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Sicilia fenicio-punica: documentazione epigrafica minore su argilla e ceramica Paola Cavaliere - Danila Piacentini La Città e le città della Sicilia antica” Pisa, 18-21 dicembre 2012 Paola Cavaliere: [email protected] - Danila Piacentini: [email protected] IL MONDO RELIGIOSO Le attestazioni del sacro censite provengono da contesti religiosi di tipo diverso: il tofet di Mozia; un santuario rupestre extraurbano, la Grotta Regina di Palermo; un’area di culto da un luogo esterno all’eparchia punica, il centro sicano di Colle Madore. Queste attestazioni sono numericamente molto scarse; provengono da contesti sì di tipo sacro, ma di tipologie molto differenziate e sono inoltre distribuite su un arco di tempo troppo lungo per poterne trarre indicazioni generalizzabili. Le attestazioni epigrafiche sono di tipo onomastico, sigle e in un caso forse una possibile indicazione di un rituale. Per quanto riguarda l’onomastica è molto interessante che i due nomi attestati a Mozia (mhr[b{l] e [m]lqrt), benché incompleti, siano presenti anche nell’onomastica sarda e nordafricana (figg. 2-3). Di altro tipo il nome graffito dopo la cottura sul collo di un’anfora di tipo greco-occidentale (fine VI-inizi V secolo a.C.) da Colle Madore (grlbt, fig. 4), un unicum onomastico. La sigla attestata sempre a Mozia g+n (fig. 5) trova riscontro nell’ampia documentazione similare su argilla rinvenuta nel santuario di Tas-SilÞ, a Malta. Dal santuario rupestre di Grotta Regina è documentato invece un possibile riferimento a un rituale di culto, che sembrerebbe sottendere all’espressione vino scuro sidonio(fig. 6), conservata nella parte inferiore di un contenitore ceramico, oggi perduto. Il tipo di scrittura utilizzato è quello corsivo, forse l’unica attestazione presente tra la documentazione su argilla, ma non è possibile capire dal disegno rimasto se sia stato scritto prima o dopo la cottura. Questo contributo si inserisce in un progetto di studio più vasto sulla scrittura nel mondo fenicio-punico. Il punto di vista prescelto è quello dell’epigrafia su argilla e ceramica, quindi un ambito epigrafico non aulico o monumentale e per questo qui definito documentazione epigrafica minore. Scopo del progetto è di indagare l’uso e la diffusione della scrittura all’interno della popolazione fenicio-punica: nelle attività commerciali e amministrative, nella vita di tutti i giorni, nel rapporto con il mondo religioso, nella morte. Lo studio qui presentato è stato impostato in base ai contesti (o non contesti) di ritrovamento. La documentazione epigrafica registra la scrittura di nomi, semplici lettere, invocazioni. Essi vengono scritti di volta in volta o direttamente sull’argilla cruda o graffiti in un momento successivo dopo la cottura dell’oggetto stesso: una differenza basilare questa, non solo di tecnica e di resa. La scrittura su argilla infatti avviene comunque nella bottega, durante la manifattura; l’atto scrittorio è contemporaneo dunque alla creazione dell’oggetto e strettamente legato a questo. La scrittura invece su di un oggetto già finito può avvenire in un momento qualsiasi della sua storia: chi lo iscrive vuole dare all’oggetto stesso una valenza particolare. Le testimonianze reperite nella letteratura (qui se ne propone una scelta tra quelle ritenute più significative) sono piuttosto intermittenti e disperse, sia nell’arco dei secoli sia sul territorio isolano (e non solo in quello di diretta influenza fenicio-punica). Ove però la scrittura è attestata, sembra impiegata con sicurezza e padronanza, forse adombrando una diffusione maggiore di quel che l’edito fa supporre. LA VITA QUOTIDIANA Spazi urbani quali l’abitato, le aree deputate al commercio o alla vita civile, le aree pubbliche, sono gli ambiti da cui poter trarre indicazioni per la ricostruzione della vita quotidiana. Le manifestazioni scrittorie rinvenute in questi contesti potrebbero essere a rigore quelle più indicative per la ricostruzione dell’impiego e della diffusione della scrittura nei diversi strati sociali, al di là degli episodi monumentali. In realtà dal censimento del materiale attualmente edito proveniente da contesti riconducibili alla vita quotidiana, la documentazione disponibile si riduce a un solo esemplare. Si tratta di un disco di terracotta interpretato da M. L’Erario come una “etichetta di proprietà” con valenza