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L’APPROCCIO SIMULAZIONE OTTIMIZZAZIONE (“SIMULATION–BASED OPTIMIZATION”) 171
2.6 L’APPROCCIO SIMULAZIONE OTTIMIZZAZIONE
(“SIMULATION–BASED OPTIMIZATION”)
La Simulazione e l’Ottimizzazione possono interagire e integrarsi quando si vuole
determinare qual e la combinazione di dati di input di una simulazione che ot-
timizza uno o piu indici di prestazione. In questo caso la funzione obiettivo del
problema di ottimizzazione non e disponibile in forma analitica, o comunque non
calcolabile con procedure deterministiche, ma il suo valore in corrispondenza di
diversi valori delle variabili e ottenibile solamente attraverso il risultato di una
simulazione. Potrebbero presentarsi casi in cui oltre la funzione obiettivo anche
i vincoli non siano disponibili e la loro verifica puo essere effettuata solamente
attraverso una simulazione. Infine, anche il valore di alcune variabili (uncontrolla-
ble variables) del problema di ottimizzazione potrebbe essere ottenuto solamente
attraverso una simulazione, ovvero dipendere dai dati di input della simulazione
(controllable variables).
Ovviamente lo scopo del processo di ottimizzazione e ben diverso da quello di
analisi di scenario proprio della simulazione: infatti, come gia evidenziato nell’in-
troduzione allo studio della Simulazione, nel primo caso si deve decidere quale
configurazione del sistema e la migliore tra tutte le ammissibili (approccio “what–
best”); nel secondo caso le configurazioni alternative del sistema sono date e ov-
viamente in numero finito (approccio “what–if”). Si osservi che molto spesso
questo numero non puo essere elevato a causa dell’alto costo computazionale dei
run di simulazione.
Per evidenziare l’importanza e l’attualita della simulazione ottimizzazione, ripor-
tiamo di seguito alcune righe della prefazione del testo “Handbook on simulation
optimization” di Michael C. Fu di recente pubblicazione [Fu, 2014]:
Arguably, the two most powerful operations research/management science
(OR/MS) techniques are simulation and optimization. [ ... ] Optimization
dates back many centuries and is generally considered the older of the two
siblings. Both approaches were propelled forward by the advent of the digital
computer over half a century ago, leading up to the present golden age
when both routinely address complex large-scale realworld problems and
both are implemented in a large variety of computer software packages.
However, combining the two techniques is a more recent development, and
software effectively integrating the two is relatively limited; thus, simulation
optimization remains an exciting and fertile area of research.
Risulta molto evidente come attualmente l’approccio simulazione ottimizzazio-
ne sia considerato uno strumento molto efficace per lo studio di problemi reali
complessi e di grandi dimensioni che sempre piu spesso si presentano in numerosi
settori applicativi.
Nella sua forma piu semplice un problema di Ottimizzazione e Simulazione puo
essere formulato come segue: supponiamo di avere una misura di prestazione ot-
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172 SIMULAZIONE
tenuta in output da una simulazione e indichiamo tale misura con f . Il valore
che f assume dipende dal valore dei dati di input che denotiamo con x1, . . . , xn.
Per il problema di ottimizzazione questi ultimi saranno le variabili di decisione.
Poiche f e ottenuta dall’output di una simulazione, essa e, in generale, una varia-
bile aleatoria. Lo scopo sara pertanto quello di minimizzare/massimizzare il suo
valore atteso E (f(x1, . . . , xn)) su tutte le combinazioni possibili di x1, . . . , xn.
Naturalmente ci possono essere vincoli di vario tipo sulle variabili di decisione (i
dati di input) che limitano le combinazioni possibili (ammissibili) da considerare.
Sottolineamo ancora il fatto che la funzione obiettivo non e calcolata analitica-
mente o comunque in maniera deterministica, ma ottenuta come output di una
simulazione. Sara quindi necessario effettuare un certo numero di repliche indi-
pendenti della simulazione e utilizzare per la f il valore medio dei diversi valori
ottenuti in queste repliche (ovviamente in corrispondenza dei medesimi dati di
input).
In una forma piu generale un problema di simulazione ottimizzazione, puo essere
formalmente scritto nel seguente modo:
min E [f(x, z, ω)]
s.t. E [g(x, z, ω)] ≥ 0
xl ≤ x ≤ xuzl ≤ z ≤ zu
x ∈ IRn, z ∈ Zn,
dove f e funzione a valori reali, g e h sono funzioni a valori vettoriali. La funzione
f viene valutata attraverso la simulazione di particolari istanze delle variabili
continue x e delle variabili discrete z (input del modello) e della realizzazione
di varibili aleatorie, ovvero il vettore ω, che puo essere anch’esso funzione degli
input x e z. In pratica, l’introduzione del vettore ω serve per evidenziare l’effetto
stocastico della simulazione. Analogamente, i vincoli rappresentati dalla funzione
g sono valutati attraverso la simulazione. Inoltre ci possono essere vincoli che non
dipendono da variabili aleatorie (rappresentati dalla funzione h) e vincoli di tipo
box sulle variabili.
Uno schema complessivo dell’implementazione di una procedure di simulazione
ottimizzazione puo essere cosı sintetizzato: viene simulata una sequenza di confi-
gurazioni del sistema, ciascuna corrispondente ad una particolare scelta dei dati
di input. Ad ogni step della sequenza un algoritmo di ottimizzazione effettua
una ricerca nello spazio dei possibili dati di input (regione ammissibile) fino alla
determinazione della configurazione ottima. Quindi l’algoritmo di ottimizzazione
sceglie una configurazione iniziale e il simulatore effettua le repliche della simu-
lazione. Il risultato della simulazione e inviato all’algoritmo di ottimizzazione
e viene verificato un criterio di arresto. Se questo non e verificato, l’algoritmo
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L’APPROCCIO SIMULAZIONE OTTIMIZZAZIONE (“SIMULATION–BASED OPTIMIZATION”) 173
di ottimizzazione determina una nuova configurazione da simulare e il processo
continua iterativamente fino al soddisfacimento del criterio di arresto.
Per una trattazione completa della “simulation–based optimization” si rimanda al
gia citato [Fu, 2014]. Riportiamo di seguito in estrema sintesi alcune osservazioni
importanti:
• il tempo totale di un’esecuzione dipende dal numero di configurazioni del
sistema che sono state esaminate (numero di iterazioni dell’algoritmo di
ottimizzazione), ma anche da tempo necessario per simulare ciascuna di
queste configurazioni;
• in caso di varianza elevata, sara necessario un numero di repliche adeguato
per ottenere l’accuratezza desiderata;
• esiste la possibilita di effettuare implementazioni parallele.
Molti simulatori includono “optimization packages”’ (spesso basati su algorim-
ti euristici) gia integrati con il simulatore e che prevedono una visulizzazione
di vario tipo durante le iterazioni dell’algoritmo. Un esempio e costituito da
tool OptQuestr for ARENAr disponibile all’interno del simulatore ARENAr (cfr.
paragrafo 2.7).
Disponendo di un proprio codice che implementa l’algoritmo di ottimizzazione
che si vuole utilizzare, sara ovviamente necessario creare un’interfaccia tra il
simulatore e l’algoritmo di ottimizzazione e questo spesso richiede tecnicalita che
possono essere non da banali da realizzare, soprattutto per la sincronizzazione
dei due tool. A titolo di esempio, il simulatore ARENAr permette di utilizzare
Microsoft Visual Basic (VBA) per realizzare tale interfaccia.
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174 SIMULAZIONE
2.7 SOFTWARE DI SIMULAZIONE (SIMULATORI)
Nel paragrafo 2.1.4 abbiamo fatto cenno ad alcuni pacchetti software di simula-
zionei. L’uso di tali simulatori e oggi diventato assai diffuso all’interno di diverse
realta della vita reale in ragione della loro generalita e flessibilita di uso. Faremo
riferimento a simulatori ad eventi discreti “general purpose”, ovvero non destinati
alla creazione di modelli di simulazione specifici bensı capaci di creare modelli di
simulazione di sistemi complessi anche molto diversi fra di loro. Tali simulatori
hanno ormai raggiunto un ottimo livello di adattabilita e facilita di uso. Sono di
solito basati su un’interfaccia grafica che permette di costruire un modello con
il semplice “drag and drop” di moduli predefiniti all’interno di appositi riquadri
di lavoro, ignorando l’esistenza del linguaggio nel quale il simulatore realizzera
il modello stesso. Inoltre, sono dotati di animazioni grafice anche tridimensio-
nali che permettono di osservare il funzionamento del sistema implementato nel
modello di simulazione. Tali animazioni sono molto utili se si vuole mostrare
tale funzionamento a persone che sono poco propense ad osservare tabelle spes-
so molto lunghe e piene di valori numerici poco significativi ad un occhio poco
esperto.
Abbiamo scelto i due seguenti simulatori:
• ARENAr http://www.arenasimulation.com
Prodotto dalla Rockwell Automation, e un simulatore oggi largamente uti-
lizzato, che attraverso un’interfaccia grafica consente sia di realizzare un
modello di simulazione, sia di effettuare i diversi run di una simulazione e
di analizzare i risultati ottenuti.
• SIMIOTM
http://www.simio.com
Prodotto dalla SIMIO LCC, anch’esso con una efficace interfaccia grafica
e basato su “oggetti intelligenti” che una volta costruiti, possono essere
riutilizzati in progetti diversi.
SIMIO e un simulatore di piu recente generazione e rappresenta un passaggio
dal paradigma della simulazione “process oriented” a quello della simulazione
“objects oriented”. Entrambi i simulatori sono dotati di strumenti di animazione e
visualizzazione 3D che permettono di osservare bene il funzionamento del sistema
reale.
Gli studenti posso scaricare dai rispettivi siti le versioni trial/studente delle
release piu recenti di entrambi.
Per ogni dettaglio sull’uso di ARENA si fa riferimento a [Kelton et al., 2004],
[Altiok, Melamed, 2007], [Rossetti, 2010] e alla User’s Guide.
Per ogni dettaglio sull’uso di SIMIO si fa riferimento a [Kelton et al., 2011],
[Joines, Roberts, 2012] e alla User’s Guide.
