73, 74

Luigi Vaccaro: Pagg. 11, 17, 25, 69

Maria Zanardi: Pagg. 14, 24, 27, 31, 34, 36, 39, 44, 50, 52, 53, 61, 71, 73

Sono presenti foto di Anna Fusacchia, Christian Ghisellini, Mimmo Indolfi, Rocco Lombardi, Cecilia Viganò

Foto di copertina: Cecilia Viganò

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Finito di stampare nel mese di luglio 2013dalla Graficart - Formia

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Finito di stampare nel mese di luglio 2013dalla Graficart - Formia

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