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N° SENT
N° RGAC
N° CRON
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Roma – Sezione Specializzata Tribunale delle Imprese Terza -
Sezione Civile, composto da
dott. Francesco Mannino Presidente
dott. Stefano Cardinali Giudice
dott. Francesco Remo Scerrato Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado, iscritta al n° 3711, Ruolo Generale per gli affari
contenziosi dell’anno 2013, trattenuta in decisione all’udienza del 23 febbraio 2015 e
vertente
TRA
FALLIMENTO PULITES SRL (Fall. n° 170/05), in persona del curatore,
elettivamente domiciliato a Roma, via Cola di Rienzo n° 28, presso lo studio
dell’avv.to Federico Monni, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale
in calce all’atto di citazione,
ATTORE
E
SORAGNI Enrico, elettivamente domiciliato a Roma, viale Angelico n° 12, presso lo
studio dell’avv.to Tommaso Marvasi e dell’avv.to Irene Badaracco, che lo
rappresentano e difendono, anche disgiuntamente, in forza di procura speciale a
margine della comparsa di risposta,
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E
SCHIRRIPA Antonella, elettivamente domiciliata a Roma, viale delle Milizie n° 34,
presso lo studio dell’avv.to Rocco Agostino, da cui è rappresentata e difesa in forza di
procura speciale a margine della comparsa di risposta,
CONVENUTI
OGGETTO: risarcimento danni.
CONCLUSIONI:
per parte attrice (atto di citazione): “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, ogni
avversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, condannare: A) Soragni Enrico al
risarcimento dei danni causati alla Pulites s.r.l. ed ai suoi creditori sociali, in misura
corrispondente al valore delle somme distratte ed al valore dell’azienda sottratta, pari
a complessivi 810.422,68 euro, per i motivi tutti di cui in narrativa del presente atto, o
in quella diversa -maggiore o minore- che dovesse essere accertata in corso di causa.
In caso di contestazione o comunque di impossibilità di esatta quantificazione del
danno nella misura di cui sopra, nella diversa misura pari alla differenza fra attivo e
passivo fallimentare così come risultante dalle relazioni del Curatore fallimentare,
ovvero euro 1.238.013,03 (1.288.756,85 – 50.743,82); in estremo subordine nella
misura ritenuta di giustizia ex art.1226 c.c.; B) Schirripa Antonella al risarcimento di
tutti i danni causati alla Pulites s.r.l. come sopra determinati, in solido con Soragni
Enrico, ex art.2055 c.c., per i motivi di cui in narrativa del presente atto. In entrambi i
casi (A e B) oltre rivalutazione monetaria dalla data di effettuazione delle singole
condotte determinanti il danno ed interessi compensativi, quale lucro cessante, con la
medesima decorrenza, per la ritardata reintegrazione patrimoniale. Con vittoria delle
spese di lite oltre accessori”;
per il convenuto Soragni (memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c.): “Voglia l’Ill.mo
Tribunale di Roma, contrariis reiectis, rigettare tutte le domande proposte dal
Fallimento della Pulites S.r.l. nei confronti del Sig. Enrico Soragni, in quanto
improcedibili, inammissibili e, comunque, del tutto infondate e dichiarando prescritto
il risarcimento del danno. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio,
compreso I.V.A., C.P.A. e rimborso forfettario come per legge”;
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per la convenuta Schirripa (memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c.): “Voglia l’Ill.mo
Tribunale di Roma, contrariis reiectis, rigettare tutte le domande proposte dal
Fallimento della Pulites S.r.l. nei confronti della sig.ra Antonella Schirripa, perché
prescritte, inammissibili e, comunque, infondate in fatto e in dritto. Con vittoria di
spese, competenze ed onorari di giudizio”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, ritualmente notificato ai convenuti Soragni Enrico e
Schirripa Antonella, l’attore Fallimento Pulites Srl (Fall, n° 170/05), premesso che la
società era stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Roma del 16 febbraio
2005, allegava che, in base agli accertamenti svolti dalla curatela fallimentare e dalla
locale Procura della Repubblica, era stato richiesto il rinvio a giudizio dei convenuti
per i reati di cui agli articoli 110 c.p., 216 primo comma n.1 e 2 l.f.., 216 terzo comma
l.f. e 219 l.f., perché in concorso tra loro, il Soragni quale amministratore unico della
Pulites Srl dichiarata fallita dal Tribunale di Roma, la Schirripa quale amministratore
della Ecologia & Ambiente Srl: A) aveva distratto somme pari a 727.373,68 euro,
destinate in parte al pagamento preferenziale di alcuni creditori a danno di altri; B)
avevano sottratto l’azienda, compreso il valore relativo all’avviamento, e tutte le
attrezzature e le stigliature del valore di 83.049,00 euro, mediante costituzione di una
nuova società (Ecologia & Ambiente Srl) con identico oggetto sociale della fallita,
della quale la Schirripa aveva assunto la carica di amministratore unico ed il Soragni
quella di procuratore ad operare senza limitazioni sul conto corrente bancario ed
amministratore di fatto; C) avevano tenuto libri e le altre scritture contabili sociali in
modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli
affari; che era stata fissata udienza preliminare avanti il G.U.P. per la data del
10/1/08, con costituzione in pari data del fallimento Pulites Srl quale parte civile per
ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito delle condotte illecite degli odierni
convenuti; che in data 30/1/08, su richiesta degli imputati, il GIP aveva emesso
sentenza su richiesta delle parti ex artt. 444 e ss c.p.p. con applicazione della pena di
anni due di reclusione per entrambi gli imputati e contestuale sospensione della pena
per la seconda e condanna in solido degli imputati alle spese sostenute dalla parte
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civile liquidate in 700,00 euro oltre iva e cpa; che era interesse del Fallimento
proseguire in sede civile l’azione, già avanzata in sede penale mediante appunto la
costituzione di parte civile, per il risarcimento dei danni sofferti, il tutto come meglio
indicato in citazione; che nel caso di specie, come risultava dalle relazioni del
Curatore e del consulente del PM, appariva indubbia la responsabilità solidale dei due
convenuti. Tanto premesso, l’attore concludeva come in epigrafe riportato.
Si costituiva in giudizio il convenuto Soragni Enrico, che concludeva come in
epigrafe riportato. Al riguardo il convenuto eccepiva la genericità delle contestazioni
avanzate dal Fallimento con conseguente nullità della citazione, la prescrizione del
diritto al risarcimento del danno vantato dal Fallimento e le carenze probatorie della
pretesa attorea, che -a dire dello stesso- era fondata solo sulla sentenza di
patteggiamento in sede penale del 30/1/08.
Si costituiva in giudizio anche la convenuta Schirripa Antonella, che
concludeva come in epigrafe riportato, sollevando sostanzialmente le medesime
eccezioni formulate dall’altro convenuto.