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SOFTWARE DI SIMULAZIONE (SIMULATORI) 175
2.7.1 ARENA
Si riporta una descrizione molto sintetica dei moduli che costituiscono i Basic
process di ARENA, ovvero i moduli: CREATE, PROCESS, DISPOSE, DECIDE,
ASSIGN, BATCH e SEPARATE.
• CREATE : genera le entita e le immette nel sistema. La generazione puo
avvenire secondo uno schema fissato o specificando la distribuzione di pro-
babilita dei tempi di interarrivo.
• PROCESS : rappresenta qualsiasi tipo di processamento di entita. Permet-
te anche di considerare l’utilizzazione di risorse (e dei relativi vincoli di
disponibilita) secondo tre schemi: size–delay, seize–delay–release e delay–
release.
• DISPOSE : espelle le entita dal sistema. Permette anche di specificare se
registrare le statistiche dell’ingresso delle entita.
• DECIDE : permette di controllare l’istradamento delle entita sulla base di
condizioni oppure sulla base di probabilita in corrispondenza per ciascuna
uscita.
• ASSIGN : esegue l’assegnazione di variabili e attributi. L’operazione di
assegnazione e effettuata quando un’entita attraversa il modulo.
• BATCH : permette di raggruppare entita. La costruzione del “batch” e
controllata dal numero delle entita o da attributi. Le entita che entrano nel
modulo vengono raggruppate e si avra una sola entita (gruppo) in uscita
dal modulo.
• SEPARATE : ha due funzioni: produrre una o piu copie di una entita,
oppure separare un gruppo di entita precedentemente raggruppate.
2.7.2 Modelli in ARENA
Si riportano di seguito i testi di alcuni esercizi svolti durante le esercitazioni. I
relativi modelli implementati con ARENA sono disponibili sul sito web del corso.
Si tratta di esempi molto introduttivi destinati solamente ad illustrare l’uso dei
moduli presenti nei Basic process di ARENA.
MODELLO 1. Un modello che rappresenti un sistema a coda M/M/1 con
media dei tempi di interarrivo pari a 60 minuti e media dei tempi di servizio pari
a 50 minuti.
MODELLO 2. Ad un istituto di credito arrivano richieste di erogazione di
mutui. La distribuzione dei tempi di interarrivo di tali tempi e esponenziale con
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176 SIMULAZIONE
media 2 ore. La richiesta viene esaminata da un impiegato il cui tempo per
completare la pratica e distrbuito secondo una ditribuzione triangolare con valori
(1, 1.75, 3) ore. In genere, nell’88% dei casi la pratica va a buon fine, ovvero il
mutuo e concesso. Nel rimanente 12% dei casi, la risposta e negtiva.
MODELLO 3. Un’impresa per la trasformazione di semilavorati deve proces-
sare l’arrivo di 100 semilavorati. Questi dovranno passare attraverso 2 ulteriori
processi di lavorazione: detti Machining Center ed Inspection Station. Dopo tali
processi verra effettuato il controllo di qualita sul prodotto finito valutandone il
grado di finitezza. I dati relativi al problema sono:
• al primo processo produttivo i semilavorati arrivano uno alla volta con
intertempo di arrivo esponenziale (media pari ad 1 minuto);
• i tempi di processamento (espressi in minuti) al Machining Center sono
uniformemente distribuiti nell’intervallo [0.65, 0.70];
• i tempi di processamento (espressi in minuti) al Inspection Station sono
uniformemente distribuiti nell’intervallo [0.75, 0.80];
• con probabilita del 50% i pezzi controllati sono “perfect” ed escono dal
sistema attraverso un proprio canale;
• con probabilita del 20% i pezzi controllati sono “very good” ed escono dal
sistema attraverso un proprio canale;
• con probabilita del 5% i pezzi controllati sono “good” ed escono dal sistema
attraverso un proprio canale;
• con probabilita del 25% i pezzi controllati rientrano nel sistema e vengono
rilavorati sui due processi.
MODELLO 4. In un laboratorio di analisi di un ospedale il centro prelievi e
aperto dal lunedı al sabato dalle 7.30 alle 11.00. Gli utenti arrivano al centro con
intertempi di arrivo distribuiti esponenzialmente con media 7 minuti. Appena
arrivato al centro prelievi un utente deve ritirare un numero da una macchinetta
distributrice e poi deve attendere di essere chiamato allo sportello per l’accetta-
zione dove presentera la richiesta di analisi del proprio medico curante; gli utenti
sono chiamati in ordine di numero crescente e le operazioni per l’accettazione
sono eseguite in tempi distribuiti uniformemente tra 1 e 1.5 minuti. Dopo l’ac-
cettazione l’utente si reca all’ufficio cassa se deve pagare il ticket oppure, se e
esente da tale pagamento, si reca direttamente all’ambulatorio per il prelievo. Il
pagamento del ticket richiede tempi distribuiti uniformemente tra 0.5 e 1 minu-
to, mentre i tempi per effettuare i prelievi presso l’ambulatorio sono distribuiti
esponenzialmente con media 5 minuti.
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SOFTWARE DI SIMULAZIONE (SIMULATORI) 177
MODELLO 5. Una catena di montaggio costruisce apparecchi assemblando
due parti. Le due parti arrivanno alla catena dall’esterno da due ingressi diversi
(I1 e I2 ). Le singole parti arrivano alla catena di montaggio secondo due diverse
distribuzione di probabilita dei tempi di interarrivo: dall’ingresso I1 secondo una
distribuzione uniforme tra 0.4 e 0.7 ore, dall’ingresso I2 secondo una distribuzione
normale a media 0.5 ore e deviazione standard 0.2. Le singole parti, prima dell’as-
semblaggio subiscono un pretrattamento; i tempi necessari per questa operazione
sono distributi secondo la distribuzione normale a media 0.1 ore e deviazione
standard 0.03 per le parti che sono arrivate dall’ingresso I1 e a media 0.15 ore e
deviazione standard 0.04 per le parti arrivate dall’ingresso I2. L’assemblaggio e
effettuato in un tempo costante pari a 0.3 ore. Dopo l’assemblaggio c’e una lavo-
razione finale che richiede un tempo distribuito secondo la distribuzione normale
a media 0.6 ore e deviazione standard 0.13.
MODELLO 6. In una videoteca entrano clienti con tempi di interarrivo di-
stribuiti esponenzialmente con media 5 minuti. Una volta entrati i clienti scelgono
casualmente tra i tre diversi tipi di film (drammatico, commedia, azione). Il
tempo impiegato nella scelta ha distribuzione triangolare con valore minimo 1
minuto, massimo 10 minuti e valore piu probabile 5 minuti. Una volta effettuata
la scelta il cliente puo decidere se acquistare anche una pizza oppure dirigersi
direttamente alla cassa. Nel 25% dei casi la pizza viene acquistata e questo
richiede un tempo distribuito secondo una distribuzione triangolare con valore
minimo 0.5 minuti, massimo 2 minuti e valore piu probabile 1 minuto. Il tempo
necessario al pagamento alla cassa (con o senza la pizza) e anch’esso distribuito
secondo una distribuzione triangolare con valore minimo 1 minuto, massimo 4
minuti e valore piu probabile 2 minuti.
MODELLO 7. Un Computer consta di 1 CPU, 3 terminali, 1 unita Hard Disk
(HD) e 1 unita a nastro (Tape). In ciascun terminale siede un utente il quale
invia jobs alla CPU con intertempi distribuiti esponenzialmente (valore atteso
pari a 100 secondi). I jobs si accumulano in una coda (FIFO) prima di essere
processati dalla CPU. Ciascun job processato dalla CPU la tiene occupata per
un tempo distribuito esponenzialmente (valore atteso pari a 1 secondo). Un job
che lascia la CPU puo:
• con probabilita 20% ritornare al terminale che l’ha inviato;
• con probabilita 72% andare nella coda (FIFO) dell’ Hard Disk;
• con probabilita 8% andare nella coda (FIFO) dell’unit a nastro.
Ciascun job processato dall’Hard Disk necessita di un tempo distribuito espo-
nenzialmente (valore atteso pari a 1.39 secondi), dopodiche torna alla coda del-
la CPU. Analogamente ciascun job processato dall’unita a nastro necessita di
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178 SIMULAZIONE
un tempo distribuito esponenzialmente (valore atteso pari a 12.50 secondi), poi
torna alla coda della CPU. Tutti i job prodotti dagli operatori sono tra loro
statisticamente indipendenti.
MODELLO 8. Un’azienda di vendite per corrispondenza riceve richieste di or-
dini con distribuzione esponenziale a media 9 minuti. Due operatori telefonici
accettano gli ordini. Per entrambi il tempo di servizio e distribuito secondo la
distribuzione triangolare con valore minimo 3 minuti, massimo 11 minuti e valore
piu probabile 7 minuti il primo operatore e valore minimo 2 minuti, massimo
11 minuti e valore piu probabile 8 minuti il secondo. Una volta terminata la
chiamata l’ordine viene passato all’addetto del reparto consegne che provvede a
preparare l’ordine e a caricarlo su un furgone. Tale operazione richiede un tem-
po distribuito secondo la distribuzione triangolare con valore minimo 5 minuti,
massimo 20 minuti e valore piu probabile 10 minuti. Prima di partire per le
consegne, il furgone attende che vi siano caricate le merci corrispondenti a 10
ordini. I tempi per le consegne sono distribuiti secondo la distribuzione triango-
lare con valore minimo 20 minuti, massimo 80 minuti e valore piu probabile 40
minuti. Per ciascun ordine consegnato il fattorino fornisce la notifica di avvenuta
consegna all’azienda che provvede ad inserire il cliente nella lista delle consegne
effettuate. Tale operazione avviene con un tempo distribuito secondo la distri-
buzione triangolare con valore minimo 1 minuto, massimo 4 minuti e valore piu
probabile 2 minuti. L’ultima operazione e l’emissione della fattura da inviare al
cliente che avviene con un tempo distribuito secondo la distribuzione triangolare
con valore minimo 0.8 minuti, massimo 2 minuti e valore piu probabile 1 minuto.