commerciale o amministrativa, databile al III-II secolo a.C. Questa “etichetta” documenta l’utilizzo funzionale della scrittura punica, impiegata per registrare un nome di persona. L’iscrizione è stata realizzata prima della cottura indicando quindi che la sua destinazione d’uso era già fissata nel momento stesso nel quale fu prodotto. Interessante è la commistione etnica individuabile in quest’attestazione epigrafica: si riporta un nome osco, scritto in lettere greche e puniche. Le due notazioni scrittorie sembrano indicare la quotidianità dell’essere bilingui e la necessità che il messaggio fosse comprensibile contemporaneamente ai due diversi ambiti culturali, per il carattere utilitario attribuito all’oggetto. LE NECROPOLI La documentazione epigrafica qui presentata, realizzata sia prima sia dopo la cottura dei recipienti su cui è tracciata, proviene da contesti di tipo funerario. Le attestazioni censite riportano in genere nomi propri oppure lettere isolate; una possibile eccezione è la testimonianza di quella che è stata definita una “espressione di cordoglio”, letta come possa tu trovare la pace. Le iscrizioni relative a nomi propri (figg. 7, 8, 9) e all’espressione di cordoglio (fig. 10), sembrano apposte dopo la cottura del recipiente su cui sono conservate. Nel caso delle iscrizioni graffite dopo la cottura non si può escludere in realtà che queste possano essere state redatte precedentemente alla destinazione funeraria dell’oggetto usato come supporto. Così ad esempio anche i graffiti onomastici post cocturam su contenitori anforari lasciano aperta la questione del momento della loro redazione e quindi di una loro eventuale pertinenza ad un altro ambito contestuale (come potrebbe essere in questo caso quello commerciale). Le lettere isolate invece sono incise prima della cottura; la loro valenza potrebbe essere alfabetica (indicando forse l’iniziale del nome del contenuto o del contenitore) oppure numerica (a specificare forse la capacità del contenitore stesso). Fig. 1 Solunto. Iscrizione ante cocturam (punico e greco) su disco di terracotta: l{pb - ΦΑΔΙΣ ISCRIZIONI DA CONTESTI SCONOSCIUTI Alcune delle iscrizioni censite non sono attribuibili a contesti identificabili o a centri precisi. Tra le più interessanti, se ne possono menzionare due. Un piatto ombelicato acromo (fig. 11), che conserva due fori passanti (interpretati come fori da sospensione). Pare molto probabile che potesse provenire da un contesto di necropoli. Vi è iscritto un nome (il defunto?) e l’ascendenza, mqn bn mtr. Il patronimico mtr si ritrova a Mozia (attestato in un’iscrizione funeraria su calcare relativa alla tomba di un vasaio), come anche a Cartagine e a Sousse. Molto interessante il riferimento a una probabile etnia libica dell’ antroponimo. Un frammento ceramico con orlo decorato presenta una doppia iscrizione (fig. 12): all’interno realizzata ante cocturam, all’esterno incisa post cocturam. In entrambe le iscrizioni sono menzionati nomi propri: un nome latino all’interno Quintinuso Quintianus”, seguito da una funzione sacerdotale di ambito punico, colui che fa sorgere la divinità; un nome punico all’esterno {bdmlqrt. Le due iscrizioni sembrano redatte da due mani diverse, in due momenti diversi: all’esterno i caratteri neopunici sono più schematizzati. Fig. 11 Iscrizione ante cocturam su piatto ombelicato acromo: mqn bn mtr Fig. 10 Palermo. Iscrizione post cocturam su kylix attica a vernice nera: n¼ Fig. 7 Solunto. Iscrizione post cocturam su piatto attico a vernice nera: grt Fig. 8 Palermo. Iscrizione post cocturam su coppetta attica a vernice nera: mgn Fig. 9 Himera. Iscrizione post cocturam su anfora: ytnb{l Fig. 2 Mozia. Iscrizione frammentaria ante cocturam su frammento ceramico: mhr[b{l] Fig. 3 Mozia. Iscrizione frammentaria post cocturam su skyphos a vernice nera: [m]lqrt Fig. 4 Colle Madore. Iscrizione post cocturam su anfora: grlbt Fig. 6 Grotta Regina. Iscrizione corsiva su brocca (?): {b #dny .[ Mozia Solunto Palermo Grotta Regina Himera Colle Madore Legenda La vita quotidiana Il mondo religioso Le necropoli VIII Giornate Internazionali di Studi sull’area elima e la Sicilia occidentale nel contesto mediterraneo Fig. 12 Doppia iscrizione neopunica su frammento ceramico: all’interno incisione ante cocturam: qn\n} mqm[; all’esterno incisione post cocturam: [{]bdmlqrt Fig. 5 Mozia. Iscrizione post cocturam su frammento ceramico: g+n