La causa era istruita documentalmente, essendo stata ritenuta superflua ogni
ulteriore attività istruttoria, ed all’udienza del 23/2/15 veniva trattenuta in decisione
con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali (60
giorni) e repliche (ulteriori 20 giorni): i termini ex art. 190 c.p.c. sono scaduti il
14/5/15.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In rito si osserva che la competenza a decidere appartiene alla Sezione
Specializzata Tribunale delle Imprese e quindi per l’odierna controversia (azione di
responsabilità nei confronti dell’ex amministratore) sussiste la riserva di collegialità
ex art. 50 bis, 1° comma, n° 3 c.p.c., anche per quanto riguarda la causa connessa (art.
281 nonies c.p.c.).
La domanda è in parte fondata e va accolta nei limiti di cui in motivazione.
Tenuto conto della duplicità dei convenuti e della differente domanda proposta
dalla curatela, appare opportuno esaminare distintamente le due posizioni iniziando
da quella del convenuto Soragni Enrico, già amministratore unico della Pulites Srl.
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In via preliminare si ritiene opportuno affrontare l’eccezione di nullità della
citazione sollevata dal predetto convenuto, il quale ha lamentato che l’atto
introduttivo del presente giudizio mancasse dell’esatta indicazione dei fatti e delle
ragioni poste a fondamento dell’azione di responsabilità, essendosi limitato l’attore -a
detta del convenuto- a far semplicemente riferimento agli atti del giudizio penale.
A norma dell’art.164, 4° comma, c.p.c., la citazione è nulla se è omesso ovvero
risulta assolutamente incerto il requisito stabilito al n. 3 dell’art.163 c.p.c. (oggetto
della domanda) o se manca l’esposizione dei fatti di cui al n. 4 del medesimo art.163
c.p.c. (elementi di fatto e di diritto costituenti l’oggetto della domanda).
Nel caso di specie l’attore non solo ha individuato tre addebiti contestati al
convenuto (distrazione di somme per 727.373,68 euro; sottrazione del valore di
83.049,00 euro mediante costituzione di una nuova società, ossia la Ecologia &
Ambiente Srl; irregolare tenuta dei libri e delle altre scritture contabili sociali), ma ha
anche indicato analiticamente i numerosi fatti costituenti, in base alla sua
prospettazione, la responsabilità posta in essere dal convenuto: 1) mancata consegna
della documentazione sociale della Pulites Srl e comunque l’inidoneità allo scopo di
quella consegnata; 2) mancato deposito dei bilanci sociali relativamente agli anni
2002 e 2003; 3) pagamento di alcuni creditori a danno di altri; 4) mancato pagamento
di debiti contributivi e previdenziali verso l’INPS e di debiti verso l’Erario ed in
particolare verso l’Esattoria della Provincia di Roma e Varese; 5) mancata
indicazione nell’ultimo bilancio depositato del debito verso le esattorie per
1.498.405,51 euro; 6) presentazione di dichiarazione di redditi “in bianco” per l’anno
2003; 7) distrazione di beni sociali della fallita in favore di Ecologia & Ambiente Srl;
8) pagamento di fatture per complessivi 83.665,98 euro (anni 2002 e 2003) per
probabili rapporti di sponsorizzazione; 9) prelevamento dal conto corrente intestato
alla Pulites Srl (n° 1557 presso Banca Popolare di Bergamo) di somme di denaro in
contanti, senza alcuna giustificazione causale, nel corso dell’anno 2003 per
complessivi 193.297,00 euro; 10) passaggio sistematico di risorse aziendali, anche
finanziarie, dalla Pulites Srl alla neo costituita Ecologia & Ambiente Srl; 11)
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distrazione di somme e comunque sottrazione di azienda per un valore complessivo
pari a 810.423,00 euro (727.373,68 + 83.049,00).
In conclusione parte attrice, a prescindere dalla sussistenza e rilevanza in
concreto dei predetti singoli fatti in termini di danno e quindi di risarcimento, ha
provveduto adeguatamente a soddisfare il requisito dell’allegazione dei fatti di pretesa
mala gestio, allegazione che costituisce il necessario ed imprescindibile antecedente
logico-giuridico di ogni successiva richiesta istruttoria: va ribadito invero che non si
può provare ciò che non è stato oggetto di rituale e conferente allegazione.
Infondata è anche la sollevata eccezione di prescrizione.
Al riguardo va osservato, con riferimento all’azione sociale di responsabilità,
che il Soragni è stato amministratore della Pulites Srl fino al fallimento (cfr. doc. 9 di
parte attrice: visura CCIAA da cui risulta che il convenuto è stato amministratore
unico dal 16/2/98); che, ai sensi dell’art. 2935 c.c., la prescrizione decorre dal giorno
in cui il diritto può essere fatto valere; che il termine della prescrizione è
quinquennale (art. 2949 c.c.) e che il decorso del termine è sospeso durante lo
svolgimento dell’incarico (art. 2941, n° 7, c.c.); che il fallimento è stato dichiarato il
16/2/05 (cfr. doc. 1 di parte attrice: sentenza di fallimento); che nel gennaio 2008 vi è
stata la costituzione di parte civile in sede penale da parte del Fallimento Pulites Srl
(cfr. doc. 5 di parte attrice: copia dell’atto di costituzione di parte civile per l’udienza
del 10/1/08) in relazione agli stessi fatti di causa, fonte dell’odierna domanda
risarcitoria, con conseguente interruzione del decorso della prescrizione (art. 2943
c.c.); che, ai sensi dell’art. 2945 c.c., “per effetto dell’interruzione s’inizia un nuovo
periodo di prescrizione”; che il dies a quo del nuovo termine quinquennale di
prescrizione deve individuarsi nella data in cui la sentenza di condanna diviene
irrevocabile; che, anche a voler prescindere dal valore da attribuire a questo fine alla
sentenza di patteggiamento (cfr. Cass. 25042/13), è innegabile che, pur a voler
considerare la data di pubblicazione della sentenza di patteggiamento (30 gennaio
2008) e non anche la data di irrevocabilità della stessa, non era sicuramente decorso il
nuovo termine quinquennale di prescrizione alla data di notificazione dell’atto di
citazione nei confronti del Soragni (18/1/13).
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In conclusione l’eccezione, pur ritualmente sollevata, è infondata.
Lo stesso discorso varrebbe nel caso in cui si dovesse prendere in
considerazione la prescrizione dell’azione dei creditori sociali; infatti il dies a quo del
termine quinquennale di prescrizione (art. 2949, 2° comma, c.c.) si identifica con il
momento di oggettiva percepibilità -e non anche dell’effettiva conoscenza di tale
situazione- da parte dei creditori sociali dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i
debiti, momento che, in mancanza di contrastante indicazione da parte del convenuto,
andrebbe individuato con la data del fallimento (16/2/05); per il periodo successivo
valgono le superiori considerazioni in fatto e in diritto, per cui anche da questo punto
di vista l’eccezione è infondata.
Richiamato quanto esposto in ordine all’allegata condotta di mala gestio
dell’ex amministratore Soragni, valgono le seguenti osservazioni.