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RIFERIMENTI DEL CAPITOLO 2 179
2.8 RIFERIMENTI DEL CAPITOLO 2
La trattazione di questo capitolo e basata sul testo [Law, Kelton, 2000] che rappre-
senta un testo completo su tutti gli aspetti della simulazione e quindi utile anche
per approfondimenti. Per aspetti piu teorici si puo consultare il capitolo 11 del
testo [Ross, 2003a]. Fra i numerosi ulteriori testi sulla simulazione citiamo, ad
esempio, [Ross, 2002] e [Banks et al., 2001]. Il testo [Banks, 1998] riporta una
collezione di articoli che forniscono un’adeguata panoramica sulle metodologie e
le aree di applicazione della simulazione.
Per quanto riguarda il software di simulazione ARENA trattato nel paragrafo 2.7
si fa riferimento al testo [Kelton et al., 2004].
Segnaliamo inoltre il sito Web dell’Informs College on Simulation
http://www.informs-cs.org
e il sito dei proceedings delle conferenze annuali “Winter Simulation Conference”
http://www.informs-cs.org/wscpapers.html
nel quale si possono trovare molti articoli e survey aggiornate su diversi aspetti
della simulazione e su applicazioni della simulazione.
Banks, J. (1998). Handbook on Simulation. Principles, Methodology, Ad-
vances, Applications, and Practice. Wiley and Sons, New York.
Banks, J., J.S.Carson, Nelson, B., Nicol, D. (2001). Discrete–event
system simulation. Prentice Hall.
Fu, M. C. (2014). Handbook on Simulation Optimziation. Springer.
Law, A., Kelton, W. (2000). Simulation modeling and analysis. McGraw
– Hill, New York, third edition.
Kelton, W., Sadowski, R., Sturrock, D. (2004). Simulation with
Arena. McGraw – Hill, New York, third edition.
Ross, S. (2002). Simulation. Academic Press, San Diego, third edition.
Ross, S. (2003a). Introduction to probability models. Academic Press, San
Diego.
Ross, S. (2003b). Probabilita e statistica. Apogeo, Milano.
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180 SIMULAZIONE
2.9 ESERCIZI SULLA SIMULAZIONE
Esercizio 2.9.1 Applicare il metodo della trasformazione inversa per generare
cinque osservazioni casuali dalla distribuzione esponenziale con media pari ad 1,
a partire dai seguenti cinque numeri casuali generati dalla distribuzione uniforme
in [0, 1)
0.495 0.335 0.791 0.469 0.279
Esercizio 2.9.2 Si vuole effettuare una simulazione di un sistema di code M/M/3
in cui la frequenza media di arrivo e pari a 20 e la velocita di servizio e pari a
10, essendo interessati a stimare il numero medio di utenti presenti nel sistema.
Supponiamo che siano state effettuate 5 repliche indipendenti dalle quali si sono
ottenuti i seguenti risultati:
1a replica: 3.28
2a replica: 2.57
3a replica: 3.01
4a replica: 2.93
5a replica: 2.55
Calcolare la stima della media e l’intervallo di confidenza al 95%. Facendo rife-
rimento a tale intervallo di confidenza, trascurando il problema dello start up e
supponendo di voler ottenere un errore assoluto sulla stima della media inferio-
re a 0.2, determinare se le cinque repliche effettuate sono sufficienti ad ottenere
tale precisione. In caso negativo, applicando la procedura iterativa, determinare
il numero delle repliche necessarie per ottenere la precisione voluta sapendo che
nelle eventuali successive cinque repliche si ottengono i seguenti valori:
6a replica: 2.69
7a replica: 2.61
8a replica: 2.85
9a replica: 2.91
10a replica: 2.88
Esercizio 2.9.3 Applicare la procedura di Welch, con un valore di time window
k = 2, al seguente output di una simulazione
1a replica: 3.72 2.90 3.32 2.50 2.12 3.90 3.10 2.60
2a replica: 2.37 3.80 4.00 3.75 2.90 3.12 2.30 2.70
3a replica: 3.12 2.05 2.90 2.55 2.95 3.30 3.00 2.80
4a replica: 2.98 3.90 3.54 3.10 2.78 2.10 1.90 2.35
5a replica: 2.50 1.90 3.10 2.60 2.20 3.00 2.70 2.85
Dei valori Yj(2) ottenuti dalla procedura, (trascurando il problema dello startup)
determinare media e t intervallo di confidenza al 95%.
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3Elementi di statistica
In questo capitolo, sono riportati in breve alcuni elementi di Statistica di uso
comune all’interno della Simulazione che lo studente dovrebbe aver gia acquisito
nel suo curriculum di studi attraverso corsi specifici. Tali importanti aspetti non
sono stati trattati esplicitamente, ma considerati come prerequisiti gia in possesso
degli studenti e sono qui riportati per completezza di informazione. Pertanto
questo capitolo non fa esplicitamente parte del programma di esame.
3.1 ELEMENTI DI STATISTICA INFERENZIALE
In questo paragrafo verranno illustrati alcuni elementi di Statistica che sono essen-
ziali per procedere alla costruzione di un modello di simulazione e per effettuare
correttamente una simulazione. Si tratta essenzialmente della stima dei parame-
tri e dei test statistici, elementi chiave per l’analisi dell’input e dell’output di una
simulazione.
Infatti, per effettuare una simulazione di un sistema che presenta elementi stoca-
stici e necessario specificare le distribuzioni di probabilita che regolano i processi
che caratterizzano il sistema stesso. Se e possibile raccogliere dati reali (osser-
vazioni) sulle variabili aleatorie di interesse, essi possono essere utilizzati per
determinare queste distribuzioni facendo uso di tecniche di inferenza statistica
(analisi dell’input). Una volta stabilite tali distribuzioni, la simulazione procede
generando valori casuali da queste distribuzioni, ovvero, durante ogni esecuzione,
la simulazione genera osservazioni casuali di variabili aleatorie distribuite secondo
particolari distribuzioni di probabilita. Oltre che per progettare una simulazione,
e necessario l’uso di tecniche statistiche anche per interpretare i risultati ottenuti
M. Roma – Sistemi di Servizio e Simulazione – SAPIENZA Universita di Roma – a.a. 2017-2018
182 ELEMENTI DI STATISTICA
da una simulazione (analisi dell’output).
La trattazione degli argomenti riportati in questo paragrafo sara sintetica e consi-
dera esclusivamente quegli elementi che risulteranno utili all’interno dello studio
della simulazione. Per ogni trattamento piu esteso e approfondito si rimanda ai
testi specifici come, ad esempio [Ross, 2003b].
3.2 STATISTICHE CAMPIONARIE E LORO DISTRIBUZIONE
In generale, nello studio di un fenomeno riguardante un insieme di elementi (po-
polazione) che presenta caratteristiche aleatorie, molto spesso si dispone solo di
informazioni su una parte di essi (campione) e si vogliono dedurre proprieta ge-
nerali riguardanti l’intera popolazione. L’inferenza statistica si occupa di questa
problematica e riveste un importante strumento di analisi.
Solitamente viene fatta l’assunzione che esiste una distribuzione di probabilita
della popolazione nel senso che se da essa vengono estratti casualmente alcu-
ni elementi, ad essi sono associate variabili aleatorie indipendenti identicamente
distribuite secondo tale distribuzione. In questo senso, un insieme di variabili
aleatorie X1, . . . , Xn di variabili aleatorie indipendenti tutte con la stessa distri-
buzione si dice campione di questa distribuzione. L’interesse principale risiede
nella possibilita di dedurre caratteristiche della distribuzione non nota sulla base
dei dati a disposizione. Naturalmente ci sono casi in cui della distribuzione della
popolazione non si conosce nulla (se non il fatto che essa e discreta o continua),
mentre in altri casi la distribuzione e nota ma non sono noti alcuni suoi parame-
tri. Esamineremo entrambi i casi, introducendo, innanzitutto alcuni elementi che
riguardano le statistiche campionarie e la loro distribuzione.
Dato un campione X1, . . . , Xn estratto da una popolazione, ogni funzione delle
osservazioni campionarie e chiamata statistica campionaria e i valori ottenuti da
una qualsiasi funzione dei soli valori osservati sono chiamati statistiche. I due
principali esempi di statistiche sono la media campionaria e la varianza campio-
naria.
3.2.1 Media campionaria e varianza campionaria
Sia dato un campione X1, . . . , Xn estratto da una popolazione, ovvero le Xi sono
variabili aleatorie indipendenti identicamente distribuite, e sia µ e σ2 rispetti-
vamente la loro media e la loro varianza (ovvero la media e la varianza della
popolazione).
La media campionaria e data daMedia cam-
pionaria
Xn =1
n
n∑i=1
Xi.
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STATISTICHE CAMPIONARIE E LORO DISTRIBUZIONE 183
Xn e una variabile aleatoria funzione delle Xi e si verifica facilmente che risulta
E(Xn) = µ e V ar(Xn) =σ2
n.
La varianza campionaria e data da Varianza
campiona-
rias2n =
1
n− 1
n∑i=1
(Xi − Xn
)2e si verifica facilmente che risulta E(s2
n) = σ2.
3.2.2 Distribuzione (approssimata) della media campionaria
La distribuzione della media campionaria puo essere determinata grazie al Teo-
rema del limite centrale. Siano date le osservazioni X1, . . . , Xn estratte da una
distribuzione di probabilita. Le Xi sono variabili aleatorie indipendenti identica-
mente distribuite e sia µ e σ2 rispettivamente la loro media e la loro varianza.
Definendo la variabile aleatoria
Zn =
X1 + · · ·+Xn
n− µ
σ√n
,
e la sua funzione di distribuzione Fn(z) = P (Zn ≤ z), il Teorema del Limite
Centrale afferma che
limn→∞
Fn(z) =1√2π
∫ z
−∞e−
y2
2 dy, (3.2.1)
ovvero Fn(z) converge alla funzione di distribuzione della distribuzione Normale
standard. Questo risultato permette di ottenere l’importante proprieta riportata
nel seguente teorema riguardante la media campionaria Xn.
Proposizione 3.2.1 Sia X1, . . . , Xn un campione estratto da una distribu-
zione di probabilita a media µ e varianza σ2. Allora, per n sufficientemente
grande,Xn − µσ√n
(3.2.2)
e una variabile aleatoria distribuita approssimativamente secondo la distribu-
zione Normale standard.