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Sicilia fenicio-punica:

documentazione epigrafica minore su argilla e ceramica

Paola Cavaliere - Danila Piacentini

“La Città e le città della Sicilia antica”

Pisa, 18-21 dicembre 2012

Paola Cavaliere: [email protected] - Danila Piacentini: [email protected]

IL MONDO RELIGIOSO Le attestazioni del sacro censite provengono da contesti religiosi di tipo diverso: il tofet di Mozia; un santuario rupestre extraurbano, la Grotta Regina di Palermo; un’area di culto da un luogo esterno all’eparchia punica, il centro sicano di Colle Madore. Queste attestazioni sono numericamente molto scarse; provengono da contesti sì di tipo sacro, ma di tipologie molto differenziate e sono inoltre distribuite su un arco di tempo troppo lungo per poterne trarre indicazioni generalizzabili. Le attestazioni epigrafiche sono di tipo onomastico, sigle e in un caso forse una possibile indicazione di un rituale. Per quanto riguarda l’onomastica è molto interessante che i due nomi attestati a Mozia (mhr[b{l] e [m]lqrt), benché incompleti, siano presenti anche nell’onomastica sarda e nordafricana (figg. 2-3). Di altro tipo il nome graffito dopo la cottura sul collo di un’anfora di tipo greco-occidentale (fine VI-inizi V secolo a.C.) da Colle Madore (grlbt, fig. 4), un unicum onomastico. La sigla attestata sempre a Mozia g+n (fig. 5) trova riscontro nell’ampia documentazione similare su argilla rinvenuta nel santuario di Tas-SilÞ, a Malta. Dal santuario rupestre di Grotta Regina è documentato invece un possibile riferimento a un rituale di culto, che sembrerebbe sottendere all’espressione “vino scuro sidonio” (fig. 6), conservata nella parte inferiore di un contenitore ceramico, oggi perduto. Il tipo di scrittura utilizzato è quello corsivo, forse l’unica attestazione presente tra la documentazione su argilla, ma non è possibile capire dal disegno rimasto se sia stato scritto prima o dopo la cottura.

Questo contributo si inserisce in un progetto di studio più vasto sulla scrittura nel mondo fenicio-punico. Il punto di vista prescelto è quello dell’epigrafia su argilla e ceramica, quindi un ambito epigrafico non aulico o monumentale e per questo qui definito documentazione epigrafica minore. Scopo del progetto è di indagare l’uso e la diffusione della scrittura all’interno della popolazione fenicio-punica: nelle attività commerciali e amministrative, nella vita di tutti i giorni, nel rapporto con il mondo religioso, nella morte. Lo studio qui presentato è stato impostato in base ai contesti (o non contesti) di ritrovamento. La documentazione epigrafica registra la scrittura di nomi, semplici lettere, invocazioni. Essi vengono scritti di volta in volta o direttamente sull’argilla cruda o graffiti in un momento successivo dopo la cottura dell’oggetto stesso: una differenza basilare questa, non solo di tecnica e di resa. La scrittura su argilla infatti avviene comunque nella bottega, durante la manifattura; l’atto scrittorio è contemporaneo dunque alla creazione dell’oggetto e strettamente legato a questo. La scrittura invece su di un oggetto già finito può avvenire in un momento qualsiasi della sua storia: chi lo iscrive vuole dare all’oggetto stesso una valenza particolare. Le testimonianze reperite nella letteratura (qui se ne propone una scelta tra quelle ritenute più significative) sono piuttosto intermittenti e disperse, sia nell’arco dei secoli sia sul territorio isolano (e non solo in quello di diretta influenza fenicio-punica). Ove però la scrittura è attestata, sembra impiegata con sicurezza e padronanza, forse adombrando una diffusione maggiore di quel che l’edito fa supporre.

LA VITA QUOTIDIANA

Spazi urbani quali l’abitato, le aree deputate al commercio o alla vita civile, le aree pubbliche, sono gli ambiti da cui poter trarre indicazioni per la ricostruzione della vita quotidiana. Le manifestazioni scrittorie rinvenute in questi contesti potrebbero essere a rigore quelle più indicative per la ricostruzione dell’impiego e della diffusione della scrittura nei diversi strati sociali, al di là degli episodi monumentali. In realtà dal censimento del materiale attualmente edito proveniente da contesti riconducibili alla vita quotidiana, la documentazione disponibile si riduce a un solo esemplare. Si tratta di un disco di terracotta interpretato da M. L’Erario come una “etichetta di proprietà” con valenza commerciale o amministrativa, databile al III-II secolo a.C. Questa “etichetta” documenta l’utilizzo funzionale della scrittura punica, impiegata per registrare un nome di persona. L’iscrizione è stata realizzata prima della cottura indicando quindi che la sua destinazione d’uso era già fissata nel momento stesso nel quale fu prodotto. Interessante è la commistione etnica individuabile in quest’attestazione epigrafica: si riporta un nome osco, scritto in lettere greche e puniche. Le due notazioni scrittorie sembrano indicare la quotidianità dell’essere bilingui e la necessità che il messaggio fosse comprensibile contemporaneamente ai due diversi ambiti culturali, per il carattere utilitario attribuito all’oggetto.