In ordine alla legittimazione del Curatore all’azione di responsabilità va
rilevato che nella precedente formulazione l’art. 146, 2° comma, l.f.. prevedeva, in
maniera esaustiva e chiara stante il rinvio operato alle conferenti norme del codice
civile, che “l’azione di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci, i direttori
generali e i liquidatori, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata
dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei
creditori” ed era pacifico, anche nell’ipotesi delle Srl stante il rinvio operato (anche)
ai citati artt. 2393 e 2934 c.c. dall’art. 2487, 2° comma, c.c. (nel testo previgente alla
riforma con D.Lgs 6/03), che il curatore potesse esercitare congiuntamente entrambe
le azioni, sia quella sociale (art. 2393 c.c.) che quella spettante ai creditori sociali (art.
2394 c.c.), atteso il carattere unitario ed inscindibile dell’azione di responsabilità ex
art. 146 l.f..
Il nuovo testo dell’art. 146 l.f. invece prevede, per quanto qui di interesse, che
“sono esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il
comitato dei creditori: a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i
componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori; b) l’azione di
responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti
dall’art. 2476, comma settimo, del codice civile” (2° comma) e ci si è domandati in
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dottrina ed in giurisprudenza quale fosse la portata pratica della riforma in relazione
alle società a responsabilità limitata, come quella che qui ci occupa, e se cioè il
curatore potesse o meno continuare ad esercitare le azioni di responsabilità nei
confronti degli organi della società e, in caso affermativo, quale azione (azione
sociale e/o azione spettante ai creditori sociali) potesse di fatto esercitare.
Il dato testuale, a differenza di quello pregresso, non è di grande aiuto ed ha
dato luogo a diverse interpretazioni.
Nell’attuale quadro normativo di riferimento, ritiene ad ogni buon conto il
Collegio che al curatore spetta l’esercizio tanto dell’azione sociale di responsabilità
quanto dell’azione dei creditori sociali: sul punto appare sufficiente richiamare la
giurisprudenza della Cassazione, pienamente condivisa dal Collegio (cfr. Cass.
17121/10).
Nel caso di specie, viste le deduzioni di parte attrice, si devono ritenere
proposte indistintamente e contemporaneamente le due azioni, con la conseguenza
che la responsabilità del citato convenuto (amministratore unico nel periodo cui si
riferiscono i fatti di mala gestio) può essere accertata tanto con riferimento ai
presupposti dell’azione sociale (danno prodotto alla società da ogni illecito doloso o
colposo degli amministratori per violazione dei doveri imposti dalla legge e dall’atto
costitutivo ovvero relativi all’adempimento delle loro funzioni con la diligenza
richiesta) quanto con riferimento ai presupposti dell’azione spettante ai creditori della
società (insufficienza del patrimonio causata dall’inosservanza di obblighi relativi alla
conservazione del patrimonio stesso).
A questo punto, prima di passare all’esame delle singole contestazioni, è bene
richiamare il dato normativo di riferimento, da applicare nel caso concreto in
relazione alla fattispecie su delineata, avendo a mente la modifica legislativa
intervenuta in data 1/1/04.
Per quanto riguarda il periodo anteriore alla riforma del diritto societario, la
disciplina delle Srl era identica a quella delle Spa, per effetto del rinvio operato
dall’art. 2487 c.c. (anche) agli artt. 2392 e 2393 c.c.; quindi per le condotte
asseritamente dannose, poste in essere -in base alla prospettazione attorea- nel
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periodo ante 1/1/04 deve essere richiamato il vecchio dettato normativo di natura
sostanziale in tema di responsabilità degli amministratori.
Orbene l’art. 2392 c.c. (responsabilità verso la società) prevedeva che “gli
amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto
costitutivo con la diligenza del mandatario, e sono solidalmente responsabili verso la
società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di
attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più amministratori” (1°
comma); che “in ogni caso gli amministratori sono responsabili se non hanno vigilato
sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti
pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedire il compimento o
eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose” (2° comma) e che “la responsabilità
per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che,
essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro
delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per
iscritto al presidente del collegio sindacale” (3° comma).
Attualmente, cioè per il periodo successivo all’1/1/04, si rammenta che l’art.
2476, 1° comma, c.c. prevede che “gli amministratori sono solidalmente responsabili
verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri e ad essi imposti
dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società. Tuttavia la
responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa e,
essendo a cognizione che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constare del
proprio dissenso”.
In relazione alla responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali
l’art. 2394 c.c., a suo tempo direttamente applicabile agli amministratori di Srl per
effetto del citato art. 2487 c.c. (vecchio testo), prevedeva, per quanto qui di interesse,
che “gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli
obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale” (1° comma)
e che “l’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta
insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti” (2° comma).
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Ora l’art. 2476 c.c. prevede, al 6° comma, che “le disposizioni dei precedenti
commi non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio
o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli
amministratori”, ma non si dubita che, pur nella mancanza di un espresso riferimento
ai creditori sociali, l’art. 2394 c.c., il cui contenuto è rimasto in parte qua identico, sia
applicabile anche agli amministratori di Srl.
Mentre attualmente in tema di responsabilità degli amministratori di Srl, al pari
di quelli delle Spa, è richiesta la diligenza desumibile in relazione alla natura
dell’incarico ed alle specifiche competenze, cioè quella speciale diligenza prevista
dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista, in passato era richiesta la generica
diligenza del mandatario (art. 1710 c.c.), cioè quella tipizzata nella figura dell’uomo
medio.
Per quanto detto, nel caso di specie, vista l’epoca dei fatti addebitati, deve
essere applicata la vecchia e la nuova normativa.
E’ intuitivo che, quale che sia la normativa da applicare, nella valutazione della
diligenza usata dall’amministratore nel caso concreto è necessario operare un giudizio
ex ante e non ex post, dovendosi quindi prendere in considerazione solo quelle
circostanze, oggettive e soggettive, conosciute o conoscibili, esistenti al momento in
cui è stata tenuta quella determinata condotta, poi risultata foriera di danni per la
società.
Va poi ricordato che chi agisce per il risarcimento deve allegare e provare
l’esistenza di un danno attuale e concreto, cioè il depauperamento del patrimonio
sociale, di cui si chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto
dell’amministratore inadempiente.
Incombe viceversa sull’amministratore l’onere di dimostrare la non
imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli
addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi a lui
imposti (cfr. Cass. 22911/10).
Tanto richiamato e precisato, osserva il Collegio che, al di fuori delle ipotesi
di condotte dolosamente poste in essere a danno della società, non possono di regola
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essere considerate, come fonte di responsabilità nei confronti della società stessa e del
ceto creditorio, quelle scelte e quelle iniziative imprenditoriali o gestionali degli
organi amministrativi, quand’anche risultate in concreto economicamente poco
positive, che rientrino nell’ambito del normale esercizio della libertà imprenditoriale
e nel rischio di impresa; quindi di per sé i risultati negativi della gestione non
determinano responsabilità in capo all’organo amministrativo, in quanto le scelte
imprenditoriali presuppongono una valutazione di opportunità e di convenienza, che
attiene all’ambito della discrezionalità e come tale è sottratta al giudizio del giudice.