Questo risultato si ricava immediatamente dal Teorema del Limite Centrale, os-
servando che la (3.2.1) puo essere interpretata nel seguente modo: per n sufficien-
temente grande, la variabile aleatoria Zn e distribuita approssimativamente come
una variabile Normale standard, indipendentemente dalla distribuzione delle Xi.
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184 ELEMENTI DI STATISTICA
Ricordando che il valore atteso di Xn e µ e che la sua deviazione standard e
pari a σ/√n, la Proposizione 3.2.1 afferma che se si normalizza Xn sottraendo
la sua media e dividendo per la sua deviazione standard, si ottiene una variabile
aleatoria che e approssimativamente distribuita secondo una Normale standard
purche n sia sufficientemente grande.
La problematica che nasce nell’utilizzare questo risultato sta nel fatto che non e
noto quanto deve essere grande n affinche l’approssimazione sia buona; natural-
mente questo dipende dalla distribuzione in questione. Osservazioni sperimentali
hanno portato a formulare la regola empirica comunemente adottata secondo la
quale quando n > 30, si ha in genere una buona approssimazione, qualsiasi sia la
distribuzione della popolazione considerata.
3.2.3 Distribuzioni delle statistiche di popolazioni normali
Assumiamo ora che la distribuzione della popolazione sia Normale a media µ e
varianza σ2 e sia X1, . . . , Xn un campione estratto da tale popolazione. In questo
caso ovviamente si ha che la variabile aleatoria (3.2.2) e una variabile Normale
standard per qualsiasi valore di n, ovvero vale il seguente risultato.
Proposizione 3.2.2 Sia X1, . . . , Xn un campione estratto da una distribuzio-
ne di probabilita Normale a media µ e varianza σ2. Allora
Xn − µσ√n
(3.2.3)
e una variabile aleatoria distribuita secondo la distribuzione Normale standard.
Si osservi che avendo assunto che le Xi sono variabili aleatorie normali, il ri-
sultato ora enunciato non vale piu in senso approssimato, come nel caso della
Proposizionea 3.2.1, ma e un risultato esatto che vale per qualsiasi valore di n
(non necessariamente grande).
Si puo inoltre dimostrare che vale il seguente importante risultato:
Teorema 3.2.1 Sia X1, . . . , Xn un campione estratto da una distribuzione
Normale a media µ e varianza σ2. Allora
i) Xn e s2n sono variabili aleatorie indipendenti;
ii) Xn e una variabile aleatoria normale con media µ e varianza σ2/n;
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STIMA DI PARAMETRI 185
iii) (n − 1)s2n
σ2e una variabile aleatoria distribuita secondo la distribuzione
Chi-quadro a n− 1 gradi di liberta (χ2n−1).
Questo teorema ha un’importante conseguenza che enunciamo nella seguente
proposizione.
Proposizione 3.2.3 Sia X1, . . . , Xn un campione estratto da una distribuzio-
ne di probabilita Normale a media µ. Allora
Xn − µsn√n
(3.2.4)
e una variabile aleatoria distribuita secondo la distribuzione t di Student con
n− 1 gradi di liberta (tn−1).
Confrontando la (3.2.3) e la (3.2.4) si nota che nella Proposizione 3.2.3 la variabile
aleatoria considerata differisce da quella considerata nella Proposizione 3.2.2 per
la presenza di sn al posto di σ. Quindi possiamo riepilogare i risultati fino ad ora
ottenuti dicendo che, data una popolazione Normale, se si normalizza la media
campionaria Xn sottraendo la sua media µ e dividendo per la sua deviazione
standard σ/√n, si ottiene una variabile aleatoria Normale standard; se invece si
divide per sn/√n, si ottiene una variabile aleatoria con distribuzione t di Student
con n− 1 gradi di liberta.
3.3 STIMA DI PARAMETRI
Supponiamo ora che la popolazione sia distribuita secondo una distribuzione di
probabilita nota, ma caratterizzata da uno o piu parametri incogniti. Siamo
in questo caso interessati a determinare tali parametri incogniti sulla base di un
campione X1, . . . , Xn. Si tratta di un problema di stima di parametri che consiste
nel determinare, sulla base del campione X1, . . . , Xn, un valore per ciascuno dei
parametri in modo che essi costituiscano la migliore approssimazione dei para-
metri incogniti. Esistono diversi metodi di stima che non sono altro che tecniche
per ricavare statistiche e che sono detti stimatori. Uno stimatore e quindi una Stimatori e
stimefunzione h(X1, . . . , Xn) delle osservazioni campionarie e il valore che tale funzione
assume in corrispondenza di una particolare realizzazione del campione e detto
stima. Se θ e un parametro incognito, si indichera con θ la stima di θ.
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186 ELEMENTI DI STATISTICA
In alcuni casi si determina un unico valore θ come migliore approssimazione pos-
sibile del parametro θ e tale valore viene detto stima puntuale. In altri casi, puoStima
puntuale essere preferibile calcolare due valori dello stimatore ovvero θ1 = h1(X1, . . . , Xn)
e θ2 = h2(X1, . . . , Xn) che definiscono un intervallo [θ1, θ2] tale che, in un cam-
pionamento ripetuto, il valore incognito θ apparterra all’intervallo in una deter-
minata percentuale di casi che e detta confidenza dell’intervallo. In questo casoStima per
intervalli si parla di stima per intevalli.
3.3.1 Proprieta degli stimatori
Continuando ad indicare con θ un parametro incognito, con θ una sua stima
e con h = h(X1, . . . , Xn) uno stimatore, riportiamo in questo paragrafo alcune
definizioni standard.
Definizione 3.3.1 Si definisce valore dell’errore di campionamento la diffe-
renza θ − θ. Si chiama distorsione di uno stimatore h la differenza E(h)− θ.
L’errore quadratico medio dello stimatore h e dato da EQM(h) = E(h− θ)2.
Definizione 3.3.2 Uno stimatore h = h(X1, . . . , Xn) si dice stimatore cor-
retto del parametro θ se risulta E(h) = θ. Se invece si ha E(h) 6= θ si dice che
h e uno stimatore distorto per θ. Uno stimatore h = h(X1, . . . , Xn) si dice
stimatore efficiente del parametro θ se
i) E(h) = θ
ii) V ar(h) ≤ V ar(h1) per ogni h1 stimatore corretto di θ.
3.3.2 Stima di media e varianza
Supponiamo di avere un campione casuale X1, . . . , Xn e di voler stimare stimare
la media µ e la varianza σ2 della popolazione mediante questo campione, ovvero
supponiamo che X1, . . . , Xn siano variabili aleatorie indipendenti identicamente
distribuite con E(Xi) = µ e V ar(Xi) = σ2, i = 1, . . . , n con µ e σ2 non note.
Uno stimatore corretto per la media µ e dato dalla media campionaria
µ = Xn =1
n
n∑i=1
Xi,
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STIMA DI PARAMETRI 187
in quanto risulta E(Xn) = µ. Uno stimatore corretto per la varianza σ2 e dato
dalla varianza campionaria
σ2 = s2n =
1
n− 1
n∑i=1
(Xi − Xn
)2,
in quanto risulta E(s2n) = σ2.
3.3.3 Metodi di stima
Esistono diversi metodi per stimare i parametri incogniti di una distribuzione.
Riporteremo brevemente nel seguito lo stimatore di massima verosimiglianza Stimatore
di massima
verosimi-
glianza
(Maximum Likelihood Estimator – MLE) che e molto utilizzato e per il quale
rimandiamo alla letteratura specifica per una trattazione completa. Riportiamo
di seguito una breve descrizione.
Date n osservazioni X1, . . . , Xn, assumiamo che esse siano ottenute da una distri-
buzione di probabilita continua avente densita fθ(x), dove θ e un parametro che
caratterizza la distribuzione. Nell’ipotesi che le osservazioni Xi sono indipendenti,
una misura della probabilita di aver ottenuto quelle osservazioni proprio da quella
distribuzione (se θ e il valore del parametro incognito) e data dalla funzione di
verosimiglianza
L(θ) = fθ(X1)fθ(X2) · · · fθ(Xn).
Nel caso di distribuzioni di probabilita discrete con funzione di probabilita data
da pθ(x), la funzione di verosimiglianza e definita da
L(θ) = pθ(X1)pθ(X2) · · · pθ(Xn).
Il metodo della massima verosimiglianza consiste nello scegliere come stimatore
del parametro incognito θ il valore θ che massimizza L(θ).
In generale, puo non essere facile massimizzare la funzione di verosimiglianza e
naturalmente la difficolta aumenta se la distribuzione ha piu di un parametro
e quindi la funzione L sara una funzione di piu variabili. Nell’effettuare que-
sta operazione di massimizzazione invece di considerare la funzione L(θ) si puo
considerare la funzione
`(θ) = lnL(θ)
ovvero il logaritmo della funzione di verosimiglianza (log-likelihood function) che Log-
likelihood
function
potrebbe essere piu facile da massimizzare. Infatti, poiche la funzione logaritmo
e una funzione strettamente crescente, un valore θ massimizza L(θ) se e solo se θ
massimizza `(θ). Si osservi, comunque, che l’operazione di massimizzazione non
e sempre facile e che potrebbe anche essere necessario ricorrere a metodi numerici
per risolvere l’equazione che si ottiene dall’annullamento della derivata.
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188 ELEMENTI DI STATISTICA
Esempio 3.3.3 Date n osservazioni X1, . . . , Xn dalla distribuzione esponenziale, deter-
minare con il metodo della massima verosimiglianza il parametro λ della distribuzione.
La funzione di verosimiglianza e data da
L(λ) = (λe−λX1)(λe−λX1) · · · (λe−λXn) = λne−λ∑ni=1Xi = λne−λnXn .
Uguagliando a zero la derivata (rispetto a λ) si ha
dL(λ)
dλ= nλn−1e−λnXn
(1− λXn
)= 0,
da cui si ha λ =1
Xn. Poiche si ha
d2L(λ)
dλ2< 0, λ e un punto di massimo per la funzione
L(λ). Il valore ottenuto per λ non ci sorprende perche la media campionaria e uno
stimatore corretto della media della distribuzione che e 1/λ.