LE NECROPOLI La documentazione epigrafica qui presentata, realizzata sia prima sia dopo la cottura dei recipienti su cui è tracciata, proviene da contesti di tipo funerario. Le attestazioni censite riportano in genere nomi propri oppure lettere isolate; una possibile eccezione è la testimonianza di quella che è stata definita una “espressione di cordoglio”, letta come “possa tu trovare la pace”. Le iscrizioni relative a nomi propri (figg. 7, 8, 9) e all’espressione di cordoglio (fig. 10), sembrano apposte dopo la cottura del recipiente su cui sono conservate. Nel caso delle iscrizioni graffite dopo la cottura non si può escludere in realtà che queste possano essere state redatte precedentemente alla destinazione funeraria dell’oggetto usato come supporto. Così ad esempio anche i graffiti onomastici post cocturam su contenitori anforari lasciano aperta la questione del momento della loro redazione e quindi di una loro eventuale pertinenza ad un altro ambito contestuale (come potrebbe essere in questo caso quello commerciale). Le lettere isolate invece sono incise prima della cottura; la loro valenza potrebbe essere alfabetica (indicando forse l’iniziale del nome del contenuto o del contenitore) oppure numerica (a specificare forse la capacità del contenitore stesso).

Fig. 1 Solunto. Iscrizione ante cocturam (punico e greco) su

disco di terracotta: l{pb - ΦΑΔΙΣ

ISCRIZIONI DA CONTESTI SCONOSCIUTI Alcune delle iscrizioni censite non sono attribuibili a contesti identificabili o a centri precisi. Tra le più interessanti, se ne possono menzionare due. Un piatto ombelicato acromo (fig. 11), che conserva due fori passanti (interpretati come fori da sospensione). Pare molto probabile che potesse provenire da un contesto di necropoli. Vi è iscritto un nome (il defunto?) e l’ascendenza, mqn bn mtr. Il patronimico mtr si ritrova a Mozia (attestato in un’iscrizione funeraria su calcare relativa alla tomba di un vasaio), come anche a Cartagine e a Sousse. Molto interessante il riferimento a una probabile etnia libica dell’antroponimo. Un frammento ceramico con orlo decorato presenta una doppia iscrizione (fig. 12): all’interno realizzata ante cocturam, all’esterno incisa post cocturam. In entrambe le iscrizioni sono menzionati nomi propri: un nome latino all’interno “Quintinus” o “Quintianus”, seguito da una funzione sacerdotale di ambito punico, “colui che fa sorgere la divinità”; un nome punico all’esterno {bdmlqrt. Le due iscrizioni sembrano redatte da due mani diverse, in due momenti diversi: all’esterno i caratteri neopunici sono più schematizzati.

Fig. 11 Iscrizione ante cocturam su piatto ombelicato acromo: mqn bn mtr

Fig. 10 Palermo. Iscrizione post cocturam su kylix attica a vernice

nera: n¼

Fig. 7 Solunto. Iscrizione post cocturam su piatto attico a vernice

nera: grt

Fig. 8 Palermo. Iscrizione post cocturam su coppetta attica a

vernice nera: mgn

Fig. 9 Himera. Iscrizione post cocturam su anfora: ytnb{l

Fig. 2 Mozia. Iscrizione frammentaria ante cocturam su frammento

ceramico: mhr[b{l]

Fig. 3 Mozia. Iscrizione frammentaria post cocturam su skyphos a vernice

nera: [m]lqrt

Fig. 4 Colle Madore. Iscrizione post cocturam

su anfora: grlbt

Fig. 6 Grotta Regina. Iscrizione corsiva su brocca (?): {b #dny .[

Mozia •

Solunto

•• • Palermo

Grotta Regina

Himera •

Colle Madore •

Legenda • La vita quotidiana • Il mondo religioso • Le necropoli

VIII Giornate Internazionali di Studi sull’area elima e la Sicilia occidentale

nel contesto mediterraneo

Fig. 12 Doppia iscrizione neopunica su frammento ceramico: all’interno incisione ante cocturam: qn\n} mqm[; all’esterno incisione post cocturam: [{]bdmlqrt

Fig. 5 Mozia. Iscrizione post cocturam su

frammento ceramico: g+n