Viceversa questo discorso non vale nel caso di iniziative avventate,
caratterizzate, anche solo a livello di colpa, dall’omissione di quelle specifiche
cautele procedurali, di quelle verifiche e di quelle acquisizioni informative preventive
che sono imposte dalla legge o dallo statuto per quel tipo di operazione posta in
essere ovvero ancora dalla violazione dell’obbligo generale di vigilanza e/o
dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo per il
perseguimento dell’interesse sociale, il tutto nel quadro del generale obbligo di
diligenza, di cui si è detto (cfr. Cass. 3409/13).
La violazione dei su richiamati obblighi gravanti sugli amministratori -e
quindi l’accertamento dell’inadempimento da parte di costoro agli obblighi imposti
dalla legge e/o dall’atto costitutivo- costituisce presupposto necessario, ma non
sufficiente per affermare la responsabilità risarcitoria da parte degli amministratori
inadempienti; infatti anche in questo caso sono necessarie tanto la prova del danno,
ossia del deterioramento effettivo e materiale della situazione patrimoniale della
società, quanto la diretta riconducibilità causale di detto danno alla condotta omissiva
o commissiva degli amministratori stessi (cfr. Cass. Cass. 5960/05; Cass. 5876/11;
Cass. 7606/11).
A quest’ultimo riguardo è ormai pacificamente accolto in giurisprudenza (cfr.
Cass. SU 26972/08) il principio del superamento della ricostruzione della fattispecie
risarcitoria in termini di danno-evento, essendo infatti privilegiata l’opzione
ermeneutica fondata sul concetto di danno-conseguenza.
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Il riferimento al nesso causale, oltre a servire come parametro per
l’accertamento della responsabilità risarcitoria degli amministratori, è quindi rilevante
anche da un punto di vista oggettivo, in quanto consente -come regola generale- di
limitare l’entità del risarcimento all’effettiva e diretta efficienza causale
dell’inadempimento e quindi a porre a carico degli amministratori inadempienti solo
il danno direttamente riconnesso alla loro condotta omissiva o commissiva.
Orbene, richiamato quanto esposto in citazione dall’attore, si osserva che gli
atti di mala gestio consistono, in base alla prospettazione attorea (cfr. citazione, come
poi ulteriormente ribadito e precisato nella memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c.): 1) nella
distrazione di somme pari 723.373,68 euro; 2) nella sottrazione dell’azienda ed in
particolare di attrezzature e stigliature, per un valore di 83.049,00 euro; 3) nella
irregolare tenuta dei libri sociali e delle scritture contabili in modo da non rendere
possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Per quanto riguarda la contestazione in ordine alle pretese irregolarità nella
redazione dei bilanci e nella tenuta dei libri sociali e delle scritture contabili, ribadisce
il Collegio che di per sé dette irregolarità non sono fonte di danno e quindi di obbligo
risarcitorio, potendo al massimo essere l’espediente attraverso il quale si celano
specifiche operazioni o condotte di mala gestio.
In ordine alla contestazione relativa ai fatti sub 1) e 2), appare invece di tutta
evidenza la rilevanza degli stessi in termini di risarcimento danni.
Prima di tutto appare necessario fare alcune precisazioni.
Sicuramente non assume di per sé rilievo il mancato pagamento di debiti
contributivi e previdenziali verso l’INPS e di debiti verso l’Erario ed in particolare
verso l’Esattoria della Provincia di Roma e Varese; infatti si deve ritenere, in
mancanza di differente allegazione da parte dell’attore, che si trattava di debiti
esistenti a carico della società e che, a tutto concedere, l’organo amministrativo
potrebbe rispondere solo dei maggiori oneri (p.es. per interessi di mora, sanzioni,
ecc.) dovuti in caso di mancato doloso pagamento, pur nell’esistenza di disponibilità
finanziarie sufficienti per l’estinzione dei predetti debiti.
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Manca qualsiasi allegazione della curatela sul punto, per cui nessuna
responsabilità può trarsi da detti contestati mancati pagamenti.
Per quanto riguarda il preteso pagamento preferenziale in favore di alcuni
creditori a discapito di altri creditori, appare sufficiente ribadire, come da consolidata
giurisprudenza dell’Ufficio, che di per sé l’eventuale lesione della par condicio
creditorum, conseguente al pagamento preferenziale di un creditore anziché di un
altro, può dar luogo -al massimo- ad una contesa tra le posizioni soggettive
individuali dei singoli creditori, ma non anche ad un pregiudizio per la massa
creditoria considerata nel suo complesso; infatti quest’ultima mantiene la medesima
consistenza anche in caso di pagamento preferenziale, qualunque sia il creditore
beneficiato dal pagamento lesivo della par condicio tra quelli aventi diritto di
partecipare al concorso.
Fatte queste precisazioni, si evidenzia che per la curatela è necessario e
sufficiente allegare e provare che vi fossero disponibilità finanziarie e che vi siano
stati degli atti dispositivi da parte dell’organo amministrativo, il quale deve fornire la
prova dell’utilizzazione delle predette risorse per soddisfare interessi della società,
come p.es. per pagare debiti sociali o per consentire il normale funzionamento della
società.
In relazione alla contestata distrazione di somme per 727.373,68 euro (cfr.
punto A), riportato nell’elenco delle contestazioni a pag. II della citazione), la
curatela ha allegato che, benché si trattasse di somme entrate a far parte del
patrimonio sociale, tali somme erano uscite senza alcun giustificativo causale. In
particolare nella relazione del Ct del PM (cfr. doc. 3 di parte attrice: pag. 28) è dato
leggere che “ … l’amministratore e socio della società fallita, sig. Soragni Enrico, si è
appropriato in momenti diversi e comunque compresi fra l’1/1/03 ed il 18/3/04 della
somma di € 727.373,68 di proprietà della fallita in danno della massa dei creditori
…”.
Sulla base dei riscontri del Ct del PM, della relazione ex art. 33 l.f. e
dell’estratto conto bancario l’attrice ha pertanto dedotto che “ … Nessun dubbio
pertanto può sussistere in merito all’effettiva distrazione di somme pari ad euro
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727.373,68 (ovvero gli incassi sociali dal 01.01.2003 al 18.03.2004) che, benché
entrate a far parte del patrimonio sociale (cfr. estratti del conto corrente n.1557), ne
sono uscite senza alcun giustificativo causale risultante dai bilanci o comunque dalla
contabilità sociale, né sono state oggetto di dichiarazione all’Agenzia delle Entrate
relativamente agli anni 2003 e 2004 (le dichiarazioni sono state effettuate, ma “a
zero”) …” (cfr. comparsa conclusionale attorea).