Allo stesso risultato si puo arrivare considerando la funzione log-likelihood, ovvero
`(λ) = lnL(λ) = n lnλ− λn∑i=1
Xi.
Infatti si had`
dλ=n
λ−
n∑i=1
Xi = 0
per λ =1
Xned inoltre
d2`(λ)
dλ2= − n
λ2< 0.
Esempio 3.3.4 Date n osservazioni X1, . . . , Xn dalla distribuzione geometrica, determi-
nare con il metodo della massima verosimiglianza il parametro p ∈ (0, 1) della distribuzio-
ne. La distribuzione geometrica e una distribuzione di probabilita discreta caratterizzata
da
pp(x) =
{p(1− p)x se x = 1, 2, . . .
0 altrimenti.
La funzione di verosimiglianza e data da
L(p) = pp(X1)pp(X2) · · · pp(Xn) = p(1−p)X1p(1−p)X2 · · · p(1−p)Xn = pn(1−p)∑ni=1Xi .
Si ha
`(p) = lnL(p) = n ln p+
n∑i=1
Xi ln(1− p).
Annulliamo quindi la derivata della `(p), ottenendo
d`(p)
dp=n
p−
n∑i=1
Xi
1− p= 0.
Risolvendo l’equazione si ottiene
p =1
1 + Xn
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STIMA DI PARAMETRI 189
e poiche risultad2`(p)
dp2< 0,
allora p e un massimo per la `(p) e quindi anche per la funzione di massima verosimi-
glianza L(p).
Esercizio 3.3.5 Siano date n osservazioni indipendenti X1, . . . , Xn estratte dalla distri-
buzione di Poisson di parametro λ. Determinare lo stimatore di massima verosimiglianza
del parametro λ.
3.3.4 Stime per intervalli
Nei metodi di stima puntuale e sempre presente un errore θ − θ dovuto al fatto
che la stima θ in genere non coincide con il parametro θ. Sorge quindi l’esi-
genza di determinare una misura dell’errore commesso. Inoltre, dato il campio-
ne X1, . . . , Xn estratto da una distribuzione di probabilita caratterizzata da un
parametro incognito θ, qualunque sia lo stimatore h(X1, . . . , Xn) scelto per sti-
mare θ, esso dipende dal campione, ovvero lo stimatore fornira stime diverse in
corrispondenza di campioni diversi.
Queste due osservazioni fanno nascere l’esigenza di considerare stime per inter-
valli. Infatti, sulla base dei valori di θ ottenuti considerando un campione casuale
X1, . . . , Xn, si puo definire un intervallo in cui sono compresi i valori piu probabili
per il parametro θ, secondo un “livello di confidenza” fissato. Per fare cio si puo
procedere indirettamente utilizzando una statistica campionaria g(X1, . . . , Xn) la
cui distribuzione sia nota e non dipendente da θ. Naturalmente, visto che la g e
nota, fissato un livello di confidenza (1 − α), e possibile determinare due valori
g1 e g2, indipendenti da θ tali che, comunque scelto α ∈ (0, 1),
P (g1 ≤ g ≤ g2) = 1− α.
Lo scopo e quello di tradurre una probabilita su un intervallo per g in una pro-
babilita su intervallo per θ in modo da poter avere
P (h1 ≤ θ ≤ h2) = 1− α,
ovvero in modo tale che h1 e h2 rappresentino gli estremi dell’intervallo per θ.
Le distribuzioni note alle quali si fa di solito riferimento sono la distribuzione
Normale, la distribuzione t di Student e la distribuzione Chi–quadro.
Lo scopo sara quello di avere un valore ben superiore a 0.5 in modo che la pro-
babilita che il parametro θ appartenga all’intervallo [h1, h2] sia tale da assicurare
all’evento h1 ≤ θ ≤ h2 (evento che si verifica nel 100(1−α)% dei casi) una carat-
teristica di “sistematicita”, mentre all’evento complementare (che si verifica nel
100α% dei casi) una caratteristica di “accidentalita”.
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190 ELEMENTI DI STATISTICA
Formalmente si puo fornire la seguente definizione.
Definizione 3.3.6 Intervallo di confidenza. Dato un campione
X1, . . . , Xn, dato α ∈ (0, 1) e date le statistiche h1 = h1(X1, . . . , Xn) e
h2 = h2(X1, . . . , Xn) con h1 < h2, per le quali
P (h1 ≤ θ ≤ h2) = 1− α,
l’intervallo [h1, h2] si dice intervallo di confidenza per θ con livello di confidenza
pari ad (1− α).
Naturalmente tanto piu e piccolo α, tanto piu e ampio l’intervallo di confidenza
ad esso associato.
3.3.5 Stima per intervalli di una media
Siano date le osservazioni X1, . . . , Xn estratte da una distribuzione di probabilita
a media µ e varianza σ2. Assumiamo inizialmente che la media µ sia incogni-
ta mentre la varianza sia nota. Dalla Proposizione 3.2.1 sappiamo che per nCaso
varianza
nota
sufficientemente grande, la variabile aleatoria
Zn =Xn − µσ√n
(3.3.1)
e distribuita approssimativamente secondo la distribuzione Normale standard,
indipendentemente dalla distribuzione delle Xi. Quindi per n sufficientemente
grande risulta
P(−z1−α
2≤ Zn ≤ z1−α
2
)= P
(−z1−α
2≤ Xn − µ
σ√n
≤ z1−α2
)' 1− α,
dove z1−α2
e il punto critico (1 − α2 ) per una distribuzione Normale standard e
puo essere immediatamente determinato dai valori tabulati1
Segue che
P
(Xn − z1−α
2
σ√n≤ µ ≤ Xn + z1−α
2
σ√n
)' 1− α.
Quindi, per n sufficientemente grande, il valore incognito di µ si trova nell’inter-
vallo [Xn − z1−α
2
σ√n
, Xn + z1−α2
σ√n
]
1Sono ampiamente disponibili tabelle che, per una variabile Normale standard Z, riportano il valore di
P (Z ≤ z) = 1√2π
∫ z−∞ e−
y2
2 dy.
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STIMA DI PARAMETRI 191
con un livello di confidenza pari a 1− α. Si parla di intervallo di confidenza del
100(1− α)%.
Ad esempio, per determinare un intervallo di confidenza al 95% per una media,
dato un campione X1, . . . , Xn, si trova il punto critico z1−α2
= z0.975 = 1.96 dalle
tabelle della distribuzione Normale standard e facilmente si ricava tale intervallo[Xn − 1.96
σ√n
, Xn + 1.96σ√n
].
Si noti che l’intervallo di confidenza puo contenere o meno il valore della media
µ. Questo implica che un singolo intervallo di confidenza, da un punto di vista
probabilistico, fornisce informazioni non complete. La corretta interpretazione
dell’intervallo di confidenza e la seguente: se si costruisce un numero molto elevato
di intervalli di confidenza al 100(1 − α)%, indipendenti e ciascuno basato su n
osservazioni, con n sufficientemente grande, una frazione di questi intervalli pari
ad 1 − α conterra µ. Questa frazione si chiama copertura per l’intervallo di
confidenza. Quindi solamente una proporzione α di casi dara luogo ad intervalli
che non contengono µ.
Osservazione 3.3.7 Affermare che l’intervallo di confidenza, ad esempio per
una media µ e al 100(1− α)% non significa che la probabilita che µ appartenga
a questo intervallo e pari a (1 − α)%; questo perche prima di osservare i dati si
puo parlare di probabilita che l’intervallo che si otterra contenga µ in quanto gli
estremi dell’intervallo sono variabili aleatorie. Dopo l’osservazione dei dati, ovvero
dopo aver determinato gli estremi dell’intervallo, si puo solamente affermare che
l’intervallo trovato contiene µ con il 100(1 − α)% di confidenza in quanto non
si ha a che fare con nessuna variabile aletoria (µ e incognita, ma costante e gli
estremi dell’intervallo, una volta determinati sono valori numerici).
Quanto esposto fino ad ora assume che la varianza σ2 sia nota. Se invece σ2 non
si conosce sono necessarie altre considerazioni. Infatti, anche se la varianza σ2 Caso
varianza
non nota
non e nota, considerando la varianza campionaria s2n, poiche si ha
limn→∞
s2n = σ2,
il Teorema del Limite Centrale continua a valere se nell’espressione (3.3.1) della
Zn sostituiamo σ2 con la sua stima s2n. Questo significa che, per n sufficientemente
grande la variabile
Zn =Xn − µsn√n
,
e approssimativamente distribuita secondo la distribuzione Normale standard.
Quindi di ha
P
(Xn − z1−α
2
sn√n≤ µ ≤ Xn + z1−α
2
sn√n
)' 1− α,
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192 ELEMENTI DI STATISTICA
dove z1−α2
e il punto critico (1− α2 ) per una distribuzione normale standard.
Quindi, per n sufficientemente grande, con livello di confidenza 1 − α il valore
incognito di µ si trova nell’intervallo[Xn − z1−α
2
sn√n
, Xn + z1−α2
sn√n
].
Esempio 3.3.8 Siano dati i seguenti valori di dieci osservazioni 1.20, 1.50, 1.68, 1.89,
0.95, 1.49, 1.58, 1.55, 0.50, 1.09, da una distribuzione Normale a media e varianza non
note. Si ricava facilmente che X10 = 1.34 e s210 = 0.17. Volendo costruire un intervallo di
confidenza al 90% per la media si ha 1−α = 0.90, ovvero 1− α2
= 0.95. Dalla tavola dei
valori di P (Z ≤ z) per Z variabile Normale standard si ricava che risulta P (Z ≤ c) = 0.95
per c = 1.65, ovvero z1−α/2 = z0.95 = 1.65. Quindi gli estremi dell’intervallo richiesto
sono dati da
Xn ± z1−α2
√s2n
n= X10 ± z0.95
√s2
10
10= 1.34± 1.65
√0.017.
Pertanto l’intervallo di confidenza richiesto e dato da [1.12 , 1.55].
La difficolta nell’utilizzare questo tipo di intervallo di confidenza per µ sta nel
fatto che esso ha valore asintotico, ovvero per n sufficientemente grande e quindi
risulta approssimato. Inoltre il valore di n per cui la Fn(z) approssima bene
la funzione di distribuzione di una variabile Normale standard dipende dalla
distribuzione delle osservazioni Xi. Se si scelgono valori di n troppo piccoli si
ottiene una copertura di un intervallo di confidenza al 100(1 − α)% inferiore
a 1 − α. In questo caso, ovvero per valori piccoli di n si puo utilizzare una
definizione alternativa dell’intervallo di confidenza che fa riferimento non piu alla
distribuzione Normale standard, ma alla distribuzione t di Student a n− 1 gradi
di liberta. Dalla Proposizione 3.2.3 si ha che se le Xi sono variabili Normali, la
variabile
Zn =Xn − µsn√n
ha distribuzione t di Student con n − 1 gradi di liberta per ogni n > 1. Quindi,
per ogni n > 1 un intervallo di confidenza esatto al 100(1− α)% e dato da[Xn − tn−1,1−α
2
sn√n
, Xn + tn−1,1−α2
sn√n
],
dove tn−1,1−α2
e il punto critico 1− α2
per una distribuzione t di Student ad n− 1t intervallo
di confiden-
zagradi di liberta2. Questo intervallo si chiama t intervallo di confidenza.
2Anche in questo caso sono disponibili tavole che riportano valori tabulati di tali punti critici
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STIMA DI PARAMETRI 193
Poiche risulta tn−1,1−α2> z1−α
2l’intervallo di confidenza definito in riferimento
alla distribuzione t di Student e piu ampio di quello definito in riferimento alla
distribuzione Normale standard.
Esempio 3.3.9 Volendo determinare il t intervallo di confidenza nel caso delle osserva-
zioni dell’Esempio 3.3.8 e sufficiente ricavare dai valori tabulati il valore di t9,0.95 che e
pari a 1.83. Quindi l’intervallo di confidenza richiesto e dato da [1.10 , 1.58].
Tuttavia anche questo secondo tipo di intervallo di confidenza presenta aspetti
problematici; infatti, nella sua definizione si assume che le osservazioni Xi sono
estratte da una distribuzione Normale e poiche questa assuzione, in generale, non
e verificata, anche questo tipo di intervallo di confidenza e, di fatto, approssimato.
In conclusione, possiamo dire che l’intervallo di confidenza definito in riferimento
alla distribuzione Normale standard e basato sul Teorema del Limite Centrale
e la copertura dipende dalla scelta di n. L’intervallo di confidenza definito in
riferimento alla distribuzione t di Student e approssimato perche influenzato dalla
distribuzione delle Xi che in generale non sono Normali; tuttavia questo secondo
tipo di intervallo di confidenza ha maggiore copertura dell’altro.
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194 ELEMENTI DI STATISTICA
3.4 TEST DELLE IPOTESI
Nel cercare di costruire un legame tra dati osservati e ipotesi teoriche sulle carat-
teristiche dell’intera popolazione si deve, in genere, prendere una decisione per il
raggiungimento di tale conclusione generale e nasce il problema di esprimere un
giudizio di plausibilita di un’ipotesi che si e specificata per la popolazione. Per
verificare la coerenza tra osservazioni e ipotesi fatta si fa uso di test statistici che
prendono nome di test delle ipotesi. In sintesi, possiamo dire che tali test devono
confrontare i valori osservati e i corrispondenti valori teorici attesi condiziona-
tamente all’ipotesi fatta. Le differenze che vengono riscontrate possono essere
ovviamente ricondotte a due possibilita:
• l’ipotesi specificata e corretta e la differenza riscontrata e puramente casua-
le;
• l’ipotesi specificata e errata e quindi non ci si puo aspettare che i due valori
siano “vicini”.
Il procedimento consiste nel confrontare due ipotesi: l’ipotesi da sottoporre a ve-
rifica e il suo complemento. Si indica con H0 il sottoinsieme dei valori individuati
dall’ipotesi da sottoporre a verifica che viene detta ipotesi nulla, mentre il suo
complemento si indica con H1 e viene detto ipotesi alternativa. Si osservi che se
un test di ipotesi non scarta l’ipotesi H0, questo non vuol dire che H0 e accettata
come vera, ma solamente che essa non deve essere scartata, ovvero che puo essere
considerata possibile.
Si parla di errore di I specie se il test porta a rifiutare un’ipotesi H0 quando questa
e corretta e di errore di II specie se il test porta ad accettare H0 quando questa e
falsa. Si noti che l’obiettivo non e quello di dire se l’ipotesi fatta e vera o falsa, ma
piuttosto di verificare se l’ipotesi fatta sia compatibile con i dati. In genere, c’e
un ampio margine di tolleranza nell’accettare H0, mentre per rifiutarla occorre
che i dati siano veramente poco probabili quando H0 dovesse essere corretta. Per
ottenere questo, si specifica un valore α, detto livello di significativita e si impone
che il test sia tale che, quando l’ipotesi H0 e corretta, la probabilita che essa venga
scartata e non superiore ad α. Quindi un test con livello di significativita pari
ad α deve essere tale che una probabilita di commettere un errore di I specie e
minore o uguale ad α.
Rimandiamo alla letteratura specifica per una trattazione generale dei test d’ipo-
tesi; nel seguito faremo esclusivamente riferimento al problema di decidere se le
osservazioni sono un campione indipendente di una particolare distribuzione di
probabilita con funzione di distribuzione F . Ovvero, si vuole utilizzare un test
delle ipotesi per avvalorare o smentire un’ipotesi fatta sulla distribuzione di pro-
babilita che meglio rappresenta tali dati. Quindi, date le osservazioni X1, . . . , Xn,
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TEST DELLE IPOTESI 195
l’ipotesi da sottoporre a verifica e la seguente:
H0 ={X1, . . . , Xn sono variabili aleatorie indipendenti,
identicamente distribuite con funzione di distribuzione F}
Esistono diversi test di ipotesi; consideriamone brevemente nel seguito due, ri-
mandando alla letteratura specifica per una trattazione completa.
3.4.1 Test Chi–quadro
Siano X1, . . . , Xn variabili aleatorie indipendenti identicamente distribuite. Per
applicare il test si effettua il seguente procedimento: si suddivide il range della
distribuzione in k intervalli adiacenti
[a0, a1) , [a1, a2) , [a2, a3) , . . . [ak−1, ak) ,
dove puo anche essere a0 = −∞ e/o ak =∞. Si definisce ora Nj come il numero
delle Xi contenute nell’intervallo j-esimo, ovvero in [aj−1, aj) per j = 1, 2, . . . k.
Naturalmente risulta∑k
j=1Nj = n. Si calcola la proporzione pj che le Xi cadono
nell’intervallo j-esimo se le osservazioni fossero dalla distribuzione ipotizzata,
ovvero
pj =
∫ aj
aj−1
f(x)dx nel caso continuo∑aj−1≤xi<aj
p(xi) nel caso discreto
dove f(x) e la densita di probabilita della distribuzione ipotizzata nel caso con-
tinuo e p(xi) sono i valori della distribuzione di probabilita nel caso discreto. Si
definisce
χ2 =
k∑j=1
(Nj − npj)2
npj. (3.4.1)
Poiche npj e il numero atteso che n Xi cadano nell’j-esimo intervallo se l’ipotesi
H0 fosse vera, ci si puo aspettare che χ2 sia piccolo se la distribuzione ipotizzata
realizza un buon fitting delle X1, . . . , Xn e quindi l’ipotesi H0 e scartata se χ2 e
troppo grande.
Per effettuare praticamente il test dobbiamo considerare il caso in cui tutti i
parametri della distribuzione sono noti e il caso in cui questo non avviene. Il test
Chi-quadro puo essere effettuato in entrambi i casi.
Nel primo caso, se α e il livello di significativita del test, si vuole trovare la Caso para-
metri noticosiddetta “regione critica”, ovvero si vuole calcolare un valore z tale che
PH0(χ2 ≥ z) = α,
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196 ELEMENTI DI STATISTICA
dove la notazione PH0 indica il condizionamento della probabilita al fatto che H0
sia vera. Il test dovra rifiutare l’ipotesi nulla quando il valore osservato per χ2 e
superiore a z. Il valore critico z puo essere ottenuto utilizzando il fatto che, se
l’ipotesi H0 e vera, allora χ2 per n → ∞ converge alla distribuzione Chi–quadro
con k− 1 gradi di liberta. Percio, per n grande, un test con livello di accuratezza
α e ottenuto scartando H0 se
χ2 > χ2k−1,1−α
dove χ2k−1,1−α e il punto critico 1− α per la distribuzione Chi–quadro con k − 1
gradi di liberta3.
Se invece, alcuni parametri fossero non noti, c’e da considerare il fatto che le pjCaso con
parametri
non noti
derivano dalla distribuzione ipotizzata, ma con parametri stimati. In particolare,
supponendo che siano presenti m parametri non noti e che siano stimati con il
metodo della massima verosimiglianza, si usano queste stime per calcolare
χ2 =
k∑j=1
(Nj − npj)2
npj,
dove rispetto alla (3.4.1), le pj sono state sostituite dalle pj che sono ottenute
utilizzando la distribuzione con i parametri stimati. In questo caso si puo dimo-
strare che, se l’ipotesi H0 e vera, allora χ2 per n→∞ converge alla distribuzione
Chi–quadro con k−1−m gradi di liberta (si perdono tanti gradi di liberta quanti
sono i parametri). Il test con livello di significativita α diventa il seguente: si
scarta H0 se
χ2 > χ2k−1−m,1−α,
dove χ2k−1−m,1−α e il punto critico 1 − α per la distribuzione Chi–quadro con
k − 1−m gradi di liberta
L’aspetto piu problematico nell’effettuare il test Chi–quadro e la scelta del nume-
ro e dell’ampiezza degli intervalli. E un problema difficile e non c’e una risposta
definitiva, ma solo delle linee guida da seguire per le quali si rimanda ai testi spe-
cifici. Diciamo solo che e opportuno scegliere gli intervalli in modo tale che risulti
p1 = p2 = · · · = pk (equiprobabilita) e, in questo caso, basandosi su osservazioni
empiriche si e visto che il test Chi-quadro e valido se k ≥ 3 e npj ≥ 5 nel caso con-
tinuo; nel caso discreto e opportuno avere tutti i valori npj approssimativamente
uguali e pari ad almeno a 5.