Benché il convenuto non abbia fornito giustificazioni in ordine all’utilizzo
dell’intera somma su indicata, osserva peraltro il Collegio che dalla stessa
documentazione prodotta dalla Curatela ed in particolare dalla consulenza disposta
dal P.M. non appare possibile considerare l’intero importo di 727.373,68 euro, pari
agli incassi sociali dall’1/1/03 al 18/3/04, come oggetto di distrazione da parte del
convenuto Soragni.
Nella predetta relazione si legge infatti che “ … nel periodo che va da gennaio
2003 a marzo 2004 la società fallita ha incassato € 727.373,68 (di cui € 719.866,92
fino al 31/12/03) …; che “… Durante il 2003, la società ha effettuato acquisti per un
controvalore di € 173.630,28 …”; che “… Al momento del fallimento (20/7/04, data
in cui l’amministratore ha presentato istanza di fallimento in proprio) la fallita aveva
debiti per il controvalore di € 347.266,62 (si tratta dei crediti ammessi, ma la società
aveva anche altri debiti pari ad € 966.820,02 principalmente nei confronti
dell’esattoria … che non sono stati ammessi per un difetto di notifica delle cartelle
esattoriali) …”; che “ … Lo stato passivo evidenzia che la società al momento del
fallimento non aveva debiti nei confronti dei fornitori …”; che “ … Dunque,
dall’1/1/02 al momento in cui è stata presentata l’istanza di fallimento il 20/7/04, il
debito della società è passato da € 648.287,67 ad € 347.266,62 e tutto il debito verso i
fornitori e verso le banche è stato nel frattempo saldato; mentre ulteriori debiti per €
966.820,02 relativi a tributi vari e contributi previdenziali non sono stati iscritti a
bilancio …” (cfr. doc. 3: relazione del ctu del PM a pagg. 24-25).
Alla luce delle superiori considerazioni in fatto ed in diritto, non ritiene il
Collegio che si possa porre a carico del convenuto, in termini di distrazione, l’intero
importo di 727.373,68 euro, incassato dalla società, in quanto -come accertato dallo
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stesso consulente del PM- parte di dette somme sono state utilizzate per estinguere
debiti della società.
Sul punto, stante anche la genericità dell’addebito sub A) “ … distraevano
somme pari ad euro 727.373,68 destinate in parte al pagamento preferenziale di
alcuni creditori a danno di altri” (cfr. atto di citazione) e la non perfetta sussumibilità
della ipotesi di reato di bancarotta preferenziale e l’ipotesi civilistica della distrazione
di risorse -sul punto è sufficiente rilevare che la curatela attrice ha contestato non
l’inesistenza di tali debiti sociali e quindi il pagamento di debiti inesistenti, ma solo il
mancato rispetto delle regole sulla par condicio-, va ribadito che l’organo
amministrativo ha comunque utilizzato parte del denaro per l’estinzione di debiti
sociali, per cui è da escludere qualsiasi ipotesi di generale e generalizzata distrazione
delle somme incassate dalla società nel corso del 2003 e fino al marzo del 2004, data
di presentazione della domanda di fallimento in proprio.
Del resto nelle conclusioni il consulente del PM ha invero precisato che “ … il
sig. Soragni … si è reso responsabile dei reati previsto dalla Legge fallimentare, in
quanto versando ormai la società in stato di dissesto, in momenti successivi prossimi
al fallimento ed alla cessazione dell’attività da parte della fallita e comunque
compresi fra l’1/1/03 ed il 18/3/04 si è appropriato della somma di € 727.373,68…,
avendola in parte destinata al pagamento preferenziale di alcuni creditori (fornitori e
banche) in parte sottratta alla garanzia dei creditori, quanto meno per la parte
prelevata in contanti pari ad € 193.297,00 … e per quella di cui … risulta essere stato
diretto beneficiario pari ad € 29.597,00 ….” (cfr. doc. 3 a pag. 46 e 47).
In conclusione, in mancanza anche della semplice allegazione che il
convenuto abbia utilizzato risorse finanziarie della società per pagare debiti in realtà
inesistenti, è di tutta evidenza che non si possa parlare di distrazione dell’intero
importo di 727.373,68 euro e che appunto il pagamento, quand’anche preferenziale di
alcuni creditori, non esclude che si trattasse comunque di reali debiti sociali.
L’eventuale lesione della par condicio creditorum, conseguente al pagamento
preferenziale di un creditore anziché di un altro, non costituisce -come detto- un
pregiudizio per la massa creditoria considerata nel suo complesso.
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In conseguenza di quanto detto appare evidente -da un lato- che nessun danno
consegue alla massa da tali pagamenti e -dall’altro- che il curatore non è legittimato
ad agire per il risarcimento del danno in ipotesi subito direttamente ed
individualmente dal singolo creditore postergato o pretermesso.
Si deve pertanto verificare se, in concreto, vi siano stati specifici atti di
distrazione, non seguiti da alcuna giustificazione, fornita dal convenuto ovvero
desumibile dagli atti di causa.
La curatela ha in particolare contestato al Soragni “ … H) il pagamento di
fatture per complessivi euro 83.665,98 (anni 2002 e 2003) per probabili rapporti di
sponsorizzazione molto discutibili soprattutto in considerazione della mancata
presentazione dei bilanci sociali; I) il prelevamento dal conto corrente Pulites (Banca
Popolare di Bergamo n.1557) di somme in contanti (quindi senza alcuna
giustificazione causale) nel corso dell’anno 2003 per complessivi euro 193.297,00; L)
il “travaso” sistematico di risorse aziendali dalla Pulites s.r.l. alla Ecologia &
Ambiente s.r.l., parte delle quali anche finanziarie (si pensi al passaggio di denaro dal
conto corrente Pulites n.1557 presso BPB a quello di Ecologia & Ambiente n.1605,
sempre presso BPB, in data 11 settembre 2003 per euro 36.000,00 ed a quello in data
26 novembre 2003 per euro 1.500,00); …” (cfr. atto di citazione, a pag. III)
Sicuramente il convenuto deve rispondere del prelevamento dal conto corrente
della società, accesso presso la Banca Popolare di Bergamo, di somme in contanti nel
corso dell’anno 2003 per complessivi 193.297,00 euro, prelievo a fronte del quale il
convenuto non ha fornito alcuna giustificazione, nonostante l’analiticità della
contestazione, come suffragata dalla richiamata relazione del Consulente del PM (cfr.
citato doc. 3, a pag. 26: “ … il sottoscritto ha eseguito un’analisi anche dei
prelevamenti effettuati dal conto corrente suddetto, dal che è emerso che
l’amministratore -che era l’unico autorizzato ad operare sul conto corrente- ha
eseguito prelevamenti di soldi contanti per il controvalore di € 193.297,00 durante il
2003. Di questi, prelevamenti per € 36.635,00 sono stati eseguiti fino al 27/6/03; e per
€ 156.662,00 dal 4/7/03 all’estinzione del conto corrente. Il 4/7/03 è il momento in
cui la Ecologia & Ambiente apre un suo conto corrente presso la stessa Banca e
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corrisponde al periodo in cui comincia ad esercitare l’attività presso i clienti di Pulites
mentre la stessa cessa di operare … ”) e dalle risultanze dei prodotti estratti del conto
corrente n° 1557 presso la Banca Popolare di Bergamo, relativi al periodo 1/1/03-
18/3/04 (cfr. memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c.).
Per quanto riguarda il passaggio sistematico (definito in citazione ‘travaso’) di
risorse aziendali dalla Pulites Srl alla Ecologia & Ambiente Srl, l’attrice ha fatto
riferimento ad una pluralità di elementi indiziari, quali la conclusione di contratti con
clienti già della Pulites Srl ovvero i reciproci rapporti fra soci ed organi delle due
società nonché i passaggi di apparecchiature fra l’una e l’altra società, ma non ha
allegato e provato l’esistenza e soprattutto l’ammontare di specifici danni, di cui
dovrebbe rispondere l’organo amministrativo per non aver curato gli interessi della
società da lui gestita.
L’unico dato concreto riguarda il contestato passaggio, in favore della
Ecologia & Ambiente Srl, di risorse finanziarie della società poi fallita, avendo invero
l’attrice fatto riferimento “ … al passaggio di denaro dal conto corrente Pulites
n.1557 presso BPB a quello di Ecologia & Ambiente n.1605, sempre presso BPB, in
data 11 settembre 2003 per euro 36.000,00 ed a quello in data 26 novembre 2003 per
euro 1.500,00 …” (cfr. atto di citazione, a pag. IV: punto L degli addebiti).
Con riferimento a questo profilo, nella più volte richiamata relazione del
consulente del PM è dato leggere che “ … l’11/9/03 assistiamo ad un prelevamento di
€ 37.000,00 dal conto della Pulites ed al versamento di € 36.000,00 sul conto di
Ecologia & Ambiente. Il giorno 26/11/03 assistiamo ad un prelevamento di €
2.000,00 dal conto della Pulites ed al versamento di € 1.500,00 sul conto di Ecologia
& Ambiente …” (cfr. doc. 3, a pag. 28).
Si tratta di prelievi risultanti dal conto corrente della Pulites, prodotto
dall’attrice con la memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c..
Dunque il convenuto deve rispondere anche di detta distrazione di complessivi
39.000,00 euro (37.000,00 + 2.000,00), in quanto non è stata fornita alcuna plausibile
giustificazione sull’uso, per finalità coerenti con gli interessi sociali, del denaro
prelevato.
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Da ultimo, passando all’ulteriore contestazione (mancata consegna alla
curatela di gran parte delle attrezzature e delle stigliature aziendali, di valore pari a
83.040,00 euro), si osserva che tale danno patrimoniale, consistente appunto nella
mancata acquisizione del compendio aziendale, risulta, oltre che dalla relazione del
consulente del PM, anche indirettamente dalla dichiarazione dei redditi relativa al
2002 (cfr. doc. 4 della memoria attorea ex art. 183/6 n° 2 c.p.c.: Unico 2003 con
riferimento al periodo d’imposta 2002 alla voce ‘immobilizzazioni materiali’ R53): si
tratta di beni strumentali esistenti a quest’ultima data e non acquisiti all’attivo del
fallimento, senza alcuna giustificazione da parte del convenuto in ordine alla fine di
detti beni.
In tutti i predetti casi non appare dubitabile il nesso eziologico esistente fra i
fatti di contestata mala gestio e gli eventi dannosi che ne sono seguiti a carico della
società e costituiti appunto dalla mancata acquisizione all’attivo dei beni distratti.
Non è invece possibile porre a carico dell’ex amministratore anche l’importo
di 83.665,98 euro, spesi negli anni 2002 e 2003 “ … per probabili rapporti di
sponsorizzazione molto discutibili soprattutto in considerazione della mancata
presentazione dei bilanci sociali …” (cfr. atto di citazione, a pag. III, con riferimento
al punto H); infatti, a tacer d’altro, la stessa attrice ha riportato la giustificazione
causale (“… probabili rapporti di sponsorizzazione …”) e non ha provato la fittizietà
della spesa, a nulla rilevando la mancata iscrizione in bilancio della voce di spesa.
In conclusione l’ex amministratore Soragni è tenuto al risarcimento del danno
nella misura di complessivi 315.337,00 euro (193.297,00 euro + 39.000,00 euro +
83.040,00 euro), oltre alla rivalutazione monetaria, in base ai noti indici Istat sulla
variazione dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati, dalla data del fallimento
(16/2/05) fino alla presente sentenza e, sulla somma così rivalutata, agli interessi
legali dalla presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.
In tale quadro probatorio assume rilievo anche la sentenza di patteggiamento.
Al riguardo è stato condivisibilmente affermato nella giurisprudenza della
Cassazione che “la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc.
pen. costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove
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intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per
cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice
penale abbia prestato fede a tale ammissione. Pertanto la sentenza di applicazione di
pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna,
presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte
dall'onere della prova” (Cfr. Cass. SU 17289/06; Cass. 26263/11; Cass. 9456/13).
Passando alla domanda svolta nei confronti dell’altra convenuta, Schirripa
Antonella, si osserva che la stessa è stata amministratore unico della Ecologia &
Ambiente Srl dal 30/10/02 al 23/11/06 (data di iscrizione 12/1/07), sostituita dal
convenuto Soragni Enrico (cfr. doc. 10 di parte attrice: visura CCIAA).
Tanto premesso, valgono le seguenti osservazioni.
Come da ultimo riportato dalla curatela in comparsa conclusionale, è stato ivi
ribadito che: a) la convenuta Schirripa aveva patteggiato la pena ex art.444 c.p.p.
come da sentenza depositata; b) anch’essa aveva direttamente partecipato alla
sottrazione dell’azienda Pulites in favore di Ecologia & Ambiente Srl attraverso le
condotte dettagliatamente descritte in citazione; c) anch’essa era pertanto
responsabile in solido ex art.2055 c.c. dei danni causati alla Pulites dal Soragni.