Nonostante queste difficolta il test Chi–quadro e molto utilizzato perche puo
essere applicato ad ogni distribuzione ipotizzata, mentre altri test non hanno
questa flessibilita.
3Sono disponibili tavole che riportano i valori di questi punti critici
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TEST DELLE IPOTESI 197
Esercizio 3.4.1 Supponiamo di monitorare il numero di automobili che passano ad un
casello autostradale tra le 7.00 e le 7.05 di giorni feriali per 100 giorni, ottenendo il
seguente risultato (numero di auto/frequenza)
numero automobili: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
frequenze: 12 10 19 17 10 8 7 5 5 3 3 1
Ovvero, in 12 casi e stato osservato il passaggio di 0 auto, in 10 casi e stato osservato
il passaggio di 1 auto, etc. Supponiamo di essere nella fase di analisi dell’input di una
simulazione e di voler quindi scegliere una distribuzione di input che meglio rappresenti
questi dati. A tale scopo, supponiamo di aver scelto come distribuzione teorica ipotizzata
la distribuzione di Poisson di parametro 3.64. Applicare il test di ipotesi Chi-quadro con
un livello di significativita α = 0.05 per valutare l’adattamento di questa distribuzione
ai dati, ovvero si assuma p(x) =e−λλx
x!, x = 0, 1, 2, . . ., con λ = 3.64. Nell’applicazione
del test considerare i seguenti 7 intervalli: [0, 2), [2, 3), [3, 4), [4, 5), [5, 6), [6, 7),
[7, 11]. Considerare i due casi in cui il parametro λ e stimato oppure e noto.
3.4.2 Test di Kolmogorov–Smirnov
Un altro test di ipotesi che viene spesso preso in considerazione e basato sul con-
fronto tra una funzione di distribuzione empirica e la funzione di distribuzione F
della distribuzione ipotizzata: si tratta del test di Kolmogorov–Smirnov che come
pregio maggiore ha quello di essere valido per ogni dimensione n del numero delle
osservazioni, mentre il test chi–quadro e valido in senso asintotico. L’inconve-
niente maggiore e invece rappresentato dalla limitata applicabilita del test che,
almeno nella sua forma originaria, e valido se tutti i parametri della distribuzione
ipotizzata sono noti, ovvero non stimati dai dati e se la distribuzione e continua.
Esistono estensioni del test al caso in cui i parametri sono stimati solo in riferi-
mento a particolari distribuzioni come la distribuzione normale e la distribuzione
esponenziale.
Siano X1, . . . , Xn variabili aleatorie indipendenti con funzione di distribuzione
F e siano dati i valori x1, . . . , xn i valori osservati di X1, . . . , Xn, ovvero siano
essi una realizzazione delle variabili aleatorie. Si puo definire un’approssimazione
empirica Fe della F nel seguente modo:
Fe(x) =|{i : xi ≤ x}|
n=
numero delle xi ≤ xn
.
Fe e la percentuale dei dati del campione che sono minori o uguali di x, ovvero
Fe e la funzione di ripartizione della variabile aleatoria discreta che assume con
la stessa probabilita gli n valori osservati.
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198 ELEMENTI DI STATISTICA
In pratica, ordinando le xi per valori crescenti in modo che si abbia
x(1) ≤ x(2) ≤ · · · ≤ x(n), risulta
Fe(x) =
0 se x < x(1)
i
nse x(i) ≤ x ≤ x(i+1)
1 se x(n) ≤ x.
Se F (x) e la funzione di distribuzione ipotizzata, una valutazione naturale della
“bonta” dell’approssimazione e data da una qualche misura di “vicinanza” tra le
funzioni Fe e F . Una misura dello scostamento puo essere definita da
D = max{∣∣∣Fe(x)− F (x)
∣∣∣} .D e detta statistica del test di Kolmogorov–Smirnov.
Considerando separatamente il caso in cui Fe(x) − F (x) ≥ 0 e il caso in cui
Fe(x) − F (x) ≤ 0, poiche F e una funzione non decrescente, si possono definire
le quantita D+ e D− e risulta
D+ = maxx
{Fe(x)− F (x)
}= max
1≤i≤n
{i
n− F (x(i))
}D− = max
x
{F (x)− Fe(x)
}= max
1≤i≤n
{F (x(i))−
i− 1
n
}.
Quindi si ha
D = max{D+ , D−
}.
Chiaramente, un valore grande di Dn indica che l’approssimazione non e molto
buona e quindi si scarta l’ipotesi H0 se
D > dn,1−α, (3.4.2)
dove dn,1−α sono costanti che, in generale, possono dipendere dalla distribuzione
ipotizzata e dove α e il livello di accuratezza del test.
E importante notare che se tutti i parametri della F sono noti e non stimati,
allora si puo dimostrare che la distribuzione di D non dipende dalla particolare
distribuzione ipotizzata e questo permette di utilizzare una sola tabella di valori
per dn,1−α per tutte le distribuzioni continue.
Sempre nel caso di tutti i parametri noti, e stato verificato che una buona
approssimazione si ottiene utilizzando al posto di (3.4.2) il seguente test(√n+ 0.12 +
0.11√n
)D > c1−α
dove c1−α sono costanti non dipendenti da n delle quali si dispone di valori
tabellati riportati nella Tabella 3.4.1.
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TEST DELLE IPOTESI 199
1− α 0.85 0.90 0.95 0.975 0.99
c1−α 1.138 1.224 1.358 1.480 1.628
Tabella 3.4.1 Valori delle costanti c1−α nel caso in cui tutti i parametri sono noti
Esistono alcuni casi particolari in cui il test di Kolmogorov–Smirnov puo essere
applicato anche se i parametri sono non noti, ovvero sono stimati. Due casi impor-
tanti in cui questo accade sono il caso in cui la distribuzione ipotizzata e Normale
con media µ e varianza σ2 non note, ma entrambe stimate rispettivamente con
Xn e s2n e il caso in cui la distribuzione ipotizzata e esponenziale di parametro
incognito λ essendo λ stimato con il metodo della massima verosimilianza ovvero
λ = 1/Xn.
1) Nel caso in cui la distribuzione ipotizzata e Normale con media e varian-
za stimate rispettivamente con Xn e s2n, si definisce la funzione F come
la funzione di distribuzione di una Normale a media Xn e varianza s2n.
Utilizzando questa funzione F si procede analogamente al caso precedente
calcolando D; cambia pero il test in quanto e stato visto che un buon livello
di accuratezza si ottiene scartando H0 se risulta(√n− 0.01 +
0.85√n
)D > c′1−α
dove c′1−α sono i valori riportati nella Tabella 3.4.2.
1− α 0.85 0.90 0.95 0.975 0.99
c′1−α 0.775 0.819 0.895 0.955 1.035
Tabella 3.4.2 Valori delle costanti c′1−α nel caso in cui la distribuzione ipotizzata e Normale
2) Nel caso in cui la distribuzione ipotizzata e esponenziale in cui il parametro
incognito λ e stimato con il metodo della massima verosimilianza ovvero
λ = 1/Xn, si definisce la funzione F come la funzione di distribuzione della
distribuzione esponenziale di parametro 1/Xn, ovvero F (x) = 1 − e−x/Xn ,
x ≥ 0, e si calcola D. In questo caso il test prevede di scartare H0 se(D − 0.2
n
)(√n+ 0.26 +
0.5√n
)> c′′1−α
dove c′′1−α sono i valori riportati nella Tabella 3.4.3.
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200 ELEMENTI DI STATISTICA
1− α 0.85 0.90 0.95 0.975 0.99
c′′1−α 0.926 0.990 1.094 1.190 1.308
Tabella 3.4.3 Valori delle costanti c′′1−α nel caso in cui la distribuzione ipotizzata e esponenziale
Esercizio 3.4.2 Nel definire una distribuzione di probabilita durante l’analisi dell’input
di una simulazione, si hanno a disposizione i seguenti dati:
81, 72, 94, 66.
Utilizzare il test di Kolmogorov-Smirnov per verificare l’ipotesi che la distribuzione espo-
nenziale con media 100 approssima bene questi dati con un livello di significativita α pari
al 2.5%.
3.4.3 Il p-value
Il risultato di un test delle ipotesi porta a scartare o meno l’ipotesi H0: essa si
scarta quando la statistica del test (ovvero χ2 nel test Chi–quadro o D nel test
Kolmogorv–Smirnov) superano il valore del punto critico. Tuttavia non viene
specificato quanto la statistica del test dista dal valore critico. Si puo allora
definire una probabilita che fornisce una misura della distanza della statistica del
test dal valore critico: si definisce p-value o p-dei-dati come l’estremo inferiore
dei livelli di significativita che porterebbe a rifiutare H0. Quindi se il livello α e
maggiore di tale probabilita (il p-value), l’ipotesi H0 viene scartata, altrimenti
non viene scartata. La probabilita data dal p-value fornisce quindi il livello di
significativita critico scendendo al di sotto del quale la decisione cambia da rifiuto
dell’ipotesi a non rifiuto.
Poiche il p-value e il livello di significativita al di sopra del quale si scarta H0,
valori grandi del p-value indicano un buon adattamento della distribuzione ipotiz-
zata ai dati, mentre valori piccoli del p-value indicano che il fitting non e buono.
Sulla base di cio, molti software operano calcolando il p-value in corrisponden-
za di diverse distribuzioni e decidono che la piu adatta a rappresentare i dati e
quella alla quale corrisponde il p-value piu grande. Questa opzione disponibile in
molti software deve essere tuttavia eventualemte utilizzata con estrema cautela,
in quanto e possibile che sulla sola base del valore del p-value non si abbiano
risposte adeguate.
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4
4.1 ESERCIZI DI RIEPILOGO
Esercizio 4.1.1 Dato un sistema M/M/2 con frequenza media di arrivo pari a λ
e velocita di servizio pari a µ, con λ < 2µ
• Scrivere le equazioni di Kolmogorov relative al processo di nascita e morte
al quale si puo ricondurre questo sistema;
• ricavare un’espressione di pn in funzione di λ e µ.