In citazione la curatela ha infatti allegato che la Ecologia & Ambiente Srl era
stata costituita il 30/10/02 con sottoscrizione del capitale sociale per una quota del
10% da parte di Schirripa Antonella e del restante 90% da parte di Soragni Enrico;
che l’oggetto sociale di Ecologia & Ambiente Srl, sin dall’origine, era stato
esattamente coincidente con quello di Pulites Srl; che amministratore unico di
Ecologia & Ambiente Srl, sin dalla fase di costituzione, era stata appunto Schirripa
Antonella e poi lo stesso Soragni; che la Ecologia & Ambiente Srl aveva denunciato
l’inizio della propria attività il 3/6/03 e contestualmente aveva nominato Soragni
Enrico quale preposto alla gestione tecnica; che il 4/7/03, Ecologia & Ambiente Srl
aveva aperto il conto corrente n.1605 presso la Banca Popolare di Bergamo con
sottoscrizione del contratto da parte di Schirripa Antonella e contestuale delega ad
operare sul conto senza alcuna limitazione da parte di Soragni Enrico; che pressoché
dal momento dell’inizio delle attività da parte di Ecologia & Ambiente Srl, ovvero
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Repert. n. 18639/2015 del 29/09/2015
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luglio 2003, sino al dicembre del medesimo anno, su 62 unità lavorative in forza di
Ecologia & Ambiente Srl, 42 unità provenivano direttamente da Pulites Srl; che,
come risultante dalla perizia del consulente del PM, il fatturato di Ecologia &
Ambiente Srl, relativo agli anni 2003 e 2004, era originato da contratti stipulati con
clienti Pulites; che tutti i clienti Pulites, a metà dell’anno 2003, erano stati avvertiti,
tramite una circolare del Soragni, che le attività di pulizia sarebbero state proseguite
direttamente da Ecologia & Ambiente Srl; che vi erano state alcune attrezzature di
proprietà della Pulites Srl, anche di rilevante valore, mai acquisite all’attivo
fallimentare, mentre vi erano state attrezzature, di cui Ecologia & Ambiente Srl
faceva normale uso e sulle quali effettuava normale manutenzione (con i relativi costi
iscritti a bilancio), delle quali quest’ultima non aveva mai dimostrato l’acquisto; che
anche i fornitori della Pulites Srl e di Ecologia & Ambiente Srl erano stati
sostanzialmente gli stessi; che pertanto vi era stata un’evidente attività illecita di
sottrazione di beni e risorse aziendali in danno di Pulites Srl ed in favore di Ecologia
& Ambiente Srl, sottrazione cui certamente, insieme al Soragni, aveva concorso la
predetta Schirripa.
Ha altresì allegato la curatela attrice che inoltre la Schirripa era stata
consulente legale della Pulites Srl nei due anni precedenti la dichiarazione di
fallimento; aveva assistito direttamente la società nella fase di istruttoria
prefallimentare; era stata amministratrice unica di Ecologia & Ambiente Srl ed in tale
qualità aveva conferito delega al Soragni per operare sul conto corrente di Ecologia &
Ambiente Srl senza alcuna limitazione; aveva sottoscritto i contratti di appalto con i
clienti di Ecologia & Ambiente Srl in sostituzione di quelli in vigore con la Pulites
Srl; aveva operato in modo tale che tutte le attrezzature e gli automezzi nella
disponibilità di Pulites Srl, per esserne proprietaria o locatrice finanziaria, finissero
nella disponibilità di Ecologia & Ambiente Srl, affinché quest’ultima li utilizzasse per
il conseguimento dei relativi ricavi, senza che ne avvenisse l’iscrizione in bilancio; si
era adoperata affinché gran parte delle unità lavorative in forza a Pulites Srl
passassero alle dipendenze di Ecologia & Ambiente Srl.
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Evidenziava inoltre che, a seguito di richiesta di rinvio a giudizio per i
medesimi reati contestati al Soragni, la convenuta Schirripa aveva patteggiato la pena
ex art.444 e ss. c.p.c. di anni due di reclusione e che pertanto la stessa doveva
ritenersi responsabile in solido ex art. 2055 c.c. con il Soragni di tutti i danni da
quest’ultimo causati alla società fallita.
Ritiene il Collegio che il richiamato art. 2055 c.c., che disciplina gli effetti
della solidarietà passiva, non esonera l’attore, preteso danneggiato, dall’allegazione e
prova del titolo (contrattuale o extracontrattuale) della responsabilità del preteso
debitore solidale.
Richiamato quanto previsto dall’art. 2055, primo comma, c.c. -si tratta di una
disposizione dettata a favore del danneggiato da una pluralità di responsabili ed è
applicabile anche alle ipotesi di responsabilità contrattuale (anche se nascente da
contratti diversi) e di responsabilità mista (cioè per alcuni coautori sussiste
responsabilità di natura contrattuale e per altri di natura extracontrattuale)-, va
ribadito che per la positiva affermazione della responsabilità solidale dei singoli
pretesi responsabili, è pur sempre necessario che il fatto dannoso sia effettivamente
imputabile a ciascuno dei singoli concorrenti, ancorché le condotte lesive possano fra
loro essere autonome e in ipotesi diversi possano essere i titoli di responsabilità di
ciascuno di essi (cfr. Cass. 11018/05).
Pur in mancanza di specifici richiami normativi -come detto, non è sufficiente
il semplice richiamo all’art. 2055 c.c.-, è possibile, in base alle allegazioni e
deduzioni attoree, inquadrare la domanda risarcitoria, fondata sulla prospettata diretta
partecipazione della convenuta Schirripa alla sottrazione di risorse finanziarie della
Pulites Srl ed alla distrazione delle stesse in favore di Ecologia & Ambiente Srl,
nell’ambito della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., in concorso con
l’amministratore Soragni.
Al riguardo va infatti ribadito che, accanto alla responsabilità
dell’amministratore -sia esso unico o amministratore delegato o consigliere di CdA-,
ben possano in ipotesi individuarsi responsabilità concorrenti di altri soggetti, in
quanto nulla vieta che, accanto all’azione sociale di responsabilità proposta nei
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confronti dell’organo amministrativo, possa essere esercitata una contestuale azione
risarcitoria anche contro altri soggetti, che abbiano concorso con il primo a causare il
danno alla società.
Chiusa questa parentesi, valgono le seguenti osservazioni.
L’eccezione preliminare di estinzione per prescrizione è inammissibile, attesa
la tardiva costituzione in giudizio della convenuta.
Quanto al merito ritiene il Collegio, viste le deduzioni di parte attrice anche in
ordine al ‘travaso’ (come efficacemente definito dalla curatela) di risorse, beni
strumentali e clientela dalla Pulites Srl alla Ecologia & Ambiente Srl e preso atto
della mancata analitica contestazione dei fatti posti a fondamento della domanda, che
effettivamente la convenuta Schirripa, nella qualifica di amministratore unico della
Ecologia & Ambiente Srl, abbia concorso con il Soragni al depauperamento del
patrimonio della Pulites Srl; quindi, risultando la Schirripa consapevole ed attiva
parte dell’emersa operazione depauperativa, deve rispondere, ex artt. 2043 e 2055
c.c., con il Soragni del danno patrimoniale sofferto dalla Pulites Srl.
In tale contesto assume rilievo anche quanto dedotto in ordine alla valenza
della sentenza di condanna ex art. 444 c.p.p..