Esercizio 4.1.2 In un fast–food e previsto il servizio “drive”, ovvero si raggiunge
con l’auto una piattaforma e si viene serviti senza scendere dall’auto. Viene
servita un’auto alla volta e attualmente c’e spazio solamente per 3 auto in attesa.
Gli arrivi dei clienti sono poissoniani con in media 40 auto l’ora e i tempi di
servizio sono distribuiti esponenzialmente con media di 50 auto l’ora. Il profitto
medio che il gestore ricava dall’effettuazione di un servizio e di 0.50 Euro. Inoltre
il gestore puo affittare altri spazi auto a 9 Euro al giorno. Il fast–food e aperto
24 ore su 24. Determinare se e conveniente affittare posti auto aggiuntivi e, in
caso affermativo, calcolare quanti.
Esercizio 4.1.3 In un ciclo produttivo di un’industria c’e una stazione di ispezione
il cui servizio consiste nell’effettuare un controllo su un pezzo semilavorato e che
ha un ciclo operativo costante di 6 minuti. Gli arrivi alla stazione di ispezione
sono poissoniani alla media di 4 pezzi l’ora. Determinare
• il numero medio di pezzi presenti in coda in attesa di essere lavorati dalla
stazione di ispezione;
M. Roma – Sistemi di Servizio e Simulazione – SAPIENZA Universita di Roma – a.a. 2017-2018
202
• il numero medio di pezzi presenti nel sistema;
• il tempo medio di attesa di un pezzo in coda prima di essere lavorato;
• il tempo medio di permanenza nel sistema.
Senza effettuare il calcolo diretto, ma utilizzando i valori gia calcolati, dedurre i
valori del tempo medio di attesa in coda e il numero medio di pezzi in coda nel
caso in cui i tempi di servizio fossero esponenziali.
Esercizio 4.1.4 Presso un ambulatorio medico arrivano i pazienti ad intervalli
medi di 20 minuti e sono necessari, in media 15 minuti per la visita medica. Si
assume che gli arrivi sono poissoniani e che i tempi di durata delle visite sono
esponenziali. Il medico desidera avere sufficienti posti a sedere tra la sala d’attesa
dell’ambulatorio e quello su cui siede il paziente durante la visita in modo che non
piu dell’1% dei pazienti deve attendere in piedi. Quante sedie dovra acquistare ?
Esercizio 4.1.5 Supponiamo che in 10 repliche indipendenti di una simulazione,
una variabile aleatoria assuma i seguenti valori Xj : 9.98, 10.07, 9.94, 10.22, 9.98,
10.01, 10.11, 10.01, 9.99, 9.92. Determinare la stima della media e l’intervallo t
di confidenza al 95%.
Esercizio 4.1.6 In un ufficio postale ci sono 6 sportelli cassa che operano dalle 8
alle 14. Assumiamo che i clienti arrivino secondo Poisson con frequenza di 2 al
minuto, e che i tempi di servizio di ciascun servente sono uniformemente distri-
buiti tra 2 e 3 minuti. Effettuando 10 repliche indipendenti di una simulazione,
si ottengono i seguenti valori per il numero medio degli utenti in coda
numero replica valore
1 1.49
2 1.64
3 1.95
4 1.45
5 1.51
6 1.55
7 1.88
8 1.36
9 1.78
10 1.46
Determinare se le 10 repliche effettuate sono sufficienti per stimare il numero
medio di utenti in coda con un errore relativo pari a 0.07 e un intervallo di
confidenza al 90%. Dire, inoltre, motivando la risposta, se si possono utilizzare
le formule per le misure di prestazione di un sistema di code M/G/s per studiare
questo problema.
M. Roma – Sistemi di Servizio e Simulazione – SAPIENZA Universita di Roma – a.a. 2017-2018
BIBLIOGRAFIA 203
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M. Roma – Sistemi di Servizio e Simulazione – SAPIENZA Universita di Roma – a.a. 2017-2018
Indice
Prefazione iii
Introduzione v
1 Teoria delle code 1
1.1 Generalita 3
1.1.1 Esempi reali di sistemi a coda 4
1.1.2 Componenti di un sistema di servizio 5
1.1.3 Notazione di Kendall 8
1.2 Problematiche di interesse e relazioni fondamentali 11
1.2.1 Definizioni e notazioni standard 11
1.2.2 Misure di prestazione 13
1.2.3 Relazioni fondamentali 17
1.3 Modelli stocastici dei processi di arrivo e di servizio 22
1.3.1 La distribuzione esponenziale e le sue proprieta 22
1.3.2 Il processo di Poisson 27
1.3.3 Altri modelli per processi di arrivo 32
1.4 Processi di nascita e morte 35
1.4.1 Preliminari 35
1.4.2 Proprieta di Markov. Catene di Markov a tempocontinuo 35
1.4.3 Processi di nascita e morte 37
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206 INDICE
1.4.4 Le equazioni di Kolmogorov e la soluzionestazionaria 40
1.4.5 Equazioni di bilancio 45
1.4.6 Processi di sole nascite o sole morti 47
1.4.7 Sistemi a coda e processi di nascita e morte 50
1.5 Sistemi a coda basati su processi di nascita e morte 51
1.5.1 Sistemi con arrivi poissoniani: proprieta PASTA 52
1.5.2 Sistemi M/M/s 55
1.5.3 Sistemi M/M/s/K 68
1.5.4 Sistemi M/M/s/ · /U 74
1.5.5 Sistemi con velocita di servizio e frequenza di arrivodipendenti dallo stato 78
1.5.6 Sistemi M/M/∞ 81
1.6 Modelli di code con disciplina della coda basata su criteridi priorita 83
1.7 Sistemi a coda con distribuzioni non esponenziali 86
1.7.1 Sistemi M/G/1 86
1.7.2 Sistemi con arrivi non poissoniani 92
1.8 Reti di code 93
1.8.1 Generalita 93
1.8.2 Il processo delle partenze per i sistemi M/M/s 94
1.8.3 Serie di code 96
1.8.4 Reti di Jackson aperte 98
1.8.5 Reti di Jackson chiuse 106
1.9 Riferimenti del Capitolo 1 110
1.10 Esercizi di riepilogo 112
1.10.1 Esercizi sui sistemi a coda 112
1.10.2 Esercizi sulle reti di code 116
Appendice A: Formulario – Sistemi a coda 119
A.1 Modelli basati su processi di nascita e morte 119
A.1.1 Sistemi M/M/1 119
A.1.2 Sistemi M/M/s 120
A.1.3 Sistemi M/M/1/K 120
A.1.4 Sistemi M/M/s/K 121
A.1.5 Sistemi M/M/1/ · /U 121
A.1.6 Sistemi M/M/s/ · /U 122
M. Roma – Sistemi di Servizio e Simulazione – SAPIENZA Universita di Roma – a.a. 2017-2018
INDICE 207
A.1.7 Sistemi con λ e µ dipendenti dallo stato – singoloservente 122
A.1.8 Sistemi con λ e µ dipendenti dallo stato –multiservente 123
A.1.9 Sistemi M/M/∞ 123
A.2 Modelli con distribuzioni non esponenziali 124
A.2.1 Sistemi M/G/1 124
A.2.2 Sistemi M/D/s 124
A.2.3 Sistemi M/Ek/1 124
A.3 Modelli con disciplina della coda basata su criteri dipriorita 125
A.3.1 Priorita senza interruzione del servizio 125
A.3.2 Priorita con interruzione del servizio – singoloservente 125
2 Simulazione 127
2.1 Generalita sui modelli di simulazione 128
2.1.1 Elementi di un modello di simulazione 128
2.1.2 Classificazione dei modelli si simulazione 130
2.1.3 Simulazione ad eventi discreti 130
2.1.4 Schema dello studio di un problema basato sullasimulazione 132
2.1.5 Applicazioni tipiche della simulazione 136
2.2 Analisi dell’input 137
2.2.1 Generalita 137
2.2.2 Scelta delle distribuzioni di input 138
2.2.3 Distribuzioni empiriche 139
2.2.4 Distribuzioni teoriche 140
2.2.5 Scelta di una distribuzione teorica 141
2.2.6 Scelta delle distribuzioni di input in assenza di dati 146
2.3 Generazione di osservazioni casuali 148
2.3.1 Generazione di numeri pseudocasuali condistribuzione uniforme 148
2.3.2 Generazione di osservazioni casuali da unadistribuzione di probabilita 150
2.4 Progettazione di una simulazione e analisi dell’output 156
2.4.1 Dati di output 156
M. Roma – Sistemi di Servizio e Simulazione – SAPIENZA Universita di Roma – a.a. 2017-2018
208 INDICE
2.4.2 Transitorio e stato stazionario 157
2.4.3 Tipi di simulazioni 158
2.4.4 Simulazioni con terminazione: analisi del transitorio 159
2.4.5 Simulazioni senza terminazione: analisi dello statostazionario 163
2.5 Tecniche per la riduzione della varianza 167
2.5.1 Variabili antitetiche 167
2.5.2 Condizionamento 169
2.6 L’approccio simulazione ottimizzazione (“simulation–based optimization”) 171
2.7 Software di simulazione (SIMULATORI) 174
2.7.1 ARENA 175
2.7.2 Modelli in ARENA 175
2.8 Riferimenti del Capitolo 2 179
2.9 Esercizi sulla simulazione 180
3 Elementi di statistica 181
3.1 Elementi di Statistica inferenziale 181
3.2 Statistiche campionarie e loro distribuzione 182
3.2.1 Media campionaria e varianza campionaria 182
3.2.2 Distribuzione (approssimata) della mediacampionaria 183
3.2.3 Distribuzioni delle statistiche di popolazioni normali 184
3.3 Stima di parametri 185
3.3.1 Proprieta degli stimatori 186
3.3.2 Stima di media e varianza 186
3.3.3 Metodi di stima 187
3.3.4 Stime per intervalli 189
3.3.5 Stima per intervalli di una media 190
3.4 Test delle ipotesi 194
3.4.1 Test Chi–quadro 195
3.4.2 Test di Kolmogorov–Smirnov 197
3.4.3 Il p-value 200
4 201
4.1 Esercizi di riepilogo 201
M. Roma – Sistemi di Servizio e Simulazione – SAPIENZA Universita di Roma – a.a. 2017-2018