Passando alla quantificazione del danno, specificamente attribuibile alla
condotta della Schirripa, si osserva, alla luce delle risultanze di causa, che non
emergono elementi sufficienti per potere sostenere che la stessa abbia concorso alla
distrazione di 193.297,00 euro, oggetto di prelievo da parte del Soragni dal conto
corrente della società poi fallita. Il mero dato temporale della chiusura del conto
corrente della Pulites Srl e dell’apertura, presso la stessa banca, del conto corrente
della Ecologia & Ambiente Srl non è invero idoneo a giustificare l’estensione alla
Schirripa della responsabilità per concorso nella emersa distrazione.
Diverso è invece il discorso per quanto riguarda i due su ricordati fatti di
‘travaso’ di risorse finanziarie e beni aziendali dall’una all’altra società.
Per quanto riguarda il prelevamento di 39.000,00 euro (37.000,00 euro
l’11/9/03 e 2.000,00 euro il 26/11/03) dal conto della Pulites Srl si osserva, in base
alle stesse allegazioni attoree, che i contestuali versamenti sul conto della Ecologia &
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Ambiente Srl hanno riguardato le minori somme di 36.000,00 e di 1.500,00 euro;
quindi la convenuta Schirripa Antonella ha concorso nella distrazione della minor
somma di 37.500,00 euro.
Stesso discorso vale per la sottrazione dei beni aziendali del valore di
83.040,00 euro, passati dall’una all’altra società.
In conclusione la convenuta Schirripa va condannata, in solido con il
convenuto Soragni Enrico, al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della
complessiva somma di 120.540,00 euro, come su determinata, oltre alla rivalutazione
monetaria, in base ai noti indici Istat sulla variazione dei prezzi per le famiglie di
operai ed impiegati, dalla data del fallimento (16/2/05) fino alla presente sentenza e,
sulla somma così rivalutata, agli interessi legali dalla presente sentenza fino
all’effettivo soddisfo.
Non sono invece riconoscibili -ci si riferisce ad entrambe le condanne- i
richiesti interessi compensativi, congiuntamente alla rivalutazione monetaria, per il
periodo compreso fra il fallimento e la presente sentenza, in mancanza di prova del
danno da ritardo.
Tradizionalmente, a proposito di detta ulteriore somma di denaro, dovuta in
conseguenza del mancato godimento della somma originaria, liquidata per il danno
emergente, la giurisprudenza parla appunto di interessi compensativi (cfr. Cass.
11718/02; Cass. 2654/05), che vengono così a rappresentare una modalità
liquidatoria, in via equitativa, del danno da ritardo nei debiti di valore (Cass.
4242/03), in mancanza di prova specifica del danno da ritardo.
Se dunque è accolta questa sostanziale equipollenza in ambito di liquidazione
equitativa fra lucro cessante ed interessi compensativi e se è vera la premessa sul
concetto di danno-conseguenza e non più su quello di danno-evento, è allora evidente
che non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento di tali interessi in
funzione risarcitoria, con conseguente onere allegatorio e probatorio, anche attraverso
presunzioni, a carico del danneggiato per il loro riconoscimento (cfr. Cass. 12452/03;
Cass. 20591/04; Cass. 22347/07).
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Questi principi, dettati in ordine all’eventuale risarcibilità di un danno da
ritardo, sono stati recentemente ribaditi anche da Cass. 3355/10, che in motivazione
così precisa: “ … va ricordato che nei debiti di valore il riconoscimento di interessi
costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui
è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di
calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito.
Non gli è invece inibito di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme
progressivamente rivalutate; ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da
epoca intermedia; ovvero di determinare il tasso di interesse in misura diversa da
quella legale; ovvero, ancora, di non riconoscere affatto gli interessi se, in relazione
ai parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria e
dalla redditività media del denaro nel periodo considerato, un danno da lucro
cessante debba essere positivamente escluso (Cass., n. 748/2000, cfr. anche Cass.,
nn. 490/1999 e 10751/2002). ….”.
Del resto anche la nota Cass. SU 1712/95 richiede la prova -ed ancor prima-
l’allegazione di detto danno da mancato guadagno, in conseguenza del lamentato
ritardato pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno emergente
(cfr. Cass. SU 1712/95 : “ …. Tale prova può essere offerta dalla parte e
riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione
degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e
soggettive del caso. ….”).
In conclusione, solo qualora l’equivalente monetario attuale del danno
dovesse risultare in concreto, in base alle allegazioni e prove del danneggiato, non
sufficiente a tenere indenne costui da tutte le conseguenze pregiudizievoli del fatto
dannoso, a causa del ritardo con il quale la somma gli è stata erogata, il giudice può
liquidare tale danno anche sotto forma di interessi, a condizione che tale danno sia
ritenuto esistente prima del riconoscimento di detti interessi, che -come detto-
costituiscono una mera modalità di liquidazione del danno.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in
solido a carico dei convenuti.
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Si dà atto che per la liquidazione delle spese deve essere applicato il Decreto
Ministero Giustizia n° 55 del 10/3/14 (GU n° 77 del 2/4/14) sui nuovi parametri
forensi, entrato in vigore il 3/4/14, prima che avesse termine l’attività professionale
del legale; l’udienza di p.c. si è infatti tenuta il 23/2/15 e i termini ex art. 190 c.p.c.
sono scaduti il 14/5/15 e pertanto deve essere applicato integralmente il nuovo
regime, alla luce dell’art. 28 del citato DM 55/14 (arg. ex Cass. SU 17405/12, in
relazione alla precedente riforma ex Decreto Ministero Giustizia 20/7/12 n° 140).
Si è proceduto alla somma degli importi medi indicati nella seconda tabella
(giudizi di cognizione innanzi al tribunale) e con riferimento allo scaglione di valore
‘260.001 - 520.000’, tenuto conto della natura e del valore (accertato) della
controversia, della qualità e quantità delle questioni trattate e dell’attività
complessivamente svolta dal difensore.
Va nuovamente riconosciuto il rimborso forfettario (art. 2, 2° comma, citato
DM 55/14).
P.Q.M.
definitivamente pronunciando:
in parziale accoglimento della domanda attrice, condanna in solido i convenuti
Soragni Enrico e Schirripa Antonella al pagamento, in favore dell’attore Fallimento
Pulites Srl (fall. n° 170/05) e a titolo di risarcimento danni, della complessiva somma
di 315.337,00 euro (la convenuta Schirripa fino alla concorrenza di 120.540,00 euro),
oltre alla rivalutazione monetaria, in base ai noti indici Istat sulla variazione dei
prezzi per le famiglie di operai ed impiegati, dalla data del fallimento (16/2/05) fino
alla presente sentenza e, sulle somme così rivalutate, agli interessi legali dalla
presente sentenza fino all’effettivo soddisfo;
rigetta la domanda attrice quanto al resto;
condanna in solido i convenuti al pagamento, in favore del fallimento attore, delle
spese di lite, che liquida in 21.387,00 euro per compensi professionali e in 3.000,00
euro per spese, oltre rimborso forfettario, Cp ed Iva come per legge.
Così deciso a Roma, 3/9/15
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il Presidente
dott. Francesco Mannino
il Giudice estensore
dott. Francesco Remo Scerrato
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